Il Marocco nel nuovo Nord Africa Riforme politiche e prospettive

MED AND GULF EXECUTIVE
BRIEFING
Il Marocco nel nuovo Nord Africa
Riforme politiche e prospettive
economiche
Palazzo Clerici, 13 dicembre 2012
Dossier a cura del Programma Mediterraneo dell’ISPI
L’incontro è realizzato nell’ambito del progetto promosso da
IL MAROCCO NEL NUOVO NORD AFRICA. RIFORME
POLITICHE E PROSPETTIVE ECONOMICHE
INDICE DEL DOSSIER
Politica
1.
Quadro politico
2.
Le forze politiche
3.
Le relazioni con il Ccg
4.
La questione sahraui, le relazioni e con l’Algeria e il rischio terrorismo
5.
I rapporti con l’Europa
Economia
1.
Quadro macroeconomico
2.
Interscambio commerciale
3.
Gli investimenti in Marocco
4.
Le principali componenti del Pil marocchino
5.
Lo sviluppo dei trasporti
Approfondimenti
1.
Il Tangeri-Med
2.
Le energie rinnovabili
POLITICA
1. QUADRO POLITICO
All’interno del quadro nordafricano sconvolto dalla Primavera araba, il Marocco si presenta come un
esempio di riformismo pacifico e ha finora mantenuto la stabilità interna.
All’inizio del 2011, con la deposizione dei dittatori di Egitto e Tunisia anche in Marocco si era assistito al
coagularsi di un movimento di protesta di massa che chiedeva riforme sia in ambito politico sia soprattutto
in campo economico. In particolare le istanze popolari nei confronti dell’esecutivo riguardavano nuovi
interventi per combattere i crescenti squilibri sociali,
Tabella 1 – Indici di apertura politica 2011
la corruzione dilagante e quella disoccupazione
giovanile endemica che sono stati le cause principali
Ranking
Status
dello scoppio delle rivolte negli altri paesi.
3
Diversamente da Ben Ali e Mubarak, re Muhammad Diritti Politici (1-7)
VI ha rinunciato allo strumento della repressione e si è
Parzialmente
mostrato incline alle richieste dei manifestanti. Il re Libertà Civili (1-7)
libero
4
ha potuto fare leva sulla grande considerazione di cui
Libertà di stampa (0-100)
85
la monarchia gode fra la popolazione che, pur
chiedendo riforme strutturali dello stato, non ha mai Qualità della Governance 2010
messo in dubbio la legittimità del sovrano. Già a
marzo 2011 il monarca ha annunciato la creazione di Corruzione percepita (10-0)
3.8
una Commissione deputata alla revisione della carta
costituzionale. A metà giugno la nuova Costituzione Fonte: Freedom House; Transparency International
riformata era già pronta per essere sottoposta a
referendum. Quest’ultimo, svoltosi il 1° luglio, ha visto l’approvazione delle modifiche costituzionali con il
98% di voti favorevoli.
Secondo molti osservatori, però, tali riforme rimangono per lo più “cosmetiche” e non intaccano le
prerogative del re, che rimane “l’arbitro supremo” tra le forze politiche e gli vengono riconosciute tre aree di
competenza esclusiva: religione, sicurezza e “scelte politiche strategiche”. La definizione di quest’ultima
area è stata volutamente tenuta vaga per lasciare un ampio spazio di manovra al sovrano. Inoltre, il re
mantiene il potere di nominare il capo del governo che, secondo le nuove disposizioni, deve essere il leader
del partito di maggioranza relativa (viene meno la discrezionalità del passato).
Le riforme riguardano inoltre la magistratura, la cui indipendenza viene meglio garantita, e il
riconoscimento di alcune libertà fondamentali, quali quello di presentare petizioni parlamentari e proposte
di legge da parte della società civile, nonché i diritti di stampa e di espressione.
Le elezioni anticipate del 25 novembre 2011 hanno però mostrato le prime ombre di quella che, fino a quel
momento, era sembrata un’operazione di riforme dall’alto riuscita. L’affluenza alle urne è stata infatti molto
scarsa, ufficialmente il 40% ma probabilmente anche inferiore, a dimostrazione di uno scarso entusiasmo
della popolazione di fronte agli esigui progressi del processo riformatore. Le elezioni di novembre hanno
portato alla vittoria del partito islamista moderato Giustizia e Sviluppo (Pgs), a discapito dei partiti
tradizionalmente legati alla monarchia. Il principale fattore che ha portato alla vittoria del Pgs è stata la
reiterata promessa da parte dei suoi leader di combattere la corruzione della pubblica amministrazione,
problema molto sentito dai marocchini.
A circa un anno dalla sua elezione, l’esperimento di governo da parte degli islamisti moderati è però
generalmente giudicato deludente dalla popolazione. Il loro governo, oltre ad apparire poco indipendente a
causa dell’ancora forte influenza del sovrano, non ha saputo trovare risposte convincenti ai gravi problemi
socio-economici del paese, la cui popolazione è in grave difficoltà a causa della crisi economica e
dell’altissima disoccupazione. Ciò ha comportato il risorgere di movimenti di protesta che, sebbene
ancora sporadici, potrebbero intensificarsi in caso di peggioramento ulteriore della situazione socioeconomica.
POLITICA
2. LE FORZE POLITICHE
A partire dagli anni Novanta il sistema politico marocchino ha subito notevoli aperture. Nonostante il
monarca sia rimasto un arbitro della scena politica e goda di ampi poteri, il sistema parlamentare ha visto
negli ultimi vent’anni la fioritura di numerosi partiti e movimenti che si sono contesi la maggioranza in
parlamento. Con la riforma costituzionale del 2011 la carica di primo ministro, fino a quel momento di
nomina regia, spetta al leader del partito vincitore delle elezioni. Nel 1997 si tennero le prime elezioni
democratiche della storia del paese che videro la vittoria
di una coalizione di centro-sinistra. Nelle elezioni del Il Parlamento marocchino dopo le elezioni del
2002 e del 2007 il numero dei partiti aumentò 2011 (seggi: 395)
ulteriormente, e i risultati premiarono in entrambe queste
occasioni il partito conservatore Istiqlal (Indipendenza),
vicino alla famiglia reale. Le elezioni anticipate del 2011,
volute dal re come momento culmine del processo di
revisione costituzionale da lui iniziato a marzo dello
stesso anno sull’onda della Primavera araba, hanno invece
visto per la prima volta la vittoria del partito islamista
moderato (ispirato in parte alla Fratellanza musulmana)
Giustizia e Sviluppo. Con la riforma costituzionale è stata
introdotta anche una nuova legge elettorale la quale,
come le precedenti, è strutturata in un sistema misto – 305
seggi destinati a liste circoscrizionali e 90 a liste nazionali
– modulato in modo da rendere arduo per i vincitori
aggiudicarsi una forte maggioranza in parlamento. Il
partito Giustizia e Sviluppo ha dovuto infatti allearsi con
altri 5 partiti per formare l’esecutivo e ottenere la
maggioranza parlamentare necessaria. I partiti più
importanti all’interno dell’attuale parlamento sono:
•
Partito Giustizia e Sviluppo: Fondato da Abdelkrim el-Khatib, membro poi espulso del Movimento
popolare degli anni Sessanta, il partito assume l’attuale nome nel 1998, con l’incoraggiamento
dell’allora ministro degli Interni Idriss Basri. Dal 2008 è guidato da Abdelilah Benkirane, ora primo
ministro. Il partito, di ispirazione islamista moderata, centra la maggior parte del proprio discorso
politico sui temi della lotta alla corruzione e dell’equità sociale. Attraverso tali temi il Pgs si è posto
come una forza maggiormente critica verso lo status quo rispetto ai partiti più tradizionali come
Istiqlal, pur senza mai mettere in dubbio ufficialmente la legittimazione della casa reale.
•
Partito Istiqlal (Indipendenza): è un partito monarchico-conservatore formato negli anni Quaranta,
in contrasto con il governo coloniale francese. Ha vedute fortemente nazionaliste ed è considerato il
partito più vicino alla casa regnante. Il suo leader, el-Fassi, è stato primo ministro dal 2007 al 2011.
Dopo aver conseguito il secondo posto nelle elezioni del 2011, la sua leadership è stata sostituita con
quella di Hamid Chabat a settembre 2012. Il partito è ora parte della coalizione dell’esecutivo.
•
Unione nazionale degli indipendenti: fondato nel 1978, con ispirazione liberale, è considerato la
sponda politica della borghesia marocchina. Guidato dal fondatore Ahmed Osman dalla fondazione
al 2007, il partito è ora guidato da Mustafa al-Mansuri, il quale è entrato nell’alleanza di governo
dopo le elezioni del 2011.
POLITICA
3. LE RELAZIONI CON IL GCC
Nel quadro delle trasformazioni innescate dalla Primavera araba si inserisce la proposta del Consiglio
di cooperazione del Golfo (Gcc secondo l’acronimo inglese, comprendente Arabia Saudita, Bahrein,
Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman e Qatar) di ampliare l’organizzazione a Giordania e Marocco, le
altre due monarchie arabe. La proposta, su impulso saudita, è stata presentata nel summit di maggio
2011 con l’obiettivo di evitare che l’ondata di rivolte e proteste potesse minare la stabilità dell’area,
creando così una sorta di “club” delle monarchie caratterizzato da fitti rapporti politici, economici e
militari volto al mantenimento dello status quo. Il timore, infatti, era che un eventuale cambio di
regime in una di esse avrebbe potuto provocare un possibile effetto contagio e investire le monarchie
petrolifere, fino a quel momento solo marginalmente toccate – Bahrein a parte – dai moti di protesta.
Mentre la proposta è stata accolta con interesse dalla Giordania – paese geograficamente e
finanziariamente vicino all’Arabia Saudita e alle prese con una gravissima crisi economica – minore
entusiasmo ha suscitato in Marocco, economicamente e geograficamente più vicino all’Europa. Tra
l’altro, re Mohammed VI ha intrapreso un percorso di riforme dall’alto che, pur non andando a
intaccare le prerogative più importanti del sovrano, non si concilia con la linea della pura conservazione
portata avanti dai membri del Gcc. Ciò non ha comunque impedito l’istituzione, a dicembre 2011, di un
fondo da 5 miliardi di dollari (2,5 miliardi per ogni paese) da parte del Gcc da destinare a progetti di
cooperazione economica e sviluppo in Marocco e Giordania.
Da un punto di vista economico, il Marocco avrebbe importanti vantaggi da legami più solidi e
strutturati con le ricche monarchie del Golfo, soprattutto in considerazione delle ricadute negative sulla
sua economia della crisi dei debiti sovrani in Europa.
A novembre 2012 il re ha intrapreso un viaggio attraverso il Golfo allo scopo proprio di discutere nuovi
accordi economici. In concomitanza con la visita del re marocchino, i leader del Gcc hanno accettato di
firmare un piano di assistenza finanziaria al Marocco che prevede aiuti finanziari per un totale di 5
miliardi di dollari nel quadriennio 2012-2016, raddoppiando quindi l’impegno finanziario preso un anno
prima.
Tale accordo potrebbe essere considerato come la prima pietra di una collaborazione economica
destinata a svilupparsi nel medio e lungo termine con l’inclusione del Marocco nel Gcc. L’interscambio
marocchino sia commerciale sia finanziario con il Golfo è infatti ancora piuttosto scarso. In particolare,
la quota di investimenti provenienti dalle monarchie petrolifere rimane al di sotto del 10%; con il 4%
del totale, gli Emirati Arabi Uniti si attestano al terzo posto come fonte di Ide, largamente alle spalle
della Francia – 58% - e della Spagna – 12% - che tuttora dominano gli investimenti nell’economia
marocchina. È però da sottolineare la rapida crescita degli investimenti provenienti da Eau, Arabia
saudita e Kuwait che sono passati dal 5,8% del 2006 al 9% del 2010.
Per quanto riguarda il commercio, il principale rapporto che si registra è quello delle importazioni
petrolifere dall’Arabia saudita, il maggior partner commerciale del Marocco tra le monarchie del Golfo
e che si attesta al 6,9% del totale dell’interscambio commerciale marocchino. Dal punto di vista
dell’export, invece, i rapporti fra Rabat e le monarchie del Golfo permangono scarsi, con un 1% sul
totale delle esportazioni diretto verso il Gcc.
POLITICA
4. LA QUESTIONE SAHRAUI, LE RELAZIONI CON L’ALGERIA E IL
RISCHIO TERRORISMO
Il confine meridionale del Marocco è da quasi quarant’anni al centro di forti diatribe territoriali che vedono
la popolazione sahraui opporsi al governo marocchino. Quando nel 1975 la Spagna si ritirò dall’allora
“Sahara spagnolo” lasciò questo territorio da spartire tra Mauritania e Marocco (la zona si trova infatti a
metà tra i due paesi). In quell’anno la popolazione autoctona Il Sahara Occidentale conteso fra fronte
organizzò un movimento, il cosiddetto movimento Polisario Polisario e regno del Marocco
(acronimo di Frente Popular de Liberación de Saguía el
Hamra y Río de Oro), avente l’obiettivo di impedire la
spartizione del territorio abitato dalla popolazione sahraui
(dall’arabo sahrawy – “del deserto”) e farne riconoscere
l’indipendenza. Dopo anni di scontri gli indipendentisti
prevalsero nel 1979 sulla Mauritania, in preda alle difficoltà
socio-economiche e a un colpo di stato che ne aveva
sconquassato i ranghi militari l’anno precedente. Il Fronte
Polisario ne approfittò dichiarando la fondazione della
Repubblica Araba Democratica Sahraui. La reazione
marocchina fu però molto dura: l’esercito invase i due terzi
settentrionali della neonata repubblica e ne fortificò le zone
più economicamente rilevanti. I decenni seguenti furono
caratterizzati da uno stato di continua tensione intervallato da
veri e propri scontri militari e attacchi di guerriglia del Fronte
Fonte: African Commission on Human
Polisario, senza che nessuna delle due parti fosse in grado di
and Peoples Rights
prevalere in modo definitivo. L’Unione africana (Ua) ha
ufficialmente riconosciuto la repubblica sahraui (causando l’uscita del Marocco dall’organizzazione), mentre
la Lega araba sostiene le rivendicazioni marocchine. La maggior parte delle nazioni, così come l’Onu, ha
però congelato la loro opposizione in attesa del referendum fra la popolazione della zona contesa che
dovrebbe avvenire sotto egida delle Nazioni Unite ma che viene da decenni procrastinato sine die.
L’Algeria, pur non avendo formalmente alcuna pretesa territoriale nella vicenda, si è schierata fin dall’inizio
a fianco delle rivendicazioni del Fronte Polisario, determinando in questo modo il forte deterioramento dei
rapporti con il Marocco. Essi si sono protratti fino ad oggi (l’Algeria ospita anche le migliaia di profughi
sahraui fuggiti durante il conflitto) tra momenti di tensione e tentativi di riavvicinamento. Il ruolo
dell’Algeria è stato però finora fondamentale nel mediare tra le parti in causa, portando a un parziale
rilassamento delle tensioni e determinando uno stato di tregua armata che si protrae da anni. Nonostante un
parziale miglioramento delle relazioni a partire dalla fine degli anni Ottanta (Bouteflika accettò l’invito a
recarsi ai funerali di re Hassan II nel 1998), la questione sahraui costituisce tuttora un impedimento a una
normalizzazione delle relazioni bilaterali e alla riapertura della frontiera tra i due paesi nordafricani chiusa
dal 1994.
Il confine sud-orientale è problematico per Rabat anche a causa delle infiltrazioni terroristiche. Aqim (alQaeda nel Maghreb islamico) e i gruppi che ad essa fanno riferimento si rifugiano ormai dall’inizio degli
anni Duemila soprattutto nel territorio desertico a cavallo fra Mali, Algeria e Libia. Lo sconfinamento in
territorio marocchino è avvenuto in più occasioni e negli anni numerose cellule di al-Qaeda sono state
scoperte ed eliminate all’interno del paese. Questo non ha impedito il verificarsi di alcuni attentati dal
Duemila a oggi, di cui l’ultimo avvenuto il 14 aprile 2012 ha colpito un noto locale turistico nel centro di
Marrakech. Il governo marocchino, infatti, a causa dei suoi profondi legami con l’Occidente e la sua
moderazione religiosa, è considerato un bersaglio dal terrorismo di stampo qaedista.
POLITICA
5. I RAPPORTI CON L’ EUROPA
La politica estera marocchina è sempre stata molto orientata più all’esterno che all’interno del
continente africano, e in particolare verso l’Europa. In particolare, Francia e Spagna sono, per motivi
storici e geografici, gli stati che hanno avuto finora maggiore influenza negli affari marocchini anche
dopo la fine dell’epoca coloniale. Essi sono i due maggiori partner commerciali e fonti di Ide del
Marocco, e questo nonostante Rabat e Madrid siano ufficialmente contrapposte sulla questione di Ceuta
e Melilla, le due enclave che la Spagna ancora detiene sul territorio marocchino e che Rabat vorrebbe
indietro.
Al di là di Francia e Spagna, l’Europa nel suo complesso rappresenta il 53% del commercio estero
marocchino. Tale notevole risultato è stato reso possibile soprattutto dai forti legami diplomatici
intessuti con Bruxelles negli ultimi decenni. Nel 1996 il Marocco ha firmato con l’Unione europea (Ue)
un Accordo di associazione, nella cornice del Partnenariato euro-mediterraneo, entrato poi in vigore
nel 2000. Il Marocco è inoltre al momento il primo beneficiario dei fondi europei nell’ambito della
Politica di vicinato, che ha allocato al paese dal 2007 circa 1,5 miliardi di euro su un totale di quasi 12
miliardi.
Nel 2008 il Marocco è stato il primo partner mediterraneo, e finora l’unico, a vedersi accordato lo
statuto avanzato nelle relazioni con la Ue. Ciò comporta tanto un rafforzamento del dialogo politico,
della cooperazione in ambito economico, sociale, di sicurezza e giudiziario e in materia di agricoltura,
trasporto, energia e ambiente, che la progressiva integrazione del paese nel mercato comune con la
conseguente convergenza legislativa e regolamentare. Nel quadro dell’implementazione dello statuto
avanzato a gennaio 2012 il Parlamento europeo ha approvato un protocollo che autorizza la
partecipazione del Marocco ai programmi europei. In particolare si tratta di dogana, energia, business
climate, protezione dei consumatori, gestione del traffico aereo, ricerca scientifica e sanità, politica delle
tecnologie e dell’informazione.
Il 29 novembre 2012 la Ue ha annunciato l’intenzione di iniziare le negoziazioni per istituire una area
libero scambio “deep and comprehensive” con il Marocco. Essa andrebbe a migliorare il presente
Accordo di associazione e l’accordo di libero scambio ad esso legato attraverso ulteriori aperture nei
flussi sia commerciali sia finanziari, e una maggiore collaborazione sulla politica economica. Il
Marocco sarebbe il primo paese del Mediterraneo meridionale a prendere parte ad una collaborazione
del genere con la Ue. Nelle intenzioni del Comitato europeo per la politica commerciale (nominato
dal consiglio dei ministri economici dell’Unione) al Marocco dovrebbero seguire successivamente
Tunisia, Egitto e Giordania, i quali però si trovano più indietro nel processo di integrazione
commerciale con l’Unione europea.
Parallelamente a quello con la Ue, Rabat ha anche firmato un accordo di libero scambio con l’Efta
(European Free Trade Association) – che comprende Liechtenstein, Islanda, Norvegia e Svizzera – e
con la Turchia.
Particolarmente sentita nei rapporti con la Ue è la questione legata all’immigrazione. Il Marocco è
infatti origine e via di passaggio di forti flussi migratori diretti verso le sponde europee, ed in particolare
la Spagna. In Europa si trovano quasi tre milioni di immigrati marocchini, distribuiti soprattutto
nell’Europa mediterranea, e in particolare Francia (29%), Spagna (26%) e Italia (16%). Essi generano
ogni anno una volume di rimesse di 6,5 miliardi di euro, contribuendo notevolmente all’economia
marocchina. La gestione dell’immigrazione verso l’Europa è stata negli ultimi anni spesso al centro di
polemiche soprattutto con la Spagna a causa della rigida politica del governo di Madrid verso gli
stranieri che tentano di entrare in territorio spagnolo.
ECONOMIA
1. QUADRO MACROECONOMICO
Nonostante la crisi economica abbia compromesso
notevolmente il budget statale – che quest’anno
potrebbe registrare un deficit del 7,5% sul Pil – è
difficile che il governo sia in grado di fare sostanziali
cambi di rotta rispetto alla politica economica. Viste
le tensioni latenti presenti nella società è ragionevole
aspettarsi un alto livello di spesa pubblica e
l’ulteriore procrastinamento nelle riduzioni di spesa
soprattutto per i sussidi, causa principale del grave
deficit di bilancio. Soprattutto a causa della debolezza
economica dell’Europa, da cui l’economia
marocchina è fortemente dipendente, si prevede una
crescita economica modesta quest’anno (2,9%, in
calo rispetto al 5% del 2011), anche se l’outlook del
Fondo monetario internazionale per il medio termine
(5 anni) vede la situazione in progressivo
miglioramento, con tassi mediamente intorno al 5%.
dovrebbe riverberarsi positivamente anche sul tasso
di disoccupazione, che è previsto in lento calo.
Crescita Pil reale %
Tasso di disoccupazione %
Ciò
Questo esecutivo intanto sta proseguendo su alcune
linee strategiche intraprese da alcuni anni dai governi
precedenti. Innanzitutto è in corso un notevole
consolidamento della copertura fiscale, che ha avuto
buoni risultati riducendo sensibilmente la quota di
economia informale (comunque ancora molto alta). Il
governo ha iniziato anche una timida riduzione dei
sussidi sul grano, diventati insostenibili a causa
dell’aumento dei prezzi internazionali, anche se come
detto in precedenza ulteriori sostanziali tagli sono da
escludere nel breve periodo. Infine è stata intrapresa Fonte: Fondo Monetario Internazionale
una politica di diversificazione energetica per
ridurre la spesa in idrocarburi, capitolo molto pesante
nel bilancio statale. A questo proposito sono stati Fonte e previsioni: Fondo Monetario Internazionale
messi in campo progetti sulle energie rinnovabili (si
veda Approfondimento 2) e soprattutto l’esplorazione di aree ritenute potenzialmente ricche di petrolio e
gas.
Grazie alla ripresa economica a partire dal 2013 e alle misure di consolidamento intraprese dal governo, il
Fmi si aspetta un consolidamento del bilancio pubblico, che nel 2017 dovrebbe tornare a livelli accettabili,
intorno al 2%.
Grazie a livelli inflattivi previsti piuttosto bassi, la Banca centrale ha ridotto a marzo il tasso di interesse di
riferimento di 25 punti base, al 3%. Anche i tassi di interesse dei depositi sono stati abbassati dal 6% al 4%,
come ulteriore stimolo alla ripresa economica. Nel frattempo l’accordo raggiunto con il Fondo monetario
internazionale per una linea di credito precauzionale di 24 mesi da 6,2 miliardi di dollari dovrebbe tenere
bassi i tassi sui bond, sotto pressione in seguito alle tensioni sui mercati finanziari mondiali, e in particolare
sui mercati europei.
ECONOMIA
2. INTERSCAMBIO COMMERCIALE
L’interscambio commerciale marocchino ha visto
un progressivo deterioramento in concomitanza con
la crisi economica europea. L’Europa, infatti, è la
destinazione di circa il 60% delle esportazioni
marocchine, con Francia e Spagna che da sole
costituiscono un terzo del totale.
Il settore agricolo e il settore minerario hanno un
peso notevole sulle esportazioni marocchine.
Soprattutto i fosfati, di cui il Marocco è il primo
esportatore al mondo, costituiscono un settore
strategico dell’economia del paese. Oltre al settore
primario, alcuni settori manifatturieri come il tessile
e i componenti industriali hanno acquisito rilevanza
tra le esportazioni marocchine, grazie alle politiche
di stimolo agli investimenti (industrial zone e
incentivi fiscali) e gli accordi di libero scambio
conclusi nel primo decennio degli anni Duemila. Nel
2007 è entrato a regime l’accordo di libero scambio
tra Marocco e Stati Uniti, l’unico accordo di questo
tipo tra Washington e un paese africano. Già dal
2000 è invece in vigore l’Accordo di associazione
con l’Unione europea, all’interno del quale sono stati
firmati alcuni accordi di libero scambio inerenti
soprattutto all’agricoltura, prodotti industriali e
pesca.
In crescita sono anche le relazioni commerciali con
grandi paesi emergenti come India e Brasile, sui
quali si sta dirottando una parte dell’export
marocchino col prolungarsi della crisi in Europa.
Le importazioni del Marocco sono costituite
soprattutto da idrocarburi e beni di consumo.
L’Europa è di gran lunga il primo esportatore verso
il Marocco, con il 50,2% del totale, mentre la Cina
si attesta al secondo posto a grande distanza con
l’8%. L’interscambio con l’Italia nel 2011 è stato
consistente, e fortemente a favore dell’Italia
(secondo l’Istat 1,4 miliardi di esportazioni italiane
verso il Marocco a fronte di 615 milioni di
importazioni).
L’alto prezzo degli idrocarburi che ha caratterizzato
gli ultimi due anni hanno pesato sulla bilancia
commerciale marocchina che è passata da un
negativo di 15 miliardi di dollari nel 2010, a circa –
21 miliardi nel 2012.
Bilancia commerciale (miliardi $)
Fonte: Fondo Monetario Internazionale
Destinazione delle esportazioni
Origine delle importazioni
Fonte: Eurostat
ECONOMIA
3. GLI INVESTIMENTI IN MAROCCO
Il 2011 è stato per il Marocco un anno
particolarmente positivo dal punto di vista Investimenti diretti esteri (miliardi di dollari)
dell’attrazione di investimenti diretti esteri (Ide).
Se infatti l’instabilità della Primavera araba ha
portato in molti stati dell’area a una fuga di capitali,
in Marocco la stabilità della monarchia ha
contribuito a trasformare il paese in una metarifugio per gli investitori internazionali interessati
all’area Mena. A contribuire a questo successo sono
intervenuti anche altri fattori. Nel 2007 è stata infatti
approvata una riforma della legge sugli investimenti
esteri mirata a semplificare le procedure e a garantire
incentivi fiscali al fine di rendere l’economia
marocchina più competitiva sul fronte dell’attrazione
di risorse finanziarie. La legge è stata un successo e
il 2007 è stato infatti un anno record per gli
investimenti in Marocco. Alle modifiche legislative
si sono inoltre aggiunti cospicui investimenti sulle Fonte: World Bank
infrastrutture, e soprattutto sui trasporti.
“FdiIntelligence”, sito del Financial Times dedicato alle politiche di investimento, ha conferito quest’anno al
Marocco il premio “African Country of the Future 2011/2012” proprio per la grande capacità del paese
nell’attrazione di investimenti esteri, seconda nel continente solo a quella del Sud Africa. Resta comunque da
notare il fatto che a livello mondiale il Marocco si attesti solo a metà classifica del Doing Business Index della
Banca mondiale, al 97° posto su un totale di 185 paesi. A partire dal primo decennio del Duemila il governo ha
anche favorito la creazione di alcune zone Andamento della borsa marocchina 2011-2012 (indice MASI)
industriali speciali, al fine di istituire poli di
eccellenza per l’industria marocchina.
L’Europa è stabilmente al primo posto fra
le fonti di Ide diretti al Marocco con circa il
73% del totale (14,6 miliardi di euro nel
2010). Tra i paesi europei spiccano
soprattutto i due paesi geograficamente e
storicamente più vicini al regno marocchino,
Francia e Spagna. Da registrare una certa
crescita della presenza dei paesi arabi, e
soprattutto delle monarchie petrolifere del
Golfo, che al momento coprono il 19,3%.
Anche per quanto riguarda gli investimenti Fonte: tradingeconomics.com
borsistici il Marocco ha fatto registrare in
questi anni alcune buone prestazioni. Nonostante i flussi siano rallentati a causa della crisi europea, la Casablanca
Stock Exchange (Cse – la borsa marocchina) ha mostrato un trend di crescita stabile, con i picchi di 10 nuove
offerte pubbliche iniziali (Opi) nel 2006 e nel 2007. Con la crisi economica le Opi sono calate drasticamente,
anche se in generale hanno tenuto, grazie anche agli incentivi fiscali offerti dal governo marocchino.
Quest’ultimo vorrebbe fare di Casablanca un hub finanziario per la regione, anche approfittando della debolezza
dei sistemi finanziari della maggior parte dei vicini africani. La performance dello scorso anno fiscale (conclusasi
a ottobre del 2011) è stata però inficiata dalla crisi europea, che ha comportato una perdita complessiva per il
principale indice della borsa marocchina (Morocco All-Share Index - Masi) di oltre dieci punti.
ECONOMIA
4. LE PRINCIPALI COMPONENTI DEL PIL MAROCCHINO
Lo sviluppo dell’economia marocchina presenta tuttora alcune zone d’ombra rispetto ad altri paesi
nordafricani. A differenza di paesi come l’Egitto e, soprattutto, la Tunisia, che nel decennio passato hanno
saputo dare una decisa accelerazione rispetto a un assetto tradizionale prevalentemente agricolo, il Marocco
ha ancora nell’agricoltura un settore dominante dell’economia, mentre stentano a decollare i servizi e il
settore manifatturiero. Come si evince dal grafico, la trasformazione dell’economia e soprattutto il
trasferimento dal settore agricolo al settore manifatturiero (nel grafico in “industria” è compreso anche il
settore estrattivo che soprattutto per i fosfati si è molto sviluppato in Marocco) sono stati molto più limitati
rispetto ad altri paesi della regione.
L’agricoltura impiega tuttora circa il 40% della forza lavoro del paese, e rappresenta ancora il 14% del Pil
nazionale (è poco più del 7% in Tunisia e Algeria). Il Marocco è uno dei pochi paesi nordafricani le cui
condizioni geografiche rendono possibile l’autosufficienza alimentare. Questo permette l’esportazione di
alcuni prodotti agricoli verso il mercato europeo, compresi settori agricoli più avanzati come quello vinicolo.
Il livello tecnologico è però ancora piuttosto basso e questo porta il settore ad occupare ancora molta forza
lavoro.
Il settore manifatturiero – 14.4% del Pil – è invece un settore nel quale il governo ha cercato di stimolare
maggiormente gli investimenti, soprattutto gli Ide stranieri. Gli interventi non sono però stati
particolarmente incisivi come nel caso di Egitto e Tunisia, dove sono stati realizzati enormi interventi
infrastrutturali e vere e proprie città costruite ex-novo per lo sviluppo di determinati settori manifatturieri. Le
zone industriali, pur presenti, hanno visto uno sviluppo più limitato e solo negli ultimi anni hanno ricevuto
maggiore spinta nei piani del governo. La più recente e interessante è la zona industriale hi-tech
“Mohammed VI”, fuori Casablanca, dedicata soprattutto a prodotti ad alto contenuto tecnologico e alla
green economy. Il Marocco è diventato la sede di impianti di produzione all’estero di aziende occidentali,
soprattutto specializzate in elettronica, aereonautica, e recentemente anche il settore dell’automobile (con
l’apertura di uno stabilimento Renault). Esistono anche manifatture autoctone mirate al consumo interno e
all’esportazione, come il tessile e l’industria alimentare, molte delle quali sono eredità del periodo
coloniale.
L’industria nel complesso invece costituisce quasi un terzo del Pil, anche se è dominata dal settore
estrattivo, soprattutto legato ai fosfati.
Il settore dei servizi, infine è molto sviluppato grazie anche all’importante industria turistica, che nel 2010
ha fatto registrare più di nove milioni di arrivi, e che nel Nord Africa è seconda solo a quella egiziana (oltre
14 milioni di arrivi). Infine da registrare come voce importante del Pil nazionale c’è quella delle rimesse dei
milioni di emigrati marocchini in tutto il mondo. Essi si concentrano soprattutto nell’Europa mediterranea
(Francia, Spagna e Italia) e ogni anno fanno affluire nel paese circa 6,5 miliardi di euro.
Distribuzione del Pil nel 1970
Distribuzione del Pil nel 2010
Fonte: UNCTADstat
ECONOMIA
5.LO SVILUPPO DEI TRASPORTI
A partire dal 2003 il Marocco ha intrapreso un intensivo programma di sviluppo infrastrutturale del settore dei
trasporti con investimenti per oltre 10 miliardi di dollari. Il piano è stato fin dall’inizio diviso in due tranche
temporali: la prima, dal 2003 al 2007 mirava alla realizzazione di grandi progetti infrastrutturali dalle autostrade
ai porti; la seconda, dal 2008 al 2012, è invece stata finalizzata a creare le condizioni normative e logistiche per
collegare e approfondire l’impatto di tali infrastrutture sul territorio marocchino e il suo tessuto produttivo.
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Per quanto riguarda la rete stradale, una delle più sviluppate nel continente africano (60 mila km di
strade distribuiti su tutto il territorio), il piano prevede l’allargamento della copertura che nel 2015
dovrebbe arrivare a 1800 km di autostrade, mentre già da quest’anno è garantito il collegamento
stradale nell’80% delle aree rurali del paese. Nei prossimi mesi sarà inoltre inaugurato il Passante
mediterraneo, una rete stradale e autostradale di oltre 500 kilometri in grado di collegare
efficientemente la costa marocchina del Mediterraneo, in modo da renderla meglio agibile per lo sviluppo
del settore turistico.
Il sistema ferroviario, già piuttosto sviluppato, ha visto ulteriori investimenti nel periodo 2005-2009 di
1,5 miliardi di dollari, mentre sono previsti ulteriori 3 miliardi per il periodo 2010-2015. Entro il 2015 è
previsto il completamento della prima linea ad alta velocità (Casablanca-Tangeri via Rabat) che per il
2035 dovrebbe fare parte di una linea complessiva ad alta velocità di 1500 kilometri.
Per quanto riguarda il sistema portuale marocchino, il primo decennio degli anni Duemila ha visto
l’inaugurazione del Tangeri Med, un’enorme infrastruttura mirata all’incremento dell’export verso le
mete mediterranee, e soprattutto sud europee. Il programma di investimenti in questo settore ha compreso
anche l’apertura di un terzo terminal per i container per il porto di Casablanca, attualmente ancora il
maggiore del paese con il Tangeri Med (si veda Approfondimento 1).
Il sistema dell’aviazione civile ha subito un repentino sviluppo in seguito alla firma nel 2006 del “free
skies agreement” tra Marocco e Unione europea. Tale accordo ha reso possibile i collegamenti con
l’Europa anche attraverso le linee low-cost, portando in pochi anni a una crescita esponenziale degli
arrivi nel paese. Se nel 2003 gli arrivi annuali negli aeroporti nazionali si attestavano a circa 5,6 milioni,
nel 2010 la cifra era pressoché triplicata a 15 milioni. L’Autorità aeroportuale marocchina, l’ente
adibito al mantenimento e all’ampliamento del sistema aeroportuale del paese, ha inoltre in programma
un investimento complessivo di quasi un miliardo di dollari per l’ampliamento e la modernizzazione dei
15 aeroporti nazionali. In particolare l’aeroporto di Marrakesh è destinato a diventare uno dei
primissimi “aeroporti verdi” del mondo, alimentato per il 90% del suo fabbisogno energetico attraverso
l’energia prodotta dalla wind farm di Essaouira.
Infine il settore della logistica è in piena espansione dopo l’approvazione della “Strategia nazionale per
lo sviluppo della competitività logistica 2010-2015”. Essa è finalizzata alla creazione di 70 aree
logistiche in tutto il paese che permettano di abbattere sensibilmente i costi di trasporto e
immagazzinamento dei prodotti in modo da aumentarne la competitività.
L’aeroporto di Marrakech
APPROFONDIMENTI
1. IL TANGERI-MED
Il Tangeri-Med, situato a 22 km a Est di Tangeri nella località Oued Rmel, è uno dei principali porti
del Mediterraneo e uno dei più grandi dell’Africa. Esso si trova sul lato europeo dello Stretto di
Gibilterra, a circa 15 km dalla Spagna. Tale posizione strategica lo rende altamente competitivo come
hub di smistamento commerciale e le autorità marocchine puntano a farlo diventare il più grande porto
africano nel 2013.
Esso è organico alla strategia export-oriented, intrapresa dai governi marocchini degli ultimi anni, che
mira a rendere il paese più competitivo nei mercati internazionali sfruttando le possibilità date
soprattutto dallo stretto rapporto con la Ue e dalla posizione strategica del paese.
Completato tra il 2003 e il 2007, il porto è circondato da un’area franca per attività industriali e
logistiche (Medhub), collegata dal 2008 con la rete ferroviaria e autostradale. Nel 2009 è stato
completato il terminal idrocarburi mentre nel 2011 è stato ultimato il terminal per i veicoli.
Il Tangeri Med è divenuto una piattaforma logistica per vari porti europei come Barcellona o
Marsiglia, ai quali può giungere una commessa partita dal nord del Marocco entro 24 ore, secondo la
tecnica del “just in time”.
Essendo sullo Stretto di Gibilterra, una delle vie marittime più trafficate al mondo (100 mila
imbarcazioni l’anno), il Tangeri Med ha come principale attività il trasbordo dei carichi di container. Il
porto ha due terminal per container, con una capacità complessiva di 3,5 milioni di Teu.
La gestione del porto fa capo alla Tanger Med Port Authority, un consorzio privato avente mandato
dello stato, che ha realizzato un attivo di 166 milioni di dirham nel 2008, primo anno di piena attività.
Dal 2009 è in costruzione l’estensione del porto, il cosiddetto “Tangeri Med II”, che dovrebbe
raggiungere il completamento nel 2015, anno in cui sarà in grado di gestire 8 milioni di container, 7
milioni di passeggeri, 700 mila tir, 10 milioni di tonnellate di idrocarburi e 2 milioni di veicoli.
Un molo di scarico container del Tangeri Med
APPROFONDIMENTI
2. LE ENERGIE RINNOVABILI
Da alcuni anni il governo marocchino ha cercato strategie che gli permettessero di ovviare al problema
dell’approvvigionamento energetico del paese. Non avendo consistenti risorse di idrocarburi, infatti,
il Marocco dipende fortemente dalle importazioni, in particolare dal Golfo. Ciò incide pesantemente
sulla bilancia commerciale del paese, la quale con i picchi dei prezzi dell’energia degli ultimi anni ha
toccato forti deficit.
Nel 2008 il Marocco ha quindi lanciato il “Piano per l’efficienza energetica e l’energia rinnovabile”,
che punta a stimolare la produzione domestica di energia attraverso fonti alternative in grado di
generare il 15% del fabbisogno energetico del paese, nonché circa 40 mila posti di lavoro.
Contemporaneamente il “Piano nazionale per l’energia solare e termale”, lanciato nel 2001, punta
alla costruzione di 440.000 piccoli impianti di riscaldamento dell’acqua attraverso l’energia solare, di
cui alla fine del 2012 circa 235 mila sono stati realizzati. Attraverso tali progetti il regno marocchino
punta a supplire circa il 40% delle proprie esigenze energetiche attraverso l’uso dell’energia
rinnovabile.
Nel 2012 è stata inoltre inaugurata la zona industriale “Mohammed VI”, fuori Casablanca, che ha
l’ambizione di diventare un polo d’eccellenza nel campo dell’hi tech e soprattutto della green economy.
L’obiettivo è l’attrazione di tecnologie e capitali stranieri per consolidare le basi del settore delle
energie alternative nel paese.
Oltre all’energia solare, il paese è attivo anche nello sviluppo di quella eolica, con alcune wind farm
sparse su tutto il territorio marocchino, di cui la più grande nei pressi di Tangeri. Le quantità
energetiche prodotte sono però ancora modeste.
Infine il Marocco è inserito nel piano euro-mediterraneo “Desertek”, un enorme progetto (stimato in
400 miliardi di euro) finalizzato alla creazione di un rete energetica solare che dal nord Africa dovrebbe
poter esportare verso l’Europa grandi quantità di energia. Il progetto, che in Marocco è comunque ad
uno stato più avanzato rispetto ad altri paesi coinvolti come l’Egitto o la Tunisia, è però ancora da
considerarsi, se non utopico, ancora lontano dalla realizzazione.
Wind farm di Tangeri