Cellule del cordone ombelicale. Articolo da MedWeb

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34-35 inchiesta -ok :1 new-Gran Italia (Stefano) 23/06/10 17:57 Pagina 34
SEMPRE PIÙ VITE SALVATE
CON LE CELLULE STAMINALI
DA CORDONE OMBELICALE
Il trapianto di cellule multipotenti emopoietiche di origine
placentare rappresenta un successo della medicina più moderna.
L’Italia ha una rete di Centri di raccolta tra le più avanzate.
Manuela Campanelli
T
Raccolta di staminali
consentita in Italia
34
rapianti di cellule staminali emopoietiche
funzionano. «Guariscono infatti in media
il 50 per cento delle persone affette da malattie del sangue anche mortali nell’arco di
8-9 anni», precisa Giuseppe Bandini, ematologo e organizzatore della “Seconda Giornata del
paziente trapiantato e dei famigliari” messa a punto
dal Gruppo Italiano Trapianti di Midollo Osseo
(GITMO) Onlus e da Bologna AIL (Associazione
Italiana contro le Leucemie e i Linfomi), tenutasi di
recente a Bologna nell’ambito del IV Congresso
GITMO presieduto da Alberto Bosi, professore ordinario di Malattie del Sangue all’Università di Firenze. Quelli allogenici, nei quali a una radiochemioterapia segue l’infusione di cellule staminali empoietiche prelevate da un donatore sano e infuse in un’altra persona,
rappresentano dunque una terapia salvavita consolidata e di
grande successo per la cura di numerose e gravi malattie. Non a
caso il loro numero è salito a quota 1.400 e dal 1991 a oggi aumentano del 3-4 per cento ogni anno:
solo nel 2009 ne sono stati eseguiti 59 da donatore non-famigliare.
DOCTOR – MAGGIO/GIUGNO 2010
Molto è cambiato dal 1983, anno in cui si iniziò
l’approccio allogenico: attualmente si può per
esempio ricevere un trapianto di cellule staminali
emopoietiche fino all’età di 60 anni e le patologie
che si curano sono molte di più di allora.
PATOLOGIE CURABILI Oltre che per le leucemie acute, e le immunodeficienze congenite, i trapianti sono oggi indicati per esempio anche per il
mieloma multiplo, i linfomi e l’anemia mediterranea. Il loro elenco, consultabile sul sito www.gitmo.net, è stato lasciato volutamente aperto. Ma
non solo. Anche la sorgente di cellule staminali
emopoietiche è cambiata. Se fino al 1985 il midollo
osseo era l’unica fonte, in seguito il sangue periferico si è dimostrato un ottimo serbatoio di staminali
e ora il sangue cordonale sta diventando il mezzo
da cui prelevarle sempre più gettonato. Dal 2008
al 2009 le unità raccolte dal cordone ombelicale sono infatti passate da 11.517 a 16.207. Di queste ultime il 27 per cento, cioè 4.376 sacche, è stato conservato nelle 18 banche italiane. Perché sono così
richieste? «Perché sono cellule già tipizzate quindi
pronte all’uso, impiegabili anche se presentano
qualche incompatibilità con il ricevente e utili per i
trapianti veloci dove non c’è tempo da perdere»,
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spiega Mario Arpinati dell’Istituto di Ematologia e
Oncologia Medica “L. e A. Seràgnoli” del Policlinico
Sant’Orsola di Bologna. Il loro limite principale è la
dose cellulare. Un vecchio problema segnalato pure
da Eliane Gluckman, pioniera della tecnica trapiantologica, che già negli anni ’80 aveva osservato come
da ogni prelievo di sangue placentare si ottengono
volumi 10 volte inferiori rispetto a quelli ottenuti
dal midollo osseo, in media 80-100 ml, che all’epoca
potevano essere utili solo a pazienti al di sotto dei
50 Kg di peso. «Oggi anche questo aspetto è mutato», sottolinea Giuliano Grazzini dell’Istituto Superiore di Sanità. «I criteri di selezione utilizzati dai
Centri Trapianto internazionali stabiliscono infatti
che l’unità da conservare sia quella che possiede oltre un miliardo di cellule staminali emopoietiche al
momento della raccolta in modo da garantire una
maggiore efficacia terapeutica in caso di trapianto».
Tali requisiti rendono più alta la soglia di “ingresso”
delle sacche nelle banche ma la qualità ne risulta innegabilmente migliorata.
PIÙ STAMINALI DISPONIBILI. Grazie alla ricerca la scarsa quantità di staminali disponibili dal
sangue cordonale si sta superando. Nuove tecniche
di espansione e la possibilità del doppio trapianto
hanno fatto sì che i trapianti si siano potuti estendere anche al di fuori dell’oncoematologia pediatrica e
diventare sempre più una metodica salvavita anche
per gli adulti. In particolare l’infusione diretta “intra
bone” è già stata usata per eseguire 120 trapianti
con cellule staminali emopoietiche (90 a Genova, 10
in Spagna e 20 in altri quattro centri italiani) in pazienti adulti di 75 Kg di peso in fase di malattia
avanzata. Nel contempo i ricercatori del Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle hanno
sperimentato, come è stato riportato sulla rivista
Nature Medicine, su una decina di pazienti colpiti
da leucemia una tecnica che prevede l’attivazione di
segnali in grado di promuovere la moltiplicazione di
alcune cellule emopoietiche. Manipolandole in laboratorio gli scienziati americani sono riusciti a ottenere unità di sangue contenenti 6 milioni di staminali per chilo di peso corporeo del paziente che le riceve contro una media usuale di 200 mila. La maggiore concentrazione cellulare ha permesso di ricostruire l’ambiente midollare del trapiantato in tempi
più brevi, vale a dire in circa 14 giorni contro una
media di 4 settimane per le unità di sangue non manipolato.
Avere a disposizione una fonte alternativa di cellule
staminali emopoietiche, qual è appunto il sangue
Italian cord blood nerwork
(2008 - 2009)
16207
CBU raccolte
11517
CBU immagazzinate
3167
4376
anno 2008
anno 2009
Banking
index 27%
Dal 2008 al 2009 si è registrato un significativo
aumento della raccolta e immagazzinamento
delle cellule staminali cordonali.
cordonale, è quanto mai importante ai giorni nostriconsiderando anche un altro aspetto: la scarsità di
donatori adulti. I donatori non famigliari sono diventati una necessità, tanto che nel 2008 hanno superato i donatori consanguinei. Le cellule staminali
emopoietiche provenienti dal sangue placentare costituiscono quindi una vantaggiosa opportunità.
Prelevate in modo indolore durante il parto, sono
facilmente svincolabili dalle 18 banche italiane che
conservano 28.464 unità a scopo solidaristico e che
compongono un network tra i più organizzati d’ Europa capace di esportare staminali emopoietiche in
tutto il mondo e che a marzo 2008 hanno reso possibile ben 570 trapianti.
Il trapianto allogenico presenta anche dei vantaggi
di cura che quello autologo non ha. L’infusione di
cellule staminali emopoietiche allogeniche comporta l’eliminazione delle cellule malate rimaste dopo il
trattamento chemio-radioterapico e tale effetto non
può essere raggiunto con un trapianto autologo. Cosa rende allora le staminali provenienti da un altro
individuo, cordone ombelicale compreso, in grado
di distruggere le cellule malate residue? «I globuli
bianchi del donatore che insieme alle staminali
emopoietiche vengono infusi e che attuano una vera
e propria “terapia cellulare” in quanto capaci di riconoscere come estranee le cellule dell’altro», risponde Mario Arpinati. «Ma se da un lato i linfociti
sono utili perché promuovono l’attecchimento, proteggono dalle infezione e riconoscono le cellule neoplastiche, dall’altro provocano la malattia da trapianto». Uno scotto ancora da pagare.
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