Manuale per la buona pratica agricola in olivicoltura.

MANUALE PER LA BUONA PRATICA AGRICOLA IN OLIVICOLTURA
A.Co.Pr.Ol
Ass. Consorzio Produttori Olivicoli
Manuale per la buona pratica agricola in
olivicoltura.
Reg.(CE) 1331/04
MIPAF Reg.(CE) 1331/04
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MANUALE PER LA BUONA PRATICA AGRICOLA IN OLIVICOLTURA
A.Co.Pr.Ol
Ass. Consorzio Produttori Olivicoli
Reg.(CE) 1331/04
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Fine stampa Novembre 2004
Realizzazione:
dott. Agr. Francesco COSTANZO
dott. Maurizio ROCCA
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PREMESSA
Sempre più si avverte la necessità di individuare ed applicare metodi di produzione
eco-compatibili, sia con le esigenze di conservazione degli ambienti naturali ormai
fortemente antropizzati, quali sono divenuti quelli agricoli, sia con le esigenze di
salvaguardia e tutela della salute del consumatore finale. Una duplice attenzione che va
rivestendo sempre maggiore importanza nel panorama produttivo italiano ed
internazionale anche in coltivazioni, quale quella olivicoli, da sempre ritenuta a minore
impatto ambientale sia per il limitato ricorso all’impiego di mezzi tecnici fortemente
impattanti (fitofarmaci, diserbanti, fertilizzanti chimici, ecc.) che per fabbisogni di natura
energetica. In questa ottica si inquadra il metodo di produzione disciplinato dal relativo
manuale di produzione seguendo i dettami delle buone pratiche agricole.
Le Buone Pratiche Agricole sono definite come l’insieme dei metodi colturali che un
agricoltore diligente impiegherebbe in una regione interessata (comma I dell’art. 28 del
reg. (CE) 1750/99). Il Codice di Buona Pratica Agricola, approvato con DM del 19
Aprile 1999 (G.U. n. 102 S.O. n. 86 del 4 maggio 1999), costituendo la base per
l’elaborazione di codici mirati ad esigenze regionali o locali, ha rappresentato il punto di
riferimento per l’emanazione dei rispettivi codici regionali.
La piena conoscenza delle caratteristiche del territorio dove sorge l’azienda è un passo
fondamentale per l’agricoltore che deve operare una serie di scelte primarie per il corretto
svolgimento dell’attività agricola.
Gestione della fertilità del suolo
Per una corretta gestione della fertilità
del suolo occorre tenere in considerazione
alcuni fattori quali il periodo e la profondità
di lavorazione del terreno, l’inerbimento
del suolo ecc. Le lavorazioni fatte nel
periodo estivo, provocano un’elevata
aerazione delle particelle terrose che porta
ad una notevole ossidazione della sostanza
organica, con conseguente trasformazione
dell’azoto ammoniacale in azoto nitrico,
con possibile denitrificazione dello stesso e
Terreno sottoposto alla non lavorazione (diserbo)
di conseguenza perdita di fertilità. La non
lavorazione e/o l’inerbimento del terreno sembrano essere le tecniche maggiormente in
grado di determinare nel tempo consistenti vantaggi sull’ambiente pedologico. Entrambe
favoriscono il mantenimento e l’aumento di sostanza organica nel terreno, ma hanno
effetti opposti sulla disponibilità di acqua nello stesso. La non lavorazione favorisce il
ruscellamento, con conseguente trascinamento fisico del terreno a valle; l’inerbimento
impedisce il ruscellamento e favorisce l’infiltrazione di acqua negli strati più profondi del
suolo.
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Per ottenere un rapporto corretto tra i fertilizzanti chimici e l’ambiente è essenziale
avere una conoscenza approfondita del contesto agro-pedologico nel quale gli stessi
vengono impiegati. Le analisi chimico-fisiche del terreno, e le esigenze colturali sono di
fondamentale importanza per determinare le quantità di elementi da somministrare.
Per quanto riguarda la fertilizzazione azotata, occorre impostarla su semplici bilanci tra
quanto azoto ogni coltura deve assorbire per far fronte, senza eccessi né carenze, al suo
fabbisogno fisiologico, ed i periodi in cui tali disponibilità sono più necessarie.
Per quanto riguarda le concimazioni fosfo-potassiche, occorre dire che questi elementi
sono trattenuti dal potere assorbente del terreno. La loro somministrazione va fatta nel
periodo invernale, al fine di consentirne la discesa negli strati più profondi del suolo ed
entrare in contatto con l’apparato radicale della pianta.
Gestione Del Suolo
La gestione del suolo per gli oliveti in coltura comprende le lavorazioni finalizzate al
controllo delle infestanti, all'interramento dei fertilizzanti e, ove occorra, alla
sistemazione superficiale del terreno al fine di evitare ristagni idrici ed eseguire
agevolmente le operazioni di raccolta.
Per quanto riguarda il controllo delle erbe infestanti, nei terreni in pendio, il suolo
dovrebbe restare inerbito durante la stagione invernale in cui le precipitazioni sono più
cospicue, mentre da aprile fino a settembre-ottobre si dovrà attuare il controllo delle
infestanti mediante pratiche agronomiche (erpicature, ecc.).
Nei confronti delle piante coltivate, la flora spontanea è ritenuta “infestante” in quanto
riduce la fertilità del terreno asportando gli elementi nutritivi necessari al ciclo produttivo
delle colture.
Terreno inerbito durante il periodo invernale
Terreno lavorato durante il periodo invernale
Di contro impedisce, durante i periodi invernali, l’erosione del terreno ed aumenta
l’infiltrazione dell’acqua anche negli strati più profondi (aspetto molto importante se si
considera che i terreni ulivetati sono per lo più ubicati in collina), riduce inoltre la
lisciviazione dei nitrati in falda. La copertura vegetale può essere opportunamente
ottenuta seminando una leguminosa (favino), contribuendo a migliorare la struttura del
terreno, ed aumentare la disponibilità di sostanza organica.
La profondità delle lavorazioni ordinarie deve tenere conto anche della prevalente
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distribuzione delle radici: poiché l’olivo ha un appartato radicale poco profondo, le
lavorazioni fatte per interrare i concimi o per controllare le erbe infestanti non
dovrebbero superare la profondità di 10-20 cm e in modo da non danneggiare seriamente
l’apparato radicale dell’olivo, che è piuttosto superficiale.
Le lavorazioni ordinarie vengono praticate meccanicamente, con operatrici di vario
tipo (erpici a dischi, erpici a denti, aratri a dischi, ecc.), molti dei quali capaci di
intervenire anche lungo i filari, grazie a dispositivi tastatori di cui sono corredate per
«scartare» i tronchi degli alberi.
E’ consigliabile, effettuare non più di 3-4 lavorazioni l’anno. La prima lavorazione,
eseguita a fine inverno (dopo la raccolta delle olive), serve a rompere lo strato compatto
del terreno, favorire l’aerazione e la penetrazione dell’acqua piovana. Gli altri interventi
di erpicatura, compiuti in primavera-estate, servono a interrare i concimi, a eliminare le
infestanti e per ottimizzare le risorse idriche durante il periodo vegetativo, limitandola
perdita di acqua già infiltrata per risalita capillare.
Con le frequenti lavorazioni lo strato di terreno esplorato dagli organi lavoranti viene
smosso e più o meno finemente frantumato o addirittura polverizzato, come accade, in
particolare, quando si impiegano le zappatrici
rotative. Le macchine di questo tipo « fresano
» il terreno, ne riducono la zollosità
superficiale anche quando è molto asciutto, gli
conferiscono una notevole sofficità ed
eliminano completamente le erbe infestanti
incorporandone i residui frantumati nello
strato lavorato; per contro, nei terreni
tendenzialmente colloidali, esse distruggono la
struttura e, a lungo andare, portano alla
formazione di uno strato impermeabile al di
sotto della quota raggiunta dalle zappette fresanti. Questo strato impermeabile è detto
suola di lavorazione e deriva, oltre che dall'azione diretta degli organi lavoranti, anche
da fenomeni di eluviazione chimico-fisica per effetto dei quali le minutissime particelle
solide, che, si formano nello strato più superficiale dei terreno sotto l'azione disgregante
delle zappette, vengono trasportate verso il basso dall'acqua di percolazione e si
depositano, cementandosi, nella zona di transizione fra il terreno lavorato e quello
incolto. In corrispondenza della suola si ha una quasi totale impermeabilizzazione del
terreno, con gravi conseguenze per il ricambio idrico e per gli scambi gassosi.
Per ritardare la formazione della suola è consigliabile evitare l’utilizzo delle zappatrici
rotative nei terreni colloidali; alternare tipi diversi di macchine operatrici (erpici a denti,
erpici a dischi…ecc), in modo da cambiare il tipo di trattamento del terreno. La suola di
lavorazione non si forma nei terreni tendenzialmente sabbiosi in quelli sottoposti al
diserbo chimico, inerbiti o non lavorati.
Inerbimento
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L'inerbimento costituisce un'alternativa alle lavorazioni ordinarie e consiste nel
favorire il rivestimento del terreno occupato dagli impianti arborei con un prato
permanente, sottoposto a frequenti sfalci e lasciando sul posto l'erba tagliata. Varianti di
questa tecnica sono il controllo ormonico della crescita del prato, ottenuto, ad esempio,
con irrorazioni di pacobutrazolo (P 333),
e l'inerbimento temporaneo ottenuto
eliminando in modo non permanente, con
trattamenti disseccanti, la parte epigea
del prato, ma non l’apparato radicale.
Il
più
immediato
vantaggio
dell'inerbimento è rappresentato dal fatto
che la presenza di un cotico erboso sulla
superficie del terreno offre una maggiore
portanza alle macchine che possono così
meglio transitare negli interfilari e recare
meno danno al terreno anche quando
Terreno inerbito anche in estate
questo è molto bagnato. Il cotico riduce
quindi il costipamento esercitato dai
pesanti mezzi meccanici sul terreno e la formazione di profonde orme.
Nei terreni declivi l'inerbimento previene l'erosione. In generale, poi, i terreni inerbiti
sono più porosi e permeabili, a struttura più stabile, più aerati, più ricchi di humus, specie
in superficie, e con una maggiore attività dei microrganismi aerobi. Manca, o è molto
ridotta, la suola di lavorazione.
Nel terreno inerbito la temperatura del suolo presenta oscillazioni meno ampie che nel
terreno lavorato; durante la primavera e l'estate, il riscaldamento è più graduale e la
temperatura si mantiene più bassa.
In seguito al miglioramento delle caratteristiche fisiche del terreno l'inerbimento agisce
in senso positivo sulla costituzione delle naturali riserve idriche, limitando lo scorrimento
superficiale dell'acqua e valorizzando la maggiore permeabilità e capacità d'invaso del
terreno stesso.
Nei terreni inerbiti le radici delle piante arboree risalgono verso la superficie come
avviene nei terreni diserbati chimicamente. L'inerbimento, realizzato soprattutto per
ridurre il compattamento e l'erosione del terreno, ha notevoli risvolti anche sulla
nutrizione delle piante:
- fa aumentare la dotazione in sostanza organica e migliora tutte le caratteristiche
fisiche del suolo; di conseguenza gli elementi nutritivi sono meno soggetti alle perdite per
insolubilizzazione (cioè la trasformazione degli elementi in composti insolubili) o
lisciviazione (cioè il dilavamento da parte delle acque) e le radici degli alberi possono
esplorare una massa di terreno maggiore;
- le radici salgono fino alla superficie e possono ugualmente giovarsi delle
concimazioni, in particolar modo di elementi poco mobili come il fosforo ed il potassio,
rendendosi facilmente assorbibili; mentre nei terreni lavorati i concimi vengono
mescolati ad una massa maggiore di suolo, ma in tale massa le radici vengono distrutte
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dalle stesse lavorazioni;
- è particolarmente indicato nei terreni caratterizzati da uno strato attivo poco
profondo, consentendo alle radici di esplorare quella porzione di terreno che
normalmente è interessata dalle lavorazioni;
- parte degli elementi nutritivi assorbiti dall'erba viene trasportata nelle radici
profonde, che prima o poi muoiono e si decompongono, liberando nuovamente i
nutrienti. Al posto delle radici morte dell'erba si creano inoltre dei piccoli canali, lungo i
quali si possono muovere sia le radici che gli elementi nutritivi;
- l'erba assorbe elementi nutritivi, ma questi sono sottratti alle piante solo temporaneamente, perché i residui dello sfalcio dell'erba restano sul campo. Anzi,
l'assorbimento degli elementi da parte dell'erba e la loro trasformazione in composti
organici ne limitano le perdite
per
insolubilizzazione
e
lisciviazione.
Possiamo affermare quindi
che l’oliveto inerbito richiede
una maggiore concimazione
solo nei primi due o tre anni;
successivamente si attiva un
ciclo che garantisce comunque
l'utilizzo dei fertilizzanti da
parte degli alberi da frutto ed
anzi la nutrizione vegetale
risulta migliorata rendendo
possibile una riduzione delle Con l'inerbimento (a sinistra nel disegno) le radici salgono anche in superficie e
possono giovarsi della concimazione anche se i fertilizzanti non vengono
concimazioni.
al terreno come invece avviene con le lavorazioni (a destra nel
Per quanto riguarda infine la incorporati
disegno). Inoltre con l'inerbimento la coltura richiede una maggiore concimazione
nutrizione fosfo-potassica, i solo nei primi due o tre anni: successivamente si attiva un ciclo che garantisce
comunque l'utilizzo dei fertilizzanti ed anzi la nutrizione vegetale risulta migliorata
terreni inerbiti presentano meno e si possono ridurre le concimazioni
problemi di quelli lavorati,
anche perché, oltre alla risalita delle radici delle piante verso lo strato superficiale del
terreno, il cotico erboso funge da ponte nella traslocazione di questi due elementi dalla
superficie agli strati sottostanti del terreno. È stato rilevato che il fosforo, al pari del
potassio, può essere assorbito dalle piante erbacee in superficie e poi essere da queste
escreto in profondità attraverso le radici sotto forma di composti organici assimilabili da
parte delle piante di olivo consociate. L'inerbimento del terreno può avvenire
naturalmente, sospendendo le lavorazioni o il diserbo chimico.
Diserbo
Il diserbo chimico persegue lo scopo di eliminare le piante infestanti somministrando
prodotti chimici senza intervenire con le lavorazioni dello strato più superficiale del
terreno.
La gamma dei formulati disponibili è vasta.
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I prodotti utilizzati a tale scopo sono classificati come:
- Erbicidi (ad azione sistemica) i quali distribuiti sulle foglie delle erbe spontanee
entrando in circolo nella pianta determinandone la morte;
- Disseccanti, i quali causano un temporaneo disseccamento degli organi epigei del
cotico erboso ma non del loro apparato radicale, che consentirà alle piante di
ricostituirsi nuovamente;
Per la completa eliminazione delle infestanti perenni occorre intervenire, a fine
primavera ed ai primi di settembre,
con erbicidi (ad azione sistemica) a
basso impatto ambientale, in altre
parole, meno persistenti e che si
degradano in composti non tossici
(glyphosate, glyphosate trimesio e
glyphosate ammonio. Con principi
attivi al 40% la dose è di 1 lt/hl).
Il diserbo chimico non influisce
sulle caratteristiche fisiche del
terreno mentre può interferire
sull'economia
della
nutrizione
minerale delle piante in quanto
determina una minore disponibilità
Trattamento diserbante con atomizzatore a barre posteriori
di fosforo e potassio negli starti
sottostanti del terreno. Le radici delle piante coltivate in terreni sottoposti al diserbo
chimico, non disturbate dalle lavorazioni, risalgono nello strato più superficiale, e vi
sviluppano un abbondante capillizio assorbente, nettamente superiore a quello rilevabile
nei terreni lavorati. Questo contribuisce a migliorare la capacità della pianta nel trovare
ed
utilizzare
elementi
nutritivi
scarsamente mobili nel terreno come il
fosforo ed il potassio, direttamente dalla
superficie dello stesso.
In arboricoltura oltre al diserbo totale si
attua il cosiddetto diserbo controllato,
esteso solo ad una striscia lungo i filari,
lasciando gli interfilari inerbiti, favorendo
il movimento delle macchine anche
quando il terreno è bagnato. In autunno e
in inverno, quando la presenza di un
cotico erboso è invece vantaggiosa (o
almeno non dannosa) i trattamenti
Terreno sottoposto a diserbo chimico
diserbanti vengono sospesi.
Concimazione
Per una corretta concimazione, durante la fase produttiva, è opportuno eseguire le
analisi del terreno, per conoscere la disponibilità elementi nutritivi al fine di correggere
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eventuali carenze.
Nei terreni sciolti, scarsi di colloidi, l’approfondimento dei fertilizzanti azotati,
fosfatici e potassici è subordinato solo alla loro solubilità e alla percolazione dell'acqua,
quindi all'andamento delle precipitazioni. In queste condizioni anche i concimi fosfatici e
potassici possono essere a pronto effetto.
Nei terreni compatti e tendenzialmente argillosi (ricchi di colloidi), solo i fertilizzanti
azotati (nitrici) si spostano con facilità insieme all’acqua piovana che attraversa gli starti
del terreno, mentre l’azoto ammoniacale il fosforo ed il potassio sono trattenuti dal potere
assorbente del suolo. In particolar modo i composti fosfatici e potassici procedono solo di
pochi centimetri ogni anno e quindi raggiungono molto più lentamente lo strato occupato
dalle radici assorbenti degli alberi.
La pratica delle concimazioni ordinarie, richiede un periodico controllo delle
disponibilità nutrizionali del terreno, in modo da calibrare l'apporto degli elementi
fertilizzanti in termini di reintegrazione delle quantità via via asportate.
Sul finire del ciclo annuale un'eccessiva disponibilità di azoto è pregiudizievole,
perché esalta e prolunga in modo anomalo l'attività vegetativa e perché influisce
negativamente sulla maturazione e sulla qualità dei frutti; senza contare che i fertilizzanti
azotati somministrati tardivamente, per esempio in autunno, si disperdono facilmente in
profondità con le piogge, aggravando così il problema dell'inquinamento delle falde
acquifere e comportando, per di più, un inutile dispendio finanziario ed energetico.
Modalità di fertilizzazione: gli elementi nutritivi possono essere somministrati al
terreno con varie modalità: sull’intera superficie o in maniera localizzata intorno a
ciascuna pianta; in superficie o interrati. Nel somministrare i fertilizzanti al terreno è
necessario distribuirli in corrispondenza delle aree maggiormente esplorate dalle radici
assorbenti e, al di fuori della proiezione della chioma, evitando le zone più vicine al
tronco. Il rispetto di questo criterio non è indispensabile nel caso di impianti a elevata
densità, ma è essenziale quando i filari sono molto distanziati.
La concimazione di produzione: l’intervento al terreno coincide con il momento in
cui la pianta ha completato la prima fase di sviluppo vegetativo e inizia a fruttificare in
modo significativo. Per quanto riguarda la concimazione azotata, questa
somministrazione può essere frazionata in due momenti dell’anno: due terzi poco prima
della ripresa vegetativa (febbraio-marzo) e, la parte restante, prima della fioritura
(maggio-giugno). Nel caso in cui la mignolatura risultasse scarsa, è buona norma evitare
la seconda somministrazione per non favorire eccessivamente lo sviluppo vegetativo
dell’albero con formazione di rami sterili al pedale (polloni) o sulle branche (succhioni).
La proposta di dividere la somministrazione dei concimi azotati in due periodi è valida
negli impianti dov’è previsto un soccorso irriguo (per la Calabria generalmente queste
realtà sono la minoranza). Per le altre situazioni è preferibile somministrare i concimi
azotati nel periodo in cui si prevede una buona piovosità (fine inverno-inizio primavera).
Il boro è un microelemento particolarmente importante per la vitalità e la produttività
dell’olivo. La sua attività è collegata al metabolismo degli idrati di carbonio, alle azioni
di diversi sistemi enzimatici e a funzioni ormonali. Regola la vitalità del polline e
dell’apparato riproduttivo femminile (sacco embrionale), quindi positiva risulta essere
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l’azione di questo elemento sulla formazione e sulla vitalità degli organi fiorali.
La concimazione fogliare è la tecnica che, sfruttando la capacità delle foglie di
assorbire rapidamente sia micro, sia macro elementi, consente la distribuzione diretta di
fertilizzanti (organici e minerali) alla pianta, attraverso la parte epigea (foglie). Rispetto
agli organi già lignificati le foglie hanno, infatti, una maggiore capacità d’assorbimento e
tale meccanismo è sempre più accentuato nelle foglie giovani rispetto a quelle vecchie. In
particolare l’azoto è l’elemento più facilmente assorbito e tra i diversi composti azotati,
l’urea è il concime più rapidamente assimilato.
Per ottenere discrete produzioni da una pianta di olivo (e contemporaneamente anche il
minor impatto ambientale) è necessario somministrare una quantità di fertilizzanti tali da
integrare gli elementi nutritivi asportati con la raccolta, potatura…ecc, aumentati di circa
1/3 o poco più, per sopperire alle perdite degli stessi elementi non assorbiti dalle piante.
Le asportazioni di elementi nutritivi con produzioni di 100 q. li di olive sono:
Azoto (N) 90 kg;
Fosforo (P) 40 kg;
Potassio (K) 100 kg.
L'azoto, può essere somministrato in due soluzioni. La prima alla ripresa vegetativa
(marzo) con una dose/ha pari al 50% della quantità totale di elemento necessario; la
seconda somministrazione (50%) può essere fatta dall’inizio della fioritura
all’indurimento del nocciolo. La somministrazione deve essere ridotta del 20% nel caso
in cui si esegue il sovescio di favino. In base alle norme della BPAn del Reg. CE 1257/99
si possono somministrare:
100 unità/ha d’azoto;
60 unità/ha di fosforo;
150 unità/ha d’ossido di potassio.
Poiché le dosi/ettaro di elementi nutritivi da dover somministrare deve essere
aumentata di 1/3 rispetto alle asportazioni per sopperire ad eventuali perdite per
denitrificazione, immobilizzazione…ecc, ma non devono superare le quantità imposte
dalla BPAn, possiamo indicare un piano di concimazione adeguato prendendo in
considerazione tre tipi di concimi chimici presenti in commercio:
ELEMENTO
UNITA' FERTILIZZANTE
DOSE DI CONCIME PER ETTARO (q.li/ha)
Azoto
100
Urea 2,18 q.li/ha
Fosforo
60
Perfosfato min. 3 q.li/ha
Potassio
150
Solfato di potassio 3 q.li/ha
Per quanto riguarda i microelementi, il tipo di carenza più frequente per l’olivo è
quello relativo al boro che si corregge però agevolmente somministrando borato di sodio
al terreno o per via fogliare con soluzioni all’ 1%o.
Dopo la concimazione, nei terreni non sottoposti al diserbo o alla non lavorazione, si
deve intervenire con una lavorazione superficiale (erpicatura) per favorire l'interramento
del concime somministrato, in particolar modo per il fosforo ed il potassio. Nei terreni
inerbiti, non lavorati o diserbati le radici assorbenti delle piante risalgono in superficie,
per cui si troveranno a stretto contatto con l’elemento somministrato.
I reflui oleari contengono quantità apprezzabili di elementi nutritivi minerali. Infatti,
sono molto ricchi in potassio ed in quantità più ridotte, possiedono anche azoto, fosforo e
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magnesio. Essendo prevalentemente costituiti da sostanza organica, essi sono un ottimo
substrato per lo sviluppo della microflora che permette un miglioramento delle proprietà
chimico-fisiche del suolo. La distribuzione delle acque di vegetazione e delle sanse negli
oliveti, è consentito nel rispetto dei limiti e divieti imposti dalla legge n. 574.
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DIFESA FITOSANITARIA
Al fine di ridurre l’utilizzo dei prodotti chimici ed assicurare, contemporaneamente,
una produzione quanti-qualitativa valida sarà necessario che l’imprenditore agricolo
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consideri sotto una nuova luce il complesso organismo della sua azienda. Le siepi,
dovranno essere considerate come veri fattori di produzione per i molteplici ruoli che
possono svolgere, come: rifugio per uccelli ed insetti utili…ecc. Allo stesso modo il
suolo deve considerarsi come un ecosistema complesso e non più come un substrato
inerte utilizzato solo per ospitare le radici delle piante, per cui si utilizzeranno tutti gli
interventi agronomici (inerbimento, lavorazioni superficiali, ecc.) che permettano di
limitare la diffusione di malattie fungine attraverso microlesioni dell’apparato radicale.
I principali fito-patogeni dell'olivo che in Calabria causano i maggiori danni sono: la
Mosca dell'olivo (Bactrocera oleae), e l'Occhio di pavone (Spilocaea oleagina). Tra i
fito-patogeni minori troviamo: la tignola (Prays oleae), l'oziorrinco (Othiorrhynchus
cribricollis), il fleotribo (Phloeotribus scarabeoides), la cocciniglia mezzo grano di pepe
(Saissetia oleae), il cotonello dell’olivo (Eufillura olivina), mentre per quanto riguarda i
funghi ritroviamo la verticilliosi il cui agente eziologico è il Verticillium dahlie.
Bactrocera oleae
La mosca dell’olivo, inizia il suo ciclo i primi di
giugno. In condizioni climatiche favorevoli può
compiere fino a 6 - 7 generazioni l’anno.
I primi attacchi, a carico delle drupe (olive), con
punture per lo più sterili, si verificano in giugnoluglio, allorché queste hanno un grado di inoleazione
dell’1-2% e la dimensione di un cece.
Il ciclo biologico dell’insetto
L’attività ovideponente è, nei nostri ambienti
olivicoli,
Adulto di Bactrocera o. (femmina)
massima in
due periodi: il primo in giugno-luglio, il
secondo, molto più intenso in settembreottobre. Valori di umidità relativa (anche del
20% in agosto), tipici delle zone centromeridionali, in combinazione a temperature
estive elevate, conducono a bruschi valori di
alta mortalità, soprattutto di uova e larve di I
età, fino al 90%. In tali condizioni gli adulti,
pur resistendo molto meglio, presentano arresto
dell’attività riproduttiva con riassorbimento dei
Punture di Bactrocera oleae
follicoli ovarici . Di solito le condizioni
favorevoli vengono ristabilite con le prime piogge di fine estate che riportano le drupe
alle condizioni di turgore e grossezza che inducono l’ovodeposizione. Nel mese di
giugno-luglio la femmina depone un solo uovo per ogni frutto, (in annate con forti
infestazioni più femmine possono deporre sullo stesso frutto). Le larve si nutrono della
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polpa delle olive, e dopo aver completato lo
sviluppo, si impupano nel terreno o sulla pianta o
nel frutto.
In autunno con l’arrivo delle prime piogge (che
fanno ingrossare il frutto) e con temperature,
medie ottimali, 15-18°C si verificano massicce
infestazioni soprattutto negli anni di scarsa
produzione. Le generazioni si susseguono fino alla
raccolta, accavallandosi tra loro.
Galleria di escavazione della larva
Sistemi di monitoraggio e metodi di lotta
La lotta non è semplice e richiede, per singole aree omogenee, l’acquisizione di diversi
parametri:
- dinamica dei voli degli adulti con trappole cromotropiche costituite da tavolette di
plexiglas adesive di colore giallo. Il numero di trappole da applicare per ettaro è di tre,
disposti ai vertici di un triangolo equilatero. La soglia di intervento per le olive da olio è
di 3 femmine ettaro, riconoscibili per la presenza dell’ovopositore all’estremità
dell’addome, mentre per le olive da tavola è di una femmina per ettaro.
- valutazione della % di infestazione attiva (uova e larve), che consiste nel prelevare
campioni di 100 olive (10 olive raccolte su 10 piante). I campioni vanno prelevati dopo
l’inizio del processo di lignificazione del nocciolo e nel corso del campionamento vanno
scelte le olive più grosse e più colorate. Per le olive da
olio, si interviene quando 10 olive/100 presentano larve
vive nella polpa; mentre per le olive da tavola si
interviene quando 2 olive/100 presentano larve vive
nella polpa.
- la curva di inoleazione delle drupe. Gli attacchi a
carico delle drupe da parte del dittero iniziano allorché
le stesse hanno una % di inoleazione (quantità di olio
nella polpa) dell’1-2%, e quando le stesse hanno le
dimensioni di un cece.
Nelle zone più esposte all'attacco, i trattamenti si
eseguono indicativamente nei mesi di luglio, settembre
Trappola cromotropica
ed i primi di ottobre, rispettando i tempi di carenza
prima della raccolta. Il momento del trattamento deve
essere, in ogni caso, programmato sulla base delle catture e della % di infestazione
attiva, rispettando sempre i tempi di carenza del prodotto impiegato.
Metodo di lotta preventivo o adulticida. Con questo metodo si utilizzano le esche
proteiche avvelenate adoperate solo su una parte della chioma (quella rivolta a sud) o
solo parte delle piante (di solito a filari alterni). In questo caso l’esca proteica (proteine
idrolizzate) è mescolata a un insetticida persistente.
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Negli ultimi anni sono stati affrontati, in altre regioni italiane, studi di laboratorio e di
pieno campo riguardanti la possibilità di controllo della mosca dell'olivo mediante l'uso
di prodotti ad attività antibatterica tra i quali è stato sperimentato, con un certo successo,
l'uso dei prodotti rameici. II rame agisce sulla superficie della drupa riducendo
enormemente le popolazioni batteriche, fonte naturale di alimento per gli adulti oltre ad
essere una presenza necessaria per i processi digestivi delle giovani larve, inibendo così
la capacità riproduttiva della mosca e producendo anche una forte mortalità a carico dei
primi stadi dello sviluppo del dittero. L'uso di prodotti ad attività antibatterica può
permettere una forte riduzione, se non addirittura la soppressione, dell'uso di prodotti
insetticidi non selettivi. L'impiego di prodotti rameici è limitato ad 1 o al massimo 2
interventi da eseguirsi nei momenti di massima presenza di femmine ovideponenti (fine
agosto primi di settembre). I prodotti chimici efficaci contro il dittero sono riportati a
pagg. 27-30.
Prays oleae.
L’adulto è una piccola farfalla con ali anteriori grigio argenteo con macchiette nere
sparse ed ali posteriori a margine sfrangiato (queste
caratteristiche rendono abbastanza agevole il
riconoscimento dei maschi adulti catturati nelle
trappole a colla innescate con il feromone sessuale)
(vedi figura). Il fitofago compie 3 generazioni
annue, la prima sui fiori (antofaga), la seconda sui
frutti (carpofaga) e l’ultima sulle foglie (fillofaga).
La generazione antofaga normalmente causa un
Adulto di Prays oleae
diradamento dei fiori, che nella maggior parte dei
casi non comporta diminuzione di produzione, ciò perché una pianta di olivo porta più di
un milione di fiori, anche, la generazione fillofaga viene sopportata bene dalla pianta e
raramente diviene dannosa. Di conseguenza nella realtà solo la generazione carpofaga
provoca dei danni alla produzione con la cascola precoce delle olive, infatti con il
secondo volo (che inizia in maggio per raggiungere il picco in giugno), la deposizione
avviene sul calicetto dei frutti che in questa fase hanno la grossezza poco più di un acino
di pepe; le larve che nascono dalle uova (circa dopo una settimana) penetrano
velocemente all’interno della drupa attraverso i fasci fibro-vascolari recidendoli per poi
insediarsi all’interno del nocciolo e nutrirsi del seme quando questo ha assunto
consistenza gelatinosa (in genere ciò avviene nella prima quindicina di luglio). Dopo
essersi nutrita dei contenuti della mandorla o nocciolo, la larva matura (da fine agosto a
ottobre) esce dalla drupa attraverso la zona peduncolare. Questa generazione (carpofaga)
è sicuramente la più dannosa sia per densità di popolazione sia perché i frutti attaccati
sono soggetti a cascola per l’ingresso delle larve nelle olive (luglio) e successivamente
per la fuoriescono dal frutto (da agosto a ottobre).
Sistemi di monitoraggio e metodi di lotta
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Nel periodo che va da aprile a giugno, è
possibile monitorare il volo degli adulti
(maschi) con trappole a feromone in modo
da individuare l’epoca più opportuna per
eventuali interventi fitoiatrici, da eseguire,
contro gli stadi larvali che colpiscono i
frutti (generazione carpofaga).
La tignola è soggetta, allo stato di larva,
a forti decimazioni dovute a repentine
variazioni di temperatura e di umidità.
Inoltre è controllata, naturalmente, da
Trappola a feromone
predatori quali l’Ageniaspis fuscicollis
praysincola che depone il suo uovo
poliembrionico nell’uovo del Prays dando luogo alla formazione di 10-20 individui di
Ageniaspis f..
La soglia di intervento per la generazione carpofaga si ha quando l’attacco della
generazione antofaga è di 10 - 20 fiori colpiti su 100 esaminati (10-20 maggio).
La lotta nei confronti della tignola è rivolta unicamente nei confronti delle larve di
seconda generazione, a tal riguardo è stato opportuno monitorare il volo degli adulti e
intervenire con prodotti riportati a fine manuale (schede allegate pagg. 27-30).
Altro metodo per stabilire se intervenire sulla generazione carpofaga è rappresentato
dal monitoraggio del volo degli adulti (maschi) con trappole a feromone individuando il
picco massimo dei voli, ed intervenendo circa 7-10 giorni dopo. Alcuni dei prodotti
fitosanitari a base di organofosforici quali dimetoato, triclorfon, fenitrotion ecc., (schede
allegate pagg. 27-30), si devono eseguire a piena chioma, 7-10 giorni dopo il picco di
volo e comunque prima dell’indurimento del nocciolo ed in particolar modo quando il
frutto ha le dimensioni di un grano di pepe (dall’1 al 10 giugno).
Phloeotribus scarabaeoides
Il fleotribo è uno scolitide che vive
sull'olivo.
Gli adulti, prima di accoppiarsi,
scavano cunicoli («covacci» o «gallerie
di maturazione») alla biforcazione dei
rametti di 1-3 anni, nel punto di
inserzione delle foglie e delle
infiorescenze. In seguito, le femmine
Adulto di Phloeotribus
penetrano nella corteccia dei rami
deperiti e soprattutto sui residui appassiti della potatura, per scavare una galleria di
prolificazione trasversale a due bracci, all’interno delle quali deporranno le uova.
I danni maggiori sono causati dagli adulti che con le loro numerose escavazioni
provocano la morte dei rami colpiti con conseguenti perdite di produzione. Le piante
infestate deperiscono progressivamente.
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Ciclo biologico
Lo scolitide sverna soprattutto allo stato adulto nei covacci scavati alla biforcazione dei
rametti e, meno frequentemente, allo stato di larva. Alla fine di febbraio o in marzo si
portano sui rami deperiti e soprattutto sui residui appassiti della potatura che
costituiscono il substrato ideale per le ovideposizioni. La femmina penetra nella
corteccia e viene fecondata da un solo maschio. Aiutata dal compagno, che espelle la
rosura, essa scava una galleria di prolificazione trasversale entro la quale depone
complessivamente da 10 a oltre 100 uova.
Le larve dopo la nascita scavano gallerie individuali. All'estremità delle stesse si
impupano per dare gli adulti. Questi sciamano verso la fine di maggio o in giugno e
raggiungono la maturità sessuale penetrano in corrispondenza dell'ascella fogliare, della
biforcazione dei rametti di 1-3 anni o nel punto di attacco delle infiorescenze rami e
scavando «gallerie di maturazione». Dalle loro uova ha poi origine la seconda
generazione, con popolazioni più ridotte rispetto a quelle precedenti poiché il substrato
disponibile è costituito dai pochi rami deperiti o spezzati presenti nell'oliveto. Gli adulti
di questa generazione compariranno in agosto e scavano le loro gallerie di maturazione
anche alla base delle drupe provocandone la caduta. Si ha poi la terza ed ultima
generazione dell'annata i cui adulti svernanti sfarfalleranno in ottobre.
Metodi di lotta
La difesa si basa essenzialmente sulla distruzione dei rami infestati e dei resti della
potatura che costituiscono il substrato per lo sviluppo delle covate. Un valido metodo di
lotta è rappresentato dai «rami esca» da sistemare, in fasci, in zone ombreggiate
dell'oliveto per ritardarne l'essiccamento in modo da attirare gli adulti prolificanti. la
presenza del tipico rosume bianco visibile sulle frasche, corrisponda all’entrata della
femmina ovideponente. Questo substrato va però asportato e bruciato entro la metà di
maggio, prima dello sfarfallamento degli adulti. Prodotti chimici a pagg. 27-30.
Otiorrhincus cribricollis.
Le varie specie di oziorrinco hanno un
ciclo biologico alquanto simile. Compiono
una sola generazione all'anno e svernano
tramite larve in fase più o meno avanzata di
sviluppo. Gli adulti fuoriescono in genere in
marzo-aprile o anche dopo, mentre per
Otiorrhincus c. la comparsa avviene in
giugno. Gli adulti di giorno si rifugiano nel
Adulti di Oziorrinco
terreno e durante le ore notturne si
arrampicano sulle piante e compiono
caratteristiche erosioni del margine fogliare, i quali appariranno seghettati.
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L'attività trofica si prolunga per più mesi
interrompendosi talora nel periodo più caldo
dell'estate, durante il quale si nascondono nel
terreno, per poi ricomparire in autunno.
Metodi di lotta
La difesa si rivela talora
difficile per il lungo periodo
Foglie colpite da Oziorrinco
di attività degli adulti, per la
presenza di più specie con
differenti epoche di uscita e
per i frequenti casi di resistenza ai comuni insetticidi impiegati
ripetutamente. Si possono utilizzare fasce di resinato di lana poste
sul tronco per bloccarne la risalita sulle parti epigee della pianta.
Prodotti chimici di controllo: pagg. 27-30.
Fasce di protezione
Eufillura olivina
Il cotonello dell’olivo si manifesta con la formazione di ammassi cotonosi alle
estremità dei germogli. L’attacco inizia sul finire dell’inverno, in occasione delle prime
giornate tiepide.
Metodi di lotta
Può
essere
facilmente
controllato
indirettamente eseguendo razionali potature di
sfoltimento che favoriscono la circolazione
dell’aria e la penetrazione della luce, creando così
un ambiente poco adatto allo sviluppo dell’insetto.
Gli attacchi si manifestano in primavera, ma sono
subito bloccati dalle alte temperature. In via del
tutto eccezionale in caso di forti infestazioni si
può ricorrere alla lotta chimica con i prodotti
riportati in allegato (pagg. 27-30), alla comparsa
di infestazioni, cercando di colpire le prime
generazioni che si manifestano in primavera
Ammassi cotonosi causati da Eufillura o.
(aprile-maggio).
Saissetia oleae
La cocciniglia depone le uova dalla primavera all’estate
con un massimo nel mese di giugno. Compie da una a due
generazioni l’anno. Sverna allo stato di neanidi di II o di III
età, e raggiunge lo stadio di adulto tra la fine di aprile ed i
primi di Luglio. Questi ultimi iniziano ad ovideporre, e
continuano fino alla fine di luglio. Il grosso delle neanidi,
che nascerà tra la fine di luglio ed i primi di agosto non
Adulti di Saissetia oleae
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raggiunge entro l’anno lo stadio di adulto, e trascorrerà l’inverno successivo allo stadio di
neanide di II o III età.
Le piante fortemente attaccate subiscono danni da sottrazione di linfa, e danni
(indiretti) dall’emissione dell’abbondante melata su cui si stratificano diversi
microrganismi fungini dei generi (Capnodium, Cladosporium, Alternaria) questi causano
le fumaggini (croste nere) con l’intreccio dei loro miceli su foglie, rami e tronco, con
maggiore intensità nelle parti basse e medie delle piante. Queste fumaggini sono molto
temute dagli olivicoltori, esse, infatti, ostacolano fotosintesi e traspirazione. Piante
fortemente affette da cocciniglie e fumaggine presentano defogliazione, accartocciamento
di germogli e scarsa fruttificazione anche negli anni successivi a quelli di una prima forte
infestazione.
Metodi di lotta
Già nella fase di fissazione le neanidi vanno incontro a una mortalità che è
abitualmente del 90-95%. L’insolazione diretta, la temperatura elevata e la bassa umidità
dovute a venti caldi, le piogge violente eliminano gran parte delle neanidi neonate.
La Saissetia è combattuta in natura da coccinellidi (Exochomus quadripustulatus).
Tutti gli autori sono concordi nel suggerire interventi chimici nei periodi in cui siano
presenti gli stadi giovanili più sensibili. Ciò accade abitualmente in luglio-settembre. Il
prodotto più idoneo al contenimento della cocciniglia, è l’olio minerale leggero, usato da
solo o attivato con esteri fosforici (metidation, buprofezin) e il carbaril. Contro la
fumaggine può essere utile agire direttamente miscelando all’olio un prodotto cuprico o
acuprico, oppure usando solo il rame. I prodotti chimici di controllo: pagg. 27-30.
Zeuzera pyrina
La Zeuzera pyrina è il rodilegno che
causa notevoli danni a molte colture
arboree, compreso l’olivo.
Gli adulti sfarfallano a partire da
maggio, e sono presenti nell’arboreto fino
a luglio. L’attività degli adulti è notturna.
Le femmine depongono un gran numero di
uova (fino a 2700) in corrispondenza
del foro delle vecchie gallerie e nelle
Adulto di Zeuzera pyrina
screpolature corticali. Le larve di colore
giallo, appena nate si disperdono sulle parti alte della pianta dove attaccano germogli e
rametti, e solo quando hanno raggiunto un certo sviluppo scavano gallerie nel tronco e
nei rami. Gli attacchi larvali sono resi evidenti dalla presenza di fori sugli organi colpiti, e
dai granelli escrementizi rossastri che si accumulano sul terreno sotto le piante infestate.
Le gallerie larvali causano deperimenti vegetativi e diminuiscono la resistenza
meccanica della pianta, esponendola a rischi di rotture causate dal peso delle olive,
dall’azione di scuotitura meccanica o dal forte vento. Durante le prime fasi, le larve
fuoriescono più volte dai rametti per penetrare in altri di maggior diametro o per scavare
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gallerie ascendenti nel tronco e nei rami di più grosse dimensioni. L'attività dello scavo
delle larve prosegue per tutta l'estate e
l'autunno, rallentando durante l'inverno.
In primavera le larve divengono di nuovo
molto attive e raggiunta la maturità si
incrisalidano e dalle stesse sfarfalleranno
gli adulti (maggio). Gli adulti sono grosse
farfalle dalle ali bianche cosparse di punti
neri e sono presenti da inizio maggio a
metà agosto.
Crisalide di Zeuzera pyrina
Metodi di lotta
La lotta a questo parassita è alquanto complicata per due motivi: 1) le larve
parassitizzano gli organi interni della pianta per cui i normali trattamenti non riescono a
raggiungerle; 2) il lungo periodo di ovideposizione delle femmine. La difesa si può
realizzare a vari livelli:
1. Contro le giovani larve presenti sui germogli e i rametti, si possono effettuare
alcuni trattamenti alla vegetazione, distanziati di 20 giorni (tempo di carenza
del prodotto), nei mesi di Giugno-Luglio, con prodotti ad azione citotropica
come l’azinphos methyl. Altri principi attivi secondari utilizzabili sono:
teflubenzuron; esteri fosforici ad ampio spettro di azione (fosfamidone,
diclorvos, methamidofos).
2. Per le larve già internate a livello del tronco e dei grossi rami si può realizzare
una lotta chimico-meccanica basata sull’uccisione delle stesse nelle gallerie con
filo di ferro o con insetticidi in formulazione spray (propoxur + ciflutrin nome
commerciale: ILDENAL PLUS), anche se richiedono un grosso impiego di
manodopera.
3. In questi anni è in via di definizione una forma di controllo sulle infestazioni di
Zeuzera tramite la cattura massale. Ciò si realizza attraverso trappole a
ferormone, cercando di catturare tutti i maschi presenti nell’arboreto, di modo
che le femmine non possono essere fecondate. Attualmente questa tecnica è
realizzata disponendo 5 trappole ad ettaro. Le trappole devono essere sistemate
al sopraggiungere dei primi caldi primaverili (fine aprile-inizi di maggio), con
sostituzione del ferormone ogni 4-6 settimane, coprendo il territorio fino a
settembre.
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PATOLOGIE DELL’OLIVO
Spilocaea oleagina
I sintomi causati dall’occhio di
pavone sono particolarmente evidenti
sulle foglie ove compaiono delle
macchie dapprima piccole e brunastre
che successivamente si ampliano, fino a
raggiungere il diametro di 10-12 mm, ed
assumono un aspetto vellutato con una
colorazione bruno-grigiastra, più scura
nella parte periferica; in alcuni periodi
(soprattutto estivi) le macchie risultano
circondate da zonature di color giallo,
verde o rosso-brunastro che richiamano gli «occhi» della parte terminale della penna di
pavone. Le foglie infette cadono anticipatamente provocando in tal modo anche il
disseccamento di rami o di branche.
Le infezioni prodotte da questo micete possono avvenire durante tutto l'anno nei climi
miti; nelle regioni meridionali d’Italia, di norma, non si registrano attacchi nei mesi estivi
per il permanere di lunghi periodi siccitosi e delle scarse precipitazioni. I valori termici
ottimali si aggirano sui 18-22°C mentre le temperature estreme, minime e massime, che
bloccano il patogeno risultano essere rispettivamente di <2°; >30°C. Perché avvenga
l'infezione è poi necessaria un'alta umidità relativa ed un elevato numero di ore di
bagnatura delle foglie (24-48 ore). L'acqua piovana, oltre a consentire ai conidi (organi di
propagazione del fungo) di germinare e perforare la cuticola fogliare, svolge un'azione
primaria nella disseminazione di questi germi.
La presenza dell’Occhio di pavone, è in ogni modo individuabile attraverso la diagnosi
precoce della malattia con il metodo Loprieno Tenerini (immersione di 100 foglie in una
soluzione di idrossido di sodio al 5% a 50°C per pochi minuti).
Difesa
Un’efficace misura di lotta contro questa malattia si basa in primo luogo su razionali
interventi di potatura ed attraverso la riduzione della massa di inoculo presente sulla
pianta, intervenendo con uno o due trattamenti a base di rame, da farsi dopo la comparsa
delle lesioni fogliari, in modo tale da provocare la caduta a terra delle foglie infette. Dal
terreno i conidi difficilmente sono in grado di raggiungere le foglie per provocare nuove
infezioni. Il programma dei trattamenti preventivi va deciso zona per zona in relazione
all'andamento climatico e all'intensità con la quale questa affezione si presenta
solitamente nell'ambiente intervenendo subito dopo piogge infettanti con i tradizionali
sali di rame oppure con ziram. Si eseguono almeno tre interventi chimici l’anno,
ripetendo il trattamento se perdurano le condizioni climatiche favorevoli allo sviluppo del
patogeno, o se si verificano piogge dilavanti:
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1° a fine settembre
2° tra novembre e dicembre
3° a meta Febbraio
Verticillium dahlie
E’ una tracheomicosi che infetta i tessuti vascolari
della pianta. E’ un patogeno da ferita, e penetra
attraverso le radici (essendo l’inoculo presente in
questo elemento). La malattia si diffonde con l’acqua.
Poiché è un fungo polifita, oltre all’olivo attacca
anche piante ortive come: pomodoro, peperone,
melanzana...ecc, la coltivazione di ortaggi tra i filari
degli oliveti possono favorire la diffusione della
malattia.
I sintomi sono: ingiallimento delle foglie simile ad
una carenza di azoto, e successiva defogliazione
talvolta anche dell’intera pianta, se la malattia è
diffusa su tutto l’apparato radicale.
Difesa
Non esistono prodotti chimici in grado di arrestare
la malattia. I migliori risultati sono stati conseguiti
Ramo disseccato colpito da Verticillium
con l'impiego di dodina. Il Fosetil-alluminio, peraltro non ancora registrato per l’impiego
in olivicoltura, è il principio attivo che ha dato migliori risultati, iniettandolo nel tronco o
eseguendo irrorazioni sulla chioma. La lotta agronomica si basa nel limitare le fonti di
diffusione (coltivazione negli interfilari di piante ortive, ristagni idrici…ecc.), ed evitare
ristagni idrici. I prodotti a base di rame applicati dopo eventi traumatici (potatura,
grandine,…ecc) espletano un azione preventiva, ma non curativa. Se le piante colpite
dovessero seccare, è necessario estirparle e procedere alla disinfezione del terreno con
prodotti specifici.
OPERAZIONI COLTURALI
Irrigazione
L’olivo, come si sa, è fra gli alberi più resistenti alla siccità; ma, al tempo stesso, è fra
quelli che reagiscono con maggiore evidenza e positività alla disponibilità di acqua,
particolarmente nei momenti critici e cioè nel periodo che va dall’allegagione
all’indurimento del nocciolo e, poi, durante la fase in cui le drupe riprendono
l’accrescimento. Gli effetti positivi dell’irrigazione si manifestano non solo sulla
produttività dell’annata, ma anche sull’alternanza di produzione, in misura maggiore di
quanto sia possibile ottenere attraverso una razionale potatura e una adeguata nutrizione.
Per quanto riguarda il metodo irriguo, anche per l’olivo, il metodo più conveniente sotto
ogni aspetto è rappresentato dall’irrigazione localizzata (microirrigazione), questo
consente un’efficienza di distribuzione dell’acqua, prossima al 90-95%.
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Raccolta
L'epoca di raccolta ottimale è compresa
tra l'inizio dell'invaiatura e la non completa
maturazione del frutto (prima che la polpa
diventi scura). Per garantire la massima
qualità dell'olio si deve assicurare l'integrità
delle drupe attraverso la riduzione degli
impatti meccanici e l'impiego, per il loro
trasporto, di cassette rigide fessurate. La
raccolta dovrebbe iniziare quando la
maggior parte delle olive comincia ad
"invaiare" (olive con pelle giallognola e
macchie di colore rossastro) mostrando la
Operazione di raccolta (Az.Agr. De Medici)
superficie parzialmente o completamente
colorata e la polpa ancora chiara. Infatti, in
questo stadio la raccolta, oltre a garantire la
massima quantità di olio per pianta, consente l'ottenimento di un prodotto di elevata
qualità grazie alla presenza, in quantità ottimale, di tutte le componenti che concorrono
alla migliore conservabilità dell'olio (sostanze fenoliche) e alla sua caratterizzazione
organolettica. Inoltre, in questo stadio la pianta è ancora in grado di produrre e di
mobilizzare sostanze di riserva verso altri organi, come i rami a frutto e le relative
gemme ascellari e favorirne il differenziamento a fiore, quindi la raccolta delle olive nella
fase di inizio-piena invaiatura riduce il fenomeno dell'alternanza produttiva non
compromettendo la produzione dell'annata successiva.
L’olio ottenuto dalle olive è l’unico olio che si estrae dalla polpa di un frutto
(mesocarpo), mentre tutti gli altri oli in commercio, sono estratti dall’endosperma del
seme (olio di seme). Da questo, la necessità di mantenere integro il frutto (in particolar
modo evitando gli attacchi della mosca) al fine di ottenere oli qualitativamente migliori.
Nel corso della maturazione delle olive è ormai accertato che la composizione dell'olio
si modifica drasticamente in peggio e, in particolare, successivamente all'invaiatura si
osserva:
La riduzione del contenuto in sostanze fenoliche e la conseguente minore protezione
dell'olio nel corso della conservazione alle ossidazioni;
l'aumento dell'acido linoleico, composto molto più suscettibile all'ossidazione
rispetto all'acido oleico;
l'appiattimento del profilo aromatico.
Oltre a ciò, la degradazione naturale delle sostanze pecto-cellulosiche delle pareti
cellulari provoca una riduzione della consistenza della polpa delle olive. Tale fenomeno
può incidere, indirettamente, sulla qualità dell'olio influenzando la resistenza meccanica
delle olive nella fase di raccolta e post-raccolta. Durante il trasporto-conservazione del
frutto, per effetto dello schiacciamento, si possono infatti verificare all'interno della polpa
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dell'oliva una serie di fenomeni degradativi riconducibili in primo luogo alla rottura della
struttura delle cellule oleifere. Una raccolta troppo precoce, per contro, oltre a non
garantire la massima resa, può dare origine ad oli con un'eccessiva nota di amaro e
piccante persistente anche durante la conservazione, che potrebbe essere non gradita dai
consumatori.
La raccolta dei frutti dal suolo o recuperati su
reti sollevate dal terreno, non garantiscono un
prodotto di elevata qualità. Pur prelevando le
olive ad intervalli piuttosto brevi con tale
modalità di raccolta difficilmente si riesce ad
ottenere olio classificabile come extravergine, in
quanto le olive che cascolano sono quasi sempre
sovra-mature o danneggiate. Il sistema di
raccolta con reti fisse e caduta spontanea del
frutto, è giustificato solo in quelle realtà dove la
tipologia del territorio o le dimensioni degli olivi
Reti fisse per la raccolta delle olive
non consentono alternative.
Sin dalla raccolta è consigliabile adottare
l'uso di cassette o cassoni areati. L'anticipo
della raccolta allo stadio di maturazione
ottimale, come illustrato precedentemente,
migliora la conservabilità delle olive, la cui
polpa è più consistente e quindi meno
soggetta allo schiacciamento.
Nel caso di lunghi periodi di permanenza
delle olive nei contenitori prima della
trasformazione, la presenza delle foglie
facilita ulteriormente il ricircolo di aria in
seno alla massa.
Al giorno d'oggi, l'olivicoltura da reddito richiede l'impiego di mezzi meccanici per la
raccolta che, pur necessitando di varietà adatte ed opportune forme di allevamento, ne
riduce i costi unitari, che per
l'olivicoltore
tradizionale
rappresentano dal 40% al 60%
dell'intero costo di produzione,
e, accelerando tale operazione,
garantisce una buona qualità
dell'olio prodotto.
A titolo esemplificativo,
nella figura accanto è riportato
un
possibile
diagramma
Figura n. 1 Diagramma operativo della raccolta meccanica con scuotitrice
operativo
di
raccolta
(fonte CNR, 1978)
meccanizzata con scuotitore.
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Nel caso di interventi chimici contro la mosca o l’occhio di pavone eseguiti prima della
raccolta deve tener conto del periodo di sicurezza (intervallo di tempo che va dall'ultimo
trattamento all'inizio della raccolta delle olive) e della solubilità del principio attivo
utilizzato. Tra gli insetticidi sono, infatti, da preferire quelli che contengono principi
attivi solubili nell'acqua (es.: Dimetoato è allontanato con le acque di vegetazione) a
quelli solubili nell’olio (es.: Paration, Fention; quest’ultimo alquanto famoso il cui nome
commerciale è “Lebaycid”) che potrebbero concentrarsi nell'olio estratto.
I CONTENITORI DA UTILIZZARE PER LA RACCOLTA IL TRASPORTO E LA
CONSERVAZIONE DELLE OLIVE
II trasporto e la conservazione delle olive
sono sicuramente tra le fasi più critiche
dell'intero ciclo produttivo. Le olive devono
essere trasformate il più presto possibile dopo la
raccolta, preferibilmente entro 12 ore dalla
stessa. L'intervallo di tempo tra la raccolta e la
molitura (fase di post-raccolta) andrebbe
minimizzato soprattutto per olive mature, e
quando le condizioni del frantoio non
Cassoni forati
garantiscono basse temperature e sufficiente
aerazione. Ad ogni modo, non si dovrebbero superare i 2-3 giorni di stoccaggio in quanto
l'ulteriore prolungamento del tempo di sosta
induce effetti deleteri sul profilo qualitativo
dell'olio, quali l'aumento dell'acidità e la
comparsa di difetti organolettici ("muffa",
"riscaldo", "avvinato-inacetito", "rancido",
etc.).
Durante il trasporto delle olive in frantoio
e nelle fasi di carico e scarico, i danni
meccanici alle olive devono essere
minimizzati onde prevenire fermentazioni e
sviluppo di muffe. Sin dalla raccolta è
Cassoni forati e cassette usati in un cantiere di raccolta
consigliabile usare cassette o cassoni forati.
STOCCAGGIO DELLE OLIVE
Lo stoccaggio e la movimentazione delle olive al frantoio può avvenire nelle stesse
cassette (basse, ampiamente finestrate, di plastica) utilizzabili per il conferimento, oppure
possono essere adoperati cassoni di plastica di maggiori dimensioni (200-300 Kg di
capacità), sovrapponibili, che rappresentano la migliore soluzione per la movimentazione
ed il breve stoccaggio nel frantoio.
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Le olive, sia in cassette che in cassoni,
devono essere stoccate in locali freschi,
ben areati, al riparo dall'acqua, dal vento,
da rischi di gelate e lontano da fonti di
cattivi odori
(stalla, letame, gasolio,
fumo, etc.). La temperatura dell'ambiente
di stoccaggio non dovrebbe mai superare
i 25°C e l'umidità relativa dovrebbe
essere sempre al di sotto del 75%.
La conservazione in sacchi di juta o,
peggio ancora, in sacchi di plastica deve
essere assolutamente evitato.
Cassoni forati utilizzati per lo stoccaggio delle olive
(Frantoio Boca Ottavio)
Potatura
La potatura ha fini essenzialmente economici in quanto si prefigge di correggere,
quando occorre, il comportamento naturale
della pianta in modo da renderlo di massima
utilità per il coltivatore. Nel caso specifico
dell’olivo, la potatura tende a costituire un
albero di forma e struttura comoda per
l’esecuzione
delle
operazioni
più
impegnative, come la raccolta e la stessa
potatura, e a permettere la penetrazione
dell’energia luminosa nelle varie parti della
chioma, ad attenuare l’alternanza di
produzione, a favorire l’arieggiamento della
fronda per renderla meno suscettibile di
attacchi parassitari.
Potatura di produzione
E’ la potatura che si compie per favorire la produzione dell’albero, conservare la forma
di allevamento scelta e mantenere equilibrio tra
attività
vegetativa
e
attività
produttiva.
Nell’olivicoltura da olio l’obiettivo principale è di
conseguire elevate produzioni e alta qualità dell’olio.
I Tagli
Il taglio di eliminazione deve essere effettuato in
prossimità del punto di inserzione sull’asse principale
del ramo da sopprimere lasciando intatto il collare
della branca. Se il taglio viene eseguito troppo vicino
al punto di inserzione, la cicatrizzazione della ferita
avviene più lentamente; si deve anche evitare di
lasciare una porzione di legno residuo troppo lunga,
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perché il moncone rimanente, una volta disseccato, può costituire luogo di insediamento
di parassiti.
Intensità
L’intensità di potatura dovrebbe tenere conto anche del carico dei frutti, adattare la
potatura in funzione di ciò è molto importante per l’olivo per l’elevata tendenza
all’alternanza di produzione di questa specie. Negli anni di forte carica, la crescita dei
rami è ridotta e la potatura dell’anno seguente dovrebbe essere limitata alla sola
eliminazione dei succhioni e dei rami poco sviluppati senza sfoltire eccessivamente i
rami fruttiferi. Nella primavera successiva ad un’annata di bassa produzione, al contrario,
gli alberi dovrebbero essere potati più severamente in modo da ridurre il numero di nuovi
rami ed il potenziale produttivo. Bisogna notare che quanto consigliato sopra è l’opposto
del modo di agire tipico degli olivicoltori, che tendono a non potare molto dopo l’anno di
scarica perché aspettano un’elevata produzione, viceversa successivamente all’anno di
carica. Così facendo, il comportamento alternante dell’albero viene esaltato invece che
ridotto. La potatura dovrebbe essere leggera nella primavera seguente un anno carica e
più severa dopo un anno di scarica per cercare di opporsi alla naturale tendenza
alternante.
Residui della potatura
L’interramento preceduto dalla trinciatura in
campo con macchine, consente di ridurre le
dimensioni del materiale legnoso, agevolando così
l’attacco dei microrganismi per una rapida
decomposizione dei residui in humus ed elementi
nutritivi; per ogni tonnellata di residui di potatura
con una umidità del 50% si liberano circa 4 Kg di
azoto, 0,5 Kg di fosforo, 4 Kg di potassio, 5 Kg di
calcio e 1 Kg di magnesio. Appare tuttavia, più
razionale procedere al recupero e reintegrazione
dei suddetti sottoprodotti.
Allegati tecnici sui metodi e le epoche di intervento pagg. 27-30:
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