Da un’idea di Emanuele Scifo SPECIALE PROGETTO “Amico del Bambino” L’iniziativa “Amico del bambino”, si inserisce nel progetto della Coop Sociale “Il Cantico” Onlus DSA (Domani Saremo Autonomi). Il Doposcuola è il servizio più efficace che possa essere offerto ai ragazzi con Disturbi dell’Apprendimento e Bisogni Educativi Speciali. Nel Settembre 2015 è stata sottoscritta una convenzione tra la Coop Sociale “Il Cantico” Onlus e la Coop Anastasis, per lo sviluppo di attività di collaborazione nel campo della divulgazione ed applicazione di soluzioni tecnologiche per i Disturbi dell’Apprendimento. Imparare a leggere e a scrivere ha acquisito un’importanza fondamentale non solo perché scuola e famiglia caricano di forti aspettative tale codice, ma soprattutto perché la letto-scrittura consente di avere una chiave di interpretazione del mondo. Per tale motivo, chi si trovi impossibilitato ad assumere pienamente tale competenza può sentirsi fortemente svantaggiato nei confronti del resto della società. In questo senso si colloca l’attività di doposcuola realizzata presso il Centro Educativo Imparando La Vita dove, secondo le Linee Guida Nazionali, ogni singolo educatore si pone l’obiettivo di supportare i ragazzi verso l’autonomia nello studio, individuando strategie personalizzate e fornendo ai ragazzi gli strumenti necessari per muoversi nel campo dell’apprendimento. Aderendo all’iniziativa “Amico del bambino” sarà possibile con un piccolo contributo, sostenere tale attività anche per quelle fasce più deboli della nostra società, garantendo così a tutti i ragazzi le medesime opportunità educative. Per aderire all’iniziativa è possibile scegliere una delle seguenti modalità: Tessera annua “Amico del Bambino” (€ 25,00 contributo mensile o annuale tramite RID € 5,00 € 10,00 € 15,00 € 20,00 €… € 60,00 € 120,00 € 180,00 € 240,00 €… Contributo tramite bollettino postale su c/c dedicato. Aderire al Programma è molto semplice, sarà sufficiente compilare il modulo allegato. Inviate il Modulo compilato in ogni sua parte a Coop Sociale “Il Cantico Onlus” Via Colombo snc c/o Centro Direzionale L’urbe scala B 2°piano 84091 Battipaglia (SA). OPPURE VIA MAIL [email protected] In caso di Tesseramento, allegare al modulo ricevuta di pagamento del Bollettino postale. Da un’idea di Emanuele Scifo DSA I Disturbi Specifici di Apprendimento si presentano come difficoltà specifica isolata, in un quadro di sviluppo intellettivo normale, e con l’esclusione di altre cause di possibile interferenza nelle capacità di apprendimento (svantaggio socio-culturale, deficit intellettivi, menomazioni sensoriali, danni neuropsicologici ecc). È una disabilità specifica dell’apprendimento di origine neurobiologica, caratterizzata dalla diffcoltà a effettuare una lettura accurata e/o fluente e da scarse abilità nella scrittura e nella decodifica. Queste difficoltà derivano tipicamente da un deficit nella componente fonologica del linguaggio, che è spesso inattesa in rapporto alle altre abilità cognitive e alla garanzia di una adeguata istruzione scolastica. Conseguenze secondarie possono includere i problemi di comprensione nella lettura e una ridotta pratica della lettura, che può impedire la crescita del vocabolario e della conoscenza generale. E’ possibile dividere i disturbi suddetti in: DISLESSIA difficoltà specifica nella lettura in genere il bambino ha difficoltà a riconoscere e comprendere i segni associati alla parola. DISGRAFIA difficoltà a livello grafo-esecutivo Il disturbo della scrittura riguarda la riproduzione dei segni alfabetici e numerici con tracciato incerto, irregolare. È una difficoltà che investe la scrittura ma non il contenuto. DISORTOGRAFIA difficoltà ortografiche La difficoltà riguarda l’ortografia. In genere si riscontrano difficoltà a scrivere le parole usando tutti i segni alfabetici e a collocarli al posto giusto e/o a rispettare le regole ortografiche (accenti, apostrofi, forme verbali etc.). DISCALCULIA difficoltà nelle abilità di calcolo o della scrittura e lettura del numero. DISPRASSIA difficoltà nella coordinazione e nel movimento. CAMPANELLI D’ALLARME LA NORMATIVA I bambini con DSA possono avere difficoltà nel memorizzare i giorni della settimana, i mesi in ordine; spesso non ricordano la loro data di nascita, il Natale, le stagioni; a volte confondono la destra con la sinistra e non hanno un buon senso del tempo; possono avere difficoltà nell’organizzazione del tempo; possono manifestare difficoltà nel sapere che ore sono e nel leggere l’orologio. Possono mostrare alcune difficoltà motorie fi ni, come allacciarsi le scarpe o i bottoni; possono evidenziare problemi attentivi e di concentrazione o essere molto vivaci. Generalmente hanno problemi di memoria a breve termine. La lettura può apparire molto lenta o molto scorretta. La comprensione del testo letto è spesso ridotta. A volte, soprattutto nel caso dei bambini più grandi, è difficile accorgersi dei problemi di velocità e correttezza nella lettura. Per questo è importante, ogni volta che si ha un sospetto, inviare il bambino a valutazione da un esperto per effettuare una diagnosi. I Disturbi Specifici dell’Apprendimento in questi anni hanno ricevuto sempre più attenzione in Italia. Da quando nel 1997 è sorta l’Associazione Italiana Dislessia (AID) è stata avviata una campagna di sensibilizzazione scientificoculturale che ha prodotto risultati importanti. L’impatto è stato notevole, tanto da portare alla proposta di una legge sui DSA, approvata dal Parlamento nel 2010: la legge 170. Questa legge sancisce l’esistenza e il riconoscimento della dislessia, della disortografia, della disgrafia e della discalculia come condizioni permanenti di disturbo in alcune funzioni neuropsicologiche rilevanti ai fini della crescita e dell’apprendimento, condizioni che necessitano quindi di tutela in ambito scolastico, sociale e lavorativo. Parallelamente alla divulgazione pubblica del fenomeno, sono state promosse importanti azioni in ambito scientifico, per cercare di raggiungere sempre più consenso rispetto alla definizione dei DSA, alle procedure per una corretta diagnosi e agli indirizzi riabilitativi più efficaci. Queste azioni hanno dato vita a un lungo processo di studio e confronto clinico e scientifico, nazionale e internazionale, che ha influenzato molto il piano normativo, sociale, scolastico e sanitario. Tale impegno sul piano legislativo e in ambito sanitario ha colmato il ritardo che l’Italia scontava rispetto agli altri paesi, già avanzati nel riconoscimento di questi disturbi che condizionano in modo significativo il percorso scolastico e quindi possono influenzare il successo formativo delle persone. Oggi, per insegnanti, clinici, ma anche genitori, esistono una base teorica e un quadro normativo che rappresentano un punto di riferimento e una fonte di documentazione per svolgere la propria attività, avere chiari i propri doveri, ma anche conoscere i diritti e le opportunità offerte ai ragazzi e alle loro famiglie. Di cosa parla la legge 170 del 2010? Con questa legge i bambini e ragazzi con DSA vengono riconosciuti come alunni con delle caratteristiche che possono limitarne l’apprendimento. Acquistano dunque non solo il diritto di “esistere”, senza dover dimostrare di “essere uguali agli altri”, ma anche l’opportunità di ricevere un’offerta didattica personalizzata, di dimostrare le proprie qualità con l’aiuto di misure dispensative e strumenti compensativi. La legge 170/2010 persegue, per la persona con DSA, le seguenti finalità: Garantire il diritto all’istruzione; Favorire il successo scolastico, anche attraverso misure didattiche di supporto, garantire una formazione adeguata e promuovere lo sviluppo delle potenzialità Ridurre i disagi relazionali ed emozionali; Adottare forme di verifica e di valutazione adeguate alle necessità formative degli studenti; Preparare gli insegnanti e sensibilizzare i genitori nei confronti delle problematiche legate ai DSA; Favorire la diagnosi precoce e percorsi didattici riabilitativi; Incrementare la comunicazione e la collaborazione tra famiglia, scuola e servizi sanitari durante il percorso di istruzione e di formazione; Assicurare eguali opportunità di sviluppo delle capacità in ambito sociale e professionale. Da un’idea di LA NORMATIVA (continua) Il 12 luglio 2011 sono stati pubblicati dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, il Decreto Attuativo e le Linee Guida ad esso associate ”Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con disturbi specifici di apprendimento”. Questi testi si basano sulle più recenti conoscenze scientifiche e spiegano tutte le azioni che gli uffici Scolastici Regionali, le scuole e famiglie devono attuare per una piena e corretta applicazione della legge, ma soprattutto per la tutela e il supporto dei bambini con DSA. Viene affidato alla scuola un ruolo da protagonista, ma anche alla famiglia si chiede di fare una parte molto importante. Alla luce delle linee guida messe a nostra disposizione dalle istituzioni legislative e scientifiche più autorevoli in questo campo, cerchiamo di comprendere come le famiglie si possono muovere lungo vari step dell’identificazione di un DSA, prima e dopo la (eventuale) diagnosi. LA FAMIGLIA Per un genitore confrontarsi con le difficoltà di lettura del proprio figlio non è semplice; non è semplice capire che il proprio bambino che in tante situazioni familiari e sociali è sveglio, intelligente, vivace e brillante, non riesce come gli altri a fare un'operazione abbastanza automatica che è quella di collegare il suono di alcune lettere o di alcuni fonemi alle corrispondenti lettere scritte o grafemi. Così come non è semplice capire che, per affrontare questo disturbo, il bambino ha bisogno di un intervento specifico e individualizzato. Indicazioni informarsi il più possibile sul problema, ad esempio presso Associazione Italiana Dislessia cercare una valutazione diagnostica appropriata cercare strategie di aiuto che maggiormente possano favorire l'apprendimento da parte del bambino scambiare esperienze con altri genitori creando associazioni o affiliandosi a quelle presenti sul territorio in cui si vive discutere del problema con tutti gli insegnanti evitare di cambiare classe o scuola al bambino evitare di parlare con il bambino solo di argomenti che ruotano intorno alla scuola evitare di incolpare se stessi o gli insegnanti del problema dislessia aiutare il bambino nelle attività scolastiche (es. leggergli a voce alta, ripetere insieme la materia da studiare) rinforzare il bambino in ogni successo anche minimo che ottiene sostenere il bambino dandogli fiducia, non colpevolizzandolo rispetto alle sue difficoltà aiutarlo a vivere le attività scolastiche e in particolare la lettura in modo divertente e ludico stimolando la sua curiosità evitare totalmente i confronti con gli altri compagni, con i fratelli se presenti e non criticarlo rispetto agli errori e alla lentezza che impiega nei compiti che effettua a casa evitare punizioni rispetto all'andamento scolastico, eliminando le ore di gioco e le attività di socializzazione ed evitare di sottoporre il a esercizi interminabili ed estenuanti di lettura o copiatura potenziare le condotte autonome del bambino sia in ambito scolastico che extrascolastico (utilizzo di strumenti tecnologici in cui il riconoscimento dei numeri è fondamentale come il telefono o il videoregistratore ecc.) fare delle pause anche brevi durante lo svolgimento dei compiti che spesso richiede molto tempo ai bambini dislessici supplire la lettura con altre fonti di informazione (cassette audio, video, CD-rom) comprendere che la riabilitazione non è un intervento che si risolve in breve tempo ma che richiede lunga durata e capacità di tollerare la frustrazione sia da parte del bambino che del genitore CHE COSA NON FARE Il bambino dislessico frequentemente si percepisce inadeguato rispetto alla realtà scolastica, non si sente come gli altri compagni e si manifesta svogliato e poco partecipe alle attività scolastiche. Capisce che rispetto ai suoi compagni o ai suoi fratelli ha più difficoltà nella lettura, nello scrivere e in genere nello svolgimento delle attività scolastiche. Per questo motivo un genitore non deve: colpevolizzare il bambino rispetto al suo problema avere aspettative negative sul raggiungimento di risultati positivi ("tanto non imparerai mai, non sarai mai come gli altri bambini" ecc.) rimproverarlo continuamente rispetto ai tempi lunghi che necessita per lo svolgimento dei compiti rimproverarlo di non raggiungere gli obiettivi che gli altri coetanei sembrano ottenere con apparentemente pochi sforzi Emanuele Scifo accusare il bambino di non capire e di continuare a fare errori (il bambino dislessico non è meno dotato di altri, ha bisogno però di strategie diverse di apprendimento). Con questo tipo di interventi si mina l'autostima del ragazzo causandogli ansia di prestazione, demotivazione all'apprendimento, perdita di fiducia in se stesso, aggressività e depressione. Alcune volte il bambino può arrivare a sviluppare disturbi della condotta. La mancanza di autostima induce nel bambino un forte vissuto di frustrazione che può aggravare ulteriormente il problema della dislessia. Si crea infatti quel circolo vizioso che insegnanti ed esperti conoscono così bene tra il disturbo di apprendimento del bambino e le difficoltà emotivo-relazionali che si sviluppano su tale problema. Il bambino infatti si sente responsabile delle proprie difficoltà e ritiene che nessuno sia soddisfatto e contento di lui, rendendo così più difficile portare avanti con successo i programmi di riabilitazione iniziati e l'apprendimento scolastico più in generale. LA SCUOLA La scuola ha il compito di individuare precocemente gli alunni che potrebbero essere dislessici per la presenza di forti difficoltà nelle competenze relative alla lettura, alla scrittura e al calcolo. I docenti devono cercare di approntare per il ragazzo con un DSA una didattica che tenga conto delle sue caratteristiche. La scuola ha anche il compito di comunicare alla famiglia il sospetto di DSA per mettere in luce la persistenza di alcune prestazioni atipiche del bambino. Oltre a comunicare il sospetto, la scuola deve esplicitare la tipologia delle difficoltà incontrate e consigliare l'assistenza di uno specialista per accertare la presenza di un disturbo specifico dell'apprendimento. IL REFERENTE DSA A SCUOLA La 'funzione strumentale DSA' è prevista dalla Legge 170/2010, dal DM del 12/07/2011 e dalle Linee Guida DSA. La Funzione Strumentale è un riferimento per genitori ed insegnanti in materia di Disturbi Specifici dell’Apprendimento. Le funzioni del “referente” sono svolte da un insegnante e riguardano la sensibilizzazione e l’approfondimento delle tematiche, nonché il supporto vero e proprio ai colleghi insegnanti direttamente coinvolti nell’applicazione didattica. Il referente deve aver acquisito una specifica formazione e aver maturato esperienza nell’ambito dei Disturbi Specifici di Apprendimento e deve essere stato eletto dal Collegio dei Docenti. Le funzioni del referente sono stabilite dalla Legge e sono le seguenti: 1. Fornire informazioni circa le disposizioni normative vigenti 2. Fornire indicazioni in merito alle misure compensative e dispensative, in vista dell’individualizzazione e personalizzazione della didattica 3. Collaborare all’individuazione di strategie volte al superamento dei problemi esistenti nella classe con alunni DSA 4. Offrire supporto ai colleghi insegnanti riguardo agli strumenti per la didattica e per la valutazione degli apprendimenti 5. Curare la dotazione di ausili e di materiale bibliografico all’interno dell’Istituto 6. Diffondere le notizie riguardanti l’aggiornamento e la formazione nel settore 7. Fornire informazioni riguardanti Enti, Associazioni, Istituzioni, Università di riferimento 8. Fornire informazioni riguardo a strumenti web per la condivisione di buone pratiche 9. Fare da mediatore tra famiglia, studente (se maggiorenne) e strutture del territorio 10. Informare gli insegnanti che effettuano supplenze nelle classi, della presenza di eventuali casi DSA. Il referente d’Istituto promuove comunque l’autonomia dei colleghi nella gestione degli alunni DSA, operando perché ciascun insegnante “senta” pienamente proprio l’incarico di rendere possibile per tutti gli studenti un pieno e soddisfacente apprendimento in classe. Infine, il referente può promuovere Progetti approvati dal Collegio dei Docenti nell’ambito dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento Da un’idea di IL DOPOSCUOLA Emanuele Scifo Le attività di doposcuola quindi NON sono le stesse di un percorso di riabilitazione o di diagnosi: non si va al doposcuola per fare esercizi di potenziamento o terapie riabilitative e neppure per fare dei test di valutazione, si va al doposcuola per capire quali siano per ciascuno le modalità e gli strumenti migliori per affrontare i compiti facendo meno fatica e aumentando l’efficacia. Il doposcuola cerca, quando possibile, di lavorare in rete con la scuola, collaborando nell’individuare insieme agli insegnanti le modalità didattiche migliori per i ragazzi che frequentano il doposcuola, individuando gli accorgimenti che potrebbero migliorarne la partecipazione scolastica (modalità di verifica, strumenti compensativi, materiali didattici, ecc.) Il doposcuola cerca di supportare la scuola e/o la famiglia nella definizione delle indicazioni da inserire nel Piano Didattico Personalizzato (PDP), in quanto l’attività pomeridiana con i ragazzi può fornire elementi importanti che, nell’ampio gruppo scolastico, potrebbero andare disperse. Al doposcuola NON si danno ripetizioni sui contenuti affrontati a scuola, piuttosto si cerca di valorizzare gli strumenti a disposizione: i materiali (libro, dispense, appunti, Internet, ecc.) e il recupero delle conoscenze pregresse (cosa so dell’argomento, cosa ho capito in classe, ecc.). Obiettivi del doposcuola I centri che offrono anche altri servizi (diagnosi, riabilitazione, potenziamento, ripetizioni, ecc.) si impegnano a comunicare in maniera chiara ed esplicita alla famiglia e al ragazzo quali sono le attività di doposcuola e quali gli obiettivi e le modalità del doposcuola, perché non ci siano fraintendimenti e non si generi confusione. Il Doposcuola specialistico per ragazzi con DSA si pone l'obiettivo di supportare i ragazzi in un percorso verso l'autonomia nello studio e nell'acquisizione di competenze, strategie, consapevolezza. Si ribadisce infine che il doposcuola è “specialistico”, pertanto si rivolge a ragazzi con Disturbi Specifici dell’Apprendimento (anche se non ancora in possesso di diagnosi) o con Bisogni Educativi Speciali (BES), NON è né un doposcuola generico “per tutti”, né un doposcuola per ragazzi con disabilità. Durante ogni sessione di lavoro i ragazzi sono chiamati a portare i compiti da svolgere, sapendo che non è importante "finire i compiti", ma piuttosto trovare metodi e strategie per poter "affrontare i compiti in autonomia”, cercando anche capire e sperimentare con quali strumenti compensativi si possano fare i compiti nel modo più efficace. E’ importante che i ragazzi possano in piccoli gruppi condividere uno spazio comune, pur lavorando ciascuno sui propri compiti, perché dallo stare insieme nascono un confronto e uno scambio reciproco di esperienze, di soluzioni, di fatiche. Al doposcuola si cerca di favorire un percorso verso la consapevolezza da parte di ciascun ragazzo di quali siano le sue caratteristiche, i suoi punti di forza, gli strumenti e le strategie di cui ha bisogno. E’ importante anche organizzare le attività di ogni ragazzo in modo che si rinforzi il senso di “auto-efficacia”. Ad esempio, quando un compito è troppo complesso o troppo lungo, è importante fissare obiettivi intermedi, in modo che al termine delle attività si percepisca di aver conseguito un risultato positivo. Si deve cercare, per quanto possibile, di creare un ambiente accogliente, che non venga vissuto come “un’altra scuola”. Rapporto operatore - ragazzi Il doposcuola propone attività nelle quali ogni operatore segue normalmente 3 ragazzi contemporaneamente, salvo casi particolari o periodi di inserimento di ragazzi in gruppi di lavoro che richiedono un rapporto individuale tra operatore e allievo. Il doposcuola cerca di supportare la scuola e/o la famiglia nella definizione delle indicazioni da inserire nel Piano Didattico Personalizzato (PDP), in quanto l’attività pomeridiana con i ragazzi può fornire elementi importanti che, nell’ampio gruppo scolastico, potrebbero andare disperse. Al doposcuola NON si danno ripetizioni sui contenuti affrontati a scuola, piuttosto si cerca di valorizzare gli strumenti a disposizione: i materiali (libro, dispense, appunti, Internet, ecc.) e il recupero delle conoscenze pregresse (cosa so dell’argomento, cosa ho capito in classe, ecc.). I centri che offrono anche altri servizi (diagnosi, riabilitazione, potenziamento, ripetizioni, ecc.) si impegnano a comunicare in maniera chiara ed esplicita alla famiglia e al ragazzo quali sono le attività di doposcuola e quali gli obiettivi e le modalità del doposcuola, perché non ci siano fraintendimenti e non si generi confusione. Si ribadisce infine che il doposcuola è “specialistico”, pertanto si rivolge a ragazzi con Disturbi Specifici dell’Apprendimento (anche se non ancora in possesso di diagnosi) o con Bisogni Educativi Speciali (BES), NON è né un doposcuola generico “per tutti”, né un doposcuola per ragazzi con disabilità. Si deve cercare, per quanto possibile, di creare un ambiente accogliente, che non venga vissuto come “un’altra scuola”.