I quattro luoghi dell’adolescenza di Leonardo Angelini 1.L'adolescenza da un punto di vista "storico". Parleremo stasera dei quattro luoghi dell'adolescenza. Il termine adolescenza etimologicamente deriva dal latino "adolescere" che significa, alla lettera, "nutrirsi". Vi è perciò nel termine "adolescenza" un qualcosa che ha a che fare con il nutrimento e con la crescita. Quindi, considerato il fatto che ha ragione Erikson quando dice che psicologicamente non si smette mai di crescere, potremmo dire che il tempo dell'adolescenza è il tempo della crescita, per eccellenza. Se, mantenendoci sempre sul piano terminologico, diamo un'occhiata al vocabolario Zingarelli rileviamo che l'adolescenza viene definita come "l'età della vita che sta tra la fanciullezza e l'età adulta, caratterizzata dalla maturazione sessuale". Quindi "adolescenza", oltre che per tempo della crescita, sta anche per tempo del passaggio all'età adulta. Se noi guardiamo ora al problema non più in termini etimologici, ma in termini antropologici e storici scopriremo che in qualsiasi società esiste un tempo del passaggio, della crescita, che tale tempo è diverso da società a società, poiché ogni cultura affronta e risolve il problema del passaggio in maniera diversa, ma che ogni società non può esimersi dall'affrontarlo con cerimonie di passaggio che segnano l'uscita da una fascia d'età e l'ingresso in un'altra fascia. Ad esempio in tutte le culture mediterranee preistoriche il passaggio veniva affrontato attraverso un insieme di cerimonie che duravano qualche ora o qualche giorno e che consistevano nel condurre in un labirinto il gruppo dei ragazzi e delle ragazze che stavano uscendo biologicamente dalla fanciullezza. Questo labirinto non corrispondeva, come comunemente oggi intendiamo, al luogo in cui ci si perde, ma era un luogo concavo, una specie di grande utero in cui si entrava fanciulli e si usciva adulti. In questo modo e con questa cerimonia veniva mimata una rinascita. I nostri progenitori affrontavano questo passaggio dalla fanciullezza all'età adulta coinvolgendo tutta la comunità. Per fare un altro esempio, più legato all'oggi, alcuni popoli primitivi dell'Africa centrale che hanno scarsi contatti con la civiltà, ancora oggi ritualizzano il momento del passaggio con cerimonie che spesso si accompagnano a tutta una serie di atti di coraggio, quali rimanere per un determinato tempo soli nella foresta, procurarsi da soli il cibo, o rimanere per un determinato periodo di tempo digiuni, sottoporsi alla circoncisione, etc). Alcune culture, quasi a voler sottolineare l'elemento di discontinuità che vi è in questo passaggio, in questo trapasso da una età ad un'altra, prevedono addirittura un cambiamento di nome per il giovane o la giovane che stanno per diventare adulti. Ciò è in contrasto con la nostra tendenza ad armonizzare quello che eravamo (fanciulli) con quello che diventeremo (adulti), ma può essere, in ogni caso, una soluzione al problema della crisi di identità che prende tutti gli individui, di qualsiasi cultura essi siano, di fronte al cambiamento. Un altro esempio che viene da un mondo più vicino a noi è quello costituito dalle cerimonie di apprendistato. Coloro che, nella cultura artigiana di un paese del Sud degli anni '50, non proseguivano gli studi e venivano inseriti precocemente nel mondo del lavoro entravano nel gruppo di lavoro secondo una procedura altamente cerimonializzata che era diversa a seconda del mestiere, dell'"arte" all'interno della quale si entrava. Se noi consideriamo invece la società odierna constatiamo che oggi ci troviamo di fronte a un tempo della crescita che si prolunga sempre di più: quella che in una cultura primitiva era una cerimonia che si concludeva in pochi giorni, o in poche ore, diventa oggi una complessa procedura che si dipana in un tempo molto dilatato, e definito in base a quelle che sono le odierne esigenze della produzione. Per comprendere il perché di tale prolungamento del tempo del passaggio, nonchè della macchinosità e, nel tempo stesso , della scarsa visibilità delle cerimonie del nostro passaggio, occorre partire da una analisi delle esigenze produttive della nostra società. Oggi per formare una forza lavoro capace di essere al passo con lo sviluppo tecnologico è necessario allungare i tempi di formazione, per cui, ad esempio, oggi si parla di elevare l'età dell'obbligo fino ai 16 anni poiché altrimenti non saremmo in grado di formare lavoratori adatti a svolgere i lavori che lo sviluppo tecnologico richiede. Ebbene il concetto odierno di "adolescenza" è legato a questa dilatazione, è figlio di questa dilatazione, dovuta alle nostre esigenze formative che, a loro volta, sono legate alle nostre esigenze produttive. Concludendo su questa prima parte, diciamo così, terminologica e storica, possiamo constatare come in questi ultimi anni ci sia stato un ultimissimo cambiamento nel significato del termine "adolescenza": fino a poco tempo fa il tempo e il luogo dell'adolescenza erano abbastanza immuni da ingerenze esterne, erano tempi e luoghi "a parte" in cui l'adolescente si rintanava, lontano dal mondo degli adulti, geloso della propria appena scoperta intimità ( i luoghi e i tempi dell'"isola che non c'é" di Peter Pan, tanto per intenderci). Ebbene questo luogo oggi (cioè nell'ultimo ventennio) é stato occupato dai mass-media, per cui non é più "l'isola che non c'é" al di fuori del tempo e dello spazio, ma un luogo dove il tempo viene scandito in maniera molto precisa dalla società degli adulti: la pubblicità, ad esempio, che con le mode che riguardano l'abbigliamento, il cibo, i divertimenti, etc, impone un determinato ritmo al tempo dell'adolescente, ne occupa gli spazi, finisce con l'abbattere i confini dell'"isola che non c'è" e di introdurre l'adolescente (ed anche il bambino, ormai) nel mondo degli adulti, violando l'intimità dell'adolescente prima ancora che si sia formata. 2.I quattro luoghi dell'adolescenza odierna Possiamo considerare l'adolescente della nostra società come un viandante che frequenta o, almeno, si propone e si attrezza a frequentare 4 luoghi: a) la famiglia; b) il gruppo; c) la coppia; d) lo star da soli. Tutta la sua esperienza si svolge su questi scenari che, di volta in volta, potranno essere luoghi ricercati o fuggiti, luoghi di tranquillità o di conflitto, luoghi di arricchimento o di impoverimento. Pertanto sapere come l'adolescente vive e si serve di questi luoghi significa, in fondo, sapere cos'è l'adolescente dei giorni nostri. Prima di addentrarci in questi luoghi, però, potrà essere utile vedere quali sconvolgimenti derivano dal prolungamento nel tempo dell'adolescenza odierna, prolungamento le cui ragioni abbiamo visto nel paragrafo precedente e che per alcuni, per coloro che frequentano l'università, ad esempio, va ben al di là della soglia dei 18\19 anni, età in cui si vota, si fa il servizio militare, etc., età insomma che solitamente oggi si considera come spartiacque fra adolescenza ed età adulta. Perché un individuo possa considerarsi adulto è necessario che dentro all'adolescente scattino 3 "timers": 1) un primo "timer" di carattere biologico costituito dal sopraggiungere del menarca nella ragazza e della capacità erettiva del ragazzo; 2) un secondo "timer" di tipo emozionale che implica l'acquisizione di una piena genitalità intesa sia come capacità orgastica, sia come capacità di sublimazione degli istinti e perciò di accesso all'attività creativa e critica; 3) ed infine un terzo "timer" di natura "economica" che implica il raggiungimento dell'autonomia e la conseguente capacità di programmare il proprio futuro in termini responsabili e indipendenti dalle leggi eteronome fissate dai genitori e dagli altri adulti da cui fino all'adolescenza si dipende. Come abbiamo visto in molte società con esigenze formative (e produttive) più semplici delle nostre i tre timers scattano quasi all'unisono, in altre società i timers scattano ad una certa distanza temporale l'uno dall'altro, ma secondo un iter che rimane ugualmente molto cerimonializzato. La nostra società non solo dilata i tempi della crescita e del passaggio, ma -fatto non sempre considerato con la dovuta attenzione- non marca più con cerimonie visibili questo passaggio e, nel far ciò, finisce con il gettare sulle spalle dell'adolescente tutto il peso della crisi di identità che accompagna questa fase. Blos in proposito parla di una vera e propria seconda individuazione per il giovane: ebbene in questa fase delicatissima molte istanze formative, educative (ad esempio la scuola) non sembrano esser coscienti del fatto che uno dei compiti, o dei "meta-compiti", loro affidati è quello di cerimonializzare il passaggio all'età adulta dei ragazzi loro affidati, di diventare dei veri e propri sacerdoti del passaggio. Detto questo accingiamoci ora ad un breve viaggio nei quattro luoghi in cui "si spende la miglior parte" dei giovani d'oggi, nel tempo, ormai lungo, in cui si accingono, "lieti e pensosi", a "salire" "il limitare" della loro gioventù. 2a) L'adolescente e la famiglia Il primo luogo di cui parleremo è quello in cui il ragazzo vive "da una vita": quello più domestico, più conosciuto, che pure -come vedremo- all'improvviso diventa un luogo nuovo in cui la posizione degli attori, il canovaccio che essi recitano sul palcoscenico delle quattro mura domestiche cambiano quasi da un giorno all'altro, ponendo spesso in crisi anche i genitori, da troppo tempo ormai abituati ad assumere un ruolo centrale presso i loro figli e che vedono messa in crisi la solarità della loro posizione precedente. Il conflitto fra adolescente e famiglia, banalizzando e frammentando un processo che altrimenti è continuo e altalenante, io uso visualizzarlo in questo modo: schema A- Nella fase A i genitori sono in posizione, appunto, solare e i bambini orbitano intorno a loro. Vi è già una tensione fra Idem e Autos nel bambino, cioè fra "essere identico a.." (Idem) ed emergenza come individuo autonomo (Autos) (Napolitani). Ma fino alla fanciullezza nessuno di sogna di porre in dubbio la posizione solare dei genitori in questo sistema. B - Nella seconda fase l'adolescente comincia sempre più a pre-tendere di essere autonomo, indipendente. Viene messa in crisi la solarità della posizione genitoriale e su questo ciascuno esprime realmente la propria autonomia, la propria indipendenza. C - Infine l'avvento dell'età adulta è contrassegnato dalla capacità tendenziale a "creare nuove unità", cioè a vivere pienamente la propria genitalità: che vi siano o meno nuove unità sul piano letterale. 2b. L'adolescente e il gruppo dei pari. Il gruppo, non solo per l'adolescente, può essere visto come un caleidoscopio, o come una camera degli specchi che ci permette di vedere riflesse in ogni componente del gruppo, e nel gruppo nella sua interezza, varie parti di noi. Ciò però è particolarmente importante in adolescenza dal momento in cui il soggetto che si rispecchia nel gruppo, e cioè l'adolescente, da una parte, come abbiamo detto prima, è un soggetto in rapida trasformazione, dall'altra, in un certo qual modo, pur avendo frequentato gruppi esterni alla famiglia da lungo tempo, non ha mai fatto degli investimenti così massicci su di essi come quelli che si appresta a fare in adolescenza. Ciò perché, mentre fino alla fanciullezza ha preferito rispecchiarsi sul versante familiare, ora, in preadolescenza soprattutto, sente come ormai vecchie e stantìe le immagini parentali, e si sente più disposto a trovare fuori delle quattro mura domestiche nuovi modelli cui ispirarsi, nuovi soggetti con cui parametrarsi. Cosicchè l'adolescente può provare ad avventurarsi nel gruppo per conoscere le parti di sè con cui fino ad allora ha avuto meno confidenza, cosa che prima non riusciva a fare, per poi magari ritirarsi, non riconoscendosi, non identificandosi fino in fondo con gli altri componenti del gruppo, quando queste parti, da loro rappresentate e con le quali l'adolescente non ha gran confidenza, diventano troppo minacciose per la sua integrità personale. Quindi in questo gioco di rifrazioni per l'adolescente é possibile ritrovare tutte le varie colorazioni, tutte le varie parti, tutti i vari "personaggi" da cui è abitato, tutte le varie introiezioni che nelle esperienze precedenti ha avuto modo di fare in maniera più o meno integrata. Quanto detto in queste ultime righe ci permette di capire anche quand'è che il gruppo non funziona bene: infatti se il gruppo funziona come abbiamo detto finora diventa un un luogo di arricchimento, mentre se ripete in maniera monomaniacale sempre la stessa immagine, se mette in moto solo e sempre lo stesso introietto diventa un luogo di impoverimento: è questo il caso, ad esempio, del gruppo delinquenziale che ripete in modo monomaniacale sempre la stessa immagine, lo stesso agito, quello delle parti distruttive, aggressive. 2c.L'adolescente e la coppia All'interno dei gruppi preadolescenziali, solitamente verso la fine dell'adolescenza, si formano dei sottogruppi. Sempre in base ai processi di identificazione, cioè, è possibile che nel gruppo si definiscano delle alleanze composte da amici o amiche "del cuore", delle alleanze dalle quali nascono delle vere e proprie coppie omoerotiche (non omosessuali, cioè basate su forti correnti erotiche sublimate nell'amicizia , e non sulla messa in atto delle pulsioni sessuali), cioè coppie di adolescenti dello stesso sesso che definiscono per ciascuno di noi la base sulla quale si stabilisce la nostra disposizione successiva a stringere le amicizie profonde. La coppia omoerotica, é l'anticamera della coppia eterosessuale, é come un ponte tra il gruppo preadolescenziale e la coppia eterosessuale, che nello stesso tempo però diventa il luogo in cui "ci si allena" a quel comune sentire, a quel giocare sul piano delle amicizie che sarà molto fecondo di scambi e di arricchimenti nella vita adulta. In termini di maturazione psicologica la disposizione ad una vita di coppia rappresenta un salto che porta l'adolescente dalla endogamia, cioè dai legami esclusivi all'interno della famiglia, alla esogamia, che va vista come generatività, come possibilità di "mettere al mondo dei figli" sia in termini materiali, sia pure in termini simbolici, generatività che viene giocata non più dentro la famiglia d'origine ma fuori di essa. Cosicchè quando parliamo della capacità emozionale da parte dell'adolescente di definirsi come adulto, noi parliamo della capacità del giovane di immaginarsi e proiettarsi in un futuro, di definirsi sul piano dell'autorappresentazione come capace di generatività. E nel far questo non bisogna pensare che ci sia bisogno di un partner, ma della disposizione interna a coniugare ed a coniugarsi: a coniugare parti di sè che nel frattempo di vanno scoprendo nei quattro luoghi di sperimentazione, ed a coniugarsi, ad unirsi con quei membri della comunità con i quali si sente più in sintonia. E, mentre in un primo tempo, in preadolecenza, questa capacità di uscire fuori dalla famiglia d'origine e sentirsi autonomi, passa attraverso la ribellione, quando si avvicina al "limitare di gioventù" il giovane non sente più il bisogno della ribellione poiché è già sicuro dei suoi limiti e delle sue possibilità di adulto. Alla pro-vocazione del preadolescente, che è un richiamare l'attenzione su di sè poiché non si è sicuri di se stessi, segue ora una più piena e tranquilla generatività che, ripeto, può essere giocata sia sul piano materiale che simbolico, sia su entrambi i piani. b4. Lo stare da soli dell'adolescente Il terreno "principe" di sperimentazione dello stare da soli é proprio quello della ribellione, che rappresenta la via attraverso la quale l'adolescente impara ad andare da solo nel mondo nella misura in cui mette inizialmente alla prova se stesso e gli altri -soprattutto le persone care- attraverso una serie infinita di prove. In questa età l'esigenza principale é quella di trovare un luogo al nostro interno, che è nostro e solo nostro, all'interno del quale il preadolescente impara ad autorappresentarsi, e lo fa prima in maniera "mitologica" (è questo il momento in cui è più attivo dentro di noi quel "personaggio eroico" di cui abbiamo parlato in un precedente nostro incontro), poi in maniera sempre più realistica. Questo luogo intimo può essere visualizzato come quel luogo psicologico in cui é possibile fare tutte le esperienze, per lo meno sul piano immaginativo (per cui questo luogo è anche il luogo della masturbazione in cui l'adolescente impara a conoscere il proprio corpo ed i propri desideri sessuali). In questo modo l'adolescente costruisce lentamente dentro di sè quello che, crescendo, egli va diventando, quello che vorrebbe essere, la propria progettualità, il proprio futuro. E' un terreno di crescita interna che si forma come raddoppiamento di quello che si è fuori e come capacità di riflessione sull'esperienza vissuta che si conclude proprio nella definizione di se stessi come individui soli, intendendo per "soli" l'essere autonomi, cioè essere capaci di definirsi in base ad una propria legge. Questo processo, come dicevamo prima, nella nostra società é molto più complicato che nelle società più semplici per via del nostro lungo iter formativo, ma è complicato anche per un'altra ragione, legata alla natura particolare del nostro essere soli, che adesso cercherò di spiegare. Il fatto è che nella società attuale a ciascuno di noi è richiesto di raggiungere una propria identità individuale e non solo di gruppo. Nelle società più semplici a ciascun componente viene richiesto di raggiungere solo una specie di identità gruppale in cui tra i membri del gruppo non c'é alcuna distinzione significativa sul piano delle singole particolarità. La sfida che impone la nostra società è invece quella di diventare un individuo nel senso più pieno del termine e di diventarlo senza un aiuto esplicito, cerimonializzato, direi consapevole, da parte delle varie istanze formative che sono investite nel periodo di crescita e di trasformazione dell'adolescente in adulto. BIBLIOGRAFIA - Amerio e Borgogno; "Introduzione alla psicologia dei piccoli gruppi", Giappicchelli BO, 1975. - Blos: "L'adolescenza" Franco Angeli, MI, 1980. - G. Fara e C. Esposito: "Fantasia e ragione nell'adolescenza". Il Mulino, BO, 1984. - A. Freud: "L'io e i meccanismi di difesa", Martinelli, FI, 1967. - D. Kiley: "Gli uomini che hanno paura di crescere: la sindrome di Peter Pan" Rizzoli, MI, 1985. - G.Levi-Strauss: "Razza e storia ed altri studi di antropologia", TO, Einaudi, 1967. - D.Napolitani: "Individualità e gruppalità" Boringhieri, TO, 1987. - J.Piaget: "Dal bambino all'adolescente: la costruzione del pensiero" Nostra Italia Ed., FI, 1969. - D. Winnicott: "Il dibattersi nella bonaccia" in: "La famiglia e lo sviluppo dell'individuo" A. Armando, Roma, 1976.