PREMESSA Desidero porgere il saluto ed il ringraziamento, miei personali e della Sezione, a Sua Eccellenza l’Arcivescovo, alle Autorità militari e civili e specificatamente al Presidente della Giunta Regionale, ai deputati ed ai Senatori presenti, al Sindaco della Città, al Presidente della Provincia, ai Prefetti, agli Avvocati ed ai rappresentanti delle categorie professionali e delle Associazioni. Un particolare saluto rivolgo al Presidente della Sezione Regionale del controllo, ai rappresentanti del Consiglio di Presidenza e dell’Associazione magistrati della Corte dei conti, ai magistrati amministrativi ed ordinari nonché ai colleghi magistrati ed al personale tutto della Corte dei conti. Un saluto grato va a tutti i gentili ospiti qui intervenuti. L’inaugurazione dell’anno giudiziario non è mero atto rituale bensì è un momento significativo comportando a livello nazionale e regionale una riflessione sul ruolo della magistratura contabile, della utilità della sua azione che è posta a presidio di interessi e valori pubblici di spiccato rilievo. Ciò non solo per una esigenza di trasparenza nei confronti della collettività, ma anche per un esame il più possibile approfondito circa l’impegno profuso e per la verifica dell’efficacia, sul piano operativo, degli strumenti messi a disposizione dal legislatore al fine di superare le criticità presenti nel contesto economico finanziario. RELAZIONE La legge 14 agosto 1862 n. 800 segna la nascita della Corte dei conti unica, con la contestuale abolizione delle Corti contabili che all’atto della proclamazione del Regno d’Italia (17 marzo 1861) avevano sede a Torino (per lo Stato di Sardegna) a Firenze (per il Granducato di Toscana) a Napoli e Palermo (per il Regno delle due Sicilie) in quanto esistenti al momento della unificazione. 1 In detta legge si rinviene il nucleo fondante delle attribuzioni conferite alla Corte dei conti sia per quanto attiene la funzione di controllo (vigilanza sulla gestione delle spese, dei conti dei Ministri in conformità al conto generale dello Stato, vigilanza delle entrate e delle cauzioni) sia per quanto concerne la funzione giurisdizionale (giudizio sui conti). È importante tenere presente che, con l’art. 15 venne statuito che la responsabilità dei ministri non viene mai meno in qualsiasi caso per effetto della registrazione e del visto della Corte. Sarebbero molte le considerazioni da formulare in merito a questo fondamentale principio. Quintino Sella dichiarò insediata la Corte dei conti del Regno d’Italia e definì “altissime” le attribuzioni che la legge affidò ai magistrati, demandando la fortuna pubblica alle loro cure considerandoli “tutori della ricchezza delle Stato”. Appare rilevante ricordare che nel suo discorso, ritenne di evidenziare come la creazione della Corte “non solo compie la unificazione di un importantissimo ramo della Pubblica amministrazione ma inizia quella unità di legislazione civile che giova ad uguagliare le condizioni dei cittadini, qualunque sia la parte d’Italia ove ebbero nascimento o tengono dimori”. D’altro canto, il primo Presidente Federico Colla valutò “l’istituzione della Corte quale pubblico segno del sommo pregio in cui vuol essere tenuto il retto e ben regolato maneggio del denaro e di tutte le altre cose che allo Stato appartengono”. Sebbene possa sembrare superfluo richiamare le storiche affermazioni non si può che essere d’accordo nel constatare l’attualità delle esigenze e delle finalità in esse espresse. Il ruolo della Corte dei conti è stato via via nel tempo ampliato, talora in maniera organica e talvolta, in epoca più recente, con una normativa dettata in via episodica, a presidio della corretta utilizzazione delle risorse finanziare gestite ad ogni livello. Tutto ciò con riguardo sia alla indefettibilità degli obblighi comunitari sia al rigore necessario per la gestione delle provvidenze conferite nel processo federalista che dovrà trovare momenti di arbitraggio e di 2 autorevole composizione degli interessi erariali in gioco. Per quanto concerne il federalismo, da taluni è stata data una rappresentazione ottimistica, in base alla quale si è diffusa la percezione che si sarebbe potuto realizzare, in breve tempo, un nuovo sistema di ripartizione delle risorse e delle responsabilità, ma ciò non sembra facilmente attuabile, atteso che occorre porre in essere un assetto che valorizzi le autonomie e le specificità locali non trascurando, d’altro canto, l’indispensabile solidarietà pubblica che assicuri una graduale riduzione del gap tra le aree povere del paese e quelle ricche. In proposito il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha osservato più volte che al federalismo non possono essere attribuite virtù salvifiche o miracolistiche, specificando che si tratta al contrario di un processo complesso, perché occorre, altresì, passare da un sistema fortemente centralizzato ad uno Stato federale. Ha affermato inoltre che non è ipotizzabile un percorso a due velocità. Nord e Sud devono crescere insieme in base a uno sviluppo economico che sia fondato su una corretta gestione delle risorse. Novità legislative del 2011 Durante il decorso anno l’ordinamento giuridico si è arricchito di novità normative volte a costituire una fitta trama di regole per operare il risanamento dei bilanci pubblici e per maggiormente responsabilizzare tutti coloro che sono impegnati nella gestione delle risorse collettive. Appare opportuno farne cenno perché la Corte dei conti è investita di più ampie e delicate funzioni. *** D.lgs. 23 giugno 2011 n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi). Nel comparto regionale sono presenti sistemi contabili differentemente articolati, mentre per gli enti locali, pur a fronte di un unificato schema contabile, si ottengono dati non omogenei che rendono difficile la comparazione, l’applicazione e conseguentemente 3 il controllo, per non parlare delle variegate modalità di esternalizzazione dei servizi. La disciplina adottata, che assolve alla necessità di chiarezza e di comprensibilità, serve a rendere i predetti schemi di bilancio convergenti con l’impostazione del bilancio dello Stato. Di speciale rilevanza sono le disposizioni dettate nel predetto decreto in materia dei conti sanitari e delle relative risorse, in quanto mirano a superare gravi situazioni di deficit. Ciò allo scopo di pervenire ad una spesa il più possibile efficiente ed efficace e garantire, quindi, effettività al finanziamento dei livelli di assistenza sanitaria, rendendoli omogenei in tutto il territorio nazionale. D.lgs. 30 giugno 2011 n. 123 (Riforma dei controlli di regolarità amministrativa e contabile e potenziamento dell’attività di analisi e valutazione della spesa). In tale decreto l’art. 24 stabilisce, con riferimento ai controlli ispettivi di finanza finalizzati a ricondurre a economicità e regolarità le gestioni pubbliche, che, nel caso in cui la relazione degli ispettori incaricati evidenzi ipotesi di danno erariale, sia effettuata apposita segnalazione alla Procura regionale della Corte dei conti competente per territorio. D.lgs. 6 luglio 2011 n. 98, convertito in L. 15 luglio 2011, n. 111 (Disposizioni urgenti in materia finanziaria). La giurisdizione contabile viene chiamata in causa in detto decreto da numerose incisive norme. L’art. 11, in materia di acquisto di beni e servizi da parte di amministrazioni pubbliche, sancisce la nullità di atti e contratti posti in essere in violazione dei parametri prezzo-qualità, stabiliti in via normativa, e la connessa responsabilità erariale. L’art. 12 in tema di acquisto, vendita, manutenzione di immobili pubblici prevede la responsabilità amministrativa, in caso di omissioni delle comunicazioni dettate dalla legge a carico dei dirigenti delle amministrazioni pubbliche, e stabilisce obblighi di segnalazione alla Corte dei conti da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze. L’art. 20 delinea un nuovo patto di stabilità interno fondato su parametri di virtuosità; e per la sua salvaguardia impone alle Sezioni 4 giurisdizionali regionali, di irrogare sanzioni pecuniarie agli amministratori degli enti locali ed al responsabile del servizio economico-finanziario, ove accertassero che il rispetto del predetto patto è stato conseguito in maniera artificiosa. L’art. 34 detta una disciplina integrativa in materia di espropriazione per pubblica utilità, regolamentando l’utilizzo dei beni dei privati da parte dell’Amministrazione, in assenza di un valido titolo giuridico. Il legislatore è intervenuto a seguito della dichiarazione di incostituzionalità (Corte Costituzionale, sent. n. 293 del 2010) dell’art. 43 del T.U. 8 giugno 2001 n. 327, anche con riferimento alle numerose sentenze della Corte Europea dei diritti dell’uomo, che ha condannato in più occasioni l’Italia. Sulla base delle novelle norme, la Pubblica Amministrazione deve ora valutare le circostanze, comparando gli interessi in conflitto e decidendo se demolire in tutto o in parte l’opera restituendo l’area al proprietario, oppure disporne l’acquisizione, ove ritenga ancora utile il progetto. Il provvedimento finale deve essere trasmesso, entro trenta giorni, alla Corte dei conti dalla Autorità che lo ha emanato. In tali disposizioni non risulta indicato lo scopo della trasmissione ma, logicamente, potrebbe ritenersi che essa sia finalizzata a consentire un riesame dell’intera procedura seguita, così da verificare la sussistenza dei presupposti e l’accertamento di un’eventuale responsabilità dei funzionari pubblici che hanno concorso all’occupazione senza titolo di beni di soggetti privati, con conseguente aggravio delle risorse pubbliche. D.lgs. 6 settembre 2011, n. 149 (Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a Regioni, Province e Comuni). Questo decreto presenta carattere ordinamentale di chiusura del disegno federativo, coniugando i maggiori spazi di autonomia con un complesso sistema di responsabilità, affidandoli a meccanismi sanzionatori e premiali nell’intento di garantire la tenuta dell’assetto del sistema normativo delineato in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione. Il disavanzo in generale, e quello sanitario in particolare, é una 5 delle preoccupazioni più pregnanti del legislatore, tanto da averlo indotto a dettare le norme in argomento per porre rimedio ad una gestione non corretta del denaro pubblico ed innescare al contrario un circuito di virtuosità. Anche in tale quadro un ruolo ragguardevole è attribuito alla Corte dei conti, quale garante imparziale degli equilibri della finanza pubblica, nel contesto costituzionale dei rapporti StatoRegioni-Autonomie Locali. Viene previsto un sistema sanzionatorio basato su un complesso procedimento che non appare di facile decifrazione ed interpretazione. I provvedimenti per la rimozione del presidente e per lo scioglimento del consiglio regionale sono adottati, sia pure in base all’accertamento di addebitabilità demandato alla Corte dei conti, con decreto del Presidente della Repubblica, previa decisione del Consiglio dei Ministri deliberata su proposta del Presidente del Consiglio e previo parere conforme della maggioranza qualificata, dall’apposita Commissione parlamentare. La legge individua preliminarmente le condizioni che debbono concorrere affinché possa ritenersi verificato il grave dissesto finanziario, che, in tal modo, deve ritenersi una fattispecie tipizzata d’illecito finanziario, a seguito del mancato rientro da deficit della spesa sanitaria. Nella citata ipotesi, la Corte dei conti non è chiamata dalla legge a irrogare sanzioni (nella specie, scioglimento del consiglio regionale, nonché rimozione e non candidabilità del presidente regionale) ma a verificare, nei termini fissati dalla legge, la sussistenza del dissesto finanziario con riferimento al disavanzo sanitario, e la sua riconducibilità alla “diretta responsabilità con dolo o colpa grave” del Presidente regionale. La normativa in questione non chiarisce a quale organo della Corte spetti la competenza a porre in essere gli accertamenti relativi al dissesto finanziario ed al diretto addebito dello stesso a dolo o colpa grave del Presidente regionale e dunque in ordine a ciò si sono profilate diverse interpretazioni, la prima delle quali ritiene di attrarre la competenza alla Sezione regionale del controllo, sul presupposto che tale Sezione ha gli strumenti adatti per verificare i profili di 6 dissesto e di disequilibrio grave degli Enti in parola. L’altro orientamento propende per la tesi che tali competenze debbano essere attribuite alla Sezione giurisdizionale e, quindi, in primis alla Procura contabile, nella considerazione che lelemento psicologico della colpa grave o del dolo è condizione della responsabilità amministrativo-contabile, ordinariamente riscontrato dalla stessa Sezione, ritenendo altresì che in tale sede sono esattamente osservate tutte le garanzie previste dall’art. 111 della Costituzione. È indubbio che dalle disposizioni in parola, si evince che la Corte dei conti deve prioritariamente compiere un accertamento tecnico per riscontrare la sussistenza del grave dissesto finanziario derivato da disavanzo sanitario, ma, successivamente, ha lonere di valutare la presenza di un nesso di causalità tra il comportamento del Presidente della Giunta ed il verificarsi delle condizioni in precedenza enunciate, nonché la valenza dell’elemento psicologico del dolo o della colpa grave in capo al Presidente. La Regione Emilia Romagna ha sollevato, anche in ordine ai dubbi di interpretazione sopra esposti, questione di legittimità costituzionale per eccesso di delega in relazione all’art. 76 e per diretta violazione dell’art. 126 della Costituzione, in quanto introduce l’autonoma fattispecie di grave dissesto finanziario con riferimento al disavanzo sanitario, e collega ad esso la rimozione del Presidente della Giunta regionale. I disavanzi in altri settori di spesa, possono invece comportare, quale esito, se del caso, l’avvio di una gestione commissariale affidata allo stesso Presidente regionale. Quanto ai revisori regionali, la Corte dei conti è chiamata a certificare lo speciale dissesto della finanza sanitaria e stabilire se agli stessi siano ascrivibili “gravi responsabilità” nello svolgimento della loro attività. In tale evenienza le sanzioni interdittive conseguono direttamente ed automaticamente all’accertamento, che deve avvenire in sede di giudizio per espressa previsione normativa. Anche per i presidenti provinciali, sindaci e revisori degli enti locali, è indispensabile un previo accertamento giudiziale di 7 responsabilità, cosicché non è dubbia la competenza delle Sezioni giurisdizionali regionali. A seguito della pronuncia di condanna della Corte, vengono a determinarsi automaticamente la decadenza e gli effetti interdittivi a carico dei soggetti sopra elencati. D.lgs. 27 ottobre 2011, n. 199, (Disciplina del dissesto finanziario delle università e del commissariamento degli Atenei). Tale decreto prevede, tra l’altro, che la dichiarazione di dissesto finanziario dell’Università debba essere trasmessa alla Procura regionale presso la Corte dei conti, unitamente ai bilanci degli ultimi due esercizi finanziari approvati e disciplina altresì, ai fini del controllo, ulteriori obblighi di trasmissione alla stessa Procura, relativi all’attuazione del piano di rientro ed in tema di relazione finale e rendiconto della gestione commissariale. Legge 12 novembre 2011, n. 183 (Legge di stabilità 2012). In detta legge si ribadisce quanto già disposto dalla legge n. 111/2011, statuendo che, qualora le Sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti accertino che il rispetto del patto di stabilità interno sia stato artificiosamente conseguito, mediante una non corretta imputazione delle entrate o delle uscite ai pertinenti capitoli di bilancio o tramite altre forme elusive, le Sezioni stesse applichino agli amministratori che hanno posto in essere i predetti comportamenti, la “condanna ad un sanzione pecuniaria”. La norma in questione si caratterizza per una connotazione indiscutibilmente sanzionatoria, deducibile dalla sua formulazione testuale, ma anche dalla tipizzazione delle condotte illecite e dalla predeterminazione dell’ammontare delle relative sanzioni, sia pur entro un importo legislativamente differenzia, predefinito. quindi, La dall’ordinaria responsabilità sanzionatoria responsabilità si amministrativo- contabile basata sull’effettivo pregiudizio delle risorse pubbliche. D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214 (Disposizioni per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici). Anche questo testo normativo disciplina o attribuisce funzioni di controllo. L’art. 3, con riferimento all’istituzione di un “Fondo di 8 compensazione per gli interventi volti a garantire lo sviluppo”, da ripartire fra le diverse Regioni in rapporto ai fondi strutturali, prescrive la comunicazione, quando viene utilizzato il predetto Fondo, oltre che al Parlamento, anche alla Corte dei conti. L’art. 22, nell’istituire “l’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane (ICE), quale ente di diritto pubblico, e nel puntualizzare la sua organizzazione, dispone che venga effettuato il controllo, ad opera della Corte dei conti, sulla gestione finanziaria della predetta Agenzia, ai sensi dell’art. 12 della legge 21 marzo 1958 n. 259. L’art 23-bis, in relazione alla classificazione per fasce, sulla base di indicatori dimensionali quantitativi e qualitativi, delle società non quotate, direttamente controllate dal Ministero dell’economia e delle finanze, statuisce anche il compenso massimo per gli amministratori con deleghe, sottoponendolo alla registrazione della Corte dei conti. L’art. 27 contempla il controllo della Corte dei conti sulla gestione finanziaria, con le modalità di cui all’art. 12 della già citata legge, in rapporto alle iniziative realizzate in forma societaria per la dismissione di immobili pubblici. L’art. 41 regolamenta le opere di interesse strategico, quali le infrastrutture, riducendo fra l’altro, di un terzo i termini del controllo preventivo sulle delibere CIPE, ai sensi della legge 14 gennaio 1994, n. 20. D.lgs. 29 dicembre 2011, n. 228 (Valutazione degli investimenti relativi ad opere pubbliche). Nella suddetta materia viene stabilito che i Ministeri trasmettano gli atti alla Corte dei conti ai fini dell’attività di referto. Le numerose regole sin qui esposte, finalizzate a contenere e stabilizzare i conti pubblici, sono rafforzate da una più incisiva tutela giurisdizionale e da differenziate modalità e tipologie di controllo. Le norme introdotte recentemente ampliano senza dubbio le funzioni della Corte dei conti, pur essendo connotate talora, da scarsa chiarezza e quindi tali da suscitare dubbi interpretativi. L’intento legislativo si concretizza nella tipizzazione di specifiche forme di responsabilità in ambiti reputati a rischio, al fine di 9 reprimere e dissuadere comportamenti lesivi degli equilibri di bilancio delle amministrazioni pubbliche. Viene così delineato un vero e proprio sistema sanzionatorio che si affianca al sistema tradizionale, basato sul risarcimento del danno e non esclude pertanto la sottoponibilità degli amministratori pubblici ai giudizi di responsabilità per ulteriori danni erariali. Tuttavia, a fronte di questa inversione di tendenza, dovuta alla non più negabile constatazione anche sul piano europeo dell’esistenza di un pesantissimo deficit finanziario dello Stato e degli Enti pubblici, è da tenere presente che negli anni precedenti sono invece state dettate norme per circoscrivere o annullare la perseguibilità di danni erariali o per delimitare l’azione della Procura. Inoltre il processo espansivo della giurisdizione contabile, ai sensi dell’art. 103 della Costituzione, trova difficoltà ad aprirsi un varco operativo specialmente nel settore delle società partecipate, atteso che la Cassazione adotta pronunce oscillanti e non in linea con il fatto che si verta in materia di denaro pubblico. *** Nell’anno giudiziario 2011, a seguito dell’iniziativa della Procura Regionale, questa Sezione si è occupata delle frodi e irregolarità consistenti nell’illecita percezione e destinazione di risorse pubbliche, erogate nell’ambito di programmi finanziati da fondi comunitari e nazionali. Va precisato, innanzitutto che, in base al Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, il contrasto a tale forma di devianza nell’uso delle risorse comunitarie costituisce un obbligo giuridico per ogni Stato, che è chiamato a rispondere per la omessa attuazione delle misure di tutela, in presenza di inadeguatezza nell’azione di prevenzione, contrasto e recupero delle somme corrispondenti agli importi frodati. La giurisprudenza amministrativa, in merito alla responsabilità della P.A. per violazione della disciplina comunitaria, ha subito una radicale evoluzione, in conseguenza della sentenza 30 settembre 2010 n. C-314/09 della Corte di giustizia dell’Unione europea, secondo cui il risarcimento “per equivalente”, in difetto di esecuzione 10 in forma specifica, conseguente alla violazione della normativa sugli appalti pubblici, prescindeva dalla valutazione di un comportamento colposo da parte della Pubblica amministrazione. A seguito di tale sentenza, la giurisprudenza amministrativa, che prima sosteneva il principio opposto, ha rilevato che non vi è più alcuna necessità di accertare la componente soggettiva dell’illecito per le violazioni delle norme comunitarie sugli appalti (T.A.R. Lombardia, Brescia, n. 4552/2010, T.A.R. Campania, n. 1069/2010, T.A.R. Sicilia, Catania, n. 4624/2010, Consiglio di Stato, Sez. V, n. 1193/2011 e n. 5527/2011, Sez. III, n. 4355/2011, Sez. V, n. 6919/2011). Le frodi consistono, essenzialmente nell’illecita appropriazione di contributi pubblici o di derivazione europea, per la presenza di un modus operandi finalizzato solo ed esclusivamente a trarre un profitto illegale per interessi personali, senza raggiungere le finalità che sono alla base della concessione dei contributi stessi, cosicché non vengono realizzati i risultati prestabiliti in ordine allo sviluppo economico di particolari zone del paese. Infatti il settore nel quale più frequentemente si verificano fattispecie di frodi è sia quello concernente contributi e sovvenzioni concessi al fine di agevolare lo sviluppo agricolo ed industriale e di favorire la formazione professionale dei giovani, e sia quello delle truffe in materia di I.V.A. con riferimento alle entrate. Sono assoggettati alla giurisdizione della Corte dei conti i pubblici operatori e tutti coloro che, anche occasionalmente, abbiano gestito fondi comunitari e chiunque attraverso dati falsi ottenga indebitamente contributi, restituzioni ed altre erogazioni a carico totale o parziale dei fondi europei. In materia di fondi comunitari la Sezione giurisdizionale si è in pronunciata nell’ambito di procedimenti cautelari e di merito. Con riferimento ai primi, la vicenda pressoché identica, è stata originata da due ricorsi, presentati dalla Procura e contestuali all’invito a dedurre, richiedenti l’autorizzazione del sequestro conservativo “ante-causam”, in favore dell’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (AGEA) nei confronti di alcuni soggetti (funzionari pubblici e beneficiari privati). Ciò a seguito della trasmissione - da 11 parte della Procura della Repubblica di Roma alla locale Procura erariale - di copia della richiesta di rinvio a giudizio di 133 soggetti, fra privati, beneficiari dei contributi e funzionari pubblici (incaricati di gestire, per conto della AGEA, le relative pratiche istruttorie) in relazione ad un importo di circa 26 milioni di euro, riguardanti molteplici episodi di frodi comunitarie nel predetto settore. Il quadro investigativo della Guardia di Finanza di Pescara aveva evidenziato il disegno criminoso che consentiva l’erogazione di ingenti somme a soggetti non aventi diritto, cagionando in tal modo un rilevante danno erariale a livello nazionale e comunitario. In detto ambito, tra le questioni di rilievo affrontate dai giudici monocratici designati per la convalida e anche, in una fattispecie, dal Collegio, con una decisione su un reclamo proposto avverso un provvedimento di convalida del sequestro, vi è stata quella concernente la competenza della Sezione giurisdizionale - affermata in tutti i provvedimenti cautelari - nei confronti di una vasta pluralità di soggetti, dipendenti pubblici e privati, per avere: - i primi, autorizzato erogazioni illecite a favore dei beneficiari dei contributi amministrativi non spettanti, formatisi sulla nell’ambito base di di procedimenti documenti falsi sia materialmente, sia ideologicamente; - i secondi, effettivamente consentito la sottrazione delle somme, mettendo a disposizione degli organizzatori della truffa, conti correnti e depositi sui quali venivano versati i contributi, successivamente “svuotati ad arte”. Al riguardo, in particolare con l’ordinanza n. 62 del 10 ottobre 2011 (non reclamata), è stato precisato che, sebbene con la valenza interinale propria della specifica pronuncia, il fondamentale parametro normativo di determinazione della competenza del giudice contabile, consiste nell’incardinamento in una Pubblica amministrazione (latu sensu) del soggetto convenuto innanzi alla Corte dei conti. Rilevata, quindi, nel concreto caso, la concorrenza di entrambi i criteri dettati dall’articolo 2 della legge n. 658 del 1984, la competenza della Sezione giurisdizionale per le Marche è stata affermata sull’accertamento della prevalenza delle condotte dei privati rispetto ai comportamenti dei funzionari pubblici nella 12 determinazione del danno erariale, poiché non vi sarebbe stato danno alcuno se i privati non avessero percepito o avessero restituito le somme illegittimamente loro pervenute. Sempre in materia di “frodi comunitarie”, reputo opportuno segnalare la sentenza n. 92 del 15 aprile 2011, avente ad oggetto un’ipotesi di sviamento, parziale, dalle finalità di un contributo pubblico. Nel caso di cui trattasi, la Procura regionale ha espressamente domandato la “restituzione” dell’integrale importo del contributo, constatando che parte dell’intervento finanziato (la realizzazione di uffici di un oleificio) veniva in realtà destinato ad abitazione per dipendenti della ditta beneficiaria del contributo stesso. La decisione, nell’affermare la giurisdizione della Corte dei conti nella fattispecie, ha chiarito che, sebbene il danno erariale derivi dalla “ illegittimità” dell’atto amministrativo con il quale sono stati indebitamente conferiti i contributi, tale illegittimità è di per se irrilevante ai fini della responsabilità amministrativa, dovendosi aver riguardo, nella sede giudiziaria contabile, esclusivamente al danno prodotto all’amministrazione dalla “illiceità” del comportamento tenuto dal percettore della somma (alla quale può eventualmente accompagnarsi la illiceità della condotta dei pubblici funzionari). La precisazione acquista rilievo sul piano pratico, poiché, se l’amministrazione vuole tornare in possesso dei contributi che non avrebbe dovuto erogare, deve rivolgersi al giudice civile che, riconosciuta l’illegittimità dell’atto amministrativo, condanna il percipiente a restituire la somma; mentre se ciò non avviene e perciò si concreta il danno erariale, l’esercizio dell’azione risarcitoria spetta alla Procura presso la Corte dei conti. Per questa ragione, nel caso di specie, la Sezione ha disposto non la restituzione dell’integrale contributo elargito ma soltanto di quella parte che non era stata destinata a scopo di investimento. Conti giudiziali I giudizi di conto costituiscono il nucleo fondante del processo contabile sul quale si è storicamente radicata la giurisdizione della 13 Corte per evidenziare la correttezza nella gestione delle risorse finanziarie pubbliche. Agli albori del Regno d’Italia erano soprattutto i ministri ed i generali dell’esercito che dovevano dimostrare le spese degli armamenti; oggi sono tutti coloro che hanno maneggio di denaro e di beni mobili pubblici a dover dar conto della loro gestione, così da incorrere nella particolare responsabilità, detta appunto “contabile” ogni qual volta non dimostrano la correttezza del loro operato. Questo tipo di giudizio presenta alcune peculiarità che lo distinguono dalle altre forme processuali. In primo luogo, mentre l’ambito e gli elementi del giudizio di responsabilità amministrativa devono essere determinati dalla volontà del legislatore (interpositio in “positivo”) quelli propri del giudizio di conto si fondano direttamente sull’art. 103 della Costituzione; sicché, per escludere la giurisdizione della Corte dei conti su tale materia, è necessario l’intervento della legge (interpositio “in negativo”). Secondariamente, tale giudizio si instaura automaticamente (ipso iure) nel momento in cui l’agente presenta il conto alla propria amministrazione, la quale lo deposita poi nella segreteria della Sezione giurisdizionale. Infine, invertendosi l’onere della prova, spetta al contabile il compito di dimostrare il pareggio del carico con lo scarico o di esporre le ragioni per le quali il pareggio non è stato raggiunto, incorrendo altrimenti nella condanna a restituire (in forma risarcitoria) quanto non sia riuscito a giustificare. L’oggetto del conto attiene alla gestione fattuale delle risorse rilevata nelle fasi della acquisizione e della spendita. Per questo non sono sottoposti allo specifico giudizio i conti c.d. “amministrativi” che riguardano il diverso momento dell’ordinazione della spesa da parte dei funzionari delegati. Gli agenti sottoposti al giudizio di conto sono quelli che dipendono stabilmente dalla pubblica amministrazione, quelli che sono in un particolare rapporto esterno con la stessa amministrazione e, infine, quelli che svolgono le funzioni di fatto, ossia senza alcun titoli che le autorizzi. Il giudizio, che inizialmente riguardava i soli conti delle 14 amministrazioni dello Stato (art. 74 della legge di contabilità generale dello Stato n. 2440 del 1923) è stato successivamente esteso a tutto il comparto pubblico, fino ad includere le persone giuridiche (società ed enti) delle quali oggi le pubbliche amministrazioni si avvalgono per la gestione dei propri servizi. A prima vista il giudizio di conto potrebbe sembrare una duplicazione del controllo successivo sulla gestione, previsto per tutte le amministrazioni pubbliche dall’art. 3, comma 4, della legge n. 20 del 1994, svolto con diverse procedure dalla stessa Corte dei conti. Ma così non è. Occorre, infatti, osservare che il controllo e la giurisdizione contabile sono funzioni, costituzionalmente previste, che si integrano formando un globale sistema di garanzie obiettive per la correttezza della gestione del pubblico denaro. Mentre il controllo successivo sulla gestione si svolge in un ambito limitato di settori e materie secondo programmi definiti annualmente, l’esame dei conti, svolto in sede giurisdizionale, concerne indistintamente, sia tutte le operazioni d’incasso e di pagamento effettuate dalle pubbliche amministrazioni, (e dunque riguardanti l’intero bilancio finanziario) sia la gestione dei beni pubblici (e dunque il conto del patrimonio). Per di più, avendo la legge 20 del 1994 ridotto il controllo preventivo, pur con il successivo ampliamento dettato da alcune norme, il giudizio di conto finisce per essere l’unico strumento concretamente operante per la verifica di regolarità della gestione. La legge n. 142 del 1990 (poi trasfusa nel testo unico n. 267 del 2000), nell’estendere il sistema delle responsabilità vigente per gli impiegati civili dello Stato agli amministratori e dipendenti degli enti locali territoriali, ha ridisegnato, per questi ultimi, una nuova disciplina della rendicontazione, definendo principi e regole procedurali da valere anche per gli altri enti non territoriali. È bene precisare che l’individuazione degli agenti contabili di ciascun ente pubblico territoriale e non territoriale deve essere effettuata dagli organi responsabili di ciascun ente e comunicata alla segreteria della competente Sezione giurisdizionale regionale, fermo restando che, in base all’art. 44 del T.U. delle leggi sulla Corte dei conti, sono tenuti alla resa del conto: il tesoriere o cassiere dell’ente 15 incaricato, sulla base d’apposita convenzione, di riscuotere e pagare secondo gli ordini ricevuti dai competenti organi dell’ente; l’economo incaricato dell’erogazione delle spese all’interno e della gestione dei beni mobili utilizzati negli uffici dell’ente; gli incaricati della gestione di somme anche se non provenienti dal bilancio dell’ente; i consegnatari di valori o beni di proprietà dell’ente, compresa la partecipazione alle formule di organizzazione previste per le pubbliche amministrazioni. Nell’ambito dei conti giudiziari, speciale importanza rivestono i conti c.d. “a materia” che riguardano la gestione dei beni mobili (come è noto, i beni immobili non sono oggetto di giudizio) nella consapevolezza della fondamentale rilevanza che oggi assumono le gestioni patrimoniali delle amministrazioni e società a capitale pubblico, a cominciare dallo Stato. In tal senso la stessa legge di riforma n. 20 del 1994 ha introdotto un controllo successivo generalizzato della Corte dei conti sulla gestione del patrimonio di tutte le pubbliche amministrazioni, compresi gli enti locali non territoriali, mentre il decreto legislativo n. 77 del 1995 ha previsto, per questi ultimi, l’obbligo di tenere un sistema di contabilità economica strumentale, atto a dimostrare le modificazioni intervenute nel conto del patrimonio durante l’esercizio. Inoltre, all’interno dei conti a materia, sempre maggiore incisività vanno assumendo quelli riferiti ai diritti di proprietà degli enti pubblici in società o aziende speciali, a causa delle crescenti dimensioni assunte dalle partecipazioni pubbliche e dall’uso degli strumenti azionari, nel quadro più generale del processo di privatizzazione di settori della pubblica amministrazione. Va considerato che, nelle aziende speciali così come nelle società a capitale pubblico, trova applicazione l’indisponibilità del diritto soggettivo pubblico sul patrimonio, con le connesse garanzie della giurisdizione contabile, nel duplice aspetto del giudizio di conto e del giudizio di responsabilità. Il giudizio di conto presenta tuttavia alcuni problemi pratici. Il primo è dato dalla difficoltà di identificare i soggetti tenuti alla resa del conto, considerato che la gestione dei servizi pubblici, prima condotta direttamente dallo Stato o tramite aziende autonome o enti 16 strumentali pubblici, viene oggi sempre più spesso trasferita, specialmente a livello locale, a società per azioni, a fondazioni e a finanziarie con capitale a partecipazione pubblica totale o parziale, che agiscono in regime privatistico. Alla stregua di tale profonda trasformazione, non v’è dubbio che anche lo strumento del giudizio di conto debba essere rivisto, adattandolo alle nuove figure atipiche di agenti contabili che si stanno delineando in conseguenza sia dei diversificati aspetti strutturali delle amministrazioni pubbliche, sia della trasformazione nominalistica e giuridica dei loro proventi. Particolari difficoltà ha sollevato l’obbligo dell’esame giudiziale dei conti delle camere di commercio e delle aziende sanitarie locali. Obbligo che, per quanto riguarda le Camere di commercio, sembra inequivocabilmente sussistere sia in base all’art. 21 della legge 580 del 1993 (che ha esteso agli amministratori e dipendenti delle camere di commercio il sistema delle responsabilità vigente per gli impiegati civili dello Stato, nel quadro della generale omologazione del sistema delle garanzie introdotto con la legge n. 142 del 1990 per gli enti locali territoriali) sia in base alla legge n. 658/84, la quale prevede la competenza della Corte in materia di giudizio sui conti degli agenti contabili degli “altri enti locali”, ovvero “di altri enti pubblici aventi sedi o uffici nella regione” e dispone altresì l’obbligo della trasmissione alla segreteria della sezione dei conti dei tesorieri e degli agenti contabili degli “altri enti pubblici diversi dallo Stato”. Al riguardo, con sentenza n. 41 del 24 giugno 1996 la Corte dei conti - Sezione Giurisdizionale per il Lazio - ha riconosciuto l’obbligo di presentazione del conto giudiziale da parte dell’Istituto tesoriere dell’Unioncamere rilevando che le Camere di commercio sono enti pubblici gravitanti sullo Stato e che le loro funzioni, pur interessando direttamente le categorie economiche del commercio, dell’industria e dell’agricoltura, hanno riflessi di carattere generale e quindi natura decisamente pubblica. Su questa tesi, che ha avuto recente conferma da parte del consiglio di Stato (sentenza n. 6211 del 2011) si è quindi ritrovata la giurisprudenza contabile, soprattutto quella della Sezione Calabria che ha affrontato anche numerose questioni in tema di sistemi 17 esattoriali e fondi economali delle Camere di commercio e più recentemente quella della Sezione Veneto. Discorso analogo può farsi a proposito delle unità sanitarie regionali, il cui sistema delle responsabilità è stato uniformato con quello vigente per gli impiegati civili dello Stato ad opera di una serie di provvedimenti normativi, tra cui il D.P.R n.761 del 1979 e il decreto legislativo n. 267 del 2000. Al pari delle altre, anche questa Sezione si è da tempo attivata nell’esame dei conti, con una scelta che viene determinata di volta in volta, secondo criteri che consentono di acquisire il più ampio spettro delle tipologie allo scopo di verificarne, comparandole, sia la complessità che il volume documentale, e di stabilire, infine, il grado di approfondimento delle verifiche da compiersi. In sede di avvio, onde rendere più spedito e quindi di incrementare il flusso delle disamine, sono stati prescelti i conti degli enti locali di medie e piccole dimensioni ed i conti erariali che si caratterizzano per una maggiore omogeneità. Sin dal 2010 l’ufficio preposto si è occupato di censire gli agenti contabili delle Asur, degli Ospedali riuniti, delle Camere di Commercio e delle Comunità montane. Tuttavia, mentre le Camere di commercio e le Comunità montane si sono rese disponibili, 1’ASUR Marche (organo di controllo e gestione di tutte le Asur provinciali), dopo aver sollevato dubbi sull’obbligo di rendere i conti giudiziali data l’attuale veste privata (S.p.A.) delle aziende sanitarie, si è limitata a trasmettere un elenco soltanto parziale degli agenti, quasi esclusivamente cassieri. Alle sollecitazioni dell’Ufficio, l’ASUR Marche ha contestato la richiesta sostenendo che la legge regionale n. 47 del 9 giugno 1996 non contempla l’obbligo di nomina dei consegnatari. Nella considerazione che la mancanza dell’obbligo di nomina non preclude la possibilità della nomina stessa né esclude la presenza di fatto di agenti consegnatari (soprattutto delle costose apparecchiature sanitarie) l’Ufficio ha inviato la nota dell’ASUR all’Organo requirente per i necessari approfondimenti (27 giugno 2011). Analoga richiesta l’Ufficio ha formulato nei confronti delle due 18 Aziende Ospedaliere (indipendenti rispetto alla ASUR Marche): l’Azienda Ospedaliera Umberto I-Lancisi-Salesi di Ancona e l’Azienda Ospedaliera San Salvatore di Pesaro. Mentre quest’ultima ha trasmesso l’elenco dettagliato degli Agenti Contabili, l’Azienda Umberto I-Lancisi-Salesi ha inviato elenchi apparentemente parziali, poiché mancanti delle figure dei consegnatari. Attualmente si è in attesa degli accertamenti demandati alla Procura per definire i rapporti nei riguardi dell’azienda anconetana. Ulteriore questione di rilievo, esaminata dalla Sezione giurisdizionale, concerne la fattispecie sanzionatoria prevista dall’art. 30, comma 15, della legge n. 289/2002 che dispone: “Qualora gli enti territoriali ricorrano all’indebitamento per finanziare spese diverse da quelle d’investimento, Costituzione, i relativi in atti violazione e contratti dell’articolo sono 119 nulli. Le della sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti possono irrogare agli amministratori, che hanno assunto la relativa delibera, la condanna ad una sanzione pecuniaria pari ad un minimo di cinque volte e fino ad un massimo di venti volte l’indennità di carica percepita al momento di commissione della violazione”. Tale fattispecie presa in esame nella sentenza n. 27 del 17 gennaio 2011, è stata integrata, sotto il profilo fattuale, con il concorso di due elementi (la decisione degli amministratori di effettuare spese non di investimento e l’assunzione di un mutuo per il loro finanziamento) nel senso che incorrono, nella specifica responsabilità, sia coloro che decidono di finanziare spese non di investimento con un mutuo che viene poi acquisito allo scopo, sia coloro che decidono di utilizzare un prestito già ottenuto per finanziare spese non di investimento. La pronuncia ha rilevato in maniera significativa, che, opinando diversamente, si consentirebbe agli amministratori di eludere la norma e di sottrarsi alle conseguenti responsabilità, qualora prima decidessero di finanziare con un mutuo spese d’investimento e una volta ottenuto il prestito, lo utilizzassero per spese non di investimento. Nello specifico caso, dunque, la violazione della norma 19 costituzionale (art. 119 comma 5) è avvenuta due volte, appalesandosi, in entrambe le determinazioni della Giunta comunale, la sostanziale volontà dell’organo di governo di finanziare con un prestito spese non di investimento, ed in particolare, per aver poi modificato la destinazione delle somme prese a prestito, adoperandole per finalità diverse da quelle originariamente previste ma ugualmente vietate. Pensionistica Per la cognizione dell’attività giurisdizionale relativa ai trattamenti pensionistici dei dipendenti pubblici, attribuzione della Corte dei conti risalente al T.U. 1214 del 1934, rinvio a quanto esposto, analiticamente, nelle massime poste a corredo della presente relazione e mi limito ad un breve cenno riguardante una questione recentemente dibattuta in sede giurisprudenziale. Mi riferisco al D.L. 6 dicembre 2011 n. 201 convertito, con modificazioni, in L. 22 dicembre 2011, n. 214 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici). In tale legge, in considerazione del processo di convergenza ed armonizzazione del sistema pensionistico attraverso l’applicazione del metodo contributivo, nonché al fine di migliorare l’efficienza e l’efficacia dell’azione amministrativa nel settore previdenziale e assistenziale, viene statuito, all’ art. 21, primo comma, che l’INPDAP e l’ENPALS sono soppressi dal 1° gennaio 2012 e le relative funzioni sono attribuite all’INPS, che succede in tutti i rapporti attivi e passivi degli Enti soppressi. È importante precisare che, ai sensi del comma 2-bis, in attesa dell’emanazione dei decreti di natura non regolamentare previsti dal secondo comma, le strutture centrali e periferiche degli Enti soppressi continuano ad espletare le attività connesse ai compiti istituzionali degli stessi. A tale scopo, l’INPS, nei giudizi incardinati relativi alle attività degli Enti soppressi, è rappresentato e difeso in giudizio dai professionisti legali, già in servizio presso l’INPDAP e l’ENPALS. Occorre rilevare in proposito, in merito alla rappresentanza in giudizio per i ricorsi già instaurati, che fra le Sezioni giurisdizionali 20 regionali (e addirittura nell’ambito delle stesse sezioni), si sono evidenziate divergenze giurisprudenziali in riferimento alla questione pregiudiziale della ammissibilità o meno in giudizio dei dirigenti dell’INPDAP, che, precedentemente al suo inglobamento nell’INPS erano ritenuti legittimati, secondo una prassi consolidata, ad intervenire in giudizio, laddove non fosse esistente sul territorio l’Avvocatura dello Stato. Alcuni giudici monocratici, nei confronti dei ricorsi pensionistici pervenuti in discussione, hanno continuato in tale linea giungendo ad una sentenza di merito, mentre altri hanno disposto con decreto l’avvenuta interruzione del processo. La disparità di trattamento, derivante da una differente interpretazione delle norme, dovrebbe essere superata in forza di un atto intervenuto in data 17 febbraio 2012. Trattasi, infatti, della procura generale alle liti rogitata da un notaio in Roma, con la quale il dott. Antonio Mastrapasqua, nella qualità di presidente dell’INPS e quindi di legale rappresentante, ha designato 51 Avvocati, tutti del ruolo professionale dell’INPDAP, affinché ciascuno di essi, congiuntamente e/o disgiuntamente, rappresenti e difenda l’INPS, successore ex legge dell’INPDAP, nei giudizi in cui l’Istituto è chiamato a resistere alla lite o promuoverla. Devo segnalare, al riguardo, che gli avvocati designati nell’atto notarile possono conferire delega, per l’udienza e gli atti relativi, agli avvocati del libero foro, inseriti nelle liste circondariali degli avvocati domiciliatari e sostituti di udienza. Tale procura svolge i suoi effetti dal 17 febbraio 2012 sia per i giudizi già incardinati alla data del 31 dicembre 2011, sia per quelli instaurati a partire dall’1 gennaio 2012 avanti la Corte dei conti. Quantificazione dell’attività giurisdizionale Nell’anno 2011 sono state pubblicate n. 245 sentenze di cui 10 in materia di responsabilità e 235 in materia pensionistica e n. 84 ordinanze sia in materia di responsabilità che in materia pensionistica. Le pronunce di condanna ammontano a € 439.315,26. Sono 21 stati convalidati due sequestri conservativi per un importo totale di € 3.525.451,84. Sono state tenute 64 udienze. Sono pervenuti n. 3139 nuovi conti giudiziali e sono stati approvati n. 72 con discarico degli agenti contabili. Sono stati dichiarati estinti e restituiti n. 1645 conti giudiziali. Questa Sezione ha assicurato la tempestività dei giudicati, sia in relazione alla fissazione delle udienze rispetto alla data del deposito degli atti introduttivi, sia per ciò che concerne l’emissione delle relative decisioni. Sezione regionale di controllo È per me un privilegio riportare un breve scritto del collega Presidente della Sezione di controllo per le Marche. Ritengo infatti doveroso dare spazio, in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario, a tutte le significative attività svolte nell’ambito delle funzioni attribuite alla Corte dei conti unitariamente intese, tra cui quelle di spettanza della predetta Sezione. Nel 2011 l’attività ha riguardato principalmente i controlli di regolarità contabile e finanziaria, ai sensi dell’art. 1, commi 166 e seguenti, della legge n. 266/2005 sui bilanci e sui rendiconti degli Enti locali del territorio marchigiano. La natura collaborativa che caratterizza questa forma di controllo consente di effettuare un costante monitoraggio sull’attività degli enti, stimolare processi di autocorrezione e di constatare e valutare le misure correttive adottate da ciascun ente per ovviare ai rischi o alle irregolarità segnalate. Sono state adottate 476 deliberazioni, di cui 27 pronunce di grave irregolarità. Alcune delle più rilevanti irregolarità e criticità hanno riguardato: gli equilibri di bilancio, i disavanzi di gestione, la gestione dei residui, i debiti fuori bilancio, il mancato rispetto del patto di stabilità, la spesa del personale, la verifica del rispetto del vincolo di indebitamento (art. 119 Cost.), la dismissione del patrimonio immobiliare e gli organismi partecipati. 22 Sul versante dei controlli gestionali particolare attenzione è stata posta dalla Sezione riguardo al referto annuale sul Rendiconto generale della Regione Marche, integrato con specifiche trattazioni su tematiche relative alla sanità, indebitamento e organismi partecipati. La Sezione ha approvato l’indagine riguardante la “Verifica del funzionamento dei sistemi di controllo interno”, con particolare riferimento alla fase di prima applicazione del d.lgs. n. 150/2009 (c.d. Riforma Brunetta) nei confronti dei comuni della Regione con popolazione superiore a 20.000 abitanti. Tale attività si è inserita nel più ampio quadro di una ricostruzione effettuata a livello nazionale dalla Sezione Autonomie. In materia di fondi comunitari, la Sezione ha svolto un’indagine in collegamento con la Sezione Affari comunitari ed internazionali sulla “Gestione dei fondi comunitari” obiettivo 2 - chiusura della Programmazione 2000/2006, in forma coordinata con la Corte dei conti europea. Apposita indagine di gestione ha riguardato il delicato e complesso settore del Trasporto pubblico locale, effettuata in contraddittorio con la Regione e le cinque Province marchigiane. Altra rilevante assoggettamento al attività controllo è quella preventivo relativa di al recente legittimità, dei provvedimenti emanati dai Commissari delegati del Governo, in materia di protezione civile introdotta dall’art. 2, comma 2-sexies, del d.l. n. 225/2010 convertito nella legge n. 10/2011. Sono stati sottoposti al predetto controllo 9 atti emanati dal Commissario delegato per la protezione civile relativi agli “Eventi alluvionali del settembre 2006” ed al recente “XXV Congresso eucaristico nazionale” svoltosi ad Ancona nel settembre 2011. La difficoltà nell’esercizio di tale competenza è rappresentata dai tempi notevolmente ristretti per l’espletamento del suddetto controllo, “sette giorni” trascorsi i quali il provvedimento deve ritenersi registrato. Significativa, nel 2011, è stata la funzione consultiva alimentata dal proliferare di modifiche normative che hanno interessato le autonomie locali. Manovre correttive, vincoli alla spesa di personale, 23 interventi per il coordinamento della finanza pubblica, indebitamento e questioni inerenti il patto di stabilità, hanno incrementato le richieste di parere, atteso che le Sezioni regionali, in questo ambito, reailzzano una importante funzione di ausilio nei confronti degli enti territoriali, che formulano quesiti finalizzati ad una corretta interpretazione delle norme. Complessivamente sono stati resi 37 pareri, di cui 5 rimessioni di questioni di massima alle Sezioni Riunite ai sensi art.17, comma 31, D.L. 78/2009, convertito nella Legge 3 agosto 2009, n. 102. Tale norma ha previsto che il Presidente della Corte può disporre che le Sezioni Riunite adottino pronunce di orientamento generale sulle questioni risolte in maniera difforme dalle Sezioni regionali o su questioni di massima di particolare rilevanza, al fine di garantire coerenza ed omogeneità nell’attività svolta dalla Corte. Le problematiche rimesse alle Sezioni Riunite si riferiscono al leasing immobiliare in costruendo, al divieto di sponsorizzazioni e alla materia del personale (limiti assunzionali e incentivi economici). Come si può dedurre dalle predette notazioni ragguardevole è il lavoro svolto dalla Sezione regionale di controllo, che costituisce un fondamentale pilastro per il corretto svolgimento dell’attività amministrativa, nelle molteplici forme via via da essa assunte. Del resto le funzioni di giurisdizione e controllo della Corte si integrano perfettamente nella realizzazione della tutela dei beni pubblici. *** Riprendendo le osservazioni da me formulate in occasione della precedente inaugurazione, non posso tralasciare di considerare che solo attualmente si sta prendendo atto dell’ampiezza ed incisività negativa di alcune problematiche. Le cifre, ben note ad un pubblico qualificato, riguardano l’evasione “nelle sue molteplici modalità” che rifluisce in numerosi ed ulteriori benefici, la corruzione, sempre più organizzata in cricche, che moltiplica i costi dei lavori pubblici in maniera esponenziale, gli sprechi ad ogni livello gestionale, il sommerso previdenziale, truffe e frodi di vario genere, senza parlare della mafia che si appropria di 24 ingenti risorse. L’emergenza economica ha portato in maggior rilievo questi fenomeni illegali, alcuni dei quali non hanno pari in Europa, per le loro gravissime implicazioni sotto ogni profilo etico, sociale e finanziario. Si sente sempre più indifferibile la necessità di porvi rimedio o comunque di restringerne l’ambito di operatività ribaltando le normative dettate negli ultimi decenni che coprono una serie di fatti con pene minime e che impediscono di portare alla luce il malaffare sia pubblico che privato. Un processo normativo di riforma sembra avviarsi nella direzione indicata dalle due Convenzioni di Strasburgo (Civile e Penale) oggetto di trattato in sede europea sin dal 1999 e mai ratificate. Occorre tenere presente che la scarsità delle entrate ha aggravato il debito pubblico, unitamente alla crescita incontrollata delle spese, mentre presupposto per la realizzazione di un federalismo equo e solidale è quello di recuperare le consistenti somme sottratte all’erario al fine di destinarle al benessere sociale e raggiungere l’equità fiscale. Vari studi hanno chiarito che l’auspicato federalismo, per ora, non ha fatto altro che moltiplicare i centri di prelievo fiscale per gli onesti contribuenti, senza apportare purtroppo alcun vantaggio. Solo recentemente, d’innanzi alla drammaticità della crisi economico-finanziaria, è stata rilevata la carenza di un'organica normativa rispettosa dell’art. 53 della Costituzione “tutti sono tenuti a concorrere alla spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”. L’attuale emergenza, troppo a lungo negata o sottovalutata, accresce la legittima domanda di giustizia da parte della collettività, perché rende più odiosi e percettibili i fatti illeciti, che incidono sul quadro economico-finanziario, comportando un insopportabile acuirsi delle disuguaglianze sociali. La chiusura delle imprese ha creato una massa rilevante di cassaintegrati, nella migliore delle ipotesi, di soggetti difficilmente ricollocabili che si aggiungono a coloro che non hanno mai trovato 25 lavoro, ma ha altresì causato dannose conseguenze per gli imprenditori onesti, che non hanno ricevuto sostegno né dagli istituti di credito al fine di ottenere liquidità, né dallo Stato che non ha corrisposto loro quanto dovuto. E forse si dimentica che la Costituzione individua il lavoro come fondamento della Repubblica e, riconoscendo i diritti inviolabili dell’uomo, richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Il lavoro dunque non può essere considerato una merce di scambio sottoposta alla legge della domanda e dell’offerta, con un’intollerabile riduzione del salario per via delle numerose persone in cerca di occupazione. Sussiste inoltre un’abnorme disparità di trattamento fra i comuni lavoratori e coloro che, pur nel rispetto della diversa cultura acquisita e delle professionalità conseguite, percepiscono retribuzioni, liquidazioni e benefit del tutto sproporzionati alle loro prestazioni. Risulta evidente, purtroppo, come non si sia realizzato l’auspicio di Quintino Sella di ottenere, attraverso un’unica legislazione civile, l’uguaglianza delle condizioni dei cittadini in qualunque luogo dimoranti. Gli argomenti esposti sono strettamente connessi alle funzioni della Corte che agisce con imparzialità nell'interesse generale per la sana e corretta gestione dei beni pubblici operando a tutela della collettività e dei contribuenti corretti, che esigono equità e rigore. Un doveroso ringraziamento rivolgo, alla Guardia di Finanza e all’Agenzia delle Entrate per l’encomiabile lavoro che stanno svolgendo su tutto il territorio, nonché a tutte le forze, militari e civili, che operano insieme alle magistrature tutte, per il rispetto della legalità il cui valore deve essere tenuto nella giusta considerazione dall’intera collettività. Devo segnalare infine che la Corte si trova a svolgere funzioni diversificate ed incisive pur nell’assenza di un rilevante numero di magistrati, rispetto all’organico previsto, ed altresì nella carenza di personale amministrativo dovuta a tagli di bilancio. Al termine di questa relazione rivolgo un particolare cenno di 26 apprezzamento a quanti collaborano nell’ambito della Sezione Giurisdizionale dato che ho potuto contare sul valido contributo dei colleghi magistrati ed anche del personale amministrativo che con grande senso del dovere ha lavorato con passione e competenza. MASSIME DELLE PRINCIPALI PRONUNCE EMESSE DALLA SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONE MARCHE NELL’ANNO 2011 IN MATERIA DI RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVO CONTABILE 1 – Sentenza n. 26 del 17 gennaio 2011 - Pres. De Sanctis, Est. De Rosa - P.M. Grossi - P.R. c/ V.J. (non costituita). Assolve il convenuto. a. Responsabilità amministrativa - Ente sanitario - Assenza ingiustificata dal servizio del dipendente pubblico - Danno all’immagine della P.A. - Evento lesivo integrato unicamente dall’accertamento della condotta integrante reato – Inconfigurabilità b. Responsabilità amministrativa - Ente sanitario - Assenza ingiustificata dal servizio del dipendente pubblico - Danno all’immagine della P.A. – Rilevanza esterna delle condotte al fine dell’integrazione del danno – Necessità a. Nel caso di un dipendente pubblico che abbia protratto la propria assenza dal servizio mediante l’invio di certificati medici contraffatti, all’Amministrazione di appartenenza, il risarcimento del danno all’immagine della P.A., asserito per tali fatti arrecato all’Erario, non può costituire un’ipotesi - peraltro non scevra da rilevanti dubbi di costituzionalità - di “responsabilità formale” sostanzialmente di natura sanzionatoria, vale a dire scollegata dall’accertamento d’un effettivo nocumento della P.A., da attuarsi nella competente sede giurisdizionale. b. La tutela risarcitoria della P.A., in ipotesi di danno all’immagine dell’Ente pubblico, trova giustificazione nell’esigenza di reintegrare gli effetti del discredito derivante dalla “percezione esterna”, che i 27 consociati abbiano avuto, del divario determinatosi tra le regole “interne” dell’Amministrazione - necessariamente improntate al rispetto dei canoni di efficienza, efficacia, imparzialità e legalità dell’azione amministrativa - e le condotte illecite poste in essere dai dipendenti pubblici; di talché, deve essere esclusa la sussistenza di un pregiudizio all’immagine della P.A., anche a fronte della rilevanza penale dei fatti contestati, laddove non si sia inevitabilmente ingenerato, nell’ambiente sociale circostante, alcun diffuso e negativo convincimento che l’Ente pubblico si sia soggettivamente caratterizzato quanto ad imputazione degli illeciti del dipendente (nel caso, tale netta distinzione tra il piano delle condotte dell’autrice degli illeciti e la posizione dell’Ente, è stata affermata dal Collegio sull’accertamento delle seguenti circostanze: 1) la valenza strettamente interna dei fatti acclarati nelle sedi penale e disciplinare, in ragione del coinvolgimento e della conoscenza dei medesimi unicamente in capo ad operatori dell’Ente sanitario ovvero a medici in rapporto di servizio con lo stesso; 2) l’ascrivibilità dei fatti contestati alla sola convenuta, dipendente con mansioni meramente esecutive e, dunque, non apicali; 3) il rilievo del tutto contenuto, per entità, dei periodi di assenza illegittima; 4) la scoperta dei fatti penalmente rilevanti ad opera dello stesso Ente sanitario; 5) la tempestiva attivazione dei procedimenti penale, disciplinare e contabile, da parte dell’Amministrazione stessa. 2 - Sentenza n. 27 del 17-01-2011 – Pres. De Sanctis, Est. Di Luca – P.M. Pomponio – P.R. c/ C. G., G.A., B. F., C. M., T. F., A. F., C. F., C. G. (Avv. Emanuele Giorgini), P.R. (Avv.ti Aristide Police, Filippo Degni e Antonio Mastri) S.G. (Avv. Leonardo Zanetti), M.G. (Avv. Antonio Di Stasi). a) Responsabilità amministrativa – Enti locali - Divieto di contrarre mutui per spese non di investimento – Prescrizione dell’azione sanzionatoria e dell’azione risarcitoria Decorrenze b) Responsabilità amministrativa giudiziari – decorrenza degli effetti – notificazione di atti 28 c) Responsabilità amministrativa – Enti locali - Sanzione ex art. 30 c. 15, L. 289/2002 - Destinatari della sanzione Individuazione d) Responsabilità amministrativa – Enti locali - Sanzione ex art. 30 c. 15, L. 289/2002 – Deliberazione di effettuare spese non di investimento e deliberazione di assumere il relativo mutuo assunte da soggetti diversi - Destinatari della sanzione – Individuazione e) Responsabilità amministrativa – Enti locali - Divieto di contrarre mutui per spese non di investimento – Sanzione ex art. 30 c. 15, L. 289/2002 – Nullità del contratti di mutuo – Causa di esclusione della responsabilità degli amministratori – Insussistenza f) Responsabilità amministrativa – Enti locali - Divieto ex art. 30 c. 15, L. 289/2002 - Spese di investimento – Nozione – Spese per il potenziamento e la riqualificazione della gestione dei servizi sociali – Inserimento tra le spese di investimento Esclusione g) Responsabilità amministrativa – Enti locali - Divieto ex art. 30 c. 15, L. 289/2002 – Spese per il finanziamento di società partecipate – Inserimento tra le spese di investimento Distinzione a) Il termine prescrizionale previsto dall’art. 3, comma 2, del decreto legge 15 novembre 1993, n. 453 convertito nella legge 14 gennaio 1994, n. 19, decorre dalla data della stipulazione del mutuo relativamente all’azione intesa ad ottenere la condanna alla sanzione di cui all’art. 30, comma 15, della legge 27 dicembre 2002 n. 289 mentre decorre dalla data del pagamento l’azione diretta ad ottenere la condanna per il danno connesso al pagamento degli interessi gravanti sul mutuo. b) In conformità alla più recente giurisprudenza della Corte Costituzionale (sentenza n. 477/02 e ordinanze nn. 97, 132 e 153 del 2004) e della Corte di cassazione (sentenze 4289/04 e 8447/04) in tema di notificazioni di atti giudiziari e a seguito della dichiarazione di 29 incostituzionalità del combinato disposto degli art. 149 c.p.c. e 4, comma 3, 1. 20 novembre 1982 n. 890, ai fini della decorrenza degli effetti della notifica per il soggetto notificante, ha rilievo il momento della consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario. c) I destinatari delle sanzioni previste dall’art. 30, comma 15, della legge 27 dicembre 2002 n. 289 sono gli amministratori comunali, ossia gli organi dell’Ente, tra cui la Giunta, ai quali l’art. 77, comma 2, del decreto legislativo n. 267/2000 attribuisce tale qualifica, ancorché il progetto che prevede la spesa sia stato compreso fra quelli iscritti nel bilancio di previsione annuale e pluriennale del Comune, nel programma delle opere pubbliche e nel piano degli investimenti approvati dal Consiglio comunale. d) Poiché la fattispecie sanzionatoria prevista dalla legge n. 289/2002, risulta integrata, sotto il profilo fattuale, con il concorso di due elementi (la decisione degli amministratori di effettuare spese non di investimento e l’assunzione di un mutuo per il loro finanziamento) irrilevante essendo l’ordine cronologico del loro accadimento, sono responsabili sia coloro che decidono di finanziare spese non di investimento con un mutuo che viene poi acquisito allo scopo, sia coloro che decidono di utilizzare un prestito già ottenuto per finanziare spese non di investimento. Diversamente, si consentirebbe agli amministratori di poter eludere la norma e di sottrarsi alle conseguenti responsabilità, se essi prima decidessero di finanziare con un mutuo spese di investimento poi, ottenuto il prestito, lo utilizzassero invece per spese correnti. e) La circostanza che dalla disapplicazione della norma sanzionatrice deriva la nullità del contratto di stipulazione del mutuo e dei relativi interessi, non fa venir meno la responsabilità degli amministratori, la quale dipende esclusivamente dagli aspetti fattuali della vicenda mentre prescinde da eventuali illegittimità degli atti, ben potendo gli stessi, ancorché viziati, essere portati ad effetto nella fase esecutiva della fattispecie processuale contabile. f) Giusta il disposto dell’art. 3, comma 18, della legge 24 dicembre 2003 n. 350, che individua le specifiche spese di investimento, la nozione di tale tipo di spesa non può confondersi né con quella di spesa straordinaria, né con la spesa in conto capitale, in quanto ciò 30 che caratterizza la spesa di investimento è l’aspetto della patrimonialità, in base al quale la spesa medesima deve essere sostanzialmente e prevalentemente destinata alla acquisizione ovvero alla realizzazione di beni durevoli non destinati al consumo. In tale contesto le spese effettuate dagli amministratori per il potenziamento e la riqualificazione della gestione dei servizi sociali, essendo rivolte a soddisfare un fabbisogno corrente, non creano un arricchimento delle strutture comunali permanentemente deputate allo svolgimento dei servizi stessi e non possono quindi rientrare in alcuna delle categorie comprese nella previsione normativa. g) Il divieto di contrarre mutui per le spese diverse da quelle di investimento, mentre non riguarda i prestiti accesi per finanziare debiti fuori bilancio derivanti dalla necessità di finanziare aumenti di capitale di società partecipate dagli enti locali e destinati alla costruzione di nuovi impianti ed opere di investimento, trova invece applicazione nel caso in cui i prestiti vengano contratti per coprire debiti fuori bilancio di parte corrente destinati a finanziare perdite di gestione di società di capitali partecipate dagli stessi enti locali. 3 – Ordinanza n. 8 del 21 febbraio 2011 – Pres. f.f. Di Luca, Est. Quarato – P.M. Pomponio - P.R. c. A. (Avv.ti Marco Napoli, Sonia Cirella e Francesca Paoletti) e S.G. Dichiara interrotto il giudizio ai sensi dell’art. 299 c.p.c. Responsabilità amministrativa – Società posta in stato di amministrazione straordinaria – Notifica dell’atto di citazione al rappresentante legale – Interruzione ex art. 299 c.p.c. La perdita della capacità di stare in giudizio del rappresentante legale della Società è avvenuta in data antecedente alla notifica dell’atto di citazione, in quanto la Società medesima è stata posta in amministrazione straordinaria ed è stato nominato il suo Commissario straordinario. La notifica dell’atto di citazione nei confronti di una Società posta in stato di amministrazione controllata, pur non determinando la nascita di un nuovo e diverso soggetto, comporta – oltreché il venir meno delle funzioni di rappresentanza legale e degli organi di 31 amministrazione e di controllo - l’immediata cessazione della precedente gestione d’impresa e la presa in consegna dei beni da parte dell’Organo pubblico delegato con l’attribuzione della rappresentanza legale e della legittimazione processuale al Commissario straordinario. La notifica dell’atto di citazione per cui è causa non è stata effettuata presso il domicilio del Commissario straordinario bensì presso la Sede legale della Società stessa, nei confronti del suo rappresentante legale, oramai privo dei poteri di rappresentanza dell’Ente. Nella fattispecie si versa in una delle ipotesi previste dall’art. 299 c.p.c., applicabile al giudizio di responsabilità amministrativo contabile, in virtù del rinvio dinamico alle disposizioni contemplate dal codice di procedura civile, in assenza di disciplina speciale, a norma dell’art. 26 del R.D. 13 agosto 1933 n. 1038 ( regolamento di procedura per i giudizi dinanzi alla Corte dei conti ). Ne consegue che il processo deve essere interrotto in quanto, il verificarsi di una delle cause di cui all’art. 299 c.p.c., senza che il Giudice dichiari tale intervenuta interruzione, comporterebbe la nullità dell’intero giudizio, rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento e non suscettibile di sanatoria per effetto dell’intervento del soggetto. 4 . Sentenza n. 84 del 31 marzo 2011 - Pres. Di Luca, Est. De Rosa - P.M. Grossi - P.R. c/ R.M. (Avv. Gianni Maresca), F.L. (Avv. Nicasio Luigi Kogoj), P.W. (Avv.ti Giovanni e Pietro Ranci). Assolve i convenuti F.L. e P.W.; condanna R. M. al pagamento di euro 10.000,00, comprensivi di rivalutazione monetaria e interessi. a. Responsabilità amministrativa - Ente locale - Esecuzione di opera pubblica - Danno derivante dal pagamento di lavori eseguiti difformente rispetto al progetto ovvero non eseguiti affatto - Responsabilità del Dirigente del Servizio LL.PP. dell’Ente - Esclusione – Fattispecie b. Responsabilità amministrativa - Ente locale - Esecuzione di 32 opera pubblica - Danno derivante dal pagamento di lavori eseguiti difformemente rispetto al progetto ovvero non eseguiti affatto – Responsabilità del Responsabile Unico del Procedimento (RUP) - Esclusione – Fattispecie a. L’autorizzazione, disposta con deliberazione dell’Organo esecutivo del Comune, con la quale una Società per azioni partecipata dall’Ente pubblico è stata preposta sia all’attuazione dell’intervento concernente l’opera pubblica da realizzare, sia alla gestione delle risorse finanziarie concernenti lo specifico progetto, comporta - come conseguenza - anche quella di spogliare l’Amministrazione comunale della competenza dell’approvazione della perizia suppletiva e di variante contenuta nel quinto di legge; dell’asserito conseguente danno erariale non deve dunque rispondere il Dirigente del Servizio LL.PP. del Comune che, secondo la tesi attrice, si sia colpevolmente disinteressato dei profili esecuti dell’appalto, considerato che tale sua “ingerenza” risultava ab origine inibita dalla specifica modalità di affidamento dei lavori (fattispecie, quest’ultima, già riguardata da una precedente pronuncia della Sezione giurisdizionale di condanna degli Amministratori comunali disponenti tale modalità di affidamento dei lavori). b. All’epoca dei fatti contestati, tra i compiti attribuiti al Responsabile Unico del Procedimento dagli articoli 8 e 9 del d.P.R. 2 dicembre 1999, n. 554 (Regolamento di attuazione della legge quadro in materia di lavori pubblici 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modificazioni), vi era quello della formulazione - nel caso di gravi irregolarità - della contestazione degli addebiti all’appaltatore, ciò tuttavia a seguito dell’espresso impulso del Direttore dei lavori; pertanto, nel caso di pagamento di lavori difformi rispetto il progettato ovvero di lavori non eseguiti affatto, il R.U.P. deve essere mandato assolto dalle richieste di condanna del risarcimento del danno determinatosi al riguardo, atteso che gli stringenti obblighi di controllo sull’esecuzione dell’appalto risultavano fondamentalmente intestati, dalla specifica normativa di settore, alla figura del Direttore dei lavori e, dunque, non al R.U.P.. 5 - Sentenza n. 92 del 15 aprile 2011 - Pres. Giorgione, Est. De 33 Rosa - P.M. Pomponio - P.R. c/ C.N.M. (Avv.to Ubaldo Lucchetti). Condanna C.N.M. al pagamento di euro 33.670,26 rivalutazione monetaria, interessi legali e spese processuali. oltre a a. Responsabilità amministrativa - Regione - Contributi comunitari in agricoltura - Società privata (ditta individuale) beneficiaria dell’erogazione indebita - Giurisdizione della Corte dei conti - Sussistenza. b. Responsabilità amministrativa - Regione - Contributi comunitari in agricoltura - Azione di responsabilità amministrativa proposta nei confronti dell’amministratore di società privata (ditta individuale) beneficiaria dell’erogazione indebita - Rapporti con il giudizio pendente innanzi all’AGO avente ad oggetto la domanda di restituzione del contributo formulata dalla P.A. – Fattispecie c. Responsabilità amministrativa – Regione – contributi comunitari in agricoltura – Azione responsabilità amministrativa proposta nei confronti dell’amministratore di società privata (ditta) individuale beneficiaria dell’erogazione indebita - Contenuti e quantificazione del danno erariale correlato – Fattispecie a. Sussiste la giurisdizione della Corte dei conti sulla domanda di restituzione d’un contributo pubblico a fondo perduto concesso ad un privato dalla Regione Marche, atteso che con tale domanda la parte pubblica ha sostanzialmente preteso il risarcimento del danno erariale derivante dallo sviamento delle risorse destinate ad uno scopo pubblicistico, a garanzia della corretta utilizzazione delle somme assistite dal vincolo di scopo, posto che eventuali illegittimità d’uso dei finanziamenti determinano la sottrazione dei finanziamenti nei confronti di altre imprese, che avrebbero potuto legittimamente concorrere all’attuazione delle finalità di pubblico rilievo richiedenti il concorso degli imprenditori (in detta prospettiva da ritenersi, pertanto, incardinati nella P.A.). b. In ipotesi di illegittima concessione d’un contributo pubblico, innanzi al Giudice ordinario si controverte in tema di restituzione del 34 contributo pubblico che, in ragione degli obblighi sanciti dalla specifica disciplina di riferimento, di derivazione comunitaria, comportano la revoca dell’intero finanziamento pubblico anche nel solo caso in cui il privato disattenda agli doveri di informazione - anch’essi assunti con la domanda di ammissione al beneficio - concernenti il monitoraggio dell’investimento. Davanti alla Corte dei conti, invece, l’oggetto del giudizio è il risarcimento del danno erariale conseguente allo sviamento delle risorse dagli scopi predeterminati dalla disciplina di riferimento del contributo pubblico; il detto pregiudizio, secondo gli indirizzi formulati dalla Suprema Corte, non attiene quindi alla mancata realizzazione (parziale o meno) del progetto illegittimamente sovvenzionato, bensì alla circostanza dell’avvenuta sottrazione degli aiuti nei confronti di imprese terze, che ove destinatarie dei finanziamenti, avrebbero potuto legittimamente concorrere alla realizzazione dell’interesse pubblico. c. Nel caso di illegittima concessione d’un contributo pubblico ad un soggetto privato, l’oggetto del giudizio contabile è il risarcimento del danno erariale conseguente allo sviamento delle risorse dagli scopi predeterminati dalla disciplina di riferimento del contributo pubblico, valutabile nell’avvenuta sottrazione degli aiuti nei confronti di imprese terze, che ove destinatarie dei finanziamenti, avrebbero potuto legittimamente concorrere alla realizzazione dell’interesse pubblico; non ricorrendo tale ipotesi di sottrazione, sussiste comunque il danno erariale conseguente allo sviamento delle somme dallo scopo pubblicistico, quantificabile nella differenza tra il contributo concesso e la quota dell’investimento realizzato in conformità alla disciplina dello specifico contributo (in base al principio affermato nella decisione, la Sezione ha statuito la condanna del privato valutando che la Regione Marche sarebbe addivenuta comunque alla concessione del contributo pubblico all’impresa, ancorché in misura ridotta, nell’ipotesi in cui il relativo progetto fosse stato, originariamente, parzialmente destinato a finalità diverse da quelle segnatamente valutabili ai sensi del bando di concorso; tanto si è sostenuto sulla base delle seguenti circostanze: 1) l’impresa si era collocata all’ultimo posto (il sesto) nella graduatoria degli aspiranti al contributo, con punteggio complessivo estremamente più basso rispetto quelli delle imprese concorrenti; 2) gran parte delle somme 35 assegnate dall’Unione Europea, per i fini dello specifico bando di concorso, non venivano utilizzate e costituivano, pertanto, oggetto di restituzione all’U.E.; 3) una riduzione in tal senso del contributo veniva già accordata dalla Regione all’impresa, in fase di concessione del medesimo, a seguito di un preliminare sopralluogo effettuato dagli Ispettori regionali rilevante difformità identiche a quelle comportanti, successivamente alla formale concessione del beneficio, la revoca dell’intero finanziamento a fondo perduto). 6 - Sentenza n. 99 del 22-04-2011 – Pres. Giorgione – Est. Di Luca – P.M. Pomponio – P.R. c/ B. G. (Avv. Aldo Valentini) Responsabilità amministrativa – Danno all’immagine della pubblica amministrazione - Natura del danno – Prescrizione dell’azione risarcitoria – Sopravvenienza di norme – Effetti caducatori della prescrizione già compiuta - Esclusione Nell’ipotesi di responsabilità amministrativa per danno all’immagine della pubblica amministrazione addebitata ad un ex dipendente condannato in via definitiva per reati previsti nel capo I del titolo II del libro secondo del codice penale, ove la prescrizione dell’azione di risarcimento, incidente su un rapporto di durata, si sia già compiuta in base alle norme di cui al secondo comma dell’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, come sostituito dall’articolo 3 del d.l. 23 ottobre 1996, n. 543 (per il quale il termine iniziale della prescrizione del credito erariale deve farsi risalire alla data in cui si sono verificati gli eventi dannosi che l’hanno determinato e, più precisamente - nel caso di occultamento doloso dei danno - all’epoca in cui la Procura contabile ha ricevuto avviso del rinvio a giudizio da parte della Procura della Repubblica), non può trovare applicazione l’innovativa disciplina introdotta dal decreto legge 3 agosto 2009 n.103, convertito, con modificazioni, nella legge 3 ottobre 2009, n. 141 per la quale il suddetto termine di prescrizione è sospeso fino alla conclusione del procedimento penale. Invero, ciò che rileva non è il valore retroattivo o meno della legge n. 141 del 2009 e quindi la sua applicabilità ai giudizi in corso alla data di entrata in vigore della norma il principio della certezza del diritto, 36 per il quale nessuna nuova norma può modificare i fatti compiuti produttivi di effetti estintivi di un rapporto giuridico. Nel caso di specie l’assunto trova sostegno anche nelle seguenti disposizioni legislative: Nell’art. 1, comma 2-ter, della legge di riforma 14 gennaio 1994, n. 20, la quale ha introdotto un nuovo termine prescrizionale anche per i fatti verificatisi anteriormente alla data del 15 novembre 1993 a condizione che per tali fatti fosse ancora in corso il periodo di prescrizione previsto dalla normativa precedente; nell’art. 17, comma 30-ter, del decreto-legge 3 agosto 2009 n.103, il quale, disponendo che l’azione per il risarcimento del danno all’immagine si esercita nei soli casi e nei modi previsti dall’articolo 7 della legge 27 marzo 2001, n. 97, fa salvo, indirettamente richiamandolo, l’art. 129 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, il cui terzo comma, prevedendo l’obbligo del pubblico ministero che esercita l’azione penale per un reato che ha cagionato un danno per l’erario, di informare la Procura presso la Corte dei conti, implicitamente consente a quest’ultima di avviare immediatamente la propria attività istruttoria, ponendo contestualmente in essere il termine di decorrenza prescrizionale. 7 – Ordinanza a verbale – Udienza del 18 maggio 2011 – Pres. f.f. Di Luca, Est. Quarato – P.M. Pomponio - P.R. c. M.R. (Avv. Gianni Marasca), R.C. (Avv. Giampaolo Cosimi), G.C. (Avv.Emanuele Giorgini), G.M. (Avv. Antonio Di Stasi), A. S. (Avv. Donato Antonucci), R.P. (Avv.ti Aristide Police, Filippo Degni e Antonio Mastri), O.B. e altri (Avv. Massimo Spinozzi) Sospende il giudizio ai sensi dell’art. 295 c.p.c. Responsabilità amministrativa – contemporanea pendenza di giudizio di appello avverso ordinanza di rigetto dell’istanza di nullità dell’atto di citazione – Presupposti per sospensione del giudizio – Sussistenza. La questione di nullità sollevata da alcuni convenuti, in via di azione o 37 di eccezione, espressamente prevista dall’art. 17, comma 30-ter, del decreto legge 1 luglio 2009, n. 78, convertito nella legge 3 agosto 2009, n. 102 e successivamente modificato dall’art. 1, comma 1, lettera c) n. 1, del decreto legge 3 agosto 2009, n. 103, a suo volta convertito nella legge 3 ottobre 2009, n. 141, riveste carattere pregiudiziale rispetto a tutte le altre eccezioni di rito e di merito. Presso la Sezione giurisdizionale Centrale di appello è tuttora pendente il giudizio sul reclamo proposto da uno dei convenuti avverso l’ordinanza di questa Sezione giurisdizionale che aveva respinto la pari azione di nullità. Detto giudizio, anche per le connesse questioni di massima sollevate dalla stessa Sezione d’appello, appare assolutamente pregiudiziale in ordine alla decisione sulle istanze di nullità che si deve qui assumere, per cui vi è la necessità di attendere l’esito del giudizio in sede di appello. 8 - Sentenza n. 133 del 27 maggio 2011 - Pres. Di Luca, Est. De Rosa - P.M. Mirabella - P.R. c/P.P.. (Avv.Giulio Natali) Condanna il convenuto al pagamento di euro 5,000,00, comprensivi di rivalutazione monetaria. Responsabilità amministrativa - Amministrazione statale Danno erariale derivante dall’assenza dal servizio del dipendente pubblico protratta per causa del medesimo Sussistenza – Fattispecie Il dipendente pubblico che abbia ritardato la ripresa dell’attività lavorativa per condotte illecite reiterate - non ispirate a regole elementari di prudenza, diligenza, correttezza, fedeltà e buona fede, determinanti il ritardo del recupero della sua condizione di salute - è tenuto a risarcire l’Amministrazione di appartenenza con riferimento alle retribuzioni percepite nel corso dei periodi di protratta assenza dal servizio, dovuta ad infermità indotta dalle condotte illecite medesime (nel caso, la condanna statuita dalla Sezione si è basata sull’accertamento dei seguenti fatti: un dipendente, legittimamente in aspettativa per motivi di salute per un trauma distorsivo ad una caviglia, aveva successivamente svolto attività venatoria comportante 38 un impegno fisico in concreto valutato incompatibile, dal Giudice, con le esigenze di pronta guarigione e di sollecita ripresa dell’attività lavorativa) 9 - Ordinanza n. 57 del 22 settembre 2011 – Pres. Giorgione, Est. Quarato – P.M. Pomponio - P.R. c. G.F. (Avv. Riccardo Leonardi). Conferma il sequestro conservativo ante causam. a. Responsabilità amministrativa –Termine per la proposizione del reclamo avverso ordinanza di conferma del sequestro conservativo ante causam - Applicabilità del termine di cui all’art. 669 terdecies c.p.c. b. Responsabilità amministrativa – competenza territoriale – Contributi comunitari – Residenza beneficiari privati – Vis Actractiva - Sussistenza. c. Responsabilità amministrativa – Prescrizione – Danno – Concorso di più soggetti – Occultamento doloso – Dies a quo – Dalla scoperta del danno. d. Responsabilità amministrativa - Giudizio cautelare – Requisiti fumus boni iuris e periculum in mora – sussistenza. a. Il reclamo avverso l’ordinanza di conferma del sequestro cautelare deve essere proposto entro il termine di quindici giorni di cui all’art. 669 terdecies c.p.c. rubricato “reclamo contro i provvedimenti cautelari”. Il più breve termine disposto dall’art 739, comma 2, c.p.c. attiene a procedimenti propri del rito civile, attribuiti alla competenza del giudice tutelare, che non trovano riscontro nella giurisdizione domestica. b. Ogni contributo indebitamente erogato comporta un’autonoma azione di responsabilità amministrativo contabile a carico di tutti i soggetti che hanno concorso al singolo indebito pagamento. Gli illeciti in contestazione riguardano contributi - asseritamente non dovuti percepiti da beneficiari residenti ed operanti nella regione Marche i quali, in concorso con i funzionari AGEA, avrebbero posto in essere la 39 condotta dannosa che ha prodotto l’indebito esborso di denaro pubblico. Pertanto, stante l’unicità dell’illecito e delle sue conseguenze pregiudizievoli (entrambi ancora sub iudice), appare destituita di fondamento la prospettazione del reclamante secondo cui la condotta del funzionario debba essere considerata separatamente da quella dei beneficiari ed attribuita alla competenza di altra Sezione giurisdizionale. Non vi è dubbio che il denaro riscosso dai beneficiari, avrebbe dovuto essere utilizzato proprio al fine di consentire la messa a riposo di terreni incidenti nella regione Marche. Pertanto, qualora accertato, il danno si sarebbe verificato proprio in tale territorio. c. Nell’ipotesi di occultamento doloso, il termine di prescrizione dell’azione decorre dalla data di conclusione delle indagini esperite dall’Organo requirente. In particolare, nell’ipotesi di contemporanea pendenza di giudizio penale, l’azione di responsabilità amministrativa nei confronti di più soggetti, chiamati a risponderne a titolo di dolo o di colpa grave, può essere esercitata solo all’esito delle indagini volte ad accertare la sussistenza dell’ipotesi di danno e l’identità di tutti i soggetti che con la loro condotta dolosa o gravemente colposa vi hanno concorso. d. Deve essere rigettato il reclamo avverso l’ordinanza di conferma del sequestro cautelare ante causam. La cognizione del giudice in sede cautelare è limitata al riscontro di entrambi i requisiti necessari per l’adozione della misura, vale a dire il fumus boni iuris e il periculum in mora. Riguardo, in particolare, al primo degli anzidetti requisiti, è necessario e sufficiente che sussistano elementi idonei a ritenere la possibile fondatezza dei fatti oggetto di contestazione, rimanendo impregiudicata ogni diversa valutazione nella competente sede di merito. Il Giudice in sede cautelare non può esorbitare dai propri poteri vagliando nel merito la fondatezza o meno degli addebiti sottesi alla domanda di sequestro conservativo. È, invece, necessario verificare che la misura richiesta risulti non 40 irragionevole e ipoteticamente sostenibile in ragione delle risultanze documentali acquisite al fascicolo di causa. Nella fattispecie de qua, dalle indagine esperite nell’ambito dell’istruttoria penale, sono emerse ipotesi di reato per presunte frodi comunitarie a carico di 133 soggetti tra privati – beneficiari dei contributi – e pubblici funzionari. Il fatto da cui deriva il danno è rappresentato dal comportamento, ipoteticamente illecito, tenuto dai beneficiari dei contributi in concorso necessario con i funzionari dell’AGEA i quali, per parte loro, avrebbero falsificato atti e documenti del fascicolo amministrativo in vantaggio dei propri sodali. Tale fatto si è verificato nel territorio della regione proprio in considerazione della competenza dell’Ente territoriale a gestire le provvidenze di settore per il razionale ed economico sviluppo delle produzioni agricole nell’area. La regione Marche figura tra le “persone procedimento penale attualmente in corso. offese” citate nel Tanto è sufficiente a ritenere che sussiste il fumus boni iuris prospettato. In merito al periculum in mora il Collegio osserva che da tempo la giurisprudenza di questa Corte dei conti ha chiarito la diversa natura del sequestro disposto nell’ambito del procedimento penale e di quello richiesto a fini di tutela risarcitoria delle Amministrazioni titolari del diritto di credito. Il primo ha carattere sanzionatorio a favore del Ministero della Giustizia, il secondo persegue finalità conservative a favore dell’AGEA. Con riferimento al reclamante non vi è dubbio che tale periculum deriva dalla insufficienza dei beni patrimoniali già sottoposti ad altri vincoli cautelari. MASSIME DI ALCUNE PRONUNCE EMESSE DALLA SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONE MARCHE NELL’ANNO 2011 IN M A T E R I A P E N S I O N I S T I C A 1 - Sentenza n. 37 del 14 febbraio 2011 – Giudice unico Scandurra – M.L.B. (Avv.ti Domenico e Paolo Bonaiuti) 41 c/Inpdap Giudizio in materia di pensioni civili – Ricorso per revocazione - Errore di fatto – Inammissibilità L’errore di fatto che può dare luogo a revocazione della sentenza, ai sensi dell’art. 395, punto 4), del cod. proc. civ. e dell’art. 68, lett. a, del R.D. n. 1214 del 1934, consiste nell’erronea percezione dei fatti di causa sostanziatesi nella supposizione dell’esistenza di un fatto la cui verità risulta incontestabilmente esclusa dagli atti, o nell’esistenza di un fatto la cui verità è inconfutabilmente accertata, sempre che il fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito materia del dibattito processuale su cui la pronunzia contestata abbia statuito. Il suddetto errore inoltre non può riguardare la violazione o falsa applicazione di norme giuridiche; deve avere i caratteri dell’assoluta evidenza e della semplice rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti o documenti di causa, senza necessità di argomentazioni induttive o di particolari indagini ermeneutiche; deve essere essenziale e decisivo, nel senso che tra la percezione asseritamente erronea da parte del Giudice e la decisione emessa deve esistere un nesso causale tale che senza l’errore la pronunzia sarebbe stata diversa. 2 - Sentenza n. 53 del 21 febbraio 2011 – Giudice unico Scandurra – M.C. + 4 (Avv.to Antonio Salvia) c/Ministero Economia e Finanze nonché Ministero Difesa Giudizio in materia di pensioni militari – Riliquidazione assegno di cura - Meccanismo perequazione automatica Esclusione - Espressa previsione normativa Nel nostro sistema ordinamentale non esiste (né esisteva all’epoca di proposizione delle domande amministrative o del ricorso) alcun obbligo per l’Amministrazione di provvedere all’adeguamento automatico dell’assegno di cura secondo gli indici Istat. Rientra nella piena discrezionalità del legislatore stabilire – col solo limite della palese irrazionalità – nell’ambito di un più vasto disegno di attuazione dei principi costituzionali, l’istituzione, la misura, le 42 variazioni o, addirittura, la soppressione di qualsivoglia provvidenza o assegno accessorio. In mancanza di una espressa disposizione di legge che estenda il meccanismo delle perequazione all’assegno di cura e in assenza di un principio a carattere generale che stabilisca tale obbligo, non spetta l’adeguamento automatico. 3 - Sentenze n. 73 e n. 74 del 14 marzo 2011 - Giudice unico De Rosa - S.A. e P.P.P. (Avv.to Paolo Angelici) c/Inps (Avv.to Floro Flori) e Rete Ferroviaria Italiana S.p.a.. In tema di maggiorazione del 18% dell’ex voce retributiva “indennità integrativa speciale”. a. Giudizio in materia di pensioni civili e militari Maggiorazione del 18% ex articolo 220 del d.P.R. n. 1092 del 1973 della ex voce retributiva “indennità integrativa speciale” assorbita nei cc.dd. minimi contrattuali, in base all’articolo 63 del C.C.N.L. delle Attività Ferroviarie del 16 aprile 2003 esatta determinazione dello stipendio da assoggettare alle modalità di computo previste dall’articolo 220 del d.P.R. n. 1092 del 1973 - Soppressione della ex voce retributiva a tutti gli effetti e senza eccezione alcuna, nei confronti della specifica tipologia di personale - Diritto alla maggiorazione del 18% sull’intera voce “stipendio” – Sussistenza a. L’assorbimento dell’indennità integrativa speciale nei cc.dd. minimi contrattuali - che, per il personale destinatario dello specifico contratto, altro non rappresenta che lo “stipendio” di cui agli articoli 43 e 220 del d.P.R. n. 1092 del 1973 - stabilito a far data 1° gennaio 2003 dall’articolo 63 del C.C.N.L. delle Attività Ferroviarie del 16 aprile 2003, ha determinato la soppressione dell’i.i.s. quale voce autonoma della retribuzione; ne consegue che la relativa categoria di personale ha diritto alla maggiorazione del 18 per cento sull’intero “stipendio” prevista dall’articolo 220 del d.P.R. n. 1092 del 1973; a nulla rilevando - poiché ormai inapplicabili alla fattispecie - le disposizioni pensionistiche aventi segnatamente ad oggetto la voce retributiva “indennità integrativa speciale” (fattispecie nuova; con 43 riferimento ad altra categoria di personale, cfr. Sezione Marche 3 novembre 2008, n. 380; 3 agosto 2009, n. 232; 19 ottobre 2009, n. 249; 28 giugno 2011, n. 156). 4 - Sentenza n. 75 del 14 marzo 2011 - Giudice unico De Rosa - I.D.L. (Avv.to Paolo Angelici) c/Inpdap. In tema di riliquidazione del trattamento pensionistico a. Giudizio in materia di pensioni civili e militari - Computo del trattamento pensionistico in presenza di servizi contestualmente prestati in posizione di part time presso due Enti pubblici; l’uno a tempo indeterminato e l’altro a tempo determinato - Diritto alla valutazione del servizio part time prestato a tempo determinato, ai sensi dell’articolo 8 della legge n. 554 del 1988 - Valorizzazione nella pensione della Retribuzione di posizione organizzativa in misura intera Commisurazione del trattamento pensionistico alla ridotta prestazione lavorativa a. In presenza di due rapporti a tempo parziale (di cui quello segnatamente alla base del ricorso, a tempo determinato) la disciplina pensionistica applicabile alla fattispecie si prospetta quella recata dall’articolo 8 della legge 29 dicembre 1998 n. 554, costituente norma di valenza pensionistica di portata generale nell’ambito del pubblico impiego; ne consegue che risulta valutabile nel computo della pensione l’intero importo della retribuzione di posizione previsto per la posizione organizzativa a tempo pieno, ferma in ogni caso la necessaria e conseguente applicazione delle ulteriori disposizioni dell’articolo 8 della legge n. 554 del 1988, sostanzialmente aggancianti la commisurazione del trattamento pensionistico alla ridotta prestazione lavorativa (fattispecie nuova). 5 – Sentenza n. 80 del 28 marzo 2011 – Giudice unico Di Luca – M. E.– (Avv. Antonio Salvia) – c/ Inpdap a) Pensioni Civili - Trattamento pensionistico privilegiato Assegno di cura –Pretesa riliquidazione su base perequativa - 44 Infondatezza b) Pensioni Civili - Trattamento pensionistico privilegiato Assegno di cura –Omessa previsione di riliquidazione su base perequativa - Profili di incostituzionalità - Insussistenza a) Non sussiste il diritto di ottenere la riliquidazione dell’assegno di cura, percepito nell’ambito della pensione privilegiata, sulla base delle disposizioni in tema di perequazione dei trattamenti pensionistici, non sussistendo nell’ordinamento una disposizione di legge che riconosca tale diritto. È inconferente il richiamo all’art. 59, comma 4, della legge 27 dicembre 1997 n. 449, ed al collegato art. 11 del decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 503, poiché dette disposizioni, avendo introdotto restrizioni in materia di perequazione delle pensioni, in linea con la generale tendenza legislativa iniziata ai principi degli anni ‘90, va interpretato secondo un criterio limitativo, piuttosto che estensivo. Tale ultimo articolo, infatti, introduce nuovi criteri perequativi generalizzati ed esclusivi a decorrere dal 1° gennaio 1998, prevedendo che gli aumenti a titolo di perequazione automatica delle pensioni previdenziali ed assistenziali si applicano sulla base del solo adeguamento al costo vita con cadenza annuale ed effetto dal primo novembre di ogni anno e che ulteriori aumenti possono essere stabiliti con legge finanziaria in relazione all’andamento dell’economia e tenuto conto degli obiettivi rispetto al PIL. b) La questione di illegittimità costituzionale dell’art. 108 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, nella parte in cui non prevede un meccanismo di rivalutazione del beneficio secondo gli indici Istat, come previsto, per le pensioni, sollevata per contrasto con il “principio costituzionale di ragionevolezza” e con gli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione, è infondata poiché: 1. (rispetto all’art. 2 Cost.: dovere di solidarietà verso i pensionati) il pubblico interesse - in cui si traduce il criterio di solidarietà sociale - a che il pensionato goda di un trattamento “adeguato alle esigenze di vita” concerne il trattamento di quiescenza considerato quale prosecuzione della remunerazione già percepita in attività di servizio 45 e non si estende a quegli assegni accessori aventi finalità specifiche diverse dal trattamento pensionistico di base; 2. (rispetto all’art. 3 Cost.: principio di eguaglianza tra il pensionato titolare dell’assegno di cura rispetto al pensionato non titolare di tale assegno) non sussiste uguaglianza di posizione tra il pensionato titolare e quello non titolare dell’assegno di cura, poiché il primo si differenzia dal secondo per essere, oltreché beneficiario di pensione privilegiata, portatore di infermità tubercolare o di sospetta natura tubercolare, alla quale l’ordinamento collega il diritto all’assegno in questione. 3. (rispetto all’art. 32 Cost.: l’assegno di cura quale strumento per la tutela della salute) mentre il diritto alla pensione (sia nelle forme della pensione ordinaria che in quella di privilegio) attiene alla predisposizione dei mezzi di sostentamento in favore del lavoratore in quiescenza, l’assegno di cura, ancorché aggiunto a tale trattamento, risponde alla diversa esigenza della tutela della salute e, in quanto tale, è soggetto ai principi propri di tale tutela, non necessariamente corrispondente, sotto il profilo dell’adeguamento economico, a quelli normativamente previsti per le pensioni. 4. (rispetto al c.d. “principio della ragionevolezza”) la mancata previsione di un adeguamento automatico dell’assegno di cura in linea con quello legislativamente adottato per i trattamenti di pensione non sembra palesemente invadere l’ambito della irrazionalità delle scelte normative, atteso che per costante insegnamento della Corte costituzionale rientra nella discrezionalità del legislatore stabilire la misura dei trattamenti di quiescenza e le variazioni dell’ammontare delle prestazioni, attraverso un bilanciamento dei valori contrapposti che tenga conto, accanto alle esigenze di vita dei beneficiari, anche di altre esigenze sociali, unitariamente considerate con riguardo alle concrete disponibilità finanziarie e alle esigenze di bilancio. 6 - Sentenza n. 94 del 18 aprile 2011 – Giudice unico Scandurra – M.E.S. (Avv.to Bruno Pettinari) c/Inpdap Giudizio in materia di pensioni civili – Pensione diretta di 46 inabilità – Art. 33 RDL n. 680/1938, art. 7 legge 379/1955 e art. 16 legge 1646/1962 – Presupposti Termine quinquennale di decadenza – Art. 169 del d.P.R. n. 1092/1973 – Dies a quo – Manifestazione malattia Maggiorazione pensione ordinaria - Art. 3 legge n. 965 del 1965 In base al dato letterale delle disposizioni di legge, disciplinanti la materia, occorre accertare, ai fini del riconoscimento del diritto a pensione, la “permanente” inabilità a prestare ulteriore servizio, intendendosi, per tale, non l’inidoneità “assoluta” a qualsiasi impiego e mansione, quanto piuttosto l’inidoneità a svolgere le mansioni proprie della qualifica posseduta, al momento della cessazione dal servizio. Il termine quinquennale per l’inoltro della domanda di pensione privilegiata comincia a decorrere dalla manifestazione della malattia. Il principio, valevole in materia di pubblico impiego, non può non trovare applicazione anche in materia di trattamento pensionistico spettante ai dipendenti degli enti locali, in quanto espressione di un principio di civiltà giuridica, che in una visione sistematica è comune a tutti gli ordinamenti previdenziali, rispondente alla medesima ratio ispiratrice. Al dipendente, appartenente all’ordinamento ex CPDEL, cessato dal servizio per inabilità dipendente dall’esercizio delle proprie funzioni, non spetta un’autonoma pensione privilegiata tabellare, bensì una maggiorazione della pensione ordinaria nella misura indicata dall’art. 3 della legge n. 965 del 1965. 7 - Sentenza n. 162 del 5 settembre 2011 - G.U. Quarato – U. M. (Avv. Paolo Angelici) c/ Inpdap a. Pensioni civili e militari – Pretesa a percepire, in misura intera, le variazioni dell’indennità integrativa speciale dal compimento dell’età massima prevista per il collocamento a riposo. Esclusione 47 Non merita accoglimento la domanda volta al riconoscimento del diritto a percepire, in misura intera, le variazioni dell’indennità integrativa speciale dal compimento dell’età massima prevista per il collocamento a riposo, ai sensi dell’art. 10, comma 4, del d.l. n. 17 del 29 gennaio 1983, convertito nella legge numero 79 del 25 marzo 1983. I ricorrenti hanno compiuto il sessantacinquesimo anno di età dopo l’entrata in vigore della legge n. 448 del 1998 (legge finanziaria 1999) per la quale dal 1° gennaio 1999 il meccanismo della rivalutazione delle pensioni opera, per ogni singolo beneficiario, in funzione dell’importo dei trattamenti pensionistici complessivamente percepiti. Pertanto, il diritto vantato appare insussistente per effetto della nuova disciplina e nessuna questione può più porsi in merito all’attuale vigenza dell’art. 10, comma 4, della legge n. 79 del 1983. 8 - Sentenza n. 169 del 7 luglio 2011 – Giudice unico Scandurra F.C. (Avv.ti Angelo Raffaele Villani e Lorenza Scaravelli) c/ Ministero della Pubblica Istruzione – Ufficio Scolastico Provinciale di Ancona Giudizio in materia di pensioni civili – Riliquidazione pensione mediante inclusione in “Quota A” della retribuzione pensionabile - Mansioni superiori riconosciute in sede di giudicato civile Ai fini della valutabilità in “Quota A” di pensione, ex articolo 13, comma 1, lett. a) del decreto legislativo n. 503 del 1992, delle maggiori retribuzioni correlate alle mansioni superiori, siccome riconosciute in sede civile, va riconosciuto valore prevalente, pur in assenza di un formale provvedimento di inquadramento in altra e superiore qualifica, al giudicato formatosi sulle decisioni del Giudice del Lavoro. La base per il trattamento pensionistico va calcolata prendendo a riferimento il trattamento effettivamente percepito dall’interessata per ben oltre sette anni, tanto più che su di esso sono state calcolate anche le ritenute previdenziali, traendo esse origine e legittimazione dalla prestazione lavorativa effettivamente svolta. 48 9 - Sentenza n. 184 del 18 luglio 2011 – G.U. Quarato – L. C. ed altri (Avv.Pierangelo Ladogana) c/ Ministero della Difesa a. Pensioni civili e militari – Domanda di accertamento del diritto acquisito al 31 dicembre 1997 da parte di personale militare attualmente in servizio per il transito anticipato in regime di quiescenza. Esclusione Deve essere rigettata la domanda di personale militare attualmente in servizio, per l’accertamento del diritto a poter transitare in regime di quiescenza, previo riconoscimento di analogo diritto acquisito al 31 dicembre 1997 - ante il cosiddetto “blocco delle pensioni”, introdotto dalla legge n. 335 del 1995 e dal decreto legislativo n. 165 del 1997 avendo a detta data maturato il periodo minimo di anzianità contributiva pari ad anni 19, mesi 6 e giorni 1, con ogni conseguenza di legge. 10 - Sentenza n. 189 del 1° settembre 2011 – G.U. Quarato – L. P. (Avv.Lucia Paolinelli) c/ Inps - Fondo di previdenza per il personale delle Ferrovie dello Stato. a. Pensioni civili e militari – Pretesa alla maggiorazione del 18 per cento sulla voce “stipendio tabellare” comprensiva dell’indennità integrativa speciale. Esclusione Non merita accoglimento la domanda volta al riconoscimento – in sede di computo del trattamento pensionistico spettante ai lavoratori del comparto ferroviario e della scuola - del diritto ad ottenere la maggiorazione del 18 per cento sulla voce “stipendio tabellare” comprensiva dell’IIS, così come conglobata in base ai CCNL del periodo di riferimento. La modifica della struttura retributiva del pubblico dipendente non comporta conseguenze dirette sul quantum della pensione che ad esso lavoratore spetterà una volta posto in quiescenza. La disciplina previdenziale è riservata alla legge (intesa nel senso lato di atto normativo di rango primario o secondario) dello Stato (art.117 Cost.). Entrambe le discipline, del lavoro e previdenziale, sono vincolanti, l’una demandata agli accordi negoziali, l’altra a norme giuridiche. 49 Le provvidenze concesse in sede di contrattazione collettiva non si estendono al trattamento previdenziale se per esso non vi è stata apposita previsione e copertura della spesa conseguente. In applicazione dei principi che si rinvengono nell’ordinamento giuridico considerato nel suo complesso, il giudice deve tenere conto dei limiti posti a tutela della finanza pubblica. 11. - Sentenza n. 197 del 3 ottobre 2011 – Giudice unico Scandurra – L.S. (Avv.to Bruno Pettinari) c/Ministero della Difesa. Giudizio in materia di pensioni militari – Domanda aggravamento – Supplemento istruttorio – Esclusione Il ricorrente non ha introdotto né in sede di ricorso, né in sede di visita medico legale presso il Collegio medico legale nuovi o ulteriori elementi di giudizio o perizie medico legali, idonei a mutare le diagnosi di “guarigione” già rese dalle competenti commissioni mediche o ad avvalorare quanto richiesto e definire dettagliatamente la valenza del quadro patologico e disfunzionale, tali, comunque, da giustificare il ricorso ad una nuova valutazione medico legale. L’assenza di significative limitazioni articolari e di gravi deficit muscolari non consentono di esprimere un giudizio diverso da quello reso dall’interpellato Collegio medico legale di non riscontrato aggravamento delle infermità lamentate. 12. - Sentenza n. 198 del 3 ottobre 2011 – Giudice unico Scandurra – V.E. (Avv.ti Giovanni Maria Bettoni e Roberto Gasparrini) c/ Ministero dell’Economia e delle Finanze e Agenzia del Territorio Ufficio Provinciale di Macerata. Giudizio in materia di pensioni civili – Non dipendenza da causa di servizio - Art. 64 e segg. d.P.R. n. 1092 del 1973 Il diritto a pensione privilegiata non è legato al mero manifestarsi di una malattia invalidante, ma alla provata sussistenza anche di un concreto nesso eziologico tra le situazioni cui il soggetto sia stato 50 esposto per poter assolvere gli obblighi di servizio ed il conclamarsi dell’infermità. Spetta il diritto a pensione quando l’infermità, derivante dall’adempimento di obblighi di servizio comporti menomazioni che rendano il dipendente inabile al servizio, costituendone causa ovvero concausa efficiente e determinante. 13 - Sentenza n. 200 del 3 ottobre 2011 – Giudice unico Scandurra – M.A. (Avv. Pasquale Vivolo) c/ Ministero dell’Economia e delle Finanze, Direzione Provinciale di Ascoli Piceno e Ministero della Difesa, Direzione Generale per il Personale Militare. Difetto di legittimazione passiva del Ministero della Difesa Indennità integrativa speciale in misura intera, tredicesima mensilità e assegni familiari su pensione privilegiata tabellare in costanza attività lavorativa Accoglimento domanda nei limiti prescrizionali Inammissibilità domanda assegni familiari - Art. 71 lett. b) R.D. n. 1038 del 1933 In via preliminare, va rilevato il difetto di legittimazione passiva del Ministero della Difesa, vertendosi in tema di somme, la cui corresponsione rientra nelle competenze dell’Amministrazione finanziaria, senza alcun coinvolgimento del predetto Dicastero. La questione, attinente al diritto alla corresponsione dell’indennità integrativa speciale in misura intera e della tredicesima mensilità sulla pensione per il periodo di concomitante attività lavorativa deve ormai considerarsi positivamente risolta a seguito delle sentenze della Corte costituzionale n. 566/1989, n. 204/1992 e n. 232/1992 nonché dell’ordinanza della stessa Corte costituzionale n. 517/2000 e della sentenza delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti n. 14/2003/QM. Rilevato che la domanda avente ad oggetto la richiesta di assegni familiari non risulta preceduta, ai sensi dell’art. 71 lett. b) del R.D. n. 1038 del 1933, dalla necessaria istanza in sede amministrativa e che essa appare, altresì, priva di qualsiasi specificazione e non supportata 51 da alcun elemento di riscontro né da argomentazioni circostanziate, ne va dichiarata l’inammissibilità. 14 - Sentenza n. 225 del 7 novembre 2011 - Giudice unico De Rosa - M.M. (Avv.to Alberto Cerioni) c/Ipost ora Inps (Avv.to Magda Signore) Poste Italiane S.p.a. (Avv.ti Luisa Iannacci e Sergio Galassi) e Inpdap. In tema di recupero d’indebito pensionistico a. Giudizio in materia di pensioni civili e militari Legittimazione processuale passiva di Poste Italiane S.p.a. con riferimento alla liquidazione del trattamento provvisorio di pensione attuata dall’Amministrazione autonoma delle Poste e delle Telecomunicazioni - Configurabilità – Fondamento b. Giudizio in materia di pensioni civili e militari Legittimazione processuale passiva dell’Inps succeduta nel rapporto all’Ipost, soppresso, liquidante la pensione definitiva dedotta nel giudizio – Sussistenza a. La legittimazione processuale passiva di Poste Italiane S.p.a. nell’ambito del giudizio concernente l’esatto ammontare del trattamento pensionistico spettante ad un operatore TLC collocato in quiescenza in data 5 gennaio 1991 - trova il seguente duplice fondamento: la constatazione che il trattamento provvisorio di pensione veniva liquidato direttamente dall’Amministrazione Poste e Telecomunicazioni (sulla base dell’ordinamento previgente al decreto legge n. 487 del 1993 convertito nella legge n. 71 del 1994), cui succedevano dapprima l’Ente Poste Italiane e quindi Poste Italiane S.p.a.; il dato che l’eventuale riliquidazione del trattamento pensionistico definitivo, da parte della competente Gestione previdenziale - sull’ordine del Giudice - non può che poggiare sulla rideterminazione del trattamento retributivo spettante al dipendente alla data di cessazione del servizio, competenza oggi intestata in capo a Poste Italiane S.p.a. medesimo. b. La legittimazione processuale passiva dell’INPS - nell’ambito del giudizio concernente l’esatto computo del trattamento pensionistico di un operatore TLC collocato in quiescenza in data 5 gennaio 1991 trova fondamento nel fatto che detto Istituto è succeduto all’IPOST, 52 liquidante il trattamento pensionistico definitivo fondamentalmente impugnato col ricorso (poiché d’importo meno favorevole, per il pensionato, rispetto quello provvisoriamente allo stesso attribuito), in tutti i rapporti attivi e passivi dell’Ente soppresso ai sensi dell’articolo 7 del decreto legge n. 78 del 2010 convertito nella legge n. 122 del 2010. 53