spinoza - Istella

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SPINOZA:
La vita:
Baruch de Spinoza nacque ad Amsterdam il 24 novembre 1632 da una famiglia ebraica che era stata costretta ad abbandonare la Spagna. Fu
educato nella comunità israelitica di Amsterdam; ma nel 1656 veniva da essa scomunicato ed espulso per eresie pratiche e insegnate.
Qualche anno dopo abbandonava la città per trasferirsi all’Aia dove passò il resto della sua vita. Egli aveva appreso l’arte di fabbricare e pulire
lenti per strumenti ottici. Questo mestiere lo mise in grado di far fronte ai suoi bisogni e d’essere autonomo, per dedicarsi completamente alle
proprie teorie filosofiche. Spinoza condusse dunque una vita modesta e tranquilla, che sarebbe stata rara in altri paesi dell’epoca.
Il carattere dello spinozismo:
-Lo spinozismo, pur nutrendosi di fonti diverse (teologia giudaico-cristiana, neoplatonismo, razionalismo cartesiano), le supera tutte in
un’intuizione originale del mondo. Esso è in primo luogo influenzato dalla Rivoluzione scientifica, che ne rappresenta l’humus culturale, e in
secondo luogo dalla situazione storica europea dell’epoca. È infatti importante notare che con Spinoza l’Occidente cessa di essere soltanto
cristiano: egli è il primo filosofo che rifiuta esplicitamente ogni forma di teologia. A causa di questo rigetto fu biasimato da cristiani ed ebrei e
riuscì a sopravvivere e a diffondere le proprie teorie filosofiche solo perché cittadino di quell’isola di tolleranza che fu l’Olanda del 600. La
mentalità aperta e attiva della borghesia commerciale e marinara olandese si riflette infatti nelle opere di Spinoza.
Il trattato sull’Emendazione dell’Intelletto, la via verso la salvezza esistenziale:
-Questo trattato è una sorta di “Discorso sul Metodo” spinoziano in cui il filosofo rivela una concezione della filosofia come via verso la
felicità. Lo spinozismo nasce, infatti, da una delusione verso i comuni valori della vita e si alimenta della ricerca di un bene vero capace di
rendere realmente felice l’uomo. I falsi valori aspirati dall’uomo rivelano così, la propria natura ingannevole, in quanto incatenano la mente
ostacolando la ricerca di beni superiori.
Quest’ascesi spinoziana però, non rifiuta i valori comuni in quanto tali, ma il loro fraintendimento da parte degli uomini, come sommo bene. Il
modello di bene che Spinoza ha in mente deve essere tale da poter soddisfare appieno l’animo, procurandogli serenità e letizia.
L’Etica:
1. Dio:
La Sostanza:
- Il metodo che segue Spinoza per delineare questa entità suprema, è di tipo geometrico e si sviluppa attraverso definizioni, assiomi, teoremi,
dimostrazioni e scolii (delucidazioni). In questo modo egli illustra il suo nuovo concetto di Sostanza. Essa non è più intesa come forma o
sinolo, ma come “ciò che è in sé e per sé si concepisce” ossia ciò che è realtà autosussistente e concetto che per essere pensato non abbisogna
d’altri concetti (autonomia ontologica e concettuale).
Da questa definizione derivano alcune caratteristiche. La sostanza è:
1. Increata, perché è causa di sé;
2. Eterna, perché possiede l’esistenza;
3. Infinita, perché se fosse finita dipenderebbe da qualcos’altro;
4. Unica, perché non possono esistere due sostanze della stessa natura.
Perciò essa non può essere che Dio.
-A questo punto però, Spinoza si separa nettamente dai pensatori precedenti, perché fa coincidere il Divino con il mondo (Deus sive Natura),
pervenendo ad una forma di panteismo. Il filosofo giunge a questa teoria fondandosi sull’unicità della Sostanza: infatti, se essa è unica avrà
tutto dentro di sé e nulla fuori di sé. Per questo motivo le cose del mondo saranno anch’esse Sostanza.
-Per esemplificare meglio il rapporto fra Dio e mondo, Spinoza usa i concetti di attributo e modo.
Gli attributi sono le qualità essenziali della Sostanza. Essendo quest’ultima infinita, infiniti saranno anche i propri attributi. Tuttavia noi ne
conosciamo solo due: l’estensione e il pensiero.
I modi sono invece le manifestazioni particolari della Sostanza e dei suoi attributi e si identificano con i singoli corpi e le singole idee. Essi
possono essere infiniti, quando derivano direttamente dagli attributi, di cui sono proprietà strutturali (moto, quiete, volontà…) e finiti, quando
rappresentano un corpo o un’idea particolari che derivano gli uni dagli altri.
-La Natura di Spinoza è naturante (Dio e gli attributi, considerati come causa) e naturata (l’insieme dei modi visti come effetto) poiché è
madre e figlia di se medesima e poiché il suo prodotto non esiste al di fuori di essa (causalità transitiva), ma solo in essa (causalità
immanente).
-La Natura s’identifica, secondo il filosofo, con l’ordine geometrico dell’universo: sistema del tutto e insieme delle leggi universali dell’essere.
Da quest’Ordine cosmico le cose non scaturiscono né per creazione, né per emanazione, ma “seguono” in modo necessario, esattamente come
teoremi e corollari geometrici. Nell’universo spinoziano tutto ciò che è possibile si realizza necessariamente: in esso non esistono possibilità o
realtà, ma solo necessità.
La critica del finalismo e della Bibbia:
La particolare concezione spinoziana si pone in contrasto con la visione finalistica del mondo.
Questo anti-finalismo deriva solo in parte dalla Rivoluzione scientifica, poiché Spinoza va oltre gli esiti della scienza moderna e del
meccanicismo cartesiano, negando completamente le cause finali (Galileo, infatti, non le aveva escluse, ma si era limitato ad affermare che
non possono essere conosciute dall’uomo, mentre Cartesio aveva inserito il suo universo nei piani del Creatore). Secondo Spinoza ammettere
l’esistenza di queste cause è un pregiudizio. La sua critica si sviluppa in tre punti:
1. Gli uomini sono portati a considerare causa ciò che in natura è effetto, e viceversa, poiché vedono le cose del mondo come mezzi per
il raggiungimento dei loro fini, generando così il pregiudizio che la divinità produce per il proprio uso.
2. Il finalismo rende imperfetto ciò che è perfetto, poiché i fini degli uomini sono effetti che per essere prodotti hanno bisogno di cause
intermedie al contrario di quelli di Dio.
3. Il finalismo rende imperfetto anche Dio, poiché se agisse per un fine, significa che mancherebbe di qualcosa.
4. Il rifiuto d’ogni antropomorfismo religioso (e quindi del Dio biblico), poiché Dio non si può ridurre all’uomo che è imperfetto.
Il parallelismo tra pensiero ed estensione:
Spinoza ritiene che pensiero ed estensione siano necessariamente separati e che, come tali, non possano influenzarsi vicenda. Afferma inoltre,
che la connessione, che pur esiste, tra i due attributi, stia, non tanto in un rapporto scambievole di causa ed effetto, bensì in un avvicinamento
necessario tra loro, come in una sorta di corrispondenza biunivoca, nella quale ad ogni corpo corrisponde un’idea e viceversa (per esempio
un’emozione può esprimersi simultaneamente secondo i termini del pensiero che dell’estensione).
Ciò che garantisce questo parallelismo è la sostanza stessa. Di conseguenza esso si riferisce ad un monismo metafisico che vede nel pensiero e
nell’estensione non due sostanze ma due attributi diversi di una medesima Sostanza.
2. L’anima, la teoria della conoscenza:
La conoscenza immaginativa:
Spinoza distingue tre gradi del conoscere, di cui il primo è quello immaginativo. A questo livello la mente coglie la realtà in modo parziale,
mediante idee confuse. L’errore di questo tipo di conoscenza risiede nella sua inadeguatezza.
La conoscenza razionale:
Questo tipo di sapere scaturisce dalla ragione e si fonda sulle idee adeguate, chiare e distinte, tipiche del processo razionale scientifico. La
cognizione di secondo genere s’identifica con la tipica visione della scienza moderna, che connette le cose fra loro, considerandole nei loro
rapporti causa-effetto e nel loro ordine necessario.
La conoscenza intuitiva:
Quest’ultimo grado di conoscenza si fonda sull’intelletto e consiste nel contemplare la realtà alla luce della Sostanza. A questo livello
conoscitivo, che s’identifica con la metafisica spinoziana, l’uomo si colloca dal punto di vista di Dio. L’etica, infatti, vuole essere nelle
intenzioni del suo autore, una sorta di colpo d’occhio divino gettato sul mondo. Per questo motivo, dunque, bene e male, perfezione e
imperfezione, ordine e disordine, appaiono esclusivamente come superstizioni.
3. Gli affetti:
La tesi della naturalità dell’uomo:
La metafisica spinoziana è finalizzata all’etica. Il presupposto di base è la tesi della naturalità dell’uomo. Spinoza afferma che la specie umana
costituisce una formazione naturale come tutte le altre, sottoposta alle comuni leggi dell’universo. Il filosofo toglie, dunque, all’uomo il suo
stato di creatura privilegiata, affermando che la Natura è sempre la medesima, come le regole a cui è sottoposta. Le azioni umane sono
nient’altro che casi particolari di leggi universali, che obbediscono a regole fisse e necessarie come teoremi di geometria. Proprio tramite
un’analisi di tipo geometrico Spinoza cerca di comprendere con oggettività le passioni. Dunque il filosofo si scaglia contro quei moralisti che
condannano e censiscono le passioni in vizi e virtù e concepiscono gli uomini non come sono, ma come vorrebbero che fossero.
Gli affetti primari e secondari:
Il principio da cui muove l’analisi spinoziana è quello del conatus, secondo il quale ogni cosa tende a perseverare nel proprio essere attraverso
uno sforzo d’autoconservazione che costituisce l’essenza stessa della cosa.
Questo sforzo si può riferire solo alla mente, prendendo il nome di “Volontà”, o sia alla mente che al corpo, prendendo il nome di “Appetito”.
Quando l’appetito è cosciente di sé si chiama Cupidità. Da essa seguono la Letizia, emozione connessa al passaggio da una perfezione minore
ad una maggiore, e la Tristezza, emozione connessa al passaggio da una perfezione maggiore ad una minore.
Da questi affetti primari derivano tutti gli altri affetti secondari e anche la concezione di Bene (ciò che giova all’autoconservazione e procura
letizia) e Male (ciò che nuoce all’autoconservazione e procura tristezza).
4. La schiavitù e la libertà dell’uomo:
L’illusione del libero arbitrio e il determinismo naturale:
Spinoza ritiene lo sforzo d’autoconservazione come la comune legge di comportamento degli esseri viventi. Di conseguenza è impossibile
sottrarsi al determinismo naturale spinoziano e il libero arbitrio appare solo un’illusione. L’uomo è visto dal filosofo come una pietra che, una
volta messa in moto da una forza esterna, credesse di essere lei a dirigere la sua traiettoria. Gli uomini si credono liberi perché sono consci dei
loro voleri, ma ignorano le cause per cui sono indotti a desiderare.
Libertà e schiavitù all’interno del determinismo naturale:
Tuttavia Spinoza si domanda se l’uomo possa essere libero all’interno del proprio determinismo. Egli precisa così i concetti di schiavitù e
libertà. La prima è definita come l’impotenza dell’uomo a reprimere gli affetti, giacché l’uomo sottoposto alle emozioni non è padrone di sé.
La seconda è intesa come un’assunzione consapevole e razionale della direzione prefissata dal determinismo. Per cui, attraverso la ragione,
l’uomo può agire per l’utile in modo attivo, con intelligenza e lungimiranza, così da essere libero pur non violando le leggi naturali.
La vita “secondo ragione” e l’importanza della collettività in Spinoza::
Sulla base di queste definizioni, Spinoza analizza i singoli affetti, al fine di scorgere quali di essi siano conformi o difformi all’intelletto. Vi
sono infatti emozioni che di per sé sono sempre buone (come la letizia), altre che sono sempre negative (come la tristezza) e altre ancora che
sono buone o cattive a seconda della loro misura (come l’amore e la bramosia). Le passioni positive permettono all’uomo di vivere secondo
ragione, ma questa vita non è perfetta se non vissuta in chiave sociale. Per Spinoza l’uomo morale è un uomo sociale, in quanto la ragione
spinge l’individuo ad unirsi ai suoi simili, per meglio conseguire all’utile, che diventa così collettivo.
Questo tipo di vita non è ancora il gradino ultimo dell’elevazione mentale ed esistenziale dell’uomo, che si potrà raggiungere solo con
“l’amore intellettuale di Dio”.
5. La Virtù:
L’amore intellettuale di Dio e il raggiungimento dell’utile:
Spinoza chiama “Amore intellettuale di Dio” la letizia che nasce dalla conoscenza di quell’ordine necessario che è la stessa Sostanza di Dio.
Questo è l’ultimo grado dell’ascesi etica dell’uomo e s’identifica con la contemplazione divina d’ogni cosa e quindi con l’Etica stessa.
Quest’ultimo traguardo rappresenta il raggiungimento l’insegnamento stesso della filosofia spinoziana: il perseguimento dell’utile in modo
razionale e il vivere la vita in sereno rapporto col Tutto eterno e necessario di cui si è transitorie manifestazioni.
Il Trattato Politico:
La teoria spinoziana dello Stato:
La dottrina dello Stato è indirizzata verso il realismo politico di Hobbes. Spinoza muove dallo stato di natura, ritenendo che in esso il diritto di
ciascun uomo coincide con la sua potenza. Questa condizione determina quella che Hobbes aveva definito la guerra di tutti contro tutti, poiché
l’uomo non può difendersi da solo. Allora il diritto di natura spinge gli uomini a vivere secondo un comune accordo, che determina un diritto
più forte che appartiene a ciò che si chiama governo. Lo Stato ha tanto diritto quanto è la sua potenza e limita il potere dell’individuo, ma non
lo annulla. Infatti, l’uomo agisce comunque secondo le leggi di natura e persegue il proprio utile. I vantaggi dello Stato civile sono tali che la
ragione consiglia di sottomettersi alle sue leggi. Spinoza non ritiene, tuttavia, che il diritto dello Stato sia assoluto, poiché, come ogni altra
cosa naturale, esso deve conformarsi alle leggi di natura. Di conseguenza lo Stato pecca, quando agisce contro ragione (per esso vale lo stesso
discorso dell’uomo singolo di vivere secondo ragione per garantire la propria autoconservazione).
Il Trattato Teologico-Politico:
L’analisi critica della Bibbia:
Il Trattato Teologico-Politico è diretto a sottrarre l’uomo alla schiavitù della superstizione. Spinoza analizza all’interno dell’opera l’intero
contenuto della Bibbia. Secondo il filosofo la fede verso Dio non è altro che una disciplina dell’obbedienza in cui l’unico concetto importante
è quello dell’amore verso il prossimo. Tale riduzione della concezione religiosa cristiana rende impossibile il conflitto tra fede e ragione, fra
teologia e filosofia.
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