UMBERTO ECO
da Il nome della rosa
G U I D A
Proponiamo la seconda parte del capitolo Primo giorno, ora
terza, in cui l’Abate racconta a Guglielmo della misteriosa
morte di un monaco e lo prega di far luce su questo dolorosissimo enigma.
L’Abate racconta a Guglielmo di un fatto singolare, accaduto
pochi giorni prima, che aveva suscitato molto turbamento nel
convento. Un monaco ancor giovane, Adelmo da Otranto, maestro miniatore incaricato di ornare i codici della ricca biblioteca,
era stato trovato morto in fondo alla scarpata sottostante il torrione orientale dell’Edificio, dopo una notte di grande tempesta di
neve e di vento. Dal momento che gli altri monaci lo avevano
visto nel coro verso le diciotto, durante compieta, egli era presumibilmente caduto giù nella notte. Il corpo dello sventurato era
stato rinvenuto ai piedi del precipizio, lacerato dalle rocce sulle
quali aveva rimbalzato più volte durante la caduta, per cui non
era facile stabilire il punto esatto dal quale era precipitato.
Era facile ipotizzare subito un suicidio, suscitato con ogni
probabilità dai rimorsi del giovane monaco per gravi colpe di cui
si era macchiato, infrangendo le regole dell’ordine, ma Guglielmo, dopo aver appreso che il povero corpo del monaco era stato
sepolto nel cimitero dell’abbazia e che le finestre prospicienti il
burrone erano state ritrovate chiuse il giorno dopo, senza che ai
piedi di alcuna apparissero tracce d’acqua, arguisce che si tratta di
un omicidio. Indubbiamente l’Abate sa qualcosa ma, vincolato
dal segreto della confessione, prega Guglielmo di non fargli altre
domande, aggiungendo che non c’è altro che egli possa dire. E
pertanto lo invita a dedicare parte del suo tempo al caso della
morte del giovane monaco, oltre ad occuparsi dell’incarico affidatogli dall’imperatore. L’indagine di Guglielmo è, però, ostacolata dal fatto che la finestra dà sulla biblioteca, dove soltanto il
vecchio bibliotecario ed il suo aiutante hanno accesso per antica
disposizione dell’ordine. L’Abate, quindi, prega Guglielmo di
adeguarsi rigorosamente alle regole dell’abbazia aggiungendo che
un uomo capace di descrivere un cavallo senza averlo mai visto e
la morte di un monaco senza saperne quasi nulla, non avrà difficoltà a ragionare su luoghi a cui non ha accesso.
Infine, dopo avergli spiegato dove avrebbe potuto incontrare
Ubertino, esce dalla cella. Proprio in quel momento, però, si ode
un urlo straziante, come di persona ferita, cui seguono altri lamenti altrettanto atroci. Ed a Guglielmo che si mostra turbato, l’Abate spiega che si tratta della macellazione dei maiali, operazione
che avviene in questa stagione.
Ma il mattino seguente si saprà di un secondo delitto.
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Il primo delitto
perifrasi: circonlocuzione, figura retorica
che consiste nell’usare giri di parole per
designare una persona o una cosa.
enigma: mistero.
mattutino: tra le 2,30 e le 3 di notte.
austro: lo stesso che ostro, vento che spira
da mezzogiorno (sud).
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NALISI DEL TESTO\
{1} miniatore: illustrava i testi manoscritti con fini decorazioni; dal latino minium, «minio», sostanza dal colore rossoarancione usato per delineare le iniziali.
Quest’arte, già presente in epoca classica
e tardoantica, è la testimonianza figurativa predominante nel periodo carolingioottoniano. Raggiunse il massimo splendore nei secoli XIV e XVI. Ricordiamo
Taddeo Crivelli (nato 1425 ca.-m. prima
del 1479), miniatore lombardo, autore
della Bibbia di Borso d’Este. L’arte di decorare ed illustrare manoscritti fiorì anche in Persia (secc. XIV-XVI) e in India
(secc. XVIII-XIX).
P
rese dunque a raccontare, con molta prudenza nella scelta
delle parole e lunghe perifrasi1, di un fatto singolare che era
accaduto pochi giorni prima e che aveva lasciato molto
turbamento tra i monaci. E disse che ne parlava a Guglielmo
perché, sapendolo gran conoscitore e dell’animo umano e delle
trame del maligno, sperava che potesse dedicare parte del suo
tempo prezioso a far luce su un dolorosissimo enigma2. Si era
dunque dato il caso che Adelmo da Otranto, un monaco ancor
giovane eppure già famoso come grande maestro miniatore {1}, e
che stava adornando i manoscritti della biblioteca di immagini
bellissime, era stato trovato una mattina da un capraio in fondo
alla scarpata dominata dal torrione est dell’Edificio. Poiché era
stato visto dagli altri monaci in coro durante compieta ma non
era ricomparso a mattutino3, era probabilmente precipitato
durante le ore più buie della notte. Notte di grande tempesta di
neve, in cui cadevano fiocchi taglienti come lame, che quasi
sembravano grandine, spinti da un austro4 che soffiava impetuoso. Fatto molle da quella neve che si era dapprima sciolta e poi
indurita in lamine di ghiaccio, il suo corpo era stato trovato ai
piedi dello strapiombo, dilaniato dalle rocce contro cui aveva
rimbalzato. Povera e fragile cosa mortale, che Dio avesse misericordia di lui. A causa dei molti rimbalzi che il corpo aveva subito
precipitando, non era facile dire da qual punto esatto fosse caduto: certamente da una delle finestre che si aprivano per tre ordini
di piani sui tre lati del torrione esposti verso l’abisso.
“Dove avete sepolto il povero corpo?” domandò Guglielmo.
“Nel cimitero, naturalmente,” rispose l’Abate. “Forse lo avrete notato, si stende tra il lato settentrionale della chiesa, l’Edificio e l’orto.”
“Vedo,” disse Guglielmo, “e vedo che il vostro problema è il
seguente. Se quell’infelice si fosse, Dio non voglia, suicidato
(poiché non si poteva pensare che fosse caduto accidentalmente) il giorno dopo avreste trovato una di quelle finestre aperte,
mentre le avete ritrovate tutte chiuse, e senza che ai piedi di
alcuna apparissero tracce d’acqua.”
L’Abate era uomo, lo dissi, di grande e diplomatica compostezza, ma questa volta ebbe un momento di sorpresa che gli
tolse ogni traccia di quel decoro che si addice alla persona grave
e magnanima, come vuole Aristotele: “Chi ve lo ha detto?”
“Me lo avete detto voi,” disse Guglielmo. “Se la finestra fosse
stata aperta, avreste subito pensato che egli vi si era gettato. Da
come ho potuto giudicare dall’esterno, si tratta di grandi finestre
a vetrate opache e finestre di quel tipo non si aprono di solito, in
edifici di questa mole, ad altezza d’uomo. Dunque se fosse stata
aperta, essendo impossibile che lo sciagurato vi si fosse affacciato
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impenitente: senza pentimento di peccati.
misfatto: delitto, crimine.
issato nolente: innalzato contro la sua volontà (dal latino nolens -entis, participio
presente di nolle «non volere»).
sussiego: orgoglio malcelato, contegnosità.
famigli: servi.
scriptorium: il luogo dell’Edificio dove i
monaci miniavano o ricopiavano i codici
che il bibliotecario aveva consegnato loro.
presagio: presentimento, qui sta per avvertimento, minaccia.
interdetto: proibito, vietato.
regola...: le norme, in genere fissate dal
fondatore, cui devono obbedire i monaci
di un determinato ordine.
la “varietà” del romanzo
Il romanzo ha un suo intreccio
autosufficiente e divertente come
un giallo da cui è stato tratto anche
un film di successo (1986), ma è
anche zeppo di citazioni, un puzzle
di libri. E presenta, inoltre, una
molteplicità variegata di tipologie
discorsive (parti narrate, dialoghi
filosofici, estese sequenze
descrittive), uno stile che alterna
soluzioni paratattiche con costrutti
latineggianti, frammenti di parlato
triviale con parti retoricamente
raffinate.
e avesse perduto l’equilibrio, non sarebbe restato che pensare a
un suicidio. Nel qual caso non lo avreste lasciato seppellire in
terra consacrata. Ma poiché lo avete seppellito cristianamente, le
finestre dovevano essere chiuse. Perché se erano chiuse, non
avendo io incontrato neppure nei processi di stregoneria un
morto impenitente5 a cui Dio o il diavolo abbiano concesso di
risalire dall’abisso per cancellar le tracce del suo misfatto6, è evidente che il presunto suicida è stato piuttosto spinto, vuoi da
mano umana vuoi da forza diabolica. E voi vi chiedete chi possa
averlo, non dico spinto nell’abisso, ma issato nolente7 sino al
davanzale, e siete turbato perché una forza malefica, naturale o
soprannaturale che sia, si aggira ora per l’abbazia.”
“È così...” disse l’Abate, e non era chiaro se confermasse le
parole di Guglielmo o rendesse ragione a se stesso delle ragioni
che Guglielmo aveva così ammirevolmente prodotto. “Ma come
fate a sapere che non vi era acqua ai piedi di alcuna vetrata?”
“Poiché mi avete detto che soffiava l’austro e l’acqua non
poteva essere spinta contro finestre che si aprono a oriente.
“Non mi avevano detto abbastanza delle vostre virtù,” disse
l’Abate. “E avete ragione, non c’era acqua, e ora so perché. Le
cose sono andate come dite. E ora capite la mia angoscia. Già
sarebbe stato grave se uno dei miei monaci si fosse macchiato
dell’abominevole peccato di suicidio. Ma ho ragioni di ritenere
che un altro di loro si sia macchiato di un peccato altrettanto
terribile. E fosse solo quello...”
“Anzitutto, perché uno dei monaci? Nell’abbazia vi sono
molte altre persone, stallieri, caprai, servitori...”
“Certo, è un’abbazia piccola ma ricca,” ammise con sussiego8
l’Abate. “Centocinquanta famigli 9 per sessanta monaci. Ma tutto è avvenuto nell’Edificio. Quivi, come forse già sapete, anche
se al primo piano vi sono e le cucine e il refettorio, ai due piani
superiori vi sono lo scriptorium10 e la biblioteca. Dopo la cena
l’Edificio viene chiuso e vi è una regola rigidissima che proibisce
a chiunque di accedervi,” indovinò la domanda di Guglielmo e
aggiunse subito, ma chiaramente a malincuore, “compresi i
monaci naturalmente, ma...”
“Ma?”
“Ma escludo assolutamente, assolutamente capite, che un
famiglio abbia avuto il coraggio di penetrarvi di notte.” Nei
suoi occhi passò come un sorriso di sfida, ma fu rapido come il
baleno, o una stella cadente. “Diciamo che avrebbero paura,
sapete... talora gli ordini dati ai semplici vanno rinforzati con
qualche minaccia, come il presagio11 che a chi disubbidisce possa accadere qualcosa di terribile, e per forza soprannaturale. Un
monaco invece...”
“Capisco.”
“Non solo, ma un monaco potrebbe avere altre ragioni per
avventurarsi in un luogo interdetto12, voglio dire ragioni...
come dire? Ragionevoli, anche se contrarie alla regola13...”
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perversa: malvagia, peccaminosa.
potere: facoltà.
novizio: chi compie il noviziato, cioè il periodo di tempo destinato alla prova, prima
di entrare a far parte di un ordine religioso.
Tale era Adso.
sigillo: nel linguaggio ecclesiastico, indica
l’obbligo del sacerdote a mantenere il segreto su quanto ha udito in confessione.
palesare: rivelare.
conferisco facoltà: concedo la possibilità.
coram monachis: espressione latina, «di
fronte ai monaci».
Non certo ... biblioteca: il divieto suscita
l’immediata curiosità di Guglielmo e lega
senza dubbio il delitto alla biblioteca proibita.
a petto: a confronto.
armaria: termine latino che indica le scaffalature in cui si riponevano i codici per
proteggerli dalla polvere e dagli agenti
esterni.
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NALISI DEL TESTO\
{2} “Eris sacerdos in aeternum”: «Sarai
sacerdote in eterno». La frase, ricavata dal
quarto versetto del Salmo 109, viene pronunciata al momento dell’ordinazione di
un sacerdote, e sta ad indicare il carattere
definitivo della condizione e degli obblighi che ne derivano. Guglielmo con essa
allude al vincolo del segreto della confessione, mostrando così di comprendere
l’angoscia dell’Abate, che non può rivelare ciò che ha appreso in confessione.
Guglielmo si accorse del disagio dell’Abate e fece una
domanda che forse mirava a sviare il discorso, ma che produsse
un disagio altrettanto grande.
“Parlando di un possibile omicidio avete detto ‘e fosse solo
quello’. Che volevate dire?”
“Ho detto così? Ebbene, non si uccide senza ragione, per
quanto perversa14. E tremo al pensiero della perversità delle
ragioni che possono aver spinto un monaco a uccidere un confratello. Ecco. È così.”
“Non c’è altro?”
“Non c’è altro che io possa dirvi.”
“Volete dire che non c’è altro che voi abbiate potere15 di
dire?”
“Vi prego frate Guglielmo, fratello Guglielmo,” e l’Abate
accentuò sia frate che fratello. Guglielmo arrossì vivamente e
commentò:
“Eris sacerdos in aeternum {2}.”
“Grazie,” disse l’Abate.
O Signore Iddio, quale mistero terribile sfiorarono in quel
momento i miei imprudenti superiori, spinto l’uno dall’angoscia e l’altro dalla curiosità. Perché, novizio16 che si avviava ai
misteri del santo sacerdozio di Dio, anch’io umile fanciullo
compresi che l’Abate sapeva qualcosa ma lo aveva appreso sotto
il sigillo17 della confessione. Egli doveva aver saputo dalle labbra
di qualcuno qualche particolare peccaminoso che poteva avere
relazione con la tragica fine di Adelmo. Per questo forse pregava
frate Guglielmo di scoprire un segreto di cui egli sospettava senza poterlo palesare18 a nessuno, e sperava che il mio maestro
facesse luce con le forze dell’intelletto su quanto egli doveva
avvolgere d’ombra in forza del sublime imperio della carità.
“Bene,” disse allora Guglielmo, “potrò porre domande ai
monaci?”
“Potrete.”
“Potrò aggirarmi liberamente per l’abbazia?”
“Ve ne conferisco facoltà19.”
“Mi investirete di questa missione coram monachis20?”
“Questa sera stessa.”
“Comincerò però oggi, prima che i monaci sappiano di cosa mi
avete incaricato. E inoltre desideravo molto, non ultima ragione
del mio passaggio qui, visitare la vostra biblioteca, di cui si parla
con ammirazione in tutte le abbazie della cristianità.”
L’Abate si alzò quasi di scatto, col viso molto teso. “Potrete
aggirarvi per tutta l’abbazia, ho detto. Non certo per l’ultimo
piano dell’Edificio, nella biblioteca21.”
“Perché?”
“Avrei dovuto spiegarvelo prima, e credevo che lo sapeste.
Voi sapete che la nostra biblioteca non è come le altre...”
“So che ha più libri di ogni altra biblioteca cristiana. So che a
petto22 dei vostri armaria23 quelli di Bobbio o di Pomposa, di
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abaco: strumento per fare i calcoli, simile
al pallottoliere.
codici: libri manoscritti.
Bagdad: capitale dell’Iraq, sul fiume Tigri.
visir: nell’Impero ottomano, titolo di ministri che hanno funzione di consiglieri del
sovrano.
corani: il Corano (in arabo significa «recitazione») è il libro sacro dei Musulmani.
Fu scritto tra il 610 e il 632 da Maometto,
che affermò di averlo fatto sotto la dettatura diretta di Dio.
infedeli: i musulmani.
il principe della menzogna: il diavolo, di
cui i musulmani, secondo il punto di vista
dei cristiani, sarebbero seguaci.
Tripoli: il nome designa due città sul Mediterraneo: l’una importante porto del Libano, l’altra capitale della Libia.
scribi: amanuensi addetti alla copiatura dei
libri.
daci: abitanti della Dacia, antica regione a
Nord del Danubio, oggi Romania.
Merlino: nelle leggende del ciclo bretone,
era il mago maestro di re Artù.
soldano: sultano, principe musulmano.
Murbach: monastero tedesco fondato nel
727.
San Gallo: monaco irlandese, santo. Accompagnò San Colombano in Gallia e visse come eremita presso Arbon. Sul luogo
della sua cella sorse nel 613 l’abbazia di
San Gallo.
corporazioni e gilde: organizzazioni che,
nelle città medioevali, raggruppavano i
lavoratori di una determinata arte o professione.
secolari: laici, non ecclesiastici.
fastigi: vette, onori.
Cluny o di Fleury sembrano la stanza di un fanciullo che appena si inizi all’abaco24. So che i seimila codici 25 che vantava
Novalesa {3} cento e più anni fa sono poco a petto dei vostri, e
forse molti di quelli sono ora qui. So che la vostra abbazia è l’unica luce che la cristianità possa opporre alle trentasei biblioteche di Bagdad 26, ai diecimila codici del visir 27 Ibn al-Alkami,
che il numero delle vostre bibbie eguaglia i duemilaquattrocento corani 28 che vanta il Cairo, e che la realtà dei vostri armaria è
luminosa evidenza contro la superba leggenda degli infedeli 29
che anni fa volevano (intimi come sono del principe della menzogna30) la biblioteca di Tripoli 31 ricca di sei milioni di volumi e
abitata da ottantamila commentatori e duecento scribi 32.”
“Così è, siano rese lodi al cielo.”
“So che tra i monaci che vivono tra voi molti vengono da
altre abbazie sparse in tutto il mondo: chi per poco tempo,
onde copiare manoscritti introvabili altrove e portarli poi alla
propria sede, non senza avervi portato in cambio qualche altro
manoscritto introvabile che voi copierete e inserirete nel vostro
tesoro; e chi per lunghissimo tempo, per restarvi talora sino alla
morte, perché solo qui può trovare le opere che illuminino la
sua ricerca. E dunque avete tra voi germani, daci 33, ispani, francesi e greci. So che l’imperatore Federico {4}, molti e molti anni
fa, chiese a voi di compilargli un libro sulle profezie di Merlino34 e di tradurlo poi in arabo, per inviarlo in dono al soldano35
d’Egitto. So infine che un’abbazia gloriosa come Murbach36, in
questi tempi tristissimi, non ha più un solo scriba, che a San
Gallo37 sono rimasti pochi monaci che sappiano scrivere, che
ormai è nelle città che sorgono corporazioni e gilde38 composte
di secolari 39 che lavorano per le università e che solo la vostra
abbazia rinnova di giorno in giorno, che dico?, porta a fastigi 40
sempre più alti le glorie del vostro ordine...”
“Monasterium sine libris,” citò assorto l’Abate, “est sicut civitas
sine opibus, castrum sine numeris, coquina sine suppellectili,
mensa sine cibis, hortus sine herbis, pratum sine floribus, arbor
sine foliis {5}... E il nostro ordine, crescendo intorno al doppio
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NALISI DEL TESTO\
{3} Bobbio ... Novalesa: l’abbazia di S.
Colombano, a Bobbio presso Piacenza,
fu fondata nel 614 da Colombano, monaco irlandese e santo; quella benedettina di Pomposa, presso Ferrara, risale ai
secc. VIII e XIV; l’abbazia benedettina di
Cluny, in Borgogna, fu fondata nel 910
dall’abate Bernone; Fleury, vicino a Orléans, risale al 1607; Novalesa, fondata
nel 726, si trova in Piemonte, nel comune di Susa. Quasi a completare questa
“guida” culturale, più avanti vengono citate le abbazie di Murbach e San Gallo.
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{4} l’imperatore Federico: Federico II di
Svevia (1194-1250), figlio di Enrico VI e
di Costanza di Altavilla, imperatore di
Germania e re di Sicilia. La sua corte palermitana fu centro di grande cultura e
punto d’incontro con la tradizione greca,
araba ed ebraica.
{5} Monasterium ... foliis: «Un monastero senza libri è come una città senza ricchezze, una cucina senza suppellettili,
una mensa senza cibi, un orto senza erbe,
un prato senza fiori, un albero senza foglie».
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del lavoro e della preghiera: ora et labora,
«prega e lavora», era la regola basilare dell’ordine benedettino.
fucina: centro di fervente attività.
rinserra: custodisce gelosamente, racchiude.
kabbale: la Cabala (o Càbala) è una dottrina ebraica basata sull’interpretazione
simbolica della Bibbia.
sagace: intelligente.
scrigno: in senso metaforico «custode».
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NALISI DEL TESTO\
{6} labirinto dei libri: l’immagine del
labirinto è riferibile sia alla quantità e varietà del sapere, sia alla stessa biblioteca
per la sua struttura labirintica. In realtà,
dietro la trama poliziesca, Il nome della
rosa costituisce una metafora del mondo
moderno, labirintico come la biblioteca
dell’abbazia, in cui l’uomo non è più in
grado di cogliere l’essenza profonda della
realtà, che gli sfugge continuamente e
deve pertanto limitarsi ad osservarla attraverso i segni esterni con i quali essa si
manifesta. Perduta l'intima verità delle
cose, di queste non restano che i «nomi»,
come suggerisce lo stesso titolo del libro.
{7} Perché non tutte ... diabolica: questo
discorso dell’Abate nasconde la chiave
del mistero della morte di Adelmo e di
quelle che seguiranno, tutte legate alla
presenza nella biblioteca di un libro ritenuto pericoloso.
comandamento del lavoro e della preghiera41, fu luce per tutto il
mondo conosciuto, riserva di sapere, salvezza di una dottrina antica che minacciava di scomparire in incendi, saccheggi e terremoti,
fucina42 di nuova scrittura e incremento dell’antica. {...} Noi siamo ancora fiaccole e luce alta sull’orizzonte. E finché queste
mura resisteranno, noi saremo i custodi della Parola divina.”
“E così sia,” disse Guglielmo in tono devoto. “Ma cosa c’entra questo con il fatto che non si può visitare la biblioteca?”
“Vedete frate Guglielmo,” disse l’Abate, “per poter realizzare
l’opera immensa e santa che arricchisce quelle mura,” e accennò
alla mole dell’Edificio, che si intravvedeva dalle finestre della cella, troneggiante al di sopra della stessa chiesa abbaziale, “uomini
devoti hanno lavorato per secoli, seguendo regole di ferro. La
biblioteca è nata secondo un disegno che è rimasto oscuro a tutti
nei secoli e che nessuno dei monaci è chiamato a conoscere. Solo
il bibliotecario ne ha ricevuto segreto dal bibliotecario che lo
precedette, e lo comunica, ancora in vita, all’aiuto bibliotecario,
in modo che la morte non lo sorprenda privando la comunità di
quel sapere. E le labbra di entrambi sono suggellate dal segreto.
Solo il bibliotecario, oltre a sapere, ha il diritto di muoversi nei
labirinto dei libri {6}, egli solo sa dove trovarli e dove riporli, egli
solo è responsabile della loro conservazione. Gli altri monaci
lavorano nello scriptorium e possono conoscere l’elenco dei
volumi che la biblioteca rinserra43. Ma un elenco di titoli spesso
dice assai poco, solo il bibliotecario sa, dalla collocazione del
volume, dal grado della sua inaccessibilità, quale tipo di segreti,
di verità o di menzogne il volume custodisca. Solo egli decide
come, quando, e se fornirlo al monaco che ne fa richiesta, talora
dopo essersi consultato con me. Perché non tutte le verità sono
per tutte le orecchie, non tutte le menzogne possono essere riconosciute come tali da un animo pio, e i monaci, infine, stanno
nello scriptorium per porre capo a un’opera precisa, per la quale
debbono leggere certi e non altri volumi, e non per seguire ogni
dissennata curiosità che li colga, vuoi per debolezza della mente,
vuoi per superbia, vuoi per suggestione diabolica.” {7}
“Ci sono dunque in biblioteca anche libri che contengono
menzogne...”
“I mostri esistono perché fanno parte del disegno divino e
nelle stesse orribili fattezze dei mostri si rivela la potenza del
Creatore. Così esistono per disegno divino anche i libri dei
maghi, le kabbale44 dei giudei, le favole dei poeti pagani, le
menzogne degli infedeli. È stata ferma e santa convinzione di
coloro che hanno voluto e sostenuto questa abbazia nei secoli,
che anche pei libri menzogneri possa trasparire, agli occhi del
lettore sagace45 una pallida luce, della sapienza divina. E perciò
anche di essi la biblioteca è scrigno46. Ma proprio per questo,
capite, essa non può essere penetrata da chiunque. “E inoltre,”
aggiunse l’Abate quasi a scusarsi della pochezza di quest’ultimo
argomento, “il libro è creatura fragile, soffre l’usura del tempo,
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oblio: dimenticanza.
dopo sesta: mezzogiorno.
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NALISI DEL TESTO\
{8} Ubertino: Ubertino da Casale (12591300 ca.), teologo e mistico, entrò giovanissimo nell’ordine francescano. Durante
il pontificato di Giovanni XXII, per sfuggire al processo intentato verso gli Spirituali – dei quali era il più illustre rappresentante – chiese di entrare nei benedettini. Oratore appassionato, Ubertino attaccava e sferzava i ceti più abbienti, attirando su di sé non poche antipatie.
teme i roditori, le intemperie, le mani inabili. Se per cento e
cento anni ciascuno avesse potuto liberamente toccare i nostri
codici, la maggior parte di essi non esisterebbe più. Il bibliotecario li difende dunque non solo dagli uomini ma anche dalla
natura, e dedica la sua vita a questa guerra contro le forze dell’oblio47, nemico della verità.”
“Così nessuno, salvo due persone, entra all’ultimo piano dell’Edificio...”
L’Abate sorrise: “Nessuno deve. Nessuno può. Nessuno,
volendolo, vi riuscirebbe. La biblioteca si difende da sola,
insondabile come la verità che ospita, ingannevole come la
menzogna che custodisce. Labirinto spirituale, è anche labirinto
terreno. Potreste entrare e potreste non uscire. E ciò detto, vorrei che voi vi adeguaste alle regole dell’abbazia.”
“Ma voi non avete escluso che Adelmo possa essere precipitato da una delle finestre della biblioteca. E come posso ragionare
sulla sua morte se non vedo il luogo in cui potrebbe aver avuto
inizio la storia della sua morte?”
“Frate Guglielmo,” disse l’Abate in tono conciliante, “un
uomo che ha descritto il mio cavallo Brunello senza vederlo e la
morte di Adelmo senza saperne quasi nulla, non avrà difficoltà a
ragionare su luoghi a cui non ha accesso.”
Guglielmo si piegò in un inchino: “Siete saggio anche quando siete severo. Come volete.”
“Se mai fossi saggio, lo sarei perché so essere severo,” rispose
l’Abate.
“Un’ultima cosa,” chiese Guglielmo. “Ubertino {8}?”
“È qui. Vi attende. Lo troverete in chiesa.”
“Quando?”
“Sempre”, sorrise l’Abate. “Sapete che, benché molto dotto,
non è uomo da apprezzare la biblioteca. La ritiene una lusinga
del secolo... Sta per lo più in chiesa a meditare, a pregare...”
“E vecchio?” chiese Guglielmo esitando.
“Da quando non lo vedete?”
“Da molti anni.”
“È stanco. Molto distaccato dalle cose di questo mondo. Ha
sessantotto anni. Ma credo abbia ancora l’animo della sua gioventù.”
“Lo cercherò subito, vi ringrazio.”
L’Abate gli chiese se non voleva unirsi alla comunità per il
desinare, dopo sesta48. Guglielmo disse che aveva appena mangiato, e molto confortevolmente, e che avrebbe preferito vedere
subito Ubertino. L’Abate salutò.
Stava uscendo dalla cella quando si levò dalla corte un urlo
straziante, come di persona ferita a morte, cui seguirono altri
lamenti altrettanto atroci. “Cos’è?!” chiese Guglielmo, sconcertato. “Nulla,” rispose l’Abate sorridendo. “In questa stagione si
stanno uccidendo i maiali. Un lavoro per i porcai. Non è di
questo sangue che dovrete occuparvi.”
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C O N S E G N E
T 244 1. Spiega per quale motivo l’Abate esclude assolutamente che a penetrare di notte nella biblioteca possa
essere stato uno dei servi.
2. La biblioteca è accessibile solo al bibliotecario ed all’aiuto bibliotecario: spiegane le ragioni.
3. Riferisci quale concezione della cultura e del sapere rappresenta, secondo te, la biblioteca ed indica se
condividi tale concezione.
4. Individua quelle che, secondo te, sono le parole-chiave del testo e spiega che cosa ti suggeriscono.
5. Di tanto in tanto Eco crea l’atmosfera dell’ambiente anche attraverso l’uso del latino o di un linguaggio
arcaizzante: sottolineane alcuni esempi.
6. Esegui una ricerca sull’arte della miniatura, fiorente per tutto il Medioevo.
B I B L I O T E C H E E M I N I AT U R E
Nel Medioevo il sapere era quasi
esclusivo appannaggio della
Chiesa e la maggior parte dei libri
manoscritti era nelle biblioteche
monastiche dell’Europa che li
avevano conservati e copiati.
Alla fine del Medioevo la biblioteca
abbandona la sua vocazione
esclusiva di conservazione e
diventa anche centro di diffusione
del sapere.
Il mondo dei libri, la cui richiesta
era aumentata sempre più a partire
dal X secolo, con la crescita
economica in Europa, sarà poi
rivoluzionato dall’invenzione della
stampa.
miniatura dello scriba-miniatore eadwine, 1147 ca.
(cambridge, trinity college library)
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