MED AND GULF EXECUTIVE BRIEFING Il Marocco nel nuovo Nord Africa Riforme politiche e prospettive economiche Palazzo Clerici, 13 dicembre 2012 Dossier a cura del Programma Mediterraneo dell’ISPI L’incontro è realizzato nell’ambito del progetto promosso da IL MAROCCO NEL NUOVO NORD AFRICA. RIFORME POLITICHE E PROSPETTIVE ECONOMICHE INDICE DEL DOSSIER Politica 1. Quadro politico 2. Le forze politiche 3. Le relazioni con il Ccg 4. La questione sahraui, le relazioni e con l’Algeria e il rischio terrorismo 5. I rapporti con l’Europa Economia 1. Quadro macroeconomico 2. Interscambio commerciale 3. Gli investimenti in Marocco 4. Le principali componenti del Pil marocchino 5. Lo sviluppo dei trasporti Approfondimenti 1. Il Tangeri-Med 2. Le energie rinnovabili POLITICA 1. QUADRO POLITICO All’interno del quadro nordafricano sconvolto dalla Primavera araba, il Marocco si presenta come un esempio di riformismo pacifico e ha finora mantenuto la stabilità interna. All’inizio del 2011, con la deposizione dei dittatori di Egitto e Tunisia anche in Marocco si era assistito al coagularsi di un movimento di protesta di massa che chiedeva riforme sia in ambito politico sia soprattutto in campo economico. In particolare le istanze popolari nei confronti dell’esecutivo riguardavano nuovi interventi per combattere i crescenti squilibri sociali, Tabella 1 – Indici di apertura politica 2011 la corruzione dilagante e quella disoccupazione giovanile endemica che sono stati le cause principali Ranking Status dello scoppio delle rivolte negli altri paesi. 3 Diversamente da Ben Ali e Mubarak, re Muhammad Diritti Politici (1-7) VI ha rinunciato allo strumento della repressione e si è Parzialmente mostrato incline alle richieste dei manifestanti. Il re Libertà Civili (1-7) libero 4 ha potuto fare leva sulla grande considerazione di cui Libertà di stampa (0-100) 85 la monarchia gode fra la popolazione che, pur chiedendo riforme strutturali dello stato, non ha mai Qualità della Governance 2010 messo in dubbio la legittimità del sovrano. Già a marzo 2011 il monarca ha annunciato la creazione di Corruzione percepita (10-0) 3.8 una Commissione deputata alla revisione della carta costituzionale. A metà giugno la nuova Costituzione Fonte: Freedom House; Transparency International riformata era già pronta per essere sottoposta a referendum. Quest’ultimo, svoltosi il 1° luglio, ha visto l’approvazione delle modifiche costituzionali con il 98% di voti favorevoli. Secondo molti osservatori, però, tali riforme rimangono per lo più “cosmetiche” e non intaccano le prerogative del re, che rimane “l’arbitro supremo” tra le forze politiche e gli vengono riconosciute tre aree di competenza esclusiva: religione, sicurezza e “scelte politiche strategiche”. La definizione di quest’ultima area è stata volutamente tenuta vaga per lasciare un ampio spazio di manovra al sovrano. Inoltre, il re mantiene il potere di nominare il capo del governo che, secondo le nuove disposizioni, deve essere il leader del partito di maggioranza relativa (viene meno la discrezionalità del passato). Le riforme riguardano inoltre la magistratura, la cui indipendenza viene meglio garantita, e il riconoscimento di alcune libertà fondamentali, quali quello di presentare petizioni parlamentari e proposte di legge da parte della società civile, nonché i diritti di stampa e di espressione. Le elezioni anticipate del 25 novembre 2011 hanno però mostrato le prime ombre di quella che, fino a quel momento, era sembrata un’operazione di riforme dall’alto riuscita. L’affluenza alle urne è stata infatti molto scarsa, ufficialmente il 40% ma probabilmente anche inferiore, a dimostrazione di uno scarso entusiasmo della popolazione di fronte agli esigui progressi del processo riformatore. Le elezioni di novembre hanno portato alla vittoria del partito islamista moderato Giustizia e Sviluppo (Pgs), a discapito dei partiti tradizionalmente legati alla monarchia. Il principale fattore che ha portato alla vittoria del Pgs è stata la reiterata promessa da parte dei suoi leader di combattere la corruzione della pubblica amministrazione, problema molto sentito dai marocchini. A circa un anno dalla sua elezione, l’esperimento di governo da parte degli islamisti moderati è però generalmente giudicato deludente dalla popolazione. Il loro governo, oltre ad apparire poco indipendente a causa dell’ancora forte influenza del sovrano, non ha saputo trovare risposte convincenti ai gravi problemi socio-economici del paese, la cui popolazione è in grave difficoltà a causa della crisi economica e dell’altissima disoccupazione. Ciò ha comportato il risorgere di movimenti di protesta che, sebbene ancora sporadici, potrebbero intensificarsi in caso di peggioramento ulteriore della situazione socioeconomica. POLITICA 2. LE FORZE POLITICHE A partire dagli anni Novanta il sistema politico marocchino ha subito notevoli aperture. Nonostante il monarca sia rimasto un arbitro della scena politica e goda di ampi poteri, il sistema parlamentare ha visto negli ultimi vent’anni la fioritura di numerosi partiti e movimenti che si sono contesi la maggioranza in parlamento. Con la riforma costituzionale del 2011 la carica di primo ministro, fino a quel momento di nomina regia, spetta al leader del partito vincitore delle elezioni. Nel 1997 si tennero le prime elezioni democratiche della storia del paese che videro la vittoria di una coalizione di centro-sinistra. Nelle elezioni del Il Parlamento marocchino dopo le elezioni del 2002 e del 2007 il numero dei partiti aumentò 2011 (seggi: 395) ulteriormente, e i risultati premiarono in entrambe queste occasioni il partito conservatore Istiqlal (Indipendenza), vicino alla famiglia reale. Le elezioni anticipate del 2011, volute dal re come momento culmine del processo di revisione costituzionale da lui iniziato a marzo dello stesso anno sull’onda della Primavera araba, hanno invece visto per la prima volta la vittoria del partito islamista moderato (ispirato in parte alla Fratellanza musulmana) Giustizia e Sviluppo. Con la riforma costituzionale è stata introdotta anche una nuova legge elettorale la quale, come le precedenti, è strutturata in un sistema misto – 305 seggi destinati a liste circoscrizionali e 90 a liste nazionali – modulato in modo da rendere arduo per i vincitori aggiudicarsi una forte maggioranza in parlamento. Il partito Giustizia e Sviluppo ha dovuto infatti allearsi con altri 5 partiti per formare l’esecutivo e ottenere la maggioranza parlamentare necessaria. I partiti più importanti all’interno dell’attuale parlamento sono: • Partito Giustizia e Sviluppo: Fondato da Abdelkrim el-Khatib, membro poi espulso del Movimento popolare degli anni Sessanta, il partito assume l’attuale nome nel 1998, con l’incoraggiamento dell’allora ministro degli Interni Idriss Basri. Dal 2008 è guidato da Abdelilah Benkirane, ora primo ministro. Il partito, di ispirazione islamista moderata, centra la maggior parte del proprio discorso politico sui temi della lotta alla corruzione e dell’equità sociale. Attraverso tali temi il Pgs si è posto come una forza maggiormente critica verso lo status quo rispetto ai partiti più tradizionali come Istiqlal, pur senza mai mettere in dubbio ufficialmente la legittimazione della casa reale. • Partito Istiqlal (Indipendenza): è un partito monarchico-conservatore formato negli anni Quaranta, in contrasto con il governo coloniale francese. Ha vedute fortemente nazionaliste ed è considerato il partito più vicino alla casa regnante. Il suo leader, el-Fassi, è stato primo ministro dal 2007 al 2011. Dopo aver conseguito il secondo posto nelle elezioni del 2011, la sua leadership è stata sostituita con quella di Hamid Chabat a settembre 2012. Il partito è ora parte della coalizione dell’esecutivo. • Unione nazionale degli indipendenti: fondato nel 1978, con ispirazione liberale, è considerato la sponda politica della borghesia marocchina. Guidato dal fondatore Ahmed Osman dalla fondazione al 2007, il partito è ora guidato da Mustafa al-Mansuri, il quale è entrato nell’alleanza di governo dopo le elezioni del 2011. POLITICA 3. LE RELAZIONI CON IL GCC Nel quadro delle trasformazioni innescate dalla Primavera araba si inserisce la proposta del Consiglio di cooperazione del Golfo (Gcc secondo l’acronimo inglese, comprendente Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman e Qatar) di ampliare l’organizzazione a Giordania e Marocco, le altre due monarchie arabe. La proposta, su impulso saudita, è stata presentata nel summit di maggio 2011 con l’obiettivo di evitare che l’ondata di rivolte e proteste potesse minare la stabilità dell’area, creando così una sorta di “club” delle monarchie caratterizzato da fitti rapporti politici, economici e militari volto al mantenimento dello status quo. Il timore, infatti, era che un eventuale cambio di regime in una di esse avrebbe potuto provocare un possibile effetto contagio e investire le monarchie petrolifere, fino a quel momento solo marginalmente toccate – Bahrein a parte – dai moti di protesta. Mentre la proposta è stata accolta con interesse dalla Giordania – paese geograficamente e finanziariamente vicino all’Arabia Saudita e alle prese con una gravissima crisi economica – minore entusiasmo ha suscitato in Marocco, economicamente e geograficamente più vicino all’Europa. Tra l’altro, re Mohammed VI ha intrapreso un percorso di riforme dall’alto che, pur non andando a intaccare le prerogative più importanti del sovrano, non si concilia con la linea della pura conservazione portata avanti dai membri del Gcc. Ciò non ha comunque impedito l’istituzione, a dicembre 2011, di un fondo da 5 miliardi di dollari (2,5 miliardi per ogni paese) da parte del Gcc da destinare a progetti di cooperazione economica e sviluppo in Marocco e Giordania. Da un punto di vista economico, il Marocco avrebbe importanti vantaggi da legami più solidi e strutturati con le ricche monarchie del Golfo, soprattutto in considerazione delle ricadute negative sulla sua economia della crisi dei debiti sovrani in Europa. A novembre 2012 il re ha intrapreso un viaggio attraverso il Golfo allo scopo proprio di discutere nuovi accordi economici. In concomitanza con la visita del re marocchino, i leader del Gcc hanno accettato di firmare un piano di assistenza finanziaria al Marocco che prevede aiuti finanziari per un totale di 5 miliardi di dollari nel quadriennio 2012-2016, raddoppiando quindi l’impegno finanziario preso un anno prima. Tale accordo potrebbe essere considerato come la prima pietra di una collaborazione economica destinata a svilupparsi nel medio e lungo termine con l’inclusione del Marocco nel Gcc. L’interscambio marocchino sia commerciale sia finanziario con il Golfo è infatti ancora piuttosto scarso. In particolare, la quota di investimenti provenienti dalle monarchie petrolifere rimane al di sotto del 10%; con il 4% del totale, gli Emirati Arabi Uniti si attestano al terzo posto come fonte di Ide, largamente alle spalle della Francia – 58% - e della Spagna – 12% - che tuttora dominano gli investimenti nell’economia marocchina. È però da sottolineare la rapida crescita degli investimenti provenienti da Eau, Arabia saudita e Kuwait che sono passati dal 5,8% del 2006 al 9% del 2010. Per quanto riguarda il commercio, il principale rapporto che si registra è quello delle importazioni petrolifere dall’Arabia saudita, il maggior partner commerciale del Marocco tra le monarchie del Golfo e che si attesta al 6,9% del totale dell’interscambio commerciale marocchino. Dal punto di vista dell’export, invece, i rapporti fra Rabat e le monarchie del Golfo permangono scarsi, con un 1% sul totale delle esportazioni diretto verso il Gcc. POLITICA 4. LA QUESTIONE SAHRAUI, LE RELAZIONI CON L’ALGERIA E IL RISCHIO TERRORISMO Il confine meridionale del Marocco è da quasi quarant’anni al centro di forti diatribe territoriali che vedono la popolazione sahraui opporsi al governo marocchino. Quando nel 1975 la Spagna si ritirò dall’allora “Sahara spagnolo” lasciò questo territorio da spartire tra Mauritania e Marocco (la zona si trova infatti a metà tra i due paesi). In quell’anno la popolazione autoctona Il Sahara Occidentale conteso fra fronte organizzò un movimento, il cosiddetto movimento Polisario Polisario e regno del Marocco (acronimo di Frente Popular de Liberación de Saguía el Hamra y Río de Oro), avente l’obiettivo di impedire la spartizione del territorio abitato dalla popolazione sahraui (dall’arabo sahrawy – “del deserto”) e farne riconoscere l’indipendenza. Dopo anni di scontri gli indipendentisti prevalsero nel 1979 sulla Mauritania, in preda alle difficoltà socio-economiche e a un colpo di stato che ne aveva sconquassato i ranghi militari l’anno precedente. Il Fronte Polisario ne approfittò dichiarando la fondazione della Repubblica Araba Democratica Sahraui. La reazione marocchina fu però molto dura: l’esercito invase i due terzi settentrionali della neonata repubblica e ne fortificò le zone più economicamente rilevanti. I decenni seguenti furono caratterizzati da uno stato di continua tensione intervallato da veri e propri scontri militari e attacchi di guerriglia del Fronte Fonte: African Commission on Human Polisario, senza che nessuna delle due parti fosse in grado di and Peoples Rights prevalere in modo definitivo. L’Unione africana (Ua) ha ufficialmente riconosciuto la repubblica sahraui (causando l’uscita del Marocco dall’organizzazione), mentre la Lega araba sostiene le rivendicazioni marocchine. La maggior parte delle nazioni, così come l’Onu, ha però congelato la loro opposizione in attesa del referendum fra la popolazione della zona contesa che dovrebbe avvenire sotto egida delle Nazioni Unite ma che viene da decenni procrastinato sine die. L’Algeria, pur non avendo formalmente alcuna pretesa territoriale nella vicenda, si è schierata fin dall’inizio a fianco delle rivendicazioni del Fronte Polisario, determinando in questo modo il forte deterioramento dei rapporti con il Marocco. Essi si sono protratti fino ad oggi (l’Algeria ospita anche le migliaia di profughi sahraui fuggiti durante il conflitto) tra momenti di tensione e tentativi di riavvicinamento. Il ruolo dell’Algeria è stato però finora fondamentale nel mediare tra le parti in causa, portando a un parziale rilassamento delle tensioni e determinando uno stato di tregua armata che si protrae da anni. Nonostante un parziale miglioramento delle relazioni a partire dalla fine degli anni Ottanta (Bouteflika accettò l’invito a recarsi ai funerali di re Hassan II nel 1998), la questione sahraui costituisce tuttora un impedimento a una normalizzazione delle relazioni bilaterali e alla riapertura della frontiera tra i due paesi nordafricani chiusa dal 1994. Il confine sud-orientale è problematico per Rabat anche a causa delle infiltrazioni terroristiche. Aqim (alQaeda nel Maghreb islamico) e i gruppi che ad essa fanno riferimento si rifugiano ormai dall’inizio degli anni Duemila soprattutto nel territorio desertico a cavallo fra Mali, Algeria e Libia. Lo sconfinamento in territorio marocchino è avvenuto in più occasioni e negli anni numerose cellule di al-Qaeda sono state scoperte ed eliminate all’interno del paese. Questo non ha impedito il verificarsi di alcuni attentati dal Duemila a oggi, di cui l’ultimo avvenuto il 14 aprile 2012 ha colpito un noto locale turistico nel centro di Marrakech. Il governo marocchino, infatti, a causa dei suoi profondi legami con l’Occidente e la sua moderazione religiosa, è considerato un bersaglio dal terrorismo di stampo qaedista. POLITICA 5. I RAPPORTI CON L’ EUROPA La politica estera marocchina è sempre stata molto orientata più all’esterno che all’interno del continente africano, e in particolare verso l’Europa. In particolare, Francia e Spagna sono, per motivi storici e geografici, gli stati che hanno avuto finora maggiore influenza negli affari marocchini anche dopo la fine dell’epoca coloniale. Essi sono i due maggiori partner commerciali e fonti di Ide del Marocco, e questo nonostante Rabat e Madrid siano ufficialmente contrapposte sulla questione di Ceuta e Melilla, le due enclave che la Spagna ancora detiene sul territorio marocchino e che Rabat vorrebbe indietro. Al di là di Francia e Spagna, l’Europa nel suo complesso rappresenta il 53% del commercio estero marocchino. Tale notevole risultato è stato reso possibile soprattutto dai forti legami diplomatici intessuti con Bruxelles negli ultimi decenni. Nel 1996 il Marocco ha firmato con l’Unione europea (Ue) un Accordo di associazione, nella cornice del Partnenariato euro-mediterraneo, entrato poi in vigore nel 2000. Il Marocco è inoltre al momento il primo beneficiario dei fondi europei nell’ambito della Politica di vicinato, che ha allocato al paese dal 2007 circa 1,5 miliardi di euro su un totale di quasi 12 miliardi. Nel 2008 il Marocco è stato il primo partner mediterraneo, e finora l’unico, a vedersi accordato lo statuto avanzato nelle relazioni con la Ue. Ciò comporta tanto un rafforzamento del dialogo politico, della cooperazione in ambito economico, sociale, di sicurezza e giudiziario e in materia di agricoltura, trasporto, energia e ambiente, che la progressiva integrazione del paese nel mercato comune con la conseguente convergenza legislativa e regolamentare. Nel quadro dell’implementazione dello statuto avanzato a gennaio 2012 il Parlamento europeo ha approvato un protocollo che autorizza la partecipazione del Marocco ai programmi europei. In particolare si tratta di dogana, energia, business climate, protezione dei consumatori, gestione del traffico aereo, ricerca scientifica e sanità, politica delle tecnologie e dell’informazione. Il 29 novembre 2012 la Ue ha annunciato l’intenzione di iniziare le negoziazioni per istituire una area libero scambio “deep and comprehensive” con il Marocco. Essa andrebbe a migliorare il presente Accordo di associazione e l’accordo di libero scambio ad esso legato attraverso ulteriori aperture nei flussi sia commerciali sia finanziari, e una maggiore collaborazione sulla politica economica. Il Marocco sarebbe il primo paese del Mediterraneo meridionale a prendere parte ad una collaborazione del genere con la Ue. Nelle intenzioni del Comitato europeo per la politica commerciale (nominato dal consiglio dei ministri economici dell’Unione) al Marocco dovrebbero seguire successivamente Tunisia, Egitto e Giordania, i quali però si trovano più indietro nel processo di integrazione commerciale con l’Unione europea. Parallelamente a quello con la Ue, Rabat ha anche firmato un accordo di libero scambio con l’Efta (European Free Trade Association) – che comprende Liechtenstein, Islanda, Norvegia e Svizzera – e con la Turchia. Particolarmente sentita nei rapporti con la Ue è la questione legata all’immigrazione. Il Marocco è infatti origine e via di passaggio di forti flussi migratori diretti verso le sponde europee, ed in particolare la Spagna. In Europa si trovano quasi tre milioni di immigrati marocchini, distribuiti soprattutto nell’Europa mediterranea, e in particolare Francia (29%), Spagna (26%) e Italia (16%). Essi generano ogni anno una volume di rimesse di 6,5 miliardi di euro, contribuendo notevolmente all’economia marocchina. La gestione dell’immigrazione verso l’Europa è stata negli ultimi anni spesso al centro di polemiche soprattutto con la Spagna a causa della rigida politica del governo di Madrid verso gli stranieri che tentano di entrare in territorio spagnolo. ECONOMIA 1. QUADRO MACROECONOMICO Nonostante la crisi economica abbia compromesso notevolmente il budget statale – che quest’anno potrebbe registrare un deficit del 7,5% sul Pil – è difficile che il governo sia in grado di fare sostanziali cambi di rotta rispetto alla politica economica. Viste le tensioni latenti presenti nella società è ragionevole aspettarsi un alto livello di spesa pubblica e l’ulteriore procrastinamento nelle riduzioni di spesa soprattutto per i sussidi, causa principale del grave deficit di bilancio. Soprattutto a causa della debolezza economica dell’Europa, da cui l’economia marocchina è fortemente dipendente, si prevede una crescita economica modesta quest’anno (2,9%, in calo rispetto al 5% del 2011), anche se l’outlook del Fondo monetario internazionale per il medio termine (5 anni) vede la situazione in progressivo miglioramento, con tassi mediamente intorno al 5%. dovrebbe riverberarsi positivamente anche sul tasso di disoccupazione, che è previsto in lento calo. Crescita Pil reale % Tasso di disoccupazione % Ciò Questo esecutivo intanto sta proseguendo su alcune linee strategiche intraprese da alcuni anni dai governi precedenti. Innanzitutto è in corso un notevole consolidamento della copertura fiscale, che ha avuto buoni risultati riducendo sensibilmente la quota di economia informale (comunque ancora molto alta). Il governo ha iniziato anche una timida riduzione dei sussidi sul grano, diventati insostenibili a causa dell’aumento dei prezzi internazionali, anche se come detto in precedenza ulteriori sostanziali tagli sono da escludere nel breve periodo. Infine è stata intrapresa Fonte: Fondo Monetario Internazionale una politica di diversificazione energetica per ridurre la spesa in idrocarburi, capitolo molto pesante nel bilancio statale. A questo proposito sono stati Fonte e previsioni: Fondo Monetario Internazionale messi in campo progetti sulle energie rinnovabili (si veda Approfondimento 2) e soprattutto l’esplorazione di aree ritenute potenzialmente ricche di petrolio e gas. Grazie alla ripresa economica a partire dal 2013 e alle misure di consolidamento intraprese dal governo, il Fmi si aspetta un consolidamento del bilancio pubblico, che nel 2017 dovrebbe tornare a livelli accettabili, intorno al 2%. Grazie a livelli inflattivi previsti piuttosto bassi, la Banca centrale ha ridotto a marzo il tasso di interesse di riferimento di 25 punti base, al 3%. Anche i tassi di interesse dei depositi sono stati abbassati dal 6% al 4%, come ulteriore stimolo alla ripresa economica. Nel frattempo l’accordo raggiunto con il Fondo monetario internazionale per una linea di credito precauzionale di 24 mesi da 6,2 miliardi di dollari dovrebbe tenere bassi i tassi sui bond, sotto pressione in seguito alle tensioni sui mercati finanziari mondiali, e in particolare sui mercati europei. ECONOMIA 2. INTERSCAMBIO COMMERCIALE L’interscambio commerciale marocchino ha visto un progressivo deterioramento in concomitanza con la crisi economica europea. L’Europa, infatti, è la destinazione di circa il 60% delle esportazioni marocchine, con Francia e Spagna che da sole costituiscono un terzo del totale. Il settore agricolo e il settore minerario hanno un peso notevole sulle esportazioni marocchine. Soprattutto i fosfati, di cui il Marocco è il primo esportatore al mondo, costituiscono un settore strategico dell’economia del paese. Oltre al settore primario, alcuni settori manifatturieri come il tessile e i componenti industriali hanno acquisito rilevanza tra le esportazioni marocchine, grazie alle politiche di stimolo agli investimenti (industrial zone e incentivi fiscali) e gli accordi di libero scambio conclusi nel primo decennio degli anni Duemila. Nel 2007 è entrato a regime l’accordo di libero scambio tra Marocco e Stati Uniti, l’unico accordo di questo tipo tra Washington e un paese africano. Già dal 2000 è invece in vigore l’Accordo di associazione con l’Unione europea, all’interno del quale sono stati firmati alcuni accordi di libero scambio inerenti soprattutto all’agricoltura, prodotti industriali e pesca. In crescita sono anche le relazioni commerciali con grandi paesi emergenti come India e Brasile, sui quali si sta dirottando una parte dell’export marocchino col prolungarsi della crisi in Europa. Le importazioni del Marocco sono costituite soprattutto da idrocarburi e beni di consumo. L’Europa è di gran lunga il primo esportatore verso il Marocco, con il 50,2% del totale, mentre la Cina si attesta al secondo posto a grande distanza con l’8%. L’interscambio con l’Italia nel 2011 è stato consistente, e fortemente a favore dell’Italia (secondo l’Istat 1,4 miliardi di esportazioni italiane verso il Marocco a fronte di 615 milioni di importazioni). L’alto prezzo degli idrocarburi che ha caratterizzato gli ultimi due anni hanno pesato sulla bilancia commerciale marocchina che è passata da un negativo di 15 miliardi di dollari nel 2010, a circa – 21 miliardi nel 2012. Bilancia commerciale (miliardi $) Fonte: Fondo Monetario Internazionale Destinazione delle esportazioni Origine delle importazioni Fonte: Eurostat ECONOMIA 3. GLI INVESTIMENTI IN MAROCCO Il 2011 è stato per il Marocco un anno particolarmente positivo dal punto di vista Investimenti diretti esteri (miliardi di dollari) dell’attrazione di investimenti diretti esteri (Ide). Se infatti l’instabilità della Primavera araba ha portato in molti stati dell’area a una fuga di capitali, in Marocco la stabilità della monarchia ha contribuito a trasformare il paese in una metarifugio per gli investitori internazionali interessati all’area Mena. A contribuire a questo successo sono intervenuti anche altri fattori. Nel 2007 è stata infatti approvata una riforma della legge sugli investimenti esteri mirata a semplificare le procedure e a garantire incentivi fiscali al fine di rendere l’economia marocchina più competitiva sul fronte dell’attrazione di risorse finanziarie. La legge è stata un successo e il 2007 è stato infatti un anno record per gli investimenti in Marocco. Alle modifiche legislative si sono inoltre aggiunti cospicui investimenti sulle Fonte: World Bank infrastrutture, e soprattutto sui trasporti. “FdiIntelligence”, sito del Financial Times dedicato alle politiche di investimento, ha conferito quest’anno al Marocco il premio “African Country of the Future 2011/2012” proprio per la grande capacità del paese nell’attrazione di investimenti esteri, seconda nel continente solo a quella del Sud Africa. Resta comunque da notare il fatto che a livello mondiale il Marocco si attesti solo a metà classifica del Doing Business Index della Banca mondiale, al 97° posto su un totale di 185 paesi. A partire dal primo decennio del Duemila il governo ha anche favorito la creazione di alcune zone Andamento della borsa marocchina 2011-2012 (indice MASI) industriali speciali, al fine di istituire poli di eccellenza per l’industria marocchina. L’Europa è stabilmente al primo posto fra le fonti di Ide diretti al Marocco con circa il 73% del totale (14,6 miliardi di euro nel 2010). Tra i paesi europei spiccano soprattutto i due paesi geograficamente e storicamente più vicini al regno marocchino, Francia e Spagna. Da registrare una certa crescita della presenza dei paesi arabi, e soprattutto delle monarchie petrolifere del Golfo, che al momento coprono il 19,3%. Anche per quanto riguarda gli investimenti Fonte: tradingeconomics.com borsistici il Marocco ha fatto registrare in questi anni alcune buone prestazioni. Nonostante i flussi siano rallentati a causa della crisi europea, la Casablanca Stock Exchange (Cse – la borsa marocchina) ha mostrato un trend di crescita stabile, con i picchi di 10 nuove offerte pubbliche iniziali (Opi) nel 2006 e nel 2007. Con la crisi economica le Opi sono calate drasticamente, anche se in generale hanno tenuto, grazie anche agli incentivi fiscali offerti dal governo marocchino. Quest’ultimo vorrebbe fare di Casablanca un hub finanziario per la regione, anche approfittando della debolezza dei sistemi finanziari della maggior parte dei vicini africani. La performance dello scorso anno fiscale (conclusasi a ottobre del 2011) è stata però inficiata dalla crisi europea, che ha comportato una perdita complessiva per il principale indice della borsa marocchina (Morocco All-Share Index - Masi) di oltre dieci punti. ECONOMIA 4. LE PRINCIPALI COMPONENTI DEL PIL MAROCCHINO Lo sviluppo dell’economia marocchina presenta tuttora alcune zone d’ombra rispetto ad altri paesi nordafricani. A differenza di paesi come l’Egitto e, soprattutto, la Tunisia, che nel decennio passato hanno saputo dare una decisa accelerazione rispetto a un assetto tradizionale prevalentemente agricolo, il Marocco ha ancora nell’agricoltura un settore dominante dell’economia, mentre stentano a decollare i servizi e il settore manifatturiero. Come si evince dal grafico, la trasformazione dell’economia e soprattutto il trasferimento dal settore agricolo al settore manifatturiero (nel grafico in “industria” è compreso anche il settore estrattivo che soprattutto per i fosfati si è molto sviluppato in Marocco) sono stati molto più limitati rispetto ad altri paesi della regione. L’agricoltura impiega tuttora circa il 40% della forza lavoro del paese, e rappresenta ancora il 14% del Pil nazionale (è poco più del 7% in Tunisia e Algeria). Il Marocco è uno dei pochi paesi nordafricani le cui condizioni geografiche rendono possibile l’autosufficienza alimentare. Questo permette l’esportazione di alcuni prodotti agricoli verso il mercato europeo, compresi settori agricoli più avanzati come quello vinicolo. Il livello tecnologico è però ancora piuttosto basso e questo porta il settore ad occupare ancora molta forza lavoro. Il settore manifatturiero – 14.4% del Pil – è invece un settore nel quale il governo ha cercato di stimolare maggiormente gli investimenti, soprattutto gli Ide stranieri. Gli interventi non sono però stati particolarmente incisivi come nel caso di Egitto e Tunisia, dove sono stati realizzati enormi interventi infrastrutturali e vere e proprie città costruite ex-novo per lo sviluppo di determinati settori manifatturieri. Le zone industriali, pur presenti, hanno visto uno sviluppo più limitato e solo negli ultimi anni hanno ricevuto maggiore spinta nei piani del governo. La più recente e interessante è la zona industriale hi-tech “Mohammed VI”, fuori Casablanca, dedicata soprattutto a prodotti ad alto contenuto tecnologico e alla green economy. Il Marocco è diventato la sede di impianti di produzione all’estero di aziende occidentali, soprattutto specializzate in elettronica, aereonautica, e recentemente anche il settore dell’automobile (con l’apertura di uno stabilimento Renault). Esistono anche manifatture autoctone mirate al consumo interno e all’esportazione, come il tessile e l’industria alimentare, molte delle quali sono eredità del periodo coloniale. L’industria nel complesso invece costituisce quasi un terzo del Pil, anche se è dominata dal settore estrattivo, soprattutto legato ai fosfati. Il settore dei servizi, infine è molto sviluppato grazie anche all’importante industria turistica, che nel 2010 ha fatto registrare più di nove milioni di arrivi, e che nel Nord Africa è seconda solo a quella egiziana (oltre 14 milioni di arrivi). Infine da registrare come voce importante del Pil nazionale c’è quella delle rimesse dei milioni di emigrati marocchini in tutto il mondo. Essi si concentrano soprattutto nell’Europa mediterranea (Francia, Spagna e Italia) e ogni anno fanno affluire nel paese circa 6,5 miliardi di euro. Distribuzione del Pil nel 1970 Distribuzione del Pil nel 2010 Fonte: UNCTADstat ECONOMIA 5.LO SVILUPPO DEI TRASPORTI A partire dal 2003 il Marocco ha intrapreso un intensivo programma di sviluppo infrastrutturale del settore dei trasporti con investimenti per oltre 10 miliardi di dollari. Il piano è stato fin dall’inizio diviso in due tranche temporali: la prima, dal 2003 al 2007 mirava alla realizzazione di grandi progetti infrastrutturali dalle autostrade ai porti; la seconda, dal 2008 al 2012, è invece stata finalizzata a creare le condizioni normative e logistiche per collegare e approfondire l’impatto di tali infrastrutture sul territorio marocchino e il suo tessuto produttivo. - - - - - Per quanto riguarda la rete stradale, una delle più sviluppate nel continente africano (60 mila km di strade distribuiti su tutto il territorio), il piano prevede l’allargamento della copertura che nel 2015 dovrebbe arrivare a 1800 km di autostrade, mentre già da quest’anno è garantito il collegamento stradale nell’80% delle aree rurali del paese. Nei prossimi mesi sarà inoltre inaugurato il Passante mediterraneo, una rete stradale e autostradale di oltre 500 kilometri in grado di collegare efficientemente la costa marocchina del Mediterraneo, in modo da renderla meglio agibile per lo sviluppo del settore turistico. Il sistema ferroviario, già piuttosto sviluppato, ha visto ulteriori investimenti nel periodo 2005-2009 di 1,5 miliardi di dollari, mentre sono previsti ulteriori 3 miliardi per il periodo 2010-2015. Entro il 2015 è previsto il completamento della prima linea ad alta velocità (Casablanca-Tangeri via Rabat) che per il 2035 dovrebbe fare parte di una linea complessiva ad alta velocità di 1500 kilometri. Per quanto riguarda il sistema portuale marocchino, il primo decennio degli anni Duemila ha visto l’inaugurazione del Tangeri Med, un’enorme infrastruttura mirata all’incremento dell’export verso le mete mediterranee, e soprattutto sud europee. Il programma di investimenti in questo settore ha compreso anche l’apertura di un terzo terminal per i container per il porto di Casablanca, attualmente ancora il maggiore del paese con il Tangeri Med (si veda Approfondimento 1). Il sistema dell’aviazione civile ha subito un repentino sviluppo in seguito alla firma nel 2006 del “free skies agreement” tra Marocco e Unione europea. Tale accordo ha reso possibile i collegamenti con l’Europa anche attraverso le linee low-cost, portando in pochi anni a una crescita esponenziale degli arrivi nel paese. Se nel 2003 gli arrivi annuali negli aeroporti nazionali si attestavano a circa 5,6 milioni, nel 2010 la cifra era pressoché triplicata a 15 milioni. L’Autorità aeroportuale marocchina, l’ente adibito al mantenimento e all’ampliamento del sistema aeroportuale del paese, ha inoltre in programma un investimento complessivo di quasi un miliardo di dollari per l’ampliamento e la modernizzazione dei 15 aeroporti nazionali. In particolare l’aeroporto di Marrakesh è destinato a diventare uno dei primissimi “aeroporti verdi” del mondo, alimentato per il 90% del suo fabbisogno energetico attraverso l’energia prodotta dalla wind farm di Essaouira. Infine il settore della logistica è in piena espansione dopo l’approvazione della “Strategia nazionale per lo sviluppo della competitività logistica 2010-2015”. Essa è finalizzata alla creazione di 70 aree logistiche in tutto il paese che permettano di abbattere sensibilmente i costi di trasporto e immagazzinamento dei prodotti in modo da aumentarne la competitività. L’aeroporto di Marrakech APPROFONDIMENTI 1. IL TANGERI-MED Il Tangeri-Med, situato a 22 km a Est di Tangeri nella località Oued Rmel, è uno dei principali porti del Mediterraneo e uno dei più grandi dell’Africa. Esso si trova sul lato europeo dello Stretto di Gibilterra, a circa 15 km dalla Spagna. Tale posizione strategica lo rende altamente competitivo come hub di smistamento commerciale e le autorità marocchine puntano a farlo diventare il più grande porto africano nel 2013. Esso è organico alla strategia export-oriented, intrapresa dai governi marocchini degli ultimi anni, che mira a rendere il paese più competitivo nei mercati internazionali sfruttando le possibilità date soprattutto dallo stretto rapporto con la Ue e dalla posizione strategica del paese. Completato tra il 2003 e il 2007, il porto è circondato da un’area franca per attività industriali e logistiche (Medhub), collegata dal 2008 con la rete ferroviaria e autostradale. Nel 2009 è stato completato il terminal idrocarburi mentre nel 2011 è stato ultimato il terminal per i veicoli. Il Tangeri Med è divenuto una piattaforma logistica per vari porti europei come Barcellona o Marsiglia, ai quali può giungere una commessa partita dal nord del Marocco entro 24 ore, secondo la tecnica del “just in time”. Essendo sullo Stretto di Gibilterra, una delle vie marittime più trafficate al mondo (100 mila imbarcazioni l’anno), il Tangeri Med ha come principale attività il trasbordo dei carichi di container. Il porto ha due terminal per container, con una capacità complessiva di 3,5 milioni di Teu. La gestione del porto fa capo alla Tanger Med Port Authority, un consorzio privato avente mandato dello stato, che ha realizzato un attivo di 166 milioni di dirham nel 2008, primo anno di piena attività. Dal 2009 è in costruzione l’estensione del porto, il cosiddetto “Tangeri Med II”, che dovrebbe raggiungere il completamento nel 2015, anno in cui sarà in grado di gestire 8 milioni di container, 7 milioni di passeggeri, 700 mila tir, 10 milioni di tonnellate di idrocarburi e 2 milioni di veicoli. Un molo di scarico container del Tangeri Med APPROFONDIMENTI 2. LE ENERGIE RINNOVABILI Da alcuni anni il governo marocchino ha cercato strategie che gli permettessero di ovviare al problema dell’approvvigionamento energetico del paese. Non avendo consistenti risorse di idrocarburi, infatti, il Marocco dipende fortemente dalle importazioni, in particolare dal Golfo. Ciò incide pesantemente sulla bilancia commerciale del paese, la quale con i picchi dei prezzi dell’energia degli ultimi anni ha toccato forti deficit. Nel 2008 il Marocco ha quindi lanciato il “Piano per l’efficienza energetica e l’energia rinnovabile”, che punta a stimolare la produzione domestica di energia attraverso fonti alternative in grado di generare il 15% del fabbisogno energetico del paese, nonché circa 40 mila posti di lavoro. Contemporaneamente il “Piano nazionale per l’energia solare e termale”, lanciato nel 2001, punta alla costruzione di 440.000 piccoli impianti di riscaldamento dell’acqua attraverso l’energia solare, di cui alla fine del 2012 circa 235 mila sono stati realizzati. Attraverso tali progetti il regno marocchino punta a supplire circa il 40% delle proprie esigenze energetiche attraverso l’uso dell’energia rinnovabile. Nel 2012 è stata inoltre inaugurata la zona industriale “Mohammed VI”, fuori Casablanca, che ha l’ambizione di diventare un polo d’eccellenza nel campo dell’hi tech e soprattutto della green economy. L’obiettivo è l’attrazione di tecnologie e capitali stranieri per consolidare le basi del settore delle energie alternative nel paese. Oltre all’energia solare, il paese è attivo anche nello sviluppo di quella eolica, con alcune wind farm sparse su tutto il territorio marocchino, di cui la più grande nei pressi di Tangeri. Le quantità energetiche prodotte sono però ancora modeste. Infine il Marocco è inserito nel piano euro-mediterraneo “Desertek”, un enorme progetto (stimato in 400 miliardi di euro) finalizzato alla creazione di un rete energetica solare che dal nord Africa dovrebbe poter esportare verso l’Europa grandi quantità di energia. Il progetto, che in Marocco è comunque ad uno stato più avanzato rispetto ad altri paesi coinvolti come l’Egitto o la Tunisia, è però ancora da considerarsi, se non utopico, ancora lontano dalla realizzazione. Wind farm di Tangeri