Perché ci possiamo curare con le piante ? Questa domanda tocca

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Perché ci possiamo curare con le piante ?
Questa domanda tocca una questione di principio che spesso ci dimentichiamo di porre, in
quanto diamo per ovvio, senza ulteriori riflessioni, che le piante possano nutrire e curare
l’uomo. In realtà dovrebbe sempre di nuovo meravigliarci il fatto che la natura che
circonda l’uomo agisca in modo molto specifico sul suo organismo, basti pensare alla
digitale e alla sua specifica azione sul cuore, piuttosto che alle piante amare con la loro
azione sul processo digestivo. Questo significa chiaramente che vi è un relazione che non è
data solo da un graduale adattamento all’ambiente, infatti se l’uomo ingerisce della sabbia
o tritura dei sassi per nutrirsi, per quanti sforzi di adattamento si possano pensare, queste
sostanze restano più o meno inerti rispetto all’organismo, salvo piccolissime tracce che
restano essenziali per la sua vita.
La risposta intuitiva, che la scienza dello spirito elabora in molti dettagli, è data dall’idea
di una comune evoluzione fra uomo e natura. Se dunque cerchiamo una relazione fra le
piante e gli stati di malattia, possiamo trovare una importante chiave di lettura proprio
nella idea di una comune evoluzione. Si possono ovviamente seguire altri criteri, per
esempio quello dell’azione delle diverse sostanze presenti nella pianta sul metabolismo
umano, oppure la relazione spaziale delle funzioni della pianta con quelle dell’uomo, visto
in questo caso come una pianta rovesciata. Se però ci si chiede il perché di queste relazioni si
viene rimandati alla radice del problema, al rapporto evolutivo.
Qui la scienza dello spirito sviluppa una immagine che in un certo senso è polare a quella
dell’attuale evoluzionismo, nel senso che vede all’origine dell’evoluzione l’uomo come realtà
archetipica che si manifesta per gradi ai diversi livelli di esistenza che man mano vanno
evolvendosi, e non i fattori elementari come atomi e molecole che si aggregano e in
successiva complicazione arrivano alla vita, agli animali e all’uomo. Non è qui il caso di
affrontare la problematica dell’evoluzionismo, si può con una grande semplificazione dire
quanto segue: l’archetipo si “riveste” dei diversi vestiti messi a disposizione dalla tappe
evolutive della terra, prima un vestito di calore, poi un vestito di aria e di luce, poi una
veste di acqua e di suono e infine una veste solida e vitale. Man mano che l’uomo si
“incarna” nelle diverse qualità materiali, calore, aria,acqua e solido, egli lascia indietro i
vestiti che non sono più adeguati al suo sviluppo, si formano così il regno
minerale,vegetale, animale ed infine umano. L’uomo è dunque primo come idea e ultimo come
manifestazione materiale.
Rispetto all’uomo nella sua tripartizione le tappe evolutive si riflettono in un percorso che
va “dal capo fino ai piedi”. Come il bambino piccolo che pure si sviluppa “dalla testa ai
piedi”, così anche nelle grandi tappe evolutive di cui il regno animale è traccia, l’uomo ha
una prima fase in cui dominano le forze della testa ( la gastrulazione e le conchiglie ne
sono traccia), segue una fase in cui si differenzia il sistema ritmico ( principio metamerico,
per es. i pesci e i rettili), a cui segue la formazione di veri e propri arti (passaggio dai rettili
ai mammiferi con zampe che stanno sotto il corpo e non lateralmente). E’ evidente che
questa successione si ripete ai livelli più diversi, con molte complicazioni.
Vedremo come si possa dire qualcosa di simile anche per il mondo vegetale quale parte di
questo processo più ampio: la pianta primordiale, che Goethe aveva colto nei suoi studi
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botanici, si manifesta in modo differenziato a seconda delle qualità che l’ambiente mette a
disposizione e solo alla fine del percorso evolutivo si manifesta come pianta completa in
tutte le sue parti. L’errore fatto dall’evoluzionismo non è l’idea di evoluzione, bensì
l’affermazione che le forme superiori “derivino” direttamente da quelle inferiori, come se
il cappotto del ventenne derivasse dal capottino dell’undicenne, dimenticando l’essere che
si riveste del cappotto e lo adatta al suo livello evolutivo.
Per andare più nel concreto possiamo fare l’esempio che prendiamo spesso come
riferimento: quando nell’epoca lemurica si arriva allo sviluppo dei rettili con il graduale
passaggio del mondo animale dall’acqua all’aria, abbiamo in parallelo lo sviluppo di
piante come gli equiseti, in grado di sollevare l’acqua verso l’atmosfera aeriforme. Si vanno
quindi formando nell’uomo ancora plastico e meno materializzato degli animali, gli organi
del sistema renale. Da qui la specificità dell’azione dell’equiseto sul rene. Qualcosa di
analogo si potrebbe dire dello sviluppo delle felci in relazione alla formazione del nostro
intestino, piuttosto che del licopodio in relazione alla funzione epatica.
E’ evidente che si tratta di una ottica ancora molto generica, in quanto l’evoluzione
dell’uomo e della natura avviene in una successione di cicli che si ripresentano ai livelli
più disparati, sia in cicli maggiori che minori, complicando molto la situazione, se si cerca di
entrare nei dettagli. Se poi si pensa alla ricchezza di piante medicinali e alla
diversificazione delle azioni terapeutiche nei confronti dell’uomo, ci si rende conto che si
apre un vastissimo capitolo che per ora è stato ancora assai poco studiato più nei particolari.
Il primo passo sarebbe quello di affrontare in una ottica antroposofica lo sviluppo del regno
vegetale, per avere una prima traccia da mettere poi in relazione allo sviluppo dell’uomo.
La maggior parte delle piante medicinali provengono dai gruppi vegetali più evoluti, cioè
dalle mono- e dalle di-cotiledoni, anche se non mancano farmaci tratti dai gruppi vegetali
più antichi. Per comprendere quanto seguirà è bene ricordare come la manifestazione
materiale dell’uomo e delle piante vada collocata nell’epoca atlantica, più o meno nella sua
metà, che nella datazione di R.Steiner va collocata circa 20.000 anni fa (v.Vreede,1930).
Prima di quel periodo anche i corpi celesti del nostro sistema planetario non seguivano
ancora delle orbite esprimibili con precisi rapporto matematici, per cui il computo del
tempo ha senso soltanto a partire dal quel periodo. Per le piante questo significa che le
strutture geometriche che vi si trovano, in quanto risonanza dei moti stellari, si pensi ai
diagrammi fiorali e alla fillotassi, prima di quel tempo avevano un carattere molto diverso.
In altre parole si può dire che solo con metà dell’epoca atlantica la luce del sole arriva ad
attraversare una atmosfera non più carica di acqua e quindi ad agire direttamente sulle
piante, dando luogo a quella ricchissima differenziazione in specie, dovuta alla azione della
luce modulata dai corpi celesti, sia planetari che zodiacali. Queste stesse azioni stellari
hanno contribuito alla formazione dei nostri organi, di modo che il rapporto evolutivo fra
uomo e pianta si presenta in questa fase come una risonanza cosmica di tappe precedenti
svoltesi non a livello fisico materiale, bensì spirituale meno materiale.
In questo senso si potrebbe parlare di due momenti evolutivi diversi, uno ancora a livello
spirituale astrale-eterico, l’altro a livello materiale. Una traccia si potrebbe vedere nel
diverso modo di riprodursi delle piante: la formazione di veri e propri semi, quindi anche di
fiori, che presuppone l’azione diretta del sole con luce e calore e delle forze stellari,
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corrisponde al secondo livello, mentre la riproduzione vegetativa che si svolge più seguendo
la dinamica di crescita della foglia e della radice rispecchia il livello più antico, meno
differenziato e “terrestre”. Le forme fossili che troviamo possono essere resti di piante già
formate a livello fisico, ma anche, quelle più antiche, di piante ancora ad uno stato più
sottile che hanno lasciato solo delle “impronte” (v. lavoro di Hoogerwerf,del 1962
In questa ottica, con una notevole semplificazione, si possono seguire le piante fino alle
angiosperme (piante con fiore) riguardando le tappe evolutive legate ai quattro elementi,
traccia che ora seguiremo, le conifere si possono vedere come passaggio, mentre le piante
con fiore sono molto più differenziate in funzione delle più articolate azioni stellari, anche se
grossolanamente vi si possono ritrovare i cicli elementari. Schematicamente (seguo quanto
elaborato da Schnepf citato da Simonis) si possono considerare i seguenti nessi con le
tappe evolutive della “Scienza occulta”:
gimnosperme… …….Saturno ( calore- scaglie,aghi)
graminacee………… Sole
(luce – linearità, differenziazione)
altre monocotiledoni… Luna
(acqua – foglie larghe, parallelinervie, bulbi)
dicotiledoni……………Terra
(solido – vera radice, retinervie)
Per vedere i momenti principali della evoluzione dell’uomo e della natura, possiamo
considerare la pianta inserita nei quattro elementi, accostandovi le quattro principali fasi della
evoluzione. Infatti la pianta man mano che cresce “sale” dall’elemento terrestre in cui sono
ancorate le radici, a quello liquido che vede nella foglia l’organo per eccellenza legato alla
fotosintesi come massima espressione della dinamica chimica, a quello degli aromi che si
diffondono nell’aria e dei colori figli della luce tipici dei fiori, alla maturazione dei frutti e
dei semi legata all’azione diretta e indiretta del calore. In questo senso la pianta va a ritroso
nella evoluzione.
Se invece si guarda lo sviluppo in senso evolutivo si scopre una interessante polarità,
individuata da Bockemühl studiando la variazione delle forme delle foglie nel procedere
dalla gemma fogliare alla foglia finita. Essa procedere in senso opposto a quella che va dal
basso verso l’alto della pianta. Alcune immagini già viste in passato illustrano la cosa. Con
questo si viene a dire che la pianta “scende” dal fiore, alla foglia, alla radice, cioè dalla
dimensione cosmica a quella terrestre. Si “incarna” nel senso delle tappe evolutive della
“Scienza occulta”. Uno schema può essere di aiuto.
Al di là delle quattro tendenze formative tipiche delle foglie, formare gambo, formare lamina,
differenziare, formare punte, si possono in realtà caratterizzare alcuni gesti significativi
per ogni livello della pianta, gesti che possono diventare una chiave di lettura per
riconoscere l’attività più del calore, della luce, dell’acqua e della terra. Questo consente di
ritrovare queste qualità anche nel passaggio per esempio dalla morena, cioè da una zona
delle piante pioniere con molta luce e calore, al prato e al bosco, dove c’è più acqua e si
sviluppa più humus.
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Sviluppo nello spazio e nel tempo nelle quattro tappe evolutive: calore,luce,acqua,terra
doppia evoluzione rispetto ai quattro elementi attivi nelle quattro sfere della pianta
Molto schematicamente possiamo riunire le seguenti caratteristiche:
frutto-seme: formazione di grani, di molte unità tondeggianti ( morula), polverizzazione
come col polline, il principio della cellularità, rotondità, contrazione
fiore:differenziazione, molte varietà, geometricità, colore e aroma, verticalità, espansione
foglia: vita vegetativa, orizzontalità, movimento di forme, ritmicità con nodi e fillotassi
radice: indurimento, massa, aspetto informe, vita periferica (peli radicali),
oscurità,gravità.
Se si guardano le descrizioni fatte da R.Steiner riguardo alla figura vegetale nelle prime
fasi evolutive della terra, cioè nelle condizioni pre-fisiche, si possono individuare tre
caratteristiche archetipiche che Rissmann, nel suo studio sulla evoluzione della pianta,
sintetizza in tre espressioni: calice di calore come formazione di una specie di frutto-seme,
asse archetipica come verticalità legata all’azione della luce, foglia archetipica nel processo del
verdeggiare e appassire legato all’elemento acqueo. Possiamo quindi vedere le quattro
tendenze formative come espressione dell’attività dei quattro elementi fuoco,aria-luce,
acqua e terra.
Come esemplificazione nella vita vegetale di oggi è interessante seguire lo sviluppo delle
piante dalla morena glaciale, formata di detriti minerali ed esposta a luce e calore intensi,
ai primi prati, fino al bosco ricco di umidità e di humus, un percorso che in un qualche
modo è una “discesa” dall’alta montagna “cosmica” alla valle “terrestre”. Le prime formazioni
vegetali sono raso terra, spesso tondeggianti, formate dal tante piccole unità. Non vi sono
foglie larghe, né ancora piante decisamente erette. La fase successiva vede la linearità
verticale come espressione delle forze di luce. I pascoli con le erbe dure e pungenti
arrivano fino al limite dei boschi. Dove c’è umidità e più ombra si arriva alla formazione
di foglie più grandi che coprono il terreno nella orizzontalità, abbiamo la terza fase. Col
bosco e la formazione di alberi con radici e tronchi legnosi arriviamo nella sfera delle forze
terrestri. E’ una schematizzazione che può servire come una prima chiave di lettura.
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Tendenza sferica, piccole unità, linearità,passaggio alla lamina
Con queste premesse può diventare comprensibile quanto vorrei riassumere con uno
schema che vede da un lato il processo di “incarnazione” della pianta nel senso delle tappe
evolutive appena viste, dall’altro vede la successione evolutiva dei regni della natura e
dell’uomo con i relativi elementi che servono come “vestito” all’archetipo vegetale che si
manifesta sempre maggiormente sul piano fisico. Ne possono emergere delle relazioni che
consentono di collocare alcuni dei gruppi vegetali inferiori in rapporto ai quattro elementi.
Vorrei su questa base vedere più da vicino i licheni nella loro qualità di pianta medicinale,
cercando di metterli in relazione all’uomo.
Viste le relazioni già ricordate fra lo sviluppo dell’uomo tripartito e le tappe
evolutive,dovremmo a questo punto avere una azione più sul sistema della testa, neurosensoriale, da parte delle piante inferiori, come i funghi, con le alghe un’azione sui processi
vitali intermedi, con i licheni sugli organi della respirazione, con le pteridofite sugli organi del
ricambio. In effetti qualcosa del genere si può riscontrare: funghi allucinogeni agiscono sul
sistema nervoso, Pelikan descrive l’azione rigenerante sul tessuto nervoso ( “fiore di
radice” chiama Grohmann i funghi, portano ricambio nel capo) lo iodio delle alghe agisce
sulla tiroide, i licheni che riprenderò più nel dettaglio sulle vie respiratorie, equiseti e felci
sugli organi interni del ricambio, rene e intestino. E’ una traccia assai grossolana che può
dare un primo orientamento di massima.
Come caratterizzare i funghi ? Con una estrema semplificazione possiamo dire che si tratta
di piante che non hanno ancora la fotosintesi legata alla presenza della luce, hanno un
metabolismo catabolico con forte sviluppo della cellularità, abbiamo cioè le qualità della
sfera del seme, ma non a livello di calore, bensì di radice, cioè dell’elemento terra. Le alghe
invece entrano in rapporto con la luce della sfera floreale, ma non con i caratteri del fiore e
della verticalità, bensì della foglia, cioè dell’elemento acqua, basti pensare al plancton
come una immensa “foglia” verde che riveste tutti i mari della terra. I licheni risultano
dall’incontro di queste due qualità come fondamentali precursori della vita, legati alla
terra, alle rocce e ai tronchi, al contempo anche alle qualità della foglia con la sua crescita
vegetativa.
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Vediamo ora più da vicino i licheni. Abbiamo visto la relazione dei licheni con il polmone.
La fisiologia di queste piante è data dall’incontro di funghi, piante primitive senza
fotosintesi, con un metabolismo catabolico, sotto questo aspetto simili alla sfera della testa,
e di alghe, piante acquatiche che per prime si rapportano con la luce e con l’aria, con le
sfera della respirazione. I licheni non hanno vere radici, foglie,fusti e fiori, anche se
talvolta ne imitano un po’ le forme, restano ad uno stadio molto primitivo e
indifferenziato. Si rapportano alle dure pietre e sono in grado parzialmente di scioglierle
con i loro succhi, si oppongono in un certo senso alla solidificazione e con le mucillagini
formano sostanze in grado di trattenere l’acqua. In questo senso si può afferrare la loro
azione espettorante nell’ambito dell’organo legato all’elemento solido,il polmone. E’ un
mondo molto ricco all’interno del quale si può fare una certa differenziazione, così da
muoversi in tutta la zona fra la gola e i polmoni. Seguendo la dislocazione geografica si può
“scendere” dall’alto nord fino ai nostri boschi: la cetraria e la cladonia crescono nelle zone
artiche, direttamente sul suolo o sulle rocce, la sticta cresce sui tronchi, in genere degli aceri,
e la usnea sui rami delle conifere dei nostri boschi. Nel rapporto con le forze di gravità si
può notare come la cetraria formi come dei cespi, la cladonia come dei cespugli di rametti,
cavi al loro interno, la sticta è crostosa e orizzontale, la usnea pende soggiacendo alle forze
del peso. Nell’alto nord le forze cosmiche della forma toccano quasi senza mediazione la
terra, man mano che si va verso le zone temperate aumenta la parte organica e vegetativa
come zona umida di mediazione per le forze terrestri.
Alcune immagini possono dare una idea delle piante: Cetraria islandica, un cespo
nella fase vegetativa, la consistenza è coriacea ( da qui il nome) ed ha una specifica affinità
con le forze vitali del polmone. La Cladonia rangiferina viene mangiata spesso dalle renne,
ha un certo rapporto con l’aria per i canalicoli dei suoi rametti, cresce eretta. La Sticta
pulmonaria è più ricca di clorofilla, legata al chimismo, e prende il nome dalla forma
lobata, con introflessioni, è attiva in particolare sui catarri del naso. Nella immagine si
vedono alcuni apoteci, la componente fungina. La Usnea barbata sembra essere più attiva
nelle congestioni della testa e forma le tipiche “barbe di bosco”. Abbiamo dunque una
serie di piante che nella prospettiva seguita hanno un certo carattere di radice, il polo
freddo e vitale della pianta, legato alla durezza e alla forma. In effetti i licheni amano
crescere dove qualcosa si disgrega ed è come alla fine di un processo vitale.
Cetraria e cladonia, a sinistra, sticta e usnea a destra
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