Desidero porgere il saluto ed il ringraziamento, miei personali e

PREMESSA
Desidero porgere il saluto ed il ringraziamento, miei personali e
della Sezione, a Sua Eccellenza l’Arcivescovo, alle Autorità militari e
civili e specificatamente al Presidente della Giunta Regionale, ai
deputati ed ai Senatori presenti, al Sindaco della Città, al Presidente
della Provincia, ai Prefetti, agli Avvocati ed ai rappresentanti delle
categorie professionali e delle Associazioni.
Un
particolare
saluto rivolgo
al
Presidente
della
Sezione
Regionale del controllo, ai rappresentanti del Consiglio di Presidenza e
dell’Associazione magistrati della Corte dei conti, ai magistrati
amministrativi ed ordinari nonché ai colleghi magistrati ed al
personale tutto della Corte dei conti.
Un saluto grato va a tutti i gentili ospiti qui intervenuti.
L’inaugurazione dell’anno giudiziario non è mero atto rituale
bensì è un momento significativo comportando a livello nazionale e
regionale una riflessione sul ruolo della magistratura contabile, della
utilità della sua azione che è posta a presidio di interessi e valori
pubblici di spiccato rilievo.
Ciò non solo per una esigenza di trasparenza nei confronti della
collettività, ma anche per un esame il più possibile approfondito circa
l’impegno profuso e per la verifica dell’efficacia, sul piano operativo,
degli strumenti messi a disposizione dal legislatore al fine di superare
le criticità presenti nel contesto economico finanziario.
RELAZIONE
La legge 14 agosto 1862 n. 800 segna la nascita della Corte dei
conti unica, con la contestuale abolizione delle Corti contabili che
all’atto della proclamazione del Regno d’Italia (17 marzo 1861)
avevano sede a Torino (per lo Stato di Sardegna) a Firenze (per il
Granducato di Toscana) a Napoli e Palermo (per il Regno delle due
Sicilie) in quanto esistenti al momento della unificazione.
1
In detta legge si rinviene il nucleo fondante delle attribuzioni
conferite alla Corte dei conti sia per quanto attiene la funzione di
controllo (vigilanza sulla gestione delle spese, dei conti dei Ministri in
conformità al conto generale dello Stato, vigilanza delle entrate e
delle cauzioni) sia per quanto concerne la funzione giurisdizionale
(giudizio sui conti).
È importante tenere presente che, con l’art. 15 venne statuito
che la responsabilità dei ministri non viene mai meno in qualsiasi caso
per effetto della registrazione e del visto della Corte. Sarebbero molte
le considerazioni da formulare in merito a questo fondamentale
principio.
Quintino Sella dichiarò insediata la Corte dei conti del Regno
d’Italia e definì “altissime” le attribuzioni che la legge affidò ai
magistrati,
demandando
la
fortuna
pubblica
alle
loro
cure
considerandoli “tutori della ricchezza delle Stato”. Appare rilevante
ricordare che nel suo discorso, ritenne di evidenziare come la
creazione della Corte “non solo compie la unificazione di un
importantissimo ramo della Pubblica amministrazione ma inizia quella
unità di legislazione civile che giova ad uguagliare le condizioni dei
cittadini, qualunque sia la parte d’Italia ove ebbero nascimento o
tengono dimori”.
D’altro
canto,
il
primo
Presidente
Federico
Colla
valutò
“l’istituzione della Corte quale pubblico segno del sommo pregio in cui
vuol essere tenuto il retto e ben regolato maneggio del denaro e di
tutte le altre cose che allo Stato appartengono”.
Sebbene possa sembrare superfluo richiamare le storiche
affermazioni non si può che essere d’accordo nel constatare l’attualità
delle esigenze e delle finalità in esse espresse.
Il ruolo della Corte dei conti è stato via via nel tempo ampliato,
talora in maniera organica e talvolta, in epoca più recente, con una
normativa
dettata
in
via
episodica,
a
presidio
della
corretta
utilizzazione delle risorse finanziare gestite ad ogni livello. Tutto ciò
con riguardo sia alla indefettibilità degli obblighi comunitari sia al
rigore necessario per la gestione delle provvidenze conferite nel
processo federalista che dovrà trovare momenti di arbitraggio e di
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autorevole composizione degli interessi erariali in gioco.
Per quanto concerne il federalismo, da taluni è stata data una
rappresentazione ottimistica, in base alla quale si è diffusa la
percezione che si sarebbe potuto realizzare, in breve tempo, un
nuovo sistema di ripartizione delle risorse e delle responsabilità, ma
ciò non sembra facilmente attuabile, atteso che occorre porre in
essere un assetto che valorizzi le autonomie e le specificità locali non
trascurando, d’altro canto, l’indispensabile solidarietà pubblica che
assicuri una graduale riduzione del gap tra le aree povere del paese e
quelle ricche.
In proposito il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano,
ha osservato più volte che al federalismo non possono essere
attribuite virtù salvifiche o miracolistiche, specificando che si tratta al
contrario di un processo complesso, perché occorre, altresì, passare
da un sistema fortemente centralizzato ad uno Stato federale.
Ha affermato inoltre che non è ipotizzabile un percorso a due
velocità. Nord e Sud devono crescere insieme in base a uno sviluppo
economico che sia fondato su una corretta gestione delle risorse.
Novità legislative del 2011
Durante il decorso anno l’ordinamento giuridico si è arricchito di
novità normative volte a costituire una fitta trama di regole per
operare il risanamento dei bilanci pubblici e per maggiormente
responsabilizzare tutti coloro che sono impegnati nella gestione delle
risorse collettive.
Appare opportuno farne cenno perché la Corte dei conti è
investita di più ampie e delicate funzioni.
***
D.lgs. 23 giugno 2011 n. 118 (Disposizioni in materia di
armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle
Regioni, degli enti locali e dei loro organismi).
Nel
comparto
regionale
sono
presenti
sistemi
contabili
differentemente articolati, mentre per gli enti locali, pur a fronte di un
unificato schema contabile, si ottengono dati non omogenei che
rendono difficile la comparazione, l’applicazione e conseguentemente
3
il
controllo,
per
non
parlare
delle
variegate
modalità
di
esternalizzazione dei servizi.
La disciplina adottata, che assolve alla necessità di chiarezza e
di comprensibilità, serve a rendere i predetti schemi di bilancio
convergenti con l’impostazione del bilancio dello Stato.
Di speciale rilevanza sono le disposizioni dettate nel predetto
decreto in materia dei conti sanitari e delle relative risorse, in quanto
mirano a superare gravi situazioni di deficit. Ciò allo scopo di
pervenire ad una spesa il più possibile efficiente ed efficace e
garantire, quindi, effettività al finanziamento dei livelli di assistenza
sanitaria, rendendoli omogenei in tutto il territorio nazionale.
D.lgs. 30 giugno 2011 n. 123 (Riforma dei controlli di regolarità
amministrativa e contabile e potenziamento dell’attività di analisi e
valutazione della spesa).
In tale decreto l’art. 24 stabilisce, con riferimento ai controlli
ispettivi di finanza finalizzati a ricondurre a economicità e regolarità le
gestioni pubbliche, che, nel caso in cui la relazione degli ispettori
incaricati evidenzi ipotesi di danno erariale, sia effettuata apposita
segnalazione alla Procura regionale della Corte dei conti competente
per territorio.
D.lgs. 6 luglio 2011 n. 98, convertito in L. 15 luglio 2011, n.
111 (Disposizioni urgenti in materia finanziaria).
La giurisdizione contabile viene chiamata in causa in detto
decreto da numerose incisive norme.
L’art. 11, in materia di acquisto di beni e servizi da parte di
amministrazioni pubbliche, sancisce la nullità di atti e contratti posti
in essere in violazione dei parametri prezzo-qualità, stabiliti in via
normativa, e la connessa responsabilità erariale.
L’art. 12 in tema di acquisto, vendita, manutenzione di immobili
pubblici prevede la responsabilità amministrativa, in caso di omissioni
delle comunicazioni dettate dalla legge a carico dei dirigenti delle
amministrazioni pubbliche, e stabilisce obblighi di segnalazione alla
Corte dei conti da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
L’art. 20 delinea un nuovo patto di stabilità interno fondato su
parametri di virtuosità; e per la sua salvaguardia impone alle Sezioni
4
giurisdizionali
regionali,
di
irrogare
sanzioni
pecuniarie
agli
amministratori degli enti locali ed al responsabile del servizio
economico-finanziario, ove accertassero che il rispetto del predetto
patto è stato conseguito in maniera artificiosa.
L’art.
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detta
una
disciplina
integrativa
in
materia
di
espropriazione per pubblica utilità, regolamentando l’utilizzo dei beni
dei privati da parte dell’Amministrazione, in assenza di un valido
titolo
giuridico.
Il
legislatore
è
intervenuto
a
seguito
della
dichiarazione di incostituzionalità (Corte Costituzionale, sent. n. 293
del 2010) dell’art. 43 del T.U. 8 giugno 2001 n. 327, anche con
riferimento alle numerose sentenze della Corte Europea dei diritti
dell’uomo, che ha condannato in più occasioni l’Italia.
Sulla base delle novelle norme, la Pubblica Amministrazione
deve ora valutare le circostanze, comparando gli interessi in conflitto
e decidendo se demolire in tutto o in parte l’opera restituendo l’area
al proprietario, oppure disporne l’acquisizione, ove ritenga ancora
utile il progetto.
Il provvedimento finale deve essere trasmesso, entro trenta
giorni, alla Corte dei conti dalla Autorità che lo ha emanato.
In
tali
disposizioni
non
risulta
indicato
lo
scopo
della
trasmissione ma, logicamente, potrebbe ritenersi che essa sia
finalizzata a consentire un riesame dell’intera procedura seguita, così
da verificare la sussistenza dei presupposti e l’accertamento di
un’eventuale
responsabilità
dei
funzionari
pubblici
che
hanno
concorso all’occupazione senza titolo di beni di soggetti privati, con
conseguente aggravio delle risorse pubbliche.
D.lgs. 6 settembre 2011, n. 149 (Meccanismi sanzionatori e
premiali relativi a Regioni, Province e Comuni).
Questo decreto presenta carattere ordinamentale di chiusura del
disegno federativo, coniugando i maggiori spazi di autonomia con un
complesso
sistema
di
responsabilità,
affidandoli
a
meccanismi
sanzionatori e premiali nell’intento di garantire la tenuta dell’assetto
del sistema normativo delineato in materia di federalismo fiscale, in
attuazione dell’articolo 119 della Costituzione.
Il disavanzo in generale, e quello sanitario in particolare, é una
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delle preoccupazioni più pregnanti del legislatore, tanto da averlo
indotto a dettare le norme in argomento per porre rimedio ad una
gestione non corretta del denaro pubblico ed innescare al contrario un
circuito di virtuosità. Anche in tale quadro un ruolo ragguardevole è
attribuito alla Corte dei conti, quale garante imparziale degli equilibri
della finanza pubblica, nel contesto costituzionale dei rapporti StatoRegioni-Autonomie Locali.
Viene previsto un sistema sanzionatorio basato su un complesso
procedimento
che
non
appare
di
facile
decifrazione
ed
interpretazione.
I provvedimenti per la rimozione del presidente e per lo
scioglimento del consiglio regionale sono adottati, sia pure in base
all’accertamento di addebitabilità demandato alla Corte dei conti, con
decreto del Presidente della Repubblica, previa decisione del Consiglio
dei Ministri deliberata su proposta del Presidente del Consiglio e
previo parere conforme della maggioranza qualificata, dall’apposita
Commissione parlamentare.
La legge individua preliminarmente le condizioni che debbono
concorrere
affinché
possa
ritenersi
verificato
il
grave
dissesto
finanziario, che, in tal modo, deve ritenersi una fattispecie tipizzata
d’illecito finanziario, a seguito del mancato rientro da deficit della
spesa sanitaria.
Nella citata ipotesi, la Corte dei conti non è chiamata dalla legge
a irrogare sanzioni (nella specie, scioglimento del consiglio regionale,
nonché rimozione e non candidabilità del presidente regionale) ma a
verificare, nei termini fissati dalla legge, la sussistenza del dissesto
finanziario
con
riferimento
al
disavanzo
sanitario,
e
la
sua
riconducibilità alla “diretta responsabilità con dolo o colpa grave” del
Presidente regionale.
La normativa in questione non chiarisce a quale organo della
Corte spetti la competenza a porre in essere gli accertamenti relativi
al dissesto finanziario ed al diretto addebito dello stesso a dolo o
colpa grave del Presidente regionale e dunque in ordine a ciò si sono
profilate diverse interpretazioni, la prima delle quali ritiene di attrarre
la competenza alla Sezione regionale del controllo, sul presupposto
che tale Sezione ha gli strumenti adatti per verificare i profili di
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dissesto e di disequilibrio grave degli Enti in parola.
L’altro orientamento propende per la tesi che tali competenze
debbano essere attribuite alla Sezione giurisdizionale e, quindi, in
primis alla Procura contabile, nella considerazione che lelemento
psicologico
della
colpa
grave
o
del
dolo
è
condizione
della
responsabilità amministrativo-contabile, ordinariamente riscontrato
dalla stessa Sezione, ritenendo altresì che in tale sede sono
esattamente osservate tutte le garanzie previste dall’art. 111 della
Costituzione.
È indubbio che dalle disposizioni in parola, si evince che la Corte
dei conti deve prioritariamente compiere un accertamento tecnico per
riscontrare la sussistenza del grave dissesto finanziario derivato da
disavanzo sanitario, ma, successivamente, ha lonere di valutare la
presenza di un nesso di causalità tra il comportamento del Presidente
della Giunta ed il verificarsi delle condizioni in precedenza enunciate,
nonché la valenza dell’elemento psicologico del dolo o della colpa
grave in capo al Presidente.
La Regione Emilia Romagna ha sollevato, anche in ordine ai
dubbi di interpretazione sopra esposti, questione di legittimità
costituzionale per eccesso di delega in relazione all’art. 76 e per
diretta violazione dell’art. 126 della Costituzione, in quanto introduce
l’autonoma fattispecie di grave dissesto finanziario con riferimento al
disavanzo sanitario, e collega ad esso la rimozione del Presidente
della Giunta regionale.
I disavanzi in altri settori di spesa, possono invece comportare,
quale esito, se del caso, l’avvio di una gestione commissariale affidata
allo stesso Presidente regionale.
Quanto ai revisori regionali, la Corte dei conti è chiamata a
certificare lo speciale dissesto della finanza sanitaria e stabilire se agli
stessi siano ascrivibili “gravi responsabilità” nello svolgimento della
loro attività. In tale evenienza le sanzioni interdittive conseguono
direttamente
ed
automaticamente
all’accertamento,
che
deve
avvenire in sede di giudizio per espressa previsione normativa.
Anche per i presidenti provinciali, sindaci e revisori degli enti
locali,
è
indispensabile
un
previo
accertamento
giudiziale
di
7
responsabilità, cosicché non è dubbia la competenza delle Sezioni
giurisdizionali regionali. A seguito della pronuncia di condanna della
Corte, vengono a determinarsi automaticamente la decadenza e gli
effetti interdittivi a carico dei soggetti sopra elencati.
D.lgs. 27 ottobre 2011, n. 199, (Disciplina del dissesto
finanziario delle università e del commissariamento degli Atenei).
Tale decreto prevede, tra l’altro, che la dichiarazione di dissesto
finanziario
dell’Università
debba
essere
trasmessa
alla
Procura
regionale presso la Corte dei conti, unitamente ai bilanci degli ultimi
due esercizi finanziari approvati e disciplina altresì, ai fini del
controllo, ulteriori obblighi di trasmissione alla stessa Procura, relativi
all’attuazione del piano di rientro ed in tema di relazione finale e
rendiconto della gestione commissariale.
Legge 12 novembre 2011, n. 183 (Legge di stabilità 2012).
In detta legge si ribadisce quanto già disposto dalla legge n.
111/2011, statuendo che, qualora le Sezioni giurisdizionali regionali
della Corte dei conti accertino che il rispetto del patto di stabilità
interno sia stato artificiosamente conseguito, mediante una non
corretta imputazione delle entrate o delle uscite ai pertinenti capitoli
di bilancio o tramite altre forme elusive, le Sezioni stesse applichino
agli
amministratori
che
hanno
posto
in
essere
i
predetti
comportamenti, la “condanna ad un sanzione pecuniaria”. La norma
in questione si caratterizza per una connotazione indiscutibilmente
sanzionatoria, deducibile dalla sua formulazione testuale, ma anche
dalla tipizzazione delle condotte illecite e dalla predeterminazione
dell’ammontare delle relative sanzioni, sia pur entro un importo
legislativamente
differenzia,
predefinito.
quindi,
La
dall’ordinaria
responsabilità
sanzionatoria
responsabilità
si
amministrativo-
contabile basata sull’effettivo pregiudizio delle risorse pubbliche.
D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge 22 dicembre
2011, n. 214 (Disposizioni per la crescita, l’equità e il consolidamento
dei conti pubblici).
Anche questo testo normativo disciplina o attribuisce funzioni di
controllo.
L’art.
3,
con
riferimento
all’istituzione
di
un
“Fondo
di
8
compensazione per gli interventi volti a garantire lo sviluppo”, da
ripartire fra le diverse Regioni in rapporto ai fondi strutturali,
prescrive la comunicazione, quando viene utilizzato il predetto Fondo,
oltre che al Parlamento, anche alla Corte dei conti.
L’art. 22, nell’istituire “l’Agenzia per la promozione all’estero e
l’internazionalizzazione delle imprese italiane (ICE), quale ente di
diritto pubblico, e nel puntualizzare la sua organizzazione, dispone
che venga effettuato il controllo, ad opera della Corte dei conti, sulla
gestione finanziaria della predetta Agenzia, ai sensi dell’art. 12 della
legge 21 marzo 1958 n. 259.
L’art 23-bis, in relazione alla classificazione per fasce, sulla base
di indicatori dimensionali quantitativi e qualitativi, delle società non
quotate, direttamente controllate dal Ministero dell’economia e delle
finanze, statuisce anche il compenso massimo per gli amministratori
con deleghe, sottoponendolo alla registrazione della Corte dei conti.
L’art. 27 contempla il controllo della Corte dei conti sulla
gestione finanziaria, con le modalità di cui all’art. 12 della già citata
legge, in rapporto alle iniziative realizzate in forma societaria per la
dismissione di immobili pubblici.
L’art. 41 regolamenta le opere di interesse strategico, quali le
infrastrutture, riducendo fra l’altro, di un terzo i termini del controllo
preventivo sulle delibere CIPE, ai sensi della legge 14 gennaio 1994,
n. 20.
D.lgs. 29 dicembre 2011, n. 228 (Valutazione degli investimenti
relativi ad opere pubbliche).
Nella
suddetta
materia
viene
stabilito
che
i
Ministeri
trasmettano gli atti alla Corte dei conti ai fini dell’attività di referto.
Le numerose regole sin qui esposte, finalizzate a contenere e
stabilizzare i conti pubblici, sono rafforzate da una più incisiva tutela
giurisdizionale e da differenziate modalità e tipologie di controllo.
Le norme introdotte recentemente ampliano senza dubbio le
funzioni della Corte dei conti, pur essendo connotate talora, da scarsa
chiarezza e quindi tali da suscitare dubbi interpretativi.
L’intento legislativo si concretizza nella tipizzazione di specifiche
forme di responsabilità in ambiti reputati a rischio, al fine di
9
reprimere e dissuadere comportamenti lesivi degli equilibri di bilancio
delle amministrazioni pubbliche.
Viene così delineato un vero e proprio sistema sanzionatorio che
si affianca al sistema tradizionale, basato sul risarcimento del danno e
non esclude pertanto la sottoponibilità degli amministratori pubblici ai
giudizi di responsabilità per ulteriori danni erariali.
Tuttavia, a fronte di questa inversione di tendenza, dovuta alla
non più negabile constatazione anche sul piano europeo dell’esistenza
di un pesantissimo deficit finanziario dello Stato e degli Enti pubblici,
è da tenere presente che negli anni precedenti sono invece state
dettate norme per circoscrivere o annullare la perseguibilità di danni
erariali o per delimitare l’azione della Procura.
Inoltre il processo espansivo della giurisdizione contabile, ai
sensi dell’art. 103 della Costituzione, trova difficoltà ad aprirsi un
varco operativo specialmente nel settore delle società partecipate,
atteso che la Cassazione adotta pronunce oscillanti e non in linea con
il fatto che si verta in materia di denaro pubblico.
***
Nell’anno giudiziario 2011, a seguito dell’iniziativa della Procura
Regionale, questa Sezione si è occupata delle frodi e irregolarità
consistenti nell’illecita percezione e destinazione di risorse pubbliche,
erogate nell’ambito di programmi finanziati da fondi comunitari e
nazionali.
Va
precisato,
innanzitutto
che,
in
base
al
Trattato
sul
funzionamento dell’Unione Europea, il contrasto a tale forma di
devianza nell’uso delle risorse comunitarie costituisce un obbligo
giuridico per ogni Stato, che è chiamato a rispondere per la omessa
attuazione delle misure di tutela, in presenza di inadeguatezza
nell’azione
di
prevenzione,
contrasto
e
recupero
delle
somme
corrispondenti agli importi frodati.
La giurisprudenza amministrativa, in merito alla responsabilità
della P.A. per violazione della disciplina comunitaria, ha subito una
radicale evoluzione, in conseguenza della sentenza 30 settembre
2010 n. C-314/09 della Corte di giustizia dell’Unione europea,
secondo cui il risarcimento “per equivalente”, in difetto di esecuzione
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in forma specifica, conseguente alla violazione della normativa sugli
appalti pubblici, prescindeva dalla valutazione di un comportamento
colposo da parte della Pubblica amministrazione.
A seguito di tale sentenza, la giurisprudenza amministrativa,
che prima sosteneva il principio opposto, ha rilevato che non vi è più
alcuna necessità di accertare la componente soggettiva dell’illecito
per le violazioni delle norme comunitarie sugli appalti (T.A.R.
Lombardia, Brescia, n. 4552/2010, T.A.R. Campania, n. 1069/2010,
T.A.R. Sicilia, Catania, n. 4624/2010, Consiglio di Stato, Sez. V, n.
1193/2011 e n. 5527/2011, Sez. III, n. 4355/2011, Sez. V, n.
6919/2011).
Le frodi consistono, essenzialmente nell’illecita appropriazione di
contributi pubblici o di derivazione europea, per la presenza di un
modus operandi finalizzato solo ed esclusivamente a trarre un profitto
illegale per interessi personali, senza raggiungere le finalità che sono
alla base della concessione dei contributi stessi, cosicché non
vengono realizzati i risultati prestabiliti in ordine allo sviluppo
economico di particolari zone del paese.
Infatti il settore nel quale più frequentemente si verificano
fattispecie di frodi è sia quello concernente contributi e sovvenzioni
concessi al fine di agevolare lo sviluppo agricolo ed industriale e di
favorire la formazione professionale dei giovani, e sia quello delle
truffe in materia di I.V.A. con riferimento alle entrate.
Sono assoggettati alla giurisdizione della Corte dei conti i
pubblici operatori e tutti coloro che, anche occasionalmente, abbiano
gestito fondi comunitari e chiunque attraverso dati falsi ottenga
indebitamente contributi, restituzioni ed altre erogazioni a carico
totale o parziale dei fondi europei.
In materia di fondi comunitari la Sezione giurisdizionale si è in
pronunciata nell’ambito di procedimenti cautelari e di merito.
Con riferimento ai primi, la vicenda pressoché identica, è stata
originata da due ricorsi, presentati dalla Procura e contestuali
all’invito
a
dedurre,
richiedenti
l’autorizzazione
del
sequestro
conservativo “ante-causam”, in favore dell’Agenzia per le Erogazioni
in Agricoltura (AGEA) nei confronti di alcuni soggetti (funzionari
pubblici e beneficiari privati). Ciò a seguito della trasmissione - da
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parte della Procura della Repubblica di Roma alla locale Procura
erariale - di copia della richiesta di rinvio a giudizio di 133 soggetti,
fra privati, beneficiari dei contributi e funzionari pubblici (incaricati di
gestire, per conto della AGEA, le relative pratiche istruttorie) in
relazione ad un importo di circa 26 milioni di euro, riguardanti
molteplici episodi di frodi comunitarie nel predetto settore.
Il quadro investigativo della Guardia di Finanza di Pescara aveva
evidenziato il disegno criminoso che consentiva l’erogazione di ingenti
somme a soggetti non aventi diritto, cagionando in tal modo un
rilevante danno erariale a livello nazionale e comunitario.
In detto ambito, tra le questioni di rilievo affrontate dai giudici
monocratici designati per la convalida e anche, in una fattispecie, dal
Collegio, con una decisione su un reclamo proposto avverso un
provvedimento
di
convalida
del
sequestro,
vi
è
stata
quella
concernente la competenza della Sezione giurisdizionale - affermata
in tutti i provvedimenti cautelari - nei confronti di una vasta pluralità
di soggetti, dipendenti pubblici e privati, per avere:
- i primi, autorizzato erogazioni illecite a favore dei beneficiari
dei
contributi
amministrativi
non
spettanti,
formatisi
sulla
nell’ambito
base
di
di
procedimenti
documenti
falsi
sia
materialmente, sia ideologicamente;
- i secondi, effettivamente consentito la sottrazione delle
somme, mettendo a disposizione degli organizzatori della truffa, conti
correnti
e
depositi
sui
quali
venivano
versati
i
contributi,
successivamente “svuotati ad arte”.
Al riguardo, in particolare con l’ordinanza n. 62 del 10 ottobre
2011 (non reclamata), è stato precisato che, sebbene con la valenza
interinale propria della specifica pronuncia, il fondamentale parametro
normativo di determinazione della competenza del giudice contabile,
consiste nell’incardinamento in una Pubblica amministrazione (latu
sensu) del soggetto convenuto innanzi alla Corte dei conti.
Rilevata, quindi, nel concreto caso, la concorrenza di entrambi i
criteri dettati dall’articolo 2 della legge n. 658 del 1984, la
competenza della Sezione giurisdizionale per le Marche è stata
affermata sull’accertamento della prevalenza delle condotte dei
privati
rispetto
ai
comportamenti
dei
funzionari
pubblici
nella
12
determinazione del danno erariale, poiché non vi sarebbe stato danno
alcuno se i privati non avessero percepito o avessero restituito le
somme illegittimamente loro pervenute.
Sempre in materia di “frodi comunitarie”, reputo opportuno
segnalare la sentenza n. 92 del 15 aprile 2011, avente ad oggetto
un’ipotesi di sviamento, parziale, dalle finalità di un contributo
pubblico.
Nel caso di cui trattasi, la Procura regionale ha espressamente
domandato la “restituzione” dell’integrale importo del contributo,
constatando che parte dell’intervento finanziato (la realizzazione di
uffici di un oleificio) veniva in realtà destinato ad abitazione per
dipendenti della ditta beneficiaria del contributo stesso.
La decisione, nell’affermare la giurisdizione della Corte dei conti
nella fattispecie, ha chiarito che, sebbene il danno erariale derivi dalla
“ illegittimità” dell’atto amministrativo con il quale sono stati
indebitamente conferiti i contributi, tale illegittimità è di per se
irrilevante ai fini della responsabilità amministrativa, dovendosi aver
riguardo, nella sede giudiziaria contabile, esclusivamente al danno
prodotto
all’amministrazione
dalla
“illiceità”
del
comportamento
tenuto dal percettore della somma (alla quale può eventualmente
accompagnarsi la illiceità della condotta dei pubblici funzionari).
La precisazione acquista rilievo sul piano pratico, poiché, se
l’amministrazione vuole tornare in possesso dei contributi che non
avrebbe dovuto erogare, deve rivolgersi al giudice civile che,
riconosciuta
l’illegittimità
dell’atto
amministrativo,
condanna
il
percipiente a restituire la somma; mentre se ciò non avviene e perciò
si concreta il danno erariale, l’esercizio dell’azione risarcitoria spetta
alla Procura presso la Corte dei conti. Per questa ragione, nel caso di
specie, la Sezione ha disposto non la restituzione dell’integrale
contributo elargito ma soltanto di quella parte che non era stata
destinata a scopo di investimento.
Conti giudiziali
I giudizi di conto costituiscono il nucleo fondante del processo
contabile sul quale si è storicamente radicata la giurisdizione della
13
Corte per evidenziare la correttezza nella gestione delle risorse
finanziarie pubbliche. Agli albori del Regno d’Italia erano soprattutto i
ministri ed i generali dell’esercito che dovevano dimostrare le spese
degli armamenti; oggi sono tutti coloro che hanno maneggio di
denaro e di beni mobili pubblici a dover dar conto della loro gestione,
così da incorrere nella particolare responsabilità, detta appunto
“contabile” ogni qual volta non dimostrano la correttezza del loro
operato.
Questo tipo di giudizio presenta alcune peculiarità che lo
distinguono dalle altre forme processuali.
In primo luogo, mentre l’ambito e gli elementi del giudizio di
responsabilità amministrativa devono essere determinati dalla volontà
del legislatore (interpositio in “positivo”) quelli propri del giudizio di
conto si fondano direttamente sull’art. 103 della Costituzione; sicché,
per escludere la giurisdizione della Corte dei conti su tale materia, è
necessario l’intervento della legge (interpositio “in negativo”).
Secondariamente, tale giudizio si instaura automaticamente
(ipso iure) nel momento in cui l’agente presenta il conto alla propria
amministrazione, la quale lo deposita poi nella segreteria della
Sezione giurisdizionale.
Infine, invertendosi l’onere della prova, spetta al contabile il
compito di dimostrare il pareggio del carico con lo scarico o di esporre
le ragioni per le quali il pareggio non è stato raggiunto, incorrendo
altrimenti nella condanna a restituire (in forma risarcitoria) quanto
non sia riuscito a giustificare.
L’oggetto del conto attiene alla gestione fattuale delle risorse
rilevata nelle fasi della acquisizione e della spendita. Per questo non
sono sottoposti allo specifico giudizio i conti c.d. “amministrativi” che
riguardano il diverso momento dell’ordinazione della spesa da parte
dei funzionari delegati.
Gli agenti sottoposti al giudizio di conto sono quelli che
dipendono stabilmente dalla pubblica amministrazione, quelli che
sono in un particolare rapporto esterno con la stessa amministrazione
e, infine, quelli che svolgono le funzioni di fatto, ossia senza alcun
titoli che le autorizzi.
Il giudizio, che inizialmente riguardava i soli conti delle
14
amministrazioni dello Stato (art. 74 della legge di contabilità generale
dello Stato n. 2440 del 1923) è stato successivamente esteso a tutto
il comparto pubblico, fino ad includere le persone giuridiche (società
ed enti) delle quali oggi le pubbliche amministrazioni si avvalgono per
la gestione dei propri servizi.
A prima vista il giudizio di conto potrebbe sembrare una
duplicazione del controllo successivo sulla gestione, previsto per tutte
le amministrazioni pubbliche dall’art. 3, comma 4, della legge n. 20
del 1994, svolto con diverse procedure dalla stessa Corte dei conti.
Ma così non è. Occorre, infatti, osservare che il controllo e la
giurisdizione contabile sono funzioni, costituzionalmente previste, che
si integrano formando un globale sistema di garanzie obiettive per la
correttezza della gestione del pubblico denaro.
Mentre il controllo successivo sulla gestione si svolge in un
ambito limitato di settori e materie secondo programmi definiti
annualmente, l’esame dei conti, svolto in sede giurisdizionale,
concerne indistintamente, sia tutte le operazioni d’incasso e di
pagamento effettuate dalle pubbliche amministrazioni, (e dunque
riguardanti l’intero bilancio finanziario) sia la gestione dei beni
pubblici (e dunque il conto del patrimonio).
Per di più, avendo la legge 20 del 1994 ridotto il controllo
preventivo, pur con il successivo ampliamento dettato da alcune
norme, il giudizio di conto finisce per essere l’unico strumento
concretamente operante per la verifica di regolarità della gestione.
La legge n. 142 del 1990 (poi trasfusa nel testo unico n. 267 del
2000), nell’estendere il sistema delle responsabilità vigente per gli
impiegati civili dello Stato agli amministratori e dipendenti degli enti
locali territoriali, ha ridisegnato, per questi ultimi, una nuova
disciplina
della
rendicontazione,
definendo
principi
e
regole
procedurali da valere anche per gli altri enti non territoriali.
È bene precisare che l’individuazione degli agenti contabili di
ciascun ente pubblico territoriale e non territoriale deve essere
effettuata dagli organi responsabili di ciascun ente e comunicata alla
segreteria della competente Sezione giurisdizionale regionale, fermo
restando che, in base all’art. 44 del T.U. delle leggi sulla Corte dei
conti, sono tenuti alla resa del conto: il tesoriere o cassiere dell’ente
15
incaricato, sulla base d’apposita convenzione, di riscuotere e pagare
secondo gli ordini ricevuti dai competenti organi dell’ente; l’economo
incaricato dell’erogazione delle spese all’interno e della gestione dei
beni mobili utilizzati negli uffici dell’ente; gli incaricati della gestione
di
somme anche se
non
provenienti
dal
bilancio dell’ente; i
consegnatari di valori o beni di proprietà dell’ente, compresa la
partecipazione alle formule di organizzazione previste per le pubbliche
amministrazioni.
Nell’ambito dei conti giudiziari, speciale importanza rivestono i
conti c.d. “a materia” che riguardano la gestione dei beni mobili
(come è noto, i beni immobili non sono oggetto di giudizio) nella
consapevolezza della fondamentale rilevanza che oggi assumono le
gestioni patrimoniali delle amministrazioni e società a capitale
pubblico, a cominciare dallo Stato.
In tal senso la stessa legge di riforma n. 20 del 1994 ha
introdotto un controllo successivo generalizzato della Corte dei conti
sulla gestione del patrimonio di tutte le pubbliche amministrazioni,
compresi gli enti locali non territoriali, mentre il decreto legislativo n.
77 del 1995 ha previsto, per questi ultimi, l’obbligo di tenere un
sistema di contabilità economica strumentale, atto a dimostrare le
modificazioni intervenute nel conto del patrimonio durante l’esercizio.
Inoltre, all’interno dei conti a materia, sempre maggiore
incisività vanno assumendo quelli riferiti ai diritti di proprietà degli
enti pubblici in società o aziende speciali, a causa delle crescenti
dimensioni assunte dalle partecipazioni pubbliche e dall’uso degli
strumenti
azionari,
nel
quadro
più
generale
del
processo
di
privatizzazione di settori della pubblica amministrazione.
Va considerato che, nelle aziende speciali così come nelle
società a capitale pubblico, trova applicazione l’indisponibilità del
diritto soggettivo pubblico sul patrimonio, con le connesse garanzie
della giurisdizione contabile, nel duplice aspetto del giudizio di conto e
del giudizio di responsabilità.
Il giudizio di conto presenta tuttavia alcuni problemi pratici.
Il primo è dato dalla difficoltà di identificare i soggetti tenuti alla
resa del conto, considerato che la gestione dei servizi pubblici, prima
condotta direttamente dallo Stato o tramite aziende autonome o enti
16
strumentali
pubblici, viene
oggi
sempre
più
spesso
trasferita,
specialmente a livello locale, a società per azioni, a fondazioni e a
finanziarie con capitale a partecipazione pubblica totale o parziale,
che agiscono in regime privatistico.
Alla stregua di tale profonda trasformazione, non v’è dubbio che
anche lo strumento del giudizio di conto debba essere rivisto,
adattandolo alle nuove figure atipiche di agenti contabili che si stanno
delineando in conseguenza sia dei diversificati aspetti strutturali delle
amministrazioni pubbliche, sia della trasformazione nominalistica e
giuridica dei loro proventi.
Particolari difficoltà ha sollevato l’obbligo dell’esame giudiziale
dei conti delle camere di commercio e delle aziende sanitarie locali.
Obbligo che, per quanto riguarda le Camere di commercio,
sembra inequivocabilmente sussistere sia in base all’art. 21 della
legge 580 del 1993 (che ha esteso agli amministratori e dipendenti
delle camere di commercio il sistema delle responsabilità vigente per
gli impiegati civili dello Stato, nel quadro della generale omologazione
del sistema delle garanzie introdotto con la legge n. 142 del 1990 per
gli enti locali territoriali) sia in base alla legge n. 658/84, la quale
prevede la competenza della Corte in materia di giudizio sui conti
degli agenti contabili degli “altri enti locali”, ovvero “di altri enti
pubblici aventi sedi o uffici nella regione” e dispone altresì l’obbligo
della trasmissione alla segreteria della sezione dei conti dei tesorieri e
degli agenti contabili degli “altri enti pubblici diversi dallo Stato”.
Al riguardo, con sentenza n. 41 del 24 giugno 1996 la Corte dei
conti - Sezione Giurisdizionale per il Lazio - ha riconosciuto l’obbligo
di presentazione del conto giudiziale da parte dell’Istituto tesoriere
dell’Unioncamere rilevando che le Camere di commercio sono enti
pubblici gravitanti sullo Stato e che le loro funzioni, pur interessando
direttamente le categorie economiche del commercio, dell’industria e
dell’agricoltura, hanno riflessi di carattere generale e quindi natura
decisamente pubblica.
Su questa tesi, che ha avuto recente conferma da parte del
consiglio di Stato (sentenza n. 6211 del 2011) si è quindi ritrovata la
giurisprudenza contabile, soprattutto quella della Sezione Calabria
che ha affrontato anche numerose questioni in tema di sistemi
17
esattoriali e fondi economali delle Camere di commercio e più
recentemente quella della Sezione Veneto.
Discorso analogo può farsi a proposito delle unità sanitarie
regionali, il cui sistema delle responsabilità è stato uniformato con
quello vigente per gli impiegati civili dello Stato ad opera di una serie
di provvedimenti normativi, tra cui il D.P.R n.761 del 1979 e il
decreto legislativo n. 267 del 2000.
Al pari delle altre, anche questa Sezione si è da tempo attivata
nell’esame dei conti, con una scelta che viene determinata di volta in
volta, secondo criteri che consentono di acquisire il più ampio spettro
delle tipologie allo scopo di
verificarne, comparandole, sia la
complessità che il volume documentale, e di stabilire, infine, il grado
di approfondimento delle verifiche da compiersi.
In sede di avvio, onde rendere più spedito e quindi di
incrementare il flusso delle disamine, sono stati prescelti i conti degli
enti locali di medie e piccole dimensioni ed i conti erariali che si
caratterizzano per una maggiore omogeneità.
Sin dal 2010 l’ufficio preposto si è occupato di censire gli agenti
contabili delle Asur, degli Ospedali riuniti, delle Camere di Commercio
e delle Comunità montane.
Tuttavia, mentre le Camere di commercio e le Comunità
montane si sono rese disponibili, 1’ASUR Marche (organo di controllo
e gestione di tutte le Asur provinciali), dopo aver sollevato dubbi
sull’obbligo di rendere i conti giudiziali data l’attuale veste privata
(S.p.A.) delle aziende sanitarie, si è limitata a trasmettere un elenco
soltanto parziale degli agenti, quasi esclusivamente cassieri.
Alle sollecitazioni dell’Ufficio, l’ASUR Marche ha contestato la
richiesta sostenendo che la legge regionale n. 47 del 9 giugno 1996
non contempla l’obbligo di nomina dei consegnatari.
Nella considerazione che la mancanza dell’obbligo di nomina
non preclude la possibilità della nomina stessa né esclude la presenza
di
fatto
di
agenti
consegnatari
(soprattutto
delle
costose
apparecchiature sanitarie) l’Ufficio ha inviato la nota dell’ASUR
all’Organo requirente per i necessari approfondimenti (27 giugno
2011).
Analoga richiesta l’Ufficio ha formulato nei confronti delle due
18
Aziende
Ospedaliere
(indipendenti
rispetto
alla
ASUR
Marche):
l’Azienda Ospedaliera Umberto I-Lancisi-Salesi di Ancona e l’Azienda
Ospedaliera San Salvatore di Pesaro.
Mentre quest’ultima ha trasmesso l’elenco dettagliato degli
Agenti Contabili, l’Azienda Umberto I-Lancisi-Salesi ha inviato elenchi
apparentemente
parziali,
poiché
mancanti
delle
figure
dei
consegnatari.
Attualmente si è in attesa degli accertamenti demandati alla
Procura per definire i rapporti nei riguardi dell’azienda anconetana.
Ulteriore
questione
di
rilievo,
esaminata
dalla
Sezione
giurisdizionale, concerne la fattispecie sanzionatoria prevista dall’art.
30, comma 15, della legge n. 289/2002 che dispone: “Qualora gli enti
territoriali ricorrano all’indebitamento per finanziare spese diverse da
quelle
d’investimento,
Costituzione,
i
relativi
in
atti
violazione
e
contratti
dell’articolo
sono
119
nulli.
Le
della
sezioni
giurisdizionali regionali della Corte dei conti possono irrogare agli
amministratori, che hanno assunto la relativa delibera, la condanna
ad una sanzione pecuniaria pari ad un minimo di cinque volte e fino
ad un massimo di venti volte l’indennità di carica percepita al
momento di commissione della violazione”. Tale fattispecie presa in
esame nella sentenza n. 27 del 17 gennaio 2011, è stata integrata,
sotto il profilo fattuale, con il concorso di due elementi (la decisione
degli amministratori di effettuare spese non di investimento e
l’assunzione di un mutuo per il loro finanziamento) nel senso che
incorrono, nella specifica responsabilità, sia coloro che decidono di
finanziare spese non di investimento con un mutuo che viene poi
acquisito allo scopo, sia coloro che decidono di utilizzare un prestito
già ottenuto per finanziare spese non di investimento.
La pronuncia ha rilevato in maniera significativa, che, opinando
diversamente, si consentirebbe agli amministratori di eludere la
norma e di sottrarsi alle conseguenti responsabilità, qualora prima
decidessero di finanziare con un mutuo spese d’investimento e una
volta
ottenuto
il
prestito,
lo
utilizzassero
per
spese
non
di
investimento.
Nello
specifico
caso,
dunque,
la
violazione
della
norma
19
costituzionale
(art.
119
comma
5)
è
avvenuta
due
volte,
appalesandosi, in entrambe le determinazioni della Giunta comunale,
la sostanziale volontà dell’organo di governo di finanziare con un
prestito spese non di investimento, ed in particolare, per aver poi
modificato
la
destinazione
delle
somme
prese
a
prestito,
adoperandole per finalità diverse da quelle originariamente previste
ma ugualmente vietate.
Pensionistica
Per
la
cognizione
dell’attività
giurisdizionale
relativa
ai
trattamenti pensionistici dei dipendenti pubblici, attribuzione della
Corte dei conti risalente al T.U. 1214 del 1934, rinvio a quanto
esposto,
analiticamente,
nelle
massime
poste
a
corredo
della
presente relazione e mi limito ad un breve cenno riguardante una
questione recentemente dibattuta in sede giurisprudenziale.
Mi riferisco al D.L. 6 dicembre 2011 n. 201 convertito, con
modificazioni, in L. 22 dicembre 2011, n. 214 (Disposizioni urgenti
per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici).
In tale legge, in considerazione del processo di convergenza ed
armonizzazione del sistema pensionistico attraverso l’applicazione del
metodo contributivo, nonché al fine di migliorare l’efficienza e
l’efficacia dell’azione amministrativa nel settore previdenziale e
assistenziale, viene statuito, all’ art. 21, primo comma, che l’INPDAP
e l’ENPALS sono soppressi dal 1° gennaio 2012 e le relative funzioni
sono attribuite all’INPS, che succede in tutti i rapporti attivi e passivi
degli Enti soppressi.
È importante precisare che, ai sensi del comma 2-bis, in attesa
dell’emanazione dei decreti di natura non regolamentare previsti dal
secondo comma, le strutture centrali e periferiche degli Enti soppressi
continuano ad espletare le attività connesse ai compiti istituzionali
degli stessi. A tale scopo, l’INPS, nei giudizi incardinati relativi alle
attività degli Enti soppressi, è rappresentato e difeso in giudizio dai
professionisti legali, già in servizio presso l’INPDAP e l’ENPALS.
Occorre rilevare in proposito, in merito alla rappresentanza in
giudizio per i ricorsi già instaurati, che fra le Sezioni giurisdizionali
20
regionali (e addirittura nell’ambito delle stesse sezioni), si sono
evidenziate divergenze giurisprudenziali in riferimento alla questione
pregiudiziale della ammissibilità o meno in giudizio dei dirigenti
dell’INPDAP, che, precedentemente al suo inglobamento nell’INPS
erano
ritenuti
legittimati,
secondo
una
prassi
consolidata,
ad
intervenire in giudizio, laddove non fosse esistente sul territorio
l’Avvocatura dello Stato.
Alcuni giudici monocratici, nei confronti dei ricorsi pensionistici
pervenuti in discussione, hanno continuato in tale linea giungendo ad
una sentenza di merito, mentre altri hanno disposto con decreto
l’avvenuta interruzione del processo.
La
disparità
di
trattamento,
derivante
da
una
differente
interpretazione delle norme, dovrebbe essere superata in forza di un
atto intervenuto in data 17 febbraio 2012.
Trattasi, infatti, della procura generale alle liti rogitata da un
notaio in Roma, con la quale il dott. Antonio Mastrapasqua, nella
qualità di presidente dell’INPS e quindi di legale rappresentante, ha
designato 51 Avvocati, tutti del ruolo professionale dell’INPDAP,
affinché
ciascuno
di
essi,
congiuntamente
e/o
disgiuntamente,
rappresenti e difenda l’INPS, successore ex legge dell’INPDAP, nei
giudizi in cui l’Istituto è chiamato a resistere alla lite o promuoverla.
Devo segnalare, al riguardo, che gli avvocati designati nell’atto
notarile possono conferire delega, per l’udienza e gli atti relativi, agli
avvocati del libero foro, inseriti nelle liste circondariali degli avvocati
domiciliatari e sostituti di udienza.
Tale procura svolge i suoi effetti dal 17 febbraio 2012 sia per i
giudizi già incardinati alla data del 31 dicembre 2011, sia per quelli
instaurati a partire dall’1 gennaio 2012 avanti la Corte dei conti.
Quantificazione dell’attività giurisdizionale
Nell’anno 2011 sono state pubblicate n. 245 sentenze di cui 10
in materia di responsabilità e 235 in materia pensionistica e n. 84
ordinanze
sia
in
materia
di
responsabilità
che
in
materia
pensionistica.
Le pronunce di condanna ammontano a € 439.315,26. Sono
21
stati convalidati due sequestri conservativi per un importo totale di €
3.525.451,84.
Sono state tenute 64 udienze.
Sono pervenuti n. 3139 nuovi conti giudiziali e sono stati
approvati n. 72 con discarico degli agenti contabili.
Sono stati dichiarati estinti e restituiti n. 1645 conti giudiziali.
Questa Sezione ha assicurato la tempestività dei giudicati, sia in
relazione alla fissazione delle udienze rispetto alla data del deposito
degli atti introduttivi, sia per ciò che concerne l’emissione delle
relative decisioni.
Sezione regionale di controllo
È per me un privilegio riportare un breve scritto del collega
Presidente della Sezione di controllo per le Marche. Ritengo infatti
doveroso dare spazio, in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario,
a tutte le significative attività svolte nell’ambito delle funzioni
attribuite alla Corte dei conti unitariamente intese, tra cui quelle di
spettanza della predetta Sezione.
Nel 2011 l’attività ha riguardato principalmente i controlli di
regolarità contabile e finanziaria, ai sensi dell’art. 1, commi 166 e
seguenti, della legge n. 266/2005 sui bilanci e sui rendiconti degli
Enti locali del territorio marchigiano.
La natura collaborativa che caratterizza questa forma
di
controllo consente di effettuare un costante monitoraggio sull’attività
degli enti, stimolare processi di autocorrezione e di constatare e
valutare le misure correttive adottate da ciascun ente per ovviare ai
rischi o alle irregolarità segnalate.
Sono state adottate 476 deliberazioni, di cui 27 pronunce di
grave irregolarità.
Alcune
delle
più
rilevanti
irregolarità
e
criticità
hanno
riguardato: gli equilibri di bilancio, i disavanzi di gestione, la gestione
dei residui, i debiti fuori bilancio, il mancato rispetto del patto di
stabilità, la spesa del personale, la verifica del rispetto del vincolo di
indebitamento
(art.
119
Cost.),
la
dismissione
del
patrimonio
immobiliare e gli organismi partecipati.
22
Sul versante dei controlli gestionali particolare attenzione è
stata posta dalla Sezione riguardo al referto annuale sul Rendiconto
generale della Regione Marche, integrato con specifiche trattazioni su
tematiche relative alla sanità, indebitamento e organismi partecipati.
La Sezione ha approvato l’indagine riguardante la “Verifica del
funzionamento dei sistemi di controllo interno”, con particolare
riferimento alla fase di prima applicazione del d.lgs. n. 150/2009 (c.d.
Riforma Brunetta) nei confronti dei comuni della Regione con
popolazione superiore a 20.000 abitanti. Tale attività si è inserita nel
più ampio quadro di una ricostruzione effettuata a livello nazionale
dalla Sezione Autonomie.
In materia di fondi comunitari, la Sezione ha svolto un’indagine
in collegamento con la Sezione Affari comunitari ed internazionali
sulla “Gestione dei fondi comunitari” obiettivo 2 - chiusura della
Programmazione 2000/2006, in forma coordinata con la Corte dei
conti europea.
Apposita indagine di gestione ha riguardato il delicato e
complesso
settore
del
Trasporto
pubblico
locale,
effettuata
in
contraddittorio con la Regione e le cinque Province marchigiane.
Altra
rilevante
assoggettamento
al
attività
controllo
è
quella
preventivo
relativa
di
al
recente
legittimità,
dei
provvedimenti emanati dai Commissari delegati del Governo, in
materia di protezione civile introdotta dall’art. 2, comma 2-sexies, del
d.l. n. 225/2010 convertito nella legge n. 10/2011.
Sono stati sottoposti al predetto controllo 9 atti emanati dal
Commissario delegato per la protezione civile relativi agli “Eventi
alluvionali del settembre 2006” ed al recente “XXV Congresso
eucaristico nazionale” svoltosi ad Ancona nel settembre 2011. La
difficoltà nell’esercizio di tale competenza è rappresentata dai tempi
notevolmente ristretti per l’espletamento del suddetto controllo,
“sette giorni” trascorsi i quali il provvedimento deve ritenersi
registrato.
Significativa, nel 2011, è stata la funzione consultiva alimentata
dal proliferare di modifiche normative che hanno interessato le
autonomie locali. Manovre correttive, vincoli alla spesa di personale,
23
interventi per il coordinamento della finanza pubblica, indebitamento
e questioni inerenti il patto di stabilità, hanno incrementato le
richieste di parere, atteso che le Sezioni regionali, in questo ambito,
reailzzano una importante funzione di ausilio nei confronti degli enti
territoriali,
che
formulano
quesiti
finalizzati
ad
una
corretta
interpretazione delle norme.
Complessivamente sono stati resi 37 pareri, di cui 5 rimessioni
di questioni di massima alle Sezioni Riunite ai sensi art.17, comma
31, D.L. 78/2009, convertito nella Legge 3 agosto 2009, n. 102. Tale
norma ha previsto che il Presidente della Corte può disporre che le
Sezioni Riunite adottino pronunce di orientamento generale sulle
questioni risolte in maniera difforme dalle Sezioni regionali o su
questioni di massima di particolare rilevanza, al fine di garantire
coerenza ed omogeneità nell’attività svolta dalla Corte.
Le problematiche rimesse alle Sezioni Riunite si riferiscono al
leasing immobiliare in costruendo, al divieto di sponsorizzazioni e alla
materia del personale (limiti assunzionali e incentivi economici).
Come si può dedurre dalle predette notazioni ragguardevole è il
lavoro svolto dalla Sezione regionale di controllo, che costituisce un
fondamentale
pilastro
per
il
corretto
svolgimento
dell’attività
amministrativa, nelle molteplici forme via via da essa assunte.
Del resto le funzioni di giurisdizione e controllo della Corte si
integrano perfettamente nella realizzazione della tutela dei beni
pubblici.
***
Riprendendo le osservazioni da me formulate in occasione della
precedente inaugurazione, non posso tralasciare di considerare che
solo attualmente si sta prendendo atto dell’ampiezza ed incisività
negativa di alcune problematiche.
Le cifre, ben note ad un pubblico qualificato, riguardano
l’evasione “nelle sue molteplici modalità” che rifluisce in numerosi ed
ulteriori benefici, la corruzione, sempre più organizzata in cricche, che
moltiplica i costi dei lavori pubblici in maniera esponenziale, gli
sprechi ad ogni livello gestionale, il sommerso previdenziale, truffe e
frodi di vario genere, senza parlare della mafia che si appropria di
24
ingenti risorse.
L’emergenza economica ha portato in maggior rilievo questi
fenomeni illegali, alcuni dei quali non hanno pari in Europa, per le loro
gravissime implicazioni sotto ogni profilo etico, sociale e finanziario.
Si sente sempre più indifferibile la necessità di porvi rimedio o
comunque di
restringerne l’ambito di
operatività
ribaltando le
normative dettate negli ultimi decenni che coprono una serie di fatti
con pene minime e che impediscono di portare alla luce il malaffare
sia pubblico che privato.
Un
processo
normativo
di
riforma
sembra
avviarsi
nella
direzione indicata dalle due Convenzioni di Strasburgo (Civile e
Penale) oggetto di trattato in sede europea sin dal 1999 e mai
ratificate.
Occorre tenere presente che la scarsità delle entrate ha
aggravato il debito pubblico, unitamente alla crescita incontrollata
delle
spese,
mentre
presupposto
per
la
realizzazione
di
un
federalismo equo e solidale è quello di recuperare le consistenti
somme sottratte all’erario al fine di destinarle al benessere sociale e
raggiungere l’equità fiscale.
Vari studi hanno chiarito che l’auspicato federalismo, per ora,
non ha fatto altro che moltiplicare i centri di prelievo fiscale per gli
onesti contribuenti, senza apportare purtroppo alcun vantaggio.
Solo recentemente, d’innanzi alla drammaticità della crisi
economico-finanziaria, è stata rilevata la carenza di un'organica
normativa rispettosa dell’art. 53 della Costituzione “tutti sono tenuti a
concorrere alla spese pubbliche in ragione della loro capacità
contributiva”.
L’attuale emergenza, troppo a lungo negata o sottovalutata,
accresce la legittima domanda di giustizia da parte della collettività,
perché rende più odiosi e percettibili i fatti illeciti, che incidono sul
quadro economico-finanziario, comportando un insopportabile acuirsi
delle disuguaglianze sociali.
La chiusura delle imprese ha creato una massa rilevante di
cassaintegrati, nella migliore delle ipotesi, di soggetti difficilmente
ricollocabili che si aggiungono a coloro che non hanno mai trovato
25
lavoro,
ma
ha
altresì
causato
dannose
conseguenze
per
gli
imprenditori onesti, che non hanno ricevuto sostegno né dagli istituti
di credito al fine di ottenere liquidità, né dallo Stato che non ha
corrisposto loro quanto dovuto.
E forse si dimentica che la Costituzione individua il lavoro come
fondamento della Repubblica e, riconoscendo i diritti inviolabili
dell’uomo,
richiede
l’adempimento
dei
doveri
inderogabili
di
solidarietà politica, economica e sociale.
Il lavoro dunque non può essere considerato una merce di
scambio sottoposta alla legge della domanda e dell’offerta, con
un’intollerabile riduzione del salario per via delle numerose persone in
cerca di occupazione.
Sussiste inoltre un’abnorme disparità di trattamento fra i
comuni lavoratori e coloro che, pur nel rispetto della diversa cultura
acquisita e delle professionalità conseguite, percepiscono retribuzioni,
liquidazioni e benefit del tutto sproporzionati alle loro prestazioni.
Risulta evidente, purtroppo, come non si sia realizzato l’auspicio
di Quintino Sella di ottenere, attraverso un’unica legislazione civile,
l’uguaglianza
delle
condizioni
dei
cittadini
in
qualunque
luogo
dimoranti.
Gli argomenti esposti sono strettamente connessi alle funzioni
della Corte che agisce con imparzialità nell'interesse generale per la
sana e corretta gestione dei beni pubblici operando a tutela della
collettività e dei contribuenti corretti, che esigono equità e rigore.
Un doveroso ringraziamento rivolgo, alla Guardia di Finanza e
all’Agenzia
delle
Entrate
per
l’encomiabile
lavoro
che
stanno
svolgendo su tutto il territorio, nonché a tutte le forze, militari e civili,
che operano insieme alle magistrature tutte, per il rispetto della
legalità il cui valore deve essere tenuto nella giusta considerazione
dall’intera collettività.
Devo segnalare infine che la Corte si trova a svolgere funzioni
diversificate ed incisive pur nell’assenza di un rilevante numero di
magistrati, rispetto all’organico previsto, ed altresì nella carenza di
personale amministrativo dovuta a tagli di bilancio.
Al termine di questa relazione rivolgo un particolare cenno di
26
apprezzamento
a
quanti
collaborano
nell’ambito
della
Sezione
Giurisdizionale dato che ho potuto contare sul valido contributo dei
colleghi magistrati ed anche del personale amministrativo che con
grande senso del dovere ha lavorato con passione e competenza.
MASSIME DELLE PRINCIPALI PRONUNCE EMESSE DALLA
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONE MARCHE NELL’ANNO
2011 IN MATERIA DI RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVO
CONTABILE
1 – Sentenza n. 26 del 17 gennaio 2011 - Pres. De Sanctis, Est.
De Rosa - P.M. Grossi - P.R. c/ V.J. (non costituita).
Assolve il convenuto.
a. Responsabilità amministrativa - Ente sanitario - Assenza
ingiustificata dal servizio del dipendente pubblico - Danno
all’immagine della P.A. - Evento lesivo integrato unicamente
dall’accertamento
della
condotta
integrante
reato
–
Inconfigurabilità
b. Responsabilità amministrativa - Ente sanitario - Assenza
ingiustificata dal servizio del dipendente pubblico - Danno
all’immagine della P.A. – Rilevanza esterna delle condotte al
fine dell’integrazione del danno – Necessità
a. Nel caso di un dipendente pubblico che abbia protratto la propria
assenza dal servizio mediante l’invio di certificati medici contraffatti,
all’Amministrazione di appartenenza, il risarcimento del danno
all’immagine della P.A., asserito per tali fatti arrecato all’Erario, non
può costituire un’ipotesi - peraltro non scevra da rilevanti dubbi di
costituzionalità - di “responsabilità formale” sostanzialmente di natura
sanzionatoria, vale a dire scollegata dall’accertamento d’un effettivo
nocumento della P.A., da attuarsi nella competente sede
giurisdizionale.
b. La tutela risarcitoria della P.A., in ipotesi di danno all’immagine
dell’Ente pubblico, trova giustificazione nell’esigenza di reintegrare gli
effetti del discredito derivante dalla “percezione esterna”, che i
27
consociati abbiano avuto, del divario determinatosi tra le regole
“interne” dell’Amministrazione - necessariamente improntate al
rispetto dei canoni di efficienza, efficacia, imparzialità e legalità
dell’azione amministrativa - e le condotte illecite poste in essere dai
dipendenti pubblici; di talché, deve essere esclusa la sussistenza di
un pregiudizio all’immagine della P.A., anche a fronte della rilevanza
penale dei fatti contestati, laddove non si sia inevitabilmente
ingenerato, nell’ambiente sociale circostante, alcun diffuso e negativo
convincimento che l’Ente pubblico si sia soggettivamente
caratterizzato quanto ad imputazione degli illeciti del dipendente (nel
caso, tale netta distinzione tra il piano delle condotte dell’autrice degli
illeciti e la posizione dell’Ente, è stata affermata dal Collegio
sull’accertamento delle seguenti circostanze: 1) la valenza
strettamente interna dei fatti acclarati nelle sedi penale e disciplinare,
in ragione del coinvolgimento e della conoscenza dei medesimi
unicamente in capo ad operatori dell’Ente sanitario ovvero a medici in
rapporto di servizio con lo stesso; 2) l’ascrivibilità dei fatti contestati
alla sola convenuta, dipendente con mansioni meramente esecutive
e, dunque, non apicali; 3) il rilievo del tutto contenuto, per entità, dei
periodi di assenza illegittima; 4) la scoperta dei fatti penalmente
rilevanti ad opera dello stesso Ente sanitario; 5) la tempestiva
attivazione dei procedimenti penale, disciplinare e contabile, da parte
dell’Amministrazione stessa.
2 - Sentenza n. 27 del 17-01-2011 – Pres. De Sanctis, Est. Di
Luca – P.M. Pomponio – P.R. c/ C. G., G.A., B. F., C. M., T. F., A.
F., C. F., C. G. (Avv. Emanuele Giorgini), P.R. (Avv.ti Aristide
Police, Filippo Degni e Antonio Mastri) S.G. (Avv. Leonardo
Zanetti), M.G. (Avv. Antonio Di Stasi).
a) Responsabilità amministrativa – Enti locali - Divieto di
contrarre mutui per spese non di investimento – Prescrizione
dell’azione
sanzionatoria
e
dell’azione
risarcitoria
Decorrenze
b) Responsabilità amministrativa
giudiziari – decorrenza degli effetti
–
notificazione
di
atti
28
c) Responsabilità amministrativa – Enti locali - Sanzione ex
art. 30 c. 15, L. 289/2002 - Destinatari della sanzione Individuazione
d) Responsabilità amministrativa – Enti locali - Sanzione ex
art. 30 c. 15, L. 289/2002 – Deliberazione di effettuare spese
non di investimento e deliberazione di assumere il relativo
mutuo assunte da soggetti diversi - Destinatari della sanzione
– Individuazione
e) Responsabilità amministrativa – Enti locali - Divieto di
contrarre mutui per spese non di investimento – Sanzione ex
art. 30 c. 15, L. 289/2002 – Nullità del contratti di mutuo –
Causa di esclusione della responsabilità degli amministratori –
Insussistenza
f) Responsabilità amministrativa – Enti locali - Divieto ex art.
30 c. 15, L. 289/2002 - Spese di investimento – Nozione –
Spese per il potenziamento e la riqualificazione della gestione
dei servizi sociali – Inserimento tra le spese di investimento Esclusione
g) Responsabilità amministrativa – Enti locali - Divieto ex art.
30 c. 15, L. 289/2002 – Spese per il finanziamento di società
partecipate – Inserimento tra le spese di investimento Distinzione
a) Il termine prescrizionale previsto dall’art. 3, comma 2, del decreto
legge 15 novembre 1993, n. 453 convertito nella legge 14 gennaio
1994, n. 19, decorre dalla data della stipulazione del mutuo
relativamente all’azione intesa ad ottenere la condanna alla sanzione
di cui all’art. 30, comma 15, della legge 27 dicembre 2002 n. 289
mentre decorre dalla data del pagamento l’azione diretta ad ottenere
la condanna per il danno connesso al pagamento degli interessi
gravanti sul mutuo.
b) In conformità alla più recente giurisprudenza della Corte
Costituzionale (sentenza n. 477/02 e ordinanze nn. 97, 132 e 153 del
2004) e della Corte di cassazione (sentenze 4289/04 e 8447/04) in
tema di notificazioni di atti giudiziari e a seguito della dichiarazione di
29
incostituzionalità del combinato disposto degli art. 149 c.p.c. e 4,
comma 3, 1. 20 novembre 1982 n. 890, ai fini della decorrenza degli
effetti della notifica per il soggetto notificante, ha rilievo il momento
della consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario.
c) I destinatari delle sanzioni previste dall’art. 30, comma 15, della
legge 27 dicembre 2002 n. 289 sono gli amministratori comunali,
ossia gli organi dell’Ente, tra cui la Giunta, ai quali l’art. 77, comma 2,
del decreto legislativo n. 267/2000 attribuisce tale qualifica, ancorché
il progetto che prevede la spesa sia stato compreso fra quelli iscritti
nel bilancio di previsione annuale e pluriennale del Comune, nel
programma delle opere pubbliche e nel piano degli investimenti
approvati dal Consiglio comunale.
d) Poiché la fattispecie sanzionatoria prevista dalla legge n.
289/2002, risulta integrata, sotto il profilo fattuale, con il concorso di
due elementi (la decisione degli amministratori di effettuare spese
non di investimento e l’assunzione di un mutuo per il loro
finanziamento) irrilevante essendo l’ordine cronologico del loro
accadimento, sono responsabili sia coloro che decidono di finanziare
spese non di investimento con un mutuo che viene poi acquisito allo
scopo, sia coloro che decidono di utilizzare un prestito già ottenuto
per finanziare spese non di investimento. Diversamente, si
consentirebbe agli amministratori di poter eludere la norma e di
sottrarsi alle conseguenti responsabilità, se essi prima decidessero di
finanziare con un mutuo spese di investimento poi, ottenuto il
prestito, lo utilizzassero invece per spese correnti.
e) La circostanza che dalla disapplicazione della norma sanzionatrice
deriva la nullità del contratto di stipulazione del mutuo e dei relativi
interessi, non fa venir meno la responsabilità degli amministratori, la
quale dipende esclusivamente dagli aspetti fattuali della vicenda
mentre prescinde da eventuali illegittimità degli atti, ben potendo gli
stessi, ancorché viziati, essere portati ad effetto nella fase esecutiva
della fattispecie processuale contabile.
f) Giusta il disposto dell’art. 3, comma 18, della legge 24 dicembre
2003 n. 350, che individua le specifiche spese di investimento, la
nozione di tale tipo di spesa non può confondersi né con quella di
spesa straordinaria, né con la spesa in conto capitale, in quanto ciò
30
che caratterizza la spesa di investimento è l’aspetto della
patrimonialità, in base al quale la spesa medesima deve essere
sostanzialmente e prevalentemente destinata alla acquisizione ovvero
alla realizzazione di beni durevoli non destinati al consumo. In tale
contesto le spese effettuate dagli amministratori per il potenziamento
e la riqualificazione della gestione dei servizi sociali, essendo rivolte a
soddisfare un fabbisogno corrente, non creano un arricchimento delle
strutture comunali permanentemente deputate allo svolgimento dei
servizi stessi e non possono quindi rientrare in alcuna delle categorie
comprese nella previsione normativa.
g) Il divieto di contrarre mutui per le spese diverse da quelle di
investimento, mentre non riguarda i prestiti accesi per finanziare
debiti fuori bilancio derivanti dalla necessità di finanziare aumenti di
capitale di società partecipate dagli enti locali e destinati alla
costruzione di nuovi impianti ed opere di investimento, trova invece
applicazione nel caso in cui i prestiti vengano contratti per coprire
debiti fuori bilancio di parte corrente destinati a finanziare perdite di
gestione di società di capitali partecipate dagli stessi enti locali.
3 – Ordinanza n. 8 del 21 febbraio 2011 – Pres. f.f. Di Luca,
Est. Quarato – P.M. Pomponio - P.R. c. A. (Avv.ti Marco Napoli,
Sonia Cirella e Francesca Paoletti) e S.G.
Dichiara interrotto il giudizio ai sensi dell’art. 299 c.p.c.
Responsabilità amministrativa – Società posta in stato di
amministrazione straordinaria – Notifica dell’atto di citazione
al rappresentante legale – Interruzione ex art. 299 c.p.c.
La perdita della capacità di stare in giudizio del rappresentante legale
della Società è avvenuta in data antecedente alla notifica dell’atto di
citazione, in quanto la Società medesima è stata posta in
amministrazione straordinaria ed è stato nominato il suo Commissario
straordinario.
La notifica dell’atto di citazione nei confronti di una Società posta in
stato di amministrazione controllata, pur non determinando la nascita
di un nuovo e diverso soggetto, comporta – oltreché il venir meno
delle funzioni di rappresentanza legale e degli organi di
31
amministrazione e di controllo - l’immediata cessazione della
precedente gestione d’impresa e la presa in consegna dei beni da
parte dell’Organo pubblico delegato con l’attribuzione della
rappresentanza legale e della legittimazione processuale al
Commissario straordinario.
La notifica dell’atto di citazione per cui è causa non è stata effettuata
presso il domicilio del Commissario straordinario bensì presso la Sede
legale della Società stessa, nei confronti del suo rappresentante
legale, oramai privo dei poteri di rappresentanza dell’Ente.
Nella fattispecie si versa in una delle ipotesi previste dall’art. 299
c.p.c., applicabile al giudizio di responsabilità amministrativo
contabile, in virtù del rinvio dinamico alle disposizioni contemplate
dal codice di procedura civile, in assenza di disciplina speciale, a
norma dell’art. 26 del R.D. 13 agosto 1933 n. 1038 ( regolamento di
procedura per i giudizi dinanzi alla Corte dei conti ).
Ne consegue che il processo deve essere interrotto in quanto, il
verificarsi di una delle cause di cui all’art. 299 c.p.c., senza che il
Giudice dichiari tale intervenuta interruzione, comporterebbe la nullità
dell’intero giudizio, rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del
procedimento e non suscettibile di sanatoria per effetto
dell’intervento del soggetto.
4 . Sentenza n. 84 del 31 marzo 2011 - Pres. Di Luca, Est. De
Rosa - P.M. Grossi - P.R. c/ R.M. (Avv. Gianni Maresca), F.L.
(Avv. Nicasio Luigi Kogoj), P.W. (Avv.ti Giovanni e Pietro
Ranci).
Assolve i convenuti F.L. e P.W.; condanna R. M. al pagamento di euro
10.000,00, comprensivi di rivalutazione monetaria e interessi.
a. Responsabilità amministrativa - Ente locale - Esecuzione di
opera pubblica - Danno derivante dal pagamento di lavori
eseguiti difformente rispetto al progetto ovvero non eseguiti
affatto - Responsabilità del Dirigente del Servizio LL.PP.
dell’Ente - Esclusione – Fattispecie
b. Responsabilità amministrativa - Ente locale - Esecuzione di
32
opera pubblica - Danno derivante dal pagamento di lavori
eseguiti difformemente rispetto al progetto ovvero non
eseguiti affatto – Responsabilità del Responsabile Unico del
Procedimento (RUP) - Esclusione – Fattispecie
a. L’autorizzazione, disposta con deliberazione dell’Organo esecutivo
del Comune, con la quale una Società per azioni partecipata dall’Ente
pubblico è stata preposta sia all’attuazione dell’intervento
concernente l’opera pubblica da realizzare, sia alla gestione delle
risorse finanziarie concernenti lo specifico progetto, comporta - come
conseguenza - anche quella di spogliare l’Amministrazione comunale
della competenza dell’approvazione della perizia suppletiva e di
variante contenuta nel quinto di legge; dell’asserito conseguente
danno erariale non deve dunque rispondere il Dirigente del Servizio
LL.PP. del Comune che, secondo la tesi attrice, si sia colpevolmente
disinteressato dei profili esecuti dell’appalto, considerato che tale sua
“ingerenza” risultava ab origine inibita dalla specifica modalità di
affidamento dei lavori (fattispecie, quest’ultima, già riguardata da una
precedente pronuncia della Sezione giurisdizionale di condanna degli
Amministratori comunali disponenti tale modalità di affidamento dei
lavori).
b. All’epoca dei fatti contestati, tra i compiti attribuiti al Responsabile
Unico del Procedimento dagli articoli 8 e 9 del d.P.R. 2 dicembre
1999, n. 554 (Regolamento di attuazione della legge quadro in
materia di lavori pubblici 11 febbraio 1994, n. 109 e successive
modificazioni), vi era quello della formulazione - nel caso di gravi
irregolarità - della contestazione degli addebiti all’appaltatore, ciò
tuttavia a seguito dell’espresso impulso del Direttore dei lavori;
pertanto, nel caso di pagamento di lavori difformi rispetto il
progettato ovvero di lavori non eseguiti affatto, il R.U.P. deve essere
mandato assolto dalle richieste di condanna del risarcimento del
danno determinatosi al riguardo, atteso che gli stringenti obblighi di
controllo sull’esecuzione dell’appalto risultavano fondamentalmente
intestati, dalla specifica normativa di settore, alla figura del Direttore
dei lavori e, dunque, non al R.U.P..
5 - Sentenza n. 92 del 15 aprile 2011 - Pres. Giorgione, Est. De
33
Rosa - P.M. Pomponio - P.R. c/ C.N.M. (Avv.to Ubaldo
Lucchetti).
Condanna C.N.M. al pagamento di euro 33.670,26
rivalutazione monetaria, interessi legali e spese processuali.
oltre
a
a. Responsabilità amministrativa - Regione - Contributi
comunitari in agricoltura - Società privata (ditta individuale)
beneficiaria dell’erogazione indebita - Giurisdizione della Corte
dei conti - Sussistenza.
b. Responsabilità amministrativa - Regione - Contributi
comunitari in agricoltura - Azione
di responsabilità
amministrativa proposta nei confronti dell’amministratore di
società privata (ditta individuale) beneficiaria dell’erogazione
indebita - Rapporti con il giudizio pendente innanzi all’AGO
avente ad oggetto la domanda di restituzione del contributo
formulata dalla P.A. – Fattispecie
c. Responsabilità amministrativa – Regione – contributi
comunitari
in
agricoltura
–
Azione
responsabilità
amministrativa proposta nei confronti dell’amministratore di
società privata (ditta) individuale beneficiaria dell’erogazione
indebita - Contenuti e quantificazione del danno erariale
correlato – Fattispecie
a. Sussiste la giurisdizione della Corte dei conti sulla domanda di
restituzione d’un contributo pubblico a fondo perduto concesso ad un
privato dalla Regione Marche, atteso che con tale domanda la parte
pubblica ha sostanzialmente preteso il risarcimento del danno erariale
derivante dallo sviamento delle risorse destinate ad uno scopo
pubblicistico, a garanzia della corretta utilizzazione delle somme
assistite dal vincolo di scopo, posto che eventuali illegittimità d’uso
dei finanziamenti determinano la sottrazione dei finanziamenti nei
confronti di altre imprese, che avrebbero potuto legittimamente
concorrere all’attuazione delle finalità di pubblico rilievo richiedenti il
concorso degli imprenditori (in detta prospettiva da ritenersi,
pertanto, incardinati nella P.A.).
b. In ipotesi di illegittima concessione d’un contributo pubblico,
innanzi al Giudice ordinario si controverte in tema di restituzione del
34
contributo pubblico che, in ragione degli obblighi sanciti dalla specifica
disciplina di riferimento, di derivazione comunitaria, comportano la
revoca dell’intero finanziamento pubblico anche nel solo caso in cui il
privato disattenda agli doveri di informazione - anch’essi assunti con
la domanda di ammissione al beneficio - concernenti il monitoraggio
dell’investimento. Davanti alla Corte dei conti, invece, l’oggetto del
giudizio è il risarcimento del danno erariale conseguente allo
sviamento delle risorse dagli scopi predeterminati dalla disciplina di
riferimento del contributo pubblico; il detto pregiudizio, secondo gli
indirizzi formulati dalla Suprema Corte, non attiene quindi alla
mancata realizzazione (parziale o meno) del progetto illegittimamente
sovvenzionato, bensì alla circostanza dell’avvenuta sottrazione degli
aiuti nei confronti di imprese terze, che ove destinatarie dei
finanziamenti, avrebbero potuto legittimamente concorrere alla
realizzazione dell’interesse pubblico.
c. Nel caso di illegittima concessione d’un contributo pubblico ad un
soggetto privato, l’oggetto del giudizio contabile è il risarcimento del
danno erariale conseguente allo sviamento delle risorse dagli scopi
predeterminati dalla disciplina di riferimento del contributo pubblico,
valutabile nell’avvenuta sottrazione degli aiuti nei confronti di imprese
terze, che ove destinatarie dei finanziamenti, avrebbero potuto
legittimamente concorrere alla realizzazione dell’interesse pubblico;
non ricorrendo tale ipotesi di sottrazione, sussiste comunque il danno
erariale conseguente allo sviamento delle somme dallo scopo
pubblicistico, quantificabile nella differenza tra il contributo concesso
e la quota dell’investimento realizzato in conformità alla disciplina
dello specifico contributo (in base al principio affermato nella
decisione, la Sezione ha statuito la condanna del privato valutando
che la Regione Marche sarebbe addivenuta comunque alla
concessione del contributo pubblico all’impresa, ancorché in misura
ridotta, nell’ipotesi in cui il relativo progetto fosse stato,
originariamente, parzialmente destinato a finalità diverse da quelle
segnatamente valutabili ai sensi del bando di concorso; tanto si è
sostenuto sulla base delle seguenti circostanze: 1) l’impresa si era
collocata all’ultimo posto (il sesto) nella graduatoria degli aspiranti al
contributo, con punteggio complessivo estremamente più basso
rispetto quelli delle imprese concorrenti; 2) gran parte delle somme
35
assegnate dall’Unione Europea, per i fini dello specifico bando di
concorso, non venivano utilizzate e costituivano, pertanto, oggetto di
restituzione all’U.E.; 3) una riduzione in tal senso del contributo
veniva già accordata dalla Regione all’impresa, in fase di concessione
del medesimo, a seguito di un preliminare sopralluogo effettuato dagli
Ispettori regionali rilevante difformità identiche a quelle comportanti,
successivamente alla formale concessione del beneficio, la revoca
dell’intero finanziamento a fondo perduto).
6 - Sentenza n. 99 del 22-04-2011 – Pres. Giorgione – Est. Di
Luca – P.M. Pomponio – P.R. c/ B. G. (Avv. Aldo Valentini)
Responsabilità amministrativa – Danno all’immagine della
pubblica amministrazione - Natura del danno – Prescrizione
dell’azione risarcitoria – Sopravvenienza di norme – Effetti
caducatori della prescrizione già compiuta - Esclusione
Nell’ipotesi di responsabilità amministrativa per danno all’immagine
della pubblica amministrazione addebitata ad un ex dipendente
condannato in via definitiva per reati previsti nel capo I del titolo II
del libro secondo del codice penale, ove la prescrizione dell’azione di
risarcimento, incidente su un rapporto di durata, si sia già compiuta
in base alle norme di cui al secondo comma dell’articolo 1 della legge
14 gennaio 1994, n. 20, come sostituito dall’articolo 3 del d.l. 23
ottobre 1996, n. 543 (per il quale il termine iniziale della prescrizione
del credito erariale deve farsi risalire alla data in cui si sono verificati
gli eventi dannosi che l’hanno determinato e, più precisamente - nel
caso di occultamento doloso dei danno - all’epoca in cui la Procura
contabile ha ricevuto avviso del rinvio a giudizio da parte della
Procura della Repubblica), non può trovare applicazione l’innovativa
disciplina introdotta dal decreto legge 3 agosto 2009 n.103,
convertito, con modificazioni, nella legge 3 ottobre 2009, n. 141 per
la quale il suddetto termine di prescrizione è sospeso fino alla
conclusione del procedimento penale.
Invero, ciò che rileva non è il valore retroattivo o meno della legge n.
141 del 2009 e quindi la sua applicabilità ai giudizi in corso alla data
di entrata in vigore della norma il principio della certezza del diritto,
36
per il quale nessuna nuova norma può modificare i fatti compiuti
produttivi di effetti estintivi di un rapporto giuridico.
Nel caso di specie l’assunto trova sostegno anche nelle seguenti
disposizioni legislative:
Nell’art. 1, comma 2-ter, della legge di riforma 14 gennaio 1994, n.
20, la quale ha introdotto un nuovo termine prescrizionale anche per i
fatti verificatisi anteriormente alla data del 15 novembre 1993 a
condizione che per tali fatti fosse ancora in corso il periodo di
prescrizione previsto dalla normativa precedente;
nell’art. 17, comma 30-ter, del decreto-legge 3 agosto 2009 n.103, il
quale, disponendo che l’azione per il risarcimento del danno
all’immagine si esercita nei soli casi e nei modi previsti dall’articolo 7
della legge 27 marzo 2001, n. 97, fa salvo, indirettamente
richiamandolo, l’art. 129 delle norme di attuazione, di coordinamento
e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto
legislativo 28 luglio 1989, n. 271, il cui terzo comma, prevedendo
l’obbligo del pubblico ministero che esercita l’azione penale per un
reato che ha cagionato un danno per l’erario, di informare la Procura
presso la Corte dei conti, implicitamente consente a quest’ultima di
avviare immediatamente la propria attività istruttoria, ponendo
contestualmente in essere il termine di decorrenza prescrizionale.
7 – Ordinanza a verbale – Udienza del 18 maggio 2011 – Pres.
f.f. Di Luca, Est. Quarato – P.M. Pomponio - P.R. c. M.R. (Avv.
Gianni Marasca), R.C. (Avv. Giampaolo Cosimi), G.C.
(Avv.Emanuele Giorgini), G.M. (Avv. Antonio Di Stasi), A. S.
(Avv. Donato Antonucci), R.P. (Avv.ti Aristide Police, Filippo
Degni e Antonio Mastri), O.B. e altri (Avv. Massimo Spinozzi)
Sospende il giudizio ai sensi dell’art. 295 c.p.c.
Responsabilità amministrativa – contemporanea pendenza di
giudizio di appello avverso ordinanza di rigetto dell’istanza di
nullità dell’atto di citazione – Presupposti per sospensione del
giudizio – Sussistenza.
La questione di nullità sollevata da alcuni convenuti, in via di azione o
37
di eccezione, espressamente prevista dall’art. 17, comma 30-ter, del
decreto legge 1 luglio 2009, n. 78, convertito nella legge 3 agosto
2009, n. 102 e successivamente modificato dall’art. 1, comma 1,
lettera c) n. 1, del decreto legge 3 agosto 2009, n. 103, a suo volta
convertito nella legge 3 ottobre 2009, n. 141, riveste carattere
pregiudiziale rispetto a tutte le altre eccezioni di rito e di merito.
Presso la Sezione giurisdizionale Centrale di appello è tuttora
pendente il giudizio sul reclamo proposto da uno dei convenuti
avverso l’ordinanza di questa Sezione giurisdizionale che aveva
respinto la pari azione di nullità.
Detto giudizio, anche per le connesse questioni di massima sollevate
dalla stessa Sezione d’appello, appare assolutamente pregiudiziale in
ordine alla decisione sulle istanze di nullità che si deve qui assumere,
per cui vi è la necessità di attendere l’esito del giudizio in sede di
appello.
8 - Sentenza n. 133 del 27 maggio 2011 - Pres. Di Luca, Est.
De Rosa - P.M. Mirabella - P.R. c/P.P.. (Avv.Giulio Natali)
Condanna il convenuto al pagamento di euro 5,000,00, comprensivi
di rivalutazione monetaria.
Responsabilità amministrativa - Amministrazione statale Danno erariale derivante dall’assenza dal servizio del
dipendente pubblico protratta per causa del medesimo Sussistenza – Fattispecie
Il dipendente pubblico che abbia ritardato la ripresa dell’attività
lavorativa per condotte illecite reiterate - non ispirate a regole
elementari di prudenza, diligenza, correttezza, fedeltà e buona fede,
determinanti il ritardo del recupero della sua condizione di salute - è
tenuto a risarcire l’Amministrazione di appartenenza con riferimento
alle retribuzioni percepite nel corso dei periodi di protratta assenza
dal servizio, dovuta ad infermità indotta dalle condotte illecite
medesime (nel caso, la condanna statuita dalla Sezione si è basata
sull’accertamento dei seguenti fatti: un dipendente, legittimamente in
aspettativa per motivi di salute per un trauma distorsivo ad una
caviglia, aveva successivamente svolto attività venatoria comportante
38
un impegno fisico in concreto valutato incompatibile, dal Giudice, con
le esigenze di pronta guarigione e di sollecita ripresa dell’attività
lavorativa)
9 - Ordinanza n. 57 del 22 settembre 2011 – Pres. Giorgione,
Est. Quarato – P.M. Pomponio - P.R. c. G.F. (Avv. Riccardo
Leonardi).
Conferma il sequestro conservativo ante causam.
a. Responsabilità amministrativa –Termine per la proposizione
del reclamo avverso ordinanza di conferma del sequestro
conservativo ante causam - Applicabilità del termine di cui
all’art. 669 terdecies c.p.c.
b. Responsabilità amministrativa – competenza territoriale –
Contributi comunitari – Residenza beneficiari privati – Vis
Actractiva - Sussistenza.
c. Responsabilità amministrativa – Prescrizione – Danno –
Concorso di più soggetti – Occultamento doloso – Dies a quo –
Dalla scoperta del danno.
d. Responsabilità amministrativa - Giudizio cautelare –
Requisiti fumus boni iuris e periculum in mora – sussistenza.
a. Il reclamo avverso l’ordinanza di conferma del sequestro cautelare
deve essere proposto entro il termine di quindici giorni di cui all’art.
669 terdecies c.p.c. rubricato “reclamo contro i provvedimenti
cautelari”. Il più breve termine disposto dall’art 739, comma 2, c.p.c.
attiene a procedimenti propri del rito civile, attribuiti alla competenza
del giudice tutelare, che non trovano riscontro nella giurisdizione
domestica.
b. Ogni contributo indebitamente erogato comporta un’autonoma
azione di responsabilità amministrativo contabile a carico di tutti i
soggetti che hanno concorso al singolo indebito pagamento. Gli illeciti
in contestazione riguardano contributi - asseritamente non dovuti percepiti da beneficiari residenti ed operanti nella regione Marche i
quali, in concorso con i funzionari AGEA, avrebbero posto in essere la
39
condotta dannosa che ha prodotto l’indebito esborso di denaro
pubblico. Pertanto, stante l’unicità dell’illecito e delle sue conseguenze
pregiudizievoli (entrambi ancora sub iudice), appare destituita di
fondamento la prospettazione del reclamante secondo cui la condotta
del funzionario debba essere considerata separatamente da quella dei
beneficiari ed attribuita alla competenza di altra Sezione
giurisdizionale.
Non vi è dubbio che il denaro riscosso dai beneficiari, avrebbe dovuto
essere utilizzato proprio al fine di consentire la messa a riposo di
terreni incidenti nella regione Marche.
Pertanto, qualora accertato, il danno si sarebbe verificato proprio in
tale territorio.
c. Nell’ipotesi di occultamento doloso, il termine di prescrizione
dell’azione decorre dalla data di conclusione delle indagini esperite
dall’Organo requirente. In particolare, nell’ipotesi di contemporanea
pendenza di giudizio penale, l’azione di responsabilità amministrativa
nei confronti di più soggetti, chiamati a risponderne a titolo di dolo o
di colpa grave, può essere esercitata solo all’esito delle indagini volte
ad accertare la sussistenza dell’ipotesi di danno e l’identità di tutti i
soggetti che con la loro condotta dolosa o gravemente colposa vi
hanno concorso.
d. Deve essere rigettato il reclamo avverso l’ordinanza di conferma
del sequestro cautelare ante causam. La cognizione del giudice in
sede cautelare è limitata al riscontro di entrambi i requisiti necessari
per l’adozione della misura, vale a dire il fumus boni iuris e il
periculum in mora.
Riguardo, in particolare, al primo degli anzidetti requisiti, è necessario
e sufficiente che sussistano elementi idonei a ritenere la possibile
fondatezza
dei
fatti
oggetto
di
contestazione,
rimanendo
impregiudicata ogni diversa valutazione nella competente sede di
merito.
Il Giudice in sede cautelare non può esorbitare dai propri poteri
vagliando nel merito la fondatezza o meno degli addebiti sottesi alla
domanda di sequestro conservativo.
È, invece, necessario verificare che la misura richiesta risulti non
40
irragionevole e ipoteticamente sostenibile in ragione delle risultanze
documentali acquisite al fascicolo di causa.
Nella fattispecie de qua, dalle indagine esperite nell’ambito
dell’istruttoria penale, sono emerse ipotesi di reato per presunte frodi
comunitarie a carico di 133 soggetti tra privati – beneficiari dei
contributi – e pubblici funzionari.
Il fatto da cui deriva il danno è rappresentato dal comportamento,
ipoteticamente illecito, tenuto dai beneficiari dei contributi in concorso
necessario con i funzionari dell’AGEA i quali, per parte loro, avrebbero
falsificato atti e documenti del fascicolo amministrativo in vantaggio
dei propri sodali. Tale fatto si è verificato nel territorio della regione
proprio in considerazione della competenza dell’Ente territoriale a
gestire le provvidenze di settore per il razionale ed economico
sviluppo delle produzioni agricole nell’area.
La regione Marche figura tra le “persone
procedimento penale attualmente in corso.
offese”
citate
nel
Tanto è sufficiente a ritenere che sussiste il fumus boni iuris
prospettato.
In merito al periculum in mora il Collegio osserva che da tempo la
giurisprudenza di questa Corte dei conti ha chiarito la diversa natura
del sequestro disposto nell’ambito del procedimento penale e di
quello richiesto a fini di tutela risarcitoria delle Amministrazioni titolari
del diritto di credito. Il primo ha carattere sanzionatorio a favore del
Ministero della Giustizia, il secondo persegue finalità conservative a
favore dell’AGEA. Con riferimento al reclamante non vi è dubbio che
tale periculum deriva dalla insufficienza dei beni patrimoniali già
sottoposti ad altri vincoli cautelari.
MASSIME DI ALCUNE PRONUNCE EMESSE DALLA SEZIONE
GIURISDIZIONALE REGIONE MARCHE NELL’ANNO 2011 IN
M
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1 - Sentenza n. 37 del 14 febbraio 2011 – Giudice unico
Scandurra – M.L.B. (Avv.ti Domenico e Paolo Bonaiuti)
41
c/Inpdap
Giudizio in materia di pensioni civili – Ricorso per revocazione
- Errore di fatto – Inammissibilità
L’errore di fatto che può dare luogo a revocazione della sentenza, ai
sensi dell’art. 395, punto 4), del cod. proc. civ. e dell’art. 68, lett. a,
del R.D. n. 1214 del 1934, consiste nell’erronea percezione dei fatti di
causa sostanziatesi nella supposizione dell’esistenza di un fatto la cui
verità risulta incontestabilmente esclusa dagli atti, o nell’esistenza di
un fatto la cui verità è inconfutabilmente accertata, sempre che il
fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito materia del
dibattito processuale su cui la pronunzia contestata abbia statuito.
Il suddetto errore inoltre non può riguardare la violazione o falsa
applicazione di norme giuridiche; deve avere i caratteri dell’assoluta
evidenza e della semplice rilevabilità sulla base del solo raffronto tra
la sentenza impugnata e gli atti o documenti di causa, senza
necessità di argomentazioni induttive o di particolari indagini
ermeneutiche; deve essere essenziale e decisivo, nel senso che tra la
percezione asseritamente erronea da parte del Giudice e la decisione
emessa deve esistere un nesso causale tale che senza l’errore la
pronunzia sarebbe stata diversa.
2 - Sentenza n. 53 del 21 febbraio 2011 – Giudice unico
Scandurra – M.C. + 4 (Avv.to Antonio Salvia) c/Ministero
Economia e Finanze nonché Ministero Difesa
Giudizio in materia di pensioni militari – Riliquidazione
assegno di cura - Meccanismo perequazione automatica Esclusione - Espressa previsione normativa
Nel nostro sistema ordinamentale non esiste (né esisteva all’epoca di
proposizione delle domande amministrative o del ricorso) alcun
obbligo per l’Amministrazione di provvedere all’adeguamento
automatico dell’assegno di cura secondo gli indici Istat.
Rientra nella piena discrezionalità del legislatore stabilire – col solo
limite della palese irrazionalità – nell’ambito di un più vasto disegno
di attuazione dei principi costituzionali, l’istituzione, la misura, le
42
variazioni o, addirittura, la soppressione di qualsivoglia provvidenza o
assegno accessorio.
In mancanza di una espressa disposizione di legge che estenda il
meccanismo delle perequazione all’assegno di cura e in assenza di un
principio a carattere generale che stabilisca tale obbligo, non spetta
l’adeguamento automatico.
3 - Sentenze n. 73 e n. 74 del 14 marzo 2011 - Giudice unico
De Rosa - S.A. e P.P.P. (Avv.to Paolo Angelici) c/Inps (Avv.to
Floro Flori) e Rete Ferroviaria Italiana S.p.a..
In tema di maggiorazione del 18% dell’ex voce retributiva
“indennità integrativa speciale”.
a. Giudizio in materia di pensioni civili e militari Maggiorazione del 18% ex articolo 220 del d.P.R. n. 1092 del
1973 della ex voce retributiva “indennità integrativa speciale”
assorbita nei cc.dd. minimi contrattuali, in base all’articolo 63
del C.C.N.L. delle Attività Ferroviarie del 16 aprile 2003 esatta determinazione dello stipendio da assoggettare alle
modalità di computo previste dall’articolo 220 del d.P.R. n.
1092 del 1973 - Soppressione della ex voce retributiva a tutti
gli effetti e senza eccezione alcuna, nei confronti della
specifica tipologia di personale - Diritto alla maggiorazione del
18% sull’intera voce “stipendio” – Sussistenza
a. L’assorbimento dell’indennità integrativa speciale nei cc.dd. minimi
contrattuali - che, per il personale destinatario dello specifico
contratto, altro non rappresenta che lo “stipendio” di cui agli articoli
43 e 220 del d.P.R. n. 1092 del 1973 - stabilito a far data 1° gennaio
2003 dall’articolo 63 del C.C.N.L. delle Attività Ferroviarie del 16
aprile 2003, ha determinato la soppressione dell’i.i.s. quale voce
autonoma della retribuzione; ne consegue che la relativa categoria di
personale ha diritto alla maggiorazione del 18 per cento sull’intero
“stipendio” prevista dall’articolo 220 del d.P.R. n. 1092 del 1973; a
nulla rilevando - poiché ormai inapplicabili alla fattispecie - le
disposizioni pensionistiche aventi segnatamente ad oggetto la voce
retributiva “indennità integrativa speciale” (fattispecie nuova; con
43
riferimento ad altra categoria di personale, cfr. Sezione Marche 3
novembre 2008, n. 380; 3 agosto 2009, n. 232; 19 ottobre 2009, n.
249; 28 giugno 2011, n. 156).
4 - Sentenza n. 75 del 14 marzo 2011 - Giudice unico De Rosa
- I.D.L. (Avv.to Paolo Angelici) c/Inpdap. In tema di
riliquidazione del trattamento pensionistico
a. Giudizio in materia di pensioni civili e militari - Computo del
trattamento
pensionistico
in
presenza
di
servizi
contestualmente prestati in posizione di part time presso due
Enti pubblici; l’uno a tempo indeterminato e l’altro a tempo
determinato - Diritto alla valutazione del servizio part time
prestato a tempo determinato, ai sensi dell’articolo 8 della
legge n. 554 del 1988 - Valorizzazione nella pensione della
Retribuzione di posizione organizzativa in misura intera Commisurazione del trattamento pensionistico alla ridotta
prestazione lavorativa
a. In presenza di due rapporti a tempo parziale (di cui quello
segnatamente alla base del ricorso, a tempo determinato) la
disciplina pensionistica applicabile alla fattispecie si prospetta quella
recata dall’articolo 8 della legge 29 dicembre 1998 n. 554, costituente
norma di valenza pensionistica di portata generale nell’ambito del
pubblico impiego; ne consegue che risulta valutabile nel computo
della pensione l’intero importo della retribuzione di posizione previsto
per la posizione organizzativa a tempo pieno, ferma in ogni caso la
necessaria e conseguente applicazione delle ulteriori disposizioni
dell’articolo 8 della legge n. 554 del 1988, sostanzialmente
aggancianti la commisurazione del trattamento pensionistico alla
ridotta prestazione lavorativa (fattispecie nuova).
5 – Sentenza n. 80 del 28 marzo 2011 – Giudice unico Di Luca
– M. E.– (Avv. Antonio Salvia) – c/ Inpdap
a) Pensioni Civili - Trattamento pensionistico privilegiato Assegno di cura –Pretesa riliquidazione su base perequativa -
44
Infondatezza
b) Pensioni Civili - Trattamento pensionistico privilegiato Assegno di cura –Omessa previsione di riliquidazione su base
perequativa - Profili di incostituzionalità - Insussistenza
a) Non sussiste il diritto di ottenere la riliquidazione dell’assegno di
cura, percepito nell’ambito della pensione privilegiata, sulla base delle
disposizioni in tema di perequazione dei trattamenti pensionistici, non
sussistendo nell’ordinamento una disposizione di legge che riconosca
tale diritto.
È inconferente il richiamo all’art. 59, comma 4, della legge 27
dicembre 1997 n. 449, ed al collegato art. 11 del decreto legislativo
30 dicembre 1992 n. 503, poiché dette disposizioni, avendo
introdotto restrizioni in materia di perequazione delle pensioni, in
linea con la generale tendenza legislativa iniziata ai principi degli anni
‘90, va interpretato secondo un criterio limitativo, piuttosto che
estensivo.
Tale ultimo articolo, infatti, introduce nuovi criteri perequativi
generalizzati ed esclusivi a decorrere dal 1° gennaio 1998,
prevedendo che gli aumenti a titolo di perequazione automatica delle
pensioni previdenziali ed assistenziali si applicano sulla base del solo
adeguamento al costo vita con cadenza annuale ed effetto dal primo
novembre di ogni anno e che ulteriori aumenti possono essere stabiliti
con legge finanziaria in relazione all’andamento dell’economia e
tenuto conto degli obiettivi rispetto al PIL.
b) La questione di illegittimità costituzionale dell’art. 108 del d.P.R.
29 dicembre 1973, n. 1092, nella parte in cui non prevede un
meccanismo di rivalutazione del beneficio secondo gli indici Istat,
come previsto, per le pensioni, sollevata per contrasto con il
“principio costituzionale di ragionevolezza” e con gli artt. 2, 3 e 32
della Costituzione, è infondata poiché:
1. (rispetto all’art. 2 Cost.: dovere di solidarietà verso i pensionati) il
pubblico interesse - in cui si traduce il criterio di solidarietà sociale - a
che il pensionato goda di un trattamento “adeguato alle esigenze di
vita” concerne il trattamento di quiescenza considerato quale
prosecuzione della remunerazione già percepita in attività di servizio
45
e non si estende a quegli assegni accessori aventi finalità specifiche
diverse dal trattamento pensionistico di base;
2. (rispetto all’art. 3 Cost.: principio di eguaglianza tra il pensionato
titolare dell’assegno di cura rispetto al pensionato non titolare di tale
assegno) non sussiste uguaglianza di posizione tra il pensionato
titolare e quello non titolare dell’assegno di cura, poiché il primo si
differenzia dal secondo per essere, oltreché beneficiario di pensione
privilegiata, portatore di infermità tubercolare o di sospetta natura
tubercolare, alla quale l’ordinamento collega il diritto all’assegno in
questione.
3. (rispetto all’art. 32 Cost.: l’assegno di cura quale strumento per la
tutela della salute) mentre il diritto alla pensione (sia nelle forme
della pensione ordinaria che in quella di privilegio) attiene alla
predisposizione dei mezzi di sostentamento in favore del lavoratore in
quiescenza, l’assegno di cura, ancorché aggiunto a tale trattamento,
risponde alla diversa esigenza della tutela della salute e, in quanto
tale, è soggetto ai principi propri di tale tutela, non necessariamente
corrispondente, sotto il profilo dell’adeguamento economico, a quelli
normativamente previsti per le pensioni.
4. (rispetto al c.d. “principio della ragionevolezza”) la mancata
previsione di un adeguamento automatico dell’assegno di cura in
linea con quello legislativamente adottato per i trattamenti di
pensione non sembra palesemente invadere l’ambito della
irrazionalità delle scelte normative, atteso che per costante
insegnamento della Corte costituzionale rientra nella discrezionalità
del legislatore stabilire la misura dei trattamenti di quiescenza e le
variazioni
dell’ammontare
delle
prestazioni,
attraverso
un
bilanciamento dei valori contrapposti che tenga conto, accanto alle
esigenze di vita dei beneficiari, anche di altre esigenze sociali,
unitariamente considerate con riguardo alle concrete disponibilità
finanziarie e alle esigenze di bilancio.
6 - Sentenza n. 94 del 18 aprile 2011 – Giudice unico
Scandurra – M.E.S. (Avv.to Bruno Pettinari) c/Inpdap
Giudizio in materia di pensioni civili – Pensione diretta di
46
inabilità – Art. 33 RDL n. 680/1938, art. 7 legge 379/1955 e
art. 16 legge 1646/1962 – Presupposti
Termine quinquennale di decadenza – Art. 169 del d.P.R. n.
1092/1973 – Dies a quo – Manifestazione malattia
Maggiorazione pensione ordinaria - Art. 3 legge n. 965 del
1965
In base al dato letterale delle disposizioni di legge, disciplinanti la
materia, occorre accertare, ai fini del riconoscimento del diritto a
pensione, la “permanente” inabilità a prestare ulteriore servizio,
intendendosi, per tale, non l’inidoneità “assoluta” a qualsiasi impiego
e mansione, quanto piuttosto l’inidoneità a svolgere le mansioni
proprie della qualifica posseduta, al momento della cessazione dal
servizio.
Il termine quinquennale per l’inoltro della domanda di pensione
privilegiata comincia a decorrere dalla manifestazione della malattia.
Il principio, valevole in materia di pubblico impiego, non può non
trovare applicazione anche in materia di trattamento pensionistico
spettante ai dipendenti degli enti locali, in quanto espressione di un
principio di civiltà giuridica, che in una visione sistematica è comune a
tutti gli ordinamenti previdenziali, rispondente alla medesima ratio
ispiratrice.
Al dipendente, appartenente all’ordinamento ex CPDEL, cessato dal
servizio per inabilità dipendente dall’esercizio delle proprie funzioni,
non spetta un’autonoma pensione privilegiata tabellare, bensì una
maggiorazione della pensione ordinaria nella misura indicata dall’art.
3 della legge n. 965 del 1965.
7 - Sentenza n. 162 del 5 settembre 2011 - G.U. Quarato – U.
M. (Avv. Paolo Angelici) c/ Inpdap
a. Pensioni civili e militari – Pretesa a percepire, in misura
intera, le variazioni dell’indennità integrativa speciale dal
compimento dell’età massima prevista per il collocamento a
riposo. Esclusione
47
Non merita accoglimento la domanda volta al riconoscimento del
diritto a percepire, in misura intera, le variazioni dell’indennità
integrativa speciale dal compimento dell’età massima prevista per il
collocamento a riposo, ai sensi dell’art. 10, comma 4, del d.l. n. 17
del 29 gennaio 1983, convertito nella legge numero 79 del 25 marzo
1983. I ricorrenti hanno compiuto il sessantacinquesimo anno di età
dopo l’entrata in vigore della legge n. 448 del 1998 (legge finanziaria
1999) per la quale dal 1° gennaio 1999 il meccanismo della
rivalutazione delle pensioni opera, per ogni singolo beneficiario, in
funzione dell’importo dei trattamenti pensionistici complessivamente
percepiti. Pertanto, il diritto vantato appare insussistente per effetto
della nuova disciplina e nessuna questione può più porsi in merito
all’attuale vigenza dell’art. 10, comma 4, della legge n. 79 del 1983.
8 - Sentenza n. 169 del 7 luglio 2011 – Giudice unico
Scandurra F.C. (Avv.ti Angelo Raffaele Villani e Lorenza
Scaravelli) c/ Ministero della Pubblica Istruzione – Ufficio
Scolastico Provinciale di Ancona
Giudizio in materia di pensioni civili – Riliquidazione pensione
mediante
inclusione
in
“Quota
A”
della
retribuzione
pensionabile - Mansioni superiori riconosciute in sede di
giudicato civile
Ai fini della valutabilità in “Quota A” di pensione, ex articolo 13,
comma 1, lett. a) del decreto legislativo n. 503 del 1992, delle
maggiori retribuzioni correlate alle mansioni superiori, siccome
riconosciute in sede civile, va riconosciuto valore prevalente, pur in
assenza di un formale provvedimento di inquadramento in altra e
superiore qualifica, al giudicato formatosi sulle decisioni del Giudice
del Lavoro.
La base per il trattamento pensionistico va calcolata prendendo a
riferimento il trattamento effettivamente percepito dall’interessata
per ben oltre sette anni, tanto più che su di esso sono state calcolate
anche le ritenute previdenziali, traendo esse origine e legittimazione
dalla prestazione lavorativa effettivamente svolta.
48
9 - Sentenza n. 184 del 18 luglio 2011 – G.U. Quarato – L. C.
ed altri (Avv.Pierangelo Ladogana) c/ Ministero della Difesa
a. Pensioni civili e militari – Domanda di accertamento del
diritto acquisito al 31 dicembre 1997 da parte di personale
militare attualmente in servizio per il transito anticipato in
regime di quiescenza. Esclusione
Deve essere rigettata la domanda di personale militare attualmente in
servizio, per l’accertamento del diritto a poter transitare in regime di
quiescenza, previo riconoscimento di analogo diritto acquisito al 31
dicembre 1997 - ante il cosiddetto “blocco delle pensioni”, introdotto
dalla legge n. 335 del 1995 e dal decreto legislativo n. 165 del 1997 avendo a detta data maturato il periodo minimo di anzianità
contributiva pari ad anni 19, mesi 6 e giorni 1, con ogni conseguenza
di legge.
10 - Sentenza n. 189 del 1° settembre 2011 – G.U. Quarato –
L. P. (Avv.Lucia Paolinelli) c/ Inps - Fondo di previdenza per il
personale delle Ferrovie dello Stato.
a. Pensioni civili e militari – Pretesa alla maggiorazione del 18
per cento sulla voce “stipendio tabellare” comprensiva
dell’indennità integrativa speciale. Esclusione
Non merita accoglimento la domanda volta al riconoscimento – in
sede di computo del trattamento pensionistico spettante ai lavoratori
del comparto ferroviario e della scuola - del diritto ad ottenere la
maggiorazione del 18 per cento sulla voce “stipendio tabellare”
comprensiva dell’IIS, così come conglobata in base ai CCNL del
periodo di riferimento. La modifica della struttura retributiva del
pubblico dipendente non comporta conseguenze dirette sul quantum
della pensione che ad esso lavoratore spetterà una volta posto in
quiescenza. La disciplina previdenziale è riservata alla legge (intesa
nel senso lato di atto normativo di rango primario o secondario) dello
Stato (art.117 Cost.).
Entrambe le discipline, del lavoro e previdenziale, sono vincolanti,
l’una demandata agli accordi negoziali, l’altra a norme giuridiche.
49
Le provvidenze concesse in sede di contrattazione collettiva non si
estendono al trattamento previdenziale se per esso non vi è stata
apposita previsione e copertura della spesa conseguente.
In applicazione dei principi che si rinvengono nell’ordinamento
giuridico considerato nel suo complesso, il giudice deve tenere conto
dei limiti posti a tutela della finanza pubblica.
11. - Sentenza n. 197 del 3 ottobre 2011 – Giudice unico
Scandurra – L.S. (Avv.to Bruno Pettinari) c/Ministero della
Difesa.
Giudizio in materia di pensioni militari – Domanda
aggravamento – Supplemento istruttorio – Esclusione
Il ricorrente non ha introdotto né in sede di ricorso, né in sede di
visita medico legale presso il Collegio medico legale nuovi o ulteriori
elementi di giudizio o perizie medico legali, idonei a mutare le
diagnosi di “guarigione” già rese dalle competenti commissioni
mediche o ad avvalorare quanto richiesto e definire dettagliatamente
la valenza del quadro patologico e disfunzionale, tali, comunque, da
giustificare il ricorso ad una nuova valutazione medico legale.
L’assenza di significative limitazioni articolari e di gravi deficit
muscolari non consentono di esprimere un giudizio diverso da quello
reso dall’interpellato Collegio medico legale di non riscontrato
aggravamento delle infermità lamentate.
12. - Sentenza n. 198 del 3 ottobre 2011 – Giudice unico
Scandurra – V.E. (Avv.ti Giovanni Maria Bettoni e Roberto
Gasparrini) c/ Ministero dell’Economia e delle Finanze e
Agenzia del Territorio Ufficio Provinciale di Macerata.
Giudizio in materia di pensioni civili – Non dipendenza da
causa di servizio - Art. 64 e segg. d.P.R. n. 1092 del 1973
Il diritto a pensione privilegiata non è legato al mero manifestarsi di
una malattia invalidante, ma alla provata sussistenza anche di un
concreto nesso eziologico tra le situazioni cui il soggetto sia stato
50
esposto per poter assolvere gli obblighi di servizio ed il conclamarsi
dell’infermità. Spetta il diritto a pensione quando l’infermità,
derivante dall’adempimento di obblighi di servizio comporti
menomazioni che rendano il dipendente inabile al servizio,
costituendone causa ovvero concausa efficiente e determinante.
13 - Sentenza n. 200 del 3 ottobre 2011 – Giudice unico
Scandurra – M.A. (Avv. Pasquale Vivolo) c/ Ministero
dell’Economia e delle Finanze, Direzione Provinciale di Ascoli
Piceno e Ministero della Difesa, Direzione Generale per il
Personale Militare.
Difetto di legittimazione passiva del Ministero della Difesa
Indennità integrativa speciale in misura intera, tredicesima
mensilità e assegni familiari su pensione privilegiata tabellare
in costanza attività lavorativa
Accoglimento domanda nei limiti prescrizionali
Inammissibilità domanda assegni familiari - Art. 71 lett. b)
R.D. n. 1038 del 1933
In via preliminare, va rilevato il difetto di legittimazione passiva del
Ministero della Difesa, vertendosi in tema di somme, la cui
corresponsione rientra nelle competenze dell’Amministrazione
finanziaria, senza alcun coinvolgimento del predetto Dicastero.
La questione, attinente al diritto alla corresponsione dell’indennità
integrativa speciale in misura intera e della tredicesima mensilità
sulla pensione per il periodo di concomitante attività lavorativa deve
ormai considerarsi positivamente risolta a seguito delle sentenze della
Corte costituzionale n. 566/1989, n. 204/1992 e n. 232/1992 nonché
dell’ordinanza della stessa Corte costituzionale n. 517/2000 e della
sentenza delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti n. 14/2003/QM.
Rilevato che la domanda avente ad oggetto la richiesta di assegni
familiari non risulta preceduta, ai sensi dell’art. 71 lett. b) del R.D. n.
1038 del 1933, dalla necessaria istanza in sede amministrativa e che
essa appare, altresì, priva di qualsiasi specificazione e non supportata
51
da alcun elemento di riscontro né da argomentazioni circostanziate,
ne va dichiarata l’inammissibilità.
14 - Sentenza n. 225 del 7 novembre 2011 - Giudice unico De
Rosa - M.M. (Avv.to Alberto Cerioni) c/Ipost ora Inps (Avv.to
Magda Signore) Poste Italiane S.p.a. (Avv.ti Luisa Iannacci e
Sergio Galassi) e Inpdap. In tema di recupero d’indebito
pensionistico
a. Giudizio in materia di pensioni civili e militari Legittimazione processuale passiva di Poste Italiane S.p.a. con
riferimento alla liquidazione del trattamento provvisorio di
pensione attuata dall’Amministrazione autonoma delle Poste e
delle Telecomunicazioni - Configurabilità – Fondamento
b. Giudizio in materia di pensioni civili e militari Legittimazione processuale passiva dell’Inps succeduta nel
rapporto all’Ipost, soppresso, liquidante la pensione definitiva
dedotta nel giudizio – Sussistenza
a. La legittimazione processuale passiva di Poste Italiane S.p.a. nell’ambito del giudizio concernente l’esatto ammontare del
trattamento pensionistico spettante ad un operatore TLC collocato in
quiescenza in data 5 gennaio 1991 - trova il seguente duplice
fondamento: la constatazione che il trattamento provvisorio di
pensione veniva liquidato direttamente dall’Amministrazione Poste e
Telecomunicazioni (sulla base dell’ordinamento previgente al decreto
legge n. 487 del 1993 convertito nella legge n. 71 del 1994), cui
succedevano dapprima l’Ente Poste Italiane e quindi Poste Italiane
S.p.a.; il dato che l’eventuale riliquidazione del trattamento
pensionistico definitivo, da parte della competente Gestione
previdenziale - sull’ordine del Giudice - non può che poggiare sulla
rideterminazione del trattamento retributivo spettante al dipendente
alla data di cessazione del servizio, competenza oggi intestata in capo
a Poste Italiane S.p.a. medesimo.
b. La legittimazione processuale passiva dell’INPS - nell’ambito del
giudizio concernente l’esatto computo del trattamento pensionistico di
un operatore TLC collocato in quiescenza in data 5 gennaio 1991 trova fondamento nel fatto che detto Istituto è succeduto all’IPOST,
52
liquidante il trattamento pensionistico definitivo fondamentalmente
impugnato col ricorso (poiché d’importo meno favorevole, per il
pensionato, rispetto quello provvisoriamente allo stesso attribuito), in
tutti i rapporti attivi e passivi dell’Ente soppresso ai sensi dell’articolo
7 del decreto legge n. 78 del 2010 convertito nella legge n. 122 del
2010.
53