Impresa sociale - Studio CNN - Studio notarile Busani Milano

UFFICIO STUDI
Quesito n. 70-2007/I
PARTECIPAZIONE DI SOCIETÀ DI CAPITALI AD UN’IMPRESA SOCIALE
Si chiede se sia ammissibile la partecipazione ad un’impresa sociale costituita ai sensi ed in
conformità al del Decreto Legislativo 24 marzo 2006 n. 155 recante disciplina dell’impresa sociale,
a norma della legge 13 giungo 2005, n. 118, di una società di capitali, (nella specie una S.R.L.).
In particolare si chiede di valutare detta partecipazione alla luce:
- dell’art. 4 che rubricato “Struttura proprietaria e disciplina dei gruppi” si limita a disporre
che le imprese private con finalità lucrative non possono esercitare attività di direzione e detenere il
controllo di un’impresa sociale;
- della considerazione secondo cui, anche se non espressamente vietato dall’art. 4, detta
partecipazione non sia in ogni caso consentita, in quanto la SRL sarebbe istituzionalmente portatrice
di interesse lucrativi configgenti con lo spirito della legge cui è chiaramente sotteso l’obiettivo di
preservare nell’impresa sociale l’assenza dello scopo di lucro.
Al riguardo si precisa che:
a) quanto alla portata dell’art. 4 del d.lgs. 155 del 2006 va ricordato come questo regolamenti
la struttura proprietaria e la disciplina dei gruppi, prevedendo, l’applicabilità, in quanto
compatibili, delle disposizioni in tema di direzione e coordinamento (“controllo”, nel testo di legge)
delle società (artt. 2497-2497-septies c.c.) e dell’articolo 2545-septies c.c. all’attività di direzione e
controllo di un’impresa sociale.
Si considera, in ogni caso, esercitante attività di direzione e controllo il soggetto che, per
previsioni statutarie o per qualsiasi altra ragione, abbia la facoltà di nomina della maggioranza degli
organi di amministrazione.
I gruppi di imprese sociali sono tenuti a depositare l’accordo di partecipazione presso il
registro delle imprese. Essi sono inoltre tenuti a redigere e depositare i documenti contabili ed il
bilancio sociale in forma consolidata, secondo le linee guida di cui all’articolo 10.
La norma ha il duplice scopo di far emergere all’esterno quei rapporti significativi che
consentono ad un’impresa di indirizzare l’attività di un’altra impresa nel senso da essa voluto,
ovvero che legano più imprese in virtù di rapporti, oltre che di controllo, anche di influenza
“notevole” o di collegamento, e di evitare che ad una governance solo “apparente” all’interno
dell’impresa sociale si sostituisca una governance esterna all’impresa, che di fatto detenga la
“proprietà” ed abbia, quindi, la possibilità di influenzare, in modo decisivo, e trarre indebiti
vantaggi che possono condizionare ed eludere gli obiettivi assegnati all’impresa sociale stessa (così
KROGH, Studio n. 429-2006/C, L’impresa sociale. Prime riflessioni sul d.lgs. 24 marzo 2006 n.
155).
In tale prospettiva va letto il disposto di cui al comma 3 dell’art. 4, secondo cui “le imprese
private con finalità lucrative e le amministrazioni pubbliche non possono esercitare attività di
direzione e detenere il controllo di un’impresa sociale”.
La norma, dunque, non vieta la partecipazione di una società lucrativa all’impresa sociale, ma
pone soltanto il limite alla partecipazione stessa, che non può tradursi nel controllo sull’impresa
sociale.
A garantire l’efficacia di quest’ultimo divieto, il comma 4 dell’art 4 del d.lgs. 155/2006
prevede l’annullabilità delle decisioni assunte con il voto o con l’influenza dominante delle
amministrazioni pubbliche ovvero delle imprese private con finalità lucrative. Azione che potrà
essere promossa anche dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, a ciò espressamente
legittimato. È interessante notare che la norma consente l’annullamento delle decisioni anche se
solo influenzate da detti soggetti, purché l’influenza abbia il requisito della dominanza ossia
dell’impossibilità di un soggetto di determinarsi (ad esempio per patto parasociale) in modo
difforme da quanto deciso dal dominus occulto (ancora KROGH, cit.).
b) Quanto all’ulteriore rilievo per cui la partecipazione non sarebbe in ogni caso consentita, in
quanto la SRL è istituzionalmente portatrice di interessi lucrativi configgenti con lo spirito della
legge, cui è chiaramente sotteso l’obiettivo di preservare nell’impresa sociale l’assenza dello scopo
di lucro, si tratta di questione che può essere risolta rifacendosi al dibattito maturato sulla
ammissibilità della partecipazione di società a enti non lucrativi e, più in generale, sugli atti a titolo
gratuito posti in essere dalla società (R. SGUERA, Atti di disposizione a titolo gratuito da parte di
società lucrative in Riv. Not. 1992, 776; G. LIGUORI, Se le società possono donare in Riv. Not.,
1966, 828; ID., Le donazioni delle società, studio n. 121 del 12 febbraio 1966 del Consiglio
Nazionale del Notariato; A. PAGLIANI Associazioni, fondazioni e società commerciali: validità
delle donazioni in Le società, 1994, 1320; L. SALVATORE, Capacità di donare delle società
lucrative in Contratto e Impresa, 1998, 872; V. CALANDRA BUONAURA Gli atti estranei
all’oggetto sociale in Trattato delle società diretto da G.E. Colombo e G. B. Portale Torino, Tomo
4, 1995, 199; si pensi ad esempio agli interventi promozionali o per beneficiare un cliente
particolare. Sull’interesse sociale negli atti gratuiti cfr. Cass. sez. I 5 dicembre 1998, n. 12325 in
Notariato, 1999, 317 con nota dal titolo Gli atti gratuiti della controllata a favore della controllante
fra interesse sociale ed interesse del gruppo di G. RIZZO).
Al riguardo si può sinteticamente ricordare come non esista una preclusione riguardo alla
partecipazione di una società lucrativa in un ente non lucrativo, purché ciò sia in qualche misura
strumentale al conseguimento dello scopo della società e alla attuazione dell’oggetto sociale.
È pur vero che le assunzioni di partecipazioni possono, in dipendenza da profili di carattere
qualitativo e quantitativo delle stesse, incidere sull’attività della società, fino a poter comportare
anche una “modificazione sostanziale dell’oggetto sociale” (art. 2361 cod. civ.).
Tuttavia, ove esse risultino concretamente volte al migliore perseguimento dell’attività sociale
possono ritenersi consentite.
Nel caso di specie, potrà ritenersi lecita una partecipazione in misura contenuta in un’impresa
sociale, attuata, ad esempio, per promuovere l’immagine della società.
In ogni caso, in ragione della generalità del potere rappresentativo attribuito agli
amministratori ex art. 2475-bis, l’eventuale estraneità dell’atto compiuto rispetto all’oggetto sociale
avrà mera valenza endosocietaria, sul piano della responsabilità degli amministratori, salva
l’exceptio doli.
Diversamente, invece, deve opinarsi qualora l’assunzione di partecipazioni comporti
l’acquisto della responsabilità illimitata; in tal caso, si segnala la possibilità di applicare alle s.r.l.,
in via analogica, il disposto di cui all’art. 2361, secondo comma, cod. civ., come sostenuto da parte
della dottrina. Tale circostanza dovrebbe comportare la possibilità di considerare la mancanza della
deliberazione assembleare come un limite legale al potere rappresentativo degli amministratori, in
quanto tale opponibile ai terzi (A. BARTALENA, La partecipazione di società di capitali in società
di persone, in Il nuovo diritto delle società, Liber amicorum G.F. Campobasso, diretto da P.
Abbadessa e G.B. Portale, Torino-Milano, I, 97 ss.).