Ipocondria nella clinica dermatologica

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L’IPOCONDRIA NELLA CLINICA DERMATOLOGICA.
LA MALATTIA. IL PAZIENTE.
Possibili declinazioni cliniche:
Dott.ssa Mariella Fassino
Abbiamo trattato questo tema nei nostri incontri annuali, a Venezia una decina di anni
indietro, e dobbiamo a Simona Argentieri alcune acquisizioni che ci hanno guidato nella
pratica clinica e la definizione secondo cui l’ipocondria è un disturbo mentale a livello
delle fantasie del corpo, fantasie che il paziente fa, a livello cosciente, sul suo corpo e
sul funzionamento del corporeo.
La novità sull’ipocondria è che è sparita dal DSM5 e che è stata sostituita da 2 distinte entità
nosografiche: il Disturbo da sintomi somatici e l’Ansia di malattia, separando le situazioni
in cui un sintomo somatico reale è percepito con ansia e preoccupazione, dalle situazioni in
cui il paziente asintomatico, mostra ansia e preoccupazione per la propria salute.
In realtà è difficile che un ipocondriaco sia del tutto asintomatico, perché il corpo vivente non
è mai silente, qualche segno di sé lo dà e spesso il paziente, preoccupato per la propria salute
si fa interprete attento, pessimista e talora ossessivo di sintomi sfumati, sfuggenti,
inconsistenti, e all’occhio del clinico spesso incoerenti.
Dunque anche se Ipocondria parrebbe una designazione antica di un male sempre attuale, non
c’è termine migliore per descrivere un soggetto ossessionato dalla propria salute, d’altro
canto fino a qualche decennio fa si distingueva l’ipocondria cum materia dall’ipocondria sine
materia.
Se si dovesse considerare l’insieme delle visite dermatologiche effettuate ad esempio in una
settimana, si potrebbe dire che l’ipocondria è un fatto diffuso e ben consolidato. Questo
perché tra: controllo nei, in pazienti non a rischio melanoma (bambini, anziani con verruche
seborroiche, pazienti che non hanno nemmeno un neo) , osservazioni cliniche di micropatologie (melanodermie, onicodistrofie, manifestazioni minime di dermatiti infiammatorie,
cadute dei capelli lamentate e non apprezzabili, piccoli segni di invecchiamento cutaneo,
lamentele per un pelle troppo grassa o troppo secca o troppo delicata etc…) e la più rara
assenza completa di patologia, raggiungeremo circa l’80% delle visite in cui non è evidente
una vera patologia dermatologica. Dunque a una stima sommaria parrebbe che il
dermatologo clinico nel suo ambulatorio curi per lo più una popolazione sana, priva di
patologia, ma spesso spaventata , scontenta, alla ricerca di rassicurazioni sul proprio stato di
salute, o di una ragione, un senso ai piccoli segni e sintomi che possono presentarsi sulla
pelle.
Anche il Medico di Famiglia pare ansioso e preoccupato per lo stato di salute dei suoi
assistiti, perché l’invio è spesso per motivi apparentemente poco rilevanti sul piano clinico.
Qui si potrebbe chiamare in causa la medicina difensiva che consiglia di condividere con gli
Specialisti e con il Laboratorio le incertezze legate ai sintomi sfumati e al binomio soggettivooggettivo che attraversano la pratica clinica.
La mia impressione è che l’ipocondria nell’ambulatorio dermatologico, abbia confini sfumati
e si localizzi tra la salute e la malattia: da una parte troviamo un equilibrato investimento su
di se, che comprende le attenzioni per la prevenzione o la conservazione del proprio
benessere fisico, dall’altra l’ossessione per l’integrità e la potenziale corruttibilità del corpo.
Proprio perché l’ipocondria ha confini sfumati e si presenta con intensità variabile il rischio è
quello di fare un po’ di confusione.
Quali sono le situazioni più frequenti:
1. La patologia non c’è, ci sarebbe dunque un’ansia di malattia secondo il DSMV o
un’ipocondria sine materia, e si crea uno scarto tra ciò che il paziente riferisce e il ciò
che il clinico osserva. In dermatologia questa è un’evenienza rara perché la pelle si
vede, la lesione non c’è, è un dato oggettivo. Ci sono tuttavia i pazienti con il prurito che
è un sintomo soggettivo, e qui meglio di mille percorsi diagnostico- terapeutici vale il
ricordo del vecchio film di Nanni Moretti (Caro diario) che racconta il penoso percorso
attraverso le strutture sanitarie e gli studi medici di un ipocondriaco da manuale che
però alla fine si scoprirà essere affetto da Linfoma di Hodking!
2. La patologia è minima, ma assorbe e coagula attenzione, preoccupazione, ansia,
paura, controllo, rabbia, frustrazione, delusione, lamentele, attribuzione di senso. In
dermatologia questa è la situazione più frequente. Anche qui lo scarto tra ciò che il
clinico vede e ciò che il paziente sente o riferisce è evidente e crea il terreno di
confronto e scambio su cui ritorneremo più avanti.
3. Ci sono importanti patologie croniche a carattere internistico, gravi e
invalidanti, ma la preoccupazione è rivolta verso una micro-patologia subclinica della
pelle (verruca seborroica, xerosi, distrofia ungueale, melanosi etc..). Qui si crea una
sorta di spostamento che sarebbe interessante discutere con i professionisti dell’area
psi. e che probabilmente si lega all’impotenza che il paziente subisce nel corso di una
malattia cronica.
4. C’è una patologia cutanea ben chiara ed evidente o esiti di una pregressa
patologia cutanea, ma l’attenzione del paziente è tutta concentrata su una
microlesione cutanea, anche qui si crea uno spostamento. Su questo, se c’è tempo
potrei raccontare un breve caso clinico.
5. Il controllo nei sull’onda emotiva di una situazione che ha colpito il paziente e ne ha
assorbito l’affetto. Un conoscente, un parente , un amico che ha avuto di recente un
melanoma o altre patologie neoplastiche, ecco che il paziente cerca rassicurazioni per
il neo o la piccola lesione presente da tempo sulla sua pelle, che magari diventa
improvvisamente sintomatica, il caso del “neo che impazzisce”. Il tratto ipocondriaco
che può essere presente in ognuno, si attiva in seguito alla notizia infausta. Questa è
probabilmente la situazione che maggiormente riflette e muove i sentimenti di
angoscia di morte nel curante perché c’e nella piccola ipocondria come nella grande
ipocondria una tendenza al contagio psichico. Chi di noi, quando era studente non ha
attraversato un periodo in cui si sentiva tuti i sintomi delle malattie letali che stava
studiando?
6. Il controllo nei, sull’onda della cancerofobia di massa, che spinge molti pazienti a
fare controlli annuali anche se soggetti non a rischio, intasando la struttura pubblica.
Temiamo tutti di avere prima o poi una neoplasia. Il momento della prevenzione è un
atto di responsabilità verso la nostra salute, e quando ci viene comunicato il buon esito
della visita, anche di benessere , serenità e fiducia.
7. La Venerofobia che spesso colpisce pazienti con comportamenti a rischio,
dimostrando che talora c’è un fondo di realtà in molti atteggiamenti ipocondriaci e che
l’ipocondria potrebbe costituire un segnale esagerato, distorto e patologico rispetto
non solo ai segnali del corpo, ma anche rispetto ai comportamenti.
8. La Cybercondria in cui il paziente si terrorizza dopo aver consultato i siti che trattano
le malattie. Un recente studio di Microsoft Research ha esaminato un campione di 500
persone che usano navigare tra le decina di migliaia di siti medici . Il paziente si perde
tra siti affidabili e inaffidabili confezionando una diagnosi fai da te che spesso è oggetto
di crisi ipocondriache acute, oppure si affida ai siti che chattando e scambiandosi
informazioni molto soggettive amplificano e distorcono sintomi e diagnosi.
. Possiamo considerare l’ipocondria come un’entità clinica? Oppure è un tratto di
personalità che si può associare ad altri disturbi come la dismorfofobia, l’ossessività,
l’alessitimia, la persecutorietà, i disturbi dell’alimentazione…? Ha delle relazioni con
l’immagine corporea e la rappresentazione di sé? E’ possibile inquadrarla da un punto di vista
clinico e delineare una sorta di identikit del paziente ipocondriaco nell’ambulatorio
dermatologico?
. Come per la maggior parte delle patologie spesso ciò che conta è la quantità del sintomo. La
gravità della patologia può essere tracciata lungo un asse che da forme minime, reattive
porta a forme gravi deliranti, dove l’organo oggetto di preoccupazione diventa persecutorio e
il paziente mette in atto un comportamento che tende a sbarazzarsi del disturbo attraverso un
atto autolesivo ( Hypocondria Circumscripta degli Autori Russi). Quando il tratto
ipocondriaco diventa una vera e propria patologia? Quali altri disturbi complessi della
personalità può sottendere? Può l’ipocondria costituire una difesa rispetto ad altri aspetti
della personalità più complessi e disturbanti?
. E’ possibile un ‘ipocondria by proxy? Eccesso di preoccupazioni parentali verso una
patologia minima del bambino (pityriasis alba, caduta dei capelli nei bambini, acne lieve negli
adolescenti..). Il Clinico osserva che alcune madri esprimono nel corso della visita, un amor
materno che diventa preoccupazione apprensiva e controllo ossessivo della pelle , così la
cheratosi pilare è lamentata con ansia e frustrazione, la pityriaris alba , le lievi distrofie
ungueali diventano temibili funghi, i primi punti neri un’orribile deturpazione. Quali
conseguenze può avere sullo sviluppo psicologico del bambino uno sguardo così
medicalizzato della madre? E’ possibile infine che tali preoccupazioni possano, anche se
raramente , sfociare verso una Sindrome di Munchkausen by proxy?
. E nelle persone anziane, quali temi si intrecciano alle preoccupazioni e alle lamentele per la
pelle troppo secca, la pelle sottile e delicata, i segni non patologici dell’età che avanza, il
diradamento dei capelli, etc..? Talora la visita assume aspetti francamente regressivi, il medico
come una madre attenta, osserva, tocca, rassicura, stabilisce un contatto corporeo. Le persone
anziane raccontano spesso di un’affettività coartata dalla solitudine o da relazioni conflittuali
con le nuore, i generi o i figli. La visita medica diventa dunque uno strumento per stabilire una
relazione, un contatto anche corporeo, condividere le difficoltà, mitigare la solitudine.
Alcuni casi clinici per mostrare la varietà di situazioni e per meglio inquadrare la reale
ipocondria nell’ambulatorio dermatologico:
.Una paziente emiparetica a causa di un processo espansivo midollare, mi interpella per la
comparsa di un granuloma anulare sul dorso della mano che dal curante è stato interpretato
come una verruca, la richiesta del curante e l’aspettativa della paziente è di una immediata
asportazione. Rabbia, preoccupazione e delusione si abbattono su di me quando spiego che la
lesione non si può asportare chirurgicamente, e che la terapia non porterà a una guarigione in
tempi rapidi e certi. La signora mi dice che la lesione le fa davvero “schifo”, non la vuole più
vedere! Le crea un dispiacere e una rabbia superiori del problema midollare che l’ha resa
emiparetica.
. La preoccupazione di aver contratto una malattia venerea Un giovane omosessuale, dalla
vita sentimentale un po’ disordinata, con banali follicoliti glutee insiste per ripetere gli esami
per le MST. Ha interrotto da poco tempo una relazione con il suo compagno che aveva delle
lesioni acneiche , ora che è finita la convivenza, teme che quelle lesioni lo abbiano contagiato.
. La pelle e le lesioni cutanee possono soccorrere il paziente ad attribuire un senso a un dolore
osseo o viscerale, ad esempio un paziente affetto da lombo-sciatalgia attribuisce alla verruca
seborroica posta sulla coscia la causa del suo dolore, si fa aggressivo ed insistente quando
spiego che la verruca seborroica non può causare sintomi dolorosi.
Per fortuna gli ipocondriaci veri nell’ambulatorio di dermatologia, sono piuttosto rari,
ma quando li incontriamo, la relazione si satura di fatica, si carica di confusione, il tempo si
dilata, la pazienza si esaurisce. Dalla gratificazione personale che dovrebbe emergere nel
contrasto con il medico consultato in precedenza,“che non ha capito niente!”, si passa ben
presto a un contenzioso dove ogni spiegazione o ipotesi viene confutata e svaluta.
Paradossalmente l’ipocondriaco nell’ambulatorio dermatologico non ha nessun interesse a
mostrare la propria patologia, ma ne vuole parlare, prima di convincerlo a sdraiarsi sul
lettino per la visita vi sottopone un ricco dossier di esami, visite pregresse, terapie, articoli
presi su internet, e avanza le proprie ipotesi, confutando quelle del medico, svalutando e
respingendo l’impegno che il professionista sta mettendo in atto per cercare di inquadrare,
capire, dare un senso al materiale che il paziente porta in visita. Nella confusione di ipotesi e
di ruoli, il professionista si interroga su come salvare la propria onorabilità professionale,
restituendo al paziente ipotesi, teorie , terapie che possano essere accettate e condivise.
Difficile realizzare un rapporto medico-paziente duraturo, e tanto meno un’alleanza
terapeutica perché spesso il paziente ipocondriaco è anche un nomade alla ricerca del medico
ideale, alla fine della faticosa visita l’unica consolazione che ci rimane è che non tornerà tanto
presto.
Maria mi dice che ha già consultato un altro medico ma che non è stata soddisfatta della
diagnosi, tanto meno della terapia, perché lei ha più di un disturbo, non è possibile che tutte le
cose che le vengono sulla pelle siano riconducibili ad una psoriasi. Così le ha detto il medico
precedente, ma lei non ci crede. E’ convinta invece di avere un’intolleranza alimentare, perché
spesso ha una corda colica, non digerisce nemmeno il semolino e alcuni cibi le fanno venire il
mal di schiena e quando mangia qualcosa di più pesante la pelle diventa un fuoco. Solo dopo
che ho ascoltato con pazienza e attenzione il resoconto prolisso e dettagliato riesco a visitare
Maria che in effetti ha una psoriasi minima alla gamba dx. , alla nuca e all’ascella dx.
Inutile cercare di dare un senso alla patologia di Maria, la paziente mi smonta ogni tentativo di
comprensione, complicando ancora di più le sue ipotesi, in una spirale di avvitamento
aggressiva e competitiva, lei ne sa sempre di più. Nelle interpretazioni di Maria il cibo è il
grande imputato, la richiesta di test diagnostici per l’intolleranza e l’allergia alimentare si
somma alle visite allergologiche e ad analoghi test presenti nel suo dossier clinico.
Le ossessioni ortoressiche e l’alimentazione sembrerebbero essere un motivo dominante
nell’interpretazione che i pazienti ipocondriaci danno ai loro sintomi, in linea con lo “spirito
dei tempi” che dedica al cibo e all’alimentazione grande attenzione, cibo come fonte di piacere
e salute, cibo come potenziale fonte di malattia.
.
ALCUNE DOMANDE aperte all’esperta e al pubblico:
Possiamo adottare delle strategie? Ci sono delle domande che possiamo fare alla nostra
paziente? come ad esempio “ cosa si aspetta da questa visita?” Come contenere in modo
possibilmente trasformativo l’aggressività subdola dell’interazione? Come condurre il
paziente a distinguere ciò che è percepito da ciò che è rappresentato? Come provare a
condurre il paziente verso una dimensione narrativa dell’incontro che permetta l’accesso ad
altri sentimenti oltre l’aggressività, la competitività e la sfiducia che caratterizzano la
relazione?
In questi casi mi viene in soccorso una citazione di Carlo Mazzacurati, un regista italiano che
sapeva raccontare con intensità la vita, e che dice” ogni persona che incontri sta combattendo
una battaglia di cui non sai nulla!”
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