Stagione-Teatrale-2006-2007-1

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Stagione Teatrale 2006/07
Teatro Francesco Stabile
Potenza
PROSA
25 e 26 novembre
Compagnia Lavia
La Bisbetica Domata
Di W. Shakespeare
Con Tullio Solenghi
04 e 05 dicembre
Compagnia Teatro Eliseo
L’Uomo La Bestia e la Virtù
Di L. Pirandello
Con Leo Gullotta
18 e 19 dicembre 06
Comp. Teatro Bellini
La Tempesta
Di W. Shakespeare
Adattamento di Tato Russo
Con Tato Russo
21 dicembre 06 – Fuori Abbonamento
Comp. Ambra Jovinelli
Il Sig. Novecento
Racconto musicale
Versi di Vincenzo Cerami
Musiche di Nicola Piovani
Con Lello Arena
Solisti dell’Orchestra Aracoeli
diretti da Nicola Piovani
23 e 24 gennaio 07
Comp. Ballet Flamenco de Madrid
Carmen
Di Bizet
30 e 31 gennaio 07
Comp. Dell’Ambra
Controtempo
Di Christian Simeon
regia di Gabriele Vacis
di e con Francesca Reggiani
13 e 14 febbraio 06
Comp. Vis a Vis srl
Giovanna D’Arco
Di e con Monica Guerritore
10 e 11 marzo 07
Compagnia dell’Ambra- Teatro della Luna
Concha Bonita
Libretto di Alfredo Arias e René De Ceccatty
Versione italiana Cerami & Piovani
Musica di Nicola Piovani
Regia di Alfredo Arias
24 e 25 marzo 07
Associazione Culturale La Pirandelliana
Sul Lago Dorato
di Ernest Thompson,
traduzione e adattamento di Nino Marino
con Arnoldo Foà, Erica Blanc
regia di Maurizio Panici
26 e 27 aprile 07
Comp. Mauri – Sturno srl
Delitto e Castigo
di Fedor Dostoevskij
Con Glauco Mauri e Roberto Sturno
LA BISBETICA DOMATA
Una fra le commedie più famose e divertenti di Shakespeare, La Bisbetica Domata,
proposta nella felice produzione della Compagnia Lavia che ha debuttato con successo
quest'estate a Verona.
La storia de La Bisbetica Domata è nota: narra di uno scherzo tra servi, e di una
scommessa tra i pretendenti della bella Bianca, che non possono chiedere la sua mano
finché non avrà trovato marito la sorella maggiore di lei, Caterina, ragazza bisbetica e
caparbia. Sarà Petruccio a corteggiarla e a "domarla", con la stessa arma dell'umore
capriccioso.
Caratterizza questo spettacolo, messo in scena nella traduzione di Masolino d'Amico, la
scelta di ricalcare l'antica consuetudine del teatro elisabettiano affidando l'interpretazione
di tutti i ruoli ad una compagnia interamente maschile dove spicca il nome di Tullio
Solenghi nei panni di Sly-Petruccio: a focalizzare ancor più il nocciolo della vicenda, non
già una mera sfida tra uomo e donna, né la semplice contrapposizione tra il maschilismo di
Petruccio e il femminismo di Caterina, ma piuttosto l'eterno conflitto tra amore e psiche, tra
il maschile e il femminile che convivono nell'uomo, archetipi fondamentali della vita.
L’UOMO, LA BESTIA E LA VIRTU’
Tragica commedia scelta da Leo Gullotta per il suo ritorno al palcoscenico, é la seconda
produzione di grande formato della stagione del Teatro Eliseo: si tratta di una graffiante
satira delle ipocrisie e del perbenismo borghese. Un grottesco con tanto di triangolo, in cui
si mescolano, per quieto vivere, sesso e ipocrisia sociale. Scritta nel 1919, questa che
Pirandello stesso definisce un apologo, dà, rileggendola oggi, la possibilità di centrare il
quesito: è diversa la Bestia perché ‘diversa', o sono Bestie tutti coloro che la considerano
tale?Nata da una novella, ‘Richiamo all'obbligo', la pièce si sviluppa incarnandosi in
personaggi-animali immaginati e descritti da Pirandello come maschere grottesche. La
storia del ‘trasparente' professor Paolino, della sua amante signora Perella e del marito di
lei, il Capitano Perella, non appartiene al Pirandello grande e consacrato, è una prova, che
condensa un'amara riflessione in poche scene. Lo spettacolo poggia sulla prova recitativa
di Gullotta, che impersona il suo Paolino con una sottile sfasatura dei toni, una leggera
torsione dei movimenti, accenni di falsetto che rendono l'assurdità dell'agire del
personaggio
talmente
evidente,
madornale,
da
sembrare
normale.
LA TEMPESTA
A quindici anni dalla prima incredibile, spettacolare ed emozionante edizione la riproposta
di un allestimento scespiriano che ottenne un clamoroso successo di pubblico ed
entusiastici commenti da parte della critica, tanto da rimanere fortemente impresso nella
memoria di molti. Lo spettacolo coerentemente pensato, solidamente strutturato e con una
parte scenografica a dir poco inventiva, è un approccio non convenzionale, una struttura
allegorica e poetica al centro della quale la grande nave del teatro veleggia verso un’isola
che non c’è, se non nella coscienza del poeta e del pubblico. E La tempesta diventa così
un grande rito dell’espiazione. Cerimoniale del perdono. Mistica e finale riflessione sugli
strumenti e i percorsi della vita. Attraversamento prodigioso verso il giudizio.
È un lavoro epico e didattico, austero, monumentale, con numerosissime invenzioni
registiche, dal gioco linguistico con le scene dei comici napoletani, alle suggestioni
coreografiche di un Ariel che si muove come un androgino bianco e polimorfo e si
moltiplica all’infinito, alla doppia recitazione dal vivo e registrata di Tato Russo, alle
clownerie delle tavole imbandite per i naufraghi, ai costumi elisabettiani, al teatrino
barocco sospeso in aria, al finale del ritorno per mare con una quinta che diventa vela e la
pedana della rappresentazione che si alza come il portellone di una nave.
Il risultato è uno spettacolo, in questo caso davvero da non perdere, che visivamente
affascina per idee, macchinazione e monumentalità, con trenta attori in scena, e con una
complessa
sintassi
rappresentativa
ben
congegnata.
IL SIGNOR NOVECENTO
È la storia di una vita, raccontata dal protagonista che ripercorre un intero secolo. Il padre,
bizzarramente, lo ha chiamato “Novecento” perché è venuto alla luce proprio nel 1900.
Il racconto si incentra su quattro episodi, nei quali il protagonista cerca qualcosa che ha
perso o che non ha mai trovato: una volta è un paio di scarpe, un’altra un gruzzoletto di
soldi che aveva ben nascosto da qualche parte.
E intanto trascorre il tempo.
La storia comincia nel giorno del compleanno del signor Novecento. Si sta vestendo per
andare ad un appuntamento importante. Ma non riesce a trovare una scarpa. La cerca e
intanto racconta la sua vita. Gli fa da spalla la moglie, che a quella vita è legata con tutta
se stessa. Oggi anche lei è una vecchia signora. Ma un tempo era bella e scontrosetta.
D’incanto la narrazione comincia a fare balzi nel tempo. Tutta un’esistenza scorre via
come se fosse passata in un solo giorno.
La scena è semplice, i movimenti essenziali.
Un’orchestra di tredici elementi stringe al centro gli attori: il signor Novecento e sua
moglie. I due coniugi parlano in versi. Monologhi e dialoghi si alternano rapidamente, si
contraddicono, battibeccano.
L’orchestra reagisce come se avesse una personalità sua, estranea, come fosse il cuore
di un ipotetico, segreto ascoltatore: si commuove, si diverte, si immedesima nelle
trepidazioni del signor Novecento, racconta ciò che questo piccolo uomo non può
raccontare perché non lo sa, perché è completamente immerso nei soliti, quotidiani
accidenti di una vita.
CONTROTEMPO
11 SETTEMBRE 2006
Jeanne, una musicista francese che abita a New York, ha un appuntamento fondamentale
per la sua carriera: un’audizione con un celebre direttore d’orchestra.
Alle 7:38 del mattino si accorge che Greg, il fidanzato che lavora al World Trade Center,
l’ha bloccata nell’appartamento portandosi via, inavvertitamente, le sue chiavi di casa.
Da quel momento ha soltanto poco più di un’ora per riuscire ad uscire di casa ed arrivare
in tempo all’audizione. In questa situazione comicamente claustrofobica, complice il
telefono, Jeanne cerca tutte le soluzioni possibili per uscire dall’appartamento, non ultima
quella di convincere Greg a ritornare a casa per aprire la porta.
La posta in gioco di questa corsa contro il tempo non riguarda solo la sua carriera
musicale: forse Jeanne, malgrado il panico crescente per la sua occasione, può percepire
la tragedia che incombe. Riuscirà ad uscire da casa ? Sarà Greg che le aprirà la porta?
Controtempo racconta la “ grande” e la “ piccola” storia, sospesa nel tempo reale, nella
quale lo spettatore (anche attraverso tutto quello che sa dell’11 settembre 2001)
percepisce una realtà completamente differente da quella che sembra svolgersi sulla
scena.
CARMEN
Erede dei grandi maestri della danza spagnola, depositario di questa grande tradizione, il
ballet de Flamenco de madrid, presenta uno straordinario spettacolo di danza con musica
dal vivo che riflette le radici più profonde e il temperamento appassionato del popolo
spagnolo. Un’emozionante e autentico viaggio nel cuore della cultura spagnola, dove la
magia, la passione e il fascino misterioso incarnato nel flamenco si uniscono alle note
ammalianti della musica di BIZET, piena di impeto e di ardore, ricca di contrasti solari dai
motivi zingareschi e dall’incalzare drammatico dell’azione dell’opera.
GIOVANNA D’ARCO
“Giovanna D’Arco si racconta a noi attraverso la sua perfetta semplicità. La forza che
trascende il suo sesso e che lei, prima fra tutte,integra a quella “qualità virile” che sussurra
in tutte le donne la fede nella “trascendenza del cuore” incrollabile e giusta, danno ali e
potenza al suo richiamo. “Non si vede bene che con il cuore” fa dire Saint Exupery al
Piccol oPrincipe, “l’essenziale è invisibile agli occhi”. Ed ecco che il suo cuore non aveva
ragioni, ma forze. Forze che sole cambiano la realtà. Ed è qui la santità temporale, la
cristianità carnale di Giovanna: farsi strumento di libertà per il suo popolo .Monica
Guerritore rivive quel mistero luminoso e tragico, accostandosi al cuore della vocazione di
Giovanna, alla sua chiamata dell’Anima che si fa azione attraverso lo spirito. Dimenticando
l’immagine tramandata,Giovanna è viva attraverso gli Atti del Processo, visionaria e
poetica nei versi di Maria Luisa Spaziani. Il De Immenso di Giordano Bruno che l’attrice
inserisce all’interno dello spettacolo, sembra restituirci, non le Voci da lei udite, ma la sua
voce, che lei udiva “nel lato destro del giardino di suo padre” (come non pensare al lato
destro della sua mente).E’ così che Giovanna rivive nella nostra epoca, compagna di
ribellione e speranza del Che Guevara, di Jan Palach, accompagnata dalle immagini della
cronaca di quel giovane cinese che a piazza Tien An Men ferma col suo corpo un
carrarmato, dalle immagini di uomini e donne forti della forza che viene dall’istinto di
libertà.I fotogrammi di Dreyer, così lontani, diventano presenti e giudicanti, il sogno di
Martin Luther King testimonia come si levino alte in ogni tempo le voci contro il Potere. La
partitura musicale, di grande importanza, accosta nella massima libertà i “Carmina
Burana”di Orff, all’adagio per archi di Barber, i Queen a Tom Waits, creando quella
risonanza emotiva che permette di accompagnare Giovanna alla sua morte senza
rimanerne distanti.”Spettacolo complesso quindi, fatto di parole, immagini e musiche. D
isicuro effetto sopratutto per la presenza di una delle più grandi attrici della scena italiana.
CONCHA BONITA
Il Musical di Nicola Piovani e Alfredo Arias è uno spettacolo musicale di ispirazione
europea, ma con forti radici sudamericane. Concha Bonita è Pablo, anzi, “era” Pablo, di
professione calciatore: l'incontro con la vita e i sentieri della sensualità e la cultura parigina
lo hanno trasformato in Concha. Partito dall'Argentina come Pablo, a Parigi diventa
Concha, tanto avvenente da meritare il soprannome di Bonita. E inizia così la sua favola
europea: fa strage di cuori, si assicura l'eredità di un vecchio ricco italiano; diventa una
donna libera con una nuova, meravigliosa vita. Ma come tutte le favole, anche quella di
Concha deve superare alcuni ostacoli. I suoi si chiamano Myriam e Dolly: la sua fidanzata
che arrivate dall'Argentina a ritrovare il “vecchio” Pablo con una sorpresa, sua figlia...
Uno spettacolo insolito, sospeso a metà tra la fiaba e la commedia, sulla scia di un
concerto recitato, che individua un percorso musicale variegato: dal rock al tango, dal
melodramma alla rumba, dalla zarzuela al mambo. Un felice connubio che ha permesso al
regista attraverso il ricorso a stilemi semplici e popolari, tipici della commedia musicale, le
variazioni su un argomento per sua natura delicato e sempre rischioso nel trasporto in
scena, quale la sessualità, le sue possibili dinamiche di trasformazione e le implicazioni
conseguenti dell'essere padre o madre. Col grande messaggio finale del non avere paura
a guardarsi dentro, perché - come dice Arias - “possiamo spingerci fino in fondo alle nostre
fantasie, senza creare catastrofi nella vita di nessuno, trovando nuove strade pergli affetti
e rispettando l'innocenza degli altri”. Sulla scena un cast di eccellente bravura e gli
straordinari musicisti dell'Orchestra Aracoeli. Concha Bonita riprende la tournée con il
nuovo cast, dopo aver vinto il premio Gli Olimpici del Teatro 2005, come migliore opera
della categoria Musical o commedia musicale.
SUL LAGO DORATO
Norman Thayer e la moglie Ethel, ormai ottantenni, si ritirano a vivere gli ultimi anni della propria
vita sulla loro casa in riva al lago. Li raggiungono per l'estate la figlia, divorziata, e il suo nuovo
fidanzato, che ha già un figlio adolescente, molto problematico. Chelsea, la figlia, spera di
riuscire a ricucire il rapporto con il padre, da sempre travagliato. Ma l'incontro non funziona, e
Chelsea se ne va col fidanzato, lasciando dietro come un pacco postale ai nonni il figlio, che
ovviamente non gradisce la sistemazione. Ma la vita con i nonni, poco a poco, trasforma il
ragazzo, che in particolare apprezza la saggezza del nonno. Al termine dell'estate, Chelsea
ritorna con il fidanzato, diventato nel frattempo marito, e ringrazia i genitori per la positiva
influenza esercitata sul ragazzo. Riappacificatasi con il padre, lascia i genitori a vivere con
ritrovata serenità i loro ultimi anni. Arnoldo Foà ed Erica Blanc sono i due protagonisti di questa
tenera storia resa famosa dall'omonimo film di Mark Rydell del 1981 con Kathrine Hepburn e
Peter Fonda, che vinse ben tre premi oscar, affiancati da Loredana Giordano e Valerio Santoro.
DELITTO E CASTIGO
L'uomo è un mistero difficile da risolvere. Io voglio cercare di comprendere questo mistero
perché voglio essere un uomo”. Così scriveva nel 1839 al fratello Michail il giovane
Dostoevskij. Aveva soltanto 18 anni, ma già sapeva che avrebbe dedicato la sua vita e la
sua arte a comprendere quella tenera e crudele creatura che è l'essere umano.
Come tutti i grandi, Dostoevskij non giudica mai, piuttosto cerca di capire. Le sue storie
sono piene di inaspettate verità: lampi che accecano per l'orrore a cui può arrivare l'uomo
o illuminano la possibilità di amare che l'uomo ha dentro di sé. I personaggi nati dalla sua
fantasia sono sempre immersi nella realtà della vita: ladri, prostitute, timidi “idioti” pieni di
tenerezza, assassini, angeli di bontà. Questo è il mondo di ogni giorno, l'uomo vive la sua
lotta tra il bene e il male: una lotta faticosa che però dà alla vita la dignità di essere
vissuta. Così è per Delitto e castigo . “Resoconto psicologico di un delitto” lo definì il suo
autore. Ma quale ricchezza umana in questo racconto! Il dramma di Raskolnikov e la
solitudine misteriosa di Porfirij ci fanno scoprire verità che tutti abbiamo sepolte dentro di
noi.
RI PENSAMENTI
1 Dicembre 06
Comp. Nutrimenti Terrestri
L’Istruttoria
Di Claudio Fava
Con Claudio Gioè e Donatella Finocchiaro
regia di Ninni Bruschetta
musiche eseguite dal vivo dai Dounia
14 Dicembre 06
Comp. Ass. Culturale Q-Prod
Il Rapporto Lugano
Ovvero come salvare il Capitalismo nel XXI secolo
Con A. Questa
Di Susan George
regia di Virginia Martini
1 e 2 marzo 07
Comp. Nutrimenti Terrestri
Caligola Night Live
Con Claudio Gioè e Fabrizio Romano
scritto e diretto da Claudio Gioè
scene diRoberto de Angelis
costumi di Valentina Monticelli
video di Valentina Marianini
11 Aprile 07
Comp.Teatro Ambra Jovinelli
e Compagnia della Luna
presentano
REC
di Pietro Piovani
con Silvia Siravo
musiche originali Pasquale Filastò
regia Norma Martelli
RAPPORTO LUGANO
Lo spettacolo “Il rapporto Lugano – ovvero come salvare il capitalismo nel XXI secolo” è
tratto dal romanzo fantapolitico di Susan George: “Il rapporto Lugano” (Ed. Asterios 2000).
Lo spettacolo tratta dell’ incontro di un gruppo di scienziati, economisti e fiscalisti
convocato in una villa a Lugano per studiare la situazione attuale del sistema capitalistico
e per continuarne il mantenimento. “Il rapporto Lugano” è il risultato dell’ incontro: gli
esperti dichiarano che il futuro del capitalismo è in pericolo nel ventunesimo secolo.
Lo spettacolo è oggi partizione per una sola attrice dove, purtroppo, la fantasia è diventata
realtà.
CALLIGOLA NIGHT LIVE
Nato a tappe, attraverso tre tempi e altrettanti studi, Caligola Night live è un atto unico sul
dramma umano ed esistenziale di Caligola. Claudio Gioè (autore, interprete e regista)
mette in scena l’ultima notte dell’imperatore romano esplorando luci ed ombre della mente
del folle dittatore e proiettando nel presente le tragiche conseguenze di uno smisurato
potere, concentrato nelle mani di un unico uomo.Passato alla storia come l’emblema della
follia al potere, in questa originale riscrittura della tragedia -trascendendo il dato storicoCaligola diventa l’occasione per tracciare il ritratto di un moderno potente malato di
egocentrismo e allo stesso tempo di una società che implode sotto l’urto dei suoi stessi
limiti. Chiuso in un bunker in attesa della fine, giunto al culmine del delirio di onnipotenza,
in compagnia solo di un servitore e degli atroci fantasmi che affastellano e agitano la sua
mente, Caligola ricorda le sue folli imprese, dando vita ad un vero “one man show” in
evocazione di stile americano, in uno strano crescendo in cui si alternano monologhi,
canzoni anni ’50 da Tony Bennett a Frank Sinatra, intermezzi televisivi e un tragico ballo
col fantasma della sorella-amante Drusilla. Più che l’interpretazione storica, il campo di
indagine (e di battaglia) dello spettacolo è proprio il corpo dell’imperatore, sperduto nel
proprio delirio, imprigionato nelle sue idee e condannato a vivere ascoltando l’eco solitaria
della propria voce in un vuoto castello.Un moderno io smisurato che non riesce a reggere
il contatto con la realtà e tenta una fuga disperata quanto impossibile dai propri confini...
C’è un piccolo Caligola in ognuno di noi...
REC
Molto spesso, nel mondo contemporaneo, è proprio attraverso l'oblio — l'amnesia,
l'approssimazione — che si riproducono conservazione, immobilità, talora orrori.
Così la memoria è un punto d'arrivo e un punto di partenza — dialettica in continua
evoluzione dinamica fra passato presente e futuro —, che porta con sé valenze
umanistiche, tecnologiche e sociali insieme. Tutto ciò si ritrova nei progetti di REC 2005,
che riserva quest'anno un'attenzione particolare alle arti visive e installative (Boltanski,
Asher, Amadori, Prati), ospita le più avanzate espressioni del rock sperimentale e
dell'elettronica (Haino, Original Silence, Matmos, Asher), offre ritratti di alcuni dei maggiori
compositori d'oggi o di appena ieri (Goebbels, Clementi, Scelsi, la kermesse di
percussioni), propone alcune vivide realtà della nuova danza (mk, s.d.a.i.). L'evento di
apertura REC 2005 è di grande richiamo: due straordinarie realtà del rock sperimentale
internazionale per la prima volta in tour in Italia, per la presenza di una delle più grandi
attrici della scena italiana.
LIRICA
12 e 14 gennaio 2007
Barbiere di Siviglia di Rossini
24 e 25 febbraio
Rigoletto di Verdi
IL BARBIERE DI SIVIGLIA
di Rossini Gioacchino su libretto di Cesare Sterbini
Personaggi
IL CONTE D'ALMAVIVA: tenore
DON BARTOLO, dottore in medicina, tutore di Rosina: basso comico
ROSINA, ricca pupilla in casa di Bartolo: soprano
FIGARO, barbiere: baritono
DON BASILIO, maestro di musica di Rosina, ipocrita: basso
FIORELLO, servitore d'Almaviva: tenore
AMBROGIO, servitore di Bartolo: basso
BERTA, vecchia cameriera di Bartolo: soprano
UN UFFICIALE: basso.
Un alcade o magistrato, un notaio, sbirri, soldati, suonatori di strumenti.
I ATTO
Quadro primo
L'azione si svolge in una piazza di Siviglia all'alba. Il Conte di Almaviva, innamorato di
Rosina, ricca protetta di Don Bartolo, cerca di attirare l'attenzione dell'amata con una
serenata. Nessuno però si affaccia alla finestra ed allora il Conte si nasconde all'ombra di
un portico attendendo una occasione più propizia. Si ode intanto in lontananza la voce di
Figaro, barbiere e "factotum della città" conosciuto e apprezzato in tutta Siviglia. Giunto
anch'egli nei pressi della casa di Don Bartolo, deciso a sposare Rosina per incamerarne la
dote, incontra il Conte, sua vecchia conoscenza, al quale promette il suo aiuto. Figaro è
conosciuto in casa di Bartolo non solo in veste di barbiere ma anche di speziale. Questo
gli permetterà di presentare il Conte a Bartolo senza destare troppi sospetti. Intanto
Rosina appare al balcone: ha con sé un biglietto che vorrebbe gettare all'autore della
serenata, ma l'arrivo di Don Bartolo la costringe a non compiere il gesto. Dopo avere detto
a Bartolo che il biglietto contiene le parole dell'aria della "Inutil Precauzione" si fa
abilmente sfuggire il biglietto di mano. Il Conte riesce ad acchiapparlo. Il vecchio
indispettito esce di casa chiudendo a chiave la porta del balcone e si va ad occupare delle
nozze. Intanto il Conte di Almaviva, dopo la lettura del biglietto canta un'altra serenata a
Rosina fingendo di chiamarsi Lindoro e di essere uno studente povero, poiché non vuole
conquistare Rosina con l'aiuto del titolo nobiliare. Al termine della serenata Figaro propone
un piano al Conte per introdursi in casa di Don Bartolo. Egli dovrà travestirsi da militare del
reggimento reale e requisirà una camera in casa di Bartolo. Si dovrà inoltre fingere ubriaco
per evitare che il vecchio sospettoso lo consideri come rivale nella conquista della ricca
pupilla.
Quadro secondo
La scena si svolge in una camera della casa di Don Bartolo. Rosina vorrebbe inviare un
altro biglietto a Lindoro e chiede l'aiuto di Figaro. Il discorso viene bruscamente interrotto
dall'arrivo di Bartolo e del maestro di musica della ragazza, Don Basilio. Bartolo e Basilio
si appartano per discutere. Il vecchio vuole affrettare le nozze e allontanare Almaviva da
Siviglia. Basilio consiglia di sbarazzarsi del Conte calunniandolo. Poco dopo si allontanano
per stendere il contratto nuziale, così Figaro e Rosina possono di nuovo incontrarsi. Il
barbiere informa Rosina che Bartolo la vuole sposare l'indomani e che Lindoro vuole
incontrarla. Mentre chiede a Rosina di scrivere un biglietto per Lindoro la ragazza estrae
una busta contenente il biglietto già vergato e pronto per essere consegnato. Giunge
intanto il vecchio che comincia ad essere molto sospettoso, grazie anche ad alcuni indizi.
Si ode bussare alla porta e appare il Conte che mostra il biglietto d'alloggio. Mentre
Bartolo protesta Almaviva riesce ad avvicinare Rosina , a confidarle di essere Lindoro ed a
passarle un biglietto. Questa manovra viene notata da Bartolo che impone la consegna
della scritto nelle sue mani. Nasce un parapiglia nel quale Rosina riesce a sostituire il
biglietto amoroso con la lista del bucato. Nel mentre arrivano i gendarmi decisi ad
arrestare il commilitone ubriaco.Il Conte mostra una carta all'ufficiale che subito si mette
sull'attenti. La scena si chiude nello sbalordimento generale.
ATTO SECONDO
Quadro primo
La scena si svolge nello studio di Bartolo. Il dottore è sempre più sospettoso. Giunge
intanto nuovamente il Conte, questa volta travestito da maestro di musica. Si finge Don
Alonzo, allievo di don Basilio, giunto a sostituire il maestro ammalato.
Bartolo è diffidente ed allora per conquistare la sua fiducia il Conte mostra a Bartolo il
biglietto ricevuto da Rosina, fingendo che sia diretto al Conte d'Almaviva e lo consegna al
vecchio affinché lo possa utilizzare per calunniare il rivale. Bartolo si convince e chiama
Rosina per la lezione di musica. Mentre i due innamorati fingono di far lezione giunge
Figaro che convince Bartolo a sottoporsi ad una rasatura completa. Con una scusa Figaro
intanto riesce a sottrarre la chiave del balcone dal quale Il Conte e Rosina dovranno
passare per fuggire durante la notte. All'improvviso giunge don Basilio che, sul punto di
scoprire la verità, viene convinto a fingersi malato con una borsa di denaro. Don Bartolo
infine si accorge dell’inganno.
Quadro secondo
Don Bartolo vuole affrettare il più possibile la nozze con Rosina. Chiama Basilio che cerchi
un notaio. Intanto mostra a Rosina il biglietto datogli da Lindoro e convince la pupilla che
Lindoro non l'ama ma è solo un giovane al servizio del Conte. Rosina si fa convincere e
accetta di sposare Bartolo. Mentre Bartolo esce per chiamare le guardie Figaro e Lindoro
riescono ad intrufolarsi in casa del vecchio ed a rivelare a Rosina che Lindoro ed il Conte
sono la stessa persona. Mentre i due innamorati cercano di fuggire scoprono che la scala
pronta per la fuga è stata tolta. Intanto entrano Don Basilio ed il notaio per la stipula del
contratto nuziale. Figaro che non si è perso d'animo presenta i due ragazzi come le
persone da unire. Don Basilio è convinto a tacere con un anello in regalo e la minaccia di
una pistola. Quando arriva Don Bartolo con i gendarmi i giovani sono ormai uniti.
Il Conte rivela la sua vera identità e per placare la disperazione del vecchio tutore propone
di lasciargli in regalo la dote di Rosina. L'opera si chiude tra l'ilarità generale e la
contentezza di tutti.
RIGOLETTO
di Verdi Giuseppe su libretto di Francesco Maria Piave
Personaggi
Il Duca: Tenore
Rigoletto, suo buffone di corte: Baritono
Gilda, sua figlia :Soprano
Sparafucile, bravo: Basso
Maddalena, sua sorella: Contralto
Giovanna, custode di Gilda : Soprano
Il Conte di Monterone : Baritono
Marullo, cavaliere : Baritono
Matteo Borsa, cortigiano: Tenore
Il Conte di Ceprano : Basso
La Contessa, sua sposa : Mezzo Soprano
Un usciere di corte: Basso
Un paggio della duchessa : Mezzo Soprano
Cavalieri, dame, paggi, alabardieri.
Il soggetto di Rigoletto si ispirò a Le roi s’amuse , dramma in cinque atti di Victor Hugo,
andato in scena a Parigi nel novembre 1832. L’opera, ambientata a Mantova e nei suoi
dintorni
nel
secolo
XVI,
inizia
con
una
festa
al
palazzo
ducale.
Atto primo
Il duca corteggia la contessa di Ceprano, ma l’attira anche una fanciulla che vede ogni
domenica quando si reca, in incognito, in chiesa. Comunque le donne sono, per lui, tutte
da conquistare, purché avvenenti (ballata “Questa o quella”). Il gobbo Rigoletto, buffone di
corte, provoca il conte di Ceprano, e i cortigiani meditano di punire la sua insolenza.
Sopravviene il conte di Monterone, al quale il duca ha sedotto la figlia; Rigoletto lo
sberteggia e Monterone lo maledice. La successiva scena presenta la casa, molto
appartata, di Rigoletto. È notte e Rigoletto è avvicinato da Sparafucile, un sicario disposto
a servirlo in caso di bisogno. Rigoletto, rimasto solo, confronta la propria arma (la lingua
beffarda) con l’arma di Sparafucile, che è la spada (“Pari siamo”), ma la maledizione di
Monterone l’ha turbato. Nella sua casa vive la figlia Gilda, custodita dalla domestica
Giovanna. L’incontro tra Gilda e Rigoletto è tenerissimo, ma la giovane vorrebbe sapere
chi è stata sua madre. Una donna simile a un angelo, risponde Rigoletto, prematuramente
morta (“Deh, non parlare al misero”, che diviene duetto con la replica di Gilda “Oh, quanto
dolor”). Rigoletto raccomanda poi a Giovanna di vegliare su Gilda (“Ah, veglia o donna
questo fior”), ma proprio Giovanna, non appena Rigoletto s’allontana, consente al duca,
che si è travestito, di entrare in casa e di presentarsi a Gilda come Gualtier Maldé, il
misero studente che la segue in chiesa ogni domenica e di cui la fanciulla, pur senza
sapere chi sia, si è innamorata. Un duetto iniziato dal duca (“È il sol dell’anima”) è
interrotto dai passi di un gruppo di cortigiani, ma poi concluso dal Vivacissimo “Addio,
addio, speranza ed anima”. Rimasta sola, Gilda esprime il proprio amore per colui che
crede essere uno studente (“Caro nome”). Il gruppo dei cortigiani, che si propongono di
rapirla ritenendola amante di Rigoletto, è sorpreso dall’arrivo del buffone, che rincasa
senza egli stesso sapere perché. Nel buio, Borsa fa credere a Rigoletto che egli e i suoi
compagni intendono rapire la moglie del conte di Ceprano, il cui palazzo si trova nelle
vicinanze.
Rigoletto viene bendato giacché tutti – gli si dice – sono mascherati, e i cortigiani
rapiscono Gilda (“Zitti, zitti, moviamo a vendetta”). Rigoletto, rimasto solo, si avvede della
beffa: gli torna alla mente la maledizione di Monterone e perde i sensi.
Atto secondo
In una sala del palazzo ducale. Il duca è turbato perché, tornato di notte nella casa di
Rigoletto, non ha più trovato Gilda (“Ella mi fu rapita”); medita di vendicarsi, ma pensa
soprattutto al dolore e al terrore di Gilda (“Parmi veder le lacrime”). Entrano i cortigiani, e
gli annunciano d’aver rapito l’amante di Rigoletto (“Scorrendo uniti remota via”). Appreso
che Gilda è stata condotta nel suo palazzo, il duca corre esultante a raggiungerla
(“Possente amor mi chiama”). Sopravviene Rigoletto: simula dapprima indifferenza, poi
inveisce contro i cortigiani (“Cortigiani, vil razza dannata”); invoca infine la loro pietà, e li
scaccia quando è raggiunto da Gilda, che gli narra come abbia conosciuto il duca (“Tutte
le feste al tempio”) e come da lui sia stata ingannata e ora oltraggiata.
Rigoletto cerca di confortarla ma, alla vista di Monterone che è condotto in carcere, decide
di vendicare il vecchio conte e se stesso (“Sì, vendetta, tremenda vendetta”), mentre Gilda
invoca pietà per colui che le ha fatto del male.
Atto terzo
In riva al Mincio, nottetempo, nella locanda di Sparafucile, dove Maddalena, sorella del
sicario, ha attirato il duca, che in incognito la corteggia. Lì giunge anche Rigoletto con
Gilda, che indossa abiti maschili e che verrà fatta partire per Verona; prima dovrà però
constatare come il duca le sia infedele. Il duca, che si è travestito da ufficiale di cavalleria,
canta un’aria sulla volubilità delle donne (“La donna è mobile”); quindi dà inizio a un
quartetto con Gilda, Maddalena e Rigoletto, che culmina nell’Andante “Bella figlia
dell’amore”. Mentre Maddalena si beffa delle profferte del suo corteggiatore, Gilda ricorda
con amarezza le parole lusingatrici che il duca le aveva rivolto; Rigoletto la esorta a
dimenticare. Gilda parte, e Rigoletto anticipa a Sparafucile dieci scudi, promettendone
altrettanti quando gli sarà consegnato, chiuso in un sacco, il cadavere del corteggiatore di
Maddalena. Maddalena, tuttavia (mentre inizia un uragano, alla cui descrizione
partecipano vocalizzando a bocca chiusa le voci maschili del coro), chiede a Spararucile di
non uccidere l’avvenente giovane (ossia il duca), che nel frattempo si è disteso su un letto
trovato nel granaio e che, prima di addormentarsi, accenna qualche frase di “La donna è
mobile”; nel frattempo, Maddalena ha convinto il fratello a risparmiare il giovane ufficiale.
Sparafucile ucciderà, invece, il primo viandante che chiederà ospitalità nella locanda e ne
consegnerà il corpo, chiuso in un sacco, a Rigoletto. Ma il primo viandante è Gilda che,
spinta dall’amore per il duca, è tornata alla locanda e decide di morire per lui, dopo aver
ascoltato quanto Sparafucile e Maddalena hanno convenuto. Viene infatti pugnalata, e
quando Rigoletto aprirà, fuori dell’osteria, il sacco consegnatogli da Sparafucile, troverà il
corpo dell’agonizzante figlia. Mentre il duca si allontana cantando la beffarda melodia di
“La donna è mobile”, Gilda muore, dopo aver chiesto al disperato Rigoletto il perdono per
sé e per il suo seduttore. Nella storia dell’opera italiana Rigoletto ha curiosi precedenti,
sicuramente ignoti a Verdi, dal momento che gli studi sul melodramma del XVII secolo
sono recenti. Ad esempio la figura del buffone di corte compare in varie opere, a volte
godendo una certa libertà di linguaggio in senso satirico, come il Momo (basso) del Pomo
d’oro di Antonio Cesti (Vienna 1668). Più singolare è che nel Giasone di Francesco Cavalli
(Venezia 1649) un personaggio, Oreste, canti una canzone sulla volubilità delle donne
(“Fiero amor l’alma tormenta”) nella quale la seconda strofa inizia «È leggier la piuma al
vento», anticipando così «La donna è mobile/ qual piuma al vento» del duca di Mantova.
Va ora ricordato che tra l’11 marzo 1851 e il 6 marzo 1853, cioè in due anni, Verdi diede
alle scene Rigoletto , Trovatore e Traviata , che sono, con tutta probabilità, le sue opere
più popolari. Ciò che colpisce del Rigoletto , rispetto alle precedenti opere, è anzitutto la
rapidità con la quale gli eventi si succedono, senza però che questo pregiudichi la
caratterizzazione dell’ambiente e dei personaggi. Osserverà con amarezza Rigoletto nel
secondo atto, dopo aver confortato Gilda ‘disonorata’ dal duca: «E tutto un sol giorno
cangiare poté». Colpisce in particolare il ritmo del primo atto. Dopo il preludio, si
susseguono la ballata “Questa o quella” e il duettino con la contessa di Ceprano, che sono
già una compiuta raffigurazione scenico-musicale del duca. Analogamente, la prima frase
di Rigoletto, «In testa che avete, signor di Ceprano», esprime i provocatori atteggiamenti
che il buffone di corte si consente a spese dei cortigiani. A loro volta, con l’arrivo di
Marullo, i cortigiani apprendono che in casa di Rigoletto vive una donna e, scambiandola
per la sua amante, preparano la vendetta. Tutto questo ha una incalzante raffigurazione
melodica, il cui ritmo è frenato soltanto dall’ingresso di Monterone e dalla sua fatale
maledizione. Segno evidente dell’evoluzione di Verdi rispetto alle precedenti opere, in fatto
di ambientazione e, insieme, di tratteggio dei personaggi, è l’incontro Rigoletto-Sparafucile
della scena successiva. La melodia d’un violoncello e di un contrabbasso – sommessa, in
sordina – emerge sugli ‘staccati’ dei fiati e sui ‘pizzicati’ degli archi; ed è cupa, sinistra,
come le frasi che i due personaggi si scambiano. Quanto al “Pari siamo” di Rigoletto, che
si sviluppa su continui mutamenti di tempo, è evidente il gioco di un genere di
declamazione melodica altrettanto cangiante. Qui subentra tuttavia un contrasto tra ciò
che per il pubblico era mitico e ciò che la ‘toscanizzazione’ dei direttori d’orchestra ha
sancito. Fino a tempi recenti i baritoni erano soliti emettere un sol acuto su «follia», invece
del dimesso mi naturale previsto da Verdi. L’effetto scenico era notevole, ma menomava
un altro particolare effetto previsto dal compositore, giacché gli applausi che premiavano
l’acuto del baritono si sovrapponevano allo spettacolare scoppio dell’Allegro vivo a piena
orchestra, che coincide proprio con la ‘a’ di «follia» e con lo slancio con il quale Gilda, alla
sua prima comparsa in scena, si getta fra le braccia del padre. Il duetto che segue alterna
momenti di affannosa concitazione, come l’Allegro vivo iniziale introdotto dalla piena
orchestra (“Figlia!”, “Mio padre”), ad altri di canto disteso e affettuoso: così l’Andante “Deh,
non parlare al misero”, melodia nostalgica di Rigoletto alla quale Gilda risponde con frasi
trepidanti, all’unisono con il primo oboe e il primo violino. Questo duetto procede con
trapassi di tono, come il veemente “Culto, famiglia, patria/ il mio universo è in te”, la cui
iperbolica enfasi faceva inorridire i cultori dell’aulica compostezza rossiniana. Ma Verdi
mirava all’eloquenza scenica, che d’altronde non precludeva melodie ampie e di calda
affettuosità come il “Veglia, o donna, questo fiore” rivolto a Giovanna, la ‘custode’ di Gilda.
Ricompare a questo punto il duca, che capovolge il principio romantico del tenore vittima
del baritono (vale a dire del giovane eroe, ricco di virtù, piegato dalla scaltra virulenza di
un uomo maturo), ergendosi per di più, data l’ampiezza della sua parte, quasi a
coprotagonista. Monterone prima, quindi Gilda e Rigoletto sono le sue vittime;
consapevolmente, va aggiunto. Quando il duca, introdottosi nella casa di Rigoletto con la
complicità di Giovanna, ascolta l’ultima parte del duetto baritono-soprano e apprende che
Gilda è figlia del suo buffone di corte, si limita a un solo laconico commento, «Sua figlia!».
Malgrado questo, il pubblico ha sempre prediletto il cinico gallismo del duca di Mantova,
che tra l’altro, a differenza del Don Giovanni mozartiano, esce sempre appagato dalle sue
avventure. Ma di Gilda il duca sembra, inizialmente, sinceramente invaghito. Anzi lo è,
tanto Gilda differisce dalle sue abituali conquiste. Di qui l’appassionato “È il sol dell’anima,
la vita è amore” e la candida risposta di Gilda (“Ah de’ miei vergini sogni son queste”).
L’enfatica stretta finale (“Addio, addio, speranza ed anima”) pone il problema che investe
tanta parte dell’operismo verdiano. Apparente faciloneria musicale, ma ciononostante
aderenza all’effetto scenico; giacché il candore di Gilda è come travolto dalla dialettica del
duca. Segue il celebre “Caro nome” di Gilda. Qui Verdi si rifà, concettualmente, ma con
maggior sagacia, a un altro Allegro moderato, quello dell’aria “Lo vidi e il primo palpito”
della protagonista di Luisa Miller (Napoli 1849). Anche qui le parole spezzate da pause
evocano il battito tumultuoso del cuore. Ma in “Caro nome”, a parte l’invenzione melodica
più attraente, intervengono anche trilli brevissimi, gioiosa espressione del primo amore di
un’adolescente. Nondimeno, i gorgheggi e l’ornamentazione di “Caro nome” vanno verso i
cosiddetti soprani leggeri o di ‘coloratura’, mentre altri momenti richiederebbero maggior
espansione vocale. È una questione da tempo dibattuta e che chiama in causa, tra l’altro,
la più metodica preparazione tecnica dei soprani della metà del secolo scorso, nei cui
ranghi, sul puro piano vocale, la versatilità era abituale. Verdi compose la parte di Gilda
per Teresina Brambilla, che alternava Sonnambula e Puritani a Ernani , Nabucco , Attila ,
e che proprio nel 1851, alla Fenice di Venezia, eseguì Lucia di Lammermoor e Luisa Miller
prima del Rigoletto. Il Rigoletto vanta anche una parte corale di rilievo.
Il “Zitti, zitti, moviamo a vendetta” dei cortigiani che rapiscono Gilda è un Allegro
fortemente ritmato, mentre subito dopo, a conclusione del primo atto, è l’orchestra a
delineare la disperazione di Rigoletto. La scena e aria del duca che apre il secondo atto si
attiene, diversamente dagli altri ‘assoli’ di questo personaggio, alla struttura rituale:
recitativo (“Ella mi fu rapita”), Adagio (“Parmi veder le lacrime”) e cabaletta (Allegro
“Possente amor mi chiama”), dilazionata dal coro “Scorrendo uniti remota via” dei
cortigiani. Anche se il recitativo e l’Adagio sono ragguardevoli e cari al pubblico (non così
la cabaletta, che il più delle volte è soppressa nelle normali esecuzioni), è evidente che si
tratta d’un omaggio al tenorismo, seguito tuttavia da scene fondamentali.
L’iniziale, simulata veemenza di “Cortigiani, vil razza dannata”, che poi si muta in
un’implorazione (“Miei signori, perdono, pietade”) iterata dal corno inglese accompagnato
dai soli archi; l’entrata improvvisa di Gilda, mentre fiati e archi prorompono in un Allegro; il
patetico racconto “Tutte le feste al tempio”; il concitato “Solo per me l’infamia” di Rigoletto,
seguito dall’accorato “Piangi, piangi, fanciulla” si susseguono con straordinaria continuità
di ispirazione, per poi prorompere nell’Allegro vivo “Sì, vendetta, tremenda vendetta”:
clamoroso, plateale, primordiale sotto certi aspetti, ma teatralmente travolgente.
Il terzo atto è contrassegnato da un’inventiva melodica grazie alla quale ambientazione e
avvenimenti procedono simultaneamente, pur con marcati contrasti di tono.
Allo sconsolato colloquio iniziale fra Rigoletto e Gilda segue l’elettrizzante cinismo della
canzone “La donna è mobile” del duca, che Verdi tenne segreta ancora a prove iniziate e
che la sera della prima rappresentazione fu ‘trissata’. Quindi un breve, tetro dialogo
Rigoletto-Gilda, ma subito dopo lo stupefacente quartetto Gilda-Maddalena-ducaRigoletto, che armonizza e fonde quattro diversi stati d’animo. Quindi la tempesta, con la
singolare trovata del vento mimato a bocca chiusa dalle voci maschili del coro, il dialogo
Sparafucile-Maddalena e l’estremo sacrificio, mentre la tempesta s’intensifica. Poi, mentre
l’uragano si smorza, l’orgoglioso soliloquio di Rigoletto, che crede d’aver annientato un
uomo potente, ma è richiamato alla realtà dal canto del duca, che ancora una volta intona
“La donna è mobile”. Infine, l’ultima melodia dell’agonizzante Gilda (“Lassù in cielo, vicino
alla madre”) e l’estremo grido di Rigoletto, evocante la maledizione di Monterone.
CONCERTISTICA
1 gennaio 2007
Concerto di Capodanno
Orchestra Sinfonica di Potenza (fuori abbonamento)
29 gennaio 2007
Quartetto Terpsycordes di Ginevra
5 marzo 2007
Karl Potter percussion
12 marzo 2007
Auditorium Conservatorio di Musica Gesualdo da Venosa
Bruno Canino (piano recital)
L’Orchestra Sinfonica di Potenza
La giovane Orchestra Sinfonica di Potenza, fondata nel gennaio 2006 grazie ad un
protocollo d’intesa tra il Comune di Potenza e il Conservatorio di Musica Gesualdo da
Venosa ,fin dal suo apparire ha riscosso i più ampi consensi di critica e di pubblico. Ha
tenuto concerti sotto la direzione del M° Roberto Soldatini e del M° Nicola Samale con il
quale ha realizzato la produzione dell’Opera “Il Castello” dello stesso Maestro, in prima
rappresentazione mondiale Si è esibita in occasione del 60° anniversario della Repubblica
Italiana il 2 giugno presso il Teatro Francesco Stabile di Potenza. Ha inciso un CD con
musiche di Mozart, Beethoven, Boccherini, Satie, Bramhs, Respighi e Strauss in
occasione del Concerto del Primo Gennaio 2006 nel Teatro Francesco Stabile di Potenza.
Fra i prossimi impegni la produzione del Don Giovanni di Mozart in cartellone nella
prossima stagione lirica del Teatro il Requiem di Mozart presso il Duomo della città in
occasione dell’anniversario del terremoto del 1980.
L’Orchestra si è esibita con successo nella serata inaugurale del bicentenario della città di
Potenza la sera dell’ 8 agosto 2006 nel Teatro Francesco Stabile di Potenza.
TERRE-PSY-CORDES
Quatuor Terpsycordes
Girolamo Bottiglieri primo violino
Raya Raytcheva secondo violino
Caroline Haas viola
François Grin violoncello
Un nome che unisce la terra allo spirito, un quartetto nato dall’incontro tra un italiano, una
bulgara e due svizzeri, ispirati dalla benevola attenzione della musa Tersicore.
I quattro giovani musicisti che lo compongono formano il Quartetto Terpsycordes a
Ginevra nel 1997. La loro comune passione li conduce a studiare Quartetto con Gábor
Takács-Nagy al Conservatorio superiore di Ginevra, dove ottengono il primo premio in
virtuosismo nel 2001. Partecipano a master classes (organizzate particolarmente in
Francia dal Centro europeo per la Musica da camera “ProQuartet”) condotte dai quartetti
Amadeus, Budapest, Hagen, Italiano, Lasalle, Mosaïques, Smetana, e Via Nova. Inoltre, si
perfezionano al Centre de Musique ancienne di Ginevra. Il Quartetto Terpsycordes vince il
primo premio al LVI Concorso internazionale di Ginevra nel 2001, e viene premiato anche
nei concorsi di Trapani, Weimar e Graz. Forte dell’ampio consenso della critica e del
pubblico, si esibisce in numerosi festival e concerti. Il suo repertorio, in continua
espansione, spazia da composizioni dell’età classica, eseguite su strumenti storici, alla
musica contemporanea.
KARL POTTER PERCUSSION GROUP
Karl Potter, nato nel New Jersey (U.S.A.), è uno dei musicisti più attivi nel panorama della
world music italiana, sia come solista e animatore di band di percussioni, sia in qualità di
ricercato collaboratore di importanti artisti tra cui Gato Barbieri, Herbie Hancock, Alfonso
Johnson, Charlie Mingus, Roy Haynes, Sonny Fortune, Max Roach, Dizzy Gillespie, Los
Papines, Irakere, Jerry Gonzales. Karl Potter ha creato un suo originale progetto artistico
dedicato alle ritmiche di alcune aree del mondo mescolando differenti radici musicali e
approdando ad uno speciale stile ethno-funk che ha allo stesso tempo sapori mediterranei,
africani e di rhythm & blues della sua nativa New Jersey. Una mescolanza poliritmica
presente anche nei suoi spettacoli dove una forte carica di simpatia caratterizza la sua
improvvisazione vocale in un particolare slang napoletano/americano che facilmente
coinvolge il pubblico!!!
BRUNO CANINO
Bruno Canino, nato a Napoli, ha studiato pianoforte e composizione al Conservatorio di
Milano, dove poi ha insegnato per 24 anni pianoforte principale. Come solista e pianista da
camera ha suonato nelle principali sale da concerto e festivals europei, in America,
Australia, Giappone, Cina. Da 40 anni suona in duo pianistico con Antonio Ballista e da
quasi 30 anni fa parte del Trio di Milano. Collabora con illustri strumentisti come Accardo,
Harrell, Ughi, Victoria Mullova, Itzhak Perlman. È stato per alcuni anni direttore artistico
della società di concerti Giovine Orchestra Genovese a Genova, e in seguito per la
stagione autunnale del Campus Internazionale di musica di Latina. Attualmente è direttore
delle Sezione Musica della Biennale di Venezia. Si è molto dedicato alla musica
contemporanea, lavorando fra gli altri con Pierre Boulez, Luciano Berio, Karl-Heinz
Stockhausen, Georg Ligeti, Bruno Maderna, Luigi Nono, Sylvano Bussotti e altri di cui
spesso ha eseguito opere in prima esecuzione. Numerose le sue registrazioni
discografiche: fra le più recenti di J. S. Bach le Variazioni Goldberg, l’integrale pianistica di
Casella, e quella di Debussy per la Stradivarius di cui è uscito il primo volume. Tiene un
corso di perfezionamento per pianoforte e musica da camera del Novecento al
Conservatorio di Berna. È di recente pubblicazione il suo libro, intitolato “Vademecum del
pianista da camera” edito da Passigli Editore.
BIGLIETTI
INTERO
RIDOTTO
€ 23.00
€ 18.00
€ 12.00
€ 18.00
€ 14.00
€ 10.00
PROSA
POLTRONISSIMA E PALCHI C.LI
LOGGIONE – I° PALCO LAT.1,2,3 PIANO
PALCHI LATERALI
IL SIGNOR NOVECENTO - CONCHA BONITA
POLTRONISSIMA E PALCHI C.LI
LOGGIONE – I° PALCO LAT.1,2,3 PIANO
PALCHI LATERALI
€ 25.00
€ 20.00
€ 15.00
€ 20.00
€ 16.00
€ 12.00
€ 40.00
€ 30.00
€ 15.00
€ 32.00
€ 24.00
€ 12.00
OPERA
POLTRONISSIMA E PALCHI C.LI
LOGGIONE – I° PALCO LAT.1,2,3 PIANO
PALCHI LATERALI
CONCERTISTICA
€ 10.00
POSTO UNICO
RIPENSAMENTI
€ 10.00
POSTO UNICO
ABBONAMENTI
PROSA 9 spettacoli + 1 Ripensamenti
POLTRONISSIMA E PALCHI C.LI
LOGGIONE – I° PALCO LAT.1,2,3 PIANO
PALCHI LATERALI
€ 181.00
€ 145.00
€ 104.50
€ 156.00
€ 129.00
€ 84.00
PROSA 9 spettacoli + 1 Ripensamenti + 1
Concertistica
POLTRONISSIMA E PALCHI C.LI
LOGGIONE – I° PALCO LAT.1,2,3 PIANO
PALCHI LATERALI
€ 195.00
€ 159.00
€ 118.50
RIPENSAMENTI 4 Spettacoli
POSTO UNICO
€ 36.00
RIPENSAMENTI 4 Spettacoli + 1 Concertistica
POSTO UNICO
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€ 141.00
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