Dosimetria nella diagnostica della Medicina Nucleare

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UNIVERSITÀ DI PISA
FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA
CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA
TECNICHE DIAGNOSTICHE
“La Dosimetria nella diagnostica della Medicina Nucleare”
RELATORE
chiar.mo prof. Duccio Volterrani
____________________
CANDIDATO
Pietro Urbani
____________
ANNO ACCADEMICO
1
2010/2011
“Dose si aggiunge a dose... e rischio a rischio!” E. Picano
Riassunto
In questa tesi vengono affrontati i problemi riguardanti la
dosimetria nella diagnostica e terapeutica della moderna
Medicina Nucleare.
Si inizierà con un excursus sui principi fisici fondamentali per
il calcolo della dose assorbita, del rateo di dose assorbita e
della dose equivalente efficace, sulle misure base che ci
permettono di controllare le dosi erogate seguendo le tabelle
maggiormente accreditate dalla comunità scientifica e di
evitare così di raggiungere le dosi-soglia oltre le quali, gli
esami diagnostici o terapeutici richiesti non possono essere
effettuati (proibiti dalle leggi in vigore).
Verranno poi esaminati gli effetti biologici indotti dalle
radiazioni; e nello specifico, gli effetti deterministici (ovvero il
danno presente, crescente al crescere della dose) e quelli
stocastici (dove a ciascuna dose corrisponde un rischio,
correlato ad un calcolo probabilistico per un danno “tutto o
nulla”). Nel terzo capitolo verranno sviluppate alcune
considerazioni
radio-protezionistiche
che
riguardano
determinate categorie di pazienti (come il feto, i pazienti in età
pediatrica e le mamme che allattano), evidenziando come la
tendenza si va sempre più indirizzando verso una dosimetria
paziente-specifica personalizzata.
Nell’ultimo capitolo saranno affrontati alcuni dei principali
comportamenti da tenere per ottimizzare ogni singola dose in
ciascun esame per ogni singolo paziente e le maggiori
informazioni forniteci dalla combinazione di tecnologie di
imaging (come le macchine ibride), dove vi è spesso un prezzo
da pagare in termini di incremento di dose (spesso non piccolo)
a fronte però di un’ implementazione delle informazioni morfofunzionali e patologiche.
2
Indice
Introduzione
Capitolo 1: Il calcolo della Dose in Medicina Nucleare
1.
2.
3.
4.
5.
Breve introduzione alla Medicina Nucleare
Concetti di base (fisici)
Calcolo del “rateo di dose assorbita”
Calcolo della “dose assorbita”
Whole body dose e la Dose equivalente efficace
Capitolo 2: Effetti biologici
1. Effetti deterministici
2. Effetti stocastici
Capitolo 3: Considerazioni dosimetriche
1.
2.
3.
4.
“Phantoms”pediatrici e della gravidanza
Dosimetria fetale
Le mamme che allattano
Dosimetria paziente-specifica
Capitolo 4: Comportamenti di Radioprotezione
1. Limitare la dose al paziente in medicina nucleare
2. Ottimizzazione della dose
3. Le problematiche delle apparecchiature ibride
Conclusione
Bibliografia e ringraziamenti
Sitografia
3
Introduzione
La normativa radioprotezionistica è nata e per lungo tempo si è
sviluppata soprattutto al fine di tutelare la persona esposta alle
radiazioni per ragioni di lavoro e professionali.
Negli ultimi due decenni è andato tuttavia aumentando, fino a
divenire prevalente, l’interesse per la radioprotezione della
popolazione e di quel gruppo particolare della popolazione che
è rappresentato dalle persone sottoposte a prestazioni mediche
con radiazioni per uso diagnostico o terapeutico.
Ciò è dovuto a due ragioni: in primo luogo la diminuzione, fino
alla scomparsa, delle lesioni deterministiche, che hanno portato
a riconoscere la possibilità di danno da radiazioni in categorie
professionali, sia sanitarie (medici nucleari, radiologi, etc.) che
non (minatori, etc.). Il sistema di protezione che ne è derivato
si è mostrato oltremodo efficace.
Nello stato dell’arte attuale, solo per causa di incidenti si sono
verificate lesioni professionali riconducibili a causa radiante
al di fuori della radiazione naturale, mentre la maggiore
esposizione della popolazione nel suo complesso è di gran
lunga dovuta all’attività medica diagnostico-terapeutica.
Si stima infatti che per ciascun individuo questa contribuisca
mediamente allo 0.4 milliSievert (mSv) annui di dose efficace,
a fronte di uno 0.02 mSv stimato dovuto al fallout radioattivo e
di 0.001 mSv per l’impiego dell’energia nucleare.
La Medicina Nucleare contribuisce globalmente per un decimo
circa all’esposizione medica radioattiva: in Italia 0.043
mSv/anno per abitante (secondo i recenti dati di Dobici e
Wells). Il progressivo sviluppo dei concetti di giustificazione
ed ottimizzazione (A.L.A.R.A.) hanno indotto a prendere in
maggior considerazione l’aspetto normativo di attività, come
quelle mediche, storicamente esentate da vincoli di dose.
4
Capitolo 1: Il calcolo della Dose in Medicina Nucleare
1.1 Breve introduzione alla Medicina Nucleare
La Medicina Nucleare è nata grazie al
bisogno di ottenere immagini non più solo
morfologiche delle lesioni, ma funzionali; in
quanto si vuole stabilire la natura delle
patologie che non alterano la forma degli
organi pur danneggiando la funzionalità
(tipico es. l'insufficienza renale).
E' quindi nata una metodica di indagine ancora diversa, perchè
se tradizionalmente i raggi vengono inviati dall'esterno verso
l'interno del paziente, qui è proprio l'opposto;
si inietta un radiofarmaco (un farmaco “marcato” con un
apposito radioisotopo [l’isotopo radioattivo di un elemento])
che, raggiunta la lesione, ci permette di stabilire diverse cose:
- le situazione di patologia o meno di determinati distretti
si ottiene in base: all'accumulo del radiofarmaco
5
(che è anche radiotracciante – metastasi ossee);
- in base al passaggio o meno (perfusione polmonare con
MAA);
- iperfunzione (noduli tiroidei);
- con la possibilità di ottenere grazie a delle ROI mirate e
delle planari dinamiche (che è una delle modalità di
acquisizione) delle curve Attività/tempo con cui
calcolare dei radiogrammi con cui studiare le varie
funzionalità.
Un approccio diagnostico quindi, ma anche terapeutico, in
quanto la specificità di alcuni radiofarmaci richiamati in sedi
particolari ha permesso la nascita della terapia radiometabolica,
che ha il vantaggio di poter utilizzare le dosi più alte di tutti i
trattamenti con radiazione (fino a 200 Gy) in quanto la dose
viene rilasciata solamente nelle immediate vicinanze della
lesione, evitando di irradiare tessuti sani (come avviene per es.
in radioterapia).
6
Le 2 principali macchine della MN sono la Gamma Camera e
la PET.
L'esame che si ottiene con queste macchine è la scintigrafia,
che si forma nella Gamma Camera per cattura dei raggi gamma
rilasciati dal radiofarmaco marcato con Tecnezio 99m (il
principe della Gamma Camera – i cristalli funzionano
egregiamente utilizzando le sue energie medie di 140 KeV);
mentre nella PET si usa una corona di cristalli di rilevazione
sfruttando il principio fisico della “Formazione di Coppie”,
adoperando però il [18F]FDG (fluorodessosiglucosio).
Uno dei principali vantaggi della MN, dopo quello di fornirci
le informazioni funzionali, è senza dubbio quello dell'ottima
radioprotezione offerta da questi esami, con dosi estremamente
contenute grazie al fatto che si iniettano attività estremamente
basse ma efficaci. Anche se c’è da dire che, negli ultimi anni,
con la diffusione delle TC nell’ibridazione delle macchine
(SPECT/TC e PET/TC) la dose è divenuta un fattore di cui
bisogna tenere conto.
7
1.2 Concetti di base (fisici)
La radioattività è la proprietà naturale di alcuni nuclidi ad
andare incontro ad una transizione spontanea da uno stato
nucleare ad un altro.
Il tasso della transizione nucleare è definito come il n° di
transizioni nucleari per unità di tempo, e definito come
attività. Le radiazioni sono di solito emesse quando un nucleo
subisce una transizione nucleare. Le radiazioni sono molto
variabili per quanto riguarda le proprietà delle energie e
dell’assorbimento, ma tutti possono dar luogo alla ionizzazione
quando assorbite nella materia. Per questo sono definite
radiazioni “Ionizzanti”. L'energia assorbita per unità di massa
in qualsiasi materiale si chiama dose assorbita (D) mentre il
rateo di dose assorbita è invece la dose assorbita nell’unità di
tempo, designato da Ď.
1.3 Calcolo del rateo di dose assorbita
Il metodo per il calcolo MIRD del rateo di dose è stato
descritto da Loevinger et al., cominciando col determinare il
rateo di dose assorbita per un volume molto grande
(dimensioni quasi infinita) di tessuto-equivalente di un
materiale contenente nella sua interezza di una distribuzione
uniforme di sostanze radioattive. Il MIRD schematizza ed
utilizza numerosi simboli, e una sintesi delle quantità che
rappresentano e la loro unità è fornita nella tabella 1.
Perché rateo di dose è la quantità di energia assorbita per unità
di tempo per unità di massa di materiale, varia direttamente con
l'attività per unità di massa materiale assorbente e la quantità di
energia rilasciata (emessa) per transizione nucleare.
8
Nell'esempio di un enorme volume di tessuto, tutta l'energia
emessa viene assorbita, e quindi, se conosciamo l'energia
emessa per unità di tempo, sappiamo anche che l'energia
assorbita per unità di tempo, espressa come segue:
Perché l'attività è il numero di transizioni per unità di tempo,
Se tutta l'energia emessa è assorbita nel materiale,
I termini che rappresentano i componenti del rateo di dose
possono essere sostituiti con i simboli utilizzati dal MIRD
schema:
9
D = rateo di dose assorbita
A = quantità di attività,
m = massa del tessuto,
A / m = attività per unità di massa o concentrazione,
E = energia emessa per transizione nucleare ;
e sono indicati come segue:
Una costante per rimuovere la proporzionalità può
essere usato per ottenere la seguente equazione:
dove k è la costante che ci darà dose nell’unità desiderata.
Ad esempio, per calcolare il rateo di dose in rad per
ora se A è in microcurie (MCI), m è in grammi (g),
ed E è in volt megaelectron (MeV) per transizione,
k ha un valore di 2,13, ricavo:
10
E è l’energia media per un dato radionuclide, è
una costante e può essere moltiplicata per la costante
k per produrre la nuova costante designata nello schema del
MIRD con la lettera maiuscola greca D.
Per esempio,
Pertanto, la dose può essere espresso come segue:
I valori di dose possono essere convertiti da quelli tradizionali
alle unità del sistema internazionale (SI) dalla seguente
relazione: 1 gray (Gy) è uguale a 100 rad, per cui 1 rad è
uguale a 1 cGy. Allo stesso modo, l'attività può essere
convertita nel SI dalla seguente relazione:
-
1 mCi equivale a 3,7 '104 Becquerel (Bq).
Quando la maggior parte dei radionuclidi decade, emette
diversi tipi di radiazione (particelle e fotoni).
La tabella 2 ci fornisce un elenco parziale delle radiazioni
emesse da tecnezio-99m.
Spesso, una radiazione specifica (particelle o fotoni) non viene
emessa in ogni trasformazione nucleare, e la frazione di
trasformazioni in cui viene emessa la radiazione è chiamata
abbondanza ed è indicato dal simbolo ni.
Così, per una radiazione data i, Di = k ni Ei.
11
Il rateo di dose totale per l'enorme volume di tessuto
può essere calcolato come segue, dove il pedice
si riferisce a ogni radiazione:
La gamma di queste radiazioni nei tessuti molli varia
notevolmente in base alle loro caratteristiche uniche come
mostrato nella Tabella 3. Tuttavia si è visto che nel corpo
umano e i sue singoli organi, a causa della limitate dimensioni,
non soddisfano i criteri di un volume infinito in termini di
intervalli di alcuni tipi di radiazioni.
Una grande frazione di radiazione fotonica emessa sfuggirà dal
corpo senza cedere qualsiasi tipo di energia al tessuto.
12
Abbiamo quindi bisogno di introdurre un fattore nuovo e
necessario per la nostra equazione di rateo di dose, in modo da
tenere in conto dell’energia emessa da una sorgente al corpo
(chiamata “source region”o “source organ“) che non viene
assorbita nel tessuto di interesse (di solito chiamata “target
region”o “target organ”).
Questo fattore rappresenta la frazione di energia emessa
da un organo di origine che viene assorbito in un organo
bersaglio ed è chiamata “frazione assorbita” , ed è la si ottiene
con l'espressione:
(l'obiettivo e la fonte possono essere la stessa regione).
Nello schema MIRD, questo fattore è designato con la lettera f
minuscola greca. L’equazione del dose rate per un target che
viene da una sorgente diventa il seguente:
dove rk è la regione di destinazione, rh è la regione di origine,
e i rappresenta la tipologia di radiazioni.
Il rateo di dose per un target da tutte le fonti può essere
espresso con:
Una frazione assorbita separata viene richiesta per ogni
tipo di radiazione emessa da una sorgente che irradia
un determinato obiettivo, tuttavia con delle semplificazioni.
Quando la dose media ad organo è cospicua, le radiazioni
possono essere suddivise in base a due tipi:
13
(a) non-penetranti, che si riferisce a tutte le forme di radiazioni
che sono prontamente attenuato, l'energia è depositata nelle
immediate vicinanze della sorgente, e (b) penetranti, che si
riferisce alle radiazioni che possono viaggiare per lunghe
distanze prima di interagire e depositare le loro energie.
Tipiche radiazioni non-penetranti sono le particelle alfa,
particelle beta e gli elettroni a causa della brevi distanze
percorse all’interno del tessuto.
Anche se nella maggior parte degli organi, le particelle beta e
gli elettroni rilasciano le loro energie all'interno dell'organo di
origine in cui l'emissione avviene, eccetto in alcuni casi
particolari, come ad esempio nei piccoli vasi sanguigni o spazi
midollari.
A causa della loro energia, i fotoni (raggi gamma e raggi x con
energie superiori a 10 keV) interagiscono con il tessuto, ed una
certa energia può essere assorbita anche al di fuori degli organi
di origine. Queste radiazioni vengono classificate come
penetranti: i raggi X (con energia pari o maggiore a 10 keV – e
li trattiamo come i raggi gamma per determinare la frazione
assorbita). I raggi X con energia minore di 10 keV sono
considerati non-penetranti.
Nelle radiazioni non-penetranti, tutta l'energia emessa dall’
attività in un organo si assume che possa essere assorbita da
quell'organo. Quindi, nessuna energia da tale organo verrà
assorbita da altri organi.
La frazione assorbita quando l'origine e di destinazione
organi sono la stessa cosa è uguale a uno.
La frazione assorbita per qualsiasi altro obiettivo è pari a zero.
Nelle radiazioni penetranti, solo una frazione dell'energia
emessa in un organo di origine viene assorbita in quell'organo.
Così, una parte dell'energia emessa in quell’organo sarà
assorbita da altri organi, mentre parte delle radiazioni esce dal
corpo senza interazione.
14
La frazione assorbita per tutte le destinazioni avrà quindi un
valore compreso tra zero e uno.
Per determinare le frazioni assorbite per i fotoni, si è dovuto
sviluppare un modello della fonte bersaglio.
Sono stati proposti diversi modelli anatomici e metodi per fare
questi calcoli: volumi geometrici quali sfere ed ellissoidi sono
stati usati come "fantasmi" per rappresentare il corpo umano e i
suoi organi (fantocci). Le dimensioni e le forme dei volumi che
ricordano gli organi e nei tessuti di una persona media in
diverse fasi di vita sono poi state definite con equazioni
matematiche.
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La Tabella 4 mostra un elenco parziale delle frazioni assorbite
proposte dall’opuscolo MIRD 5(2), con le frazioni assorbite
per 12 energie da 10 keV a 4 MeV.
Oltre alla frazione assorbita, lo schema della MIRD include il
concetto della frazione di assorbimento specifico, che è
definito come la frazione d’assorbimento per unità di massa
nell'organo bersaglio.
Il simbolo scelto dal comitato per l’assorbimento specifico
della frazione energetica MIRD è lettera maiuscola greca Φ,
quindi, la frazione assorbita specifica per un target che deve
essere irradiato da una sorgente può essere rappresentato da
Per un particolare modello matematico, le masse degli obiettivi
sono costanti. Ad esempio, il fegato di riferimento nel
fantoccio uomo della MIRD n. pamphlet 5 ha una massa di
1.800 g.
L’ equazione del rateo di dose per un target in un dato modello
irradiato da una sorgente può allora essere scritto come segue: (
Le frazioni assorbite sono solitamente determinati col
Metodo di Monte Carlo a causa della complicata
configurazione geometrica in cui devono essere considerati
i calcoli. Il metodo Monte Carlo utilizza un software che segue
le attività di un gran numero (di solito più di 1 milione) di
fotoni. Ogni fotone viene emesso da un punto casuale
nell'organo sorgente in una direzione casuale.
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Il fotone percorre la distanza pari alla sua lunghezza di libero
cammino medio e subisce un’interazione in cui una certa
energia può essere assorbita, e il fotone può essere disperso in
una nuova direzione casuale. Ogni fotone è seguito fino a
quando non è completamente assorbito, o sfugge dal corpo.
L’energia totale depositata in un organo bersaglio è conteggiata
e la frazione assorbita viene quindi calcolata.
Più computer lavorano in parallelo ed i risultati delle piste sono
confrontati per determinare la varianza della frazione assorbita
calcolata.
Quando il coefficiente di variazione è superiore al 50%, i
risultati di Monte Carlo non sono utilizzati, come nel caso della
tiroide che viene irradiata parzialmente dal fegato, quindi non
vi è alcuna voce nella tabella 4 per questa combinazione.
La frazione specifica assorbita ha l’utile proprietà che permette
di calcolare la frazione assorbita quando le frazioni di Monte
Carlo sono risultati non statisticamente affidabili.
Se l'attività è uniformemente distribuita nella fonte, e se la
fonte e gli organi bersaglio hanno un assorbimento omogeneo,
con un materiale abbastanza grande dove gli effetti “bordo”
possono essere trascurati, la frazione specifica assorbita è
indipendente dall’organo designato come fonte e che ne è
l’obiettivo.
Questo rapporto di reciprocità può essere espressa da simboli
come segue:
dove la doppia freccia simboleggia il rapporto tra la sorgente e
il target. Questa relazione può anche essere indicata anche per
le frazioni assorbite:
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Un'altra tecnica utilizzata per calcolare la frazione assorbita
quando i calcoli Monte Carlo hanno coefficienti di variazioni
troppo grandi è stata la metodica del fattore di accumulo.
Questo metodo utilizza i fattori dell’assorbimento dell'energia e
di accumulo, l’attenuazione lineare fotonica e i coefficienti di
assorbimento per una data energia con densità medie per
determinare la frazione dell’assorbimento specifico.
Il rateo di dose totale per un organo bersaglio può essere
calcolato come segue:
Per un dato radionuclide ed un source-target specifico, la
combinazione delle quantità è una costante, per questo il
Comitato MIRD ha tabulato per 117 radionuclidi; fornendo di
tutti la fonte bersaglio con la combinazione dell’organo di
riferimento nel fantoccio.
Il fattore S è definito:
L’equazione del rateo di dose può essere semplificata come
segue:
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Nella Tabella 6 sono elencati i fattori S per il Tc-99m in cinque
Organi sorgente che irradiando 20 organi bersaglio di
riferimento in un fantoccio.
19
1.4 Calcolo della dose assorbita
Se la quantità di attività in una sorgente rimane costante
durante il periodo di interesse, la dose assorbita D può essere
calcolato nel seguente modo:
dove t = tempo su cui
viene calcolata la dose.
Se la quantità di attività in una sorgente non rimane costante, la
dose assorbita è uguale all’integrale del (diversa) rateo di dose
per il periodo di interesse, espresso come:
Il Rateo di dose dipende dall'attività, che varia con il tempo.
L'attività in una sorgente è determinata dalla biodistribuzione
del radiofarmaco, dal metabolismo della persona, e dal
decadimento radioattivo del radionuclide. L'ipotesi è di solito
che il fattore S non cambia durante il tempo di interesse,
quindi, l'equazione per la dose assorbita può essere scritta come
segue:
Lo schema MIRD usa il termine cumulativo dell’attività Ã per
rappresentare l'integrale dell’attività nel corso del tempo,
espressa come segue:
Con questa convenzione, l'equazione per la dose assorbita
nell’organo bersaglio k a causa dell’attività in un organo
sorgente h può essere scritta come segue:
Esaminando un semplice modello di attività A0 introdotto in
un unico organo ed eliminato sia da un meccanismo biologico
sia di decadimento radioattivo ci permete di ottenere una
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conoscenza di base per la determinazione dell’attività
cumulativa integrando l'attività in funzione del tempo.
La frazione di un materiale radioattivo che viene rimosso dalla
sorgente per unità di tempo da processi biologici è chiamato
scomparsa biologica costante b ed è considerata uguale sia che
il materiale sia stabile o radioattivo.
Il metà tempo biologico Tb (il tempo che serve perchè il
numero di atomi N sia la metà del numero iniziale N0) può
essere derivata, ottenendo così il rapporto tra il primo tempo
biologico e la costante di sparizione biologica con:
L'equazione seguente mostra l'attività restante a seguito di
decadimento radioattivo in funzione del tempo.
Da questa equazione, il tempo di dimezzamento fisico Tp, cioè
il momento in cui l'attività A è la metà dell'attività iniziale
A0 possono essere derivati. La relazione del tempo fisico di
dimezzamento e il decadimento fisico costante è mostrato
come:
L’attività rimanenti in un compartimento come funzione del
tempo dopo la somministrazione a causa del decadimento
fisico oltre alla scomparsa biologico può essere espressa come
segue:
Le due costanti di decadimento sono aggiunte per mostrare
l’efficacia del decadimento fisico e la scomparsa biologica,
mentre l'equazione per l'efficacia del tempo Te è derivata con:
21
Poiché l'integrale di ogni curva continua è uguale all'area sotto
la curva, il cumulato d’attività Ã può essere ottenuto
fisicamente misurando l'area sotto la curva tempo-attività che
traccia la scomparsa reale dell'attività in un organo, o
l'integrale può essere approssimato con metodi standard come
la regola trapezoidale.
La dose per un organo bersaglio di tutti gli organi sorgente è
stimata utilizzando l'equazione:
Il tempo t di residenza di un radionuclide in un organo sorgente
può essere usato al posto dell’attività cumulativa nella stima
della dose assorbita per target. Il tempo di permanenza è
definito come segue:
Pertanto, l'attività cumulata in organo h è l'attività di
somministrazione A0 dovevano rimanere in quell'organo per
un tempo th, senza decadenza o rimozione biologica.
Pertanto, il tempo di residenza può essere pensato come una
"media" o Vita "efficace" di A0 dell'attività somministrata
nell’organo sorgente h.
L'equazione MIRD per la dose assorbita può essere scritta
quindi nel seguente modo:
Il termine somma nell'equazione della dose assorbita per
l’attività di un organo bersaglio da somministrare per una certa
unità k al paziente.
22
Lo schema elaborato dal Comitato MIRD è applicabile per il
calcolo e la stima della dose assorbita in quasi tutte le
situazioni, anche se le informazioni fornite in forma tabellare
per il calcolo delle dosi medie negli organi.
Tuttavia, per determinare le frazione assorbite e le attività
cumulative, si può stimare la dose assorbita anche per altre
configurazioni e distribuzioni non uniformi di attività.
[Schema di un “phantom uomo matematico”(a sinistra), e
una ricostruzione renderizzata antropomorfica (a destra).]
23
1.5 Whole Body Dose e la Dose Equivalente Efficace
Finora, le dosi assorbite sono state calcolate per organi
bersaglio singoli, e, a seconda della biocinetica del
radiofarmaco somministrato, le dosi singolo organo può andare
oltre diversi ordini di grandezza. Di conseguenza, un
unico parametro che si riferisce alla dose di radiazione
consegnato al corpo nel suo complesso è necessario per
valutare e confrontare i rischi di radiazione di differenti
procedure.
Storicamente, il parametro utilizzato per questa funzione è la
Whole Body Dose (o Total-Body Dose).
Questa quantità è definita come il totale di radiazione
energetica assorbita nel corpo divisa per la massa del corpo,
con un riferimento di 70 kg per il fantasma dell'uomo.
La Whole Body Dose è calcolata nello schema MIRD
utilizzando il fattore pubblicato S per la combinazione di tutto
il corpo come organo sorgente e il corpo intero come organo
bersaglio. Il rateo di Whole Body Dose alla più alta dose
assorbita da un singolo organo varia dalla più vicina unità per i
radiofarmaci che tendono a distribuirsi uniformemente nel
corpo (ad esempio, l’acqua triziata) a meno dell'1% per i radio
farmaci che hanno una distribuzione altamente non uniforme
(ad esempio, tutti i composti dello iodio radioattivo).
Nel 1977, la Commissione Internazionale per la Protezione
Radiologica (ICRP) ha introdotto il parametro della dose
equivalente efficace, che è la ponderata somma delle dosi
assorbite dai singoli organi.
Il fattore di ponderazione del tessuto per ogni organo è stata
definita come il rapporto tra la dose assorbita consegnata a
tutto il corpo, che conferiscono una certa probabilità di
induzione di cancro (cancro radio-indotto), e la dose assorbita
in un unico organo (HT), che darebbe la stessa probabilità di
induzione di cancro in quell'organo.
24
Il prodotto WT del fattore di ponderazione tissutale e la dose
equivalente assorbita in un organo si chiama dose equivalente
organo effettiva; la somma delle dosi effettive organo
equivalenti è chiamata la dose effettiva equivalente HE ed è
calcolata come segue:
(L'ICRP utilizza il simbolo HT per indicare la dose assorbita
in un organo o tessuto, che è la stessa quantità di D[rk] nel
formalismo MIRD.)
[ I fattori di ponderazione dei tessuti ICRP 1977. ]
25
In questo modo, un rischio complessivo di cancro può essere
calcolato per una situazione in cui diversi organi ricevono dosi
diverse, con o senza irradiazione esterna del corpo intero.
L'ICRP sviluppò questo metodo per utilizzarlo principalmente
in un sistema per regolare la radioprotezione ed il rischio ad
essa associato dell’irradiazione sul luogo di lavoro degli
operatori sanitari (dottori, tecnici e infermieri) e non per
l'applicazione della dosimetria sui pazienti nelle procedure
della medicina nucleare. Tuttavia, si è poi visto che
paragonando le procedure e gli iter diagnostici/terapeutici con
conseguente somministrazione di attività (e correlata dose) ai
pazienti per la valutazione dei rischi e benefici, la dose
equivalente efficace è risultata un parametro più che
appropriato per il calcolo della “Whole Body Dose”, tenendo
conto così anche delle diverse sensibilità degli organi
(ovviamente sensibilità aspecifiche, non si può ancora tenere
conto delle differenze genetiche e biologiche specifiche che
intercorrono tra paziente e paziente e operatori sanitari diversi).
Nel 1990, l'ICRP ha adottato una serie differente dei fattori di
ponderazione dei tessuti, ribattezzandola somma ponderata
delle dosi assorbite dall’organo come dose effettiva, tuttavia, il
concetto e il formalismo sono identici a quelli per il calcolo
della dose equivalente efficace.
Come nel caso del Whole Body Dose, il rapporto tra la dose
efficace equivalente alla dose più grande assorbita dall’organo
varia ampiamente, con valori inferiori a 1% per i radio-iodi.
26
Nella tabella qui sopra sono elencati diversi radiofarmaci
comuni della routine diagnostica e terapeutica delle Medicine
Nucleari, con l'attività tipica somministrata, la dose assorbita
dall'organo ripreso, l'organo che riceve la più alta dose
assorbita (con il valore di quella dose), la Whole-Body Dose, e
la dose effettiva equivalente.
Il Programma MIRDose
Un programma per computer chiamato MIRDose è stato
sviluppato e distribuito dalla Internal Radiation Dose
Information Center® senza alcun costo.
Il programma contiene le tabelle dei fattori S per i radionuclidi
più comuni; l'utente deve solo fornire i dati bio-cinetici sotto
forma di tempi di residenza per gli organi sorgente. A questo
punto il programma genera le tabelle delle “dosi organo per
unità di attività somministrata”in unità tradizionali e in quelle
del SI (rad/mCi e mGy/MBq).
27
Phantom MIRD
I fattori S utilizzati nello schema MIRD sono stati derivati non
per ogni individuo, ma per un pianto standard, o una
rappresentazione antropomorfa della persona di riferimento.
Il fantasma è stato sviluppato da Fisher e Snyder e si compone
di un certo numero di regioni tridimensionale nello spazio, che
consistono in forme matematiche come sfere, ellissoidi, e coni
delimitata da piani, che sono tutti definiti con riferimento a un
sistema di coordinate di forma rettangolare la cui origine è al
centro della base della sezione del tronco.
La direzione z è positivo verso l'alto, verso la testa; la direzione
x è positiva verso la sinistra del phantom, e la direzione y è
positiva vero il lato posteriore.
Vari miglioramenti sono stati apportati successivamente al
phantom, ognuno dei quali è stato considerato essere una
rappresentazione più realistica del tridimensionale struttura del
corpo umano.
28
Capitolo 2: Effetti biologici
2.1 Effetti Deterministici
Gli effetti biologici delle radiazioni ionizzanti sono determinati
dalla deposizione di energia da parte delle radiazioni primarie o
secondarie conseguenti al decadimento degli atomi radioattivi,
energeticamente instabili.
Come è noto, gli effetti lesivi sono di due tipi: deterministici e
stocastici. Gli effetti deterministici possiedono le seguenti
caratteristiche: hanno una “soglia”, cioè vi è un livello di dose
al di sotto del quale l’effetto non si verifica; l’effetto è
“graduato” nel senso che aumentando la dose assorbita
aumenta anche la gravità dell’effetto; sono “precoci”, nel senso
che l’effetto si manifesta a breve distanza di tempo
dall’esposizione (vi è in genere un “periodo di latenza”, da
poche ore ad alcuni giorni, inversamente proporzionale
all’entità della dose).
Quest’ultima caratteristica non è sempre vera: la cataratta può,
ad esempio, manifestarsi a distanza di anni.
La “soglia” per gli effetti deterministici si colloca, a seconda
del tipo dell’effetto, fra qualche decimo di Gy e parecchi Gy.
Gli organi e tessuti con soglia più bassa sono le gonadi , il
cristallino ed il tessuto emopoietico.
Secondo l’ICRP 60 una temporanea sterilità, da ipospermia ,
può essere provocata, nel maschio, già a partire da 0.15 Gy di
esposizione acuta. Per una esposizione cronica, il minimo rateo
di dose necessario è di 0.4 Gy per anno. I valori corrispondenti
per la sterilità permanente sono da 3,5 a 6 Gy (esposizione
unica) e di 2 Gy per anno (esposizione cronica).
Nella donna la sterilità permanente richiede dosi simili (da 2.5 a 6
Gy) in caso di esposizione acuta, ma la soglia della sterilità per
l’esposizione cronica è assai più bassa: 0.2 Gy per anno.
L’opacità del cristallino, con ostacolo alla visione, può insorgere per
esposizioni acute da 2 a 10 Gy di radiazioni X o gamma.
29
Come per le gonadi femminili, è da temersi l’esposizione cronica: la
soglia viene collocata poco sopra i 0.15 Gy per anno.
Nel caso del sistema emopoietico, la più sensibile al danno è la serie
bianca e soprattutto i linfociti. La depressione midollare richiede
comunque non meno di 0.5 Gy per esposizione acuta e non meno
di 0.4 Gy per anno di esposizione cronica.
Queste sono soglie di dose che non vengono mai raggiunte nella
diagnostica radioisotopica.
Qualche effetto deterministico può, raramente, verificarsi nella
terapia radiometabolica anti-neoplastica (scialoadeniti, tiroiditi,
depressione midollare e, per dosi ripetute ed assai elevate di I-131,
fibrosi polmonare in caso di metastasi polmonari diffuse).
La giustificazione di tale eventi è da inquadrare nel sicuro beneficio
apportato dalla terapia alla gravissima patologia. Altrettanto può dirsi
per gli effetti deterministici (eritema e lesioni cutanee) che possono a
volte manifestarsi nella radiologia interventistica.
30
2.2 Effetti stocastici
Gli effetti da prendere in considerazione nelle esposizioni mediche
sono soprattutto quelli probabilistici (o stocastici) cioè quelli la cui
evidenza, almeno a livello macroscopico, non è obbligatoria, ma ha
una sua probabilità, generalmente bassa.
Gli effetti stocastici sono, essenzialmente, quelli carcinogenetici e
quelli genetici, entrambi dovuti alla lesione del DNA somatico e
germinale provocato dalle radiazioni, sia direttamente che
indirettamente (tramite la formazione di radicali ossidanti).
Gli effetti stocastici hanno le seguenti caratteristiche: non hanno
“soglia” (o per lo meno ai fini protezionistici si presume che non
l’abbiano – non sono ancora state possibili correlazioni tra i danni
stocastici ed eventuali loro soglie), così che una qualsivoglia e pur
piccola dose di radiazione potrebbe provocare l’effetto; la probabilità
di comparsa è proporzionale alla dose equivalente assorbita
(da esprimete in Sv: il Gy è appropriato per gli effetti deterministici,
ma non per quelli stocastici); la gravità dell’effetto non dipende dalla
dose (legge del “tutto o nulla”): l’effetto (ad es. un certo tumore)
prodotto da radiazione non differisce da quello che si manifesta
spontaneamente o che è dovuto ad altre cause.
La probabilità di accadimento di un tumore fatale, considerando
l’intera popolazione, viene stimata dall’ICRP 60 a 10x10-2 Sv-1:
cioè assai maggiore di quanto si pensasse un tempo (a causa
dell’intervenuta revisione dosimetrica dei dati di Hiroshima e
Nagasaki).
Nel caso di basse dosi (< di 0.2 Gy) o basso rateo di dose (<0.1 Gy
per ora) si applica un fattore di riduzione (DDREF) di 2, perché in
queste condizioni di irradiazione i processi di riparazione del DNA
hanno possibilità e tempo di intervenire, per lo meno parzialmente .
Tale è il caso delle esposizioni mediche, per le quali può quindi
considerarsi un coefficiente di probabilità di cancerogenesi fatale di
5x10-2 Sv-1 (cioè 5 centesimi per Sievert). Questo è, comunque, un
valore medio: la probabilità è maggiore nella donna che nell’uomo e
nel bambino (di 2-3 volte maggiore) che nell’adulto; diminuisce
grandemente (di 5-10 volte oltre i 60-70 anni per ovvie cause
biologiche di riproduzione cellulare) nell’anziano.
31
Un coefficiente di 5x10-2Sv-1 esprime il manifestarsi di circa 500
tumori maligni in una popolazione di 1 milione di persone esposte a
un centiSievert (1 rem). L’esposizione di una persona a 1 mSv
comporterebbe perciò una “probabilità” di cancro fatale di 50 su un
milione (cinque su centomila, una su ventimila).
Questo rischio di morte è quello che può aversi fumando 75 sigarette
o percorrendo 2500 miglia in automobile
Quanto agli effetti genetici essi vengono stimati essere 1.3x10-2 Sv-1
(cioè quasi cinque volte meno di quelli carcinogeni): metà di essi
sono dovuti a causa unifattoriale, nell’80% legata al 10° cromosoma
X e con caratteristiche di dominanza. Il 15% delle alterazioni si
manifesta in ciascuna delle prime due generazioni. L’altra metà è da
cause multifattoriali. Va detto che tutte queste stime “quantitative”
sono valide al fine radioprotezionistico ma non vanno esenti, dal
punto di vista radiobiologico, da incertezze e riserve.
La probabilità è espressa statisticamente dalla curva dose/risposta
costruita sulla base di osservazioni molteplici, quali:
1. la sperimentazione animale.
2. le osservazioni epidemiologiche sugli eventi di malattia
determinati da elevati livelli di dose assorbita (studi sui sopravviventi
di esposizioni per eventi bellici o incidentali).
La probabilità complessiva di un evento negativo in funzione della
dose assorbita è espressa da modelli ancora oggetto di dibattito che si
possono così riassumere:
1. Il modello lineare, costruito per le basse dosi per estrapolazione
dalla regione delle alte dosi (> 1Gy), secondo il quale l’incidenza del
danno cresce con il crescere della dose, senza alcun valore soglia al
di sotto del quale non esiste probabilità di eventi dannosi.
2. Il modello quadratico secondo il quale la probabilità del danno è
molto bassa per le piccole dosi mentre si incrementa in modo
esponenziale per le dosi medio-alte.
3. Il modello lineare-quadratico, che è un’integrazione fra il modello
1 e 2 ed assume un atteggiamento più cautelativo del quadratico per
le basse dosi che interessano l’ambito della diagnostica clinica.
Il modello 3, definibile anche come “sotto-lineare”, è quello che
meglio si adatta alle teorie ed alle osservazioni della radiobiologia
tradizionale e della epidemiologia delle neoplasie indotte per
32
bassi valori di dose di radiazioni a basso LET.
I modelli mettono però in rapporto due grandezze, la stima di dose
assorbita e la probabilità di un evento dannoso, affette da una serie
non trascurabile di incertezze e di approssimazioni:
a) Particolari condizioni patologiche del paziente possono modificare
in maniera sostanziale le stime di dose, e quindi di possibile effetto,
fatte per un soggetto normale. È questo il caso di pazienti portatori di
malattie che interessano le vie escretorie coinvolte nell’allontamento
di specifici radiofarmaci.
b) La distribuzione spaziale non uniforme del radiofarmaco a livello
microscopico. È questo il caso di traccianti ad accumulo
intracellulare, in particolare di quelli che penetrano all’interno del
nucleo cellulare. In questi casi la micro-dosimetria può sottolineare
una sottostima del rischio perché zone altamente radiosensibili, quali
il nucleo cellulare, possono ricevere alte dosi radianti ad opera dei
deboli elettroni Auger emessi per conversione interna e non
adeguatamente valutati nella stima macro-dosimetrica.
Quindi i traccianti intra-cellulari (201-Tl, 111-In-oxinato, etc.)
associati ad un non trascurabile “fattore di conversione” devono
essere accuratamente valutati agli effetti della probabilità di danni
biologici a livello subcellulare.
Questa valutazione è ancora più impegnativa per i soggetti in età
pediatrica per i quali i fattori di rischio crescono in ragione della
lunga spettanza di vita.
c) per contro, una disomogenea distribuzione del nuclide in un
tessuto o in un organo può anche diminuire il rischio
carcinogenetico. Ad esempio, laddove la concentrazione è maggiore
può esservi un effetto “killing” sulle cellule, che previene la
manifestazione neoplastica. Questa può essere una delle ragioni per
le quali si stima che l’induzione di neoplasia tiroidea da 131I è 2-3
volte minore che quella dovuta a pari dose equivalente da
irradiazione esterna.
Va aggiunto che si è assistito, nel tempo, a un notevole mutamento
d’opinioni circa la suscettibilità di singoli organi all’induzione
neoplastica. Questo soprattutto perché, con il passare del tempo dalle
33
esposizioni belliche, incidentali o professionali sottoposte ad
indagini epidemiologiche, sono andati sempre più emergendo i
tumori a maggior tempo di latenza.
In una scala di priorità della radioinduzione oncogena, oggi ad
esempio primeggia il tumore dello stomaco, un tempo neppure
preso in considerazione.
Vi sono poi gli effetti delle radiazioni sull’embrione e sul feto. Essi
dipendono dalla dose, ma anche dall’età della gravidanza.
Prima dell’impianto (nei primi 10 giorni) gli effetti sono del tipo
“tutto o nulla”: o il prodotto del concepimento muore, oppure la
gravidanza prosegue del tutto normalmente. Dalla terza settimana
alla fine del secondo mese (periodo dell’organogenensi) può
verificarsi una vasta gamma di malformazioni agli organi in via di
sviluppo. Questo effetto è di tipo deterministico e la sua soglia può
collocarsi nell’attorno di 0.1 Gy. Nel periodo fetale (dal secondo
mese in poi) e soprattutto dell’ottava alla quindicesima settimana
può temersi un danno al SNC: è la fase della proliferazione dei
neuroblasti e della migrazione dei neuroni corticali dalle regioni
paraventricolari alla corteccia .Questo danno si manifesta con
diminuzione dell’I.Q., che è di 30 punti per Sievert (quindi
irrilevabile alle dosi di pochi mSv proprie alla diagnostica mediconucleare). Nei casi più gravi vi è severo ritardo mentale (a partire
da 0.5 Sv e con probabilità di 0.4 a 1Sv) e microcefalia (il 20% degli
irradiati in utero a Hiroshima e Nagasaki con più di 0.2 Gy
presentava diminuizione di circonferenza cranica alla nascita).
Sempre nel periodo fetale e per tutta la durata della gravidanza
l’irradiazione può anche produrre, per effetto stocastico, un aumento
dei tumori in età infantile. Questo effetto sembra soprattutto
leucemogeno, con un 0.05% aggiuntivo di casi rispetto ai soggetti
non irradiati, e per dosi di almeno 2 cGy.
Per quanto riguarda in modo specifico la Medicina Nucleare, va
sottolineato che gli studi epidemiologici finora condotti circa gli
effetti probabilistici (insorgenza di neoplasie maligne, mutazioni
genetiche, etc.) di tipo dannoso connessi con l’impiego nell’uomo
dei radiofarmaci, non hanno dimostrato modificazioni significative
della frequenza di tali eventi rispetto alla popolazione di riferimento.
Un esempio è l’ampia casistica studiata da J. Robbins (N. Y. Acad.
34
Med. 1983, pag.1032 ) relativa al rischio di cancro della tiroide nella
popolazione che aveva assunto 131-I a scopo diagnostico, nella quale
il numero dei pazienti con cancro della tiroide era del tutto uguale a
quello osservato in quella popolazione (Svezia) e di gran lunga
inferiore a quello calcolato teoricamente in base ai fattori di rischio.
Questi effetti indesiderati di tipo tardivo devono comunque essere
messi in conto nella preventiva valutazione del bilancio
rischio/beneficio derivante dall’impiego diagnostico o terapeutico dei
radiofarmaci.
Gli effetti tardivi probabilistici sono correlati ai “bassi livelli di dose”
impiegati secondo i modelli prima citati che, pur in assenza di un
qualsiasi valore soglia al di sotto del quale sia da escludersi in
maniera assoluta ogni effetto, indicano come eccezionale un evento
dannoso per i livelli molto bassi consentiti dalla radiofarmacologia e
tecnologia di imaging attuale.
L’eccezionalità degli eventi è oggi giustificata dalle conoscenze di
radiobiologia sperimentale che hanno chiaramente dimostrato
l’esistenza di meccanismi riparativi dei danni deterministici a livello
subcellulare, quali quelli sul DNA nucleare.
Sembra evidente che i benefici ottenibili in medicina clinica sono di
gran lunga superiori ai rischi probabilistici associati ai “bassi livelli
di dose”. Questi, però, non devono essere trascurati sia per la sempre
più lunga aspettativa di vita che incrementa la probabilità statistica
dell’evento sfavorevole, sia per la percezione sfavorevole che il
pubblico ha del termine “nucleare”.
35
Capitolo 3: Considerazioni Dosimetriche
3.1 “Phantoms”pediatrici e della gravidanza
Il fantasma adulto della Fisher-Snyder è stato poi scalato per
l’uso pediatrico. Effettuando 3 fattori ortogonali per ogni
grande regione del pianto (testa, tronco e gambe), in modo da
ridurre la dimensione del corpo per raggiungere le dimensioni
del bambino. Tuttavia, questo processo non ha permesso per le
diverse dimensioni relative agli organi interni dei pazienti
pediatrici. Cristy ha sviluppato una serie di fantasmi che non
descrivono solo le dimensioni esterne, ma anche una più
realistica dimensione e forma degli organi interni per neonati e
per i bambini di età compresa tra 1 e 15 anni.
I phantoms così rivisti per un’attività pediatrica sono stati
inseriti nel programma MIRDose.
Per molti anni, le dosi fetali sono state stimate essere uguali
alla dose calcolata nell’utero non in gravidanza.
Cloutier pubblicò un modello che ha cercato di spiegare il
cambio delle dimensioni e della forma del feto nel corso della
gravidanza. Questo modello è stato utilizzato principalmente
per calcolare la dose fotonica per il feto grazie all’attività
nella vescica urinaria della madre, che è normalmente
l'organo sorgente materno che contribuisce alla frazione più
grande della dose fetale. Stabin in seguito ha pubblicato una
serie di phantoms matematici sviluppati per rappresentare la
madre incinta a 3, 6, e 9 mesi di gestazione.
L'utero è rappresentato da diverse forme geometriche in
differenti momenti, come anche ha preso in consideramento lo
spostamento degli altri organi addominali dovuti all’aumenta
delle dimensioni dell’utero.
Tuttavia, il feto embrionale viene rappresentato come una
massa uniformemente distribuita di tessuto che riempie
36
completamente l'utero, questo perché vi è un posizionamento
variabile del feto durante la gravidanza,.
[Nessuno sforzo è stato fatto per modellare i vari organi del
feto, e l'intero embrione-feto era considerato uniformemente
irradiato dai fotoni provenienti dai vari organi sorgente del
corpo della madre.]
Per i primi mesi di gravidanza (le prima 6-7 settimane), la dose
fetale è ancora considerato pari alla dose all'utero non in
gravidanza.
Questi modelli di gravidanza sono state inseriti anche nel
programma MIRDose.
37
3.2 Dosimetria fetale
I modelli abilitati per il calcolo della dose fetale durante la
gravidanza da effettuare per tutti i radio farmaci non hanno
tenuto conto del cross-placentare, che è il trasporto di
radioattività da parte della placenta, traducendosi in un autoirradiazione. Russell e colleghi fecero un'ampia ricerca nella
letteratura e nelle analisi dei dati sperimentali presi però da
modelli animali, raccogliendo e pubblicando il loro lavoro in
delle tabelle di dosi fetali per tutti i più comuni radio farmaci.
Questi dati consentirono ragionevoli stime di assorbimento di
dose da parte del feto. In quasi tutti i casi, il beneficio
diagnostico per la madre supera il rischio di irradiazione del
feto. Tuttavia, vi è una situazione che causa gravi lesioni del
feto, l'uso di iodio-131 nella terapia per l’ablazione tiroidea in
caso di ipertiroidismo o carcinoma (ed eventuali recidive).
Lo Iodio radioattivo attraversa rapidamente la placenta e si
concentra nella tiroide fetale, dove, a causa della sua piccola
massa, irradia con un’alta tutto il feto. Watson ha pubblicato
un modello e delle tabelle di dose per la tiroide del feto, con
l’inizio a 3 mesi di gestazione, che è anche l'inizio della
funzione tiroidea fetale.
I fattori di conversione dello I-131 fino a 2.150 rad / mCi (580
mGy / MBq) somministrato alla madre, causando così
l’ablazione della tiroide fetale con dosi tipiche.
Di conseguenza, è assolutamente indicato il test di gravidanza
per tutte le donne in età fertile, prima di sottoporsi alla
radioterapia con I-131.
Purtroppo, nonostante le avvertenze uno o due casi di
involontaria ablazione della tiroide fetale continuano a
verificarsi ogni anno negli Stati Uniti.
38
3.3 Le pazienti che allattano
Alcuni radiofarmaci vengono escreti nel latte materno, e le
mamme che allattano, se richiedono (tramite il medico che le
segue) una procedura di medicina nucleare devono essere
informate circa la necessità di interrompere o, in alcuni casi,
intervallare l’allattamento al seno. Grazie ad un modello
standard si sono potute calcolare le dosi che riceve il bambino
nell’allattamento al seno, presupponendo che l’infante, ad
intervalli di 3 ore, consuma 1 litro di latte al giorno.
In letteratura i valori riportati di escrezione del radio farmaco
nel latte materno fornisce una stima della radioattività ingerita
dal bambino, che si presume essere rapidamente assorbita
completamente dal tratto gastrointestinale e di avere una
biocinetica simile a quella di un adulto.
La U. S. Nuclear Regulatory Commission ricorda che l'infante
Dovrebbe ricevere dosi di attività inferiori ad 1 msV di dose
efficace durante l’allattamento al senoore a 1.
Per raggiungere questo obiettivo, è stata posta l’indicazione
della completa cessazione dell'allattamento al seno per le madri
in programma di sottoporsi a terapie con il gallio-67 citrato e lo
I-131 ioduro di sodio.
Un’interruzione per 12 ore è indicata per le madri che sono
state invece sottoposte a Tc-99m con macroaggregated
albumina, Tc-99m con etichetta globuli rossi, Tc-99m di zolfo
colloidale, e indio-111-globuli bianchi.
Un interruzione di 24 ore è indicata invece per le donne che
riceveranno Tc-99m-pertecnetato,
I-123-metaiodobenzilguanidina, e Tc-99m globuli bianchi.
Infine una interruzione di 168 h per quelle che riceveranno
tallio-210 cloruro.
In tutti i casi in cui la cura viene interrotta, il latte può essere
pompato, congelato in frigorifero e utilizzato non appena è
decaduta la radioattività (10 emivite).
39
3. 4 Dosimetria paziente-specifica
L'obiettivo finale della dosimetria è quello di sviluppare un
metodo con cui la radiazione emessa dal radio farmaco dia una
dose agli organi di uno specifico paziente permettendoci di
stimare questo valore, piuttosto che usare i valori tipici di
riferimento di un phantom standard.
Con lo sviluppo di nuove e migliori applicazioni terapeutiche
dei radiofarmaci, è stata necessaria sviluppare anche una
dosimetria paziente-specifica; necessaria per la stima delle
probabilità di controllo del tumore e delle complicazioni
derivanti dal trattamento nei tessuti normali, che di serie si
pratica in radioterapia a fasci esterni.
Per poter applicare una dosimetria paziente-specifica con i
radio farmaci ci servono due tipi di informazioni: i dati
biocinetici paziente-specifici per il radio farmaco di interesse, è
un voxel pianto tridimensionale conforme al singolo paziente
per ricavare dei fattori S da utilizzare nelle formule sopra citate
del metodo Monte Carlo.
La prima informazione è facilmente ottenibile con la
somministrazione di una minima dose di tracciante al paziente,
calcolando poi tramite i dati di imaging, l'escrezione del radio
farmaco, sviluppando così un individuale modello biocinetico.
Quest'ultima deve essere ottenuto mediante la digitalizzazione
computerizzata delle immagini del pz. con la risonanza
magnetica o con la TCS.
Nel trattamento della radioterapia, i confini degli organi del
paziente sono essenzialmente identificati su schermo con i dati
di scansione utilizzando software commerciali di pianificazione
del trattamento al momento disponibili.
Nel tentativo di automatizzare questo processo, Sparks ha
dimostrato la fattibilità di utilizzare un classificatore bayesiano
per identificare organi e tessuti dai dati della CT.
40
Sparks utilizzando 30-40 CT provenienti da diversi soggetti
approssimativamente nella stessa posizione anatomica, fu in
grado di generare probabili distribuzioni multidimensionali del
gruppo scelto a caso di immagini in cui gli organi e i tessuti
erano stati precedentemente definiti.
Le immagini restanti sono state poi utilizzate come "prova" per
determinare l'efficienza dell'algoritmo. In questo studio di
fattibilità, circa il 90% dei pixel, dell’organo preso come
riferimento, sono stati correttamente identificati.
Questo metodo può essere facilmente generalizzato in tre
dimensioni, semplicemente aggiungendo un ulteriore funzione
di probabilità di densità per pixel nella direzione z.
Le immagini classificate possono quindi essere utilizzate come
base per l'automazione e l’implementazione di un voxelized
Monte Carlo “transport phantom” per ogni singolo paziente
sottoposti a terapia medico-nucleare.
Questo metodo di identificazione sembra promettente e dal
riconoscimento degli organi specifici si cercherà di estenderlo
ad una completa e totale scansione.
41
Capitolo 4: Comportamenti di Radioprotezione
4.1 Limitare la dose al paziente in medicina nucleare
Una delle principali strategie messe in atto in questi ultimi
venti anni per limitare la dosimetria interna del paziente in
Medicina Nucleare è stata quella di utilizzare radiofarmaci
marcati con isotopi a breve emivita fisica, con un’emissione di
fotoni in assenza di emissione di particelle (elettroni – ad alta
interazione). L’altra strategia è stata anche quella di
sintetizzare radiofarmaci che avessero un’elevata estrazione a
livello del target verso cui erano diretti e al contempo un rapido
wash-out (eliminazione biocinetica) da tutti gli altri tessuti
non-target, attraverso l’emuntorio renale o epato-biliare.
Un esempio tipico è dato da quanto è avvenuto in ambito
cardiologico quando il radiofarmaco di perfusione miocardica
tallio-201 è stato progressivamente sostituito da traccianti
tecneziati come il sestamibi o la tetrofosmina. Il tallio-201 è
infatti caratterizzato da un’emivita fisica piuttosto lunga a
fronte anche di un’emivita biologica lunga. La sua sostituzione
agli inizi degli anni ’90 con radiofarmaci basati sulla chimica
del tecnezio ha più che dimezzato la dosimetria interna del
paziente, oltre che migliorare la qualità dell’imaging e
consentire lo sviluppo di tecniche come quella SPECT e GatedSPECT, parte integrante della routine clinica odierna.
Un altro esempio è quello legato all’introduzione alla fine degli
anni ’80 di un radiofarmaco per lo studio morfo-funzionale dei
reni, il MAG3, che oltre ad avere il vantaggio di essere marcato
con il tecnezio-99m, ha la peculiarità di avere un’elevata
estrazione renale con una più rapida eliminazione rispetto ad
esempio al DTPA. Per questo motivo è un radiofarmaco che è
frequentemente utilizzato nell’ambito della nefro-urologia
pediatrica.
42
Il progresso tecnico e la diffusione dei tomografi PET/TC ha
favorito l’impiego del FDG in ambito oncologico facendo sì
che alcuni esami siano stati abbandonati, come ad esempio la
scintigrafia con gallio-67 nei linfomi, perché meno consistenti
dal punto di vista del potere diagnostico e affetti da una più ben
più alta dosimetria. La stessa cosa è prevedibile che potrà
succedere a breve quando l’unico prodotto radiofarmaceutico,
analogo
della
somatostatina,
con un’autorizzazione
all’immissione in commercio, il 111In-pentetreotide
(Octreoscan®) sarà sostituito nella diagnostica delle neoplasie
di tipo neuroendocrino da nuovi radiofarmaci PET, ancora
sperimentali, che includono nella loro molecola il Gallio-68,
prodotto da un generatore Germanio-68/Gallio-68, che decade
emettendo positroni con un tempo di dimezzamento piuttosto
breve (68 minuti), comportando una dose efficace circa 3 volte
inferiore.
E’ comunque necessario sottolineare che l’utilizzo di
radiofarmaci marcati con isotopi a brevissima emivita non
sempre si adatta alle esigenze diagnostiche: ad esempio quando
la cinetica del radiofarmaco ha una durata dell’ordine di alcune
ore, non è possibile certamente utilizzare un radioisotopo con
un’emivita fisica di pochi minuti. Inoltre, l’uso di radioisotopi
con emivita brevissima, se da una parte comportano una bassa
dose al paziente dall’altra pongono delle problematiche
pratiche nel loro utilizzo, come ad esempio la necessità di
avere sito di produzione e sala diagnostica e/o di
somministrazione molto vicine.
43
4.2 Ottimizzazione della dose
Secondo quanto riportato nell’art. 4 del D.L.vo n. 187 del
2000, nell’ambito della diagnostica in medicina nucleare, il
principio di ottimizzazione riguarda la produzione adeguata di
un'informazione diagnostica appropriata, programmi per la
garanzia di qualità, valutazione delle dosi e delle attivita'
somministrate al paziente, scelta delle attrezzature.
Quando si sviluppa un radiofarmaco si sceglie il carrier in
funzione dell’organo o tessuto che si vuole raggiungere con
l’azione diagnostica svolta dalla emissione radioattiva del
radionuclide. Per questo motivo è necessario, alla fine della
reazione chimica che porta alla formazione del radiofarmaco
nella sua forma chimica finale, verificare quale sia stata la resa
della reazione ovvero la sua purezza radiochimica.
Con il termine purezza radiochimica di una preparazione
radiofarmaceutica si indica la percentuale di radioattività del
radionuclide nella forma chimica desiderata rispetto alla
radioattività totale del medesimo radionuclide presente nella
preparazione radiofarmaceutica.
Ad esempio nella reazione seguente
Tc99m O^4- + MDP→ Tc99m-MDP
il rapporto tra l’attività dovuta alla forma chimica voluta,
99mTc-MDP, e quella totale, ci fornisce la misura della
purezza radiochimica (in genere > 95%).
Infatti, soltanto la parte di radioattività della forma chimica
desiderata svolge l’effetto farmacologico previsto, mentre il
resto costituisce l’impurezza radiochimica (indesiderata).
Se le impurezze radiochimiche superano un valore percentuale
di volta in volta definito, la preparazione non è
somministrabile.
44
Infatti, l’eventuale presenza di una percentuale di impurezza
radiochimica superiore al consentito in una preparazione usata
a scopo diagnostico comporta una dose indebita al paziente in
quanto la biodistribuzione del radiocomposto è in parte alterata
(diventano bersaglio tessuti o organi che altrimenti non lo
sarebbero, come ad esempio la tiroide nel caso di presenza di
un’elevata percentuale di Tc99m-O^4) e, riducendo la
possibilità di interpretare correttamente l’esame diagnostico,
l'esame deve essere presumibilmente ripetuto.
Per questo motivo le Norme di buona Preparazione della
Associazione Italiana di Medicina Nucleare, pubblicate nel
2006, prevedono un programma che include i controlli di
qualità dei radiofarmaci per verificare che la purezza
radiochimica del radiocomposto risulti entro i limiti previsti al
momento della sua preparazione.
Tutte le dosi dovute a esposizioni mediche per scopi
radiologici devono essere mantenute al livello più basso
ragionevolmente ottenibile e compatibile con il raggiungimento
dell'informazione diagnostica richiesta.
Nel caso dei radiofarmaci è il radionuclide che assume il ruolo
di responsabile di un effetto farmacologico del tutto specifico,
cioè dell'accumulo di una determinata dose nel tessuto
bersaglio. Tale dose rappresenta la posologia del medicinale
chiamato radiofarmaco. Applicando questo criterio in modo più
esteso, potremmo considerare nel caso dei radiofarmaci il
rapporto tra la dose massima (nel rispetto dei Livelli
diagnostici di Riferimento del D.L.vo n. 187 del 2000) e la
dose ottimale che deve essere somministrata. Ogni
superamento del valore di LDR deve essere comunque
annotato nel referto, indicando i motivi che lo hanno
giustificato (ad esempio un elevato peso corporeo).
Allo stesso modo i LDR definiscono i criteri che regolano la
somministrazione dei vari radiofarmaci in pediatria, basati sulla
riduzione % dell’attività somministrata in relazione al peso
45
corporeo. In questo ambito, recentemente la European
Association of Nuclear Medicine (EANM) ha pubblicato un
nuovo metodo per il calcolo dell’attività da somministrare in
pazienti pediatrici che tiene conto del tipo di radiofarmaco e
che consente di ridurre la dose efficace indipendentemente dal
peso corporeo (Jacobs).
Oltre a questo, recentemente sono stati introdotti in commercio
diversi software che consentono di ottenere immagini, planari e
tomografiche, di buona qualità anche se caratterizzate da
un’intrinseca bassa statistica di conteggio.
Questo tipo di approccio avrebbe un duplice scopo: quello di
eseguire esami in tempi più brevi con una somministrazione
standard del radiofarmaco, oppure di eseguire esami in tempi
standard, ma somministrando un’attività più bassa.
La strategia a cui tendono la maggior parte dei centri di
medicina nucleare è quella indirizzata a limitare la dose al
paziente.
Il principio su cui si basano questi software di post-precessing
è quello di utilizzare metodi di ricostruzione interattiva basati
su modelli fisici che includono sistemi di compensazione per
tutta una serie di fattori degradanti la qualità delle immagini
(rumore presente nei dati di proiezione, degrado di risoluzione
spaziale causato dalla risposta del sistema collimatore-detector,
attenuazione fotonica, scatter, ecc).
L’utilizzo di questi nuovi algoritmi si traduce in un
significativo miglioramento nella qualità di immagine, ma
soprattutto nella possibilità di ottenere immagini di
ricostruzione con caratteristiche uguali o anche migliori
rispetto alle ricostruzioni effettuate con algoritmi tradizionali,
anche partendo da dati di proiezione con una bassa statistica di
conteggio (quindi con più rumore). Software come l’Evolution
for Planar™, l’Evolution for Bone™ o l’Evolution for
Cardiac™ (GE Healthcare) consentono di ottenere immagini
46
2D o SPECT di ottima qualità pur riducendo l’attività
somministrata (o il tempo di acquisizione) anche del 50%.
Avere apparecchiature diagnostiche sempre più efficienti ha
comportato già da tempo la possibilità di utilizzare attività più
basse per ottenere la medesima informazione diagnostica.
Questo è stato possibile soprattutto al miglioramento
dell’elettronica e del disegno progettuale delle gamma camere
che ormai da più di un decennio si basano su una tecnologia
totalmente digitale (rapporto fotomoltiplicatori/ADC 1:1) e
all’introduzione di cristalli di spessore più elevato che
garantiscono una maggiore sensibilità soprattutto con isotopi
che emettono energie medio/alte. Allo stesso modo, il
miglioramento dell’elettronica, l’introduzione di cristalli di
nuova generazione, con tempi di scintillazione veloci, la
possibilità di acquisizioni in modalità Time-of-Flight (TOF),
unitamente allo sviluppo di software che riducono la
percentuale di scatter, ha portato alla possibilità di acquisizioni
3D in PET con un miglioramento dell’efficienza di circa 3
volte. Anche se le attività non si sono ridotte altrettanto, siamo
passati in media da attività di FDG di circa 5-6 MBq/Kg a 33.5 MBq/Kg.
Tuttavia il passaggio epocale è avvenuto recentemente quando
sono comparse le prime gamma camere SPECT con detettori a
stato solido (il classico sistema cristallo/fotomoltiplicatori è
sostituito da dei semiconduttori) e un disegno progettuale in
grado di fornire, tra i diversi vantaggi, un’efficienza 4-6 volte
superiore rispetto a quelle tradizionali. Attualmente questa
tipologia di nuove gamma camere è stata disegnata per essere
impiegata in ambito cardiologico, ma è probabile che in pochi
anni appariranno sul mercato strumenti analoghi utilizzabili nei
diversi campi della diagnostica medico nucleare.
Attualmente il limite principale allo sviluppo di questa
tecnologia sono gli alti costi di produzione.
47
4.3 La problematica delle apparecchiature ibride
Un recente ambito di sviluppo tecnologico di grande impatto,
in particolare nella diagnosi oncologica, è costituito dalla
realizzazione di sistemi integrati ibridi (o multi-modali)
PET/CT e SPECT/CT. Il primo prototipo di strumento ibrido
PET/TC si deve a Townsend nel 1998. Da allora diverse ditte
hanno introdotto in commercio tomografi ibridi PET/TC e
SPECT/TC.
Questi sistemi sono costituiti da un tomografo PET o SPECT e
da un tomografo TC di ultima generazione, integrati in un
unico gantry, controllati da un’unica stazione di comando, con
un unico lettino porta paziente. Questi sistemi permettono di
acquisire immagini funzionali, PET o SPECT, e morfologiche
TC, in un’unica sessione di esame.
Inoltre, poiché i due tomografi, PET o SPECT, e TC sono tra
loro allineati e il paziente non si muove tra un esame e l’altro,
le immagini funzionali e morfologiche sono automaticamente
co-registrate, ovvero rappresentate nello stesso sistema di
riferimento spaziale e quindi sovrapponibili. I sistemi integrati
presentano quindi diversi vantaggi:
1) riduzione dei tempi di esame;
2) accurata interpretazione delle immagini funzionali, PET o
SPECT, sulla base delle immagini anatomiche TC
(correlazione anatomo-funzionale);
3) possibile integrazione diagnostica delle informazioni
funzionali, PET o SPECT, e morfologiche TC;
4) miglioramento della qualità e accuratezza quantitativa delle
immagini PET o SPECT utilizzando le immagini TC come
mappe di correzione dell’attenuazione dei fotoni di emissione.
Tuttavia, l’esecuzione della TC in associazione ad una
indagine PET o SPECT aggiunge dose al paziente che deve
essere sommata a quella che deriva dalle stime della
dosimetria interna.
48
Per quanto riguarda la PET/TC, ma anche la SPECT/TC, la TC
che viene eseguita in contemporanea è eseguita in modalità
cosiddeta, bassa dose (low-dose TC o LD-TC). Questo perché
generalmente nel work-up del paziente la PET/TC è
conseguente ad un esame TC diagnostico, eseguito senza e con
m.d.c. e perché la TC associata alla PET ha un ruolo
determinante nella correzione per l’attenuazione dei dati PET e
nella localizzazione anatomica dei reperti PET, ma non ha
necessariamente un ruolo diagnostico di per se.
In uno studio pubblicato nel 2005 in quattro centri PET in
Germania è stata effettuata una stima della dose erogata dalla
TC in aggiunta alla PET, dimostrando che una TC in modalità
bassa dose eroga una dose al corpo intero di 1-4 mSv, che si
vanno ad aggiungere ai 5.7-7 mSv della PET con FDG.
Certamente l’utilizzo di sistemi che modulano la dose TC al
paziente posssono migliorare ulteriormente la dosimetria,
mantenendola a valori più bassi.
Altra strada per ridurre la dose fornita dalla TC durante lo
studio PET è quella della collaborazione tra medicine nucleari
e radiologie cercando di limitare, soprattutto nel follow-up del
paziente il numero degli studi. Ad esempio se nel follow-up è
sufficiente una TC senza m.d.c., al posto di eseguire lo studio
TC e poi quello PET/TC, è preferibile eseguire un unico studio
PET/TC con la TC eseguita con parametri di acquisizione
diagnostici. Lo stesso è possibile effettuarlo in caso di TC con
m.d.c. che può essere eseguita nella sessa seduta della PET.
49
Conclusioni
Anche se maturato nel corso degli anni, il campo della ricerca
dosimetrica radio-diagnostica e radio-farmaceutica non si è
affatto fermato.
I nuovi campi di ricerca sono rappresentati in campo
diagnostico dalle nanotecnologie con lo sviluppo di sonde
molecolari radio marcate, utili a valutare in maniera molto
specifica determinate funzioni biologiche cellulari che
richiedono l’elaborazione di ulteriori algoritmi nel campo della
protezione dosimetrica.
Anche nelle applicazioni radio terapeutiche, la cosiddetta
target-therapy, ovvero l’utilizzo di anticorpi monoclonali
radiomarcati, rappresenta una delle sfide più significative per i
dosimetristi, dato che i modelli tradizionali di attività
(cioè attività uniformemente distribuite negli organi sorgente)
non sono idonei a strutturare un modello sufficientemente
rappresentativo, in una applicazione dove il bersaglio non è più
un organo complessivamente irradiato in modo uniforme, ma
spesso è rappresentato da antigeni di superficie sulle membrane
cellulari di dimensioni infinitesimali, localizzati spesso in
modo disseminato all’interno dell’organismo al fine di
garantire sicurezza ed efficacia nel rispetto delle buone norme
di una corretta pratica clinica..
Lo schema MIRD ha indubbiamente costituito un efficace
approccio alle questioni tradizionali di dosimetria radiofarmaceutica, ma non può rappresentare un modello accettabile
per le nuove applicazioni tecnologiche in Medicina Nucleare
che si prospettano.
Sono necessari nuovi modelli matematici, più articolati e
multifattoriali che tengano conto della complessità non solo
anatomica, ma anche funzionale e dinamica su base cellulare,
degli organi e del sangue in movimento.
.
50
Bigliografia
Vari articoli de“ The AAPM/RSNA Physics” tradotti
Fascicolo “Radioprotezione del paziente in medicina nucleare.”
(AIMN)
Principi e applicazioni
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Sitografia
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http://nonsolofinanza.blogspot.com/2008/01/rischi-degliesami-radiologici.html
http://www.fondazioneabo.org/news/foto/pet.jpg
Ringrazio per il materiale gentilmente concesso:
Il prof. Volterrani D. (ricercatore presso il Centro di Medicina
Nucleare dell’A.O.U.P.) , oltre che per avermi seguito nel
lavoro di stesura e correzione della tesi.
52
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