SINTESI DELL’INTERVENTO DEL PROF. FRANCO LOCATELLI La leucemia linfatica acuta è la forma più frequente di leucemia dell’età pediatrica rendendo regione dell’80% di tutte le forme di leucemia acuta del bambino. È una patologia che incide più frequentemente in età compresa tra i 3 e i 6 anni, ma non se ne conoscono compiutamente le cause scatenanti. Non vi è nessuna causa predisponente dal punto di vista ambientale, non essendo dovuta ad esposizioni esterna, farmaci, campi elettromagnetici, fattori alimentari o inquinamento. Alcune categorie di bambini sono maggiormente a rischio di sviluppare questa malattia, in particolare i bimbi con trisomia 21 (cioè i cosiddetti bambini con sindrome di down). Le terapie per questa patologia sono ormai ben strutturate e consolidate e si basano sulla combinazione di diversi farmaci chemioterapici. Il trattamento dura circa due anni e viene “stratificato” in quattro differenti fasi dette induzione, consolidamento, reinduzione e mantenimento. Vengono impiegati approcci terapeutici, più o meno intensi in funzione delle caratteristiche prognostiche dei pazienti, si riconoscono tre fasce di rischio: standard, intermedio e alto. Quelli che hanno le migliori probabilità di guarigione sono i così detti rischi standard seguiti dalla fascia intermedia; i pazienti ad alto rischio hanno invece una prognosi meno buona e necessitano di trattamenti più aggressivi. Le percentuali di guarigione globalmente intese sono molto alte, se si considera che il 75%-80% dei pazienti pediatrici guarisce definitivamente grazie ai soli approcci di chemioterapia. Esiste anche la chance del trapianto di cellule staminali da un fratello, una sorella compatibile o da un donatore non consanguineo, con cui si riesce a recuperare una quota consistente di pazienti in ricaduta, che non mostrano cioè una guarigione completa con gli approcci di chemioterapia. In tal modo, o con la sola chemioterapia o con la chemioterapia seguita trapianto, circa l’85% dei pazienti ottiene la completa guarigione. Tra le nuove opzioni terapeutiche, la clofarabina è una molecola altamente innovativa, che fin dalle prime sperimentazioni ha mostrato risultati promettenti. Presenta un meccanismo d’azione consolidatamene efficace nelle forme di leucemia linfoblastica acuta, con una buona tollerabilità, e potrebbe essere utile, sia in forme di monoterapia, sia, soprattutto, in associazione ad altri elementi chemioterapici, per potenziare sinergicamente l’effetto sulle cellule leucemiche. Diventa, quindi, un’ulteriore arma terapeutica a disposizione che potrà migliorare la prognosi dei pazienti pediatrici con questo tipo di malattia. Negli stati Uniti sono stati effettuati studi sul farmaco nella popolazione pediatrica. Ed è in corso uno europeo, cui partecipano anche due centri italiani, l’Oncoematologia pediatrica di Pavia, e l’Ematologia Pediatrica di Monza. Sono in corso di elaborazione anche protocolli di studio, in cui la clofarabina verrà combinata con altri farmaci. Il farmaco non è ancora disponibile in Italia perché in fase sperimentale, anche se ha già ottenuto l’approvazione dell’EMEA, l’Agenzia regolatoria per l’uso dei farmaci in Europa. Il prof. Franco Locatelli è direttore della struttura clinicizzata di oncoematologia pediatrica del Policlinico San Matteo (Pavia)