UNIVERSITÀ DI PISA FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA TECNICHE DIAGNOSTICHE “La Dosimetria nella diagnostica della Medicina Nucleare” RELATORE chiar.mo prof. Duccio Volterrani ____________________ CANDIDATO Pietro Urbani ____________ ANNO ACCADEMICO 1 2010/2011 “Dose si aggiunge a dose... e rischio a rischio!” E. Picano Riassunto In questa tesi vengono affrontati i problemi riguardanti la dosimetria nella diagnostica e terapeutica della moderna Medicina Nucleare. Si inizierà con un excursus sui principi fisici fondamentali per il calcolo della dose assorbita, del rateo di dose assorbita e della dose equivalente efficace, sulle misure base che ci permettono di controllare le dosi erogate seguendo le tabelle maggiormente accreditate dalla comunità scientifica e di evitare così di raggiungere le dosi-soglia oltre le quali, gli esami diagnostici o terapeutici richiesti non possono essere effettuati (proibiti dalle leggi in vigore). Verranno poi esaminati gli effetti biologici indotti dalle radiazioni; e nello specifico, gli effetti deterministici (ovvero il danno presente, crescente al crescere della dose) e quelli stocastici (dove a ciascuna dose corrisponde un rischio, correlato ad un calcolo probabilistico per un danno “tutto o nulla”). Nel terzo capitolo verranno sviluppate alcune considerazioni radio-protezionistiche che riguardano determinate categorie di pazienti (come il feto, i pazienti in età pediatrica e le mamme che allattano), evidenziando come la tendenza si va sempre più indirizzando verso una dosimetria paziente-specifica personalizzata. Nell’ultimo capitolo saranno affrontati alcuni dei principali comportamenti da tenere per ottimizzare ogni singola dose in ciascun esame per ogni singolo paziente e le maggiori informazioni forniteci dalla combinazione di tecnologie di imaging (come le macchine ibride), dove vi è spesso un prezzo da pagare in termini di incremento di dose (spesso non piccolo) a fronte però di un’ implementazione delle informazioni morfofunzionali e patologiche. 2 Indice Introduzione Capitolo 1: Il calcolo della Dose in Medicina Nucleare 1. 2. 3. 4. 5. Breve introduzione alla Medicina Nucleare Concetti di base (fisici) Calcolo del “rateo di dose assorbita” Calcolo della “dose assorbita” Whole body dose e la Dose equivalente efficace Capitolo 2: Effetti biologici 1. Effetti deterministici 2. Effetti stocastici Capitolo 3: Considerazioni dosimetriche 1. 2. 3. 4. “Phantoms”pediatrici e della gravidanza Dosimetria fetale Le mamme che allattano Dosimetria paziente-specifica Capitolo 4: Comportamenti di Radioprotezione 1. Limitare la dose al paziente in medicina nucleare 2. Ottimizzazione della dose 3. Le problematiche delle apparecchiature ibride Conclusione Bibliografia e ringraziamenti Sitografia 3 Introduzione La normativa radioprotezionistica è nata e per lungo tempo si è sviluppata soprattutto al fine di tutelare la persona esposta alle radiazioni per ragioni di lavoro e professionali. Negli ultimi due decenni è andato tuttavia aumentando, fino a divenire prevalente, l’interesse per la radioprotezione della popolazione e di quel gruppo particolare della popolazione che è rappresentato dalle persone sottoposte a prestazioni mediche con radiazioni per uso diagnostico o terapeutico. Ciò è dovuto a due ragioni: in primo luogo la diminuzione, fino alla scomparsa, delle lesioni deterministiche, che hanno portato a riconoscere la possibilità di danno da radiazioni in categorie professionali, sia sanitarie (medici nucleari, radiologi, etc.) che non (minatori, etc.). Il sistema di protezione che ne è derivato si è mostrato oltremodo efficace. Nello stato dell’arte attuale, solo per causa di incidenti si sono verificate lesioni professionali riconducibili a causa radiante al di fuori della radiazione naturale, mentre la maggiore esposizione della popolazione nel suo complesso è di gran lunga dovuta all’attività medica diagnostico-terapeutica. Si stima infatti che per ciascun individuo questa contribuisca mediamente allo 0.4 milliSievert (mSv) annui di dose efficace, a fronte di uno 0.02 mSv stimato dovuto al fallout radioattivo e di 0.001 mSv per l’impiego dell’energia nucleare. La Medicina Nucleare contribuisce globalmente per un decimo circa all’esposizione medica radioattiva: in Italia 0.043 mSv/anno per abitante (secondo i recenti dati di Dobici e Wells). Il progressivo sviluppo dei concetti di giustificazione ed ottimizzazione (A.L.A.R.A.) hanno indotto a prendere in maggior considerazione l’aspetto normativo di attività, come quelle mediche, storicamente esentate da vincoli di dose. 4 Capitolo 1: Il calcolo della Dose in Medicina Nucleare 1.1 Breve introduzione alla Medicina Nucleare La Medicina Nucleare è nata grazie al bisogno di ottenere immagini non più solo morfologiche delle lesioni, ma funzionali; in quanto si vuole stabilire la natura delle patologie che non alterano la forma degli organi pur danneggiando la funzionalità (tipico es. l'insufficienza renale). E' quindi nata una metodica di indagine ancora diversa, perchè se tradizionalmente i raggi vengono inviati dall'esterno verso l'interno del paziente, qui è proprio l'opposto; si inietta un radiofarmaco (un farmaco “marcato” con un apposito radioisotopo [l’isotopo radioattivo di un elemento]) che, raggiunta la lesione, ci permette di stabilire diverse cose: - le situazione di patologia o meno di determinati distretti si ottiene in base: all'accumulo del radiofarmaco 5 (che è anche radiotracciante – metastasi ossee); - in base al passaggio o meno (perfusione polmonare con MAA); - iperfunzione (noduli tiroidei); - con la possibilità di ottenere grazie a delle ROI mirate e delle planari dinamiche (che è una delle modalità di acquisizione) delle curve Attività/tempo con cui calcolare dei radiogrammi con cui studiare le varie funzionalità. Un approccio diagnostico quindi, ma anche terapeutico, in quanto la specificità di alcuni radiofarmaci richiamati in sedi particolari ha permesso la nascita della terapia radiometabolica, che ha il vantaggio di poter utilizzare le dosi più alte di tutti i trattamenti con radiazione (fino a 200 Gy) in quanto la dose viene rilasciata solamente nelle immediate vicinanze della lesione, evitando di irradiare tessuti sani (come avviene per es. in radioterapia). 6 Le 2 principali macchine della MN sono la Gamma Camera e la PET. L'esame che si ottiene con queste macchine è la scintigrafia, che si forma nella Gamma Camera per cattura dei raggi gamma rilasciati dal radiofarmaco marcato con Tecnezio 99m (il principe della Gamma Camera – i cristalli funzionano egregiamente utilizzando le sue energie medie di 140 KeV); mentre nella PET si usa una corona di cristalli di rilevazione sfruttando il principio fisico della “Formazione di Coppie”, adoperando però il [18F]FDG (fluorodessosiglucosio). Uno dei principali vantaggi della MN, dopo quello di fornirci le informazioni funzionali, è senza dubbio quello dell'ottima radioprotezione offerta da questi esami, con dosi estremamente contenute grazie al fatto che si iniettano attività estremamente basse ma efficaci. Anche se c’è da dire che, negli ultimi anni, con la diffusione delle TC nell’ibridazione delle macchine (SPECT/TC e PET/TC) la dose è divenuta un fattore di cui bisogna tenere conto. 7 1.2 Concetti di base (fisici) La radioattività è la proprietà naturale di alcuni nuclidi ad andare incontro ad una transizione spontanea da uno stato nucleare ad un altro. Il tasso della transizione nucleare è definito come il n° di transizioni nucleari per unità di tempo, e definito come attività. Le radiazioni sono di solito emesse quando un nucleo subisce una transizione nucleare. Le radiazioni sono molto variabili per quanto riguarda le proprietà delle energie e dell’assorbimento, ma tutti possono dar luogo alla ionizzazione quando assorbite nella materia. Per questo sono definite radiazioni “Ionizzanti”. L'energia assorbita per unità di massa in qualsiasi materiale si chiama dose assorbita (D) mentre il rateo di dose assorbita è invece la dose assorbita nell’unità di tempo, designato da Ď. 1.3 Calcolo del rateo di dose assorbita Il metodo per il calcolo MIRD del rateo di dose è stato descritto da Loevinger et al., cominciando col determinare il rateo di dose assorbita per un volume molto grande (dimensioni quasi infinita) di tessuto-equivalente di un materiale contenente nella sua interezza di una distribuzione uniforme di sostanze radioattive. Il MIRD schematizza ed utilizza numerosi simboli, e una sintesi delle quantità che rappresentano e la loro unità è fornita nella tabella 1. Perché rateo di dose è la quantità di energia assorbita per unità di tempo per unità di massa di materiale, varia direttamente con l'attività per unità di massa materiale assorbente e la quantità di energia rilasciata (emessa) per transizione nucleare. 8 Nell'esempio di un enorme volume di tessuto, tutta l'energia emessa viene assorbita, e quindi, se conosciamo l'energia emessa per unità di tempo, sappiamo anche che l'energia assorbita per unità di tempo, espressa come segue: Perché l'attività è il numero di transizioni per unità di tempo, Se tutta l'energia emessa è assorbita nel materiale, I termini che rappresentano i componenti del rateo di dose possono essere sostituiti con i simboli utilizzati dal MIRD schema: 9 D = rateo di dose assorbita A = quantità di attività, m = massa del tessuto, A / m = attività per unità di massa o concentrazione, E = energia emessa per transizione nucleare ; e sono indicati come segue: Una costante per rimuovere la proporzionalità può essere usato per ottenere la seguente equazione: dove k è la costante che ci darà dose nell’unità desiderata. Ad esempio, per calcolare il rateo di dose in rad per ora se A è in microcurie (MCI), m è in grammi (g), ed E è in volt megaelectron (MeV) per transizione, k ha un valore di 2,13, ricavo: 10 E è l’energia media per un dato radionuclide, è una costante e può essere moltiplicata per la costante k per produrre la nuova costante designata nello schema del MIRD con la lettera maiuscola greca D. Per esempio, Pertanto, la dose può essere espresso come segue: I valori di dose possono essere convertiti da quelli tradizionali alle unità del sistema internazionale (SI) dalla seguente relazione: 1 gray (Gy) è uguale a 100 rad, per cui 1 rad è uguale a 1 cGy. Allo stesso modo, l'attività può essere convertita nel SI dalla seguente relazione: - 1 mCi equivale a 3,7 '104 Becquerel (Bq). Quando la maggior parte dei radionuclidi decade, emette diversi tipi di radiazione (particelle e fotoni). La tabella 2 ci fornisce un elenco parziale delle radiazioni emesse da tecnezio-99m. Spesso, una radiazione specifica (particelle o fotoni) non viene emessa in ogni trasformazione nucleare, e la frazione di trasformazioni in cui viene emessa la radiazione è chiamata abbondanza ed è indicato dal simbolo ni. Così, per una radiazione data i, Di = k ni Ei. 11 Il rateo di dose totale per l'enorme volume di tessuto può essere calcolato come segue, dove il pedice si riferisce a ogni radiazione: La gamma di queste radiazioni nei tessuti molli varia notevolmente in base alle loro caratteristiche uniche come mostrato nella Tabella 3. Tuttavia si è visto che nel corpo umano e i sue singoli organi, a causa della limitate dimensioni, non soddisfano i criteri di un volume infinito in termini di intervalli di alcuni tipi di radiazioni. Una grande frazione di radiazione fotonica emessa sfuggirà dal corpo senza cedere qualsiasi tipo di energia al tessuto. 12 Abbiamo quindi bisogno di introdurre un fattore nuovo e necessario per la nostra equazione di rateo di dose, in modo da tenere in conto dell’energia emessa da una sorgente al corpo (chiamata “source region”o “source organ“) che non viene assorbita nel tessuto di interesse (di solito chiamata “target region”o “target organ”). Questo fattore rappresenta la frazione di energia emessa da un organo di origine che viene assorbito in un organo bersaglio ed è chiamata “frazione assorbita” , ed è la si ottiene con l'espressione: (l'obiettivo e la fonte possono essere la stessa regione). Nello schema MIRD, questo fattore è designato con la lettera f minuscola greca. L’equazione del dose rate per un target che viene da una sorgente diventa il seguente: dove rk è la regione di destinazione, rh è la regione di origine, e i rappresenta la tipologia di radiazioni. Il rateo di dose per un target da tutte le fonti può essere espresso con: Una frazione assorbita separata viene richiesta per ogni tipo di radiazione emessa da una sorgente che irradia un determinato obiettivo, tuttavia con delle semplificazioni. Quando la dose media ad organo è cospicua, le radiazioni possono essere suddivise in base a due tipi: 13 (a) non-penetranti, che si riferisce a tutte le forme di radiazioni che sono prontamente attenuato, l'energia è depositata nelle immediate vicinanze della sorgente, e (b) penetranti, che si riferisce alle radiazioni che possono viaggiare per lunghe distanze prima di interagire e depositare le loro energie. Tipiche radiazioni non-penetranti sono le particelle alfa, particelle beta e gli elettroni a causa della brevi distanze percorse all’interno del tessuto. Anche se nella maggior parte degli organi, le particelle beta e gli elettroni rilasciano le loro energie all'interno dell'organo di origine in cui l'emissione avviene, eccetto in alcuni casi particolari, come ad esempio nei piccoli vasi sanguigni o spazi midollari. A causa della loro energia, i fotoni (raggi gamma e raggi x con energie superiori a 10 keV) interagiscono con il tessuto, ed una certa energia può essere assorbita anche al di fuori degli organi di origine. Queste radiazioni vengono classificate come penetranti: i raggi X (con energia pari o maggiore a 10 keV – e li trattiamo come i raggi gamma per determinare la frazione assorbita). I raggi X con energia minore di 10 keV sono considerati non-penetranti. Nelle radiazioni non-penetranti, tutta l'energia emessa dall’ attività in un organo si assume che possa essere assorbita da quell'organo. Quindi, nessuna energia da tale organo verrà assorbita da altri organi. La frazione assorbita quando l'origine e di destinazione organi sono la stessa cosa è uguale a uno. La frazione assorbita per qualsiasi altro obiettivo è pari a zero. Nelle radiazioni penetranti, solo una frazione dell'energia emessa in un organo di origine viene assorbita in quell'organo. Così, una parte dell'energia emessa in quell’organo sarà assorbita da altri organi, mentre parte delle radiazioni esce dal corpo senza interazione. 14 La frazione assorbita per tutte le destinazioni avrà quindi un valore compreso tra zero e uno. Per determinare le frazioni assorbite per i fotoni, si è dovuto sviluppare un modello della fonte bersaglio. Sono stati proposti diversi modelli anatomici e metodi per fare questi calcoli: volumi geometrici quali sfere ed ellissoidi sono stati usati come "fantasmi" per rappresentare il corpo umano e i suoi organi (fantocci). Le dimensioni e le forme dei volumi che ricordano gli organi e nei tessuti di una persona media in diverse fasi di vita sono poi state definite con equazioni matematiche. 15 La Tabella 4 mostra un elenco parziale delle frazioni assorbite proposte dall’opuscolo MIRD 5(2), con le frazioni assorbite per 12 energie da 10 keV a 4 MeV. Oltre alla frazione assorbita, lo schema della MIRD include il concetto della frazione di assorbimento specifico, che è definito come la frazione d’assorbimento per unità di massa nell'organo bersaglio. Il simbolo scelto dal comitato per l’assorbimento specifico della frazione energetica MIRD è lettera maiuscola greca Φ, quindi, la frazione assorbita specifica per un target che deve essere irradiato da una sorgente può essere rappresentato da Per un particolare modello matematico, le masse degli obiettivi sono costanti. Ad esempio, il fegato di riferimento nel fantoccio uomo della MIRD n. pamphlet 5 ha una massa di 1.800 g. L’ equazione del rateo di dose per un target in un dato modello irradiato da una sorgente può allora essere scritto come segue: ( Le frazioni assorbite sono solitamente determinati col Metodo di Monte Carlo a causa della complicata configurazione geometrica in cui devono essere considerati i calcoli. Il metodo Monte Carlo utilizza un software che segue le attività di un gran numero (di solito più di 1 milione) di fotoni. Ogni fotone viene emesso da un punto casuale nell'organo sorgente in una direzione casuale. 16 Il fotone percorre la distanza pari alla sua lunghezza di libero cammino medio e subisce un’interazione in cui una certa energia può essere assorbita, e il fotone può essere disperso in una nuova direzione casuale. Ogni fotone è seguito fino a quando non è completamente assorbito, o sfugge dal corpo. L’energia totale depositata in un organo bersaglio è conteggiata e la frazione assorbita viene quindi calcolata. Più computer lavorano in parallelo ed i risultati delle piste sono confrontati per determinare la varianza della frazione assorbita calcolata. Quando il coefficiente di variazione è superiore al 50%, i risultati di Monte Carlo non sono utilizzati, come nel caso della tiroide che viene irradiata parzialmente dal fegato, quindi non vi è alcuna voce nella tabella 4 per questa combinazione. La frazione specifica assorbita ha l’utile proprietà che permette di calcolare la frazione assorbita quando le frazioni di Monte Carlo sono risultati non statisticamente affidabili. Se l'attività è uniformemente distribuita nella fonte, e se la fonte e gli organi bersaglio hanno un assorbimento omogeneo, con un materiale abbastanza grande dove gli effetti “bordo” possono essere trascurati, la frazione specifica assorbita è indipendente dall’organo designato come fonte e che ne è l’obiettivo. Questo rapporto di reciprocità può essere espressa da simboli come segue: dove la doppia freccia simboleggia il rapporto tra la sorgente e il target. Questa relazione può anche essere indicata anche per le frazioni assorbite: 17 Un'altra tecnica utilizzata per calcolare la frazione assorbita quando i calcoli Monte Carlo hanno coefficienti di variazioni troppo grandi è stata la metodica del fattore di accumulo. Questo metodo utilizza i fattori dell’assorbimento dell'energia e di accumulo, l’attenuazione lineare fotonica e i coefficienti di assorbimento per una data energia con densità medie per determinare la frazione dell’assorbimento specifico. Il rateo di dose totale per un organo bersaglio può essere calcolato come segue: Per un dato radionuclide ed un source-target specifico, la combinazione delle quantità è una costante, per questo il Comitato MIRD ha tabulato per 117 radionuclidi; fornendo di tutti la fonte bersaglio con la combinazione dell’organo di riferimento nel fantoccio. Il fattore S è definito: L’equazione del rateo di dose può essere semplificata come segue: 18 Nella Tabella 6 sono elencati i fattori S per il Tc-99m in cinque Organi sorgente che irradiando 20 organi bersaglio di riferimento in un fantoccio. 19 1.4 Calcolo della dose assorbita Se la quantità di attività in una sorgente rimane costante durante il periodo di interesse, la dose assorbita D può essere calcolato nel seguente modo: dove t = tempo su cui viene calcolata la dose. Se la quantità di attività in una sorgente non rimane costante, la dose assorbita è uguale all’integrale del (diversa) rateo di dose per il periodo di interesse, espresso come: Il Rateo di dose dipende dall'attività, che varia con il tempo. L'attività in una sorgente è determinata dalla biodistribuzione del radiofarmaco, dal metabolismo della persona, e dal decadimento radioattivo del radionuclide. L'ipotesi è di solito che il fattore S non cambia durante il tempo di interesse, quindi, l'equazione per la dose assorbita può essere scritta come segue: Lo schema MIRD usa il termine cumulativo dell’attività Ã per rappresentare l'integrale dell’attività nel corso del tempo, espressa come segue: Con questa convenzione, l'equazione per la dose assorbita nell’organo bersaglio k a causa dell’attività in un organo sorgente h può essere scritta come segue: Esaminando un semplice modello di attività A0 introdotto in un unico organo ed eliminato sia da un meccanismo biologico sia di decadimento radioattivo ci permete di ottenere una 20 conoscenza di base per la determinazione dell’attività cumulativa integrando l'attività in funzione del tempo. La frazione di un materiale radioattivo che viene rimosso dalla sorgente per unità di tempo da processi biologici è chiamato scomparsa biologica costante b ed è considerata uguale sia che il materiale sia stabile o radioattivo. Il metà tempo biologico Tb (il tempo che serve perchè il numero di atomi N sia la metà del numero iniziale N0) può essere derivata, ottenendo così il rapporto tra il primo tempo biologico e la costante di sparizione biologica con: L'equazione seguente mostra l'attività restante a seguito di decadimento radioattivo in funzione del tempo. Da questa equazione, il tempo di dimezzamento fisico Tp, cioè il momento in cui l'attività A è la metà dell'attività iniziale A0 possono essere derivati. La relazione del tempo fisico di dimezzamento e il decadimento fisico costante è mostrato come: L’attività rimanenti in un compartimento come funzione del tempo dopo la somministrazione a causa del decadimento fisico oltre alla scomparsa biologico può essere espressa come segue: Le due costanti di decadimento sono aggiunte per mostrare l’efficacia del decadimento fisico e la scomparsa biologica, mentre l'equazione per l'efficacia del tempo Te è derivata con: 21 Poiché l'integrale di ogni curva continua è uguale all'area sotto la curva, il cumulato d’attività Ã può essere ottenuto fisicamente misurando l'area sotto la curva tempo-attività che traccia la scomparsa reale dell'attività in un organo, o l'integrale può essere approssimato con metodi standard come la regola trapezoidale. La dose per un organo bersaglio di tutti gli organi sorgente è stimata utilizzando l'equazione: Il tempo t di residenza di un radionuclide in un organo sorgente può essere usato al posto dell’attività cumulativa nella stima della dose assorbita per target. Il tempo di permanenza è definito come segue: Pertanto, l'attività cumulata in organo h è l'attività di somministrazione A0 dovevano rimanere in quell'organo per un tempo th, senza decadenza o rimozione biologica. Pertanto, il tempo di residenza può essere pensato come una "media" o Vita "efficace" di A0 dell'attività somministrata nell’organo sorgente h. L'equazione MIRD per la dose assorbita può essere scritta quindi nel seguente modo: Il termine somma nell'equazione della dose assorbita per l’attività di un organo bersaglio da somministrare per una certa unità k al paziente. 22 Lo schema elaborato dal Comitato MIRD è applicabile per il calcolo e la stima della dose assorbita in quasi tutte le situazioni, anche se le informazioni fornite in forma tabellare per il calcolo delle dosi medie negli organi. Tuttavia, per determinare le frazione assorbite e le attività cumulative, si può stimare la dose assorbita anche per altre configurazioni e distribuzioni non uniformi di attività. [Schema di un “phantom uomo matematico”(a sinistra), e una ricostruzione renderizzata antropomorfica (a destra).] 23 1.5 Whole Body Dose e la Dose Equivalente Efficace Finora, le dosi assorbite sono state calcolate per organi bersaglio singoli, e, a seconda della biocinetica del radiofarmaco somministrato, le dosi singolo organo può andare oltre diversi ordini di grandezza. Di conseguenza, un unico parametro che si riferisce alla dose di radiazione consegnato al corpo nel suo complesso è necessario per valutare e confrontare i rischi di radiazione di differenti procedure. Storicamente, il parametro utilizzato per questa funzione è la Whole Body Dose (o Total-Body Dose). Questa quantità è definita come il totale di radiazione energetica assorbita nel corpo divisa per la massa del corpo, con un riferimento di 70 kg per il fantasma dell'uomo. La Whole Body Dose è calcolata nello schema MIRD utilizzando il fattore pubblicato S per la combinazione di tutto il corpo come organo sorgente e il corpo intero come organo bersaglio. Il rateo di Whole Body Dose alla più alta dose assorbita da un singolo organo varia dalla più vicina unità per i radiofarmaci che tendono a distribuirsi uniformemente nel corpo (ad esempio, l’acqua triziata) a meno dell'1% per i radio farmaci che hanno una distribuzione altamente non uniforme (ad esempio, tutti i composti dello iodio radioattivo). Nel 1977, la Commissione Internazionale per la Protezione Radiologica (ICRP) ha introdotto il parametro della dose equivalente efficace, che è la ponderata somma delle dosi assorbite dai singoli organi. Il fattore di ponderazione del tessuto per ogni organo è stata definita come il rapporto tra la dose assorbita consegnata a tutto il corpo, che conferiscono una certa probabilità di induzione di cancro (cancro radio-indotto), e la dose assorbita in un unico organo (HT), che darebbe la stessa probabilità di induzione di cancro in quell'organo. 24 Il prodotto WT del fattore di ponderazione tissutale e la dose equivalente assorbita in un organo si chiama dose equivalente organo effettiva; la somma delle dosi effettive organo equivalenti è chiamata la dose effettiva equivalente HE ed è calcolata come segue: (L'ICRP utilizza il simbolo HT per indicare la dose assorbita in un organo o tessuto, che è la stessa quantità di D[rk] nel formalismo MIRD.) [ I fattori di ponderazione dei tessuti ICRP 1977. ] 25 In questo modo, un rischio complessivo di cancro può essere calcolato per una situazione in cui diversi organi ricevono dosi diverse, con o senza irradiazione esterna del corpo intero. L'ICRP sviluppò questo metodo per utilizzarlo principalmente in un sistema per regolare la radioprotezione ed il rischio ad essa associato dell’irradiazione sul luogo di lavoro degli operatori sanitari (dottori, tecnici e infermieri) e non per l'applicazione della dosimetria sui pazienti nelle procedure della medicina nucleare. Tuttavia, si è poi visto che paragonando le procedure e gli iter diagnostici/terapeutici con conseguente somministrazione di attività (e correlata dose) ai pazienti per la valutazione dei rischi e benefici, la dose equivalente efficace è risultata un parametro più che appropriato per il calcolo della “Whole Body Dose”, tenendo conto così anche delle diverse sensibilità degli organi (ovviamente sensibilità aspecifiche, non si può ancora tenere conto delle differenze genetiche e biologiche specifiche che intercorrono tra paziente e paziente e operatori sanitari diversi). Nel 1990, l'ICRP ha adottato una serie differente dei fattori di ponderazione dei tessuti, ribattezzandola somma ponderata delle dosi assorbite dall’organo come dose effettiva, tuttavia, il concetto e il formalismo sono identici a quelli per il calcolo della dose equivalente efficace. Come nel caso del Whole Body Dose, il rapporto tra la dose efficace equivalente alla dose più grande assorbita dall’organo varia ampiamente, con valori inferiori a 1% per i radio-iodi. 26 Nella tabella qui sopra sono elencati diversi radiofarmaci comuni della routine diagnostica e terapeutica delle Medicine Nucleari, con l'attività tipica somministrata, la dose assorbita dall'organo ripreso, l'organo che riceve la più alta dose assorbita (con il valore di quella dose), la Whole-Body Dose, e la dose effettiva equivalente. Il Programma MIRDose Un programma per computer chiamato MIRDose è stato sviluppato e distribuito dalla Internal Radiation Dose Information Center® senza alcun costo. Il programma contiene le tabelle dei fattori S per i radionuclidi più comuni; l'utente deve solo fornire i dati bio-cinetici sotto forma di tempi di residenza per gli organi sorgente. A questo punto il programma genera le tabelle delle “dosi organo per unità di attività somministrata”in unità tradizionali e in quelle del SI (rad/mCi e mGy/MBq). 27 Phantom MIRD I fattori S utilizzati nello schema MIRD sono stati derivati non per ogni individuo, ma per un pianto standard, o una rappresentazione antropomorfa della persona di riferimento. Il fantasma è stato sviluppato da Fisher e Snyder e si compone di un certo numero di regioni tridimensionale nello spazio, che consistono in forme matematiche come sfere, ellissoidi, e coni delimitata da piani, che sono tutti definiti con riferimento a un sistema di coordinate di forma rettangolare la cui origine è al centro della base della sezione del tronco. La direzione z è positivo verso l'alto, verso la testa; la direzione x è positiva verso la sinistra del phantom, e la direzione y è positiva vero il lato posteriore. Vari miglioramenti sono stati apportati successivamente al phantom, ognuno dei quali è stato considerato essere una rappresentazione più realistica del tridimensionale struttura del corpo umano. 28 Capitolo 2: Effetti biologici 2.1 Effetti Deterministici Gli effetti biologici delle radiazioni ionizzanti sono determinati dalla deposizione di energia da parte delle radiazioni primarie o secondarie conseguenti al decadimento degli atomi radioattivi, energeticamente instabili. Come è noto, gli effetti lesivi sono di due tipi: deterministici e stocastici. Gli effetti deterministici possiedono le seguenti caratteristiche: hanno una “soglia”, cioè vi è un livello di dose al di sotto del quale l’effetto non si verifica; l’effetto è “graduato” nel senso che aumentando la dose assorbita aumenta anche la gravità dell’effetto; sono “precoci”, nel senso che l’effetto si manifesta a breve distanza di tempo dall’esposizione (vi è in genere un “periodo di latenza”, da poche ore ad alcuni giorni, inversamente proporzionale all’entità della dose). Quest’ultima caratteristica non è sempre vera: la cataratta può, ad esempio, manifestarsi a distanza di anni. La “soglia” per gli effetti deterministici si colloca, a seconda del tipo dell’effetto, fra qualche decimo di Gy e parecchi Gy. Gli organi e tessuti con soglia più bassa sono le gonadi , il cristallino ed il tessuto emopoietico. Secondo l’ICRP 60 una temporanea sterilità, da ipospermia , può essere provocata, nel maschio, già a partire da 0.15 Gy di esposizione acuta. Per una esposizione cronica, il minimo rateo di dose necessario è di 0.4 Gy per anno. I valori corrispondenti per la sterilità permanente sono da 3,5 a 6 Gy (esposizione unica) e di 2 Gy per anno (esposizione cronica). Nella donna la sterilità permanente richiede dosi simili (da 2.5 a 6 Gy) in caso di esposizione acuta, ma la soglia della sterilità per l’esposizione cronica è assai più bassa: 0.2 Gy per anno. L’opacità del cristallino, con ostacolo alla visione, può insorgere per esposizioni acute da 2 a 10 Gy di radiazioni X o gamma. 29 Come per le gonadi femminili, è da temersi l’esposizione cronica: la soglia viene collocata poco sopra i 0.15 Gy per anno. Nel caso del sistema emopoietico, la più sensibile al danno è la serie bianca e soprattutto i linfociti. La depressione midollare richiede comunque non meno di 0.5 Gy per esposizione acuta e non meno di 0.4 Gy per anno di esposizione cronica. Queste sono soglie di dose che non vengono mai raggiunte nella diagnostica radioisotopica. Qualche effetto deterministico può, raramente, verificarsi nella terapia radiometabolica anti-neoplastica (scialoadeniti, tiroiditi, depressione midollare e, per dosi ripetute ed assai elevate di I-131, fibrosi polmonare in caso di metastasi polmonari diffuse). La giustificazione di tale eventi è da inquadrare nel sicuro beneficio apportato dalla terapia alla gravissima patologia. Altrettanto può dirsi per gli effetti deterministici (eritema e lesioni cutanee) che possono a volte manifestarsi nella radiologia interventistica. 30 2.2 Effetti stocastici Gli effetti da prendere in considerazione nelle esposizioni mediche sono soprattutto quelli probabilistici (o stocastici) cioè quelli la cui evidenza, almeno a livello macroscopico, non è obbligatoria, ma ha una sua probabilità, generalmente bassa. Gli effetti stocastici sono, essenzialmente, quelli carcinogenetici e quelli genetici, entrambi dovuti alla lesione del DNA somatico e germinale provocato dalle radiazioni, sia direttamente che indirettamente (tramite la formazione di radicali ossidanti). Gli effetti stocastici hanno le seguenti caratteristiche: non hanno “soglia” (o per lo meno ai fini protezionistici si presume che non l’abbiano – non sono ancora state possibili correlazioni tra i danni stocastici ed eventuali loro soglie), così che una qualsivoglia e pur piccola dose di radiazione potrebbe provocare l’effetto; la probabilità di comparsa è proporzionale alla dose equivalente assorbita (da esprimete in Sv: il Gy è appropriato per gli effetti deterministici, ma non per quelli stocastici); la gravità dell’effetto non dipende dalla dose (legge del “tutto o nulla”): l’effetto (ad es. un certo tumore) prodotto da radiazione non differisce da quello che si manifesta spontaneamente o che è dovuto ad altre cause. La probabilità di accadimento di un tumore fatale, considerando l’intera popolazione, viene stimata dall’ICRP 60 a 10x10-2 Sv-1: cioè assai maggiore di quanto si pensasse un tempo (a causa dell’intervenuta revisione dosimetrica dei dati di Hiroshima e Nagasaki). Nel caso di basse dosi (< di 0.2 Gy) o basso rateo di dose (<0.1 Gy per ora) si applica un fattore di riduzione (DDREF) di 2, perché in queste condizioni di irradiazione i processi di riparazione del DNA hanno possibilità e tempo di intervenire, per lo meno parzialmente . Tale è il caso delle esposizioni mediche, per le quali può quindi considerarsi un coefficiente di probabilità di cancerogenesi fatale di 5x10-2 Sv-1 (cioè 5 centesimi per Sievert). Questo è, comunque, un valore medio: la probabilità è maggiore nella donna che nell’uomo e nel bambino (di 2-3 volte maggiore) che nell’adulto; diminuisce grandemente (di 5-10 volte oltre i 60-70 anni per ovvie cause biologiche di riproduzione cellulare) nell’anziano. 31 Un coefficiente di 5x10-2Sv-1 esprime il manifestarsi di circa 500 tumori maligni in una popolazione di 1 milione di persone esposte a un centiSievert (1 rem). L’esposizione di una persona a 1 mSv comporterebbe perciò una “probabilità” di cancro fatale di 50 su un milione (cinque su centomila, una su ventimila). Questo rischio di morte è quello che può aversi fumando 75 sigarette o percorrendo 2500 miglia in automobile Quanto agli effetti genetici essi vengono stimati essere 1.3x10-2 Sv-1 (cioè quasi cinque volte meno di quelli carcinogeni): metà di essi sono dovuti a causa unifattoriale, nell’80% legata al 10° cromosoma X e con caratteristiche di dominanza. Il 15% delle alterazioni si manifesta in ciascuna delle prime due generazioni. L’altra metà è da cause multifattoriali. Va detto che tutte queste stime “quantitative” sono valide al fine radioprotezionistico ma non vanno esenti, dal punto di vista radiobiologico, da incertezze e riserve. La probabilità è espressa statisticamente dalla curva dose/risposta costruita sulla base di osservazioni molteplici, quali: 1. la sperimentazione animale. 2. le osservazioni epidemiologiche sugli eventi di malattia determinati da elevati livelli di dose assorbita (studi sui sopravviventi di esposizioni per eventi bellici o incidentali). La probabilità complessiva di un evento negativo in funzione della dose assorbita è espressa da modelli ancora oggetto di dibattito che si possono così riassumere: 1. Il modello lineare, costruito per le basse dosi per estrapolazione dalla regione delle alte dosi (> 1Gy), secondo il quale l’incidenza del danno cresce con il crescere della dose, senza alcun valore soglia al di sotto del quale non esiste probabilità di eventi dannosi. 2. Il modello quadratico secondo il quale la probabilità del danno è molto bassa per le piccole dosi mentre si incrementa in modo esponenziale per le dosi medio-alte. 3. Il modello lineare-quadratico, che è un’integrazione fra il modello 1 e 2 ed assume un atteggiamento più cautelativo del quadratico per le basse dosi che interessano l’ambito della diagnostica clinica. Il modello 3, definibile anche come “sotto-lineare”, è quello che meglio si adatta alle teorie ed alle osservazioni della radiobiologia tradizionale e della epidemiologia delle neoplasie indotte per 32 bassi valori di dose di radiazioni a basso LET. I modelli mettono però in rapporto due grandezze, la stima di dose assorbita e la probabilità di un evento dannoso, affette da una serie non trascurabile di incertezze e di approssimazioni: a) Particolari condizioni patologiche del paziente possono modificare in maniera sostanziale le stime di dose, e quindi di possibile effetto, fatte per un soggetto normale. È questo il caso di pazienti portatori di malattie che interessano le vie escretorie coinvolte nell’allontamento di specifici radiofarmaci. b) La distribuzione spaziale non uniforme del radiofarmaco a livello microscopico. È questo il caso di traccianti ad accumulo intracellulare, in particolare di quelli che penetrano all’interno del nucleo cellulare. In questi casi la micro-dosimetria può sottolineare una sottostima del rischio perché zone altamente radiosensibili, quali il nucleo cellulare, possono ricevere alte dosi radianti ad opera dei deboli elettroni Auger emessi per conversione interna e non adeguatamente valutati nella stima macro-dosimetrica. Quindi i traccianti intra-cellulari (201-Tl, 111-In-oxinato, etc.) associati ad un non trascurabile “fattore di conversione” devono essere accuratamente valutati agli effetti della probabilità di danni biologici a livello subcellulare. Questa valutazione è ancora più impegnativa per i soggetti in età pediatrica per i quali i fattori di rischio crescono in ragione della lunga spettanza di vita. c) per contro, una disomogenea distribuzione del nuclide in un tessuto o in un organo può anche diminuire il rischio carcinogenetico. Ad esempio, laddove la concentrazione è maggiore può esservi un effetto “killing” sulle cellule, che previene la manifestazione neoplastica. Questa può essere una delle ragioni per le quali si stima che l’induzione di neoplasia tiroidea da 131I è 2-3 volte minore che quella dovuta a pari dose equivalente da irradiazione esterna. Va aggiunto che si è assistito, nel tempo, a un notevole mutamento d’opinioni circa la suscettibilità di singoli organi all’induzione neoplastica. Questo soprattutto perché, con il passare del tempo dalle 33 esposizioni belliche, incidentali o professionali sottoposte ad indagini epidemiologiche, sono andati sempre più emergendo i tumori a maggior tempo di latenza. In una scala di priorità della radioinduzione oncogena, oggi ad esempio primeggia il tumore dello stomaco, un tempo neppure preso in considerazione. Vi sono poi gli effetti delle radiazioni sull’embrione e sul feto. Essi dipendono dalla dose, ma anche dall’età della gravidanza. Prima dell’impianto (nei primi 10 giorni) gli effetti sono del tipo “tutto o nulla”: o il prodotto del concepimento muore, oppure la gravidanza prosegue del tutto normalmente. Dalla terza settimana alla fine del secondo mese (periodo dell’organogenensi) può verificarsi una vasta gamma di malformazioni agli organi in via di sviluppo. Questo effetto è di tipo deterministico e la sua soglia può collocarsi nell’attorno di 0.1 Gy. Nel periodo fetale (dal secondo mese in poi) e soprattutto dell’ottava alla quindicesima settimana può temersi un danno al SNC: è la fase della proliferazione dei neuroblasti e della migrazione dei neuroni corticali dalle regioni paraventricolari alla corteccia .Questo danno si manifesta con diminuzione dell’I.Q., che è di 30 punti per Sievert (quindi irrilevabile alle dosi di pochi mSv proprie alla diagnostica mediconucleare). Nei casi più gravi vi è severo ritardo mentale (a partire da 0.5 Sv e con probabilità di 0.4 a 1Sv) e microcefalia (il 20% degli irradiati in utero a Hiroshima e Nagasaki con più di 0.2 Gy presentava diminuizione di circonferenza cranica alla nascita). Sempre nel periodo fetale e per tutta la durata della gravidanza l’irradiazione può anche produrre, per effetto stocastico, un aumento dei tumori in età infantile. Questo effetto sembra soprattutto leucemogeno, con un 0.05% aggiuntivo di casi rispetto ai soggetti non irradiati, e per dosi di almeno 2 cGy. Per quanto riguarda in modo specifico la Medicina Nucleare, va sottolineato che gli studi epidemiologici finora condotti circa gli effetti probabilistici (insorgenza di neoplasie maligne, mutazioni genetiche, etc.) di tipo dannoso connessi con l’impiego nell’uomo dei radiofarmaci, non hanno dimostrato modificazioni significative della frequenza di tali eventi rispetto alla popolazione di riferimento. Un esempio è l’ampia casistica studiata da J. Robbins (N. Y. Acad. 34 Med. 1983, pag.1032 ) relativa al rischio di cancro della tiroide nella popolazione che aveva assunto 131-I a scopo diagnostico, nella quale il numero dei pazienti con cancro della tiroide era del tutto uguale a quello osservato in quella popolazione (Svezia) e di gran lunga inferiore a quello calcolato teoricamente in base ai fattori di rischio. Questi effetti indesiderati di tipo tardivo devono comunque essere messi in conto nella preventiva valutazione del bilancio rischio/beneficio derivante dall’impiego diagnostico o terapeutico dei radiofarmaci. Gli effetti tardivi probabilistici sono correlati ai “bassi livelli di dose” impiegati secondo i modelli prima citati che, pur in assenza di un qualsiasi valore soglia al di sotto del quale sia da escludersi in maniera assoluta ogni effetto, indicano come eccezionale un evento dannoso per i livelli molto bassi consentiti dalla radiofarmacologia e tecnologia di imaging attuale. L’eccezionalità degli eventi è oggi giustificata dalle conoscenze di radiobiologia sperimentale che hanno chiaramente dimostrato l’esistenza di meccanismi riparativi dei danni deterministici a livello subcellulare, quali quelli sul DNA nucleare. Sembra evidente che i benefici ottenibili in medicina clinica sono di gran lunga superiori ai rischi probabilistici associati ai “bassi livelli di dose”. Questi, però, non devono essere trascurati sia per la sempre più lunga aspettativa di vita che incrementa la probabilità statistica dell’evento sfavorevole, sia per la percezione sfavorevole che il pubblico ha del termine “nucleare”. 35 Capitolo 3: Considerazioni Dosimetriche 3.1 “Phantoms”pediatrici e della gravidanza Il fantasma adulto della Fisher-Snyder è stato poi scalato per l’uso pediatrico. Effettuando 3 fattori ortogonali per ogni grande regione del pianto (testa, tronco e gambe), in modo da ridurre la dimensione del corpo per raggiungere le dimensioni del bambino. Tuttavia, questo processo non ha permesso per le diverse dimensioni relative agli organi interni dei pazienti pediatrici. Cristy ha sviluppato una serie di fantasmi che non descrivono solo le dimensioni esterne, ma anche una più realistica dimensione e forma degli organi interni per neonati e per i bambini di età compresa tra 1 e 15 anni. I phantoms così rivisti per un’attività pediatrica sono stati inseriti nel programma MIRDose. Per molti anni, le dosi fetali sono state stimate essere uguali alla dose calcolata nell’utero non in gravidanza. Cloutier pubblicò un modello che ha cercato di spiegare il cambio delle dimensioni e della forma del feto nel corso della gravidanza. Questo modello è stato utilizzato principalmente per calcolare la dose fotonica per il feto grazie all’attività nella vescica urinaria della madre, che è normalmente l'organo sorgente materno che contribuisce alla frazione più grande della dose fetale. Stabin in seguito ha pubblicato una serie di phantoms matematici sviluppati per rappresentare la madre incinta a 3, 6, e 9 mesi di gestazione. L'utero è rappresentato da diverse forme geometriche in differenti momenti, come anche ha preso in consideramento lo spostamento degli altri organi addominali dovuti all’aumenta delle dimensioni dell’utero. Tuttavia, il feto embrionale viene rappresentato come una massa uniformemente distribuita di tessuto che riempie 36 completamente l'utero, questo perché vi è un posizionamento variabile del feto durante la gravidanza,. [Nessuno sforzo è stato fatto per modellare i vari organi del feto, e l'intero embrione-feto era considerato uniformemente irradiato dai fotoni provenienti dai vari organi sorgente del corpo della madre.] Per i primi mesi di gravidanza (le prima 6-7 settimane), la dose fetale è ancora considerato pari alla dose all'utero non in gravidanza. Questi modelli di gravidanza sono state inseriti anche nel programma MIRDose. 37 3.2 Dosimetria fetale I modelli abilitati per il calcolo della dose fetale durante la gravidanza da effettuare per tutti i radio farmaci non hanno tenuto conto del cross-placentare, che è il trasporto di radioattività da parte della placenta, traducendosi in un autoirradiazione. Russell e colleghi fecero un'ampia ricerca nella letteratura e nelle analisi dei dati sperimentali presi però da modelli animali, raccogliendo e pubblicando il loro lavoro in delle tabelle di dosi fetali per tutti i più comuni radio farmaci. Questi dati consentirono ragionevoli stime di assorbimento di dose da parte del feto. In quasi tutti i casi, il beneficio diagnostico per la madre supera il rischio di irradiazione del feto. Tuttavia, vi è una situazione che causa gravi lesioni del feto, l'uso di iodio-131 nella terapia per l’ablazione tiroidea in caso di ipertiroidismo o carcinoma (ed eventuali recidive). Lo Iodio radioattivo attraversa rapidamente la placenta e si concentra nella tiroide fetale, dove, a causa della sua piccola massa, irradia con un’alta tutto il feto. Watson ha pubblicato un modello e delle tabelle di dose per la tiroide del feto, con l’inizio a 3 mesi di gestazione, che è anche l'inizio della funzione tiroidea fetale. I fattori di conversione dello I-131 fino a 2.150 rad / mCi (580 mGy / MBq) somministrato alla madre, causando così l’ablazione della tiroide fetale con dosi tipiche. Di conseguenza, è assolutamente indicato il test di gravidanza per tutte le donne in età fertile, prima di sottoporsi alla radioterapia con I-131. Purtroppo, nonostante le avvertenze uno o due casi di involontaria ablazione della tiroide fetale continuano a verificarsi ogni anno negli Stati Uniti. 38 3.3 Le pazienti che allattano Alcuni radiofarmaci vengono escreti nel latte materno, e le mamme che allattano, se richiedono (tramite il medico che le segue) una procedura di medicina nucleare devono essere informate circa la necessità di interrompere o, in alcuni casi, intervallare l’allattamento al seno. Grazie ad un modello standard si sono potute calcolare le dosi che riceve il bambino nell’allattamento al seno, presupponendo che l’infante, ad intervalli di 3 ore, consuma 1 litro di latte al giorno. In letteratura i valori riportati di escrezione del radio farmaco nel latte materno fornisce una stima della radioattività ingerita dal bambino, che si presume essere rapidamente assorbita completamente dal tratto gastrointestinale e di avere una biocinetica simile a quella di un adulto. La U. S. Nuclear Regulatory Commission ricorda che l'infante Dovrebbe ricevere dosi di attività inferiori ad 1 msV di dose efficace durante l’allattamento al senoore a 1. Per raggiungere questo obiettivo, è stata posta l’indicazione della completa cessazione dell'allattamento al seno per le madri in programma di sottoporsi a terapie con il gallio-67 citrato e lo I-131 ioduro di sodio. Un’interruzione per 12 ore è indicata per le madri che sono state invece sottoposte a Tc-99m con macroaggregated albumina, Tc-99m con etichetta globuli rossi, Tc-99m di zolfo colloidale, e indio-111-globuli bianchi. Un interruzione di 24 ore è indicata invece per le donne che riceveranno Tc-99m-pertecnetato, I-123-metaiodobenzilguanidina, e Tc-99m globuli bianchi. Infine una interruzione di 168 h per quelle che riceveranno tallio-210 cloruro. In tutti i casi in cui la cura viene interrotta, il latte può essere pompato, congelato in frigorifero e utilizzato non appena è decaduta la radioattività (10 emivite). 39 3. 4 Dosimetria paziente-specifica L'obiettivo finale della dosimetria è quello di sviluppare un metodo con cui la radiazione emessa dal radio farmaco dia una dose agli organi di uno specifico paziente permettendoci di stimare questo valore, piuttosto che usare i valori tipici di riferimento di un phantom standard. Con lo sviluppo di nuove e migliori applicazioni terapeutiche dei radiofarmaci, è stata necessaria sviluppare anche una dosimetria paziente-specifica; necessaria per la stima delle probabilità di controllo del tumore e delle complicazioni derivanti dal trattamento nei tessuti normali, che di serie si pratica in radioterapia a fasci esterni. Per poter applicare una dosimetria paziente-specifica con i radio farmaci ci servono due tipi di informazioni: i dati biocinetici paziente-specifici per il radio farmaco di interesse, è un voxel pianto tridimensionale conforme al singolo paziente per ricavare dei fattori S da utilizzare nelle formule sopra citate del metodo Monte Carlo. La prima informazione è facilmente ottenibile con la somministrazione di una minima dose di tracciante al paziente, calcolando poi tramite i dati di imaging, l'escrezione del radio farmaco, sviluppando così un individuale modello biocinetico. Quest'ultima deve essere ottenuto mediante la digitalizzazione computerizzata delle immagini del pz. con la risonanza magnetica o con la TCS. Nel trattamento della radioterapia, i confini degli organi del paziente sono essenzialmente identificati su schermo con i dati di scansione utilizzando software commerciali di pianificazione del trattamento al momento disponibili. Nel tentativo di automatizzare questo processo, Sparks ha dimostrato la fattibilità di utilizzare un classificatore bayesiano per identificare organi e tessuti dai dati della CT. 40 Sparks utilizzando 30-40 CT provenienti da diversi soggetti approssimativamente nella stessa posizione anatomica, fu in grado di generare probabili distribuzioni multidimensionali del gruppo scelto a caso di immagini in cui gli organi e i tessuti erano stati precedentemente definiti. Le immagini restanti sono state poi utilizzate come "prova" per determinare l'efficienza dell'algoritmo. In questo studio di fattibilità, circa il 90% dei pixel, dell’organo preso come riferimento, sono stati correttamente identificati. Questo metodo può essere facilmente generalizzato in tre dimensioni, semplicemente aggiungendo un ulteriore funzione di probabilità di densità per pixel nella direzione z. Le immagini classificate possono quindi essere utilizzate come base per l'automazione e l’implementazione di un voxelized Monte Carlo “transport phantom” per ogni singolo paziente sottoposti a terapia medico-nucleare. Questo metodo di identificazione sembra promettente e dal riconoscimento degli organi specifici si cercherà di estenderlo ad una completa e totale scansione. 41 Capitolo 4: Comportamenti di Radioprotezione 4.1 Limitare la dose al paziente in medicina nucleare Una delle principali strategie messe in atto in questi ultimi venti anni per limitare la dosimetria interna del paziente in Medicina Nucleare è stata quella di utilizzare radiofarmaci marcati con isotopi a breve emivita fisica, con un’emissione di fotoni in assenza di emissione di particelle (elettroni – ad alta interazione). L’altra strategia è stata anche quella di sintetizzare radiofarmaci che avessero un’elevata estrazione a livello del target verso cui erano diretti e al contempo un rapido wash-out (eliminazione biocinetica) da tutti gli altri tessuti non-target, attraverso l’emuntorio renale o epato-biliare. Un esempio tipico è dato da quanto è avvenuto in ambito cardiologico quando il radiofarmaco di perfusione miocardica tallio-201 è stato progressivamente sostituito da traccianti tecneziati come il sestamibi o la tetrofosmina. Il tallio-201 è infatti caratterizzato da un’emivita fisica piuttosto lunga a fronte anche di un’emivita biologica lunga. La sua sostituzione agli inizi degli anni ’90 con radiofarmaci basati sulla chimica del tecnezio ha più che dimezzato la dosimetria interna del paziente, oltre che migliorare la qualità dell’imaging e consentire lo sviluppo di tecniche come quella SPECT e GatedSPECT, parte integrante della routine clinica odierna. Un altro esempio è quello legato all’introduzione alla fine degli anni ’80 di un radiofarmaco per lo studio morfo-funzionale dei reni, il MAG3, che oltre ad avere il vantaggio di essere marcato con il tecnezio-99m, ha la peculiarità di avere un’elevata estrazione renale con una più rapida eliminazione rispetto ad esempio al DTPA. Per questo motivo è un radiofarmaco che è frequentemente utilizzato nell’ambito della nefro-urologia pediatrica. 42 Il progresso tecnico e la diffusione dei tomografi PET/TC ha favorito l’impiego del FDG in ambito oncologico facendo sì che alcuni esami siano stati abbandonati, come ad esempio la scintigrafia con gallio-67 nei linfomi, perché meno consistenti dal punto di vista del potere diagnostico e affetti da una più ben più alta dosimetria. La stessa cosa è prevedibile che potrà succedere a breve quando l’unico prodotto radiofarmaceutico, analogo della somatostatina, con un’autorizzazione all’immissione in commercio, il 111In-pentetreotide (Octreoscan®) sarà sostituito nella diagnostica delle neoplasie di tipo neuroendocrino da nuovi radiofarmaci PET, ancora sperimentali, che includono nella loro molecola il Gallio-68, prodotto da un generatore Germanio-68/Gallio-68, che decade emettendo positroni con un tempo di dimezzamento piuttosto breve (68 minuti), comportando una dose efficace circa 3 volte inferiore. E’ comunque necessario sottolineare che l’utilizzo di radiofarmaci marcati con isotopi a brevissima emivita non sempre si adatta alle esigenze diagnostiche: ad esempio quando la cinetica del radiofarmaco ha una durata dell’ordine di alcune ore, non è possibile certamente utilizzare un radioisotopo con un’emivita fisica di pochi minuti. Inoltre, l’uso di radioisotopi con emivita brevissima, se da una parte comportano una bassa dose al paziente dall’altra pongono delle problematiche pratiche nel loro utilizzo, come ad esempio la necessità di avere sito di produzione e sala diagnostica e/o di somministrazione molto vicine. 43 4.2 Ottimizzazione della dose Secondo quanto riportato nell’art. 4 del D.L.vo n. 187 del 2000, nell’ambito della diagnostica in medicina nucleare, il principio di ottimizzazione riguarda la produzione adeguata di un'informazione diagnostica appropriata, programmi per la garanzia di qualità, valutazione delle dosi e delle attivita' somministrate al paziente, scelta delle attrezzature. Quando si sviluppa un radiofarmaco si sceglie il carrier in funzione dell’organo o tessuto che si vuole raggiungere con l’azione diagnostica svolta dalla emissione radioattiva del radionuclide. Per questo motivo è necessario, alla fine della reazione chimica che porta alla formazione del radiofarmaco nella sua forma chimica finale, verificare quale sia stata la resa della reazione ovvero la sua purezza radiochimica. Con il termine purezza radiochimica di una preparazione radiofarmaceutica si indica la percentuale di radioattività del radionuclide nella forma chimica desiderata rispetto alla radioattività totale del medesimo radionuclide presente nella preparazione radiofarmaceutica. Ad esempio nella reazione seguente Tc99m O^4- + MDP→ Tc99m-MDP il rapporto tra l’attività dovuta alla forma chimica voluta, 99mTc-MDP, e quella totale, ci fornisce la misura della purezza radiochimica (in genere > 95%). Infatti, soltanto la parte di radioattività della forma chimica desiderata svolge l’effetto farmacologico previsto, mentre il resto costituisce l’impurezza radiochimica (indesiderata). Se le impurezze radiochimiche superano un valore percentuale di volta in volta definito, la preparazione non è somministrabile. 44 Infatti, l’eventuale presenza di una percentuale di impurezza radiochimica superiore al consentito in una preparazione usata a scopo diagnostico comporta una dose indebita al paziente in quanto la biodistribuzione del radiocomposto è in parte alterata (diventano bersaglio tessuti o organi che altrimenti non lo sarebbero, come ad esempio la tiroide nel caso di presenza di un’elevata percentuale di Tc99m-O^4) e, riducendo la possibilità di interpretare correttamente l’esame diagnostico, l'esame deve essere presumibilmente ripetuto. Per questo motivo le Norme di buona Preparazione della Associazione Italiana di Medicina Nucleare, pubblicate nel 2006, prevedono un programma che include i controlli di qualità dei radiofarmaci per verificare che la purezza radiochimica del radiocomposto risulti entro i limiti previsti al momento della sua preparazione. Tutte le dosi dovute a esposizioni mediche per scopi radiologici devono essere mantenute al livello più basso ragionevolmente ottenibile e compatibile con il raggiungimento dell'informazione diagnostica richiesta. Nel caso dei radiofarmaci è il radionuclide che assume il ruolo di responsabile di un effetto farmacologico del tutto specifico, cioè dell'accumulo di una determinata dose nel tessuto bersaglio. Tale dose rappresenta la posologia del medicinale chiamato radiofarmaco. Applicando questo criterio in modo più esteso, potremmo considerare nel caso dei radiofarmaci il rapporto tra la dose massima (nel rispetto dei Livelli diagnostici di Riferimento del D.L.vo n. 187 del 2000) e la dose ottimale che deve essere somministrata. Ogni superamento del valore di LDR deve essere comunque annotato nel referto, indicando i motivi che lo hanno giustificato (ad esempio un elevato peso corporeo). Allo stesso modo i LDR definiscono i criteri che regolano la somministrazione dei vari radiofarmaci in pediatria, basati sulla riduzione % dell’attività somministrata in relazione al peso 45 corporeo. In questo ambito, recentemente la European Association of Nuclear Medicine (EANM) ha pubblicato un nuovo metodo per il calcolo dell’attività da somministrare in pazienti pediatrici che tiene conto del tipo di radiofarmaco e che consente di ridurre la dose efficace indipendentemente dal peso corporeo (Jacobs). Oltre a questo, recentemente sono stati introdotti in commercio diversi software che consentono di ottenere immagini, planari e tomografiche, di buona qualità anche se caratterizzate da un’intrinseca bassa statistica di conteggio. Questo tipo di approccio avrebbe un duplice scopo: quello di eseguire esami in tempi più brevi con una somministrazione standard del radiofarmaco, oppure di eseguire esami in tempi standard, ma somministrando un’attività più bassa. La strategia a cui tendono la maggior parte dei centri di medicina nucleare è quella indirizzata a limitare la dose al paziente. Il principio su cui si basano questi software di post-precessing è quello di utilizzare metodi di ricostruzione interattiva basati su modelli fisici che includono sistemi di compensazione per tutta una serie di fattori degradanti la qualità delle immagini (rumore presente nei dati di proiezione, degrado di risoluzione spaziale causato dalla risposta del sistema collimatore-detector, attenuazione fotonica, scatter, ecc). L’utilizzo di questi nuovi algoritmi si traduce in un significativo miglioramento nella qualità di immagine, ma soprattutto nella possibilità di ottenere immagini di ricostruzione con caratteristiche uguali o anche migliori rispetto alle ricostruzioni effettuate con algoritmi tradizionali, anche partendo da dati di proiezione con una bassa statistica di conteggio (quindi con più rumore). Software come l’Evolution for Planar™, l’Evolution for Bone™ o l’Evolution for Cardiac™ (GE Healthcare) consentono di ottenere immagini 46 2D o SPECT di ottima qualità pur riducendo l’attività somministrata (o il tempo di acquisizione) anche del 50%. Avere apparecchiature diagnostiche sempre più efficienti ha comportato già da tempo la possibilità di utilizzare attività più basse per ottenere la medesima informazione diagnostica. Questo è stato possibile soprattutto al miglioramento dell’elettronica e del disegno progettuale delle gamma camere che ormai da più di un decennio si basano su una tecnologia totalmente digitale (rapporto fotomoltiplicatori/ADC 1:1) e all’introduzione di cristalli di spessore più elevato che garantiscono una maggiore sensibilità soprattutto con isotopi che emettono energie medio/alte. Allo stesso modo, il miglioramento dell’elettronica, l’introduzione di cristalli di nuova generazione, con tempi di scintillazione veloci, la possibilità di acquisizioni in modalità Time-of-Flight (TOF), unitamente allo sviluppo di software che riducono la percentuale di scatter, ha portato alla possibilità di acquisizioni 3D in PET con un miglioramento dell’efficienza di circa 3 volte. Anche se le attività non si sono ridotte altrettanto, siamo passati in media da attività di FDG di circa 5-6 MBq/Kg a 33.5 MBq/Kg. Tuttavia il passaggio epocale è avvenuto recentemente quando sono comparse le prime gamma camere SPECT con detettori a stato solido (il classico sistema cristallo/fotomoltiplicatori è sostituito da dei semiconduttori) e un disegno progettuale in grado di fornire, tra i diversi vantaggi, un’efficienza 4-6 volte superiore rispetto a quelle tradizionali. Attualmente questa tipologia di nuove gamma camere è stata disegnata per essere impiegata in ambito cardiologico, ma è probabile che in pochi anni appariranno sul mercato strumenti analoghi utilizzabili nei diversi campi della diagnostica medico nucleare. Attualmente il limite principale allo sviluppo di questa tecnologia sono gli alti costi di produzione. 47 4.3 La problematica delle apparecchiature ibride Un recente ambito di sviluppo tecnologico di grande impatto, in particolare nella diagnosi oncologica, è costituito dalla realizzazione di sistemi integrati ibridi (o multi-modali) PET/CT e SPECT/CT. Il primo prototipo di strumento ibrido PET/TC si deve a Townsend nel 1998. Da allora diverse ditte hanno introdotto in commercio tomografi ibridi PET/TC e SPECT/TC. Questi sistemi sono costituiti da un tomografo PET o SPECT e da un tomografo TC di ultima generazione, integrati in un unico gantry, controllati da un’unica stazione di comando, con un unico lettino porta paziente. Questi sistemi permettono di acquisire immagini funzionali, PET o SPECT, e morfologiche TC, in un’unica sessione di esame. Inoltre, poiché i due tomografi, PET o SPECT, e TC sono tra loro allineati e il paziente non si muove tra un esame e l’altro, le immagini funzionali e morfologiche sono automaticamente co-registrate, ovvero rappresentate nello stesso sistema di riferimento spaziale e quindi sovrapponibili. I sistemi integrati presentano quindi diversi vantaggi: 1) riduzione dei tempi di esame; 2) accurata interpretazione delle immagini funzionali, PET o SPECT, sulla base delle immagini anatomiche TC (correlazione anatomo-funzionale); 3) possibile integrazione diagnostica delle informazioni funzionali, PET o SPECT, e morfologiche TC; 4) miglioramento della qualità e accuratezza quantitativa delle immagini PET o SPECT utilizzando le immagini TC come mappe di correzione dell’attenuazione dei fotoni di emissione. Tuttavia, l’esecuzione della TC in associazione ad una indagine PET o SPECT aggiunge dose al paziente che deve essere sommata a quella che deriva dalle stime della dosimetria interna. 48 Per quanto riguarda la PET/TC, ma anche la SPECT/TC, la TC che viene eseguita in contemporanea è eseguita in modalità cosiddeta, bassa dose (low-dose TC o LD-TC). Questo perché generalmente nel work-up del paziente la PET/TC è conseguente ad un esame TC diagnostico, eseguito senza e con m.d.c. e perché la TC associata alla PET ha un ruolo determinante nella correzione per l’attenuazione dei dati PET e nella localizzazione anatomica dei reperti PET, ma non ha necessariamente un ruolo diagnostico di per se. In uno studio pubblicato nel 2005 in quattro centri PET in Germania è stata effettuata una stima della dose erogata dalla TC in aggiunta alla PET, dimostrando che una TC in modalità bassa dose eroga una dose al corpo intero di 1-4 mSv, che si vanno ad aggiungere ai 5.7-7 mSv della PET con FDG. Certamente l’utilizzo di sistemi che modulano la dose TC al paziente posssono migliorare ulteriormente la dosimetria, mantenendola a valori più bassi. Altra strada per ridurre la dose fornita dalla TC durante lo studio PET è quella della collaborazione tra medicine nucleari e radiologie cercando di limitare, soprattutto nel follow-up del paziente il numero degli studi. Ad esempio se nel follow-up è sufficiente una TC senza m.d.c., al posto di eseguire lo studio TC e poi quello PET/TC, è preferibile eseguire un unico studio PET/TC con la TC eseguita con parametri di acquisizione diagnostici. Lo stesso è possibile effettuarlo in caso di TC con m.d.c. che può essere eseguita nella sessa seduta della PET. 49 Conclusioni Anche se maturato nel corso degli anni, il campo della ricerca dosimetrica radio-diagnostica e radio-farmaceutica non si è affatto fermato. I nuovi campi di ricerca sono rappresentati in campo diagnostico dalle nanotecnologie con lo sviluppo di sonde molecolari radio marcate, utili a valutare in maniera molto specifica determinate funzioni biologiche cellulari che richiedono l’elaborazione di ulteriori algoritmi nel campo della protezione dosimetrica. Anche nelle applicazioni radio terapeutiche, la cosiddetta target-therapy, ovvero l’utilizzo di anticorpi monoclonali radiomarcati, rappresenta una delle sfide più significative per i dosimetristi, dato che i modelli tradizionali di attività (cioè attività uniformemente distribuite negli organi sorgente) non sono idonei a strutturare un modello sufficientemente rappresentativo, in una applicazione dove il bersaglio non è più un organo complessivamente irradiato in modo uniforme, ma spesso è rappresentato da antigeni di superficie sulle membrane cellulari di dimensioni infinitesimali, localizzati spesso in modo disseminato all’interno dell’organismo al fine di garantire sicurezza ed efficacia nel rispetto delle buone norme di una corretta pratica clinica.. Lo schema MIRD ha indubbiamente costituito un efficace approccio alle questioni tradizionali di dosimetria radiofarmaceutica, ma non può rappresentare un modello accettabile per le nuove applicazioni tecnologiche in Medicina Nucleare che si prospettano. Sono necessari nuovi modelli matematici, più articolati e multifattoriali che tengano conto della complessità non solo anatomica, ma anche funzionale e dinamica su base cellulare, degli organi e del sangue in movimento. . 50 Bigliografia Vari articoli de“ The AAPM/RSNA Physics” tradotti Fascicolo “Radioprotezione del paziente in medicina nucleare.” (AIMN) Principi e applicazioni (Richard E. Toohey, PhD • Michael G. Stabin, PhD • Evelyn E. Watson, BA) EURATOM) TEAEC. Council Directive 96/29/EURATOM of 13 May 1996 laying down basic safety standards for protection against the dangers arising from exposure to ionising radiation. Vol L159: Official Journal of the European Communities; 1996:1-29. (ICRP) ICoRP. Permissible dose for internal radiation. Vol ICRP Pubblication 2. New York, NY: Pergamon Press; 1959. (ICRP) ICoRP. Limits for Intakes of Radionuclides by Workers. Vol ICRP Pubblication 30 (part 1-4). New York, NY: Pergamon Press; 1988. (ICRP) ICoRP. 1990 Recomendations of the International Commission on Radiological Protection. Vol ICRP Pubblication 60. New York, NY: Pergamon Press; 1991. (ICRP) ICoRP. 2007 Recomendations of the International Commission on Radiological Protection. Ann ICRP. 2007;37:1232. 51 (ICRU) ICoRUaM. Fundamental quantities and Units for inizing Radiation. Vol Report 60. Bethesda, MD: ICRU; 1998. Loevinger R, Berman M. A formalism for calculation of absorbed dose from radionuclides. Phys Med Biol. Apr 1968;13(2):205-217. Mettler FA, Huda W, Yoshizumi TT, Mahesh M. Effective Doses in Radiology and diagnostic nuclear medicine: a catalog. Radiology 248:254-263; 2008 Sitografia http://rpd.oxfordjournals.org/content/116/1-4/196.abstract http://nonsolofinanza.blogspot.com/2008/01/rischi-degliesami-radiologici.html http://www.fondazioneabo.org/news/foto/pet.jpg Ringrazio per il materiale gentilmente concesso: Il prof. Volterrani D. (ricercatore presso il Centro di Medicina Nucleare dell’A.O.U.P.) , oltre che per avermi seguito nel lavoro di stesura e correzione della tesi. 52