Lo scambio di musica in rete

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DELLA TUSCIA
Facoltà di economia
Corso di organizzazione di sistemi informativi aziendali
Prof. Tommaso Federici
Anno accademico 2002/2003
LO SCAMBIO DI
MUSICA IN RETE
A cura di:
Roberto Berna
Paola Confaloni
Lo scambio di musica in rete.
Introduzione
pag. 3
CAPITOLO I
I PROGRAMMI PEER TO PEER
1.1 Programmi peer to peer: cosa sono e come funzionano
pag. 6
1.2 MP3
pag. 7
1.3 I modelli di rete
pag. 9
1.4 I più diffusi programmi di file sharing
pag. 13
1.5 Peer to peer e diritto d’autore
pag. 15
CAPITOLO II
REAZIONE AL FENOMENO DA PARTE DEI DETENTORI DEL
DIRITTO D’AUTORE
2.1 Soluzione normativa
pag. 18
2.2 Soluzione tecnica
pag. 20
2.2.1 Cd anticopia
pag. 20
2.2.2 Tecnologia Liquid Audio
pag. 23
2.2.3 Il meccanismo GRID: le major imbollinano la musica
pag. 25
2.3 Soluzione commerciale
pag. 26
2.3.1 Vitaminic
pag. 26
2.3.2 Pay per song
pag. 28
2.3.3 Musica self service a pagamento
pag. 29
2.3.4 Sony e Universal: musica on line a basso costo
pag. 29
2.3.5 “Bollini SIAE”
pag. 30
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CAPITOLO III
CONSIDERAZIONI CIRCA IL MERCATO DELLA MUSICA
TRADIZIONALE E IN RETE
3.1 Prezzo dei cd e andamento del mercato discografico mondiale
pag. 32
3.2 Gli ultimi sviluppi del fenomeno
pag. 39
3.3 Peer to peer: non solo musica
pag. 43
3.4 Conclusioni
pag. 45
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INTRODUZIONE
Internet è diventata una vera miniera per chi è a caccia di software,
ma anche di film e musica.
Scaricare file (audio e video) o programmi di qualunque genere, pur
senza licenza, è ormai una prassi quotidiana assai diffusa e in
continuo sviluppo.
La disponibilità di connessioni a banda larga, ADSL o meglio in
fibra ottica, l’evoluzione del famoso MP3 e l’avvento dei cosiddetti
“programmi peer to peer” (o file sharing) hanno supportato, più o
meno consapevolmente, un esercito di persone intente a reperire sul
Web un’infinità di materiale, gratuitamente.
In rete si trova assolutamente di tutto. Gli archivi di file condivisi
sono ricchissimi e soprattutto vengono aggiornati a dir poco
tempestivamente, grazie alla complicità degli “addetti ai lavori” ( i
cosiddetti infiltrati o, in inglese, insider ), i quali fanno in modo che
i brani musicali o addirittura interi album vengano resi disponibili
in Internet, in formato MP3, ancor prima della loro uscita ufficiale
nei negozi.
Risulta impossibile scoprire come il materiale possa essere carpito
dalle case discografiche, detentrici dei diritti d’autore, resta il fatto
che gli utenti hanno la possibilità di avere gratuitamente un numero
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praticamente illimitato di contenuti multimediali direttamente sul
proprio computer.
Da come si può capire, si oltrepassano, sovente, i limiti della
legalità, infrangendo, in particolare, la legge sul copyright e ciò,
come tutti sappiamo, comporta un reato a carattere penale ( anche
se, almeno fino ad oggi, pare che la giurisprudenza abbia quasi
sempre operato una distinzione tra coloro che violano il diritto
d’autore per scopi di lucro e coloro che invece infrangono la
suddetta legge solo per il piacere di ascoltare l’ultimo album del
gruppo preferito ).
Quindi, sarà difficile riuscire a capire come e se limitare la
circolazione di materiale coperto da copyright in rete, dal momento
che il semplice utilizzo di programmi peer to peer non basta a far
parlare di pirateria. Non a caso, varie band sfruttano questa
piattaforma per presentare la propria musica ad un pubblico più
vasto.
Di conseguenza, nonostante le pene previste dallo Stato e
nonostante la reazione delle più note case discografiche, nessuno
sembra voler rinunciare a questa “moda”, tant’è vero che si prevede
l’importanza dell’utilizzo dei client peer to peer per lo scambio di
file in rete, per la prossima generazione di applicazioni. Questa
tecnologia, infatti, secondo alcuni analisti del settore, è indicata
come una di quelle destinate ad avere maggiore successo nel corso
dei prossimi anni.
Già oggi, proprio la Microsoft utilizza lo stesso principio per il suo
Messenger che, oltre a costituire un client di messaggistica in tempo
reale, è anche un valido strumento di scambio di file di grandi
dimensioni attraverso Internet.
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Pertanto, data l’impossibilità di arrestare il sistema ormai
rapidamente
diffusosi,
le
stesse
case
discografiche
e
cinematografiche, nonché tutti i principali produttori di software
dovranno prepararsi ad un futuro prossimo in cui video e audio on
demand la faranno da padroni.
La nostra ricerca si propone l’obiettivo di analizzare le modalità di
funzionamento e di diffusione dello scambio di musica in rete.
Il lavoro è stato diviso in tre capitoli: nel primo, descriveremo i
programmi peer to peer, la loro struttura e la loro diffusione, nonché
il loro impatto sul Web e le relative conseguenze a livello giuridico.
Nel secondo capitolo, esamineremo più da vicino la reazione al
fenomeno da parte dei detentori del diritto d’autore. Vedremo
come, in un primo momento, essi si siano schierati contro il file
sharing,
spingendo
regolamentazione
soddisfacenti,
le
della
abbiano
Autorità
materia
competenti
e,
non
“escogitato”
verso
ottenendo
soluzioni
una
risultati
tecniche,
per
contrastare la pirateria musicale. Considerando l’inarrestabilità del
fenomeno, le case discografiche, in un secondo momento, sono
state costrette a cambiare atteggiamento: da una prima fase di
rigetto e lotte giudiziarie, sono passate ad una fase di accettazione
del downloading di file musicali in Rete. Esse si sono rese conto
che la richiesta in Internet di musica è elevatissima e,
predisponendo un servizio a pagamento in Rete, alternativo alla
vendita tradizionale di cd, potrebbe derivarne un notevole guadagno
in termini economici.
Nel
terzo
discografico
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capitolo,
illustreremo
mondiale
l’andamento
tradizionale
e
faremo
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del
le
mercato
nostre
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considerazioni, a giudicare dagli ultimi sviluppi della situazione,
circa il cambiamento del modo di distribuzione della musica.
CAPITOLO I
I PROGRAMMI PEER TO PEER
1.1 Programmi peer to peer: come funzionano?
Gli ultimi anni hanno visto l’esplosione del fenomeno peer to peer
(o file sharing), che letteralmente significa “da pari a pari”. In una
rete simile, infatti, si condividono risorse e servizi scambiandoli
direttamente tra i computers, senza passare per un server centrale.
Ogni computer diventa nodo, ospita dati che vengono poi condivisi
con gli altri elaboratori.
A
differenza
dell’approccio
client/server,
chi
richiede
la
connessione non si trova ad un livello gerarchico inferiore; infatti,
tutti i partecipanti sono alla pari.
Perché un’applicazione si possa definire peer to peer deve
presentare le seguenti caratteristiche:
• Tutte le entità presenti sulla Rete devono essere “alla pari”:
devono appartenere, cioè, allo stesso livello gerarchico;
• Le entità devono poter interrogare i pari sulle proprie risorse;
• Le entità devono poter condividere le risorse con gli altri
pari.
In una rete peer to peer, tutti possono essere contemporaneamente
client e server.
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Quindi, data la mancanza di un cervellone centrale, diventa quasi
impossibile seguire i dati, controllarli e capire se sono protetti da
diritti d’autore o no.
Sul Web, di programmi di file sharing ne esistono a decine e
permettono la condivisione di file di ogni tipo (immagini, video,
audio, testo e programmi). Alcuni esempi sono: Kazaa, Gnutella, EDonkey, Morpheus…etc.
Nel momento in cui si installa uno di questi programmi, viene
chiesta all’utente una cartella da condividere, dalla quale gli altri
utenti (che utilizzano lo stesso programma) avranno la possibilità di
scaricare i file ricercati, solo nel momento in cui l’utente è connesso
alla rete.
Infatti, ogni volta che il programma verrà lanciato, l’utente si
collegherà ad un server avente il solo compito di tenere un elenco
dei file che quest’ultimo deciderà di condividere e, qualora un altro
utente cercasse proprio quei file, il server lo indirizzerà verso il
computer dell’altro utente e viceversa.
Il successo di ricerca su questi programmi dipende, dunque, dal
numero di utenti presenti in rete e dal momento in cui la richiesta di
un determinato file viene effettuata.
Quindi, se gli utenti sono pochi, la ricerca avrà difficilmente
successo.
Per evitare questo problema, alcuni programmi ne interrogano
contemporaneamente altri. Gnutella è uno di questi.
La semplicità d’utilizzo dei programmi di file sharing, è legata alla
disponibilità di connessioni veloci e, soprattutto, alla diffusione dei
metodi di compressione dei file, quali l’MP3, che supportano lo
scambio di informazioni in rete, in modo comodo e tempestivo.
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1.2 MP3
MP3 significa MPEG1-Layer 3.
In particolare, MPEG (Motion Picture Experts Group) è l’algoritmo
alla base dell’MP3, nato nel 1988 in seguito all’esigenza di
sviluppare uno standard mondiale per la digitalizzazione video e la
compressione audio, che consentisse l’opportunità di trasmettere la
musica in rete.
Lo standard MPEG riduce un segnale audio/video dodici volte
rispetto alla grandezza originale. I Layers sono, appunto, i differenti
livelli di compressione legati all’algoritmo MPEG.
Per ascoltare un brano MP3, occorre utilizzare un lettore portatile
specializzato, oppure un qualunque personal computer, purché
dotato di scheda audio e del software adatto, vale a dire un Player
(ad esempio, Microsoft Media Player).
Se, oltre ad ascoltare il brano MP3, si desiderasse anche crearne
uno, basterebbe dotarsi di un Encoder, ovvero un programma in
grado di convertire, ad esempio, un file WAV in MP3 e di un
Ripper (altro programma) capace di estrarre la traccia audio dai CD
(ad esempio, RealPlayer, Music Match etc.).
Sempre
ricorrendo
a
tali
programmi,
disponendo
di
un
masterizzatore, si può compiere anche l’operazione inversa, cioè
trasformare un brano MP3 in un file WAV, da riversare su un CD
audio (ascoltabile su un qualunque impianto stereo). La natura
digitale dei brani MP3 preserverà la qualità iniziale del brano,
indipendentemente dal numero di passaggi e di trasformazioni
operate.
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L’elevata compressione dei file MP3 è dovuta principalmente
all’eliminazione dei suoni con frequenze che l’orecchio umano non
percepisce; il suo scopo è quello di comprimere un file audio il più
possibile, mantenendo quasi inalterata la qualità. Tale tipo di
compressione
ha
determinato
il
successo
dello
standard,
consentendo la fruizione dei brani musicali in alta fedeltà anche via
Internet. Un modem recente è, infatti, in grado di prelevare un
brano MP3 della durata di 4-5 minuti in poco più di 15 minuti.
Sono state sviluppate anche delle tecnologie streaming che
consentono agli utenti, dotati di connessione ad Internet
sufficientemente veloce, di ascoltare i brani MP3 senza attese.
Come prevedibile, Internet è stata subito invasa da file in questo
formato. Si possono trovare, in rete, sia brani musicali di gruppi
emergenti, che considerano questo canale di distribuzione molto più
accessibile ed economico di quelli tradizionali, sia brani di musica
classica, liberi da copyright, sia brani commerciali, distribuiti più o
meno clandestinamente.
Tutto ciò è visto con grande preoccupazione dal mercato
discografico.
L’algoritmo MPEG si è evoluto nel tempo. Attualmente, possiamo
citarne diverse generazioni: MPEG1,2,3 e, ancora in fase di studio,
l’MPEG4.
1.3 I modelli di rete
Esistono tre tipi di modelli di programmi peer to peer:
• Modello centralizzato;
• Modello decentralizzato;
• Modello decentralizzato-centralizzato.
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Rete centralizzata (Napster)
Il primo modello (Napster) è costituito da un server centrale che
regola il traffico tra tutti gli utenti. Il server centrale mantiene, oltre
i dati degli utenti registrati, anche l’elenco dei files che gli stessi
hanno dichiarato di condividere. Ogni qualvolta l’utente si connette
o disconnette dal Network, i dati vengono aggiornati sul server di
quest’ultimo.
Quando un utente effettua una ricerca, il server provvede a creare
un elenco dei files che corrispondono alla richiesta, sulla base di
quelli che sono stati dichiarati in condivisione da tutti gli utenti
registrati. L’elenco viene sottoposto all’utente, il quale decide quale
file scaricare. Viene quindi aperto un link diretto tra l’utente e il
possessore del file e il download inizia, senza l’intervento del
server.
I vantaggi di questo modello sono:
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o Minore banda necessaria per la ricerca: le ricerche vengono
effettuate presso il server centrale;
o Maggior banda possibile per il download: una volta scelto il
file da scaricare, tutta la banda viene riservata allo
scaricamento del file;
o Le ricerche sono sempre ampie e complete: il server centrale
mantiene un elenco aggiornato di tutti i files condivisi;
o Un vantaggio/svantaggio è che tutti gli utenti debbono essere
registrati: vantaggio, perché così le ricerche sono le più
complete possibile; svantaggio perché il sistema risulta
vulnerabile a problematiche di natura legale;
o Il sistema è vulnerabile anche dal punto di vista tecnico, in
quanto la caduta del server centrale implica automaticamente
la non disponibilità del servizio.
Rete decentralizzata (Gnutella)
I vantaggi del modello decentralizzato sono:
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o Non è necessario alcun server centrale e in caso di caduta di
un servent1 la rete non cade, semplicemente lo si salta nella
connessione;
o I messaggi sono trasmessi in modo decentralizzato ed anche
se uno o più utenti si disconnettono, attraverso altri server,
giunge lo stesso a destinazione.
Rete decentralizzata-centralizzata
Con ultrapeer o superpeer
La rete decentralizzata-centralizzata prevede la presenza di
superpeer (FastTrack e WinMX) o ultrapeer (Gnutella e LimeWire).
In sostanza, all’interno della rete ci sono dei servent che, per la loro
potenza, acquisiscono la qualifica di server decentralizzato; a questi
servent fanno capo molti peer che gli inviano i loro messaggi e che
da questo sono propagati nella rete. Nella rete FastTrack e WinMX
ci sono dei superpeer “fissi” che contengono il database degli utenti
registrati (vulnerabilità del Network) che svolgono l’azione di cui
sopra, ma anche dei superpeer creati, con apposite regole,
all’interno della rete degli utenti. Tutti insieme contribuiscono a
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Servent è un termine che indica che il software permette al programma di essere
contemporaneamente server e client.
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potenziare e ad alleggerire l’azione di ricerca, specialmente per
quanto riguarda i servent con connessione più lenta (modem). E’
per questo che molti utenti prediligono questa forma di modello,
poiché l’intervento del processo di ricerca è notevolmente facilitato
e la gran parte della banda può essere destinata al download, in
quanto il colloquio col Network è limitato di molto dall’attività del
superpeer. A questi vantaggi si aggiunge il fatto che la rete è
composta da molti utenti e quindi le ricerche possono vantare un
più vasto share. Sono questi i motivi per cui client come Morpheus,
Kazaa,Grokster e WinMX sono assai popolari fra tanti utenti.
Nella rete Gnutella, invece, non ci sono superpeer ma solo degli
ultrapeer che svolgono comunque quell’azione di convogliamento e
propagazione dei messaggi. Questa sembra la giusta strada per la
rete Gnutella: seppure è possibile il propagarsi all’infinito dei
messaggi, è anche vero che l’algoritmo che ne è alla base conduce
inevitabilmente ad un’eccedenza di dati e gli ultrapeer sembrano la
giusta soluzione.
1.4 I più diffusi programmi di file sharing
Attualmente i programmi di file sharing più noti sono:
Kazaa: il punto di forza di Kazaa è senza dubbio la vastissima base
di utenti dovuta alla semplicità di utilizzo di questo programma
nonché alla velocità del download. La rete kazaa non ha un server
di ricerca centrale, sostituito dai calcolatori di tutti i partecipanti che
dispongono di un accesso a Internet. Per conoscere gli indirizzi dei
server di ricerca, però, Kazaa deve interrogare ogni volta la centrale
nella sua rete. Se per motivi giuridici questo server venisse
oscurato, anche tutto il sistema di file sharing crollerebbe. Fino a
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che ciò non accadrà Kazaa continuerà ad essere molto utile per chi
ricerca programmi, libri, file audio e video.
Nonostante tutti questi pregi, però, la versione originale del
programma è stata criticata perché, durante l’installazione,
approdano sul disco rigido vari file spyware. Un utente
particolarmente ingegnoso è riuscito a modificare il software
eliminando tutti gli spyware e le finestre pubblicitarie. Il freeware
così ottenuto si chiama Kazaa Lite.
WinMX: questo programma è utilizzato da chi cerca soprattutto
brani musicali e film e nonostante non sia semplice da utilizzare
come Kazaa offre una quantità infinita di file e, per di più opzioni
con cui perfezionare la ricerca. Per ogni voce che compare
nell’elenco dei risultati, l’utente ha la possibilità di vedere quanta
larghezza di banda è al momento occupata sul PC dell’interlocutore.
WinMX
permette
di
avviare
più
processi
di
ricerca
contemporaneamente e con diversi termini di ricerca. Il
meccanismo di funzionamento si basa sull’accesso ad una rete di
server decentrati, messi a disposizione da volontari. Chiunque,
infatti, può configurare il software in modo che funga anche da
server di ricerca. Quest’ultima procede abbastanza velocemente.
Come Kazaa, all’avvio anche WinMX deve chiedere alla “centrale”
quali sono gli indirizzi del server al momento attivi.
Anche questo programma, infine, mostra vari banner pubblicitari,
ma, almeno a detta del produttore, non ha spyware.
E-Donkey 2000: Questo è un programma che ha riscosso un vero e
proprio successo in Germania e nel resto d’Europa. Si basa su una
serie di server decentrati e offre un’ampia scelta soprattutto per
quanto riguarda film, file musicali e software. È disponibile
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gratuitamente via Internet sia in versione per Windows, sia per
Linux e piace soprattutto perché, una volta ultimate alcune
impostazioni preliminari si rivela piuttosto semplice da utilizzare.
Dal momento che il programma si basa su server decentrati prima
di poterlo utilizzare è necessario aggiornare l’elenco dei server
contenuti nel programma con la lista disponibile in rete, e questo si
rivela un vero e proprio tallone d’Achille per un servizio come
quello di E-Donkey.
Così come Kazaa, anche E-Donkey al momento dell’installazione
rischia di presentare spyware. Inoltre il programma non consente di
controllare la qualità dei file prima di aver controllato il download.
Anche con questo programma infatti si corre spesso il rischio di
scaricare file inutilizzabili o mancanti di qualche parte. Per
fortuna,questo problema viene spesso risolto da siti specializzati
che forniscono un elenco di file controllati e la descrizione del
relativo contenuto.
Morpheus: questo è un programma che ha conosciuto una larga
diffusione in passato (fino a quando utilizzava la rete di Kazaa). La
sua importanza è diminuita da quando si appoggia alla rete di
Gnutella. Data la mancanza di un server centrale, le richieste inviate
in rete passano per ogni PC connesso a Gnutella. I sistemi che
dispongono del file richiesto inviano una risposta. Si tratta di una
soluzione che rende praticamente inattaccabile, ma che finisce con
il rallentare il tempo di attesa necessario per ottenere una risposta
alle proprie query. Dal momento che esistono varie alternative più
efficienti, tra cui E-Donkey 2000, Kazaa, e WinMX, sono
relativamente pochi gli utenti che utilizzano la rete Gnutella. Per
questo è probabile che Morpheus resti in ombra almeno fino al
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momento in cui i sistemi più veloci verranno chiusi per motivi
giuridici.
1.5 Peer to peer e diritto d’autore
Il settore dell’Hi-Tech vive di rivoluzioni apportate con ricorrenza
da nuove applicazioni e tecnologie, come il computer, Internet, il
cellulare e così via. I programmi peer to peer sono una di queste
tecnologie. Fin dalla loro comparsa sul Web, infatti, hanno
conosciuto uno sviluppo vertiginoso e sono andati incontro ad una
evoluzione continua. Al tempo stesso, sono stati capaci di trascinare
altre applicazioni: l’uso di masterizzatori e cdr, per esempio, è
cresciuto in maniera esponenziale.
Sin dal principio, i programmi peer to peer sono sembrati capaci di
rivoluzionare il modo in cui le informazioni circolano in Rete.
Anziché essere diffuse attraverso un server centrale a cui tutti
possono accedere, le informazioni vengono condivise soltanto dagli
utenti di una rete.Un sistema così pensato è ancora più decentrato,
anarchico, cooperativo e democratico di quanto non lo sia il Web
stesso. Del resto, Internet nasce proprio dal bisogno che le
università americane avevano di scambiarsi informazioni. Far parte
di quella Rete significava avere la possibilità di accedere a qualsiasi
tipo di dati, ma anche metterne a disposizione degli altri.
I problemi nascono quando il materiale diffuso in Rete è coperto da
copyright. In questo caso, infatti, tutti gli utenti che fanno parte di
quel network possono usufruire di qualsiasi tipo di materiale in
barba ad autori, editori e produttori. I peer to peer sono programmi
che fanno proprio questo: creano reti paritetiche all’interno delle
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quali circola qualsiasi tipo di informazione, spesso coperta da diritto
d’autore.
Ecco perché il diffondersi di Napster e dei suoi eredi solleva tanti
problemi non solo di ordine giuridico e legislativo, ma anche di tipo
etico e politico. La nobile aspirazione ad una maggiore diffusione
delle idee e della cultura si scontra con la più profana tutela del
copyright.
Il diritto d’autore è quel diritto che garantisce all’autore di un’opera
intellettuale (letteraria, artistica, tecnologica) una duplice tutela:
• Quella di essere riconosciuto come il creatore dell’opera e di
tutelarlo da imitazioni o rielaborazioni della stessa;
• Quella
di
garantirgli
uno
sfruttamento
commerciale
dell’opera.
Il riconoscimento e la tutela di una proprietà intellettuale è stato
parte integrante del nostro sviluppo scientifico ed economico. Senza
la possibilità di vivere del proprio lavoro, pensatori ed artisti non
avrebbero dato alla luce molte delle opere che ogni giorno
apprezziamo, né esisterebbero gran parte delle tecnologie che
utilizziamo, se le industrie non le potessero sfruttare per fini
commerciali.
Per contro, una volta che un’idea o una sua applicazione viene
brevettata, la sua diffusione e il suo utilizzo ne risultano limitati.
Quindi, se da una parte il diritto d’autore facilita il progresso
culturale e sociale, dall’altra crea delle sperequazioni, poiché
esclude inevitabilmente una moltitudine di persone dai benefici del
progresso.
Si capisce ora quanto la tecnologia peer to peer sia rivoluzionaria
rispetto all’intera nostra cultura. Infatti, quello che Swaun Fanning
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ha scoperto, forse senza volerlo, è che le persone hanno un impulso
naturale e profondo a condividere ciò che hanno, capace di
abbattere le barriere che interessi privatistici hanno innalzato.
CAPITOLO II
REAZIONE AL FENOMENO DA PARTE DEI DETENTORI
DEL DIRITTO D’AUTORE
2.1 Soluzione normativa
La possibilità di scaricare musica (e altro) dalla Rete, in modo
semplice, abbastanza veloce e soprattutto gratis, ha generato un
gruppo molto vasto e in continua crescita di persone, per lo più
giovani, “specializzati” nello scambiarsi files e incuranti del fatto di
invadere un campo protetto: la proprietà intellettuale.
I dati di una ricerca effettuati dalla Forrester Research, nel 2002,
indicano che un numero sempre crescente di europei, compresi gli
italiani, ricorre ad Internet per scaricare musica attraverso i sistemi
peer to peer, i quali non consentono ai produttori di incassare le
royalties sui relativi diritti d’autore.
Il 13% di tutti gli europei scarica musica dalla Rete e il 38% di
questi scarica più di 7 brani al mese. Secondo Forrester, almeno la
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metà di coloro che fanno uso di questi strumenti di condivisione
compra meno musica di prima e, invece, masterizza il materiale
scaricato su cd, autoproducendosi dei supporti musicali. Il suddetto
ente, inoltre, associa il download di brani musicali in modo illegale
all’uso del masterizzatore, affermando che il 63% di chi scarica poi
masterizza. Solo il 2% di coloro che ricorrono alla Rete per fornirsi
di file musicali continua a comprare dischi in modo “tradizionale”.
La prima reazione finalizzata a contrastare questo fenomeno, da
parte delle case discografiche e di alcuni artisti, è stata quella di
denunciare i produttori dei software che consentivano lo
scaricamento di files in formato MP3 e, alcuni degli utenti che ne
usufruivano non furono risparmiati dalla citazione in giudizio, tutti
accusati di violazione del copyright.
Il primo ad essere messo sotto accusa è stato Shawn Fenning e il
suo Napster (capostipite dei programmi peer to peer), costretto alla
chiusura del sito, in seguito ad una dura battaglia giuridica,
promossa dalle case discografiche in comune accordo e conclusasi
il 26 Luglio 2000 con la sentenza del tribunale di San Francisco.
Al fianco delle Major si sono schierati anche alcuni artisti, come ad
esempio i Metallica, i quali, sempre nello stesso anno,
denunciavano Napster alla Corte del distretto centrale della
California, accusandolo di promuovere la pirateria e di ospitare sui
propri server materiale coperto da copyright. La band metteva sotto
accusa persino 30000 utenti in possesso di brani del gruppo.
Le case discografiche hanno vinto la causa e ottenuto la chiusura di
Napster, ma la loro si è rivelata una mera illusione: il loro intento di
bloccare il sistema di file sharing non è stato per niente raggiunto.
Al contrario, in breve tempo, si sono affacciati sulla Rete tanti altri
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programmi basati sulla logica peer to peer, più evoluti e difficili da
neutralizzare.
Dunque, il tentativo di contrastare la pirateria musicale attraverso la
legislazione esistente è stato vano, poiché quest’ultima, in qualsiasi
Paese, si è trovata del tutto impreparata di fronte ad un fenomeno
così nuovo e inaspettato.
Di conseguenza le case discografiche e gli artisti hanno fatto
pressione sulle Autorità giudiziarie, spingendole verso una
tempestiva regolamentazione della materia e, in particolare, verso
l’introduzione di decreti diretti a modificare, a favore dei loro diritti
e dei loro interessi, la normativa esistente.
Tale obiettivo, però, ha incontrato una serie di ostacoli legati alla
natura stessa del fenomeno:
• I programmi di file sharing sono diffusi in tutto il mondo:
risulta perciò difficile regolamentare una stessa materia
attraverso legislazioni diverse tra loro;
• Modificare una legge comporta, spesso, tempi molto lunghi e
ciò non si addice alla natura dinamica della materia in
questione;
• La presenza di una rete altamente decentralizzata, l’elevato
numero di utenti e il fatto che questi ultimi siano incuranti del
reato che commettono rende impossibile imputare la colpa ad
un preciso soggetto.
Pertanto, stimolare la legislazione non è servito alle case
discografiche a bloccare il sistema di scaricamento gratuito dei files
musicali che, di fatto, è continuato ad evolversi e diffondersi a
macchia d’olio, consapevole della propria inarrestabilità.
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2.2 Soluzione tecnica
2.2.1 Cd anticopia
Dal momento che la lotta giuridica non ha avuto esito positivo, le
case discografiche hanno adottato delle “difese tecniche” per
contrastare il peer to peer.
Per “difese tecniche” intendiamo una serie di soluzioni tecnologiche
aventi lo scopo di proteggere un contenuto (cioè l’opera
dell’ingegno) da tutte, o quasi, le violazioni possibili.
Nel nostro caso, ci riferiamo ai cosiddetti cd anticopia, dotati di una
filigrana digitale che ne rende impossibile la duplicazione.
Tutto ciò, se da un lato fornisce alle major la concreta certezza di
una diminuzione della pirateria musicale, dall’altro svantaggia
l’utente.
In primo luogo, c’è da dire che non è facile stabilire il confine tra il
diritto di colui che produce un’opera dell’ingegno ad averne un
giusto compenso e il diritto di tutta l’umanità all’accesso e alla
divulgazione della conoscenza.
In quest’ottica, è ragionevole ipotizzare la possibilità per il titolare
dei diritti su un’opera di cercare di limitare e controllare la
duplicazione indiscriminata e, dunque, di adottare meccanismi
anticopia. Tuttavia, questo non può avvenire a scapito dei diritti dei
consumatori.
In particolare, l’introduzione dei dispositivi anticopia impedisce di
eseguire una copia di riserva a chi avrebbe il diritto di effettuarla e
ciò si traduce in un’ingiusta limitazione dei diritti dell’utilizzatore
(anche se ci sarà sempre l’utente “professionista” nell’aggirare
qualsiasi misura di sicurezza).
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Altra nota dolente è rappresentata dall’abbassamento del livello
qualitativo dei cd dotati dei dispositivi anticopia, i quali, in
aggiunta, non risultano leggibili da qualsiasi riproduttore (per
esempio lettori di vecchia data e computers).
Questo svantaggio non è recepibile agli occhi dell’utente, al
momento dell’acquisto del cd, bensì quando quest’ultimo viene
utilizzato (come è stato il caso di alcuni supporti di artisti noti :
Celine Dion, Natalie Imbruglia e Shakira).
I consumatori, pertanto, sono rimasti delusi dal prodotto
“camuffato” e, addirittura, due fans hanno intentato una causa
contro le case discografiche, in quanto contrari alla politica dei cd
anticopia, ritenuti di bassa qualità e incapaci di garantire la libera
fruizione della musica. Il problema di fondo è soprattutto legato alla
convinzione che la continua evoluzione e diffusione delle difese
tecniche renderà difficile, in futuro, accedere ad un’opera
dell’ingegno anche solo per fruirne a scopo personale.
Tuttavia, è importante sottolineare che non tutte le case
discografiche si sono trovate d’accordo nell’immettere sul mercato
supporti dotati di misure di sicurezza. Infatti, la Philips e la Eff si
sono schierate al fianco dei consumatori, nella battaglia contro i cd
di nuova generazione.
In particolare, la Philips ha sottolineato apertamente i problemi
citati finora e cioè che, dopo essere stati immessi nel mercato in
maniera quasi segreta, i cd anticopia non sono distinguibili dai
supporti tradizionali e le conseguenze possono essere gravi, dal
momento che questi presentano limiti di funzionamento e di
utilizzo, in più non sono leggibili da qualsiasi riproduttore.
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22
La Eff, da parte sua, ha chiesto provvedimenti seri affinché chi
produce cd protetti non usi il termine cd per identificarli,
evidenziando in modo chiaro la loro effettiva natura e le loro
caratteristiche.
Anche la ADUC, l’Associazione italiana di utenti e consumatori, si
è mossa a favore di questi ultimi, inoltrando alcune richieste al
Ministero delle Attività Produttive, affinché intervenisse sulla
questione. Allo stesso tempo, in Usa, è partita un’indagine del
Congresso, volta a chiarire se questo genere di protezioni potessero
essere considerate legali o meno. La risposta del Congresso,
impersonato dal repubblicano Rick Boucher, è stata la seguente:
“Ogni modifica intenzionale ad un cd, tesa ad impedire la creazione
delle copie personali consentite dalla legge, potrebbe rappresentare
una violazione agli obblighi a cui sono attualmente soggetti i
proprietari dei contenuti”.
In conclusione, neanche le difese tecniche, considerate illegali,
hanno funzionato contro il file sharing.
2.2.2 Tecnologia Liquid Audio
La tecnologia Liquid Audio, presentata dalla Web Music Company
S.p.A., rappresenta un valido strumento per sviluppare e potenziare
l’industria e il mercato della musica, permettendo a produttori,
distributori, case discografiche e musicisti di distribuire e vendere
musica on line, senza il bisogno di alcuna competenza tecnica,
fornendo l’hardware, il software, l’assistenza e la manutenzione.
La tecnologia Liquid Audio si avvale, inoltre, di un triplice sistema
di sicurezza nella produzione e nella vendita di musica on line.
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23
Per quanto riguarda il sistema di sicurezza nella produzione, la
digitalizzazione in formato liquid avviene mediante il software
“Liquifier Pro”. Tale programma permette di:
• Mantenere inalterata la qualità dei cd;
• Comprimere il brano fino a 6:1 con algoritmo Dolby;
• Imprimere il watemark digitale (identificazione del brano);
• Inserire il codice ISRC;
• Creare 6 versioni diverse del prewiew (clip di 30’’ca);
• Inserire tutti i dati relativi al brano (copertina, lyrics,
biografia);
• Proteggere ogni brano attraverso chiavi elettroniche per la
tutela del copyright.
Per quanto riguarda la distribuzione su Internet della musica in
formato liquid, essa può avvenire solo ed esclusivamente tramite il
“Liquid Music Server”, che gestisce tutte le operazioni di:
• Preascolto del demo;
• Download del brano;
• 2 fingerprint di sicurezza (contenenti i dati dell’acquirente);
• Creazione del confine territoriale (separatamente per il
prewiew e per il download, il cliente può decidere di
promuovere il brano in tutto il mondo ma di venderlo solo in
alcuni Paesi);
• E-commerce attraverso una rete protetta e monitorata;
• Report della Web Music Company;
• Report SIAE;
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24
• Possibilità di gestione autonoma, da parte del cliente, dei
contenuti di vendita, oltre al controllo dello stato delle
vendite e degli ascolti.
Per quanto concerne la vendita della musica in formato liquid, essa
avviene per mezzo di un lettore, il “Liquid Music Player”,
scaricabile gratuitamente dalla Rete, il quale permette di:
• Ascoltare i prewiew;
• Scaricare la versione completa acquistata;
• Ascoltare la musica in formato liquid presente sul proprio Pc;
• Visualizzare tutti i contenuti che accompagnano il brano
(cover, testi etc.);
• Masterizzare direttamente i brani su cd.
All’atto del primo acquisto, il Player si collega automaticamente
con il Liquid Operation Center che, dopo aver identificato il cliente,
rilascia un Passport (terzo livello di sicurezza), un certificato
digitale unico al mondo.
Ad ogni acquisto effettuato da quel dato pc, viene creato un
collegamento tra il fingerprint del brano e il Passport del lettore,
pertanto qualora venisse copiato il file su un diverso pc, questo non
suonerà.
Il Player, inoltre, permette un’unica possibilità di masterizzazione
per ogni brano.
2.2.3 Il meccanismo GRID: le major imbollinano la musica
Il GRID (Global Release Identifier), ideato recentemente dai
discografici
della
IFPI
(International
Federation
of
the
Phonographic Industry) e della RIAA (Recording Industry
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25
Association of America), è lo strumento con cui i produttori e
distributori di musica sperano di tenere traccia delle vendite di brani
via Internet e, quindi, delle tendenze e dei volumi di questo ramo di
business.
In pratica, il GRID consiste in una sorta di bollino da inserire nel
codice dei brani diffusi legalmente on line. Tale dispositivo
consente di trasmettere i propri dati ai server delle aziende che
accettano di adottarlo. Si tratta, infatti, di uno strumento del tutto
volontario per i distributori di musica in Rete.
Per l’industria musicale, tenere traccia delle vendite in modo così
analitico è essenziale per capire come sviluppare e gestire questo
business e come contrastare la concorrenza dei sistemi peer to peer.
Il distributore interessato ad utilizzare il GRID dovrà pagare “una
tantum” (250 dollari circa) per poter imbollinare tutti i propri brani
in distribuzione.
Grazie a questo sistema, sarà più semplice anche il pagamento dei
relativi compensi agli artisti, autori dei brani venduti, da parte delle
case discografiche.
2.3 Le soluzioni commerciali
2.3.1 Vitaminic
Vitaminic è la piattaforma leader in Europa per la produzione e la
distribuzione in rete di musica digitale.
Si tratta di una Società per Azioni in stretta collaborazione con gli
artisti, i quali hanno scelto di utilizzare Internet per promuovere il
proprio gruppo e la propria musica.
Attraverso un contratto non esclusivo, infatti, Vitaminic fornisce a
questi ultimi i seguenti servizi:
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• Inserimento nella directory: l’artista viene inserito nella
directory del sito, scegliendo in quale categoria apparire,
presentando così il proprio gruppo. Egli, inoltre, carica
almeno un brano promozionale da trasmettere gratuitamente
agli utenti;
• Homepage del gruppo: la band può creare una propria
pagina, inserendo tutte le informazioni necessarie a
presentare il gruppo e descrivere la propria musica;
• Trasmissione e vendita della musica: i brani verranno caricati
e trasmessi in Realaudio e saranno scaricati in MP3 dai
visitatori del sito. Si possono distribuire i brani in modalità
promo o protetto. Un brano promo potrà essere ascoltato e
scaricato gratuitamente dai visitatori del sito, mentre un
brano protetto è simile al promo, ma per scaricarlo occorrerà
registrarsi alla “fanzine” del gruppo. Gli artisti, inoltre,
possono vendere i brani decidendone il prezzo;
• Statistiche del sito: l’artista può verificare l’andamento della
propria pagina su Vitaminic, le trasmissioni, i download e le
vendite;
• Traduzione delle informazioni: Vitaminic promuove la
musica sul proprio sito, anche all’estero.
Ai consumatori finali, Vitaminic consente una delle offerte di
musica legale più ampie e complete della rete, di ascoltare subito i
brani e di scaricarli gratuitamente o a pagamento in formato
digitale.
Vitaminic agisce, dunque, nel pieno rispetto delle norme sul
copyright e fa anche parte della Secure Digital Music Initiative
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27
(l’Associazione dei Media Digitali, costituitasi nel 1999 in seguito
all’accordo tra cinque grandi case discografiche, Universal Music,
Sony, Bertelsmann, Time Warner ed Emi, fiancheggiate dalla
RIAA, alleatesi con lo scopo di elaborare uno standard che
permettesse di distribuire musica in Rete in modo legale) ed è cofondatore della European Digital Media Association.
Essa, non solo paga agli artisti la metà dei proventi generati dalle
canzoni che sono state scaricate, ma paga anche le royalty alle
società di percezione.
Pertanto, si può capire come questa società sia attivamente
impegnata a combattere la pirateria digitale, rendendo il processo di
acquisto comodo, sicuro ed economico per l’utente.
2.3.2 Pay per song
Anche gli artisti, dunque, allo stesso modo delle case discografiche,
hanno riconosciuto Internet come una valida piattaforma di lancio e
un ottimo mezzo di distribuzione e vendita della loro musica.
Oltre a Vitaminic, infatti, esistono altri siti che promuovono la
musica di alcune band, coalizzate a favore dello scambio di files
musicali in Rete, naturalmente, nel rispetto del copyright.
“Chaos Music Market”, per esempio, è un sito che offre canzoni a
pagamento, “pay per song”, appoggiato dal provider australiano
OzeMail. Questo è stato ideato nell’ottica di vendere canzoni da
archiviare nei computers, utilizzando la tecnologia Liquid Audio.
I brani scaricati possono poi essere ascoltati dagli utenti, ma non
possono essere copiati su cd. E’ grazie a questo motivo che il
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28
meccanismo di distribuzione evita i problemi relativi ai diritti
d’autore. Le modalità di pagamento e di concessione della
tecnologia, combinate con l’uso di certificati digitali, consentono
alla
musica
protetta
da
copyright
di
essere
distribuita
commercialmente su Internet.
Gli artisti, inoltre, possono mantenere, in tal modo, un maggiore
controllo sui prezzi della loro musica e aggiudicarsi una fetta più
larga del prezzo al dettaglio. Il sito stesso, naturalmente, guadagna
una percentuale ad ogni archiviazione, così come una percentuale
va ai titolari dei diritti di concessione della tecnologia Liquid Audio
e di certificazione digitale.
2.3.3 Musica self-service a pagamento
Un ulteriore passo verso la fruizione della musica on line è stato
effettuato, in Italia, mediante il raggiungimento di un accordo tra le
principali major discografiche e le Messaggerie musicali (Gruppo
Sugar), diretto a regolamentare l’utilizzo, in modo legale e gratuito,
di “assaggi musicali”
Il punto di partenza è la creazione di un sito destinato ad ospitare un
certo numero di brani, tutti fruibili sottoforma di “audio-clips” di 30
secondi. Non è necessario, dunque, acquistare interi album, bensì si
possono scaricare singole canzoni.
Il Gruppo ha scelto di tagliare fuori dal progetto l’e-commerce e di
finanziare l’operazione tassando le società che lo compongono.
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29
Il sito viene aggiornato ogni settimana, permette di navigare
virtualmente nei due megastore di Milano e Roma e di visionare le
offerte del momento. Newsletter e posta elettronica, inoltre,
garantiscono tutte le informazioni sulle novità discografiche e sulle
attività degli artisti.
Nel 2001, il Gruppo Sugar affermava che, vendere musica on line
era, in quel momento, un supporto all’attività tradizionale ma, nel
medio e lungo periodo, il Gruppo stesso sarebbe diventato una
società diretta a vendere e distribuire musica sul Web, secondo un
modello di business in via di realizzazione.
2.3.4 Sony e Universal: musica on line a basso costo
Le due case discografiche, Sony e Universal, che, da sole,
detengono una cospicua fetta del mercato discografico mondiale, si
sono coalizzate, nel 2002, per offrire un servizio di musica on line,
semplice ed economico.
Grazie al loro accordo, è possibile scaricare una singola canzone al
prezzo di 99 centesimi di dollaro e un intero album a 9,99 dollari.
Tale accordo è finalizzato a raggiungere quella parte di navigatori
intenzionata ad acquistare legalmente musica ad un prezzo
competitivo, sperando al tempo stesso di arginare il fenomeno della
pirateria musicale in Rete, dando la possibilità ai titolari dei diritti
d’autore di essere remunerati per il download delle proprie opere.
Il circuito della distribuzione di musica passa, con questo sistema,
attraverso la Liquid Audio e attraverso rivenditori on line, quali
Amazon, Best Buy e Sam Goody.
Le canzoni scaricate da Sony e Universal possono anche essere
copiate su cd.
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30
L’esperimento messo in atto dalle due grandi case discografiche,
comunque, non è l’unico né nel settore, né per le major interessate.
Proprio la Sony, infatti, qualche tempo prima, promosse il servizio
Press Play, di cui però ha dovuto assistere al fallimento. Press Play
forniva agli utenti un certo numero di canzoni da scaricare, in
cambio di un abbonamento mensile.
2.3.5 “ Bollini SIAE”
Accanto ai cd anticopia, le case discografiche hanno tentato di
tutelare il copyright, contro la pirateria musicale, facendo appello al
potere espletato dalla Siae.
La Comunità Europea e le società detentrici dei diritti d’autore,
infatti, si sono accordate per remunerare gli autori, compensandoli
delle inevitabili violazioni rese possibili dalle nuove tecnologie.
Le nuove royalties vengono così applicate ad hard disk, stampanti,
dvd, lettori mp3 e telefonini gravando sui costi d’acquisto in una
percentuale variabile dal 3% al 10%, come già avveniva per
audiocassette, video cassette, videoregistratori, cdr e minidisk.
Già nel 2001, infatti, esisteva una normativa che considerava la
pratica assai diffusa di registrarsi canzoni e film a scopo privato,
lesiva per i detentori di copyright e, pertanto, prevedeva il
pagamento di una tassa detta “compensativa” sull’acquisto di
dispositivi analogici e supporti digitali vergini. In questo modo, la
registrazione effettuata a scopo privato diviene a tutti gli effetti
legittima, poiché i proventi vengono destinati ad autori ed editori
come risarcimento dei possibili mancati guadagni.
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31
La normativa europea, adeguandosi allo sviluppo tecnologico che
ha caratterizzato questi ultimi anni, ha poi esteso il sistema dei
compensi analogici a tutti i dispositivi digitali.
Evidentemente, ogni utilizzo della tecnologia per usi differenti dalla
copia di opere tutelate dal copyright non è neanche tenuto in
considerazione.
Allarmate, le aziende tecnologiche europee si sono alleate con
l’EICTA (European Information, Communications and Electronics
Technology Industry Association), promovendo una campagna per
sensibilizzare i consumatori e scoraggiare gli Stati Membri
dell’Unione Europea dall’imporre nuove tasse sui prodotti dell’IT.
EICTA ritiene, infatti, che al fine di proteggere gli interessi dei
detentori di diritti dovrebbero essere utilizzate le tecnologie ad hoc
disponibili.
CAPITOLO III
CONSIDERAZIONI CIRCA IL MERCATO DELLA MUSICA
TRADIZIONALE E IN RETE
3.1 Il mercato discografico e il costo dei cd
Il mercato mondiale della musica è in mano a cinque grandi
multinazionali (quattro se si considera che due tra queste sono una
joint-venture):
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32
Il mercato della musica
13,64
30,56
9,63
15,06
15,38
15,73
Universal Music
Bmg
Warner/Electra/Atlantic
Emi
Sony Music
Altri
Fonte: Nielsen SoundScan
WEA-EMI: è il numero uno del settore. La joint-venture nata a
gennaio 2000 tra l’americana Aol-Time-Warner e l’inglese EMI
(l’unica grande rimasta indipendente fino ad allora) è la più grande
suonoteca del mondo con circa due milioni di brani e una
capitalizzazione di 260 miliardi di dollari. Unendo le loro forze
Time Warner e EMI controllano il 20% del mercato mondiale e il
25% di quello europeo. Il nuovo gruppo ha una scuderia
impressionante di artisti: 2500 cantanti, 2000 album, 2 milioni di
canzoni dai Beatles ai Rolling Stones, da Madonna alle Spice Girls,
da Frank Sinatra a Prince. Tra gli italiani Laura Pausini, Pino
Daniele, 883 e Al Bano.
Sony Music: la Sony Music Entertainment Inc nasce nel 1988
quando la Sony Corporation acquista la CBS Record Group una
delle sette grandi majors discografiche. Comprende superstars
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33
internazionali come Jimy Hendrix, Bob Dylan, Bruce Sprengsteen,
Michael Jackson, Ricky Martin e gli italiani Claudio Baglioni,
Franco Battiato, Adriano Celentano, Francesco De Gregori, Mina,
Renato Zero.
BMG: appartiene al gruppo tedesco Bertelsmann, l’unico bastione
musicale europeo sul panorama mondiale. Ne fa parte una delle più
gloriose major nostrane: la Ricordi. Il gruppo editoriale BMG
Ricordi appartiene alla BMG Music Publishing con sede a New
York e conta 27 filiali nel mondo. Fanno parte della scuderia:
Giorgia, Eros Ramazzotti, Gigi D’Alessio, Antonello Venditti, per
citare alcuni italiani. Nel campo internazionale BMG rappresenta
nomi come Bee Gees, Carlos Santana, Elvis Presley, Pat Metheny,
Annie Lennox, Backstreet Boys.
Universal
Music:
fa
capo
al
gruppo
Seagram,
artefice
dell’integrazione della Universal rilevata dalla Matsushita e della
Polygram comprata dalla Philips. È la più grande azienda di musica
nel mondo, presente in 63 paesi. Racchiude 15 etichette
discografiche, alcune storiche come A&M Records, Deutsche
Grammophon, Universal Records, Philips. Controlla inoltre 700000
copyrights tra cui quelle di canzoni popolarissime come “Stranger
in the night” o “Old man river”. È leader nel mercato della musica
classica: detiene il 40% delle vendite. Gli artisti di quest’area sono
Claudio Abbado, Cecilia Batoli, Andrea Bocelli, Luciano Pavarotti.
Per gli altri generi musicali, fanno parte della scuderia Bryan
Adams, Aqua, Elton, Metallica, Stevie Wonder.
Ai quattro giganti della discografia sopravvivono comunque altre
multinazionali di più piccole dimensioni e una miriade di etichette
indipendenti (in Italia se ne contano 65). Ad esse generalmente si
Berna, Confaloni
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34
rivolgono i giovani artisti, che a volte grazie a questi produttori
pionieri
pronti
alla
sperimentazione
diventano
delle
star
internazionali. Così è accaduto alla Sub Pop, l’etichetta che ha
scoperto i Nirvana. Spesso le case discografiche indipendenti sono
specializzate nella produzione di un genere musicale, come la
Epitaph Records, la più famosa etichetta punk nel mondo, o la Blue
Note, l’etichetta Jazz per antonomasia.
Infine ci sono le etichette discografiche virtuali. Sono la nuova
realtà discografica, molti artisti affermati si stanno avvicinando a
questo modo rivoluzionario che permette di promuovere la propria
musica senza troppi intermediari. Le più note etichette sono Axe for
Music, IUMA, MP3.COM.
Le case discografiche sono, in generale, raggruppate in associazioni
più grandi che le rappresentano: per esempio, quelle italiane nella
FIMI (Federazione dell’Industria Musicale Italiana), quelle
americane nella RIAA (Recording Industry Association of
America) e a livello mondiale sono rappresentate dalla IFPI
(International Federation of the Phonographic Industry).
Il 9 aprile 2003 l’agenzia Adnkronos diffonde alcuni dati resi noti
dall’IFPI, l’organizzazione che rappresenta l’industria discografica
a livello internazionale con 1500 aziende associate tra le quali le
maggiori imprese ed etichette indipendenti di 76 paesi diversi. I dati
non fanno altro che confermare un fenomeno in atto ormai da
tempo: quello del calo delle vendite dei CD musicali (si parla del
7% in termini di valore e dell’8% in termini di unità nel 2002) e
della conseguente crisi del mercato discografico mondiale. Il
principale imputato è, neanche a dirlo, il fenomeno del file sharing
e della masterizzazione dei CD, a cui comunque va aggiunta la
Berna, Confaloni
Univ. della Tuscia - Fac. Economia
35
concorrenza di altri settori dell’intrattenimento e una generale crisi
dei consumi.
Il mercato in Italia
2002
2001
2000
1999
1998
1997
1996
1995
1994
370 381 367 338 340
329 347
322
302
286
1993
500
400
300
200
100
0
vendita all'ingrosso dei prodotti musicali
Fonte: Pricewaterhouse Coopers
Secondo molti la causa principale del successo degli MP3 e dei
programmi di file sharing va ricercata nell’alto costo di un disco
musicale. Il costo medio di un CD si aggira infatti sui 20 €: un po’
troppo per le tasche dei giovani e dei giovanissimi, che sono i
principali consumatori di musica. Soprattutto non si capisce perché
a differenza dell’intero settore hi-tech (software, PC, telefonini)
dove le prestazioni aumentano e i prezzi diminuiscono, i CD
musicali continuano a restare assai elevati.
Secondo le case discografiche il motivo di un costo così alto va
ricercato nelle ingenti spese di produzione e di distribuzione dei
dischi, nella pubblicità, nei diritti che vanno agli artisti e nel fatto
che…. si vendono sempre meno dischi. Il fatto che un CD vergine
abbia un costo praticamente trascurabile non deve ingannare:
scriverci sopra delle canzoni non è poi così facile. Insomma alti
Berna, Confaloni
Univ. della Tuscia - Fac. Economia
36
costi e pochi profitti; in media solo un disco su 400 si trasforma in
un successo e quell’unico exploit deve ripagare anche le spese e gli
investimenti effettuati sugli altri 399 che non sfondano.
Inoltre, sono generalmente corrisposti consistenti “anticipi a fondo
perduto”, in particolar modo per gli emergenti, che hanno lo scopo
di mettere l’artista in condizione di iniziare o proseguire il proprio
lavoro. L’esborso di queste somme non va però inquadrato in un
ottica limitata al singolo prodotto/album ma va vista nel quadro di
un progetto più ampio di sviluppo artistico. Si tratta, in poche
parole, di un investimento su quella che potremmo forse definire
“linea di prodotto”.
Quella di finanziare e sostenere la ricerca di nuovi artisti è, infatti,
una delle funzioni principali delle case discografiche. Secondo una
ricerca inglese le industrie discografiche investono in media il 12 –
13% del proprio fatturato in ricerca che se confrontata con altri
settori industriali risulta una delle percentuali più elevate in ricerca
e sviluppo.
Questi investimenti sono resi possibili dalla redditività dei prodotti
di punta e del catalogo. Questo meccanismo, è allo stato attuale
l’unico che permette il finanziamento, lo sviluppo e il lancio di
nuovi prodotti che non sono in grado di vendere a sufficienza per
coprire le spese iniziali. In pratica un artista produce spesso il primo
disco in perdita e si rifà gradualmente con i lavori successivi.
Un ulteriore aggravio dei costi si verifica al momento della
distribuzione al dettaglio. Alcuni dati evidenziano un aumento dei
prezzi del 35 – 40% nel passaggio dall’ingrosso al negoziante. Va
detto tuttavia che tale aggravio varia molto a seconda del punto di
Berna, Confaloni
Univ. della Tuscia - Fac. Economia
37
vendita non esistendo prezzi imposti (è ovvio che un supermarket
applicherà un “ricarico” inferiore al piccolo venditore).
Un discorso a parte è, poi, quello dell’IVA che comunque varia da
paese a paese. In Italia questa influisce per il 20% del prezzo finale
ed è una tra le più alte tra i paesi occidentali. Per il fisco il CD è in
sostanza un bene di lusso e non un prodotto di valore culturale
come ad esempio un libro, su cui l’IVA è solo del 4%.
Infine un’ulteriore voce di costo è data dai cosiddetti diritti
fonomeccanici (SIAE) che gravano in misura fissa sul supporto
finendo con l’incidere per circa il 5% del prezzo finale al
consumatore.
Secondo alcuni, prezzi così alti si spiegherebbero non soltanto con
alti costi di produzione, ma anche con la sostanziale situazione di
oligopolio, che rende di fatto impossibile la diminuzione dei
suddetti prezzi, la quale sarebbe probabile in caso di concorrenza.
Il comportamento “oligopolista” delle major è stato più volte
sanzionato, nei vari Paesi, dalle Autorità Antitrust, ma con scarsi
risultati.
Un esempio su tutti di come sia possibile vendere cd a prezzi più
bassi è quello dell’etichetta indipendente Aspirine Music (alla cui
scuderia appartiene, tra gli altri, Elio e le Storie Tese) la quale
riesce a distribuire cd al prezzo di circa 7-8 € ciascuno. Sarebbe
interessante sperimentare la possibilità di attribuire lo stesso regime
di prezzi ai cd degli artisti più noti, per constatare se le minori
entrate dovute ad eventuali prezzi più bassi possano
essere
compensate da un maggiore volume di vendite.
Un ulteriore tentativo di venire incontro al problema potrebbe
essere messo in atto dallo Stato stesso, il quale potrebbe ridurre l’
Berna, Confaloni
Univ. della Tuscia - Fac. Economia
38
IVA sui cd, equiparandoli agli altri prodotti culturali. Una
“provocazione” importante, in tal senso, viene dalla famosa band
dei Nomadi, che restituisce l’imposta in eccesso attraverso un
buono sconto sui biglietti dei loro concerti.
Una volta abbassato il prezzo dei cd, si potrebbe tentare di
aumentare le vendite, intervenendo sulla confezione del prodotto:
per esempio, aggiungendo al “semplice” contenuto testi dei brani,
fotografie del gruppo e dei concerti, dediche autografate….etc.
Anni fa, i vecchi dischi in vinile, infatti, anche se più ingombranti,
avevano un fascino proprio, dovuto ad una confezione accattivante
e destinata a rimanere come un ricordo. Con il passare del tempo,
però, il prodotto si è trasformato in un “semplice contenuto”, molto
più pratico, ma sicuramente meno singolare. Certamente, dovendo
spendere circa 20 € per un “contenuto”, la maggior parte degli
utenti preferisce scaricarlo dalla Rete. Rendendo, invece, il cd un
prodotto originale, in grado di soddisfare tutte le possibili
aspettative dell’utente (non legate solo ed esclusivamente
all’ascolto di buona musica), ci saranno maggiori possibilità, a
nostro avviso, che il consumatore amante della musica senta il
bisogno di acquistare il prodotto, convinto di comprare un qualcosa
di “unico”.
3.2 Gli ultimi sviluppi del fenomeno
“Offerta di musica on line da parte delle case discografiche”
Un’ interessante notizia, recentemente pubblicata sui giornali, è
quella relativa all’intenzione, da parte della Apple, di acquistare
una rilevante quota di azioni della Universal Music, la maggiore
casa di produzione musicale al mondo.
Berna, Confaloni
Univ. della Tuscia - Fac. Economia
39
Tale mossa potrà determinare una svolta nell’incontrollabile mondo
della musica in Internet. Sembra, infatti, che la Apple abbia già
messo a punto un innovativo servizio di musica on line del quale
non si conoscono ancora i dettagli.
La scelta della Apple di partecipare ai dividendi della Universal
Music, le consentirebbe di giocare un ruolo da protagonista potendo
ad esempio decidere la forma, gli standard e i canali di distribuzione
della musica digitale, in base ai suoi interessi strategici, pur senza
essere costretta a gestire totalmente un business estraneo a quello
proprio.
Finora, i tentativi delle case discografiche di vendere e distribuire
musica on line non hanno ottenuto successo, da un lato perché gli
utenti hanno sempre avuto (e la hanno tuttora) la possibilità di
scaricare musica gratis, dall’altro perché nella maggior parte dei
casi chi distribuiva musica on line non dava la possibilità di
masterizzare su cd il materiale reperito.
Riuscirà Steve Jobs con la Universal laddove altri hanno fallito?
Microsoft, per esempio, ha manifestato l’intenzione anch’essa di
acquistare le quote di azioni della Universal, per entrare nel mercato
della musica on line. Allo stesso tempo, però, sembra
maggiormente interessata allo sviluppo di un progetto proprio.
Sfruttando l’onda del clamoroso successo della condivisione peer to
peer e puntando sulle esperienze già maturate dai più popolari
network del file sharing, Microsoft sta realizzando un nuovo
software per la messaggistica e la comunicazione. Il prodotto è
rivolto, in particolare, ad una fascia di ragazzi tra i 13 e i 24 anni,
che utilizza abitualmente chat, messaggistica istantanea e
programmi di file sharing per comunicare con altri e scambiarsi file.
Berna, Confaloni
Univ. della Tuscia - Fac. Economia
40
Non sono di certo gli unici a farlo, ma le analisi di settore indicano
che quella citata è la clientela potenzialmente interessata.
Microsoft, con tale software, sostiene di voler offrire agli utenti più
giovani di Windows XP un modo facile, intuitivo e completo per
socializzare e condividere file. Il tutto in maniera legale ma, per
garantire ciò, la musica potrà essere ascoltata ma non copiata.
Chat e condivisione di file e musica, infatti, potranno avvenire
all’interno di gruppi a cui potranno partecipare fino a dieci utenti:
gli appartenenti allo stesso gruppo potranno formare una lista di
canzoni condivise e ascoltarle in streaming. I brani non verranno
fisicamente scambiati, né potranno essere registrati su disco.
Microsoft è convinta che questo tipo di condivisione della musica
non solo non infrange il copyright, ma favorisce addirittura
l’acquisto dei cd originali.
Quindi, quello di Microsoft sembra un tentativo di distribuire
musica on line in modo legale, ma la sfida consiste nel convincere
tutto quell’esercito di persone che utilizzano il file sharing in modo
indiscriminato a “convertirsi” alla legalità.
Anche Roxio, la casa che produce software per la copia di cd tenta
di entrare nel mercato della musica on line acquistando gli attivi di
Napster e rilanciandolo come servizio a pagamento. Roxio ha anche
assunto come consulente Shawn Fanning, fondatore di Napster.
Il servizio verrà, possibilmente, lanciato entro la fine dell’anno, non
appena si riuscirà a renderlo legale.
Philips non resta indietro alla concorrenza e tenta di entrare nello
stesso mercato presentando Streamium MC-i 200, il primo micro
Hi-Fi che, grazie all’accesso Internet a banda larga, è in grado di
collegarsi alle stazioni radio on line e ai numerosi servizi musicali
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digitali forniti dai content provider con la sola pressione di un tasto.
In questo modo è possibile scegliere la propria musica on line, sia
tramite stazioni radio personalizzate, sia attraverso compilation di
musica selezionata personalmente, memorizzata in un sicuro
“jukebox on line” e poi riprodotta in “streaming” dal sistema. Per
rendere l’accesso ancor più semplice, Philips sta lanciando
My.Plilips.com, un’interfaccia web dedicata che semplifica le
operazioni di selezione personalizzata e ricerca della musica
preferita.
Streamium MC-i 200 si collega direttamente ad un cavo o a un
servizio Internet a banda larga ADSL, grazie ad uno dei tanti router
disponibili sul mercato. Tale connettività permette anche di
ascoltare file MP3 o MP3PRO memorizzati su PC attraverso il PC
link, o il sistema stesso integrato con prestazioni audio di alta
qualità.
Poiché Streamium MC-i 200 usufruisce di una connessione a banda
larga, il sistema offre un accesso continuo ai servizi musicali on
line. Premendo semplicemente un pulsante, il sistema comincia
automaticamente a riprodurre musica in streaming nello stesso
modo in cui un sintonizzatore tradizionale seleziona una stazione
radio.
Oltre ad aprire la via dell’audio on line, Streamium MC-i 200
Philips offre tutto ciò che si può desiderare da un micro Hi-Fi,
compresa la riproduzione CD e MP3-CD, sia da dischi CD-R, sia da
CD-RW e sintonizzatore tradizionale FM/AM.
“Ulteriori pressioni contro lo scambio di materiale protetto”
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Duecentomila amanti del file sharing e, in particolare, utenti di
Kazaa e Grokster, hanno ricevuto un avviso della RIAA, la quale li
ha avvertiti del fatto che è in grado di rintracciarli, sottolineando la
loro posizione di violatori del copyright.
La RIAA ha espresso l’intenzione di raccogliere i nomi di quelli
che mettono a disposizione musica tramite i servizi di file sharing
anche se, per ora, non procederà legalmente contro di loro.
Kazaa e Grokster, da parte loro, non sembrano affatto spaventati
dalla minaccia e affermano di non temere nulla, dal momento che si
ritengono già contro la violazione del copyright.
Alcune settimane prima, la RIAA aveva già colpito, in realtà, i
sistemi peer to peer universitari, denunciando quattro studenti
statunitensi che gestivano tre sistemi di file sharing nelle LAN dei
loro college. I tre network sotto accusa sono sistemi creati a
immagine e somiglianza di Napster, con l’unica differenza che non
sono accessibili da qualunque nodo di Internet, ma soltanto dai
computer dell’università che li ospita.
Recentemente è stato raggiunto un accordo che ha posto fine
all’azione legale: ciascuno dei quattro giovani pagherà alla RIAA
una somma compresa tra i 12000 e i 17000 dollari nel corso dei
prossimi tre anni.
Anche il diciannovenne John Johansen tornerà sul banco degli
imputati, in quanto denunciato dalle major discografiche e
cinematografiche per aver creato il Decss, un codice che permette
di eludere le prestazioni anticopia dei DVD. Quest’ultimo è
convinto, invece, di non violare il diritto d’autore, in quanto
dichiara di aver utilizzato il codice solo su DVD regolarmente
acquistati.
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3.3 Peer to peer: non solo musica!
L’estrema efficacia delle reti peer to peer può essere sfruttata, per
scopi assolutamente legali, in tutti quei casi in cui le normali forme
di condivisione dei file risultano problematiche,
All’interno delle aziende, per esempio, il peer to peer può essere
utilizzato nella condivisione di documentazioni, report, versioni
aggiornate dei software di lavoro etc, riducendo al minimo i tempi
(e quindi i costi) di connessione in Rete e superando le limitazioni
della posta elettronica. L’account di questa, infatti, è in grado di
ricevere solo messaggi e file entro uno o due Mega di dimensione:
il peer to peer può porre rimedio a questo limite.
Inoltre, eseguito il primo download di file, la propagazione verso i
destinatari può procedere anche se la fonte originale si disconnette.
Naturalmente, in ambito aziendale, è indispensabile creare una lista
di utenti autorizzati, per evitare che il file finisca nelle mani
dell’intera Rete.
Il peer to peer può, poi, diventare un’eccellente strumento di
marketing. Può essere usato, infatti, per distribuire demo e versioni
shareware dei lavori effettuati, file pubblicitari, cataloghi ed altro.
La condivisione e la diffusione di tali informazioni tra gli utenti
costituiranno un’ottima campagna pubblicitaria.
Anche in questo ambito, Microsoft è intenzionata a restare sulla
cresta dell’onda. Essa, con il progetto “Farsite”, si rivolge ai
network aziendali o accademici costituiti da centinaia di migliaia di
elaboratori connessi tra loro. “Farsite”, in particolare, facilita
l’archiviazione e lo scambio di file, usufruendo di reti paritetiche, in
assenza di server autorizzati. Ciò, pertanto, elimina i costi dei server
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e della loro manutenzione e semplifica inoltre, l’accesso dei dati da
parte degli utenti.
Altro ambito nel quale il sistema peer to peer mette a disposizione
la sua efficacia è quello della ricerca in Internet.
Human Link, per esempio, è un nuovo motore di ricerca che utilizza
le risorse condivise dagli stessi utenti per migliorare e facilitare la
ricerca in Rete. Quest’ultimo sembra essere più efficiente rispetto a
quelli classici. Naturalmente, i risultati dipendono dal numero degli
utenti che utilizzano il sistema e dall’accuratezza delle loro risorse.
A giudicare da tutto ciò, il peer to peer appare come un vero e
proprio settore emergente che, se utilizzato correttamente, porterà
una serie di benefici ad ogni tipo di organizzazione.
3.4 Conclusioni
Qualunque sia la strategia che le majors vogliono attuare per uscire
dalla crisi, devono tener conto di una cosa: in rete esistono circa 40
programmi peer to peer mediante i quali è possibile condividere la
maggior parte dei brani musicali presenti nei loro cataloghi, e
chiunque lo voglia può scaricarli gratuitamente. Per questo ogni
tentativo da parte delle case discografiche di utilizzare Internet
come un ulteriore canale distributivo è fallito.
In precedenza abbiamo parlato del tentativo della Apple di entrare
nel mercato della musica on line. L’idea di Steve Jobs è quella di
vendere musica al prezzo di 1$ a canzone. Considerato che un CD
costa all’incirca 20$ e che contiene in media 10 canzoni si
tratterebbe di vendere musica a metà prezzo. Del resto quasi il 50%
del prezzo di un CD è dovuto alle spese per la distribuzione e al
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ricarico applicato dagli intermediari. Internet permette di saltare
questi passaggi e 1$ a canzone è un prezzo che consente di coprire
le spese di produzione e di garantire un guadagno alle case
discografiche.
Ridurre i prezzi del 50% però, potrebbe non bastare (non
dimentichiamo che l’utente deve pagare la connessione a Internet).
A nostro avviso si potrebbe fare qualcosa di più; per esempio creare
dei siti dove vendere musica sottocosto e cercare di rifarsi vendendo
spazi pubblicitari. Se la cosa funziona e gli utenti aumentano si
potrebbe far pagare alle aziende che vogliono reclamizzare i loro
prodotti prezzi via via maggiori e al tempo stesso ridurre le tariffe
applicate agli utenti. Nel giro di qualche anno si potrebbe vendere
musica a prezzi stracciati o addirittura (ma questo forse è solo un
sogno) regalare musica per vendere spazi pubblicitari.
Le case discografiche cioè dovrebbero ripensare la loro strategia da
cima a fondo e adottare un nuovo modello di business. Chiaramente
questa sarebbe un’operazione lunga e rischiosa, che richiederebbe
molto denaro per coprire anche eventuali perdite agli inizi. Tuttavia
le majors della musica sono tutte grosse multinazionali e
dispongono di soldi a sufficienza per tentare un cambiamento
simile.
Soprattutto un fattore giocherebbe a favore delle case discografiche:
l’enorme numero di utenti che sarebbe possibile attirare mettendo
su Internet gli interi cataloghi di cui dispongono. Se i prezzi fossero
veramente convenienti milioni di utenti potrebbero lasciare i
tradizionali programmi peer to peer soprattutto se le majors saranno
capaci di mettere a loro disposizione software per il download
efficienti, sicuri e facili da utilizzare. I loro siti Internet potrebbero
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diventare dei grandi portali dove milioni di persone “passano” ogni
giorno, addirittura diventare le principali porte di accesso al web.
Infatti oltre alla possibilità di usufruire di motori di ricerca, chat e email vi sarebbe la possibilità per chi accede di scaricare gratis le
canzoni dei propri idoli. Le majors cioè, dovrebbero utilizzare i loro
cataloghi (un patrimonio unico di cui sono gli unici titolari) come
specchietti per le allodole e una volta che milioni di persone si
trovano a passare in un punto potrebbero vendere spazi pubblicitari
a caro prezzo.
In fondo si tratterebbe di fare quello che a fatto Yahoo, che intorno
ad un valido motore di ricerca ha costruito uno dei più grandi
portali del mondo. Con questo sistema Yahoo ha fatturato nel 1°
trimestre 2003 ben 282,9 milioni di dollari e ha conseguito utili per
46,7 milioni di dollari.
Più che dei luoghi di passaggio questi portali dovrebbero essere dei
punti dove gli utenti si fermano, interagiscono, trovano news, spazi
web dedicati ai cantanti e hanno la possibilità di interagire con essi.
Insomma si dovrebbe creare un vero e proprio ambiente virtuale
dove un utente può seguire e coltivare i propri interessi musicali,
cinematografici, artistici. In questo senso non va dimenticato il fatto
che la musica è da sempre portatrice di mode e di idee anche
politiche (pensiamo al rock negli anni 60 e 70 o al rap oggi).
Perso in un mondo virtuale, dove intrattenimento, cultura e
commercio si confondono un utente potrebbe pagare per servizi
aggiuntivi: un’anteprima, un’intervista esclusiva alla star, versioni
live o remixate di una canzone, videoclip. Si potrebbero produrre
anche dei dischi a tiratura limitata per collezionisti (difficilmente il
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possessore di un pezzo unico tenterà di trasformarlo in file MP3 per
metterlo a disposizione di tutti sul web).
Se tutto questo non accadrà e comunque le case discografiche non
sapranno inventarsi un nuovo modello di business allora fra qualche
anno forse non esisteranno più. I cantanti si produrranno
autonomamente la propria musica e la diffonderanno gratuitamente
sul web per promuovere la vendita dei biglietti per i concerti dal
vivo, che a questo punto rimarrà il loro unico modo per far soldi.
BIBLIOGRAFIA
o www.napster.it;
o www.welcome.it;
o www.puntoinformatico.it;
o www.audio.philips.com;
o www.roxio.com;
o www.vitaminic.it;
o www.euro2001.com;
o www.geocities.com;
o www.larepubblica.it;
o www.mediamente.rai.it;
o www.siae.it;
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o www.fimi.it;
o www.laterza.it;
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