RONZONI Lettera a Immanuel Kant Mio caro Kant, mi ritrovo qui, seduta alla mia scrivania, di fronte ad un computer, in un pomeriggio di domenica, (nonché unico mio giorno di riposo disponibile) alquanto deprimente, (del resto come tutte le domeniche della mia vita) a scriverti questa lettera che, vista l’impossibilità di fare qualsiasi altra cosa sicuramente più dilettevole, mi sento costretta a scriverti. Dopo aver letto il tuo magnifico ed incantevole libro intitolato “De medicina corporis”, non ho potuto far altro che meditare a lungo, passando notti insonne, su ciò che tu hai cercato di esprimere attraverso questo libricino. Devo ammettere, con grande stupore, che ho potuto quasi apprezzarlo; la prima cosa che ho pensato, quando il mio caro professore ha richiesto di svolgere questo lavoro, è stata: ecco, sarà il solito libro noioso, di cui capirò poco o niente in cui Kant (del resto come tutti i filosofi) si farà mille paranoie e viaggi mentali sul se “è nato primo l’uovo o la gallina”. La maggior parte delle risposte che tu insieme a tutti gli altri filosofi cercate di dare non le capisco, non tanto perché spiegate male, bensì perché non capisco la domanda a cui cercate di rispondere o qualsiasi altro problema che cercate di risolvere! Ad esempio, caro Kant, ma a te cosa interessa dare una definizione di giudizio sintetico a posteriori piuttosto che giudizio analitico a priori? Una volta che l’hai fatto ti è forse cambiata la vita? Non credo proprio, pensa un po’ che la mia vita è così bella e divertente anche senza tutte queste profonde riflessioni; ma d’altronde ognuno gode la propria vita come meglio crede, no?! In ogni caso, ritornando al tuo scritto ho notato come in realtà la filosofia serva a qualcosa; non avrei mai pensato che essa potesse essere in qualche modo collegata alla medicina; cosa potrebbe mai legare due discipline cosi lontane e diverse tra loro? Eppure una connessione profonda c’è, la medicina non è soltanto un qualcosa di meccanico che si applica secondo delle regole ben precise e definite a seconda dell’essere che abbiamo di fronte, in realtà, come nel caso degli Stahliani, che tu stesso citi, la mente possiede una grande forza nel sanare o inasprire le malattie. Inoltre trovo giusto il fatto che tu affermi che, nonostante la filosofia costituisca una base per la medicina, il filosofo ha dei compiti e il medico ne ha altri (una volta tanto non hai avuto la presunzione di poter essere anche un medico!!), a volte infatti la causa primaria di una malattia va ricercata nel corpo e non nella mente e dunque, la filosofia,la dottrina, non serve a nulla. Non condivido invece la tua scelta di parlare di medicina e di cure basandoti sulla tua esperienza personale; hai sempre queste manie di protagonismo che non approvo, una volta tanto cerca di non intrometterti! Non interessa a nessuno che qualche anno fa soffrivi di raffreddore e tosse; mio caro Immanuel, non so se sai che specialmente d’inverno con il freddo, quasi tutti siamo colpiti da questi malanni, ma sai, non è mai morto nessuno!. E’, dunque, necessario dire che “quasi esasperato per questo disturbo del sonno notturno presi la decisione, riguardo al primo accidente, di aspirare l’aria interamente dal naso, con le labbra saldamente chiuse; cosa che all’inizio mi riuscì solo con un debole respiro …”?, oltre ad avere manie di protagonismo aggiungiamo ora anche il vittimismo? Eh no mio caro amico, così non fai altro che far screditare il tuo operato; ascolta un’amica!. In un secondo punto affermi quale sia la condizione necessaria per vivere a lungo: essere sani. Ci vuole forse un filosofo per capire ciò? Mi è sembrata, questa, un’argomentazione così scontata che a mio giudizio avresti potuto anche tralasciare; nonostante ciò sei stato in grado di argomentarla, di esemplificarla in modo adeguato; è vero, infatti, che tutti gli uomini, sebbene siano sul punto di morte e patiscano molte sofferenze, quando essi dicono di voler morire non bisogna ascoltarli; nessun uomo, infatti, 1 vuole realmente morire, la maggior parte di noi esseri umani ha paura della morte perché nessuno sa cosa ci sarà dopo, se ci aspetta un'altra vita o tutto svanirà così, nel nulla. Credo anche che la nostra paura più grande sia quella di abbandonare la nostra vita, il nostro mondo ma soprattutto i nostri affetti, abbiamo il timore di ferire le persone a noi care, di lasciare dentro di loro un vuoto incolmabile. Nel tuo libro, inoltre, affronti vari punti e tematiche, ma come puoi ben vedere sto dando un giudizio, sia positivo sia negativo, solo su alcuni, quelli che ritengo di maggior importanza. Un altro argomento trattato che ho apprezzato molto è “l’ipocondria” o “malattia del cattivo umore”, ovvero quando un paziente crede di riscontrare in se stesso tutte le malattie. Non sapevo prima d’ora che cosa fosse l’ipocondria, non sapevo esistessero malattie create dall’immaginazione o meglio, se così fosse, avrei considerato quella persona di certo non sana di mente! Anche tu, infatti, arrivi alla mia stessa conclusione: una persona ragionevole non ammette una tale ipocondria, di conseguenza mi stai dicendo che viene ammessa solo da coloro che non sono tanto sani di mente, giusto?!. Ammiro il fatto che tu, a questo punto, offra un esempio della tua esperienza, che precedentemente avevo criticato, ma che ora invece, ritengo utile come approfondimento. Sostieni, infatti, di aver sofferto di ipocondria, e perché non mi hai chiamato per dirmelo? Avrei cercato sicuramente di aiutarti in quanto tua stretta amica; fortunatamente sei riuscito ad uscirne tramite la distrazione della mente; non sarei mai riuscita ad accettare il fatto di avere un amico pazzo!. Posso ora concludere questa lettera dicendoti che: nonostante le critiche apportate ho apprezzato molto il tuo libro, sono sicura sia stato frutto di un lungo lavoro e per questo te ne do merito; ho potuto inoltre, apprendere molte cose che prima mi era sconosciute (vedi esempio dell’ipocondria), per questo motivo credo che qualche giorno, non troppo vicino però, leggerò di nuovo un tuo libro e se esso mi piacerà come quest’ultimo allora diventerò la tua più grande ammiratrice, altrimenti sai cosa ti dico? Goodbye Kant! La tu cara e unica amica Matilde Ronzoni Matilde, VCs 2