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Incertezza e organizzazione. Scienze cognitive e crisi della retorica manageriale, di Ugo Morelli
Raffaello Cortina Editore, Milano, 2009, Euro 21,00, pp. 211.
A cura di Gianluca Cepollaro
Il titolo dell’ultimo libro di Ugo Morelli potrebbe forse trarre in inganno. “Incertezza e
organizzazione. Scienze cognitive e crisi della retorica manageriale” (Raffaello Cortina Editore,
Milano, 2009), infatti, potrebbe richiamare ad una di quelle mode editoriali che da qualche tempo
affollano gli scaffali delle librerie proponendo l’ennesimo ricettario per orientarsi rispetto alla crisi
dei paradigmi tradizionali attraverso i quali abbiamo interpretato il lavoro e le organizzazioni. Mi
riferisco a molti testi che si propongono di approfondire le prassi manageriali nel tentativo,
scomposto e maldestro, di configurare le imprese come se fossero una specie di grande scatola che
il manager deve cercare di riempire orientandole al raggiungimento di obiettivi per lo più
immediati. Mi riferisco anche a quelle analisi che riconosciuta l’innegabile esistenza
dell’incompletezza e dell’incertezza nella vita organizzativa le tratta come una sorta di nebbia,
passeggera e provvisoria: certo, l’orizzonte di visibilità è ridotto ma prestate le giuste precauzioni
niente impedisce sostanzialmente la navigazione tradizionale. Nulla di tutto questo e, soprattutto,
nessun occhiolino all’idea di crisi tanto in voga. Morelli è sempre stato, per fortuna, lontano da
queste prospettive. Anzi, capovolgendo quello che potremmo definire un assioma delle retoriche
manageriali che vede nell’incertezza una caratteristica episodica ed eccezionale, l’autore parte dal
considerare l’incertezza come costitutiva ed ineliminabile della vita organizzativa per mettere poi
fortemente in discussione una visione prescrittiva e deterministica, purtroppo oggi ancora
predominante, di pensare il lavoro organizzato.
Il management appare prigioniero di una ideologia positivista che, accanto all’assenza di qualsiasi
riflessione epistemologica, genera l’inerzia nell’applicazione di modelli e metodi precostituiti.
L’affermazione di valori individualistici si connette con un’idea utilitaristica di gestione delle
relazioni che ha il suo fine nel raggiungimento di “scopi pratici, immediati e diretti”. Nel migliore
dei casi si assiste all’interesse verso il miglioramento dei processi produttivi slegati dal più generale
sviluppo individuale e collettivo. Ciò è particolarmente evidente guardando a come il lavoro
attraversato da processi di flessibilizzazione è spesso ridotto “ad esperienza singolare centrata sulle
pratiche e con legami sociali precari senza condivisione di responsabilità”.
Sviluppando il pensiero di Luigi Pagliarani sull’intendere “il lavoro come connessione tra mondo
interno e mondo esterno attraverso il principio di realtà”, Morelli analizza le organizzazioni come
proprietà emergenti dalle relazioni, dall’incontro tra “i paesaggi esterni agli individui (landscapes)
con i paesaggi interni (mindscapes)”. È da questa impostazione, radicalmente relazionale, che è
possibile una severa critica alle fallimentari retoriche del management, mortificanti per “chi le
pratica e chi le subisce” che rimuovono l’idea del lavoro come esperienza fondamentale della vita
delle persone e delle comunità. Retoriche che si sforzano di dichiarare la conoscenza e le
competenze come le variabili più rilevanti per la produzione di valore e che si accompagnano,
invece, a prassi di gestione che cercano di rendere il lavoro fungibile e funzionale in luoghi ritenuti
avulsi e distanti dai contesti della vita sociale.
Il tema delle retoriche è connesso con quello degli stili manageriali. Se ad uno sguardo più
superficiale le retoriche richiamano alla mente che “ci si veste da manager, si parla da manager, si
consuma da manager e si sorride da manager”, andando più a fondo si ravvisa in quelle stesse
retoriche un avvilente modo di intendere il lavoro e l’impresa. Seguendo le tracce della ricerca di
Francesco Novara, uno dei più attenti osservatori delle trasformazioni del lavoro e dell’impresa,
Morelli denuncia fermamente la deriva del senso e del significato del lavoro, le conseguenze della
caduta del sentimento di appartenenza, i rischi del venir meno delle condizioni che rendono
possibile legame e riconoscimento.
La responsabilità del management, intesa letteralmente come l’abilità di dare una risposta,
presuppone una capacità di ascolto di domande che nascono dall’incertezza e il coraggio di operare
nei vincoli del contesto e nei limiti delle proprie risorse. La consapevolezza che le scelte saranno
contingenti non sottrae il management al compito di sostenere l’emancipazione dei soggetti, di
ricercare, entro anche i vincoli tracciati dall’economicità delle scelte, di rendere le organizzazioni a
servizio delle persone, della società, della democrazia.
L’elaborazione dell’incertezza è ambigua nel senso che può generare nello stesso tempo regressioni
ma anche slanci verso progettualità inedite ed innovative. La retorica manageriale, spinta da una
pressante angoscia di certezza, ha invece ostacolato lo sviluppo di un’educazione alle relazioni nella
vita organizzativa intesa come capacità di coniugare il progetto individuale ed organizzativo con
quello sociale e civile. Eppure i fallimenti della retorica e dei suoi tecnicismi sono evidenti come ad
esempio nelle politiche ormai obsolete della “qualità totale”, nella carenza di leadership, nelle
perversioni della gestione delle relazioni di potere.
Il testo, come altre numerose pubblicazioni dell’autore, si caratterizza per il superamento degli
angusti confini disciplinari ricollocandoli in un saldo ed aperto approccio teorico capace di rendere
conto della complessità dell’esperienza del lavoro e del fenomeno organizzativo. Raccogliendo i più
autorevoli contributi delle scienze della vita, delle neuroscienze, della psicologia, dell’antropologia,
dell’estetica e degli studi organizzativi, Morelli propone una lettura originale frutto di un lungo e
faticoso percorso di ricerca che continua a caratterizzarsi innanzitutto per la critica a qualsiasi
approccio economicista al lavoro, alla formazione e all’apprendimento.
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