MINISTERO DEL LAVORO, DELLA SALUTE E DELLE POLITICHE SOCIALI CONSULTA MALATTIE NEUROMUSCOLARI GRUPPO MONOTEMATICO RICERCA Allegato 2b - Utilizzo di sistemi di monitoraggio per la futilità nei clinical trial. L’approvazione all’uso di nuovi farmaci, l’estensione delle indicazioni di molecole già esistenti a nuove patologie, o l’introduzione di strategie terapeutiche alternative nell’ambito della pratica clinica hanno il proprio strumento di valutazione nei trial clinici che, opportunamente randomizzati ed effettuati in cieco, soli riescono a produrre l’evidenza scientifica del vantaggio legato all’impiego di un farmaco sperimentale, espresso in termini di beneficio per il paziente. Il clinical trial è regolato da numerose norme di carattere scientifico. In particolare, è essenziale che nel protocollo di ricerca vengano esplicitate le motivazioni cliniche ed il razionale scientifico secondo cui il nuovo farmaco viene proposto, gli endpont che si intendono utilizzare come misura dell’efficacia del trattamento, la minima differenza clinicamente significativa giudicata accettabile perchè il farmaco sperimentale risulti migliore dello standard (o del placebo) e, conseguentemente, il numero di pazienti da arruolare per dimostrare l’esistenza effettiva di tale differenza. Queste premesse aprono la strada a due diversi tipi di riflessione. In primo luogo, il numero di pazienti da ammettere allo studio quando si parli di malattie i cui meccanismi fisiopatologici non sono ancora del tutto chiari o di farmaci i cui effetti nei confronti della malattia non siano ben definiti, è necessario tutelare i pazienti dal rischio di terapie inutili ed evitare sprechi di risorse, in termini di tempo ed economici, qualora il farmaco sperimentale si rivelasse inefficace. Per questo motivo occorre munirsi di strumenti di monitoraggio adatti a rilevare quanto prima eventuali trend a sfavore del farmaco sperimentale. In secondo luogo, e in linea con il primo punto, è importante l’individuazione di endpoint non soltanto sufficientemente sensibili nel rilevare cambiamenti nello stato di salute dei pazienti, ma funzionali ai sistemi di monitoraggio menzionati precedentemente, ovvero la cui realizzazione è immaginabile in tempi relativamente brevi (non superiore ai 6 mesi di follow-up). Per quanto riguarda l’individuazione di sistemi di controllo che permettano di valutare dinamicamente, ovvero alla luce dei risultati mano a mano collezionati, l’opportunità di proseguire nella raccolta dati, possono essere considerati i cosiddetti disegni sequenziali classici, pensati da Pocock nel 1977 e da O’Brien e Fleming nel 1987 e successivamente modificati. In tali disegni si stabiliscono criteri e regole decisionali che possono motivare la chiusura precoce di un trial a causa di comprovata efficacia del farmaco sperimentale (caso in cui la differenza realmente osservata tra i due trattamenti si riveli superiore a quella attesa) o di evidente inutilità dello stesso (quando non vi sia alcuna differenza osservata o addirittura la nuova molecola apportasse meno beneficio dello standard o del placebo). I disegni sequenziali presuppongono un monitoraggio continuo del raggiungimento dell’endpoint modificando la soglia della significatività statistica mediante funzioni di “error spending”, ovvero funzioni che diminuendo l’errore di I tipo accettabile ed aumentando la potenza richiesta, rendono le analisi abbastanza conservative (volte cioè a minimizzare il riscontro casuale di una differenza a seguito di valutazioni ripetute). Questa metodologia consentirebbe però l’interruzione precoce della sperimentazione solo in presenza di grandi differenze tra i bracci terapeutici. Purtroppo, nella realtà della ricerca clinica le situazioni più frequenti sono quelle intermedie in cui mancano evidenze forti tali da giustificare l’interruzione del trial. In tali casi, esistono metodologie rivolte esclusivamente al monitoraggio della futilità (ovvero della inutilità di un trattamento), note sotto il nome di “Stochastic Curtailment Tests”. Se i disegni sequenziali sono basati sulla nozione di error spending, questi ultimi invece confrontano i risultati osservati direttamente con l’outcome atteso a completamento del trial. Ovvero, la decisione di proseguire o meno l’arruolamento è presa ad ogni analisi intermedia presupponendo che i dati raccolti fino a quel momento verranno confermati a conclusione dello studio. Mentre i disegni sequenziali si focalizzano sui dati raccolti, gli Stochastic Curtailment Tests si avvalgono della cosiddetta inferenza predittiva. Non implicando funzioni di error spendig, questi tipi di test possono virtualmente essere utilizzati per ogni paziente che termina il trial. Due metodi noti in letteratura per l’implementazione di questi tipi di test sono il Conditional Power, sviluppato da Lan Simon e Halperin nel 1982 e basato sul tradizionale approccio frequentista, e il Predictive Power, introdotto da Pepe e Anderson nel 1992 e poi rivisto da Betensky nel 1997, che implica l’uso di statistiche bayesiane. Potrebbe quindi essere interessante approfondire l’utilizzo di tali metodi di monitoraggio per lo screening di quelle molecole che, superata la fase II, debbano ancora dimostrare la loro efficacia in fase II. Con il contributo di Ettore Beghi e Flavia Mattana Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”, Milano