3. I disturbi della percezione spaziale. Questo è uno degli argomenti più affascinanti, perché apre problemi non soltanto filosofici, antichi forse quanto l’uomo. Dando per scontato che il mondo esterno esiste, è un dato di fatto che dipende dalla elaborazione dei nostri organi di senso (potrebbe essere, a tutti gli effetti, una allucinazione! E se per reale intendiamo quello che possiamo vedere, sentire, toccare, odorare, beh, allora la realtà è composta semplicemente da segnali elettrici interpretati dal nostro cervello! Sono molte le osservazioni che dimostrano l’importanza dell’intervento del nostro cervello e del nostro apparato sensoriale nella percezione di quella che chiamiamo “la realtà”. Ad esempio, il mondo fisico risponde alle leggi della geometria euclidea (gli oggetti mantengono la stessa forma e la stessa dimensione quando si muovono nello spazio; la somma degli angoli interni di un triangolo è di 180°; due rette parallele non si incontrano mai ecc.), ma la geometria delle immagini del mondo proiettate sulla nostra retina non è euclidea, visto che il mondo tridimensionale viene proiettato su una superficie bidimensionale e curva (la retina, appunto). Per vedere il mondo reale -che risponde a regole di tipo euclideo- è evidente che il mio sistema visivo deve rielaborare un input. • E’ geometricamente impossibile, per il sistema visivo, creare una ricostruzione identica dello spazio euclideo. • Sulla base delle immagini retiniche possiamo solo avere un’indicazione sulla possibile struttura dello spazio e degli oggetti in esso disposti. E allora: come fa un osservatore (umano) a percepire lo schema spaziale delle superfici che compongono il suo ambiente, a partire soltanto dalla luce riflessa da queste superfici (che è quella che impressiona la retina)? 82 Affinché sia possibile avere una percezione spaziale, è necessario che l’ambiente specifichi una certa quantità ed un certo tipo di informazioni, che possano essere percepite dal nostro sistema visivo. Avere percezione dello spazio circostante significa percepire diverse caratteristiche dell’ambiente visibile. L’insieme di tali caratteristiche si può definire il nostro schema spaziale: • • • • Dimensioni delle superfici visibili. Loro distanza. Loro forma. Loro orientamento. Queste informazioni (specificate dall’ambiente e rese percepibili dal nostro sistema visivo) si comportano come indizi, che il sistema visivo utilizza, per esempio, per ricostruire gli aspetti tridimensionali dell’ambiente. Vi sono indizi di • Profondità monoculare: non necessitano obbligatoriamente delle informazioni che provengono da entrambi gli occhi. • Profondità binoculare destinati a combinarsi per fornire una rappresentazione coerente dello spazio. Il discorso si fa complesso, ne faremo qualche esempio, senza entrare troppo nei dettagli, pur assai interessanti. a. Indizi di profondità monoculare: • Occlusione: può essere utilizzato quando un oggetto occlude la visione di un altro oggetto. Ci da informazioni sull’ordine e sulla posizione relativa degli oggetti (senza nulla dirci sulla distanza). Per inferire informazioni sulla profondità, il sistema visivo si basa sulle assunzioni circa la forma degli oggetti (la configurazione che percepiamo è determinata dalla nostra esperienza passata/ le figure in parte occluse vengono completate in accordo con la frequenza delle forme incontrate in precedenza). • Grandezza relativa: un confronto della grandezza di due oggetti, senza sapere nulla della loro grandezza in senso assoluto. L’immagine retinica formata da un oggetto diventa più piccola quanto più l’oggetto è lontano > sappiamo che gli oggetti più piccoli sono più lontani (ed utilizziamo questo indizio di profondità). • Altezza relativa: normalmente oggetti a distanze diverse dall’osservatore, appoggiati sul terreno, formano immagini ad altezze diverse sulla retina > quindi, gli oggetti più vicini saranno proiettati sulla parte bassa del campo visivo, mentre quelli più lontani sulla parte alta. 83 • Gradiente di tessitura: (esempio: le fenditure di un terreno arido/ un campo omogeneo di girasoli) cambiamenti sistematici della forma e della dimensione di piccoli elementi della tessitura vengono utilizzati per percepire la distanza e la profondità (ed anche forma ed orientamento). • Grandezza familiare: si possono ottenere informazioni sulla profondità avendo una conoscenza a priori della grandezza di un oggetto. • Prospettiva aerea: un indizio di profondità, che si basa sulla conoscenza implicita che l’atmosfera diffonde la luce. Maggiore la quantità di atmosfera tra osservatore ed oggetto, maggiore è la dispersione della luce > gli oggetti soggetti ad una maggiore dispersione della luce appaiono più sfumati e sono quelli più lontani (es.: nebbia/ foschia). • Prospettiva lineare: indizio di profondità che si basa sulla conoscenza che le linee parallele nel mondo 3D sembrano convergere in una immagine 2D (Punto di fuga= il punto immaginario dello spazio in cui linee parallele convergono). • Luci e ombre: indizio basato sulla conoscenza a priori del posizionamento delle luci, delle ombre e delle forme degli oggetti nel mondo 3D e di come queste si proiettano in un’immagine 2D. • Movimento: nuove fonti di informazione spaziale derivano dal movimento (superfici lontane divengono più vicine, superfici o parti di superfici nascoste divengono visibili) > le immagini di oggetti poste a distanze differenti dall’osservatore si muovono a diverse velocità sulla retina. Quando l’osservatore si muove lungo una linea retta, il suo movimento produce un cambiamento nella direzione angolare di molti punti percepiti (Flusso ottico). • Accomodazione e vergenza: nella prima -monoculare- l’occhio cambia il suo fuoco, nella seconda -binoculare- gli occhi ruotano verso l’interno o verso l’esterno. La costruzione dell’immagine tridimensionale del mondo, partendo da uno spazio bidimensionale (come quello in cui si formano le immagini retiniche) è uno dei problemi fondamentali che il sistema percettivo visivo si trova ad affrontare. • Come fa il sistema visivo a decidere che cosa si sta effettivamente vedendo? Qual è l’interpretazione più plausibile? • Tutti gli indizi di profondità mono- e binoculari sono combinati insieme (inconsciamente) in accordo con quelle che sono le nostre conoscenze pregresse (conoscenza a priori). Ma quando le nostre inferenze risultano errate, ecco che si formano le illusioni. 84 Esempi di grandezza (ed altezza) relativa. Esempi di gradiente di tessitura 85 Prospettiva aerea 86 Punto di fuga Luci e ombre 87 ILLUSIONI 88 89 90 È stata inventata dall'oftalmologo americano Adelbert Ames nel 1946 su un'idea di Hermann Helmholtz. La stanza è costruita in modo che vista frontalmente appaia come una normale stanza a forma di parallelepipedo, con due pareti laterali verticali parallele, una parete di fondo, un soffitto ed un pavimento paralleli all'orizzonte. In realtà la pianta della stanza ha forma di trapezio, le pareti sono divergenti ed il pavimento ed il soffitto sono inclinati. Le inclinazioni e le proporzioni nella dimensione degli elementi posti alle diverse profondità sono calcolate tenendo conto delle regole della prospettiva. Per effetto dell'illusione una persona in piedi in un angolo della stanza appare essere un gigante, mentre un'altra persona situata nell'angolo opposto sembra minuscola. L'effetto è così realistico che una persona che cammini da un angolo all'altro sembra ingrandirsi o rimpicciolirsi. Alcuni studi hanno dimostrato che l'illusione si può avere anche senza l'utilizzo di pareti e soffitto, ma è sufficiente creare un orizzonte apparente (in realtà non orizzontale) su un appropriato sfondo. L'occhio valuta la dimensione degli oggetti in funzione del finto orizzonte. 91 92 Un elemento di grande importanza -quando si parla di percezione spaziale- è rappresentato dalla visione tridimensionale (o stereoscopica). Per spiegare la visione stereoscopica, possiamo fare un piccolo esperimento. Poniamo una mano davanti a noi e, con l’altra, chiudiamo prima l’occhio destro e poi quello sinistro. Il risultato è che la mano ci sembrerà spostarsi da destra verso sinistra, pur essendo rimasta ferma. Nella figura qui di seguito sono simulate le immagini di una stessa scena, catturate dall’occhio destro e sinistro. Se si osservano con attenzione, si notano delle differenze (ad esempio, la bandiera italiana di fronte al palazzo è più evidente nella foto a sinistra). Gli occhi, infatti, registrano due immagini diverse, poichè la distanza e l’angolazione con cui un qualsiasi oggetto viene fissato non sono perfettamente uguali nei due occhi. Noi vediamo un’unica immagine in quanto il cervello, attraverso un processo detto stereopsi, le fonde tutt’e due e ne sfrutta la disparità, restituendoci -con una sorta di calcolo trigonometrico- la terza dimensione dello spazio: la profondità. Potendo determinare, anche se solo grossolanamente, la distanza alla quale è situato un oggetto nello spazio in relazione alla nostra posizione, possiamo parlare di visione tridimensionale o stereoscopica. 93 La possibilità della visione binoculare è alla base del fenomeno della stereopsi (che deriva dalla stimolazione simultanea delle retine). Il presupposto indispensabile per l’organizzazione della visione binoculare è che entrambi gli occhi osservino una stessa area dello spazio, e che non siano presenti deviazioni degli assi visivi: l’immagine visiva viene quindi proposta sul piano retinico da entrambi gli occhi. Sinteticamente, sono tre i fenomeni che consentono la percezione binoculare: 1. Percezione simultanea: rappresentata dalla capacità di entrambi gli occhi di apprezzare e trasmettere al cervello, nello stesso istante, la medesima immagine. 2. Fusione: capacità visiva successiva, che presenta una componente motoria (implica l’attività dei muscoli estrinseci oculari, per il posizionamento degli assi visivi sull’oggetto osservato) ed una sensitiva (relativa alla capacità psichica di formare, da due immagini retiniche simili, una rappresentazione visiva singola). 3. Stereopsi: capacità percettiva che consente di unire le immagini provenienti dai due occhi, che -a causa del loro posizionamento strutturale- presentano uno spostamento laterale. Questa disparità permette al cervello di avere informazioni su profondità e posizione spaziale dell’oggetto mirato. 94 Vi risparmio il grande capitolo dei test diagnostici e delle varie modalità rieducative o terapeutiche (anche chirurgiche) della stereopsi, che sono principalmente di competenza ortottica. 95 Elaborazione cerebrale dell’immagine stereoscopica. In condizioni naturali, e in presenza di numerosi oggetti disposti a varie distanze, diventa molto complesso interpretare la disparità delle immagini dei due occhi e il cervello deve risolvere il problema della corrispondenza di queste immagini. Questo è un problema che il cervello affronta continuamente e che risolve quasi sempre con successo, anche in situazioni molto complesse come sono quelle fornite dagli stereogrammi per punti casuali, utilizzati per la prima volta da Bela Julesz (1964), riprodotti nella figura della pagina precedente. In questa situazione sperimentale l’immagine monoculare non contiene nessuna informazione di forma e quindi nessun indizio su come associare le immagini nei due occhi per elaborare la disparità. L’informazione di tridimensionalità è contenuta nella disparità retinica del singolo quadratino, elemento base dell’immagine. Dopo alcuni istanti di osservazione di questi stereogrammi casuali si percepisce la forma 3D, con acuità e sensibilità stereoscopica simile a quelle ottenute per stimoli naturali. Il meccanismo alla base dell’analisi della s. sono le cellule binoculari corticali ( visione) del lobo occipitale, cioè i neuroni che rispondono a input che colpiscono entrambi gli occhi. La maggior parte delle cellule binoculari risponde con una più alta frequenza di scarica quando i due occhi sono stimolati da immagini con zero disparità; molte altre però sono eccitate quando le due immagini corrispondono a disparità incrociate e inibite per disparità omonime; altre ancora eccitate per disparità omonime e inibite per disparità incrociate. La stima della possibile distanza dell’oggetto nasce quindi dal paragone delle attività di questi tre diversi tipi di neuroni, analogamente a come il colore di un oggetto è stimato dalle attività relative dei tre coni. Nel corso dell’evoluzione ontogenetica, la percezione della terza dimensione sembra emergere quasi improvvisamente tra il terzo e il quarto mese di vita, per raggiungere i 60″ di arco intorno ai 6 mesi. I valori tipici dell’adulto, di alcuni secondi di arco, sono raggiunti solo dopo alcuni anni. 96