Analisi della Performance ed External Reporting: Bilanci e Dati Aziendali On-Line in Italia Giacomo Boesso Working Paper n.22.2001 – dicembre Dipartimento di Economia Politica e Aziendale Università degli Studi di Milano via Conservatorio, 7 20122 Milano tel. ++39/02/76074534 fax ++39/02/76009695 E Mail: [email protected] Pubblicazione depositata presso gli Uffici Stampa della Procura della Repubblica e della Prefettura di Milano Analisi della Performance ed External Reporting: Bilanci e Dati Aziendali On-Line in Italia VII Workshop AIDEA Giovani -Sezione Rilevazione- “Rilevare, Gestire e Organizzare nella New Economy”. Università Commerciale L. Bocconi Milano, 14-15 dicembre 2001 Giacomo Boesso Dottorando di ricerca in “Economia e Management” c/o Dipartimento di Scienze Economiche “M. Fanno” Università degli Studi di Padova Dipartimento di Economia Politica ed Aziendale Università degli Studi di Milano e-mail: [email protected] Analisi della Performance ed External Reporting: Bilanci e Dati Aziendali On-Line in Italia di Giacomo Boesso♣ Parole Chiave Stakeholder, Corporate reporting, Segment Information, Accountability, Social Accounting Abstract L’utilizzo congiunto di indicatori finanziari e dati operativi, nell’analisi dei risultati aziendali, è da diverso tempo al centro di interessanti studi. In particolare, si vanno diffondendo misure operative che cercano di evidenziare la performance di lungo periodo, come la soddisfazione dei consumatori, e gruppi di indicatori per valutare l’operato del management composti anche da elementi non prettamente finanziari. Nell’ambito di questa letteratura, alcuni contributi sembrano indicare nell’attività di rilevazione e di diffusione pubblica di queste nuove misure una strategia vincente per risolvere i problemi di coordinamento ed incentivazione all’interno dell’azienda, nonché per aumentare la legittimità esterna ed il consenso sociale. Questo paper, dopo aver brevemente considerato l’attività di definizione e misurazione della performance di breve e lungo periodo, si focalizza sulla divulgazione dei dati contabili e sui vantaggi operativi che taluni autori collegano ad una parziale o completa disclosure dei risultati aziendali, non solo finanziari ma anche operativi, a favore delle categorie di stakeholder ritenute strategiche. Il lavoro si sviluppa attraverso un’analisi descrittiva delle informazioni reperibili, sotto forma di relazioni introduttive ai bilanci ed in altri documenti, sui siti web delle aziende premiate in questi anni con l’Oscar di Bilancio e Comunicazione Finanziaria promosso dalla FERPI (Federazione Relazioni Pubbliche Italiana) e di alcune altre imprese segnalate dal sito www.bilanciosociale.it, nella sezione dedicata al concorso per il migliore bilancio sociale on-line. Obiettivo del paper è l’analisi della comunicazione aziendale esercitata mediante i nuovi strumenti informatici, allo scopo di evidenziare sia le affinità rispetto ai modelli proposti dalla letteratura, sia la quantità e la qualità dei dati diffusi pubblicamente, in aggiunta a quelli inseriti negli schemi obbligatori di bilancio. In particolare si cercherà di osservare se le realtà investigate, ricorrendo ai nuovi canali informativi, abbiano provveduto a modificare i propri modelli di external reporting e se sia riscontrabile un attività di disclosure finalizzata ad arricchire e consolidare il network di relazioni in cui le imprese sono inserite. ♣ Dipartimento di Scienze Economiche “ M. Fanno” . Università degli Studi di Padova. E-Mail: [email protected] 2 1. Introduzione Da diverso tempo nella letteratura viene condiviso un nuovo concetto di economicità aziendale, che si spinge oltre la semplice remunerazione del capitale investito dagli shareholder. L’attività d’impresa viene infatti ricondotta al soddisfacimento delle esigenze di un largo numero di attori, interni ed esterni, che appaiono cointeressati al risultato di gestione da interpretarsi in una forma più ampia rispetto ai tradizionali modelli contabili. Di particolare interesse risultano i contributi di Kaplan e Norton (1992, 1993, 1996) sulla Balanced Scorecard, quello di Elkington (1997) sul Triple Bottom Line, la Copenhagen Charter (1999), elaborata dalla Copenhagen Business School in collaborazione con alcune delle principali società di revisione e consulenza aziendale, ed il libro di Epstein (2000) sull’analisi dell’Accountability come elemento del vantaggio competitivo. Pur trattandosi di lavori diversi tra loro hanno tutti come oggetto comune il corporate reporting che, analizzato secondo differenti approcci, viene da questi autori studiato, modificato e riproposto in una specifica accezione che ne permetta un uso finalizzato alla creazione di valore per l’azienda. In sintesi, si tratta di contributi che cercano di coniugare il concetto di economicità, basato sulla teoria degli stakeholder, con il nuovo orientamento strategico che vede nell’individuazione, nell’analisi e nella diffusione di diversi indici operativi e finanziari delle variabili critiche di successo. Per risolvere i problemi di coordinamento ed incentivazione, relativi alle interazioni tra i molteplici e spesso confliggenti interessi degli attori coinvolti nei processi produttivi, in particolare modo per quel che riguarda l’attività dei manager, altri autori (Indjejikin R. e R. Bushman, 1996) propongono la definizione e la misurazione di nuove forme di individual performances da parte del sistema contabile. L’importanza dell’analisi dei risultati aziendali viene inoltre ulteriormente accentuata nel momento in cui lo stesso sistema di rilevazione e comunicazione dei dati assume valenza strategica per la realizzazione di una migliore redditività. In questa ottica, anche il sistema informativo è uno degli elementi che contribuiscono alla creazione del valore e, pertanto, diviene oggetto meritevole di un’attenta ed approfondita analisi in sede di pianificazione. Il management è infatti chiamato a scegliere e strutturare il sistema contabile che meglio implementi l’indirizzo strategico che si vuole dare all’attività. I contributi citati ipotizzano dei sistemi contabili in grado sia di influenzare l’attività di tutti gli operatori interni all’impresa, definendo in modo preciso e circostanziato gli specifici obbiettivi dei vari livelli della struttura, sia di assolvere il compito d’informare i vari stakeholder sui risultati aziendali, contribuendo ad arricchire ed alimentare la rete di rapporti in cui l’impresa è calata. Vieni proposto, quindi, un modello contabile che non sia semplice elemento di controllo ed informazione, ma che ponga al centro delle sue attenzioni il lavoro di supporto ed implementazione del processo di pianificazione, nonché la gestione 3 delle interdipendenze strategiche con tutti gli attori che sono in contatto con l’azienda. Queste funzioni, che si vogliono ricondurre al sistema contabile, hanno portato i diversi autori citati ad individuare una nuova “filosofia operativa” che pervada il sistema strutturandosi proprio intorno alle fasi di definizione, misurazione e divulgazione delle performance. In alcuni contributi, la diffusione pubblica delle informazioni raccolte per questi fini viene specificatamente presentata come una valida strategia per ottenere vantaggi interni, rinforzando il trust ed il commitment di tutti gli operatori, e per affermare con forza l’identità aziendale sui mercati. Questo paper cerca di focalizzarsi sull’attività di disclosure delle misure di performance, sia che si tratti dei più conosciuti indicatori finanziari, sia che si tratti di nuove rielaborazioni dei dati presenti negli schemi di bilancio, principalmente indirizzate agli investitori privati ed istituzionali, nonché si tratti di dati operativi e finanziari destinati ad altre categorie di attori. Vengono infatti analizzati i siti web di alcune imprese che, in questi anni, si sono distinte per la completezza e la ricchezza dei dati resi pubblici, cercando di osservare come le nuove tecnologie vengano utilizzate, da aziende non puramente internet, allo scopo di raggiungere ed informare con facilità i propri stakeholder. La metodologia adottata cerca di evidenziare la quantità e la tipologia dei dati diffusi. Le rilevazioni sono state condotte isolando le informazioni destinate a cinque tradizionali classi di stakeholder: Investitori, Dipendenti, Clienti, Fornitori, Società ed Istituzioni, nonché due classi trasversali di informazioni sull’attività operativa: Internall Business ed Innovation & Learning. Inoltre, allo scopo di sottolineare come l’attività di disclosure possa essere condotta con finalità strategiche e finalizzata solo ad alcune categorie di attori, le aziende del campione sono state suddivise in tre settori di appartenenza: Manifatturiero-Alimentare, Bancario e Public Utilities. Questa distinzione permette di rilevare se le informazioni presenti nei siti web siano, per tutti i settori, omogeneamente distribuite nelle sette categorie indicate oppure se ci siano delle differenze che lascino presagire un scelta strategica, da parte delle imprese di diversi settori, nella tipologia di dati da rilevare e diffondere. Nel secondo paragrafo viene dato breve spazio alla presentazione della letteratura di riferimento sui nuovi modelli contabili ed alle ipotesi che si vogliono verificare. Il terzo paragrafo presenta in dettaglio la definizione delle informazioni ricercate on-line, il campione di aziende oggetto della ricerca e le diverse suddivisioni utilizzate nella presentazione dei dati. Il quarto paragrafo contiene i risultati dell’analisi, le differenze riscontrate per i diversi settori e la valutazione sulla qualità dell’attività di disclosure, derivata dall’osservazione dei dati raccolti. Il quinto ed ultimo paragrafo conclude il lavoro, cercando di fornire interessanti spunti per ulteriori approfondimenti. 4 2. Utilizzo strategico dei modelli contabili ed attività di disclosure dei dati aziendali Trattando il problema del corporate reporting, diversi autori propongono modelli di analisi e diffusione dei dati contabili finalizzati a supportare ed implementare al meglio i piani e le strategie decise dal management. Il punto di partenza per giungere alla definizione di tali modelli è solitamente indicato nella definizione di una efficace procedura che permetta di individuare: quali sono gli elementi dell’attività aziendale che è utile rilevare, come effettuare il monitoraggio di tali parametri, quante informazioni e in che modo comunicarle all’esterno e, non meno importante, a quali categorie di attori rivolgere i report informativi. Il modello di Balanced Scorecard, proposto per la prima volta da Kaplan e Norton nel 1992 e successivamente ampliato a più riprese, invita il management a selezionare una serie di indicatori chiave dell’attività aziendale, da monitorare nel tempo e da prendere come riferimento nel processo di pianificazione. Gli autori individuano come principali vantaggi connessi a questa operazione la capacità di ingenerare un continuo apprendimento ed una maggiore condivisione delle strategie a tutti i livelli dell’organigramma. Per raggiungere questi fini, i classici strumenti di rilevazione finanziaria della performance dovrebbero essere affiancati da una serie di misure operative con lo scopo di creare un “cruscotto informativo” completo, in grado di rilevare prontamente e sinteticamente, ma in modo esaustivo, lo stato del business. In particolare, il mix di misure finanziarie ed operative, riassunto in quattro grandi filoni: Financial Perspective, Customer Perspective, Internal Business, Innovation & Learning, assume importanza in un ottica strategica, in quanto rappresentativo delle dinamiche imprenditoriali che costituiranno la futura performance. Un sistema di report informativi così integrato consentirebbe, secondo Kaplan, di implementare correttamente tutte le strategie aziendali più utilizzate nell’ultimo decennio (total quality, customer relationship, managing by objectives, organizations effectiveness, just in time …). Una visione globale di tutti gli indicatori strategici, infatti, ottimizzerebbe il processo decisionale e faciliterebbe l’assegnazione di obiettivi e mansioni. La Scorecard non è però destinata agli operatori esterni perché, se correttamente impostati, i dati raccolti dovrebbero rappresentare i processi di creazione del valore interni all’impresa ed essere pertanto suscettibili di riserbo nei confronti degli attori esterni, in particolare modo dei competitori. Il contributo di Epstein, organicamente riassunto nel suo libro del 2000, parte dall’analisi del problema dell’Accountability, discute la crisi di operatività che egli sostiene rilevare nei sistemi contabili di tutte le maggiori aziende e prosegue attraverso la rielaborazione di quattro aspetti fondamentali dell’attività aziendale: Governance, Measurement, Management System e Reporting. L’obiettivo è lo sviluppo di un sistema contabile che supporti e colleghi questi aspetti nel processo di decisione ed implementazione dei piani strategici. 5 L’aspetto che, allo stato attuale, l’autore vede come più discusso, è quello relativo ad una completa attività di external reporting. Pur riconoscendo la necessità di non rivelare ai concorrenti elementi importanti della propria gestione della catena del valore, Epstein sottolinea come, all’interno del modello, una azienda che non sfrutti uno dei quattro aspetti principali finisca col rinunciare, rispetto ai propri competitori, all’utilizzo di una leva di miglioramento della performance. L’attività di reporting proposta non si configura in una diffusione pubblica dei segreti aziendali, o “gioelli di famiglia” usando le parole dell’autore, ma è centrata su parametri fondamentali che il management utilizza nel proprio approccio strategico. Si tratta, quindi, di divulgare informazioni che permettano a tutti gli stakeholder ed agli azionisti di guardare all’impresa ed ai suoi risultati con gli occhi dei manager ossia di consentire un completo e corretto feedback, importante risorsa aggiuntiva da inglobare nel processo di pianificazione per consolidare le decisioni prese, migliorare le scelte operative, raffinare le strategie di lungo periodo e produrre maggiore valore nel futuro. Sebbene alcuni aspetti di questa teoria richiamino il social accounting, l’approccio è diverso. Nelle passate concrete applicazioni di rendicontazione sociale, infatti, raramente queste misure sono state interpretate come parte del processo di pianificazione e non sono mai state al centro di analisi di costi, tecniche di budgeting o di performance evaluation. Il modello di accounting e reporting proposto da Elkington nel 1997 e sviluppato in questi anni, principalmente in collaborazione con il gruppo Shell, prevede che tre differenti definizioni di valore aggiunto: finanziario, sociale ed ambientale, siano monitorate ed incorporate in un unico organico sistema di misurazione. La visione di fondo di questo approccio si basa sulle prospettive di lungo periodo dell’attività aziendale che, per sopravvivere con successo, deve essere caratterizzata da una solidità degli indicatori finanziari ma anche da una ottimizzazione degli impatti ambientale e sociali connessi all’attività stessa. Si tratta, secondo gli autori, dell’estrema evoluzione del social accounting, collegato al sustainability reporting, il tutto tradotto in un nuovo modello manageriale focalizzato su un sistema di indicatori e metrica aziendale. Il progetto auspica di rafforzare la fiducia e la condivisione intorno alle strategie, nonché di generare un allineamento tra il benessere collettivo e quello dell’impresa ed una migliore risposta alle aspettative di lungo periodo di tutti gli stakeholder. La Copenhagen Charter (1999) si focalizza, invece, sull’implementazione di un corretto e completo stakeholder reporting, tale da consentire una partecipazione alla governance, per vie più o meno dirette, di tutti gli attori titolari di potere d’influenza. In quest’ottica, la crescita del valore aggiunto dell’impresa si spiega attraverso una migliore gestione delle interdipendenze, caratteristica che conferisce all’attività un vantaggio competitivo esprimibile come una maggiore forza attrattiva nei confronti dei dipendenti qualificati, una crescente affezione dei clienti e dei fornitori ed un più sicuro accesso al mercato dei capitali. 6 Il reporting viene anche interpretato come una specie di assicurazione per proteggere la reputazione dell’impresa, per molti autori importante asset intangibile, minimizzando i rischi collegati ad una cattiva gestione delle interdipendenze strategiche. Il punto cruciale del modello consiste nella determinazione di indicatori chiari, definiti, misurabili, che entrino a far parte del sistema informativo e vengano rilevati in modo regolare. Gli autori si preoccupano anche di sottolineare la necessità di accompagnare le comunicazioni effettuate con una serie di garanzie sulla correttezza nella determinazione degli indicatori e sulla stesura ed analisi dei report, per conferire all’intero ciclo informativo, che si chiude e riapre con la reazione degli stakeholder alle informazioni diffuse, una grado di completezza informativa e trasparenza analogo a quello dei bilanci aziendali. La quasi totalità degli autori citati attribuisce allo sviluppo tecnologico un importante ruolo nel ridurre i costi delle rilevazioni e nella gestione di modelli contabili sempre più complessi e ricchi d’informazioni. Sebbene non sempre espressamente affermato, l’utilizzo dei nuovi sistemi informatici sembra anche particolarmente indicato nel processo di disclosure dei dati; i siti web delle aziende sono infatti uno dei luoghi più indicati per comunicare al pubblico parte delle proprie rilevazioni e per raggiungere ed informare i propri stakeholder. Per quel che riguarda le analisi sugli indicatori operativi che dovrebbero essere analizzati dai sistemi contabili e sul tipo di correlazioni tra dati operativi e indicatori finanziari, la letteratura è ancora poco sviluppata. Sembrano comunque esserci delle conferme empiriche (Ittner C. e D. Larker, 1998; Nagar V. e M. Rajan, 2000) su come la gestione di alcuni dati operativi, quali il tasso di turnover e diverse misure sulla soddisfazione del consumatore, influenzi in modo positivo la redditività, nonostante i costi del sistema di rilevazione e gli investimenti necessari per migliorare tali indici di performance operativa. Allargando l’indagine interessanti sono anche le ricerche sullo strategic foretelling (Calantone R. e K. Schatzel, 2000) che cercano di analizzare la propensione di alcune imprese ad anticipare il rilascio di informazioni sui nuovi progetti operativi e sui relativi risultati finanziari attesi. Tale attività viene, anch’essa, collegata alla volontà del management di influenzare la percezione ed il comportamento degli stakeholder strategici. Le imprese che utilizzano questa tecnica sembrano essere caratterizzate da una forte interazione negli scambi informativi e da una sensibile elasticità del sistema operativo, in grado di rispondere prontamente alle esigenze degli attori esterni. Gran parte dei contributi presentati si distinguono per un approccio pragmatico e normativo, più che teorico, relativo alle caratteristiche dei modelli contabili ed alle tecniche di comunicazione aziendale ma, probabilmente, il tentativo di presentare delle soluzioni operative adattabili ad un vasto numero di imprese porta a sottovalutare una serie di problemi, connessi alla peculiarità dell’informazione come importante asset intangibile a disposizione del management. In primo luogo, il tentativo di allargare le misure di performance da valutare si scontra con la scarsa misurabilità di molti indicatori operativi; ad esempio, monitorare la soddisfazione delle diverse categorie di stakeholder ritenute 7 strategiche si presenta come una scelta onerosa ed i risultati di tali rilevazioni sono spesso di non facile valutazione. Secondariamente, la diffusione di diverse definizioni della profittabilità aziendale si configura come un’attività soggetta a particolari costi opportunità, considerando la possibile divulgazione di dati operativi, provenienti dalla contabilità analitica, rappresentativi dei processi di creazione del valore all’interno dell’impresa. In questi termini, anche la scelta dei parametri da rilevare e la diffusione pubblica d’informazioni sono da ricondurre alla fase di pianificazione, che il management deve condurre raccordando le decisioni prese a specifici obiettivi e risultati. Sebbene una completa e totale disclosure possa essere presentata come una caratteristica irrinunciabile, per un impresa che voglia centrare la propria attività sulla creazione di valore nel lungo periodo, le particolari dinamiche concorrenziali del settore in cui sono inserite le aziende e le singole strategie di sviluppo decise dal management portano ad ipotizzare un uso della comunicazione differente per ogni realtà osservata e strumentale agli obiettivi che si vogliono raggiungere. In particolare si ritiene che anche la rilevazione e la socializzazione di parte delle esperienze aziendali siano variabili influenzate dai cicli di vita dei settori, nonché dai cicli di vita delle singole imprese. Come rilevato da molti degli autori citati l’informazione è un’importante risorsa, in grado di instaurare importanti processi e movimenti nel network di relazioni in cui ogni impresa è calata; la gestione di tali potenzialità sembra tuttavia difficilmente riconducibile ad un sistema di comunicazione che, come caratteristica di fondo, preveda un’ampia e completa divulgazione di informazioni. La produzione e la diffusione pubblica di informativa interna è un’attività che permette alle imprese di gestire le proprie interdipendenze strategiche con tutti gli attori con cui è in contatto ed è sicuramente l’unico strumento per stabilire i contatti con gli attori potenziali, che ancora non hanno formalizzato il loro rapporto con l’azienda. Principalmente per questo motivo si tende a presentare l’external reporting come un elemento chiave per stabilire delle profittevoli relazioni, attribuendogli un importante ruolo al fine sia di selezionare tra gli stakeholder i migliori partner, sia di gestire in modo ottimale tutte le sinergie di lungo periodo riconducibili ai rapporti con le diverse categorie di attori. L’informazione è tuttavia un’importante risorsa aziendale il cui utilizzo, come per tutti gli altri fattori della produzione, deve essere soggetto ad analisi di convenienza economica. I benefici di lungo periodo connessi all’attività di disclosure non sembrano poter essere, da soli, i fattori che conducono a considerare l’informazione come un elemento in grado di creare valore. Maggiormente verosimile sembra, invece, un utilizzo della comunicazione aziendale connesso alle dinamiche concorrenziali del settore in cui opera l’impresa ed allo specifico ciclo di vita di ogni singola società. In particolare, si 8 ritiene che la quantità e la qualità dei dati soggetti a disclosure dovrebbero seguire un ciclo informativo, strettamente connesso alla strategie che l’impresa sta implementando ed alla fase storica che il management sta affrontando. In altri termini, ci si aspetta di riscontrare un utilizzo razionale di una risorsa costosa come l’informazione, inserito in precisi piani, sicuramente finalizzati alla creazione di valore nel lungo periodo, ma influenzati anche dalle specifiche condizioni operative che l’azienda deve gestire. Il campione di imprese analizzate sembra prestarsi particolarmente all’analisi dei modelli di external reporting, in quanto si tratta di società premiate o segnalate proprio per la qualità della propria comunicazione finanziaria, sociale ed in generale per l’alto profilo delle pubbliche relazioni. Sono però aziende appartenenti a diversi settori operativi, di differente “peso specifico” e pertanto interessate ad implementare proprie strategie caratteristiche ed ad interagire solo con determinate categorie di stakeholder. Per quanto riportato, si ipotizza che anche la tipologia di informazione pubblicamente rilasciata da ciascuna impresa debba essere soggetta ad un forte grado di peculiarità, conformemente ad un utilizzo dei dati aziendali che sia basato su valutazioni di convenienza economica, in merito alla quantità e qualità delle misure da diffondere. Si cercherà, quindi, di analizzare se vi sia un interesse verso un’attività di disclosure di dati quantitativi diversi da quelli inseriti negli schemi di bilancio, se queste misure siano collegabili a diverse e nuove forme di definizione della performance aziendale, nonché se la tipologia delle informazioni diffuse risenta delle dinamiche concorrenziali del settore di appartenenza e del ciclo di vita di ogni singola impresa. 3. Metodologia della ricerca ed analisi del campione Al fine di investigare la propensione di alcune imprese alla diffusione delle misure di performance sui propri siti web, nonché la quantità e la tipologia dei dati resi pubblici, si è provveduto ad analizzare i documenti resi disponibili in rete, sia in formato html che in formato pdf, nelle sezioni dei siti espressamente destinate alle relazioni con le diverse categorie di stakeholder. Questa prima distinzione si è resa necessaria per delimitare il campo di analisi, a fronte di siti aziendali molto sviluppati e costituiti da un numero elevato di pagine. Tale limitazione non intacca tuttavia i risultati della ricerca, in quanto l’analisi che si è voluto condurre è strettamente legata ai sistemi contabili aziendali ed alle relazioni che il management vuole instaurare tra il sistema interno di rilevazione dei dati e le categorie di attori, esterni ed interni, ritenute strategiche. Seguendo questo tipo d’impostazione, la diffusione dei dati deve essere espressamente effettuata in schemi rappresentativi che permettano di identificare questo tipo di relazione, ovvero le informazioni devono essere raccolte in modo organico ed unitario in pagine web che richiamino la relazione con gli stakeholder 9 e non disperse all’interno del sito in sezioni che non siano dedicate all’external reporting. In altri termini, si cerca di osservare quali imprese utilizzino in modo mirato la diffusione pubblica di informativa aziendale, evidenziando una gestione delle interdipendenze conforme alla letteratura presentata nei precedenti paragrafi. In un ristretto numero di casi si è riscontrata la presenza di dati operativi e finanziari anche in sezioni web diverse da quelle collegate alla comunicazione esterna, dedicate, per esempio, al contatto diretto con il cliente al fine di realizzare un’operazione di e-commerce, o con i fornitori per operazioni legate al processo di ordini on-line. Questi dati non sono comunque facilmente raggiungibili da parte di utenti che visitino il sito aziendale con la finalità di reperire informazioni sulla performance e sui risultati della gestione, quindi non rientrano nel tipo di analisi che si è voluto sviluppare. La presenza di una rete intranet aziendale, che colleghi direttamente l’impresa con alcune categorie di stakeholder, può costituire un altro canale, sicuramente più efficace del sito web, per lo scambio informativo e la diffusione di dati. Analogamente, la gestione delle interdipendenze si presta ad altre diverse strutturazioni, tra loro non autoescludenti, che possono dare utili risultati nella soluzione dei problemi di incentivazione e coordinamento. Oltre a quella già citata, possono infatti essere molteplici le forme di scambio informativo, con precise categorie di stakeholder, mediante canali riservati. L’analisi condotta, pur riconoscendo un importante ruolo anche a questi strumenti, soprattutto collegando le diverse tecniche di comunicazione a differenti fasi della vita aziendale, non vuole, però, focalizzarsi su questo tipo di relazioni. Seguendo la letteratura citata si ipotizza che un’azienda che non provveda a rilasciare una certa quantità di informazione in forma pubblica solo perchè, ad esempio, ritiene più utile utilizzare unicamente i canali preferenziali con clienti e fornitori già acquisiti, rinunci ad avvalersi di uno strumento che in futuro le permetterebbe di allargare la categoria di attori con cui interagire, di selezionare i migliori partner e di aumentare in questo modo la propria redditività. Riassumendo, in questo paper sono stati analizzati unicamente i dati diffusi dalle aziende nelle sezioni dei siti dedicate alle relazioni esterne ed esplicitamente finalizzate allo scambio informativo in forma pubblica. Un’altra limitazione riguarda il tipo di dati rilevati: obiettivo della ricerca è infatti evidenziare le tipologie di dati che le imprese diffondono in aggiunta alle informazioni obbligatoriamente contenute negli schemi di bilancio. Per ottenere questo risultato si sono analizzati solo le relazioni introduttive ai bilanci e tutti gli altri documenti, presenti in rete, diversi dalle tabelle di bilancio. Fanno eccezione a questo tipo di restrizione unicamente i dati di bilancio che il management ha deciso di evidenziare, con particolari rappresentazioni grafiche, all’interno del sito e le rielaborazioni elementari dei dati di bilancio, quali il calcolo di semplici indici di struttura, liquidità e redditività. Tali dati vengono inclusi nelle categorie oggetto di questa ricerca, in quanto si ritiene che vi sia stata una scelta strategica nel selezionare le informazioni da diffondere. 10 Questa eccezione potrebbe costituire una debolezza dell’analisi, se non si considerasse la certificazione e la continuità dei dati diffusi permettendo al management di scegliere, di anno in anno, solo le informazioni di bilancio che meglio premiano l’attività svolta. Nella maggioranza dei casi è stato però possibile rilevare che tali dati sono riportati in diverse edizioni dei documenti e che, comunque, gran parte dei documenti analizzati, come ad esempio i bilanci sociali e ambientali, sono anch’essi sottoposti al processo di certificazione. Le aziende prescelte per l’analisi sono quelle premiate negli ultimi anni con l’Oscar di Bilancio e Comunicazione Finanziaria promosso dalla FERPI (Federazione Relazioni Pubbliche Italiana), nonché un ristretto numero di altre imprese segnalate dal sito www.bilanciosociale.it, nella sezione dedicata al concorso per il migliore bilancio sociale on-line. Tale campione è stato selezionato assumendo che tali aziende, premiate per le proprie pubbliche relazioni, siano particolarmente attente a modificare le proprie strategie comunicative considerando gli sviluppi tecnologici e della letteratura. E’ interessante osservare come parte delle imprese componenti il campione siano comunque citate in entrambe le fonti utilizzate: 5 aziende sono premiate solo da FERPI; 7 aziende sono segnalate solo da www.bilanciosociale.it; 6 aziende sono presenti in entrambi le fonti. Nel complesso l’analisi ha interessato 18 siti web divisi in tre settori operativi, ciascuno composto da 6 aziende: 1) Manifatturiero-Alimentare: Granarolo, IBM, Pirelli; Benetton, Electrolux/Zanussi, Fiat, 2) Bancario: Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio, Banca Popolare di Puglia e Basilicata, Banca Popolare del Trentino, Credito Varesino, Monte dei Paschi di Siena, UniCredito Italiano; 3) Public Utilities: Agip Petroli, Edison, Enel, Eni, Ferrovie dello Stato, Telecom Italia. Tale distinzione è stata effettuata con la finalità di osservare se, in settori diversi, la distribuzione dei dati nelle varie categorie, tra poco esposte, subisca delle variazioni sensibili. Questo tecnica di analisi, coerentemente con quanto riportato nei precedenti paragrafi, è utilizzata nel tentativo di isolare il comportamento strategico del management qualora sia stata effettuata una selezione degli indicatori operativi e finanziari da diffondere pubblicamente; si assume, quindi, che siano comunicati solo quei dati che possano costituire la base per la costruzione di un vantaggio competitivo, qualora oggetto di un’attività di disclosure. 11 All’interno dei singoli gruppi sarà poi possibile definire altri tipi di distinzioni nella tipologia dei dati diffusi, primariamente collegate alle diverse dimensioni operative delle aziende presenti nei sottocampioni ed alle diverse condizioni operative dei mercati su cui operano le imprese, si veda, ad esempio, il settore Bancario dove piccole popolari sono analizzate insieme a grandi gruppi. Analogamente, nel settore delle Public Utilities, un quasi monopolista come FS viene analizzato con imprese che operano in condizioni di maggiore concorrenza e, più in generale, le differenti strategie operative delle aziende investigate fanno ipotizzare una diversa scelta nei parametri da monitorare e diffondere. Per non complicare eccessivamente l’analisi e per esigenze di chiarezza espositiva si è comunque preferito non effettuare ulteriori suddivisioni del già ridotto campione; considerazioni in merito a queste differenze saranno condotte in forma discorsiva nei prossimi paragrafi. I dati raccolti sono stati a loro volta suddivisi in sette categorie; la divisione è stata effettuata selezionando, in base alla letteratura di riferimento, cinque tradizionali classi di stakeholder e le due classi di dati sull’attività operativa analizzate dalla Balanced Scorecard. Per ogni categoria si è poi cercato di definire le tipologie di informazioni destinate ai soggetti che ricercano sul web notizie sull’azienda e le sue performance ovvero informazioni riguardo le caratteristiche degli attori che interagiscono con l’impresa e la qualità del rapporto instaurato. In particolare, la possibilità di aumentare la redditività è la chiave di lettura che rende interessante osservare se le aziende effettuino attività di disclosure su dati riguardanti i risultati aziendali nell’Internal business e nell’Innovation & learning. Sebbene queste informazioni possano apparire come prettamente rilevanti solo all’interno dell’impresa, la loro individuazione come drivers della futura performance le rendono suscettibili di essere comunicate anche all’esterno, per mandare un messaggio di buona profittabilità attesa a tutte le categorie di stakeholder. Le informazioni rilevate saranno quindi presentate divise nelle seguenti 7 categorie, ciascuna caratterizzata da diversi aspetti oggetto della misurazione: 1) Informazioni per gli Investitori: • Caratteristiche della categoria; • Performance aziendali. 2) Informazioni per i Dipendenti: • Caratteristiche della categoria; • Caratteristiche e qualità del rapporto di lavoro; • Costo del lavoro. 12 3) Informazioni per i Clienti: • Caratteristiche della categoria; • Qualità del rapporto. 4) Informazioni per i Fornitori: • Caratteristiche della categoria; • Qualità del rapporto. 5) Informazioni per la Società e le Istituzioni: • Impatto ambientale dell’attività; • Rapporto con l’Erario; • Impatto sociale dell’attività. 6) Informazioni sull’Internal Business: • Strategia aziendale; • Caratteristiche del processo produttivo. 7) Informazioni sull’Innovation & Learning: • Ciclo innovativo; • Attività di learning. Per ogni oggetto di misurazione si è quindi cercato di isolare una serie di precisi indicatori, ciò è avvenuto seguendo le classificazioni dei modelli di derivazione contabile presentati dagli autori citati e considerando, ad ogni modo, solo informazioni espresse in forma quantitativa. Le differenze tecniche nei cicli operativi dei settori analizzati non hanno però reso sempre possibile trovare degli indicatori specifici comuni a più aziende e spesso, per chiarezza espositiva, si è preferito indicare delle famiglie o classi di misure presenti in tutti i settori, anche se con indicatori specifici differenti. Ad esempio, nella categoria degli Investitori, per quel che riguarda la misurazione della performance, non vengono dettagliati tutti i numerosi e ben conosciuti indici di redditività che le diverse imprese possono aver scelto di presentare, ma solo la classe: “Indici di redditività”. Costituisce eccezione a questa regola la presentazione di particolari indicatori che, pur facendo parte della classe, si caratterizzano, a giudizio dell’autore, per particolare originalità o per particolare interesse ai fini dell’analisi; nel precedente esempio, costituirebbe elemento a sè stante la presentazione di qualsiasi conosciuto indice di redditività corretto per gli effetti ambientali e sociali. Elemento comunque non presente in quanto non riscontrato per nessuna azienda. 13 4. Risultati della ricerca Le principali caratteristiche del campione analizzato sono riassunte nella Tabella 1, mentre Tabella 2 riporta i documenti e le sezioni dei siti web aziendali utilizzati come fonti per la raccolta dei dati costituenti il campione1. Quest’ultimo aspetto è particolarmente interessante perchè permette di analizzare, seppure in forma abbastanza schematica, come le varie aziende utilizzino il proprio sito. Provvedere a rendere disponibile e fruibile on-line copia dei volumi cartacei dei bilanci annuali è sicuramente un primo passo, nel tentativo di allargare il numero di utenti che consultano questi documenti, le risorse rese disponibili dalle nuove tecnologie permettono tuttavia l’uso di nuove e diverse presentazioni dei dati aziendali. Innanzi tutto si possono sviluppare presentazioni grafiche di maggiore efficacia e, secondariamente, si può cercare di instaurare un canale di comunicazione interattivo o quantomeno aggiornato in tempo reale. Tabella 1 – Descrizione del campione Numero di aziende presenti nel campione 18 Numero dei sottocampioni-settori 3 Numero delle aziende per sottocampione-settore 6 Numero dei dati ricercati dal modello per ciascuna azienda 141 Totale dei dati ricercati (141*18) = 2.538; Totale dei dati effettivamente rilevati 775 Descrizione dei sottocampioni settori: Totale campione Settore Manif.-Alim. Settore Bancario Settore Public Utilities Percentuali dei dati effettivamente rilevati sul totale dei dati ricercati 30,54 32,27 29,31 30,02 Numero medio di rilevazioni per singola azienda 43,06 45,50 41,33 42,33 Numero massimo di rilevazioni per singola azienda 75 75 74 53 Numero minimo di rilevazioni per singola azienda 15 19 15 29 1 Tutte le rilevazioni sono state effettuate nel mese di ottobre 2001. 14 Tabella 2 – Documenti e sezioni del sito aziendale dedicati all’external reporting Documenti e sezioni Presenti sul sito aziendale Manifatturiero Alimentare1 (n=6) Bancario Bilancio formato on-line 6 Bilancio formato pdf (n=6) Public Utilities (n=6) Totale (N=18) 5 6 17 6 5 4 15 Bilancio sociale 3 6 3 12 Bilancio ambientale 4 2 6 12 Reports finanziari periodici 6 5 4 15 Comunicati stampa 6 5 5 16 Presentazioni Finanziarie 3 3 3 9 Sezione “ Investor relation” 6 3 4 13 Sez.” Stakeholder relation” 1 1 0 2 Sez.” altri dati aziendali” 6 3 6 15 media 4,7 3,8 4,1 12,4 1. Per ogni settore viene riportato il numero di aziende che includono nel proprio sito web lo specifico documento o sezione, il numero di aziende analizzato per ogni settore è indicato in parentesi. E’ interessante notare come la quasi totalità delle realtà investigate inserisca sul sito sia la copia cartacea dei propri bilanci, sia una versione on-line; analogamente, un buon numero di imprese sfrutta internet per diffondere altri tipi di documenti destinati agli stakeholder, quali i bilanci ambientali e sociali ed i report finanziari periodici. L’esatta metà delle aziende, generalmente quelle in fase di forte crescita ed espansione, rende fruibili anche le presentazioni finanziarie preparate per gli incontri con gli investitori istituzionali; questi documenti si sono rivelati particolarmente ricchi di informazioni e, ovviamente, di previsioni sulle performance future. Più dei due terzi delle imprese collocano nella home page dei propri siti un richiamo diretto all’investor relation, che solitamente conduce alla lista dei documenti contabili on-line ed all’analisi delle quotazioni azionarie in tempo reale. Solo due società hanno invece predisposto una sezione per la stakeholder relation e, comunque, tale sezione non è raggiungibile dalla home page iniziale, ma è fruibile solo accedendo alle pagine web sui bilanci sociali. Nel complesso, le aziende sembrano aver predisposto in modo abbastanza funzionale ed organico l’attività di external reporting sul proprio sito, ma solo l’analisi sulla tipologia dei dati diffusi può dare maggiori informazioni sulle caratteristiche di questa attività. Da subito si può notare, Tabella 1, come le informazioni presenti nei siti web siano tendenzialmente eterogenee. Il modello è infatti costituito da 141 osservazioni, nei documenti analizzati sono cioè stati rilevati 141 diversi indicatori, presentati da almeno una delle realtà investigate, ma il numero medio di informazioni per singola impresa, 43, è ridotto. Questo significa che le aziende 15 non rilasciano in modo omogeneo lo stesso tipo di misure, ognuna ha effettuato una scelta nella tipologia di dati da diffondere e questa scelta tende a non coincidere con quelle compiute dalle altre. Inoltre, il numero minimo di rilevazioni per singola impresa nei diversi settori, tra 15 e 29, mostra come nel campione siano presenti alcune realtà che effettuano solo una minima attività di disclosure in aggiunta agli schemi obbligatori di bilancio. La percentuale dei dati effettivamente rilevati sul totale di quelli investigati è bassa, intorno al 30%, e simile per tutti i settori. Si vedrà in seguito, comunque, come le imprese appartenenti a diversi settori tendano a concentrare le informazioni rilasciate su differenti categorie di stakeholder ed a focalizzarsi su determinate tipologie di dati. Tabella 3.1 presenta le rilevazioni effettuate per la categoria di informazioni più numerosa: i dati destinati agli investitori. Tabella 3.1 – Informazioni destinate agli investitori Categoria Oggetto della misurazione Settore1 Specifico indicatore o classe di riferimento Tot. (N=18) M-A (n=6) Ban (n=6) P-U (n=6) Numero degli azionisti/soci 4 5 2 11 Principali azionisti/soci 4 5 2 11 Dimensione dei pacchetti azionari 4 1 2 7 Indici di struttura 4 2 3 9 Indici di redditività (Roi, Roa, Ros o altro) 4 3 4 11 Valore aggiunto (Eva o altro) 2 1 2 5 Quota di mercato 6 2 5 13 Andamento quotazioni azionarie 5 4 4 13 Rating 0 2 2 4 Dividendo per azione 5 3 4 12 Utile per azione 5 2 3 10 Cash Flow per azione 2 0 2 4 Riacquisto azione proprie 1 0 3 4 Indici di maturità dei debiti 1 0 0 1 Crescita nel volume delle vendite, raccolta, impieghi 4 4 6 14 Investitori Caratteristiche della categoria Performance aziendale Fatturato per area geografica 5 0 1 6 Ricavi per area geografica 4 0 2 6 Fatturato per aree di business 4 0 4 8 16 Ricavi per aree di business 6 0 4 10 Risultato operativo per aree di business 4 0 2 6 Raccolta/impieghi per area geografica 0 2 0 2 Raccolta impieghi per area di business 0 6 0 6 Margini interesse/intermediazione per area di business 0 2 0 2 5 Confronto con principali concorrenti 3 1 1 Piano retributivi dei dirigenti 2 0 1 3 Analisi import/export 5 2 6 13 Turnover dei crediti 2 0 0 2 Indebitamento netto 2 0 3 5 Costo del capitale proprio 1 0 0 1 Cost del capitale di debito 1 0 1 2 Indice rimanenze/vendite 2 0 0 2 Turnover delle rimanenze 2 0 1 3 Indice di produttività globale 1 2 2 5 Analisi dello shareholder value 2 1 0 3 Creazione di brand value 1 0 0 1 M-A Ban P-U 98 50 72 Settore1: Totale 220 2 media 2,80 1,43 2,06 6,29 1. Per ogni settore viene riportato il numero di aziende che includono nel proprio sito web lo specifico indicatore, il numero di aziende analizzato per ogni settore è indicato in parentesi. Sono state raccolte solo informazioni di carattere quantitativo. M-A=Manifatturiero-Alimentare, Ban=Bancario, P-U=Public Utilities. 2. Totale delle rilevazioni per colonna/ numero degli indicatori (o righe). La categoria degli investitori è particolarmente al centro delle attenzioni delle aziende manifatturiere e di quelle appartenenti al settore delle Public Utilities. Le informazioni rilasciate sembrano però prettamente destinate ad evidenziare la profittabilità di breve periodo, un esiguo numero di società presenta il calcolo del valore aggiunto economico mentre il doppio si affida ai classici indici di redditività. L’analisi dei dati operativi è limitata al confronto con i principale concorrenti, in termini di quota di mercato e numero di unità dei prodotti venduti. Solo un ridotto numero di aziende cerca di innovare la tipologia di dati diffusi, riportando degli indici di produttività globale, ed un gruppo ancora più ristretto evidenzia le strategie di lungo periodo tramite l’analisi della creazione di brand value e la diffusione degli schemi retributivi dei dirigenti, generalmente basati su un mix di indicatori di performance di breve e medio-lungo periodo. Un discreto numero di imprese, invece, illustra i propri risultati sia dividendoli per aree geografiche che per settori di attività. 17 La seconda categoria di informazioni, per numero di rilevazioni effettuate, è costituita dai dati concernenti la gestione delle risorse umane, Tabella 3.2. Tabella 3.2 – Informazioni destinate ai dipendenti Categoria Oggetto della misurazione Settore Specifico indicatore o classe di riferimento Tot. (N=18) M-A (n=6) Ban (n=6) P-U (n=6) Numero medio 5 6 6 17 Numero lavoratori esterni 3 0 1 4 Dipendenti Caratteristiche della categoria Caratteristiche e qualità del rapporto di lavoro Numero lavoratori in categorie protette 1 3 0 4 Divisione per età 1 5 1 7 Divisione per sesso 1 4 0 5 Divisione per area di business 4 2 0 6 Divisione per titoli di studio 0 5 0 5 Divisione per categoria professionale 1 5 2 8 Divisione per aree geografiche di impiego 1 3 0 4 Numero assunzioni 4 4 2 10 Numero uscite 4 3 2 9 8 Volumi/fatturato per dipendente 3 3 2 Valore aggiunto per dipendente 2 1 0 3 Ricavi per dipendente 1 0 0 1 Servizi per dipendenti – numero accessi 2 4 1 7 Mobilità – analisi spostamenti 1 0 0 1 Gestione delle carriere – num. promozioni 2 2 0 4 Attività Formazione – ore, costi, partecipazione 2 5 4 11 Numero infortuni 2 4 3 9 Ore straordinari 1 1 0 2 Litigiosità sindacale – ore perse 1 1 0 2 Numero, tipologia assenze 1 4 0 5 Indice di soddisfazione 1 0 0 1 Persone visionate da uffici selezione 0 1 0 1 Superficie per dipendente 0 1 0 1 18 Costo del lavoro Costo medio pro-capite 1 4 0 5 Piani retributivi 3 4 3 10 Incidenza del costo del lavoro su risultati aziendali 1 0 0 1 Incentivi finanziari 2 5 3 10 7 Incentivi non finanziari Settore: 2 5 0 M-A Ban P-U Totale 53 85 30 168 media 1,77 2,83 1,00 5,60 Una particolare attenzione verso la politica di gestione dei dipendenti è riscontrabile nel settore Bancario, dove si rileva anche il maggior numero di bilanci sociali. Il settore dei servizi è intuitivamente collegato ad un attenta analisi delle risorse umane, che in diversi casi possono presentarsi come una delle variabili strategiche di successo, questa tendenza non sembra inoltre risentire del recente interesse degli istituti di credito verso i canali telematici. Sempre il solo settore Bancario rivela i costi di tale gestione, nonostante gli esborsi connessi alla forza lavoro siano, per tutte le aziende investigate, una componente importante dei costi operativi. Più di un terzo delle imprese fornisce informazioni riguardo la produttività dei propri dipendenti, sia in termini di fatturato che di valore aggiunto e volumi gestiti. Abbastanza ricca è anche l’attività di disclosure sull’attività di formazione interna e, nel complesso, tutte le aziende del campione cercano di rilasciare informazioni utili a stabilire un contatto con possibili nuovi dipendenti. Solo un ristretto numero, però, diffonde elementi riconducibili all’analisi sull’utilizzo strategico delle proprie risorse umane in un’ottica di implementazione della futura performance, quali l’indice di soddisfazione della categoria o altri elementi che lascino prevedere un aumento della produttività. Tabella 3.3 presenta il limitato numero di informazioni che è stato possibile raccogliere in merito ai rapporti con la categoria dei clienti, ancora meno numerosi sono gli indicatori riassunti nella Tabella 3.4 destinata ai fornitori. La relazione con clienti e fornitori non sembra soggetta a disclosure di dati aziendali. Per quel che riguarda la prima categoria, solo le imprese nel settore Bancario cercano di fornire un quadro preciso della composizione e della distribuzione della propria clientela. 19 Tabella 3.3 – Informazioni destinate ai clienti Categoria Oggetto della misurazione Settore Specifico indicatore o classe di riferimento Tot. (N=18) M-A (n=6) Ban (n=6) P-U (n=6) Numero medio 1 4 4 9 Distribuzione geografica 1 5 1 7 Divisione per volumi/tipologia acquisti 1 4 4 9 Confronto clientela rispetto ai concorrenti 0 1 0 1 Clienti Caratteristiche della categoria Qualità del rapporto Tempi di consegna 1 0 1 2 Tempi di attesa al telefono 2 1 0 3 Reclami – numero, tipologia 2 5 1 8 Indice di soddisfazione 2 1 2 5 Indice di fedeltà, riacquisto 2 1 2 5 Caratteristiche della rete di vendita 3 6 5 14 Redditività di singoli prodotti, servizi 2 1 3 6 Obiettivi di qualità per il futuro 0 2 1 3 Profitti ed asset per cliente 0 1 1 2 Totale 17 32 25 74 Media 1,31 2,46 1,92 5,69 Un discreto numero di società, circa un terzo, comunica parzialmente i risultati delle proprie ricerche in termini di soddisfazione dei clienti, la qualità di queste informazioni è però molto bassa nella maggiore parte dei casi. Generalmente vengono riportati vaghi e semplici indicatori, uno dei più utilizzati è il numero e la tipologia dei reclami ricevuti, tuttavia anche le aziende che dichiarano di avvalersi di consulenze esterne, per una rilevazione più organica e sofisticata, tendono a comunicare unicamente il semplice incremento e decremento dell’indice globale di soddisfazione o fedeltà. Più dei due terzi del campione ritiene invece strategico diffondere informazioni sulla caratteristica della propria rete di vendita ed un numero più ridotto, ma comunque interessante, presenta un’analisi della redditività per singole linee di prodotto/servizio. 20 Tabella 3.4 – Informazioni destinate ai fornitori Categoria Oggetto della misurazione Settore Specifico indicatore o classe di riferimento Tot. (N=18) M-A (n=6) Ban (n=6) P-U (n=6) Numero medio 1 1 1 3 Distribuzione geografica 0 2 1 3 1 Fornitori Caratteristiche della categoria Qualità del rapporto Divisione per volumi/tipologia fornitura 1 0 0 Dettaglio dei principali fornitori 1 0 0 1 Analisi dei volumi di scambio 0 4 1 5 Indice di soddisfazione 1 0 0 1 Dettaglio delle partnerships instaurate 3 2 1 6 Premi corrisposti 1 0 0 1 Totale 8 9 4 21 Media 1,00 1,13 0,50 2,63 Per quel che concerne i fornitori, il dato maggiormente comunicato è la realizzazione di specifiche partnership; solo per le aziende bancarie si rileva un interesse a sottolineare, generalmente all’interno dei bilanci sociali, l’ammontare complessivo delle spese destinate all’acquisto di materiali e servizi da esterni. Le informazioni destinate alla società in senso lato, riassunte in Tabella 3.5, sono invece abbastanza sviluppate e dettagliate. In particolare, lo sviluppo di elaborati bilanci ambientali da parte delle imprese nel settore delle Public Utilities, anche in risposta ad un maggiore intervento del legislatore in termini di controllo sulle realtà operative in settori esposti al rischio di pesanti contaminazioni, favorisce la diffusione di un largo numero di misure ed indici. Sotto questo aspetto si può comunque osservare come si stiano diffondendo modelli standard di analisi dell’impatto ambientale; è infatti riscontrabile una discreta omogeneità nel tipo di dati rilasciati, soprattutto per quel che riguarda le emissioni tossiche, il consumo energetico e la gestione dei rifiuti. Talune imprese cercano invece di innovare anche in questo tipo di environmental accounting e gli spunti più interessanti si hanno nel tentativo di riportare una contabilità analitica dei costi ambientali, collegata alla profittabilità 21 degli investimenti effettuati ed all’impatto ambientale delle singole linee di prodotti. Tabella 3.5 – Informazioni destinate alla società ed alle Istituzioni Categoria Società ed Istituzioni Oggetto della misurazione Impatto ambientale Rapporto con Erario Impatto sociale Settore Specifico indicatore o classe di riferimento Emissioni tossiche Tot. (N=18) M-A (n=6) Ban (n=6) P-U (n=6) 4 1 5 10 Consumi energetici 4 1 5 10 Mix di fonti energetiche 3 1 5 9 Contenimento energetico 4 0 5 9 Consumo di acqua potabile 4 1 5 10 Scarichi idrici 2 0 5 7 Riciclaggio 4 1 4 9 Gestione degli imballaggi 3 0 0 3 Gestione dei rifiuti 4 1 6 11 Costi e investimenti ambientali 3 0 4 7 Impatto ambientale del sistema logistico 1 0 1 2 Imp.to amb. dei mezzi di trasporto dei dipendenti 0 1 0 1 Campi elettromagnetici prodotti 0 0 2 2 Contabilità analitica delle spese ambientali 1 0 2 3 Contributo all’effetto serra 1 0 2 3 Indice complessivo di performance ambientale 1 0 0 1 Analisi della profittabilità ambientale 1 0 0 1 Impatto ambientale dei singoli prodotti 1 0 0 1 Tasse pagate 4 6 2 12 Accertamenti bancari subiti/effettuati 1 1 0 2 Calcolo del valore aggiunto 1 4 1 6 Ripartizione del valore aggiunto tra stakeholders 1 5 1 7 Dettaglio delle economie esterne 0 1 0 1 22 Dettaglio delle attività caritatevoli 6 6 3 15 Dettaglio delle attività culturali 6 6 4 16 2 Rapporti con le associazioni di categoria Settore: 0 2 0 M-A Ban P-U Totale 60 38 62 160 media 2,31 1,46 2,38 6,15 Le imprese che hanno elaborato un bilancio sociale tendono anch’esse a seguire dei modelli standard presenti in letteratura, specificatamente per le aziende bancarie esistono anche delle linee guida comuni elaborate dall’ABI. Tale condivisione dei modelli adottati si rileva per lo più nelle comuni tecniche di calcolo di diverse forme del valore aggiunto (caratteristico, ordinario e globale) e nella sua ripartizione per le diverse categorie di stakeholder. Tendenza comune a tutto il campione è invece la diffusione di informazioni, quantitative ma soprattutto qualitative, riguardanti le attività caritatevoli e culturali perpetrate nell’anno di riferimento. Questa caratteristica sembra confermare ulteriormente la propensione delle realtà investigate a ricercare un largo consenso sociale ed una condivisa legittimità operativa esterna; spesso, però, questa importante funzione è confinata nell’area delle relazioni esterne e si limita alla pubblicità di attività sociali non collegate ai cicli operativi. Nei paragrafi di apertura di questo lavoro si è invece sostenuto che importanti risultati in questa direzione possano essere ottenuti tramite una completa diffusione di dati operativi e finanziari, destinati ad informare e modificare il comportamento di specifiche categorie di stakeholder. Ad esempio, attraverso una maggiore attenzione e cura nella divulgazione delle informazioni destinate ai potenziali clienti e fornitori. Analogamente si è ipotizzato che un’azienda, che ritenesse strategico comunicare all’esterno il proprio orientamento verso una redditività di lungo periodo, debba svolgere un’attività di disclosure su precise informazioni, riguardanti le caratteristiche dell’Internall business e dei propri cicli innovativi e d’apprendimento. In modo da comunicare agli attori esterni, ma anche interni, l’interesse dell’impresa verso una continua e profittevole creazione di valore. Tale attività dovrebbe essere evidenziata dalla diffusione di una serie di dati tali da dimostrare una continua implementazione di strategie e piani di lungo periodo, queste informazioni dovrebbero principalmente riguardare: i miglioramenti dei cicli produttivi, lo sviluppo di innovazioni tecnologiche, il contenimento dei costi e la continua analisi delle nuove esigenze del mercato. Tabella 3.6 e 3.7 riportano le informazioni che sono state rilevate nel campione su questo aspetto. 23 Tabella 3.6 – Informazioni sull’internal business Categoria Internal Business Oggetto della misurazione Strategia aziendale Caratteristiche del processo produttivo Settore Specifico indicatore o classe di riferimento Tot. (N=18) M-A (n=6) Ban (n=6) P-U (n=6) Missione ed obiettivi in forma astratta 4 4 6 14 Missione ed obiettivi con misure quantitative 3 1 6 10 Dati finanziari/operativi su nuove acquisizioni, ristrutturazioni 1 0 3 4 Volumi della produzione, raccolta, impieghi 3 6 6 15 Costi totali della produzione 1 1 3 5 Dati da contabilità analitica sui costi produzione 2 1 3 6 Costi per nuovi prodotti, servizi 1 1 4 6 Dati da contabilità analitica sui costi di sviluppo 1 1 2 4 Numero difetti rilevati 1 0 0 1 Numero controlli di sicurezza effettuati 2 3 5 10 Indice di qualità dei prodotti, servizi offerti 2 1 1 4 Analisi dei prezzi di vendita, tassi 0 2 4 6 Utilizzo della capacità operativa 0 0 2 2 Dettaglio del ricorso a terzisti 0 0 1 1 Volumi per sportello/rivendita 0 3 0 3 Analisi del rischio 2 2 1 5 Totale 23 26 47 96 media 1,44 1,63 2,94 6,00 Nel complesso è ridotto il numero delle imprese che rilasciano informazioni di questo tipo, raramente più di un terzo, e la qualità dei dati diffusi è sempre tendenzialmente bassa. Si sono riscontrati solo elementi occasionali provenienti dalla contabilità analitica, allo stesso tempo l’analisi degli investimenti destinati ai nuovi prodotti e dei tempi/costi necessari per ottenere progressi tecnologici è minima ed in nessun caso presentata in modo organico. 24 Costituiscono, forse, eccezione le aziende del settore Bancario che, in modo abbastanza omogeneo, dedicano informazioni allo sviluppo dei propri nuovi prodotti on-line; nella maggioranza dei casi si tratta, comunque, di un’analisi superficiale, principalmente qualitativa, non supportata da un adeguato numero di dati e misure operative o finanziarie. Tabella 3.7 – Informazioni sull’innovation & learning Categoria Innovation & Learning Oggetto della misurazione Ciclo innovativo Attività di learning Settore Specifico indicatore o classe di riferimento Tot. (N=18) M-A (n=6) Ban (n=6) P-U (n=6) Tempi di sviluppo dei nuovi prodotti, servizi 0 0 3 3 Ciclo di vita dei prodotti, servizi 3 0 2 5 % nuovi prodotti,servizi su totale delle vendite 1 3 0 4 Time to market 1 0 1 2 Numero brevetti depositati 3 0 0 3 Numero di innovazioni di prodotto, servizio sviluppate 2 2 2 6 Investimenti in nuovi prodotti, servizi 0 1 5 6 Incidenza nuovi investimenti su redditività 0 1 1 2 Numero di suggerimenti implementati 1 0 0 1 Tasso di turnover dipendenti 0 1 0 1 Autonomia operativa percepita dai dipendenti 1 0 0 1 Autonomia decisionale percepita dai dipendenti 1 0 0 1 Analisi e valutazione azienda da parte stakeholder 1 0 0 1 Totale 14 8 14 36 media 1,08 0,62 1,08 2,77 Allo stesso modo le società del settore delle Public Utilities appaiono interessate a tenere informati i propri stakeholder sui massicci investimenti effettuati in questi anni di profonda riorganizzazione del settore, tra privatizzazioni e sensibile progresso tecnologico, ma anche in questo caso l’analisi è abbastanza semplice, rispetto ai modelli proposti in letteratura, ed è 25 generalmente ridotta a scarne presentazioni delle nuove acquisizioni, ristrutturazioni e dei relativi piani per integrare le nuove unità o definire i nuovi assetti organizzativi. L’attività di learning è quella che in assoluto viene più trascurata dalla quasi totalità delle aziende del campione. Sotto questo aspetto sembra che tutti gli sforzi siano destinati unicamente alla funzione di formazione dei dipendenti, come segnalato discutendo Tabella 3.2, mentre le aziende tendono a non diffondere informazioni riguardo l’efficacia del sistema di controllo e gestione nel fornire al management feedback operativi. Prima di tutto bisognerebbe interrogarsi se i sistemi contabili delle realtà investigate rilevino elementi riconducibili all’attività di learning, così come proposta dagli autori analizzati, situazione che non si può dare per scontata; in ogni caso, un’impresa che abbia predisposto l’analisi di questa attività, magari anche solo tramite semplici indicatori comparabili a quelli rilevati in due aziende del campione, ma preferisca non diffondere queste informazioni, rinuncia a comunicare all’esterno dei dati che potrebbero influenzare favorevolmente il comportamento di tutti gli stakeholder. Concludendo l’analisi dei risultati è interessante sottolineare ulteriormente alcune caratteristiche del campione analizzato. La qualità dei dati rilevati viene giudicata scarsa, in quanto raramente inserita in schemi logici che evidenzino un interesse da parte del management verso una completa ed organica attività di stakeholder relationship. Per lo più si tratta di informazioni superficiali e laddove si è riscontrata una particolare abbondanza di informazioni pubblicamente diffuse, tale fatto, quasi sempre, è da imputarsi ad esigenze contingenti del management di informare la comunità finanziaria in occasione di importanti processi di acquisizione, ristrutturazione o sostegno della quotazione azionaria. Non è invece rilevabile in nessun caso un utilizzo ampio e diffuso, in chiave strategica, del canale informativo per influenzare il comportamento dei principali stakeholder e per impostare l’azienda sull’analisi della creazione di valore di lungo periodo. Il prevalere di un’attività di disclosure destinata unicamente agli operatori finanziari si può intuire osservando come, nel complesso, il sottocampione costituito dalle nove società che diffondono on-line le presentazioni finanziarie per gli investitori istituzionali, fornisca 452 osservazioni sulle 775 rilevate dal modello, ovvero il 58,32 % del totale. Inoltre, come figura in Tabella 4, il numero medio di informazioni rilevate nel sottocampione aumenta sensibilmente: a fronte di una riduzione di circa il 18 % nel numero degli indicatori ricercati, la media degli elementi effettivamente riscontrati per singola azienda cresce più di 7 punti, indicando una maggiore omogeneità dei dati. 26 Tabella 4 - Analisi del sottocampione di imprese che diffondono le presentazioni finanziarie Campione completo (N=18) Sottocampione (N=9) Numero dei dati ricercati dal modello per ciascuna azienda 141 116 Percentuale dei dati effettivamente rilevati sul totale dei dati ricercati 30,54 35,62 Numero medio di rilevazioni per singola azienda 43,06 50,22 775 452 Numero totale dei dati effettivamente rilevati Per quel che riguarda le peculiarità di ogni singola impresa all’interno dei rispettivi settori, bisogna sottolineare alcune differenza collegate alle dimensioni operative. In particolare, sia nel settore Bancario che in quello ManifatturieroAlimentare, si è osservata una predisposizione delle realtà di minori dimensioni, considerando per la distinzione indicatori classici quali il numero dei dipendenti, il fatturato o il totale degli impieghi, verso una maggiore attenzione nella comunicazione destinata agli stakeholder diversi dagli investitori. Ad esempio, tutte le piccole banche popolari o locali si sono dotate di interessanti bilanci sociali, ma presentano un ridotto numero di dati nella categoria Informazioni per gli Investitori. Un analogo discorso può essere sviluppato analizzando il settore delle Public Utilities, le aziende che hanno già subito importanti processi di privatizzazione presentano numerosi dati finanziari per gli investitori mentre nelle realtà ancora sotto controllo pubblico prevalgono le analisi di impatto ambientale e sociale. All’interno del campione è sensibile la differenza tra le informazioni rilasciate dalle imprese quotate in borsa e da quelle che invece non lo sono; anche in questo caso prevale, per le prime, l’analisi della profittabilità riferita agli interessi degli investitori mentre, per le seconde, sono più sviluppati i tentativi di utilizzare l’external reporting nel tentativo di raggiungere le altre categorie di stakeholder. Nel complesso, tutte le realtà investigate tendono a dare maggiore enfasi alle informazioni, prettamente qualitative più che quantitative, riguardanti i recenti sviluppi delle dinamiche concorrenziali che le vedono protagoniste. L’analisi della propria core activity è invece solo raramente scomposta ed analiticamente riproposta in forme adatte ad evidenziare a tutte le categorie di attori, interni ed esterni, la presenza di meccanismi operativi in grado di garantire la profittabilità di lungo periodo. Sono invece selezionate e diffuse tutta una serie di altre informazioni sulle attività principali, di secondaria importanza e differenti per i diversi settori ed imprese, quali: il fatturato, le caratteristiche della rete di vendita, la gestione dei reclami e le attività culturali, solo per citarne alcune. Tali dati sono probabilmente rilasciati allo scopo di favorire una migliore gestione delle interdipendenze e per affermare l’immagine aziendale sul mercato, ma rappresentano elementi 27 informativi estremamente meno sofisticati e meno costosi rispetto a quanto ipotizzato dai contributi citati. 5. Conclusioni L’analisi dell’attività di disclosure dei dati su nuove e diverse classificazioni della performance aziendale è al centro di importanti ed approfondite discussioni. Se da un lato si tende a riconoscere alla comunicazione di tali informazioni una valenza strategica, qualora si voglia centrare l’attività operativa sulla creazione di valore aggiunto per tutte le categorie di stakeholder, dall’altro sono scarse le conferme empiriche su un effettivo collegamento tra questo tipo di external reporting ed una maggiore redditività futura. Questo paper ha cercato di osservare come un campione di imprese, nel passato interessate all’investor relationship, stia modificando i propri modelli informativi sfruttando le nuove risorse tecnologiche ed, in particolare modo, i propri siti web. La diffusione di dati finanziari e operativi, relativi alla profittabilità di breve e lungo periodo, è però saltuaria e si presenta solo in particolari momenti della vita aziendale, specificatamente in occasione di importanti ristrutturazioni, acquisizioni finanziarie e per il sostegno della quotazione azionaria. I modelli di pubbliche relazioni rilevati sono, inoltre, solo in minima parte collegati ad analisi di derivazione contabile sui risultati ottenuti dall’impresa. Non si è quindi riscontrato un completo ed analitico utilizzo dell’external reporting finalizzato, come proposto in letteratura, ad estrarre un vantaggio competitivo dalla gestione trasparente delle relazioni con i propri stakeholder. In questo contributo si è ipotizzato che le aziende che si pongano tale traguardo debbano provvedere a monitorare e diffondere una serie di indicatori, operativi e finanziari, riferiti a diverse e nuove definizioni di performance. L’analisi di tali misure dovrebbe infatti favorire un’organizzazione razionale e profittevole dei cicli operativi ed ottimizzare la gestione delle interdipendenze strategiche. Le imprese osservate non sembrano però interessate a divulgare approfondite e dettagliate indagini sulla propria capacità nel soddisfare le esigenze e nel perseguire gli specifici interessi di tutte le categorie di attori con cui sono in contatto. Si è tuttavia semplicemente accennato ad una serie di importanti problemi, connessi a questo nuovo utilizzo del sistema contabile ed informativo, il cui esame probabilmente permetterebbe di comprendere meglio i risultati ottenuti. Non si è considerato, ad esempio, come incidano sulla redditività i costi delle rilevazioni e, soprattutto, gli eventuali costi opportunità connessi alla diffusione di indicatori operativi che possono costituire descrizione del vantaggio competitivo aziendale. L’analisi svolta evidenzia una diffusione mirata dei dati extra-bilancio, focalizzata unicamente sulle informazioni collegate al perseguimento di precisi e circoscritti obiettivi. 28 Il rilascio di tali dati sembra configurarsi, quindi, come un’attività costosa, sia in termini di elaborazione dei dati, sia in termini di diffusione di parte dei segreti aziendali, ma al centro delle attenzioni del management. Se i grandi gruppi si concentrano, per il momento, sull’approfondimento dei propri rapporti con gli investitori, le piccole e medie società sono primariamente interessate a rilasciare dati, seppure in forma ridotta e ponderata, destinati ad aumentare il grado di fiducia e legittimazione operativa con le altre categorie di stakeholder. Nel contempo, bisogna considerare anche il problema connesso alla necessità di garantire l’accuratezza e la veridicità di tutte le informazioni utilizzate per comunicare alle diverse categorie di attori differenti rappresentazioni dei risultati aziendali. Tutte le imprese osservate si preoccupano di certificare la maggior parte dei dati presenti sul proprio sito web, anche qualora si tratti di dati esterni alla contabilità di bilancio. Il ricorso a precisi schemi informativi, quali il bilancio sociale ed ambientale, è sviluppato in modelli tendenzialmente standard ed è sovente soggetto ad external audit. Non si può escludere, inoltre, che la volontà di certificare le informazioni rilasciate riduca ulteriormente la possibiltà di elaborare report informativi approfonditi e personalizzati sugli interessi delle varie categorie di stakeholder. Gli sviluppi di questi interessanti filoni d’analisi dovrebbero, a giudizio di chi scrive, soffermarsi sul trade-off tra i costi dell’attività di elaborazione e diffusione di tali indicatori e l’effettiva possibilità d’incrementare la redditività. In particolare, appare interessante soffermarsi sull’esame di come nuove rielaborazioni dei dati finanziari e dispendiose rilevazioni di indicatori operativi, spesso di difficile misurazione riferendosi, ad esempio, alla soddisfazione dei propri stakeholder o alla valutazione di assets intangibili quali la reputazione, possano influenzare in modo positivo la performance. Queste problematiche sono, probabilmente, la migliore chiave di lettura per interpretare i risultati della ricerca condotta in questo paper. Le potenzialità connesse ad un nuovo, diverso uso del sistema di comunicazione sembrano infatti essere percepite dal management, ma scarsamente implementate. Si è rilevato il tentativo, da parte delle imprese investigate, d’utilizzare il sito web come un canale pubblico per lo scambio d’informazioni, basato anche sull’indagine e la diffusione di innovative classificazioni dei propri risultati, tuttavia la divulgazione delle performance è effettuata in schemi contabili elementari e sembra avere carattere occasionale. Le aziende osservate tendono a non effettuare un’ampia ed articolata attività di disclosure di misure di derivazione contabile, rinunciando, secondo parte della letteratura citata, ad uno strumento utile per affermare la propria identità sul mercato e per garantirsi la realizzazione di migliori performance nel medio-lungo periodo. Concludendo, la comunicazione aziendale viene utilizzata con la finalità di gestire in modo mirato e personalizzato talune interdipendenze strategiche, ma mediante forme rappresentative ridotte e solo all’interno di schemi pesantemente 29 influenzati dal ciclo di vita del settore in cui opera l’azienda e del ciclo di vita dell’impresa stessa. 6. Bibliografia BAYOU M.E., RESTEIN A., “Measuring long-term Performance for Advanced manufacturing Technology: An International Perspective”, Managerial Finance, n. 9, vol.21, 1995. BOYCE G., “Public discourse and decision making: Exploring possibilities for financial, social and environmental accounting”, Accounting, Auditing & Accountability Journal, n. 1, vol. 13, 2000. CALANTONE R.J., SCHATZEL K.E., “Strategic Foretelling: CommunicationBased Antecedents of a Firm’s propensity to Preannounce”, Journal of Marketing, vol. 64, January 2000. ELKINGTON J., Cannibals with Forks, London, SustainAbility, 1997. 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From number 98.01, working papers are downloadable from the Internet website of the Department at the following location: http://www.eco-dip.unimi.it/index1.htm Papers già pubblicati/Papers already published 94.01 - D. CHECCHI, La moderazione salariale negli anni 80 in Italia. Alcune ipotesi interpretative basate sul comportamento dei sindacati 94.02 - G. BARBA NAVARETTI, What Determines Intra-Industry Gaps in Technology? A Simple Theoretical Framework for the Analysis of Technological Capabilities in Developing Countries 94.03 - G. MARZI, Production, Prices and Wage-Profit Curves:An Evaluation of the Empirical Results 94.04 - D. CHECCHI, Capital Controls and Conflict of Interests 94.05 - I. VALSECCHI, Job Modelling and Incentive Design: a Preliminary Study 94.06 - M. FLORIO, Cost Benefit Analysis: a Research Agenda 94.07 - A. D’ISANTO, La scissione di società e le altre operazioni straordinarie: natura, presupposti economici e problematiche realizzative 94.08 - G. 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