Progetto di ricerca per l’ammissione al XXVIII ciclo del dottorato di ricerca
presso l’Università della Calabria
Back to the roots.
La drammaturgia di Caryl Phillips
1. Premessa
L‟interesse primario che anima il mio progetto di ricerca è quello di approfondire gli studi
sull‟esperienza teatrale di Caryl Phillips. Durante il periodo di redazione della mia tesi di laurea
magistrale negli Stati Uniti (alla Fairmont State University, West Virginia), dal titolo Caryl
Phillips’s Stageplays, ho potuto verificare in quale misura, sia l‟apporto di singoli autori, sia la
ripresa di fecondi filoni di pensiero ed ambiti teorici legati al periodo postcoloniale, abbiano
contribuito a far analizzare i testi teatrali di Caryl Phillips - quando ciò è avvenuto - quasi
esclusivamente secondo l'ottica che caratterizza i suoi romanzi; atteggiamento contro cui lo stesso
autore ha spesso avuto da ridire, dal momento che non ama e non si riconosce in facili etichette.
Caryl Phillips, scrittore anglo-caraibico nato a St. Kitts, nei Caraibi, nel 1958, è meglio conosciuto
nel panorama degli studi post-coloniali per i suoi romanzi, come The Nature of Blood (1997),
Higher Ground (1989), Crossing The River (1994) o l‟ultimo, In The Falling Snow (2009, unico
romanzo tradotto in italiano da Bernardo Draghi e pubblicato nel 2011 dalla casa editrice
Mondadori con il titolo Sotto la Nevicata). Uno studio approfondito della sua drammaturgia sembra
fondamentale proprio perché i testi teatrali inaugurano la sua carriera letteraria, non senza lasciare
profonde tracce nella successiva attività narrativa. Il punto di partenza della mia ricerca sarà
indicare gli aspetti e i problemi da indagare in relazione al tema, delimitando i confini della stessa e
illustrandone i principali obiettivi per proseguire poi verso una approfondita analisi dei testi teatrali.
Mi sembra dunque necessario partire da un sintetico riferimento allo status quaestionis con rimandi
alle fonti già utilizzate, alla bibliografia sull‟argomento e alla critica già esistente.
2. Status quaestionis
L‟Inghilterra, dove i genitori dello scrittore emigrano quando Caryl Phillips ha solo dodici
settimane di età, è il background della sua formazione letteraria; infatti frequenta il Queen‟s College
ad Oxford. Già durante gli anni dell‟adolescenza, coltiva la passione per il teatro ed egli stesso
afferma: «I spent the tail-end of my teenage years assiduously travelling to Stratford upon-Avon
and London in order that I might gorge myself on a heady mix of “classic” Shakespeare productions
and new plays»1. Nutre in quegli anni, infatti, la grande ambizione di diventare regista teatrale e si
cimenta nella direzione di alcune pièces dei suoi autori preferiti come Shakespeare, Ibsen, Pinter e
Tennessee Williams, e non è certo una mera coincidenza se il suo debutto come scrittore avviene
proprio con opere teatrali poiché, come scrive: «The theatre was in my blood long before I knew I
1
Phillips C., “I Could Have Been a Playwright”, in G. V. Davis, A. Fuchs, Staging New Britain, Aspects of Black and
South Asian British Theatre Practice, P.I.E.- Peter Lang, Bruxelles, 2006, p. 37.
1
wanted to write, but once I had decided that I wanted to write inevitably it was to the theatre that I
turned»2. Tre sono le opere che vengono messe in scena e pubblicate tra il 1980 e il 1984: Strange
Fruit (1981), i tre atti che inaugurano la sua carriera letteraria, viene rappresentato per la prima
volta al Crucible Theatre a Sheffield nel 1980; Where There is Darkness (1982) e The Shelter
(1984) vengono messi in scena per la prima volta al Lyric Theatre (Hammersmith), rispettivamente
nel 1982 e nel 1983. Rough Crossings (2007), trattandosi di un adattamento dall‟omonimo romanzo
di Simon Schama, rappresenta un caso a parte e viene rappresentato nel 2007 in vari teatri come il
Birmingham Repertory Theatre, il Lyric Theatre (Hammersmith, London), la Liverpool Playhouse e
la West Yorkshire Playhouse.
I testi teatrali di Phillips sono caratterizzati dalla complessità, dalla pluralità e
dall‟interdisciplinarità, che emergono affrontando forti questioni come quelle di “razza”, classe e
sesso e, spesso, mettono al primo posto voci ed esperienze individuali. Studiare questi testi significa
partire dalla loro analisi, senza dimenticare che il testo teatrale è ben più complesso di un testo
scritto per essere letto e che il teatro di Caryl Phillips è il risultato dell‟attività di un uomo di lettere,
la cui profonda formazione letteraria non può non lasciare che visibili tracce anche nelle opere di
teatro. Il punto di partenza di questa ricerca è rappresentato, dunque, dal testo drammatico scritto da
Phillips e considerato elemento indispensabile per la realizzazione della messa in scena.
La capacità di introspezione che l‟autore dimostra di possedere nei confronti dei suoi personaggi
deriva, oltre che dalla sua sensibilità, anche da tutte le esperienze, le situazioni e le sensazioni
vissute e sperimentate sulla propria pelle. Si tratta di problematiche con le quali cerca di scendere a
patti proprio attraverso la scrittura, sforzandosi di dare delle risposte al suo multiple sense of home
alla sua high anxiety of belonging e, non ultima, alla dicotomia esistenziale del suo essere black e
British, instabile base di tutta la sua esistenza. I suoi sono lavori a cui l‟autobiografismo non è
completamente estraneo, ma non è nemmeno eccessivamente dominante. I protagonisti, infatti, sono
tutti emigranti di colore che vivono le loro vite lacerate e sdoppiate tra due terre e due culture
diverse. Ma le tensioni espresse non sono solo quelle derivanti dalla terra di origine (i Caraibi); dai
personaggi creati dalla penna di Caryl Phillips traspare, bensì, un modo diverso di rapportarsi alla
realtà che si manifesta in una voglia di rivalsa nei confronti di quella realtà che accoglie
l‟emigrante, come anche quelli che mettono l'individuo di fronte a se stesso, alle sue umane
debolezze, alle sue delusioni, ai suoi sogni.
Il teatro di Caryl Phillips nasce, insomma, dall'incontro di molteplici forze: dal forte legame con i
classici della drammaturgia inglese, come William Shakespeare, allo sguardo fisso dell'autore stesso
verso le contraddizioni sociali e culturali della sua terra di adozione. Il testo drammatico si intreccia
fortemente con la sfera socio-culturale e storica dell‟autore, diventandone ufficiale manifesto e
mostrando una cura ossessiva per la struttura drammaturgica, le descrizioni didascaliche e dei
personaggi, la dimensione dello spazio e del tempo, della musica e della lingua.
3. Obiettivi
È proprio in questo punto cruciale che la mia ricerca si snoda. L‟obiettivo di questa indagine è uno
studio dei testi drammatici di Caryl Phillips che prescinde da qualsiasi tipo di categorizzazione in
cui la critica ha cercato di inserirlo. Una delle prerogative di coloro che hanno intrapreso studi su
Caryl Phillips è stata proprio quella di attribuire allo scrittore una sorta di etichetta letteraria. Elena
Machado Sáez ha affermato infatti che «Caryl Phillips forms part of the postcolonial generation of
2
Caryl Phillips, “I Could Have Been a Playwright”, in G. V. Davis, A. Fuchs, Staging New Britain, Aspects of Black
and South Asian British Theatre Practice, P.I.E.- Peter Lang, Bruxelles, 2006, p. 38.
2
Caribbean writers […]»3, mentre, la sua più fervida studiosa, Benedicte Ledent, lo cita tra i
maggiori scrittori caraibici: «[…] many of the papers in the collection are studies of major
Caribbean novelists, poets or playwrights, not only Wilson Harris and Caryl Phillips, but also
Edward Kamau Brathwaite, Michelle Cliff, Linton Kwesi Johnson, Paule Marshall, V.S. Naipaul,
and Derek Walcott, to mention just the most famous among them»4. Possiamo elencare anche alcuni
articoli con titoli emblematici come quello di María Lourdes López Ropero: Travel Writing and
Postcoloniality, Caryl Phillips’s The Atlantic Sound5; la dissertazione di Rini Vyncke: From The
Final Passage (1985) to In the Falling Snow (2009): Caryl Phillips as a Second Generation
Postcolonial Author6; o l‟articolo di Tsunehiko Kato: Caryl Phillips as a Black British Writer: The
Experience of Caribbean Immigrants After World War II78.
È sicuramente vero che gran parte della scrittura di Caryl Phillips, sia fiction che non-fiction, sia
incentrata su narrazioni di schiavitù (contemporanea e non) e che nei suoi scritti siano posti in
primo piano i problemi legati al displacement, all‟identity e alla memory che caratterizzano
l‟esperienza dei migranti; ma è pur vero che i conflitti culturali, derivanti dalla condizione
diasporica, portano Phillips a scrutare anche il suo potenziale trans-culturale. Infatti, gran parte del
suo lavoro attraversa tensioni derivanti da numerosi opposti - tra i quali home/exile o strangeness/
familiarity - che lo permeano di una certa ambiguità, la stessa combinazione che ritroviamo nella
sua vita che attraversa culture differenti quali quella africana, europea, indiana, ed ebraica; anche
per questa ragione è stato spesso designato come postcolonial o Caribbean, Black British, British e,
di recente, African-American. In realtà, come si è già detto, Phillips è un autore che non può, né
vuole, essere etichettato. È lui stesso a non riconoscersi in questi campi in cui le sue opere vengono
inserite e a rifiutare apertamente qualsiasi tipo di classificazione che i critici tentano di conferirgli.
In un‟intervista a Rosalind Bell, che gli chiede: «When people question you about where you are
from or where you are now, do you find inherent in that a question of your loyalty?», Phillips
risponde: «Absolutely. All the time. Whenever I go to a conference, particularly if it is in Britain,
Germany, Canada, wherever, people always want to find a label for me». E ancora, in un‟altra
intervista, dichiara apertamente: «What I write about and what label people choose to apply to me,
has absolutely nothing to do with me»9.
In Strange Fruit, per esempio, Errol respinge la fidanzata bianca, Shelley, che è incinta di lui. Lui e
suo fratello, Alvin, non hanno un bel rapporto e non vanno nemmeno d‟accordo con la madre che è
molto preoccupata per la situazione familiare. Quindi, la dimensione teatrale di Phillips è un
discorso che va al di là del problema di identità degli scrittori post coloniali. Questa dimensione di
appartenenza lo porta alla ridefinizione del concetto di home che ancora oggi appare in Phillips
multiplo, tanto da fargli dire: «[…] the feeling is one of familiarity […] I recognise the place, I feel
3
Elena Machado Sáez, “Postcoloniality, Atlantic Orders, and the Migrant Male in the Writings of Caryl Phillips”, Small
Axe, Number 17 (Volume 9, Number 1), March 2005, pp. 17-39, p.18.
4
Bénédicte Ledent, “Bridges Across Chasms: Towards a Transcultural Future in Caribbean Literature”, Liège Language
Literature, 2004, Introduction p.IX.
5
María Lourdes López Ropero, “Travel Writing and Postcoloniality: Caryl Phillips's The Atlantic Sound”, Atlantis, 25.1
(June 2003), pp. 51-62.
6
Rini Vyncke, From The Final Passage(1985) toIn the Falling Snow(2009): Caryl Phillips as a Second Generation
Postcolonial Author, MA dissertation, Ghent University, Belgium, 2009-2010.
7
Kato, Tsunehiko, “Caryl Phillips as a Black British Writer: The Experience of Caribbean Immigrants After World War
II”, Ritsumeikan Annual Review of International Studies, 1 (2002), pp. 121-132.
8
I suoi romanzi sono stati definiti “postcoloniali” o “postmoderni”. Cecilia Acquarone, “Barriers, Borders and
Crossings in two Postmodern Novels: Caryl Phillips‟s The Nature of Blood and Zadie Smith‟s White Teeth”, EPOS, 24
(2008), pp. 207-221.
9
Jacqueline Bishop and Dolace McLean, (Re) Rooted: An Interview with Caryl Phillips, Calabash A JOURNAL OF
CARIBBEAN ARTS AND LETTERS, Volume 4, Number 2: Spring/Summer 2007.
3
at home here, but I don‟t belong. I am of, and not of, this place»10. Phillips si sente un familiar
stranger, come direbbe George Lamming, dentro e fuori il luogo in cui vive; si trova nella posizione
di in-betweeness, di sdoppiamento tra il mondo britannico e quello caraibico a cui inevitabilmente il
colore della pelle lo lega. È un doppio sentimento quello che lo avvicina ma allo stesso tempo lo
allontana dai West Indians di seconda generazione, dei quali sente e „semplicemente‟ accetta di far
parte, senza tuttavia identificarvisi completamente: «I had to accept the fact that I was a part of a
new generation of West Indians in England who were very different from their parents»11. Così
descrive il suo stato d‟animo durante il periodo di Oxford: «I felt that I was being cut away from the
black community at a time when it need all its articulated voices to engage in the ongoing debate. I
was stuck with this rather strange question: I didn‟t know if the best thing to do would be to get my
degree first and then to contribute»12.
4. Conclusioni
Secondo queste affermazioni, è giusto imprimere a Caryl Phillips varie etichette letterarie?
Possiamo sicuramente affermare che la scrittura di Caryl Phillps abbia anche una venatura postcoloniale, ma non solo; tramite una close reading di tutto il suo universo letterario cercherò di
cogliere il vero significato della sua arte drammatica, che è quello che sta dietro a qualsiasi
generalizzazione a cui, inevitabilmente, le etichette letterarie possono portare. È questo “altro”
dell‟universo teatrale di Phillips che vorrei poter portare alla luce per verificare analogie con gli
autori a lui contemporanei e anche con quelli cronologicamente più lontani come William
Shakespeare. Analizzare l‟esperienza drammaturgica dell‟autore con queste premesse potrebbe
rivelare altre possibili e non meno importanti letture dei suoi testi teatrali; senza contare che questo
tipo di lettura potrebbe aiutarci a leggere i suoi celebri testi narrativi attraverso un'ottica diversa da
quella classicamente offerta dalla critica postmoderna e postcoloniale. Se possibile, questa modalità
di studio potrà essere affiancata e supportata da una ricerca sul campo, negli Stati Uniti d‟America,
alla Yale University (New Haven, Connecticut), dove Caryl Phillips insegna in corsi come
Literature of the Middle Passage, Advanced Fiction e Contemporary British Fiction. Lì potrei
approfondire gli studi grazie ad un‟ampia gamma di articoli, saggi e libri che qui in Italia è
impossibile reperire. È giusto precisare che lo scrittore è stato già informato di questa indagine,
dimostrando un forte interesse, e si potrebbe proporre a egli stesso di guidarmi nella ricerca quando
sarò ospite dell'università in cui lavora.
Dopo il suo primo viaggio negli Stati Uniti nel 1978, Phillips si interessa sempre di più alla
letteratura afroamericana. Qualche anno più tardi, tuttavia, comincia a sentirsi confuso nei confronti
di una tradizione che non sente davvero sua, affermando «[…] I had familiarised myself with the
work of many African-American authors. However I became confused […] I finally figured out
what was wrong with the relationship between African-American literature and me. The simple fact
I was not an American. I could respond to the universal elements of African-American fiction and I
could recognise the roots of its indignation, righteous or otherwise. However, African-American
writers despite their faces, which were undeniably black, left me with a feeling that there was still
something missing»13.
Analizzare le opere teatrali di Caryl Phillips alla luce di queste affermazioni diventa un modo per
cercare e ritrovare, attraverso di esse, l‟autore stesso. Una ricerca che avrà come punto di
riferimento un puntiglioso esame della sua drammaturgia il cui metodo analitico si basa sull‟analisi
10
Caryl Phillips, A New World Order, cit., pp. 4-6.
Rosalind Bell, “Worlds Within. An Interview with Caryl Phillips”, Callaloo 14.3 (1991), p. 579.
12
Ibidem, p. 581.
13
Caryl Phillips, The New World Order, cit., pp. 233-4.
11
4
di elementi costitutivi quali: la resa degli ambienti, il linguaggio, la costruzione dei personaggi, la
definizione temporale e spaziale dell'azione, e che andrà a scavare fino in fondo per capire cosa
significa “essere Caryl Phillips”. Come nella vita la sua identità multiculturale e sovranazionale
rifiuta ogni cittadinanza pur comprendendole tutte, perché tutte le attraversa, anche in campo
teatrale egli ha più volte affermato di non riconoscersi totalmente né nella Black English Tradition,
né in quella anglo-caraibica che, a causa dell‟emigrazione, appare geograficamente dispersa ed è
stata esportata dalle West Indies in tutto il mondo, da New York a Londra, a Toronto, a Miami. Né
sente di fare parte della cosiddetta Empire writes back tendency, a cui talvolta viene associato, ma
fa rilevare piuttosto come, al di là del colore della pelle, davvero poche cose lo accomunano a
quegli scrittori.
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Cosenza, lì 11/11/2012
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