Stagione Teatrale 2006/07 Teatro Francesco Stabile Potenza PROSA 25 e 26 novembre Compagnia Lavia La Bisbetica Domata Di W. Shakespeare Con Tullio Solenghi 04 e 05 dicembre Compagnia Teatro Eliseo L’Uomo La Bestia e la Virtù Di L. Pirandello Con Leo Gullotta 18 e 19 dicembre 06 Comp. Teatro Bellini La Tempesta Di W. Shakespeare Adattamento di Tato Russo Con Tato Russo 21 dicembre 06 – Fuori Abbonamento Comp. Ambra Jovinelli Il Sig. Novecento Racconto musicale Versi di Vincenzo Cerami Musiche di Nicola Piovani Con Lello Arena Solisti dell’Orchestra Aracoeli diretti da Nicola Piovani 23 e 24 gennaio 07 Comp. Ballet Flamenco de Madrid Carmen Di Bizet 30 e 31 gennaio 07 Comp. Dell’Ambra Controtempo Di Christian Simeon regia di Gabriele Vacis di e con Francesca Reggiani 13 e 14 febbraio 06 Comp. Vis a Vis srl Giovanna D’Arco Di e con Monica Guerritore 10 e 11 marzo 07 Compagnia dell’Ambra- Teatro della Luna Concha Bonita Libretto di Alfredo Arias e René De Ceccatty Versione italiana Cerami & Piovani Musica di Nicola Piovani Regia di Alfredo Arias 24 e 25 marzo 07 Associazione Culturale La Pirandelliana Sul Lago Dorato di Ernest Thompson, traduzione e adattamento di Nino Marino con Arnoldo Foà, Erica Blanc regia di Maurizio Panici 26 e 27 aprile 07 Comp. Mauri – Sturno srl Delitto e Castigo di Fedor Dostoevskij Con Glauco Mauri e Roberto Sturno LA BISBETICA DOMATA Una fra le commedie più famose e divertenti di Shakespeare, La Bisbetica Domata, proposta nella felice produzione della Compagnia Lavia che ha debuttato con successo quest'estate a Verona. La storia de La Bisbetica Domata è nota: narra di uno scherzo tra servi, e di una scommessa tra i pretendenti della bella Bianca, che non possono chiedere la sua mano finché non avrà trovato marito la sorella maggiore di lei, Caterina, ragazza bisbetica e caparbia. Sarà Petruccio a corteggiarla e a "domarla", con la stessa arma dell'umore capriccioso. Caratterizza questo spettacolo, messo in scena nella traduzione di Masolino d'Amico, la scelta di ricalcare l'antica consuetudine del teatro elisabettiano affidando l'interpretazione di tutti i ruoli ad una compagnia interamente maschile dove spicca il nome di Tullio Solenghi nei panni di Sly-Petruccio: a focalizzare ancor più il nocciolo della vicenda, non già una mera sfida tra uomo e donna, né la semplice contrapposizione tra il maschilismo di Petruccio e il femminismo di Caterina, ma piuttosto l'eterno conflitto tra amore e psiche, tra il maschile e il femminile che convivono nell'uomo, archetipi fondamentali della vita. L’UOMO, LA BESTIA E LA VIRTU’ Tragica commedia scelta da Leo Gullotta per il suo ritorno al palcoscenico, é la seconda produzione di grande formato della stagione del Teatro Eliseo: si tratta di una graffiante satira delle ipocrisie e del perbenismo borghese. Un grottesco con tanto di triangolo, in cui si mescolano, per quieto vivere, sesso e ipocrisia sociale. Scritta nel 1919, questa che Pirandello stesso definisce un apologo, dà, rileggendola oggi, la possibilità di centrare il quesito: è diversa la Bestia perché ‘diversa', o sono Bestie tutti coloro che la considerano tale?Nata da una novella, ‘Richiamo all'obbligo', la pièce si sviluppa incarnandosi in personaggi-animali immaginati e descritti da Pirandello come maschere grottesche. La storia del ‘trasparente' professor Paolino, della sua amante signora Perella e del marito di lei, il Capitano Perella, non appartiene al Pirandello grande e consacrato, è una prova, che condensa un'amara riflessione in poche scene. Lo spettacolo poggia sulla prova recitativa di Gullotta, che impersona il suo Paolino con una sottile sfasatura dei toni, una leggera torsione dei movimenti, accenni di falsetto che rendono l'assurdità dell'agire del personaggio talmente evidente, madornale, da sembrare normale. LA TEMPESTA A quindici anni dalla prima incredibile, spettacolare ed emozionante edizione la riproposta di un allestimento scespiriano che ottenne un clamoroso successo di pubblico ed entusiastici commenti da parte della critica, tanto da rimanere fortemente impresso nella memoria di molti. Lo spettacolo coerentemente pensato, solidamente strutturato e con una parte scenografica a dir poco inventiva, è un approccio non convenzionale, una struttura allegorica e poetica al centro della quale la grande nave del teatro veleggia verso un’isola che non c’è, se non nella coscienza del poeta e del pubblico. E La tempesta diventa così un grande rito dell’espiazione. Cerimoniale del perdono. Mistica e finale riflessione sugli strumenti e i percorsi della vita. Attraversamento prodigioso verso il giudizio. È un lavoro epico e didattico, austero, monumentale, con numerosissime invenzioni registiche, dal gioco linguistico con le scene dei comici napoletani, alle suggestioni coreografiche di un Ariel che si muove come un androgino bianco e polimorfo e si moltiplica all’infinito, alla doppia recitazione dal vivo e registrata di Tato Russo, alle clownerie delle tavole imbandite per i naufraghi, ai costumi elisabettiani, al teatrino barocco sospeso in aria, al finale del ritorno per mare con una quinta che diventa vela e la pedana della rappresentazione che si alza come il portellone di una nave. Il risultato è uno spettacolo, in questo caso davvero da non perdere, che visivamente affascina per idee, macchinazione e monumentalità, con trenta attori in scena, e con una complessa sintassi rappresentativa ben congegnata. IL SIGNOR NOVECENTO È la storia di una vita, raccontata dal protagonista che ripercorre un intero secolo. Il padre, bizzarramente, lo ha chiamato “Novecento” perché è venuto alla luce proprio nel 1900. Il racconto si incentra su quattro episodi, nei quali il protagonista cerca qualcosa che ha perso o che non ha mai trovato: una volta è un paio di scarpe, un’altra un gruzzoletto di soldi che aveva ben nascosto da qualche parte. E intanto trascorre il tempo. La storia comincia nel giorno del compleanno del signor Novecento. Si sta vestendo per andare ad un appuntamento importante. Ma non riesce a trovare una scarpa. La cerca e intanto racconta la sua vita. Gli fa da spalla la moglie, che a quella vita è legata con tutta se stessa. Oggi anche lei è una vecchia signora. Ma un tempo era bella e scontrosetta. D’incanto la narrazione comincia a fare balzi nel tempo. Tutta un’esistenza scorre via come se fosse passata in un solo giorno. La scena è semplice, i movimenti essenziali. Un’orchestra di tredici elementi stringe al centro gli attori: il signor Novecento e sua moglie. I due coniugi parlano in versi. Monologhi e dialoghi si alternano rapidamente, si contraddicono, battibeccano. L’orchestra reagisce come se avesse una personalità sua, estranea, come fosse il cuore di un ipotetico, segreto ascoltatore: si commuove, si diverte, si immedesima nelle trepidazioni del signor Novecento, racconta ciò che questo piccolo uomo non può raccontare perché non lo sa, perché è completamente immerso nei soliti, quotidiani accidenti di una vita. CONTROTEMPO 11 SETTEMBRE 2006 Jeanne, una musicista francese che abita a New York, ha un appuntamento fondamentale per la sua carriera: un’audizione con un celebre direttore d’orchestra. Alle 7:38 del mattino si accorge che Greg, il fidanzato che lavora al World Trade Center, l’ha bloccata nell’appartamento portandosi via, inavvertitamente, le sue chiavi di casa. Da quel momento ha soltanto poco più di un’ora per riuscire ad uscire di casa ed arrivare in tempo all’audizione. In questa situazione comicamente claustrofobica, complice il telefono, Jeanne cerca tutte le soluzioni possibili per uscire dall’appartamento, non ultima quella di convincere Greg a ritornare a casa per aprire la porta. La posta in gioco di questa corsa contro il tempo non riguarda solo la sua carriera musicale: forse Jeanne, malgrado il panico crescente per la sua occasione, può percepire la tragedia che incombe. Riuscirà ad uscire da casa ? Sarà Greg che le aprirà la porta? Controtempo racconta la “ grande” e la “ piccola” storia, sospesa nel tempo reale, nella quale lo spettatore (anche attraverso tutto quello che sa dell’11 settembre 2001) percepisce una realtà completamente differente da quella che sembra svolgersi sulla scena. CARMEN Erede dei grandi maestri della danza spagnola, depositario di questa grande tradizione, il ballet de Flamenco de madrid, presenta uno straordinario spettacolo di danza con musica dal vivo che riflette le radici più profonde e il temperamento appassionato del popolo spagnolo. Un’emozionante e autentico viaggio nel cuore della cultura spagnola, dove la magia, la passione e il fascino misterioso incarnato nel flamenco si uniscono alle note ammalianti della musica di BIZET, piena di impeto e di ardore, ricca di contrasti solari dai motivi zingareschi e dall’incalzare drammatico dell’azione dell’opera. GIOVANNA D’ARCO “Giovanna D’Arco si racconta a noi attraverso la sua perfetta semplicità. La forza che trascende il suo sesso e che lei, prima fra tutte,integra a quella “qualità virile” che sussurra in tutte le donne la fede nella “trascendenza del cuore” incrollabile e giusta, danno ali e potenza al suo richiamo. “Non si vede bene che con il cuore” fa dire Saint Exupery al Piccol oPrincipe, “l’essenziale è invisibile agli occhi”. Ed ecco che il suo cuore non aveva ragioni, ma forze. Forze che sole cambiano la realtà. Ed è qui la santità temporale, la cristianità carnale di Giovanna: farsi strumento di libertà per il suo popolo .Monica Guerritore rivive quel mistero luminoso e tragico, accostandosi al cuore della vocazione di Giovanna, alla sua chiamata dell’Anima che si fa azione attraverso lo spirito. Dimenticando l’immagine tramandata,Giovanna è viva attraverso gli Atti del Processo, visionaria e poetica nei versi di Maria Luisa Spaziani. Il De Immenso di Giordano Bruno che l’attrice inserisce all’interno dello spettacolo, sembra restituirci, non le Voci da lei udite, ma la sua voce, che lei udiva “nel lato destro del giardino di suo padre” (come non pensare al lato destro della sua mente).E’ così che Giovanna rivive nella nostra epoca, compagna di ribellione e speranza del Che Guevara, di Jan Palach, accompagnata dalle immagini della cronaca di quel giovane cinese che a piazza Tien An Men ferma col suo corpo un carrarmato, dalle immagini di uomini e donne forti della forza che viene dall’istinto di libertà.I fotogrammi di Dreyer, così lontani, diventano presenti e giudicanti, il sogno di Martin Luther King testimonia come si levino alte in ogni tempo le voci contro il Potere. La partitura musicale, di grande importanza, accosta nella massima libertà i “Carmina Burana”di Orff, all’adagio per archi di Barber, i Queen a Tom Waits, creando quella risonanza emotiva che permette di accompagnare Giovanna alla sua morte senza rimanerne distanti.”Spettacolo complesso quindi, fatto di parole, immagini e musiche. D isicuro effetto sopratutto per la presenza di una delle più grandi attrici della scena italiana. CONCHA BONITA Il Musical di Nicola Piovani e Alfredo Arias è uno spettacolo musicale di ispirazione europea, ma con forti radici sudamericane. Concha Bonita è Pablo, anzi, “era” Pablo, di professione calciatore: l'incontro con la vita e i sentieri della sensualità e la cultura parigina lo hanno trasformato in Concha. Partito dall'Argentina come Pablo, a Parigi diventa Concha, tanto avvenente da meritare il soprannome di Bonita. E inizia così la sua favola europea: fa strage di cuori, si assicura l'eredità di un vecchio ricco italiano; diventa una donna libera con una nuova, meravigliosa vita. Ma come tutte le favole, anche quella di Concha deve superare alcuni ostacoli. I suoi si chiamano Myriam e Dolly: la sua fidanzata che arrivate dall'Argentina a ritrovare il “vecchio” Pablo con una sorpresa, sua figlia... Uno spettacolo insolito, sospeso a metà tra la fiaba e la commedia, sulla scia di un concerto recitato, che individua un percorso musicale variegato: dal rock al tango, dal melodramma alla rumba, dalla zarzuela al mambo. Un felice connubio che ha permesso al regista attraverso il ricorso a stilemi semplici e popolari, tipici della commedia musicale, le variazioni su un argomento per sua natura delicato e sempre rischioso nel trasporto in scena, quale la sessualità, le sue possibili dinamiche di trasformazione e le implicazioni conseguenti dell'essere padre o madre. Col grande messaggio finale del non avere paura a guardarsi dentro, perché - come dice Arias - “possiamo spingerci fino in fondo alle nostre fantasie, senza creare catastrofi nella vita di nessuno, trovando nuove strade pergli affetti e rispettando l'innocenza degli altri”. Sulla scena un cast di eccellente bravura e gli straordinari musicisti dell'Orchestra Aracoeli. Concha Bonita riprende la tournée con il nuovo cast, dopo aver vinto il premio Gli Olimpici del Teatro 2005, come migliore opera della categoria Musical o commedia musicale. SUL LAGO DORATO Norman Thayer e la moglie Ethel, ormai ottantenni, si ritirano a vivere gli ultimi anni della propria vita sulla loro casa in riva al lago. Li raggiungono per l'estate la figlia, divorziata, e il suo nuovo fidanzato, che ha già un figlio adolescente, molto problematico. Chelsea, la figlia, spera di riuscire a ricucire il rapporto con il padre, da sempre travagliato. Ma l'incontro non funziona, e Chelsea se ne va col fidanzato, lasciando dietro come un pacco postale ai nonni il figlio, che ovviamente non gradisce la sistemazione. Ma la vita con i nonni, poco a poco, trasforma il ragazzo, che in particolare apprezza la saggezza del nonno. Al termine dell'estate, Chelsea ritorna con il fidanzato, diventato nel frattempo marito, e ringrazia i genitori per la positiva influenza esercitata sul ragazzo. Riappacificatasi con il padre, lascia i genitori a vivere con ritrovata serenità i loro ultimi anni. Arnoldo Foà ed Erica Blanc sono i due protagonisti di questa tenera storia resa famosa dall'omonimo film di Mark Rydell del 1981 con Kathrine Hepburn e Peter Fonda, che vinse ben tre premi oscar, affiancati da Loredana Giordano e Valerio Santoro. DELITTO E CASTIGO L'uomo è un mistero difficile da risolvere. Io voglio cercare di comprendere questo mistero perché voglio essere un uomo”. Così scriveva nel 1839 al fratello Michail il giovane Dostoevskij. Aveva soltanto 18 anni, ma già sapeva che avrebbe dedicato la sua vita e la sua arte a comprendere quella tenera e crudele creatura che è l'essere umano. Come tutti i grandi, Dostoevskij non giudica mai, piuttosto cerca di capire. Le sue storie sono piene di inaspettate verità: lampi che accecano per l'orrore a cui può arrivare l'uomo o illuminano la possibilità di amare che l'uomo ha dentro di sé. I personaggi nati dalla sua fantasia sono sempre immersi nella realtà della vita: ladri, prostitute, timidi “idioti” pieni di tenerezza, assassini, angeli di bontà. Questo è il mondo di ogni giorno, l'uomo vive la sua lotta tra il bene e il male: una lotta faticosa che però dà alla vita la dignità di essere vissuta. Così è per Delitto e castigo . “Resoconto psicologico di un delitto” lo definì il suo autore. Ma quale ricchezza umana in questo racconto! Il dramma di Raskolnikov e la solitudine misteriosa di Porfirij ci fanno scoprire verità che tutti abbiamo sepolte dentro di noi. RI PENSAMENTI 1 Dicembre 06 Comp. Nutrimenti Terrestri L’Istruttoria Di Claudio Fava Con Claudio Gioè e Donatella Finocchiaro regia di Ninni Bruschetta musiche eseguite dal vivo dai Dounia 14 Dicembre 06 Comp. Ass. Culturale Q-Prod Il Rapporto Lugano Ovvero come salvare il Capitalismo nel XXI secolo Con A. Questa Di Susan George regia di Virginia Martini 1 e 2 marzo 07 Comp. Nutrimenti Terrestri Caligola Night Live Con Claudio Gioè e Fabrizio Romano scritto e diretto da Claudio Gioè scene diRoberto de Angelis costumi di Valentina Monticelli video di Valentina Marianini 11 Aprile 07 Comp.Teatro Ambra Jovinelli e Compagnia della Luna presentano REC di Pietro Piovani con Silvia Siravo musiche originali Pasquale Filastò regia Norma Martelli RAPPORTO LUGANO Lo spettacolo “Il rapporto Lugano – ovvero come salvare il capitalismo nel XXI secolo” è tratto dal romanzo fantapolitico di Susan George: “Il rapporto Lugano” (Ed. Asterios 2000). Lo spettacolo tratta dell’ incontro di un gruppo di scienziati, economisti e fiscalisti convocato in una villa a Lugano per studiare la situazione attuale del sistema capitalistico e per continuarne il mantenimento. “Il rapporto Lugano” è il risultato dell’ incontro: gli esperti dichiarano che il futuro del capitalismo è in pericolo nel ventunesimo secolo. Lo spettacolo è oggi partizione per una sola attrice dove, purtroppo, la fantasia è diventata realtà. CALLIGOLA NIGHT LIVE Nato a tappe, attraverso tre tempi e altrettanti studi, Caligola Night live è un atto unico sul dramma umano ed esistenziale di Caligola. Claudio Gioè (autore, interprete e regista) mette in scena l’ultima notte dell’imperatore romano esplorando luci ed ombre della mente del folle dittatore e proiettando nel presente le tragiche conseguenze di uno smisurato potere, concentrato nelle mani di un unico uomo.Passato alla storia come l’emblema della follia al potere, in questa originale riscrittura della tragedia -trascendendo il dato storicoCaligola diventa l’occasione per tracciare il ritratto di un moderno potente malato di egocentrismo e allo stesso tempo di una società che implode sotto l’urto dei suoi stessi limiti. Chiuso in un bunker in attesa della fine, giunto al culmine del delirio di onnipotenza, in compagnia solo di un servitore e degli atroci fantasmi che affastellano e agitano la sua mente, Caligola ricorda le sue folli imprese, dando vita ad un vero “one man show” in evocazione di stile americano, in uno strano crescendo in cui si alternano monologhi, canzoni anni ’50 da Tony Bennett a Frank Sinatra, intermezzi televisivi e un tragico ballo col fantasma della sorella-amante Drusilla. Più che l’interpretazione storica, il campo di indagine (e di battaglia) dello spettacolo è proprio il corpo dell’imperatore, sperduto nel proprio delirio, imprigionato nelle sue idee e condannato a vivere ascoltando l’eco solitaria della propria voce in un vuoto castello.Un moderno io smisurato che non riesce a reggere il contatto con la realtà e tenta una fuga disperata quanto impossibile dai propri confini... C’è un piccolo Caligola in ognuno di noi... REC Molto spesso, nel mondo contemporaneo, è proprio attraverso l'oblio — l'amnesia, l'approssimazione — che si riproducono conservazione, immobilità, talora orrori. Così la memoria è un punto d'arrivo e un punto di partenza — dialettica in continua evoluzione dinamica fra passato presente e futuro —, che porta con sé valenze umanistiche, tecnologiche e sociali insieme. Tutto ciò si ritrova nei progetti di REC 2005, che riserva quest'anno un'attenzione particolare alle arti visive e installative (Boltanski, Asher, Amadori, Prati), ospita le più avanzate espressioni del rock sperimentale e dell'elettronica (Haino, Original Silence, Matmos, Asher), offre ritratti di alcuni dei maggiori compositori d'oggi o di appena ieri (Goebbels, Clementi, Scelsi, la kermesse di percussioni), propone alcune vivide realtà della nuova danza (mk, s.d.a.i.). L'evento di apertura REC 2005 è di grande richiamo: due straordinarie realtà del rock sperimentale internazionale per la prima volta in tour in Italia, per la presenza di una delle più grandi attrici della scena italiana. LIRICA 12 e 14 gennaio 2007 Barbiere di Siviglia di Rossini 24 e 25 febbraio Rigoletto di Verdi IL BARBIERE DI SIVIGLIA di Rossini Gioacchino su libretto di Cesare Sterbini Personaggi IL CONTE D'ALMAVIVA: tenore DON BARTOLO, dottore in medicina, tutore di Rosina: basso comico ROSINA, ricca pupilla in casa di Bartolo: soprano FIGARO, barbiere: baritono DON BASILIO, maestro di musica di Rosina, ipocrita: basso FIORELLO, servitore d'Almaviva: tenore AMBROGIO, servitore di Bartolo: basso BERTA, vecchia cameriera di Bartolo: soprano UN UFFICIALE: basso. Un alcade o magistrato, un notaio, sbirri, soldati, suonatori di strumenti. I ATTO Quadro primo L'azione si svolge in una piazza di Siviglia all'alba. Il Conte di Almaviva, innamorato di Rosina, ricca protetta di Don Bartolo, cerca di attirare l'attenzione dell'amata con una serenata. Nessuno però si affaccia alla finestra ed allora il Conte si nasconde all'ombra di un portico attendendo una occasione più propizia. Si ode intanto in lontananza la voce di Figaro, barbiere e "factotum della città" conosciuto e apprezzato in tutta Siviglia. Giunto anch'egli nei pressi della casa di Don Bartolo, deciso a sposare Rosina per incamerarne la dote, incontra il Conte, sua vecchia conoscenza, al quale promette il suo aiuto. Figaro è conosciuto in casa di Bartolo non solo in veste di barbiere ma anche di speziale. Questo gli permetterà di presentare il Conte a Bartolo senza destare troppi sospetti. Intanto Rosina appare al balcone: ha con sé un biglietto che vorrebbe gettare all'autore della serenata, ma l'arrivo di Don Bartolo la costringe a non compiere il gesto. Dopo avere detto a Bartolo che il biglietto contiene le parole dell'aria della "Inutil Precauzione" si fa abilmente sfuggire il biglietto di mano. Il Conte riesce ad acchiapparlo. Il vecchio indispettito esce di casa chiudendo a chiave la porta del balcone e si va ad occupare delle nozze. Intanto il Conte di Almaviva, dopo la lettura del biglietto canta un'altra serenata a Rosina fingendo di chiamarsi Lindoro e di essere uno studente povero, poiché non vuole conquistare Rosina con l'aiuto del titolo nobiliare. Al termine della serenata Figaro propone un piano al Conte per introdursi in casa di Don Bartolo. Egli dovrà travestirsi da militare del reggimento reale e requisirà una camera in casa di Bartolo. Si dovrà inoltre fingere ubriaco per evitare che il vecchio sospettoso lo consideri come rivale nella conquista della ricca pupilla. Quadro secondo La scena si svolge in una camera della casa di Don Bartolo. Rosina vorrebbe inviare un altro biglietto a Lindoro e chiede l'aiuto di Figaro. Il discorso viene bruscamente interrotto dall'arrivo di Bartolo e del maestro di musica della ragazza, Don Basilio. Bartolo e Basilio si appartano per discutere. Il vecchio vuole affrettare le nozze e allontanare Almaviva da Siviglia. Basilio consiglia di sbarazzarsi del Conte calunniandolo. Poco dopo si allontanano per stendere il contratto nuziale, così Figaro e Rosina possono di nuovo incontrarsi. Il barbiere informa Rosina che Bartolo la vuole sposare l'indomani e che Lindoro vuole incontrarla. Mentre chiede a Rosina di scrivere un biglietto per Lindoro la ragazza estrae una busta contenente il biglietto già vergato e pronto per essere consegnato. Giunge intanto il vecchio che comincia ad essere molto sospettoso, grazie anche ad alcuni indizi. Si ode bussare alla porta e appare il Conte che mostra il biglietto d'alloggio. Mentre Bartolo protesta Almaviva riesce ad avvicinare Rosina , a confidarle di essere Lindoro ed a passarle un biglietto. Questa manovra viene notata da Bartolo che impone la consegna della scritto nelle sue mani. Nasce un parapiglia nel quale Rosina riesce a sostituire il biglietto amoroso con la lista del bucato. Nel mentre arrivano i gendarmi decisi ad arrestare il commilitone ubriaco.Il Conte mostra una carta all'ufficiale che subito si mette sull'attenti. La scena si chiude nello sbalordimento generale. ATTO SECONDO Quadro primo La scena si svolge nello studio di Bartolo. Il dottore è sempre più sospettoso. Giunge intanto nuovamente il Conte, questa volta travestito da maestro di musica. Si finge Don Alonzo, allievo di don Basilio, giunto a sostituire il maestro ammalato. Bartolo è diffidente ed allora per conquistare la sua fiducia il Conte mostra a Bartolo il biglietto ricevuto da Rosina, fingendo che sia diretto al Conte d'Almaviva e lo consegna al vecchio affinché lo possa utilizzare per calunniare il rivale. Bartolo si convince e chiama Rosina per la lezione di musica. Mentre i due innamorati fingono di far lezione giunge Figaro che convince Bartolo a sottoporsi ad una rasatura completa. Con una scusa Figaro intanto riesce a sottrarre la chiave del balcone dal quale Il Conte e Rosina dovranno passare per fuggire durante la notte. All'improvviso giunge don Basilio che, sul punto di scoprire la verità, viene convinto a fingersi malato con una borsa di denaro. Don Bartolo infine si accorge dell’inganno. Quadro secondo Don Bartolo vuole affrettare il più possibile la nozze con Rosina. Chiama Basilio che cerchi un notaio. Intanto mostra a Rosina il biglietto datogli da Lindoro e convince la pupilla che Lindoro non l'ama ma è solo un giovane al servizio del Conte. Rosina si fa convincere e accetta di sposare Bartolo. Mentre Bartolo esce per chiamare le guardie Figaro e Lindoro riescono ad intrufolarsi in casa del vecchio ed a rivelare a Rosina che Lindoro ed il Conte sono la stessa persona. Mentre i due innamorati cercano di fuggire scoprono che la scala pronta per la fuga è stata tolta. Intanto entrano Don Basilio ed il notaio per la stipula del contratto nuziale. Figaro che non si è perso d'animo presenta i due ragazzi come le persone da unire. Don Basilio è convinto a tacere con un anello in regalo e la minaccia di una pistola. Quando arriva Don Bartolo con i gendarmi i giovani sono ormai uniti. Il Conte rivela la sua vera identità e per placare la disperazione del vecchio tutore propone di lasciargli in regalo la dote di Rosina. L'opera si chiude tra l'ilarità generale e la contentezza di tutti. RIGOLETTO di Verdi Giuseppe su libretto di Francesco Maria Piave Personaggi Il Duca: Tenore Rigoletto, suo buffone di corte: Baritono Gilda, sua figlia :Soprano Sparafucile, bravo: Basso Maddalena, sua sorella: Contralto Giovanna, custode di Gilda : Soprano Il Conte di Monterone : Baritono Marullo, cavaliere : Baritono Matteo Borsa, cortigiano: Tenore Il Conte di Ceprano : Basso La Contessa, sua sposa : Mezzo Soprano Un usciere di corte: Basso Un paggio della duchessa : Mezzo Soprano Cavalieri, dame, paggi, alabardieri. Il soggetto di Rigoletto si ispirò a Le roi s’amuse , dramma in cinque atti di Victor Hugo, andato in scena a Parigi nel novembre 1832. L’opera, ambientata a Mantova e nei suoi dintorni nel secolo XVI, inizia con una festa al palazzo ducale. Atto primo Il duca corteggia la contessa di Ceprano, ma l’attira anche una fanciulla che vede ogni domenica quando si reca, in incognito, in chiesa. Comunque le donne sono, per lui, tutte da conquistare, purché avvenenti (ballata “Questa o quella”). Il gobbo Rigoletto, buffone di corte, provoca il conte di Ceprano, e i cortigiani meditano di punire la sua insolenza. Sopravviene il conte di Monterone, al quale il duca ha sedotto la figlia; Rigoletto lo sberteggia e Monterone lo maledice. La successiva scena presenta la casa, molto appartata, di Rigoletto. È notte e Rigoletto è avvicinato da Sparafucile, un sicario disposto a servirlo in caso di bisogno. Rigoletto, rimasto solo, confronta la propria arma (la lingua beffarda) con l’arma di Sparafucile, che è la spada (“Pari siamo”), ma la maledizione di Monterone l’ha turbato. Nella sua casa vive la figlia Gilda, custodita dalla domestica Giovanna. L’incontro tra Gilda e Rigoletto è tenerissimo, ma la giovane vorrebbe sapere chi è stata sua madre. Una donna simile a un angelo, risponde Rigoletto, prematuramente morta (“Deh, non parlare al misero”, che diviene duetto con la replica di Gilda “Oh, quanto dolor”). Rigoletto raccomanda poi a Giovanna di vegliare su Gilda (“Ah, veglia o donna questo fior”), ma proprio Giovanna, non appena Rigoletto s’allontana, consente al duca, che si è travestito, di entrare in casa e di presentarsi a Gilda come Gualtier Maldé, il misero studente che la segue in chiesa ogni domenica e di cui la fanciulla, pur senza sapere chi sia, si è innamorata. Un duetto iniziato dal duca (“È il sol dell’anima”) è interrotto dai passi di un gruppo di cortigiani, ma poi concluso dal Vivacissimo “Addio, addio, speranza ed anima”. Rimasta sola, Gilda esprime il proprio amore per colui che crede essere uno studente (“Caro nome”). Il gruppo dei cortigiani, che si propongono di rapirla ritenendola amante di Rigoletto, è sorpreso dall’arrivo del buffone, che rincasa senza egli stesso sapere perché. Nel buio, Borsa fa credere a Rigoletto che egli e i suoi compagni intendono rapire la moglie del conte di Ceprano, il cui palazzo si trova nelle vicinanze. Rigoletto viene bendato giacché tutti – gli si dice – sono mascherati, e i cortigiani rapiscono Gilda (“Zitti, zitti, moviamo a vendetta”). Rigoletto, rimasto solo, si avvede della beffa: gli torna alla mente la maledizione di Monterone e perde i sensi. Atto secondo In una sala del palazzo ducale. Il duca è turbato perché, tornato di notte nella casa di Rigoletto, non ha più trovato Gilda (“Ella mi fu rapita”); medita di vendicarsi, ma pensa soprattutto al dolore e al terrore di Gilda (“Parmi veder le lacrime”). Entrano i cortigiani, e gli annunciano d’aver rapito l’amante di Rigoletto (“Scorrendo uniti remota via”). Appreso che Gilda è stata condotta nel suo palazzo, il duca corre esultante a raggiungerla (“Possente amor mi chiama”). Sopravviene Rigoletto: simula dapprima indifferenza, poi inveisce contro i cortigiani (“Cortigiani, vil razza dannata”); invoca infine la loro pietà, e li scaccia quando è raggiunto da Gilda, che gli narra come abbia conosciuto il duca (“Tutte le feste al tempio”) e come da lui sia stata ingannata e ora oltraggiata. Rigoletto cerca di confortarla ma, alla vista di Monterone che è condotto in carcere, decide di vendicare il vecchio conte e se stesso (“Sì, vendetta, tremenda vendetta”), mentre Gilda invoca pietà per colui che le ha fatto del male. Atto terzo In riva al Mincio, nottetempo, nella locanda di Sparafucile, dove Maddalena, sorella del sicario, ha attirato il duca, che in incognito la corteggia. Lì giunge anche Rigoletto con Gilda, che indossa abiti maschili e che verrà fatta partire per Verona; prima dovrà però constatare come il duca le sia infedele. Il duca, che si è travestito da ufficiale di cavalleria, canta un’aria sulla volubilità delle donne (“La donna è mobile”); quindi dà inizio a un quartetto con Gilda, Maddalena e Rigoletto, che culmina nell’Andante “Bella figlia dell’amore”. Mentre Maddalena si beffa delle profferte del suo corteggiatore, Gilda ricorda con amarezza le parole lusingatrici che il duca le aveva rivolto; Rigoletto la esorta a dimenticare. Gilda parte, e Rigoletto anticipa a Sparafucile dieci scudi, promettendone altrettanti quando gli sarà consegnato, chiuso in un sacco, il cadavere del corteggiatore di Maddalena. Maddalena, tuttavia (mentre inizia un uragano, alla cui descrizione partecipano vocalizzando a bocca chiusa le voci maschili del coro), chiede a Spararucile di non uccidere l’avvenente giovane (ossia il duca), che nel frattempo si è disteso su un letto trovato nel granaio e che, prima di addormentarsi, accenna qualche frase di “La donna è mobile”; nel frattempo, Maddalena ha convinto il fratello a risparmiare il giovane ufficiale. Sparafucile ucciderà, invece, il primo viandante che chiederà ospitalità nella locanda e ne consegnerà il corpo, chiuso in un sacco, a Rigoletto. Ma il primo viandante è Gilda che, spinta dall’amore per il duca, è tornata alla locanda e decide di morire per lui, dopo aver ascoltato quanto Sparafucile e Maddalena hanno convenuto. Viene infatti pugnalata, e quando Rigoletto aprirà, fuori dell’osteria, il sacco consegnatogli da Sparafucile, troverà il corpo dell’agonizzante figlia. Mentre il duca si allontana cantando la beffarda melodia di “La donna è mobile”, Gilda muore, dopo aver chiesto al disperato Rigoletto il perdono per sé e per il suo seduttore. Nella storia dell’opera italiana Rigoletto ha curiosi precedenti, sicuramente ignoti a Verdi, dal momento che gli studi sul melodramma del XVII secolo sono recenti. Ad esempio la figura del buffone di corte compare in varie opere, a volte godendo una certa libertà di linguaggio in senso satirico, come il Momo (basso) del Pomo d’oro di Antonio Cesti (Vienna 1668). Più singolare è che nel Giasone di Francesco Cavalli (Venezia 1649) un personaggio, Oreste, canti una canzone sulla volubilità delle donne (“Fiero amor l’alma tormenta”) nella quale la seconda strofa inizia «È leggier la piuma al vento», anticipando così «La donna è mobile/ qual piuma al vento» del duca di Mantova. Va ora ricordato che tra l’11 marzo 1851 e il 6 marzo 1853, cioè in due anni, Verdi diede alle scene Rigoletto , Trovatore e Traviata , che sono, con tutta probabilità, le sue opere più popolari. Ciò che colpisce del Rigoletto , rispetto alle precedenti opere, è anzitutto la rapidità con la quale gli eventi si succedono, senza però che questo pregiudichi la caratterizzazione dell’ambiente e dei personaggi. Osserverà con amarezza Rigoletto nel secondo atto, dopo aver confortato Gilda ‘disonorata’ dal duca: «E tutto un sol giorno cangiare poté». Colpisce in particolare il ritmo del primo atto. Dopo il preludio, si susseguono la ballata “Questa o quella” e il duettino con la contessa di Ceprano, che sono già una compiuta raffigurazione scenico-musicale del duca. Analogamente, la prima frase di Rigoletto, «In testa che avete, signor di Ceprano», esprime i provocatori atteggiamenti che il buffone di corte si consente a spese dei cortigiani. A loro volta, con l’arrivo di Marullo, i cortigiani apprendono che in casa di Rigoletto vive una donna e, scambiandola per la sua amante, preparano la vendetta. Tutto questo ha una incalzante raffigurazione melodica, il cui ritmo è frenato soltanto dall’ingresso di Monterone e dalla sua fatale maledizione. Segno evidente dell’evoluzione di Verdi rispetto alle precedenti opere, in fatto di ambientazione e, insieme, di tratteggio dei personaggi, è l’incontro Rigoletto-Sparafucile della scena successiva. La melodia d’un violoncello e di un contrabbasso – sommessa, in sordina – emerge sugli ‘staccati’ dei fiati e sui ‘pizzicati’ degli archi; ed è cupa, sinistra, come le frasi che i due personaggi si scambiano. Quanto al “Pari siamo” di Rigoletto, che si sviluppa su continui mutamenti di tempo, è evidente il gioco di un genere di declamazione melodica altrettanto cangiante. Qui subentra tuttavia un contrasto tra ciò che per il pubblico era mitico e ciò che la ‘toscanizzazione’ dei direttori d’orchestra ha sancito. Fino a tempi recenti i baritoni erano soliti emettere un sol acuto su «follia», invece del dimesso mi naturale previsto da Verdi. L’effetto scenico era notevole, ma menomava un altro particolare effetto previsto dal compositore, giacché gli applausi che premiavano l’acuto del baritono si sovrapponevano allo spettacolare scoppio dell’Allegro vivo a piena orchestra, che coincide proprio con la ‘a’ di «follia» e con lo slancio con il quale Gilda, alla sua prima comparsa in scena, si getta fra le braccia del padre. Il duetto che segue alterna momenti di affannosa concitazione, come l’Allegro vivo iniziale introdotto dalla piena orchestra (“Figlia!”, “Mio padre”), ad altri di canto disteso e affettuoso: così l’Andante “Deh, non parlare al misero”, melodia nostalgica di Rigoletto alla quale Gilda risponde con frasi trepidanti, all’unisono con il primo oboe e il primo violino. Questo duetto procede con trapassi di tono, come il veemente “Culto, famiglia, patria/ il mio universo è in te”, la cui iperbolica enfasi faceva inorridire i cultori dell’aulica compostezza rossiniana. Ma Verdi mirava all’eloquenza scenica, che d’altronde non precludeva melodie ampie e di calda affettuosità come il “Veglia, o donna, questo fiore” rivolto a Giovanna, la ‘custode’ di Gilda. Ricompare a questo punto il duca, che capovolge il principio romantico del tenore vittima del baritono (vale a dire del giovane eroe, ricco di virtù, piegato dalla scaltra virulenza di un uomo maturo), ergendosi per di più, data l’ampiezza della sua parte, quasi a coprotagonista. Monterone prima, quindi Gilda e Rigoletto sono le sue vittime; consapevolmente, va aggiunto. Quando il duca, introdottosi nella casa di Rigoletto con la complicità di Giovanna, ascolta l’ultima parte del duetto baritono-soprano e apprende che Gilda è figlia del suo buffone di corte, si limita a un solo laconico commento, «Sua figlia!». Malgrado questo, il pubblico ha sempre prediletto il cinico gallismo del duca di Mantova, che tra l’altro, a differenza del Don Giovanni mozartiano, esce sempre appagato dalle sue avventure. Ma di Gilda il duca sembra, inizialmente, sinceramente invaghito. Anzi lo è, tanto Gilda differisce dalle sue abituali conquiste. Di qui l’appassionato “È il sol dell’anima, la vita è amore” e la candida risposta di Gilda (“Ah de’ miei vergini sogni son queste”). L’enfatica stretta finale (“Addio, addio, speranza ed anima”) pone il problema che investe tanta parte dell’operismo verdiano. Apparente faciloneria musicale, ma ciononostante aderenza all’effetto scenico; giacché il candore di Gilda è come travolto dalla dialettica del duca. Segue il celebre “Caro nome” di Gilda. Qui Verdi si rifà, concettualmente, ma con maggior sagacia, a un altro Allegro moderato, quello dell’aria “Lo vidi e il primo palpito” della protagonista di Luisa Miller (Napoli 1849). Anche qui le parole spezzate da pause evocano il battito tumultuoso del cuore. Ma in “Caro nome”, a parte l’invenzione melodica più attraente, intervengono anche trilli brevissimi, gioiosa espressione del primo amore di un’adolescente. Nondimeno, i gorgheggi e l’ornamentazione di “Caro nome” vanno verso i cosiddetti soprani leggeri o di ‘coloratura’, mentre altri momenti richiederebbero maggior espansione vocale. È una questione da tempo dibattuta e che chiama in causa, tra l’altro, la più metodica preparazione tecnica dei soprani della metà del secolo scorso, nei cui ranghi, sul puro piano vocale, la versatilità era abituale. Verdi compose la parte di Gilda per Teresina Brambilla, che alternava Sonnambula e Puritani a Ernani , Nabucco , Attila , e che proprio nel 1851, alla Fenice di Venezia, eseguì Lucia di Lammermoor e Luisa Miller prima del Rigoletto. Il Rigoletto vanta anche una parte corale di rilievo. Il “Zitti, zitti, moviamo a vendetta” dei cortigiani che rapiscono Gilda è un Allegro fortemente ritmato, mentre subito dopo, a conclusione del primo atto, è l’orchestra a delineare la disperazione di Rigoletto. La scena e aria del duca che apre il secondo atto si attiene, diversamente dagli altri ‘assoli’ di questo personaggio, alla struttura rituale: recitativo (“Ella mi fu rapita”), Adagio (“Parmi veder le lacrime”) e cabaletta (Allegro “Possente amor mi chiama”), dilazionata dal coro “Scorrendo uniti remota via” dei cortigiani. Anche se il recitativo e l’Adagio sono ragguardevoli e cari al pubblico (non così la cabaletta, che il più delle volte è soppressa nelle normali esecuzioni), è evidente che si tratta d’un omaggio al tenorismo, seguito tuttavia da scene fondamentali. L’iniziale, simulata veemenza di “Cortigiani, vil razza dannata”, che poi si muta in un’implorazione (“Miei signori, perdono, pietade”) iterata dal corno inglese accompagnato dai soli archi; l’entrata improvvisa di Gilda, mentre fiati e archi prorompono in un Allegro; il patetico racconto “Tutte le feste al tempio”; il concitato “Solo per me l’infamia” di Rigoletto, seguito dall’accorato “Piangi, piangi, fanciulla” si susseguono con straordinaria continuità di ispirazione, per poi prorompere nell’Allegro vivo “Sì, vendetta, tremenda vendetta”: clamoroso, plateale, primordiale sotto certi aspetti, ma teatralmente travolgente. Il terzo atto è contrassegnato da un’inventiva melodica grazie alla quale ambientazione e avvenimenti procedono simultaneamente, pur con marcati contrasti di tono. Allo sconsolato colloquio iniziale fra Rigoletto e Gilda segue l’elettrizzante cinismo della canzone “La donna è mobile” del duca, che Verdi tenne segreta ancora a prove iniziate e che la sera della prima rappresentazione fu ‘trissata’. Quindi un breve, tetro dialogo Rigoletto-Gilda, ma subito dopo lo stupefacente quartetto Gilda-Maddalena-ducaRigoletto, che armonizza e fonde quattro diversi stati d’animo. Quindi la tempesta, con la singolare trovata del vento mimato a bocca chiusa dalle voci maschili del coro, il dialogo Sparafucile-Maddalena e l’estremo sacrificio, mentre la tempesta s’intensifica. Poi, mentre l’uragano si smorza, l’orgoglioso soliloquio di Rigoletto, che crede d’aver annientato un uomo potente, ma è richiamato alla realtà dal canto del duca, che ancora una volta intona “La donna è mobile”. Infine, l’ultima melodia dell’agonizzante Gilda (“Lassù in cielo, vicino alla madre”) e l’estremo grido di Rigoletto, evocante la maledizione di Monterone. CONCERTISTICA 1 gennaio 2007 Concerto di Capodanno Orchestra Sinfonica di Potenza (fuori abbonamento) 29 gennaio 2007 Quartetto Terpsycordes di Ginevra 5 marzo 2007 Karl Potter percussion 12 marzo 2007 Auditorium Conservatorio di Musica Gesualdo da Venosa Bruno Canino (piano recital) L’Orchestra Sinfonica di Potenza La giovane Orchestra Sinfonica di Potenza, fondata nel gennaio 2006 grazie ad un protocollo d’intesa tra il Comune di Potenza e il Conservatorio di Musica Gesualdo da Venosa ,fin dal suo apparire ha riscosso i più ampi consensi di critica e di pubblico. Ha tenuto concerti sotto la direzione del M° Roberto Soldatini e del M° Nicola Samale con il quale ha realizzato la produzione dell’Opera “Il Castello” dello stesso Maestro, in prima rappresentazione mondiale Si è esibita in occasione del 60° anniversario della Repubblica Italiana il 2 giugno presso il Teatro Francesco Stabile di Potenza. Ha inciso un CD con musiche di Mozart, Beethoven, Boccherini, Satie, Bramhs, Respighi e Strauss in occasione del Concerto del Primo Gennaio 2006 nel Teatro Francesco Stabile di Potenza. Fra i prossimi impegni la produzione del Don Giovanni di Mozart in cartellone nella prossima stagione lirica del Teatro il Requiem di Mozart presso il Duomo della città in occasione dell’anniversario del terremoto del 1980. L’Orchestra si è esibita con successo nella serata inaugurale del bicentenario della città di Potenza la sera dell’ 8 agosto 2006 nel Teatro Francesco Stabile di Potenza. TERRE-PSY-CORDES Quatuor Terpsycordes Girolamo Bottiglieri primo violino Raya Raytcheva secondo violino Caroline Haas viola François Grin violoncello Un nome che unisce la terra allo spirito, un quartetto nato dall’incontro tra un italiano, una bulgara e due svizzeri, ispirati dalla benevola attenzione della musa Tersicore. I quattro giovani musicisti che lo compongono formano il Quartetto Terpsycordes a Ginevra nel 1997. La loro comune passione li conduce a studiare Quartetto con Gábor Takács-Nagy al Conservatorio superiore di Ginevra, dove ottengono il primo premio in virtuosismo nel 2001. Partecipano a master classes (organizzate particolarmente in Francia dal Centro europeo per la Musica da camera “ProQuartet”) condotte dai quartetti Amadeus, Budapest, Hagen, Italiano, Lasalle, Mosaïques, Smetana, e Via Nova. Inoltre, si perfezionano al Centre de Musique ancienne di Ginevra. Il Quartetto Terpsycordes vince il primo premio al LVI Concorso internazionale di Ginevra nel 2001, e viene premiato anche nei concorsi di Trapani, Weimar e Graz. Forte dell’ampio consenso della critica e del pubblico, si esibisce in numerosi festival e concerti. Il suo repertorio, in continua espansione, spazia da composizioni dell’età classica, eseguite su strumenti storici, alla musica contemporanea. KARL POTTER PERCUSSION GROUP Karl Potter, nato nel New Jersey (U.S.A.), è uno dei musicisti più attivi nel panorama della world music italiana, sia come solista e animatore di band di percussioni, sia in qualità di ricercato collaboratore di importanti artisti tra cui Gato Barbieri, Herbie Hancock, Alfonso Johnson, Charlie Mingus, Roy Haynes, Sonny Fortune, Max Roach, Dizzy Gillespie, Los Papines, Irakere, Jerry Gonzales. Karl Potter ha creato un suo originale progetto artistico dedicato alle ritmiche di alcune aree del mondo mescolando differenti radici musicali e approdando ad uno speciale stile ethno-funk che ha allo stesso tempo sapori mediterranei, africani e di rhythm & blues della sua nativa New Jersey. Una mescolanza poliritmica presente anche nei suoi spettacoli dove una forte carica di simpatia caratterizza la sua improvvisazione vocale in un particolare slang napoletano/americano che facilmente coinvolge il pubblico!!! BRUNO CANINO Bruno Canino, nato a Napoli, ha studiato pianoforte e composizione al Conservatorio di Milano, dove poi ha insegnato per 24 anni pianoforte principale. Come solista e pianista da camera ha suonato nelle principali sale da concerto e festivals europei, in America, Australia, Giappone, Cina. Da 40 anni suona in duo pianistico con Antonio Ballista e da quasi 30 anni fa parte del Trio di Milano. Collabora con illustri strumentisti come Accardo, Harrell, Ughi, Victoria Mullova, Itzhak Perlman. È stato per alcuni anni direttore artistico della società di concerti Giovine Orchestra Genovese a Genova, e in seguito per la stagione autunnale del Campus Internazionale di musica di Latina. Attualmente è direttore delle Sezione Musica della Biennale di Venezia. Si è molto dedicato alla musica contemporanea, lavorando fra gli altri con Pierre Boulez, Luciano Berio, Karl-Heinz Stockhausen, Georg Ligeti, Bruno Maderna, Luigi Nono, Sylvano Bussotti e altri di cui spesso ha eseguito opere in prima esecuzione. Numerose le sue registrazioni discografiche: fra le più recenti di J. S. Bach le Variazioni Goldberg, l’integrale pianistica di Casella, e quella di Debussy per la Stradivarius di cui è uscito il primo volume. Tiene un corso di perfezionamento per pianoforte e musica da camera del Novecento al Conservatorio di Berna. È di recente pubblicazione il suo libro, intitolato “Vademecum del pianista da camera” edito da Passigli Editore. 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