IGIENIZZANTI DI SINTESI: SONO LA SCELTA GIUSTA? VERITÀ BIOLOGICHE DI MASSA: DALLA PUBBLICITÀ ALL’ANALISI SCIENTIFICA Altea Lippmann, lavoro di maturità 2013/2014, Liceo Lugano 1 Docente: prof. Luca Paltrinieri 2 INDICE pagina 1. PREMESSA...............................................................................................................................5 2. RINGRAZIAMENTI ...................................................................................................................5 3. ABSTRACT ..............................................................................................................................6 4. INTRODUZIONE .......................................................................................................................7 4.1. I MICRORGANISMI ............................................................................................................7 4.1.1. I BATTERI ..................................................................................................................8 4.2. GLI IGIENIZZANTI ...........................................................................................................10 4.3. LE ALTERNATIVE NATURALI ..........................................................................................14 4.4. I MICRORGANISMI EFFETTIVI .........................................................................................15 5. MATERIALI E METODI ...........................................................................................................18 5.1. INTRODUZIONE GENERALE .............................................................................................18 5.2. PARTE SPERIMENTALE ...................................................................................................19 5.2.1. ANTIBIOGRAMMI ....................................................................................................19 5.2.2. ESPERIMENTO SULL’EFFICACIA REALE DEGLI IGIENIZZANTI ...................................22 6. DISCUSSIONE ........................................................................................................................26 7. CONCLUSIONI .......................................................................................................................28 BIBLIOGRAFIA ..........................................................................................................................29 GLOSSARIO E ABBREVIAZIONI ..................................................................................................31 ALLEGATI .................................................................................................................................33 3 4 1. PREMESSA Le ragioni che mi hanno spinta a incentrare il mio lavoro di maturità (LAM) sulla lotta ai microrganismi sono nate principalmente da una curiosità personale e da una tesi che vorrei verificare: mi sono chiesta quali fossero gli effetti degli igienizzanti antibatterici sui batteri stessi e a quali possibili rischi potessero esporre la salute dell’uomo. Per questa ragione ho scelto di sfruttare l’occasione datami dal LAM per approfondire l’argomento nella speranza di trovare una risposta alle mie domande. Devo ammettere che la scelta del tema da trattare non è stata subito indirizzata in questa direzione, ciononostante, dopo aver valutato pro e contro di tutte le altre possibili tematiche, che spaziavano veramente in campi del tutto diversi da quello della microbiologia, mi sono finalmente decisa. Posso ritenermi soddisfatta della scelta effettuata, perché ritengo l’argomento molto intrigante e inerente alla vita di ogni giorno: dobbiamo tutti convivere con microrganismi di ogni genere. Il punto è: come vogliamo affrontare questa coesistenza? Attraverso il suddetto lavoro di maturità vorrei anche poter aprire gli occhi alla gente sull’importante questione degli igienizzanti di sintesi, che spesso sono utilizzati in abbondanza senza pensare al fatto che potrebbero esserci delle conseguenze. Quello che vorrei verificare è, appunto, se è davvero un bene farne un così largo uso o se sarebbe meglio lasciarli da parte, o per lo meno ricorrere a qualche alternativa. 2. RINGRAZIAMENTI Desidero ringraziare tutti coloro che mi hanno aiutata nella realizzazione del suddetto lavoro di maturità, attraverso preziosi suggerimenti, critiche e osservazioni. La mia gratitudine va innanzitutto al professor Luca Paltrinieri, docente responsabile del LAM, per avermi indirizzata nella scelta del tema e nella ricerca di informazioni, nonché per le numerose ore dedicate alla correzione e alla revisione del mio lavoro. Proseguo ringraziando sentitamente Livio e Alba Baruscotti per la disponibilità, l’aiuto e il sostegno datomi durante lo svolgimento della parte sperimentale. Un ringraziamento particolare va, inoltre, alla professoressa Paola Ciceri Matt per la sua disponibilità e per avermi aiutata a chiarire diversi dubbi. Mi rivolgo poi a ringraziare il Dr. Maurizio Molinari, per avermi fornito articoli indispensabili per la realizzazione del lavoro, e la Dr.ssa Nadia Maggi Solcà e il Dr. Claudio del Don per gli importanti suggerimenti riguardanti il protocollo sperimentale. Infine, volgo la mia riconoscenza alle persone a me più care, specialmente ai miei genitori e ai miei amici, che mi hanno incoraggiata e sostenuta durante tutto questo anno di lavoro o che hanno speso parte del proprio tempo per leggere e discutere con me le bozze del LAM. 5 3. ABSTRACT Un tema d’attualità molto discusso, che ha peraltro dato origine a diverse ipotesi sull’igiene, è senza dubbio quello inerente il sempre crescente uso di igienizzanti di sintesi in vari ambiti, quali la pulizia dell’ambiente domestico, della persona e, talvolta, la disinfezione dell’acqua e degli alimenti. Lo scopo del presente lavoro di maturità è di approfondire l’argomento considerando i pro e i contro dell’impiego di tali sostanze, al fine di stabilirne l’efficacia e l’idoneità d’utilizzo. Alla ricerca bibliografica è stata affiancata una duplice parte sperimentale che ha permesso, nei suoi limiti, di attestare l’efficacia assoluta e relativa degli igienizzanti attraverso il ricorso a due tecniche d’analisi: gli antibiogrammi (in vitro) e dei prelevamenti di batteri da piastrelle (in vivo). Prendendo in esame tre sostanze diverse – un igienizzante a base di ipoclorito di sodio (come la candeggina o l’Amuchina), l’etanolo al 90% e il Tea tree oil (olio essenziale di Melaleuca alternifolia) – si sono potute confrontare le loro proprietà battericide: l’igienizzante si è rivelato efficace sia in vitro che in vivo, ma solo a breve termine, infatti già dopo poche ore i batteri hanno ripreso a crescere; l’etanolo, invece, in vitro non ha dato prova di un alto potere antibiotico, ma in vivo si è dimostrato abbastanza efficace; infine, il Tea tree oil si è rivelato essere il più efficace in vitro, mentre in vivo ha mostrato un esito mediocre ma prolungato nel tempo. Per quanto riguarda l’analisi delle possibili conseguenze che comporta l’uso di prodotti igienizzanti ci si è preoccupati di analizzare le fonti bibliografiche e si è potuto concludere, pur non arrivando ad esprimere un dato quantitativo preciso, che l’eccessiva igiene, al contrario dell’immaginario comune, non giova alla salute ma può avere anche gravi effetti collaterali, quali lo sviluppo di malattie allergiche. Gli igienizzanti di sintesi, inoltre, aumentano la probabilità di contrarre disfunzioni cardiorespiratorie e immunitarie, nonché tumori. 6 4. INTRODUZIONE Il tema principale del presente LAM riguarda gli igienizzanti di sintesi nella loro specifica azione antibatterica; tuttavia, non è possibile parlare di igienizzanti senza prima essere al corrente di quali siano i bersagli della loro azione. Per comprendere al meglio l’argomento è pertanto necessaria una breve introduzione alla microbiologia e, più nello specifico, al mondo dei batteri. 4.1. I MICRORGANISMI La microbiologia è una disciplina scientifica che studia i microrganismi, vale a dire minuscoli esseri viventi unicellulari, visibili unicamente al microscopio, che comprendono batteri, funghi, protozoi, alghe e virus. I microbi esercitano un ruolo fondamentale nei cicli naturali della biosfera e contribuiscono a mantenere l’equilibrio tra vita e morte. Non per niente chiamati così, i microrganismi sono delle piccole unità strutturali con diversi livelli di organizzazione, che permettono loro di svolgere processi metabolici anche molto complessi. Lo scopritore e padre della microbiologia fu il mercante e scienziato olandese Antoni van Leeuwenhoek (1632-1723), che perfezionò i primi microscopi, attrezzi che nel 1677 gli permisero di fare la scoperta dei cosiddetti animalcules, piccoli animali in seguito definiti microrganismi. La questione che sopraggiunse in seguito alla scoperta di Leeuwenhoek riguardò l’origine di questi minuscoli esseri. Nel 1765 Lazzaro Spallanzani fece bollire del brodo e, dopo averlo sigillato, notò che non vi comparvero microrganismi. Grazie a questo esperimento Spallanzani confutò la teoria della generazione spontanea, che sosteneva che i microrganismi si potessero generare dal nulla, e documentò sperimentalmente la teoria biogenetica, che, al contrario, affermava che solo dei microbi possono dar origine ad altri microbi. Tuttavia, affinché la teoria dell’abiogenesi venisse abbandonata a favore di quella della biogenesi, ci volle l’intervento di uno dei più grandi microbiologi, il chimico francese Louis Pasteur (1822-1895), il quale dimostrò, attraverso un esperimento simile a quello di Spallanzani, la responsabilità dei microrganismi nel processo di decomposizione organica. Oggi la microbiologia ha raggiunto un’importanza indescrivibile per spiegare molti processi in cui sono implicati i microrganismi e per riuscire a utilizzarli allo scopo. I microbi sono, infatti, largamente usati nell’industria alimentare, biomedica, elettronica, aerospaziale, ambientale e biotecnologica. Tuttavia, per quanto alcuni possano risultare benefici per l’uomo, non bisogna dimenticare che esistono anche microrganismi patogeni, causa di molte gravi malattie. I microrganismi sono distinguibili in due grandi gruppi: i microrganismi eucarioti – funghi, alghe e protozoi – dotati di un nucleo e caratterizzati da un’organizzazione cellulare simile a quella delle cellule animali e vegetali; e i microrganismi procarioti – batteri – privi di un nucleo circoscritto da una membrana nucleare e delle strutture tipiche delle cellule eucariote. I virus (Iwanowsky, 1892) sono classificati a parte poiché sono attivi biologicamente solo se in contatto con una cellula ospite, quindi non si possono considerare veri e propri esseri viventi. L’importanza dei microrganismi è riscontrabile anche a livello evolutivo: inizialmente sulla terra esistevano unicamente forme di vita unicellulari, che poi, col passar del tempo, si sono aggregate per dare vita a esseri pluricellulari più complessi. Un’ulteriore distinzione dei microrganismi può esser fatta in base al loro metabolismo: quelli che vivono in presenza di diossigeno sono detti aerobi, mentre quelli che non lo esigono 7 sono detti anaerobi. Esistono poi microbi aerobi o anaerobi facoltativi, che possono cioè vivere in entrambe le condizioni. Per soddisfare il loro fabbisogno nutrizionale, alcuni microrganismi sono in grado di metabolizzare l’azoto e l’anidride carbonica atmosferici, quindi non dipendono da altri organismi e sono chiamati autotrofi; gli altri sono eterotrofi, o parassiti, poiché vivono a carico di altri esseri viventi. Sulla Terra circa l’87% dei microbi risulta utile all’ambiente. Tra questi, oltre agli autotrofi, troviamo i saprofiti, che decompongono materiali organici provenienti da animali o vegetali morti. Dei microrganismi conosciuti, i patogeni, ossia quelli che arrecano danno all’ospite, rappresentano soltanto il 3%; mentre il restante 10% è considerato opportunista, capace quindi di assumere carattere patogeno solo in determinate condizioni ambientali, diverse da quelle dov’è abituato a vivere. 4.1.1. I BATTERI Il presente lavoro di maturità sarà incentrato sulla batteriologia, la branca della microbiologia che si concentra sullo studio dei batteri, esaminando la loro presenza nell’ambiente, negli animali e nei vegetali e l’azione che svolgono: alcuni sono la causa di malattie; altri decompongono rifiuti organici; altri ancora – i simbionti – partecipano a processi fisiologici di animali e piante, come la digestione di alimenti o la trasformazione metabolica di altre sostanze nutritive. Oltre alla batteriologia, le altre sottodiscipline della microbiologia sono rappresentate da: l’immunologia, che studia i meccanismi difensivi dell’ospite nei confronti di un patogeno; l’algologia, che si occupa dello studio delle alghe, del loro funzionamento e dei loro possibili impieghi; la micologia, che si concentra su funghi e miceti e sui loro utilizzi industriali o sui danni che possono provocare; la protozoologia, che studia i protozoi e i loro effetti sull’uomo (ad esempio possono causare malattie come la malaria, la dissenteria amebica e la toxoplasmosi); e, infine, la virologia, che prende in considerazione unicamente i virus e le malattie, spesso anche gravi, causate ad animali e vegetali (come per esempio l’AIDS). Il primo passo da fare se ci si vuole addentrare nel complicato mondo del microcosmo è cominciare a suddividere i microrganismi in diversi gruppi e classi. Vi sono diverse possibilità di classificazione dei batteri, molte delle quali sono estremamente complesse, motivo per cui, qui, saranno accennate solo alcune delle più comuni. Come già visto, una prima suddivisione dei microrganismi si può individuare tra eucarioti (funghi, protozoi e alghe), procarioti (batteri) e virus; dopodiché, si può procedere con la classificazione dei batteri, a livello funzionale, secondo la loro forma e il loro stadio di aggregazione. I batteri sferici sono detti cocchi ma, sotto forma di colonia, sono chiamati in modi diversi: • diplococchi (a coppia); • tetradi (quattro cocchi raggruppati); • sarcine (otto cocchi disposti a forma di cubo); • streptococchi (a catena); • stafilococchi (a grappolo). Esistono poi batteri dalla forma cilindrica, detti bacilli (o coccobacilli se molto corti e simili a un cocco). Anche i bacilli si possono trovare in forme di aggregazione diverse denominate analogamente (diplobacilli e streptobacilli). 8 Se i batteri hanno una forma incurvata si tratta di vibrioni, se hanno due o più curvature lungo l'asse maggiore sono spirilli, mentre se sono a forma di spirale (come un cavatappi) sono spirochete. Figura 1. Le diverse forme di batteri. Immagine tratta da: www.ppdictionary.com/bacteria/gnbac/bacteria_shapes.jpg. Considerando che la capacità di risoluzione dell’occhio umano é di circa 0,1mm, le ridotte dimensioni dei microrganismi (un batterio misura da 0,2µm a 30µm) ne rendono l’osservazione e lo studio strettamente dipendente da tecniche e strumenti specifici. Innanzitutto, l’unico modo per visualizzarli è attraverso un microscopio, che può essere ottico o elettronico. Quelli del primo tipo sono in grado di ingrandire un oggetto fino a 1000-1500 volte, quindi permettono l’osservazione di cellule batteriche, miceti e protozoi; mentre quelli del secondo tipo consentono di vedere anche piccoli virus. Tuttavia, essendo trasparenti alla luce, i batteri sono difficilmente osservabili mediante la diretta osservazione al microscopio, sia esso ottico o elettronico. La colorazione di Gram ha permesso di ovviare a questo problema e ha reso possibile la visione dei microrganismi al microscopio. Nel 1884 il ricercatore danese Hans Christian Gram, nel tentativo di individuare dei microorganismi nei tessuti infetti, ha messo a punto una tecnica di colorazione che si rivelò molto utile in diagnostica per la messa in evidenza di strutture procariotiche fondamentali. A dipendenza del colore che assumono, i batteri si possono distinguere in due gruppi: Gram-positivi, che si presentano blu/viola, e Gram-negativi, che appaiono rosa/rosso. I batteri vengono inizialmente colorati con il violetto di genziana, colorante che penetra nel citoplasma, e in seguito vengono decolorati con l’alcol-acetone. I batteri Gram+ presentano una parete cellulare formata da uno spesso strato di peptidoglicano, nel quale sono inseriti acidi teicoici, monosaccaridi e aminoacidi. Questo tipo di composizione fa della parete cellulare una struttura polare, che quindi si oppone al passaggio di molecole idrofobiche attraverso la stessa. Diversamente, i batteri Gram–, oltre alla membrana cellulare, hanno due involucri esterni: una parete cellulare costituita da uno strato più sottile di peptidoglicano e una membrana esterna formata da fosfolipidi, proteine e lipopolisaccaridi; il doppio strato è tenuto assieme da lipoproteine. I lipopolisaccaridi, presenti sulla membrana esterna dei batteri Gram–, hanno tre regioni: il lipide A, che rappresenta un endotossina, sostanza capace di scatenare una risposta immunitaria nell’organismo ospite; il nucleo polisaccaridico e la catena laterale, che costituisce l’antigene. La membrana esterna ha un ruolo di controllo sulla permeabilità a determinate sostanze attraverso la parete cellulare dei batteri Gram–. 9 Il meccanismo di funzionamento della colorazione di Gram è proprio basato sulla differenza di permeabilità delle pareti cellulari dei due gruppi batterici: nei Gram+ il cristalvioletto e lo iodio riescono a penetrare separatamente, data la loro idrofilia, ma, una volta formato, il complesso colorante-iodio non sarebbe più in grado di attraversare la parete perché idrofobo, facendo così mantenere al battere la colorazione primaria. Nei Gram–, invece, l’alto tenore lipidico della membrana esterna conferisce alla parete cellulare maggiore permeabilità al complesso idrofobo, che quindi, con l’aggiunta del decolorante, riesce a uscire. A questo punto, per esser resi visibili, i batteri devono poi esser colorati con la fucsina, la quale dà loro un aspetto rosa, senza però alterare il viola dei Gram+. Le due particolari strutture delle pareti cellulari batteriche conferiscono quindi alla cellula maggiore o minore permeabilità a determinate molecole, che possono essere coloranti ma anche antibiotici. Per questo motivo una sostanza antibiotica potrebbe distruggere una cellula batterica Gram+ ma lasciarne intatta una Gram–, o viceversa. Generalmente i Gram– sono più resistenti grazie ad enzimi presenti nel periplasma in grado di attaccare e distruggere alcuni tipi di molecole antibiotiche (Sanders C.C. & Sanders Jr. W.E, 1992). Figura 2. Differenze strutturali tra la parete cellulare dei batteri Gram-positivi e quella dei batteri Gram-negativi. Immagine tratta da: www.pc.maricopa.edu/Biology/rcotter/BIO%20205/LessonBuilders/Chapter%204%20LB/c ow95289_04_14.jpg. 4.2. GLI IGIENIZZANTI Ogni giorno media ed esperti continuano a spingere la gente ad acquistare prodotti igienizzanti per la disinfezione personale e dell'ambiente, creando così un enorme giro d'affari attorno a queste sostanze. Ma sono davvero efficaci come vengono pubblicizzate? E soprattutto sono realmente necessarie per la nostra salute? La maggior parte degli igienizzanti presenti sul mercato sono a base di ipoclorito di sodio (NaClO), il sale sodico dell'acido ipocloroso (HClO), che in poche parole consiste in un prodotto estremamente aggressivo a base di cloro. In questa categoria di prodotti rientrano i più comunemente usati, come la candeggina, la varechina e l'Amuchina. 10 Quando una soluzione di ipoclorito di sodio entra in contatto con delle cellule batteriche può dare origine a diverse reazioni chimiche che stanno alla base della sua azione battericida. A titolo d’esempio, qui di seguito sono espresse alcune di queste reazioni, nelle quali è evidente l’alterazione strutturale di molecole organiche provocata dall’acido ipocloroso presente nelle soluzioni acquose di ipoclorito di sodio. H2O NaClO ↔ Na+ + ClO– ClO– + H2O ↔ HClO + OH– Equazione 1. Equilibrio chimico di una soluzione acquosa di ipoclorito di sodio. Riga 1: dissociazione dell’ipoclorito di sodio nei suoi due ioni costituenti; riga 2: reazione di idrolisi basica provocata dagli ioni ipoclorito. CH3 CH3 CH3 │ │ │ R─C─COO– + HClO → R─C─COO– → → → R─C │ │ ║ NHCl O NH2 aminoacido acido ipocloroso cloramina chetone Equazione 2. Reazione di cloraminazione: un aminoacido reagisce con acido ipocloroso per produrre una cloramina, molecola altamente instabile che poi si degrada dando origine a chetoni. fosfolipide acido ipocloroso fosfolipide alterato Equazione 3. Reazione di ossidazione di un fosfolipide. In acqua l’ipoclorito di sodio si dissocia nei suoi due ioni costituenti (Na+ e ClO–) uno dei quali, lo ione ipoclorito (ClO–), dà idrolisi basica, provocando un rilascio di ioni idrossido (OH–) e un conseguente aumento del pH (Equazione 1). L’attività germicida dell’ipoclorito di sodio è dovuta alla capacità dell’acido ipocloroso e degli ioni ipoclorito di attraversare la parete e la membrana cellulare. Si crede che il meccanismo d’azione dell’ipoclorito di sodio sia basato sull’inibizione enzimatica, su alterazioni della membrana plasmatica e del DNA e, probabilmente, su danni alle proteine di trasporto. Sia l'acido ipocloroso che gli ioni ipoclorito sono forti agenti ossidanti in grado di reagire chimicamente con diverse molecole biologiche. Tra le più suscettibili ad alterazione troviamo proteine, aminoacidi, peptidi, lipidi e basi azotate, ossia molecole che presentano insaturazioni, legami peptidici, gruppi amminici o tioli. Gli ioni ipoclorito – elettricamente carichi e idrofili – non sono in grado di penetrare la membrana cellulare a causa del tenore idrofobo del doppio strato fosfolipidico, dunque la loro azione è limitata all’esterno della cellula. L’acido ipocloroso – elettricamente neutro – è 11 invece capace di diffondere nel citoplasma batterico arrecando un doppio danno: in primo luogo può ossidare le componenti della membrana, in più può alterare il DNA e i processi metabolici del batterio (Fukuzaki, 2006). Per quanto riguarda l’interazione tra l’acido ipocloroso e le membrane cellulari (Equazione 3) si crede che l’ossidazione dei fosfolipidi causata dall’acido possa alterare la struttura stessa della membrana, destabilizzandola, aumentandone la permeabilità e diminuendone la fluidità (Van den Berg et al.,1993). Inoltre, quando l’acido ipocloroso entra in contatto con una proteina di membrana o con un enzima si suppone possa dare origine a reazioni di cloraminazione (Equazione 2), vale a dire che potrebbe provocare la clorazione del gruppo amminico di un aminoacido portando alla degradazione ossidativa dell’enzima o della proteina stessi (Slates et al., 1964). Una volta nel citoplasma, l’acido ipocloroso potrebbe anche causare un abbassamento del pH intracellulare accompagnato da un rilascio di protoni (ioni idrogeno H+). Per mantenere constante il gradiente protonico, la cellula dovrebbe estrudere ioni idrogeno attraverso la pompa ATPasi, la quale richiede l’idrolisi di molecole di ATP. Di conseguenza si avrebbe una riduzione di energia chimica disponibile e quindi un rallentamento del metabolismo cellulare (Fukuzaki et al., 1990, in Fukuzaki, 2006). In ogni caso, la principale attività antibatterica dell’ipoclorito di sodio è attribuita alla sua azione ossidativa su molecole organiche piuttosto che alla riduzione della disponibilità di ATP per la cellula. Effettivamente, data la sua molteplice azione, l'ipoclorito di sodio distrugge il 99% dei batteri, senza però fare alcuna distinzione. Considerando che la gran parte dei batteri presenti nel nostro corpo contribuisce alle funzioni vitali dell'organismo, risulta evidente come l'uso eccessivo di questa sostanza possa, eliminando anche i batteri "buoni", causare problemi di salute e malattie. Sulla pelle, per esempio, ci sono molte specie batteriche che contribuiscono alla protezione del corpo da altri agenti patogeni; pertanto, distruggendo questi batteri si espone maggiormente il corpo ad aggressioni esterne, abbassandone le difese dovute, appunto, a questi piccoli esseri. Per fare un altro esempio si può anche vedere cosa succede all'interno del corpo se vengono ingerite anche solo minime tracce di ipoclorito di sodio: come ha affermato il Dr. Mauro Damiani, dottore in chimica ed esperto in igiene degli alimenti, le soluzioni per la disinfezione degli alimenti possono provocare danni alle membrane dell'apparato digerente e all'importantissima flora batterica intestinale, dai quali ne conseguono problemi alla digestione. Ma, oltre a rendere l'organismo più vulnerabile, gli igienizzanti sono anche molto aggressivi: sono stati associati a malattie delle vie respiratorie, quali forme asmatiche. Uno studio effettuato dalla Division of Respiratory Disease and Tuberculosis del Department of Medicine presso la Mahidol University (Chierakul et al., 2013) ha osservato che un’esposizione prolungata ad alte concentrazioni di gas di cloro, derivanti dalla decomposizione dell’ipoclorito di sodio, ha effetti negativi a corto e a lungo termine sulla salute delle vie respiratorie. La maggior parte dei pazienti ha avuto dei miglioramenti col tempo, ma alcuni sintomi sono rimasti persistenti. L’inalazione di gas di cloro può essere considerata più dannosa rispetto all’ingestione, poiché, se nel tratto digerente le molecole possono esser parzialmente distrutte e eliminate, negli alveoli polmonari il cloro può passare direttamente nel sangue, oltre a irritare l’epitelio bronchiale. Ricordiamo che vapori di cloro sono stati addirittura usati come armi chimiche per la loro capacità di provocare l’immediata irritazione delle vie respiratorie e la seguente sensazione di soffocamento. Inoltre, uno studio realizzato da un gruppo di ricercatori del Department of Community Health presso la Brown University (Zierler et al., 1988) ha provato che i derivati del cloro sono associati ad alcuni tipi di cancro: due gruppi di non fumatori sono stati dissetati per 50 anni uno con acqua clorata e l'altro no. Nel primo gruppo il tasso di cancro alla vescica é risultato quatto volte superiore rispetto al secondo. 12 Un ulteriore studio, effettuato da un team di ricerca del Medical College of Wisconsin (Morris et al., 1992), ha confermato l’effettiva esistenza di una correlazione tra la probabilità di sviluppare un tumore e l’uso di derivati del cloro. Stando a ciò che afferma il Dr. Joseph Price del US Council of Environmental Quality «il rischio di cancro tra le persone che bevono acqua clorata è del 93% in più rispetto a quelli la cui acqua non contiene cloro». Il Dr. Price, autore del libro “Coronaries, Cholesterol, Chlorine” (1988), ha attuato uno studio sull’effetto del cloro sui polli: un gruppo è stato allevato con acqua clorata e l’altro no. Durante l’autopsia, il numero di polli con malattie cardiocircolatorie del primo gruppo era nettamente maggiore rispetto a quello del secondo. Anche in vita i polli del secondo gruppo risultavano visibilmente più sani (crescevano più rapidamente, non perdevano piume, non avevano brividi nel periodo invernale). Da questo studio si è potuta dedurre l’esistenza di un’interdipendenza tra l'uso di derivati del cloro e lo sviluppo di malattie cardiocircolatorie. Nel 1989 l’epidemiologo Dr. Strachan formulò la prima ipotesi sull’igiene, segnalando l’esistenza di una relazione inversa tra la dimensione del nucleo famigliare e la propensione a sviluppare malattie atopiche. La sua teoria sostiene che una minor incidenza di infezioni nella prima infanzia, dovuta all’inferiore contatto con fratelli maggiori o altri famigliari, potrebbe essere una delle cause dell'aumento delle malattie allergiche. Nel caso di una famiglia numerosa, l’opportunità di trasmissione di malattie infettive all’interno della famiglia stessa è superiore; di conseguenza, la probabilità di contrarre malattie atopiche è inferiore. Più tardi, quest’ipotesi è stata approfondita da specialisti in allergologia e immunologia e si è confermato che la sempre minor esposizione a microbi, dovuta non solo a famiglie meno numerose ma anche a un ambiente casalingo sempre più pulito e disinfettato, è un’importante causa della crescente incidenza di atopia in questi ultimi anni. Impedire di entrare in contatto con i germi o utilizzare igienizzanti che danneggiano la flora batterica umana non fa altro che esporci ad un alto rischio di malattie. Molti pediatri, immunologi e microbiologi sono d'accordo su una cosa: una pulizia eccessiva, e quindi una forte riduzione della presenza di microbi nell’ambiente casalingo, non fa bene al sistema immunitario, specialmente se si tratta di quello dei bambini che deve ancora rafforzarsi. Il sistema immunitario, infatti, funziona in gran parte grazie alla memoria immunitaria, che consiste nel riconoscimento più rapido di un’infezione e di conseguenza un intervento preventivo dei linfociti per combatterla, possibile grazie alla presenza di adeguati anticorpi precedentemente sviluppati (durante il primo contatto con antigeni complementari). Un bambino cresciuto in presenza di un maggior numero di batteri svilupperà un sistema immunitario più forte e sarà meno propenso ad contrarre allergie rispetto ad uno cresciuto in una casa sterilizzata con igienizzanti (Bloomfield et al., 2006). Ma i danni provocati dagli igienizzanti non sono finiti. Un altro problema, già largamente presente negli ospedali dovuto agli antibiotici somministrati, si sta espandendo anche all'interno delle mura delle nostre case: la formazione di batteri mutanti super-resistenti in grado di liberarsi dalle sostanze potenzialmente dannose, come Gonorrea HO41, Clostridium difficile e Enterobacteriaceae (Frieden, 2013). Steve Solomon, direttore dell’ufficio del CDC per la resistenza agli antibiotici ha affermato che «ogni volta che gli antibiotici vengono usati in qualsiasi ambiente, i batteri si evolvono sviluppando resistenza. Questi farmaci sono preziosi e limitati, e più li usiamo oggi, più diminuisce la possibilità di averne di efficaci domani». Il professor Glenn Kaatz del Department of Veterans Affairs Medical Center di Detroit ha sancito che l'abuso degli igienizzanti e di detergenti antibatterici ha, appunto, come grave conseguenza la sempre maggiore resistenza dei batteri a queste sostanze altamente aggressive. Dopo aver sottoposto dei campioni di batteri a un trattamento di soluzioni di biocidi a diverse concentrazioni, i ricercatori hanno notato la formazione di batteri mutanti che hanno sviluppato l'incredibile capacità di metabolizzare sostanze chimiche potenzialmente dannose, 13 anche diverse da quelle che ne hanno provocato la mutazione. In questo modo non solo non si eliminerebbero più i batteri resistenti ma ci sarebbe il rischio di rendere ancora più potenti e dannosi quelli patogeni, come il pericoloso Stafilococco aureo. Oltre ad essere una causa di problemi salutari talvolta gravi, l’ipoclorito di sodio è anche un pericoloso inquinante ambientale: se immesso nella falda acquifera può minacciare la vita acquatica; in più, in caso di contatto con tale sostanza, mammiferi, uccelli e altri animali potrebbero subire irritazioni e danni cutanei (Allegato 1). 4.3. LE ALTERNATIVE NATURALI In natura sono presenti moltissime piante dalle quali si possono estrarre sostanze antibatteriche e germicide, soprattutto sotto forma di oli essenziali. Solitamente si ricorre alla distillazione in corrente di vapore al fine di ottenere un olio essenziale estremamente concentrato, a tal punto che, per ricavare pochi millilitri di prodotto, sono necessarie enormi quantità della pianta interessata. Il processo, oltre ad avere un rendimento basso e talvolta dipendente dal periodo dell’anno (per alcune specie il rendimento invernale è inferiore a quello estivo, vista la minor presenza nella pianta delle sostanze d’interesse), richiede diverse distillazioni prima di raggiungere la concentrazione desiderata ed è buona norma effettuarlo a freddo per evitare di alterare i principi attivi. Uno dei più comuni oli essenziali usati a scopo antisettico è l’estratto di Melaleuca alternifolia, conosciuto come olio dell’albero del tè o, dall’inglese, Tea tree oil. I principali componenti che conferiscono a questo olio proprietà battericide, germicide e fungicide (Hammer et al., 2004, in Campanini, 2012) sono il terpinene-4-olo e l’1,8-cineolo. La composizione dell’olio essenziale, secondo una legge australiana – luogo d’origine della pianta – deve prevedere la presenza di terpinene-4-olo in quantità superiori al 30% e di 1,8cineolo in quantità inferiori al 15%: i quantitativi ottimali sarebbero del 37-43% per il primo e del 5-10% per il secondo. È possibile attribuire agli oli essenziali un indice aromatico, valore che consente di stabilirne il potere antisettico. L’indice aromatico si ricava attraverso un analisi in vitro svolta analogamente all’antibiogramma: l’aromatogramma (Belaiche, 1983, in Campanini, 2012). Tale indice è dato dal rapporto tra il diametro dell’alone d’inibizione dell’olio esaminato, espresso in millimetri, e il diametro dell’alone che avrebbe prodotto un olio essenziale ideale, vale a dire con potere battericida massimo, al quale viene assegnato un indice convenzionale pari a 1. Ne deriva che più l’indice aromatico è vicino a 1, maggiore è il potere antibiotico dell’olio essenziale, sia nei confronti dei batteri Gram-positivi e Gram-negativi, sia verso i miceti. Tra i più potenti oli antisettici troviamo l’origano (0.88), il timo (0,71), la cannella di Ceylon (0,69), il garofano (0,51) e la santoreggia (0,45), ma anche quello di melaleuca ha un indice aromatico medio-elevato, che può farlo rientrare nelle essenze germicide maggiori. Candida albicans, Staphylococcus, Streptococcus, Propionibacterium acnes e i batteri Gram-negativi sono efficacemente eliminati in seguito all’uso topico di Tea tree oil (Ferrini & Mannoni, 2006, in Campanini, 2012). Una ricerca effettuata nel 1994 da Buck, Nidorf e Addino ha rilevato che nella cura dell’onicomicosi il Tea tree oil al 5% è efficace quanto il clotrimazolo all’1%; in più, un successivo saggio in doppio cieco ha accertato che l’efficacia dell’olio essenziale va oltre il semplice effetto placebo (Satchell & Saurajen, 2002, in Campanini, 2012). Il Tea tree oil e i sui componenti principali non causano direttamente la lisi della cellula batterica, ma danneggiano la membrana citoplasmatica, provocando di conseguenza l’autolisi cellulare. In uno studio effettuato su ceppi di Staphylococcus aureus è stato osservato, 14 attraverso microscopia elettronica, che cellule batteriche trattate con Tea tree oil mostravano la formazione di mesosomi e la perdita di contenuti citoplasmatici. La predisposizione alla lisi, la perdita di 260 nm di materiale assorbente, la perdita di tolleranza al cloruro di sodio e la morfologia alterata suggeriscono che olio essenziale di M. alternifolia e i suoi componenti (terpinene-4-olo e 1,8-cineolo) compromettono l’integrità e il funzionamento della membrana citoplasmatica (Carson et al., 2002, in Campanini, 2012). In aggiunta, si può affermare che il Tea tree oil altera l’equilibrio e il controllo chemiosmotico della cellula batterica, aumenta la permeabilità della membrana citoplasmatica e inibisce la respirazione cellulare (Cox et al., 2000, in Campanini, 2012). Un vantaggio dell’uso dell’olio essenziale di M. alternifolia è legato all’ottima tollerabilità cutanea e delle mucose, tuttavia, se sulla pelle si può usare tranquillamente puro, nel caso delle mucose è consigliabile diluirlo perché, anche se in casi rari, potrebbe causare lievi dermatiti (Camporese, n.d., in Campanini, 2012). Per quanto riguarda l’uso interno non ci sono ancora studi clinici che ne confermino l’efficacia e la sicurezza d’impiego; per il resto, se utilizzato correttamente, non ci sono effetti collaterali correlati all’uso dell’olio fresco. Per quanto riguarda quello ossidato alla luce solare, invece, è opportuno prestare attenzione perché potrebbe causare reazioni di sensibilizzazione dovute alla formazione di perossidi (Hausen, 1999, in Campanini, 2012). Il Tea tree oil, oltre a non esser dannoso per la salute, possiede anche alcune importanti proprietà complementari, confermate da svariati studi in vivo e in vitro. Tra queste troviamo la funzione immunomodulante chemiotattica (Camporese, n.d., in Campanini, 2012), quella antinfiammatoria e persino quella antitumorale. Un gruppo di ricercatori presso il Department of Microbiology and Infectious Diseases della Flinders University (Hart et al., 2000) ha dimostrato che il terpinene-4-olo, componente idrosolubile dell’olio di M. alternifolia, è in grado di sopprimere la produzione di mediatori pro-infiammatori – molecole che scatenano la risposta infiammatoria, come per esempio l’istamina – da parte dei monociti umani attivati. Inoltre, alcuni ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità di Roma (Calcabrini et al., 2004) hanno dimostrato che il terpinene-4-olo, attraverso l’attivazione delle caspasi, é in grado di indurre l’apoptosi dei melanociti umani, limitando così la crescita e la diffusione del tumore. L’effetto è risultato addirittura superiore con le cellule tumorali della linea farmaco-resistente, cioè quelle cellule che sovraesprimono la P-glicoproteina, proteina di membrana coinvolta nella resistenza ai farmaci. La capacità di indurre l’apoptosi conferisce quindi al Tea tree oil un potere antitumorale in grado persino di superare la resistenza dovuta all’eccessiva espressione della P-glicoproteina. 4.4. I MICRORGANISMI EFFETTIVI Nel 1982 il microbiologo giapponese Dr. Teruo Higa scoprì, grazie a una serie di esperimenti, una combinazione di diverse specie di microrganismi che prese il nome di Microrganismi effettivi, comunemente abbreviati con l’acronimo EM – dall’inglese Effective Microorganism. La tecnologia EM (EM Technology) nacque inizialmente per sostituire concimi e antiparassitari chimici utilizzati in campo agricolo; tuttavia, visto il successo ottenuto, il Dr. Higa sperimentò l’uso degli EM anche in altri settori, attestando l’efficacia del prodotto anche nella depurazione delle acque, nello smaltimento dei rifiuti, nella pulizia della casa, nella detersione personale e in molto altro ancora. 15 Al contrario dell’immaginario comune, non tutti i microrganismi sono nocivi; l’uomo, infatti, utilizza i microrganismi da migliaia di anni per la produzione alimentare: formaggio, yogurt, birra, pane, vino e altri alcolici sono solo alcuni dei loro campi d’impiego. Come dimostrato dal Dr. Teruo Higa, ne esistono poi alcuni in grado di combattere quelli patogeni. Il composto EM contiene più di 80 tipi di microrganismi che, vivendo in simbiosi, producono effetti rigenerativi sorprendenti. Negli EM si possono riconoscere tre tipi principali di microrganismi: i lattobacilli, i lieviti e i batteri fotosintetici. I lattobacilli, o batteri dell’acido lattico (Pasteur, 1857), sono i microrganismi responsabili della trasformazione dello zucchero in acido lattico attraverso il processo della fermentazione. La produzione di acido lattico ha come prima conseguenza l’abbassamento del pH e quindi la formazione di un ambiente sfavorevole alla crescita di diversi microrganismi patogeni. I lattobacilli sono naturalmente presenti all’interno del sistema digerente degli animali e costituiscono parte della flora batterica intestinale, la quale contribuisce al corretto andamento di diverse funzioni vitali. Si tratta di una condizione di simbiosi tra batteri e organismo animale (nel caso specifico é detta eubiosi). Questi batteri sono usati nella produzione di formaggi e yogurt e avrebbero effetti benefici sulla salute di qualsiasi forma di vita animale, poiché, oltre a regolarizzare l’attività intestinale, aiutando l’organismo nei processi digestivi, avrebbero azione immunostimolante e proprietà antitumorali. Sarebbero infatti in grado di aumentare il numero di cellule produttrici di immunoglobuline, favorendo la fagocitosi e incrementando il numero di linfociti T e NK. Inoltre, potrebbero contribuire alla protezione da patogeni presenti nel sistema digerente grazie all’esclusione competitiva (Reid et al., 2003). Studi in laboratorio hanno dimostrato che alcuni ceppi di Lactobacillus bulgaricus hanno un effetto anti-mutageno, possibilmente ricollegabile alla loro capacità di legarsi alle ammine eterocicliche prodotte durante la combustione della carne (Wollowski et al., 2001). Inoltre, diversi studi sull’uomo hanno rilevato proprietà antitumorali esplicabili attraverso un’inibizione dell’attività di un enzima che può generare carcinogeni nel sistema digerente (Brady et al., 2000). Il lievito Saccharomyces cerevisiae (Van Leeuwenhoek, 1680) è un essere eucariota conosciuto per il suo impiego nella fermentazione della birra e del pane. Questo microrganismo appartiene al regno dei funghi e vive in ambienti ricchi di zuccheri, producendo molti agenti bioattivi, come aminoacidi, polisaccaridi, acidi organici, alcoli, vitamine e antiossidanti. I lieviti si nutrono principalmente di organismi vivi o morti, secernendo nell’ambiente circostante gli enzimi digestivi che scindono le sostanze in molecole assorbibili attraverso la parete cellulare. Gli enzimi rilasciati sono molto utili nella lotta ai batteri patogeni; un classico esempio è la penicillina (Fleming, 1925) che ha rappresentato un’importantissima scoperta nell’ambito del trattamento d’infezioni. La scoperta di questa sostanza favorì la ricerca di altri inibitori microbici, come la streptomicina, che furono denominati antibiotici (Waksman, 1945). La fotosintesi consiste nello sfruttamento dell’energia solare al fine di sintetizzare sostanze organiche a partire da sostanze inorganiche. Al contrario dell’immaginario comune, non sono solo le piante a svolgere la fotosintesi: nel suolo e nell’acqua sono presenti microrganismi che si comportano allo stesso modo. I batteri fotosintetici, o batteri della fotosintesi, sfruttano l’energia solare per sintetizzare antiossidanti, aminoacidi, zuccheri e altre sostanze che non solo fungono da nutrimento per le piante stimolandone la crescita, ma favoriscono anche la riproduzione di altri microrganismi effettivi. Questi microrganismi sono 16 spesso utilizzati nel trattamento delle acque inquinate, ma si è scoperto che possono rivelarsi utili anche nell’agricoltura e nell’allevamento. La specie Rhodopseudomonas capsulata, per esempio, contribuisce notevolmente ad aumentare la fertilità del suolo e quindi favorisce lo sviluppo e la crescita delle piante. Attraverso processi metabolici produce molecole utili alla pianta, come enzimi, aminoacidi, zuccheri e basi azotate, e accelera il processo di biodegradazione delle sostanze organiche con la conseguente trasformazione in humus. Inoltre, Rhodopseudomonas capsulata favorirebbe la presenza di altri ceppi batterici capaci di difendere la pianta da funghi e altri microrganismi patogeni (Johor Corporation, 1968). Alcuni ceppi di batteri fotosintetici sono coinvolti nel ciclo dell’azoto, quindi contribuiscono alla fissazione del diazoto atmosferico e alla sua trasformazione in nitriti e nitrati assimilabili dalla pianta. Ma come agiscono gli EM? Benché al momento non ci sia ancora nessuna prova scientifica a dimostrarne l’attendibilità, la teoria sull’azione degli EM si baserebbe sul principio di dominanza. Secondo il Prof. Higa esisterebbero tre categorie di microrganismi: quelli patogeni, quelli “buoni” e quelli opportunisti, i quali adatterebbero il loro carattere metabolico a seconda del gruppo dominante. Stando alla teoria del microbiologo giapponese, quindi, se si riuscisse a spostare l’equilibrio verso i microrganismi rigenerativi, quelli opportunisti aumenterebbero la percentuale positiva a scapito dei microrganismi degenerativi. Questo fenomeno è detto esclusione competitiva (Gause, 1934) e consisterebbe appunto nella dominazione di una specie su un’altra che vive nello stesso ambiente: due specie utilizzanti la stessa risorsa limitante non potrebbero coesistere, perché, prima o poi, una soccomberebbe all’altra. In questo caso lo scopo sarebbe di far prevalere le specie di microrganismi buoni per sopraffare quelli degenerativi. Tuttavia, il principio di dominanza ha sollevato molte discussioni e perplessità, dato che, per ora, non sono ancora stati registrati dati scientifici che ne provino la concreta efficacia. Ciò non significa che non possano davvero funzionare ma, a mio parere, almeno per ora bisognerebbe muoversi con cautela fin che non si sappia qualcosa di certo a riguardo. Fino ad oggi non si sono riscontrati effetti collaterali dovuti all’uso di questi microrganismi, ma chi può dire che a lungo termine non possano causare problemi, magari peggiori di quelli iniziali che ne hanno promosso l’utilizzo? 17 5. MATERIALI E METODI 5.1. INTRODUZIONE GENERALE I batteri sono i microrganismi più diffusi e con maggior importanza medica; è quindi opportuno riuscire a coltivarli in laboratorio per averne una quantità sufficiente da analizzare. Per la coltivazione dei batteri si deve far ricorso a mezzi di coltura specifici, caratterizzati da brodi nutritivi contenenti le sostanze chimiche indispensabili alla loro sopravvivenza e riproduzione. Generalmente questi terreni di coltura contengono vitamine, sali minerali e sostanze organiche di cui i batteri si possono cibare e dunque anche moltiplicare. Tali sostanze riproducono l’ambiente più idoneo alle esigenze metaboliche di determinati batteri e, per questo motivo, esistono terreni diversi per specifici batteri, detti terreni di arricchimento selettivi. L’aggiunta di un’opportuna sostanza può favorire lo sviluppo di un’unica specie batterica, attraverso l’azione batteriostatica su tutte le altre. In questo modo sarà quindi possibile isolare la specie d’interesse e coltivarla separatamente. Esistono due tipi di terreni di coltura: solidi e liquidi. Quelli solidi si distinguono da quelli liquidi per la presenza di agar (introdotto da Hesse), un polisaccaride acido estratto dalle alghe rosse, inerte all’attività batterica. L’unica funzione dell’agar è di solidificare il terreno liquido, rendendolo un gel facilmente manipolabile, spesso posto in apposite capsule di Petri. Un terreno solido é utile soprattutto per il piastramento diretto dei batteri, ossia il campionamento svolto attraverso l’appoggio del gel su una superficie, che permette così di coltivare i batteri in colonie isolate nella stessa posizione del campionamento. Così facendo si possono meglio identificare i tipi di colonie presenti, la loro posizione e il loro numero. Tuttavia il formato gel è molto usato anche per i prelevamenti tramite q-tips, nei quali l’inoculazione dei batteri avviene per strisciamento a zig-zag sulla superficie dell’agar. La prerogativa necessaria a tutti i terreni di coltura è che essi siano perfettamente sterili; il che implica un lavoro accurato in un ambiente privo di possibili contaminanti – altri microrganismi – che potrebbero alterare il risultato di una ricerca. Il metodo di sterilizzazione più usato è l’autoclavatura: in un apposito recipiente metallico ermeticamente pressurizzato, detto autoclave, si forma una corrente di vapore a 121°C che attraversa i materiali da sterilizzare. Le temperature raggiunte sono sufficienti a far coagulare il protoplasma batterico, sterilizzando così l’ambiente in tempi relativamente brevi (un ciclo di autoclave dura in media 20 minuti). Dopo aver sterilizzato e seminato il terreno, occorre fornire un ambiente ideale allo sviluppo batterico: il terreno verrà quindi posto in una stufa termostatata impostata a una temperatura specifica per il tipo di batterio che si vuole coltivare, per favorirne la crescita e la riproduzione. L’incubazione delle colture dura circa 48 ore, ma può prolungarsi fino a diverse settimane nel caso di alcune specie. Trascorso questo tempo é necessario trapiantare i batteri in una coltura di mantenimento: il substrato nutritivo é già stato consumato e l'ambiente non é più favorevole, quindi se i batteri restassero lì sarebbero destinati a morire. La tecnica di trapianto é relativamente semplice: con un ansa sterile si preleva una colonia dal vecchio terreno e la si inocula in uno nuovo strisciandola su tutta la superficie attraverso movimenti a zig-zag in diverse direzioni. Questo metodo é utile per l'isolamento in coltura pura di una singola specie batterica. 18 Un terreno di base, cioè non arricchito, è composto da: • Acqua • 0,5% di peptoni • 0,3% di estratto di carne • Cloruro di sodio per portarlo all’isotonicità • Fosfati per portarlo a pH neutro o leggermente alcalino • 1,5% di agar (solo nel terreno solido) In seguito all'inoculazione di batteri in un terreno liquido, quest'ultimo acquisisce un aspetto torbido che può variare a dipendenza della specie batterica presente. Nel caso di un terreno solido, invece, a confermare la presenza di batteri é la formazione di una patina o di colonie isolate (di almeno 106 batteri) sulla superficie dell'agar. In questo caso é possibile distinguere le specie osservando come si presentano le colonie: con margini netti o frastagliati; lisce (colonie S), rugose (colonie R) o mucose; con diversi colori; ecc. I microrganismi effettivi “a riposo” sono conservati in una soluzione concentrata di sale a aceto (per mantenere il pH a 3,5), chiamata EM-1. EMA consiste in EM-1 attivato, vale a dire che la soluzione concentrata viene diluita con acqua e le si aggiunge della melassa di zucchero per nutrire e “attivare” i microrganismi. Un litro di EMA contiene: 30 ml di EM-1, 30 ml di melassa e 940 ml d’acqua. 5.2. PARTE SPERIMENTALE Per stabilire il grado di efficacia delle diverse sostanze igienizzanti selezionate si é scelto di svolgere due esperimenti distinti: uno in vitro, con la tecnica degli antibiogrammi, per verificare il grado di resistenza dei batteri di un ceppo di Escherichia coli alle sostanze potenzialmente antibiotiche, e l’altro in vivo, effettuando prelievi prolungati nel tempo atti a verificare l’efficacia degli igienizzanti a breve e a lungo termine in una situazione più verosimile. Qui di seguito sono illustrati i protocolli degli esperimenti svolti, con le dovute osservazioni riportate, i risultati ottenuti e le conclusioni che è stato possibile trarre. 5.2.1. ANTIBIOGRAMMI La tecnica degli antibiogrammi è usata per verificare il grado di resistenza di determinati batteri ad una sostanza con eventuale potere battericida o batteriostatico. La determinazione avviene attraverso l’osservazione e la misurazione del diametro degli aloni formati attorno ad un tampone imbevuto della sostanza da esaminare e posto in una capsula di Petri inoculata con specifici ceppi batterici – in questo caso E. coli. 19 Materiale: • • • • • • • • 18 capsule di Petri con terreno selettivo TBX, dunque arricchito in modo da permettere solo la crescita di E. coli; brodo di coltura contenente E. coli; sostanze antibatteriche : igienizzante a base di ipoclorito di sodio, etanolo al 90%, olio essenziale di Melaleuca alternifolia (Tea tree oil), Microrganismi Effettivi (EMA); tamponi di carta assorbente; ansa di vetro sterile; becco bunsen; parafilm; incubatrice. Procedimento Il materiale andrebbe maneggiato in ambiente sterile e, per una maggior accuratezza dei risultati, sarebbe opportuno svolgere tutti i passaggi sotto cappa. Non avendo a disposizione una cappa sono state prese misure alternative: tutte le superfici e gli strumenti di lavoro sono stati sterilizzati con 2-propanolo e si è ricorsi all’uso di un becco bunsen per creare un ambiente di lavoro più sterile possibile. Dopo esser state preparate con del terreno di coltura selettivo TBX, le capsule di Petri sono state inoculate con il brodo contenente E. coli. Per farlo, si é depositata una goccia di terreno liquido al centro della Petri e la si é distribuita uniformemente sulla superficie con l’aiuto di un’apposita ansa in vetro sterile. Successivamente si è passati al posizionamento dei tamponi all’interno delle Petri: con l’ausilio di una pinzetta si sono posti quattro tamponi impregnati delle sostanze igienizzanti in ogni capsula. Le Petri sono quindi state sigillate con del parafilm e messe a incubare a 36°C per 24-48 ore. Per ottenere più dati e quindi risultati più precisi è necessaria la preparazione di almeno 3 Petri per sostanza quindi si sono ottenute: • 3 Petri di controllo, senza tamponi (solo con E. coli); • 3 Petri con igienizzante a base di ipoclorito di sodio; • 3 Petri con etanolo al 90%; • 3 Petri con olio essenziale di M. alternifolia (Tea tree oil); • 3 Petri con Microrganismi Effettivi (EMA) inseriti prima dell’incubazione, per verificarne il potere batteriostatico; • 3 Petri con Microrganismi Effettivi (EMA) inseriti dopo l’incubazione, per verificarne il potere battericida. Risultati L’incubazione permette lo sviluppo e la riproduzione delle colonie quindi, per determinare se una sostanza possiede un reale potere battericida o batteriostatico, bisogna osservare in che modo tale sostanza ha limitato la crescita batterica. Quest’osservazione si può fare attraverso la misurazione degli aloni formatisi attorno ai tamponi e col confronto dei dati ottenuti con la seguente tabella data che certifica i tre livelli di resistenza dei batteri: 20 Diametro dell'alone 1 – 9 mm 10 – 18 mm ≥ 19 mm Grado di resistenza (GR) R: specie resistente I: specie con resistenza intermedia S: specie sensibile Efficacia dell'antibiotico inefficace, inutile poco efficace efficace, utile Tabella 1. Dati generali di riferimento per stabilire il grado di resistenza da parte dei batteri nei confronti di una sostanza in base al diametro dell’alone misurato con la tecnica degli antibiogrammi. Sostanza antibiotica Diametro dell’alone (mm) /osservazioni Controllo (solo E. coli) Igienizzante (NaClO) Etanolo al 90% Assenza di alone: c’è una patina su tutta la superficie. Tea tree oil EMA (prima) EMA (dopo) 28 14 20 18 16 20 16 20 18 16 20 24 2 4 2 4 6 4 8 4 6 4 4 6 Sono presenti solo pochissime colonie ai bordi della capsula. Sono presenti aloni di pochi millimetri (1-2 mm), ma non sono cresciute colonie di batteri diversi da E. coli. Assenza di aloni; sotto i tamponi sono cresciute alcune colonie di altri batteri, ma quelle di E. coli non sono né morte né sparite. Media GR / / 19 (±4) mm 5 (±2) mm S R > 19 mm S 2 mm R 0 mm R Tabella 2. Risultati osservati da antibiogrammi effettuati su colonie di E. coli sottoposte a trattamenti con diverse sostanze potenzialmente antibiotiche e successiva determinazione del grado di resistenza (GR). Figura 3. Risultati degli antibiogrammi svolti su colonie di E. coli utilizzando le seguenti sostanze: 1) controllo (solo E. coli); 2) igienizzante a base di ipoclorito di sodio); 3) etanolo al 90%; 4) olio essenziale di M. alternifolia (Tea tree oil); 5) EMA prima dell’incubazione; 6) EMA dopo l’incubazione. 21 5.2.2. ESPERIMENTO SULL’EFFICACIA REALE DEGLI IGIENIZZANTI Come già accennato in precedenza, questo esperimento è mirato a dimostrare l’efficacia degli igienizzanti nella realtà (in vivo), quindi in situazioni soggette a condizioni esterne variabili, quali temperatura, umidità, aria portatrice di nuovi batteri, ecc. L’esperimento, inoltre, non si limita ad attestare un grado d’efficacia assoluto alle sostanze igienizzanti (come nel caso degli antibiogrammi), ma permette anche di determinare l’andamento a lungo termine della crescita batterica sulle superfici trattate. Materiale: • • • • • • • 10 piastrelle in ceramica (~25cm x 25cm); 126 Petri da contatto; brodo di coltura contenente E. coli; 2-propanolo; sostanze antibatteriche: ipoclorito di sodio (Axxel javel), etanolo denaturato al 90%, olio essenziale di M. alternifolia (Tea tree oil); ansa di vetro sterile; becco bunsen. Procedimento Come prima cosa le piastrelle sono state sterilizzate in autoclave per partire da una situazione comune a tutte, dopodiché sono state posizionate in un luogo che ne abbia garantito l’immobilità per tutto l’arco dell’esperimento. A questo punto si sono inoculate 5 piastrelle con il brodo contenente E. coli, mentre le altre 5 si sono lasciate così come sono. Prima di procedere al trattamento con le sostanze antibatteriche si sono dovuti aspettare 3-4 giorni per permettere ad altri batteri di depositarsi in modo più o meno uniforme su tutte le piastrelle. In questo modo è stato possibile ottenere due situazioni distinte: una più reale e una falsata come paragone, nella quale si è certi della presenza di batteri (E. coli) sulla superficie. Attesi 3-4 giorni si é trattata ogni piastrella con una diversa sostanza igienizzante in modo da ottenere: • 1 piastrella con E. coli; • 1 piastrella con E. coli, trattata con l’igienizzante a base di ipoclorito di sodio; • 1 piastrella con E. coli, trattata con etanolo al 90%; • 1 piastrella con E. coli, trattata con olio essenziale di M. alternifolia (Tea tree oil); • 1 piastrella normale; • 1 piastrella trattata con l’igienizzante a base di ipoclorito di sodio; • 1 piastrella trattata con etanolo al 90%; • 1 piastrella trattata con olio essenziale di M. alternifolia (Tea tree oil); • 2 piastrelle per il controllo negativo: o 1 piastrella con E. coli, trattata con 2-propanolo; o 1 piastrella trattata con 2-propanolo. I prelievi sono stati eseguiti ai tempi prestabiliti semplicemente premendo le capsule di Petri sulle superfici trattate. Si ha prelevato sempre in punti diversi per un risultato più affidabile (per questo motivo occorrono piastrelle di determinate dimensioni) e anche in questo caso sono state necessarie almeno 3 Petri per ogni campionamento. Come per gli antibiogrammi, le capsule sono state poi incubate per 3 giorni a 36°C. I tempi di prelievo sono stati a 0 ore, 6 ore, 24 ore, 72 ore (3 giorni) e 168 ore (7 giorni) dopo il trattamento con le diverse sostanze. 22 Risultati Niente Igienizzante (NaClO) Etanolo al 90% Tea tree oil E. coli E. coli + igienizzante (NaClO) E. coli + etanolo al 90% E. coli + Tea tree oil t=0h 95% 0% 95% 30% 100% 100% 100% 95% t=6h 55% 0% 5% 20% 90% 5% 30% 55% t=24h 50% 10% 10% 15% 85% 15% 20% 30% t=72h 70% 10% 15% 15% 85% 40% 20% 15% t=168h 30% 10% 15% 15% 80% 30% 15% 20% Tabella 3. Percentuale della superficie delle capsule di Petri ricoperta da colonie batteriche ai diversi tempi di prelievo e per i diversi trattamenti. Approssimazione ogni 5%. 23 0 ore 24 ore 72 ore 6 ore 168 ore Figura 4. La prima immagine mostra lo schema di disposizione dei campioni prelevati sulle diverse superfici trattate. Le immagini che seguono rappresentano i diversi campioni prelevati, in ordine, a tempi differenti: 0 ore, 6 ore, 24 ore, 72 ore (3 giorni) e 168 ore (7 giorni). 24 Grafico 1. Andamento della crescita batterica sulle piastre trattate con le sostanze antibiotiche relativo alla percentuale di superficie ricoperta da colonie batteriche nella piastra di controllo (in blu e contrassegnata da ■). Grafico 2. Andamento della crescita batterica sulle piastre trattate con le sostanze antibiotiche relativo alla percentuale di superficie ricoperta da colonie batteriche nella piastra di controllo inoculata solo con E. coli (in blu e contrassegnata da ■). 25 6. DISCUSSIONE Il Grafico 3 mostra che a tempo t=0h l’effetto battericida di tutte e tre le sostanze igienizzanti utilizzate è praticamente nullo; solo una volta trascorse alcune ore è osservabile una reale efficacia. Molto probabilmente questo dato è dovuto alla necessità da parte della sostanza di un tempo minimo d’azione. Nel caso del Tea tree oil, per esempio, uno studio pubblicato da May et al. nel 2000 ha evidenziato che l’olio essenziale non ha un effetto battericida immediato, ma, prima di poter osservare un’azione significativa, è necessario il passaggio di un minimo lasso di tempo, che varia a dipendenza della specie batterica da eliminare. I grafici sottostanti mostrano due esempi esplicativi. Grafico 3. Uccisione da parte del Tea tree oil di batteri Staphylococcus aureus meticillina-resistenti – nel primo grafico – e di batteri Pseudomonas aeruginosa ceftazidima-resistenti – nel secondo grafico (May et al., 2000). Nota: tenere conto solo della curva contrassegnata da . Passando in rassegna le tre sostanze notiamo che l’igienizzante a base di ipoclorito di sodio è il più efficace a breve termine, ma già dopo poche ore dal trattamento la crescita batterica riprende ad aumentare. Questo aumento potrebbe esser dovuto al deposito di nuovi batteri provenienti dall’aria sulla superficie precedentemente trattata, che, quindi, confermerebbe uno scarso potere batteriostatico dell’ipoclorito di sodio, dovuto presumibilmente alle componenti volatili, come i gas di cloro, che già dopo poco tempo non sono più presenti sulla superficie in quantità sufficienti da garantire un effetto antibatterico. L’ipoclorito di sodio è infatti particolarmente instabile, motivo per cui sono sufficienti la luce solare o temperature superiori a 45°C per decomporlo (Sirtes et al., 2005). Una seconda ipotesi potrebbe essere che l’igienizzante abbia ucciso gran parte dei batteri presenti ma non tutte le spore, che quindi, appena entrate in contatto con l’ambiente favorevole fornito dal terreno di coltura nelle capsule di Petri, abbiano cominciato a proliferare. In genere, infatti, le spore risultano esser molto più resistenti dei batteri all’ipoclorito di sodio (Russell, 1990, in Fukuzaki, 2006). Prendendo in considerazione la curva di crescita batterica sulla superficie trattata con etanolo al 90%, è osservabile un’efficacia mediocre pressoché costante anche a lungo termine. L’etanolo ha un’azione battericida piuttosto forte, ma non vale lo stesso per quanto riguarda l’azione batteriostatica; inoltre, se si può considerare efficace contro i batteri vegetativi, contro le spore risulta totalmente inutile. La sua proprietà battericida é esplicabile attraverso la denaturazione di enzimi e proteine d’importanza vitale per la cellula batterica, mentre quella batteriostatica, seppur non elevata, si crede sia dovuta all’inibizione della produzione di molecole necessarie alla crescita e alla riproduzione cellulare. L’efficacia maggiore la si ottiene con concentrazioni di etanolo tra il 60% e il 90%, poiché la presenza d’acqua facilita 26 la penetrazione dell’alcol nella cellula e la più rapida distruzione proteica (Rutala et al., 2008). Il Tea tree oil, infine, ha un’azione abbastanza efficace a lungo termine, probabilmente perché le sue componenti sono poco volatili e perdurano sulla superficie, limitando la crescita batterica e creando un ambiente sfavorevole alla formazione di nuove colonie. Tuttavia, sebbene l’etanolo sia molto più volatile del Tea tree oil e nell’esperimento in vitro sia risultato nettamente meno efficace dell’olio essenziale, gli andamenti a lungo termine delle curve di queste due sostanze sono inspiegabilmente simili. Gli andamenti del Grafico 1 e del Grafico 2 sono diversi, soprattutto a breve termine. I dati potrebbero essere così differenti a causa di una distribuzione non omogenea di batteri sulle superfici nel caso della situazione reale (piastrelle non contaminate con E. coli): essendo dettato dal caso, non è possibile stabilire se il posizionamento dei batteri provenienti dall’aria sia stato pressoché lo stesso su tutte le piastrelle o se su alcune, fin dal’inizio, fossero presenti meno batteri rispetto ad altre. Tuttavia, gli andamenti delle curve a partire da t=6h sono simili. La scelta di eseguire l’esperimento sulle due superfici – una con l’aggiunta di E. coli e l’altra no – è stata effettuata per avere una situazione verosimile e una che permettesse un controllo parallelo alle circostanze reali. La distribuzione omogenea di batteri su tutta la superficie, data dall’inoculazione controllata di E. coli, permette infatti di avere una condizione standardizzata su tutte le piastrelle, che consente, di conseguenza, di avere risultati più attendibili. Per verificare l’efficacia delle sostanze antibiotiche è stato inoltre realizzato un controllo incrociato con i rispettivi antibiogrammi. Dai risultati ottenuti si può notare una discordanza con la situazione reale: stando ai dati degli antibiogrammi il Tea tree oil dovrebbe essere la sostanza più efficace (a tal punto che nelle capsule di Petri non sono cresciute colonie se non un paio sui bordi) ma nella realtà è solo mediocremente efficace; così come l’etanolo, che, come già detto, secondo gli antibiogrammi non dovrebbe avere effetti significativi sui batteri, mentre nella realtà si rivela abbastanza efficace. L’igienizzante a base di ipoclorito di sodio, invece, è risultato molto efficace, almeno a breve termine, in entrambi i casi studio. Le differenze riscontrabili potrebbero dipendere dal fatto che negli antibiogrammi non c’è l’immissione di nuovi batteri, quindi una volta morti quelli presenti non ne possono crescere altri; oppure dal fatto che si tratta di un ambiente chiuso ermeticamente e che quindi non permette ai componenti più volatili di evaporare. Con la tecnica degli antibiogrammi si sono voluti verificare anche gli effetti battericida e batteriostatico dei Microorganismi effettivi: in entrambi i casi non è stata però evidenziata alcuna efficacia contro le colonie di E. coli. Con l’aggiunta del tampone imbevuto di EMA allo stesso tempo dell’inoculazione di E. coli, per testare il potere batteriostatico, si sono notati degli aloni di pochi millimetri, probabilmente dati dalla soluzione di sale e aceto in cui erano immersi gli EM, che, difatti, presenta una leggera proprietà antibiotica. Aggiungendo il tampone dopo la crescita di colonie di E. coli, per verificare il potere battericida, l’unica reazione osservata è stata la minima crescita di colonie batteriche diverse da E. coli, che, tuttavia, non hanno sostituito queste ultime. Bisogna comunque considerare che il terreno di coltura TBX è selettivo per batteri appartenenti a ceppi di E. coli, quindi potrebbe aver causato la morte di quasi tutti i Microrganismi effettivi o per lo meno potrebbe averne alterato gli effetti. Per accertare i risultati sarebbe interessante svolgere ulteriori esperimenti sui microrganismi effettivi utilizzando diversi terreni di coltura e, magari, facendo anche un paragone col semplice effetto antibatterico di una soluzione di sale e aceto. Si potrebbero effettuare degli antibiogrammi prolungati nel tempo, per verificare se l’efficacia è realmente insignificante o se a lungo termine ha qualche effetto di maggior rilevanza. 27 7. CONCLUSIONI Lo scopo di questo lavoro di maturità era di dare prova o meno dell’efficacia degli igienizzanti chimici, sia a breve che a lungo termine, considerando i pro e i contro del loro utilizzo nell’igiene della persona e dell’ambiente. L’ipotesi iniziale era che gli igienizzanti di sintesi potrebbero non rappresentare la soluzione migliore per quanto concerne l’igiene e che, magari, potrebbe esistere qualche alternativa più appropriata. In aggiunta, si voleva verificare se la lotta stessa ai microrganismi fosse realmente opportuna o se potesse arrecare danni di qualsivoglia natura. In poche parole, l’obiettivo del presente LAM era di fare un bilancio tra efficacia e conseguenze delle diverse sostanze selezionate al fine di stabilirne l’idoneità d’utilizzo. Dai risultati degli esperimenti e dalle adeguate considerazioni si può concludere che la sostanza più efficace tra quelle esaminate è l’igienizzante a base di ipoclorito di sodio, tuttavia il suo effetto non ha una durata considerevole, quindi per poter mantenere sempre sterile un ambiente occorrerebbe ripetere il trattamento a distanza di poche ore. Dunque, viste anche le molteplici conseguenze negative che può avere sulla salute e sull’ambiente (Allegato 1), l’utilizzo di questo genere di prodotto è pertanto sconsigliabile. Nemmeno l’etanolo è la miglior scelta, poiché, oltre ad avere un’efficacia inferiore, anch’esso non è raccomandabile per la salute e per l’ambiente (Allegato 2). L’alternativa più efficace e più salutare è quindi l’olio essenziale di Melaleuca alternifolia, che può esser usato anche per la cura della persona, senza riscontrare effetti secondari negativi. Generalmente parlando, però, la lotta ai microrganismi sarebbe da mettere in atto in maniera limitata: come visto, un ambiente sterile non giova alla salute, specialmente se si parla di quella dei bambini; inoltre, vige sempre il rischio di danneggiare i batteri utili, come quelli della flora intestinale, causando così danni indiretti al nostro organismo. Per non parlare della sempre maggiore resistenza dei batteri agli antibiotici dovuta, almeno in parte, all’abuso di queste sostanze, che quando servono davvero non possono più esser usate perché ormai inefficaci. Anche sotto questa prospettiva è il Tea tree oil a costituire la miglior scelta: l’olio essenziale, infatti, non permette ai batteri di sviluppare alcuna resistenza. Su questo punto sarebbe interessante svolgere degli esperimenti al fine di analizzare se e come i batteri sviluppino una resistenza e quanto tempo gli occorre per farlo a dipendenza delle sostanze a cui sono sottoposti. La pulizia è essenziale per limitare la diffusione di malattie infettive anche gravi, ma è altrettanto vero che un uso sconsiderato di prodotti igienizzanti non fa altro che provocare l’effetto opposto a quello desiderato, vale a dire che, invece di prevenire la propagazione batterica, contribuisce, in primo luogo, all’indebolimento delle difese immunitarie e, secondariamente, all’ancor peggiore diffusione di batteri sempre più resistenti. A partire dalle informazioni prese in considerazione non é però possibile stabilire quale sia il livello ottimale d’igiene: si può solo attestare che sia l’igiene eccessiva che quella troppo scarsa sono malsane, senza però poter fornire un dato quantitativo preciso. Si può quindi concludere che, quando necessario, é preferibile utilizzare prodotti naturali piuttosto che igienizzanti di sintesi a base di ipoclorito di sodio, ma che tuttavia non bisogna esagerare nemmeno nell’uso di tali alternative, poiché non conta tanto come vengono eliminati i batteri quanto il fatto stesso di distruggerli. 28 BIBLIOGRAFIA BLOOMFIELD S.F., STANWELL-SMITH R., CREVEL R.W.R. & PICKUP J. (2006). Too clean, or not too clean: the hygiene hypothesis and home hygiene. Clinical & Experimental Allergy, 36 (aprile), pp. 402-425. BUCK D.S., NIDORF D.M. & ADDINO J.G. (1994). Comparison of two preparations for the treatement of onychomycosis: Melaleuca alternifolia (Tea tree) oil and clotrimazole. The Journal of Family Practice, 38 (giugno), pp.601-605. CALCABRINI A., STRINGARO A., TOCCACIELI L., MESCHINI S., MARRA M., COLONE M., SALVATORE G., MONDELLO F., ARANCIA G. & MOLINARI A. (2004). 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Archives of Environmental Health: An International Journal, 43 (aprile), pp. 195200. 30 GLOSSARIO E ABBREVIAZIONI Acidi teicoici polisaccaridi acidi altamente antigenici. Essendo carichi negativamente sono i principali responsabili della carica negativa globale della parete cellulare dei batteri Gram+ e quindi contribuiscono al passaggio di ioni attraverso la parete stessa. Ammine eterocicliche molecole cancerogene se derivanti dalla cottura della carne. Apoptosi morte cellulare programmata. ATP molecola portatrice di energia chimica utile alla cellula. Caspasi enzimi fondamentali nel processo dell’apoptosi. ClO– ione ipoclorito. Cloruro di sodio NaCl: “sale da cucina”. Clotrimazolo farmaco antimicotico. Controllo chemiosmotico controllo della pompa ATPasi responsabile della sintesi di ATP. Diossigeno O2: ossigeno atmosferico. EM Microrganismi effettivi. Gradiente protonico differenza di concentrazione di protoni tra l’interno e l’esterno della cellula. Gruppo amminico gruppo funzionale NH2. HClO acido ipocloroso. H2O acqua. Idrofilia proprietà fisica di una specie chimica di disciogliersi in acqua; spesso implica il fatto che la molecola sia elettricamente polarizzata. Idrofobia proprietà fisica di una specie chimica di esser respinta dall’acqua. Idrolisi basica reazione chimica che comporta la scissione delle molecole d’acqua e il rilascio di ioni idrossido, i quali provocano un aumento del pH della soluzione. Igienizzanti di sintesi igienizzanti artificiali, creati in laboratorio, quindi non di origine direttamente naturale. Insaturazioni legami chimici doppi che tengono uniti due nuclei di carbonio (C=C). Isotonicità concentrazione fisiologica di cloruro di sodio. 31 Istamina mediatore pro-infiammatorio che dilata i vasi sanguigni e ne aumenta la permeabilità. LAM lavoro di maturità. Legami peptidici legami chimici, tra un nucleo di carbonio e uno di azoto (C–N), che tengono uniti diversi aminoacidi per formare catene peptidiche e proteine. Mediatori pro-infiammatori cellule o molecole in grado di modulare la risposta infiammatoria. Melanociti cellule del melanoma, un tipo di tumore maligno della cute. Mesosomi introflessione della membrana cellulare. Monocita globulo bianco voluminoso in grado di maturare in macrofago (cellula fagocitaria). Na+ ione sodio. NaClO ipoclorito di sodio. OH– ioni idrossido. Peptoni prodotti intermedi della decomposizione delle proteine. Periplasma spazio compreso tra la parete cellulare e la membrana plasmatica dove avvengono molte reazioni enzimatiche. Perossidi molecole instabili che si decompongono liberando diossigeno. Spesso sono irritanti. Proprietà immunomodulante chemiotattica proprietà di stimolare le cellule del sistema immunitario a muoversi per combattere l’agente patogeno. Protoplasma sostanza presente all’interno di una cellula nella quale sono immersi gli organelli. Contiene l’insieme delle molecole che costituiscono la cellula stessa. Sostanza battericida sostanza capace di uccidere i batteri. Sostanza batteriostatica sostanza in grado di inibire o di bloccare la riproduzione e la crescita batterica, senza però uccidere il microrganismo. Tioli molecole idrocarburiche, composte quindi unicamente da nuclei di carbonio e di idrogeno, che presentano un gruppo sulfidrile (–SH). 32 ALLEGATI MATERIAL SAFETY DATA SHEET: SODIUM HYPOCHLORITE […] Incompatibility (Conditions to Avoid): Stability decreases with heat and light exposure. […] Hazardous Decomposition or Byproducts: Chlorine gas. Decomposes with heat and reacts with acids. Hazardous gases/vapors produced are hypochlorous acid, chlorine and hydrochloric acid. Composition depends upon temperature and decrease in pH. Additional decomposition products, which depend on pH, temperature and time, are sodium chloride and chlorate, and oxygen. Note: Sodium Hypochlorite reacts violently with amines and ammonium salts. Solutions are reactive with common cleaning products such as toilet bowl cleaners, rust removers, vinegar, acids, organics and ammonia products to produce hazardous gases such as chlorine and other chlorinated species. […] Route(s) of entry and potential health effects: Inhalation: Strong irritating to mucous membranes in the nose, throat and respiratory tract. Prolonged contact can cause chronic irritation, pulmonary edema and central nervous system depression. Repeated inhalation exposure may cause impairment of lung function and permanent lung damage. Skin contact: Prolonged and repeated exposure to dilute solutions often causes irritation, redness, pain and drying and cracking of the skin. Human evidence has indicated that an ingredient in this product can cause skin sensitization. Depending upon the concentration and how soon after exposure the skin is washed with water, skin contact may cause burns and tissue destruction. Eye contact: Strongly irritating to eyes. Exposure to vapor can cause tearing, conjunctivitis and burning of the eyes. Eye contact may cause a corneal injury. The severity of the effects depend on the concentration and how soon after exposure the eyes are washed with water. In severe exposure cases, glaucoma, cataracts and permanent blindness may occur. Ingestion: Corrosive. Can cause severe corrosion of and damage to the gastrointestinal tract (including mouth, throat, and esophagus). Exposure is characterized by nausea, vomiting, abdominal pain, diarrhea, bleeding, and/or tissue ulceration. […] Mutagenicity: Sodium Hypochlorite has been shown to produce damage to genetic material when tested in vitro. Studies in vivo have shown no evidence of mutagenic potential for this material. It is judged that the risk of genetic damage is insignificant for sodium hypochlorite because of its biological activity, lack of mutagenicity in vivo, and failure to produce carcinogenic response. […] Ecotoxicological information: Toxic to aquatic life. Environmental effects: Do not contaminate domestic or irrigation water supplies, lakes, streams, ponds, or rivers. May be an aesthetic nuisance due to color. Mammals and birds, exposed wildlife would be subject to skin irritation and burns due to the corrosive nature of this material. […] Allegato 1. Scheda di sicurezza dell’ipoclorito di sodio. 33 MATERIAL SAFETY DATA SHEET: ETHYL ALCOHOL […] May cause central nervous system depression. Causes severe eye irritation. Causes respiratory tract irritation. Causes moderate skin irritation. This substance has caused adverse reproductive and fetal effects in humans. May cause liver, kidney and heart damage. […] Potential Health Effects: Eye: Causes severe eye irritation. May cause painful sensitization to light. May cause chemical conjunctivitis and corneal damage. Skin: Causes moderate skin irritation. May cause cyanosis of the extremities. Ingestion: May cause gastrointestinal irritation with nausea, vomiting and diarrhea. May cause systemic toxicity with acidosis. May cause central nervous system depression, characterized by excitement, followed by headache, dizziness, drowsiness, and nausea. Advanced stages may cause collapse, unconsciousness, coma and possible death due to respiratory failure. Inhalation: Inhalation of high concentrations may cause central nervous system effects characterized by nausea, headache, dizziness, unconsciousness and coma. Causes respiratory tract irritation. May cause narcotic effects in high concentration. Vapors may cause dizziness or suffocation. Chronic: May cause reproductive and fetal effects. Laboratory experiments have resulted in mutagenic effects. Animal studies have reported the development of tumors. Prolonged exposure may cause liver, kidney, and heart damage. […] Epidemiology: Ethanol has been shown to produce fetotoxicity in the embryo or fetus of laboratory animals. Prenatal exposure to ethanol is associated with a distinct pattern of congenital malformations that have collectively been termed the "fetal alcohol syndrome". […] Ecological information: Regarded as having low toxicity to aquatic organisms. […] Allegato 2. Scheda di sicurezza dell’etanolo. 34 Tutti gli esperimenti sono stati eseguiti in un ambiente diverso dal laboratorio, quindi non sterile e non controllato. Sebbene lo scopo fosse di dimostrare l’efficacia degli igienizzanti in una situazione più verosimile possibile, la possibilità di aver contaminato dei campioni e di aver compiuto errori di protocollo non è da escludere. Inoltre, per ottenere una maggiore attendibilità dei risultati sarebbe auspicabile svolgere più ripetizioni degli esperimenti, al fine di ottenere più dati. Mi assumo quindi la responsabilità dell’esito degli esperimenti e, inoltre, dichiaro di aver svolto il presente lavoro di maturità autonomamente e senza mezzi illeciti e che tutte le fonti bibliografiche sono state dichiarate e impiegate onestamente. Altea Lippmann 35