Costantino Flavio Valerio Aurelio Costantino, conosciuto anche come Costantino il Grande e Costantino I (Flavius Valerius Constantinus; 274-337), fu imperatore romano dal 306 alla sua morte. Costantino è una delle figure più importanti dell'Impero romano che riformò largamente e dove favorì la diffusione del cristianesimo. Tra i suoi interventi più significativi, la riorganizzazione dell'amministrazione e dell'esercito, la creazione di una nuova capitale a oriente (Costantinopoli) e la promulgazione dell'Editto di Milano sulla libertà religiosa. È considerato santo e "simile agli apostoli" dalla Chiesa cristiana ortodossa e da alcune Chiese orientali cattoliche. Il suo nome non è però presente nel Martyrologium Romanum, il catalogo ufficiale dei santi riconosciuti dalla Chiesa Cattolica. Le fonti primarie sulla vita di Costantino e sulle relative vicende da imperatore devono essere prese con le dovute cautele. La principale fonte contemporanea è costituita da Eusebio di Cesarea, autore di una Storia Ecclesiastica che non manca di esaltare la gloria di Costantino in quanto imperatore cristiano, a cui fece seguito una Vita di Costantino che ne costituisce un vera e propria agiografia. Anche lo scrittore cristiano Lattanzio, nel suo De mortibus persecutorum, delinea in modo netto la distinzione fra il pio Costantino e il perverso Diocleziano. La stessa cautela deve valere per la Storia Nuova di Zosimo, pagano e anticristiano, che mostra evidenti pregiudizi in senso opposto. Infine, l'appendice alla Storia di Ottato di Milevi sullo scisma donatista racchiude alcune lettere che Costantino avrebbe inviato ai cattolici del nord Africa e che, se autentiche, potrebbero rivelare alcuni tratti del pensiero dell'imperatore riguardo alla questione cristiana. La genealogia di Costantino 1 Era figlio di Costanzo Cloro e della sua compagna Elena. Si conosce pochissimo della sua gioventù: perfino la sua data di nascita è incerta. Nel 288 Costanzo era stato nominato prefetto del pretorio (cioè comandante militare) delle Gallie da Massimiano, cesare di Diocleziano, ed ebbe notevoli successi in questo ruolo. Grazie a questi nel 293, in base al sistema della Tetrarchia voluta da Diocleziano, venne nominato cesare dall'augusto di Occidente, Massimiano, di cui sposò la figlia Fausta. Costantino venne affidato all'Augusto d'Oriente, Diocleziano. Costantino fu quindi educato a Nicomedia presso la corte dell'imperatore, sotto il quale iniziò la carriera militare: fu tribuno ordinis primi, viaggiò in Palestina e partecipò alla guerra romano/danubiana, contro i Sarmati. Fu ancora con Diocleziano in Egitto nel 296 e quindi combatté sotto Galerio, cesare d'Oriente, contro i Persiani e i Sarmati. Il primo maggio del 305, Diocleziano abdicava a favore del proprio cesare Galerio e lo stesso faceva Massimiano, in occidente, a favore di Costanzo. Galerio nominava proprio cesare il nipote Massimino Daia, mentre Costanzo sceglieva come proprio successore Flavio Severo. Fu in questo frangente che Costantino raggiunse il padre in Britannia e condusse con lui alcune campagne militari nell'isola. Circa un anno dopo, il 25 luglio 306, Costanzo Cloro moriva nei pressi dell'attuale York e l'esercito, guidato dal generale germanico Croco (di origine alamanna), proclamava Costantino nuovo augusto d'occidente, mettendo a repentaglio il meccanismo della tetrarchia, ideato da Diocleziano proprio per porre termine all'uso ormai consolidato degli eserciti di proclamare di propria iniziativa gli imperatori. La proclamazione di Costantino ad augusto era avvenuta secondo un principio dinastico, invece del sistema di successione per cooptazione che aveva cercato di instaurare Diocleziano. La crisi del sistema tetrarchico portò ad una lunga serie di guerre civili. Si ebbero inizialmente quattro augusti (Galerio e Massimino Daia in Oriente, Licinio in Illirico e Costantino nelle province galliche e ispaniche, mentre Massenzio, il figlio dell'antico collega di Diocleziano, Massimiano, restava come usurpatore a Roma, in Italia e in Africa). Inizialmente Costantino si alleò con Massimiano, in rotta con il figlio e ansioso di recuperare un ruolo nella politica imperiale, dopo che ne aveva sposato la figlia Fausta. Scoperto però il piano di Massimiano che pensava di ucciderlo alla prima occasione, grazie alla stessa figlia, costrinse il suocero a fuggire a Marsiglia dove si tolse la vita nel 310. Alla morte di Galerio nel 311, i tre augusti rimasti si coalizzarono contro Massenzio. Costantino, ormai sospettoso nei confronti di Massenzio, riunito un grande esercito formato anche da barbari catturati in guerra, oltre a Germani, popolazioni celtiche e provenienti dalla Britannia, mosse alla volta dell'Italia attraverso le Alpi. Lungo la strada, Costantino, lasciò intatte tutte le città che gli aprirono le porte, al contrario Massenzio assediò e distrusse quante si opposero alla sua avanzata. Egli, dopo aver battuto due volte Massenzio prima presso Torino e poi presso Verona, lo sconfisse definitivamente nella battaglia di Ponte Milvio, presso i Saxa Rubra sulla via Flaminia, alle porte di Roma, il 28 ottobre del 312. Con la morte di Massenzio, tutta l'Italia passò sotto il controllo di Costantino. L'anno seguente, nel 313, Massimino Daia veniva sconfitto da Licinio e si dava la morte. Entrando in Nicomedia Licinio emanò un rescritto (impropriamente detto editto di Milano dal luogo dove era stato concordato con Costantino), con cui a nome di entrambi gli augusti rimasti veniva riconosciuta anche in Oriente la libertà di culto per tutte le religioni, ponendo fine ufficialmente alle persecuzioni contro i cristiani, l'ultima delle quali, iniziata da Diocleziano tra il 303 e il 304, si era conclusa nel 311 su ordine di Galerio, prossimo a morire. Il rescritto ordinava altresì l'immediata restituzione ai cristiani di tutti i luoghi di culto e di ogni altra proprietà delle chiese. Costantino e Licinio, che ne aveva sposato la sorella Costanza, entrarono una prima volta in conflitto nel 314 (in seguito alla riappacificazione l'Illirico passò a Costantino) e di nuovo nel 323. In seguito alla sconfitta di Licinio, che si arrese dopo le battaglie di Adrianopoli e di Crisopoli nel 324 e venne successivamente ucciso, Costantino rimase l'unico augusto al potere. Questo periodo iniziò con una serie di uccisioni, a partire da quella del suo antico rivale Licinio, avvenuta nel 325. L'anno seguente Costantino fece uccidere a Pola il figlio primogenito Crispo, figlio di Minervina, per una presunta relazione con Fausta e inoltre Liciniano, figlio della sorella Costanza e di Licinio. Quindi venne affogata nel bagno anche la moglie Fausta. La leggenda vuole che Crispo sia stato eliminato in seguito all'accusa di Fausta 2 di averla insidiata, e quindi anche l'imperatrice venne giustiziata quando Costantino riconobbe l'innocenza del figlio. Probabilmente Fausta volle assicurarsi l'eliminazione dei rivali dei propri figli come successori di Costantino. Sempre nel 326 erano iniziati i lavori per la costruzione della nuova capitale Nova Roma (Nuova Roma) sul sito dell'antica città di Bisanzio, fornendola di un senato e di uffici pubblici simili a quelli di Roma. Il luogo venne scelto come capitale nel 324 per le sue qualità difensive e per la vicinanza ai minacciati confini orientali e danubiani. Inoltre, particolare non secondario, consentiva a Costantino di sottrarsi all'influenza invadente, arrogante ed irritante degli aristocratici presenti nel senato romano, che tra l'altro erano per lo più ancora di religione pagana, a differenza dell'imperatore. La città venne inaugurata nel 330 e prese presto il nome di Costantinopoli. Rispetto alla vecchia città, la nuova era quattro volte più vasta: dove c'era un'antica porta Costantino pose un foro circolare, inoltre spostò le sue mura più ad occidente di 15 stadi. Proprio qui Costantino si fece battezzare prima di morire. La città (oggi Istanbul) resterà poi fino al 1453 capitale dell'Impero bizantino. Riprendendo la divisione della riforma tetrarchica dioclezianea che prevedeva due Augusti e due Cesari, l'Impero venne ridisegnato e suddiviso in quattro prefetture, tutte facenti capo ad un unico Imperatore: 1) delle Gallie, comprendente la Gallia transalpina, la Spagna e la Britannia; 2) d'Italia, comprendente l'Italia, la Sicilia, Sardegna e Corsica, e l'Africa dalle Sirti alla Mauretania Caesariensis; 3) d'Oriente, comprendente tutte le province orientali ad eccezione delle isole di Lemno, Imbro e Samotracia, l'Egitto e la pentapoli di Libia, oltre alla Tracia e la Mesia inferiore; 4) d'Illirico, comprendente le province balcaniche, vale a dire dalla Macedonia, alla Tessaglia, a Creta all'Ellade, ai due Epiri, all'Illiria, a Dacia, Triballia e Mesia superiore, oltre alle Pannonie sino alla Valeria; All'interno dei queste prefetture mantenne rigidamente separati il potere civile e politico, da quello militare: la giurisdizione civile e giudiziaria era affidata ad un prefetto del pretorio, cui erano subordinati i vicari delle diocesi ed i governatori delle province. I prefetti furono, quindi, privati in parte del potere militare, lasciando loro ancora compiti di logistica militare, e diventarono amministratori delle grandi prefetture in cui era diviso l'impero. Essi svolgevano le seguenti funzioni: 1. la suprema amministrazione della giustizia e delle finanze (sostenendo anche le spese militari). 2. l’applicazione e, in alcuni casi, la modifica degli editti generali. 3. controllo dei governatori delle province, i quali in caso di negligenza o corruzione venivano destituiti e/o puniti. 4. Inoltre il tribunale del prefetto poteva giudicare ogni questione importante, civile o penale, e la sua sentenza era considerata definitiva, al punto che neanche gli imperatori osavano lamentarsi della sentenza del prefetto. 3 L’impero diviso in quattro prefetture Costantino poi controbilanciava l’importanza e la potenza dei prefetti del pretorio con la breve durata della carica. Ogni prefettura, divisa in tredici diocesi, di cui una (Oriente) era governata da un Conte d’Oriente, un'altra (Egitto) da un Prefetto Augusteo, e le altre undici da altrettanti Vicari o sottoprefetti, i quali sottostavano all’autorità del prefetto del pretorio. Ogni diocesi era ulteriormente suddivisa in province. L'apparato burocratico venne snellito e suddiviso tra gli affari della corte, affidati a quattro alti dignitari, e gli affari dello Stato, affidati a tre alti funzionari: costoro, insieme ai prefetti urbani componevano il Concistorium principis o Sacrum concistorium ("Consiglio del principe" o "Sacro collegio"). I quattro dignitari che regolavano le attività della corte erano: 1) il comes rerum privatarum ("ministro degli affari privati"), che si occupava di gestire il patrimonio privato dell'imperatore, 2) il praepositus sacri cubiculi ("preposito del sacro cubicolo"), una sorta di gran ciambellano che si occupava della vita della corte imperiale e da cui dipendevano cortigiani e schiavi, 3) due comites domesticorum ("ministro dei domestici"), responsabili l'uno del personale che svolgeva il proprio servizio a piedi e l'altro del personale a cavallo e della guardia imperiale. I tre alti funzionari a cui competeva l'amministrazione dello Stato erano: 1) il magister officiorum ("maestro degli uffici"), un cancellerie che si occupava dell'amministrazione interna e delle relazioni esterne, 2) il quaestor sacri palatii ("questore del sacro palazzo"), con competenza in materia di leggi e di giustizia, che dirigeva inoltre il "Consiglio del principe", 3) il comes sacrarum largitionum ("ministro delle sacre elargizioni"), che si occupava delle materie finanziarie statali. 4 La politica amministrativa di Costantino è controversa e aspramente criticata da alcunni storici. Secondo questi al tempo di Costantino: si istituì un poderoso sistema burocratico, coniando cariche sconosciute in antecedenza (magnifico, illustre, conte, duca, ecc.), tali da creare un controllo vessatorio e di spionaggio su tutte le province; i pretoriani erano in numero spropositato ed erano di origine armena, con corazze di argento e d'oro; la capitale trasferita da Roma a Costantinopoli (depredando importanti opere di Fidia ed altri scultori della Grecia classica) accentuò l'emarginazione del senato romano; la tassazione esorbitante finì per spopolare anche una delle regioni (Campania) più produttive dell'Italia; si accentuò, inoltre, la disgregazione dell'esercito romano, sia con la nomina di barbari al massimo comando militare, sia con la penalizzazione economica dei soldati che salvaguardavano il confine (limes) dalle invasioni. Già ai tempi in cui era stato Cesare in Occidente, attorno agli anni 306-310, Costantino ottenne grandi successi militari su Alemanni e Franchi, di cui si dice riuscì a catturare i loro re, dati in pasto alle belve durante i giochi gladiatorii. Divenuto unico augusto in Occidente nel 313 respinse una nuova invasione di Franchi in Gallia. Dopo una prima crisi con Licinio, al termine della quale i due augusti trovarono un nuovo equilibrio strategico nel 317, ottenne nuovi successi contro le genti barbare lungo il Danubio. Dopo il 316/317, avendo ottenuto da Licinio anche l'Illirico, Costantino non solo respinse numerose incursioni di Sarmati Iazigi e Goti (tra gli anni 322 e 332), ma potrebbe aver dato inizio alla costruzione di due nuovi tratti di limes: il primo nella pianura ungherese chiamato diga del Diavolo,; il secondo nella Romania meridionale chiamato Brazda lui Novac, che correva parallelo a nord del basso corso del Danubio. Divenuto unico augusto nel 324, affidò ai figli la difesa dell'Occidente contro Franchi ed Alamanni (contro i quali ottenne nuovi successi nel 328 ed il titolo di Alamannicus maximus, insieme a Costantino II) mentre lui stesso combatteva sul confine danubiano i Goti (332) e i Sarmati (335). Divise l'impero tra i figli assegnando a Costantino II Gallia, Spagna e Britannia, a Costanzo II le province asiatiche, l'Oriente e l'Egitto e a Costante I l'Italia, l'Illirico e le province africane. Alla sua morte nel 337 si preparava ad affrontare in Oriente i Persiani. Costantino nei suoi oltre trent'anni di regno aveva aspirato a riconquistare, non solo tutti i territori appartenuti all'Impero di Traiano, ma soprattutto a diventare il protettore di tutti i Cristiani anche oltre le frontiere imperiali. Egli, infatti, costrinse molte delle popolazioni barbariche sottomesse a nord del Danubio, a sottoscrivere clausole religiose dopo averle battute più e più volte, come nel caso dei Sarmati e dei Goti. Identica sorte sarebbe toccata al regno d'Armenia ed ai Persiani se non fosse morto nel 337. Le prime vere modifiche apportate da Costantino nella nuova organizzazione dell'esercito romano, furono effettuate subito dopo la vittoriosa battaglia di Ponte Milvio contro il rivale Massenzio nel 312. Egli infatti sciolse definitivamente la guardia pretoriana ed il reparto di cavalleria degli equites singulares e fece smantellare l'accampamento del Viminale. Il posto dei pretoriani fu sostituito dalla nuova formazione delle scholae palatine, le quali ebbero lunga vita poi a Bisanzio ormai legate alla persona dell'imperatore e destinate a seguirlo nei suoi spostamenti, e non più alla capitale. Una nuova serie di riforme furono poi portate a termine una volta divenuto unico Augusto, subito dopo la sconfitta definitiva di Licinio nel 324. La guida dell'esercito fu sottratta ai prefetti del Pretorio, ed ora affidata a: il magister peditum (per la fanteria) ed il magister equitum (per la cavalleria). I due titoli potevano tuttavia essere riuniti in una sola persona, tanto che in questo caso la denominazione della carica si trasformava magister peditum et equitum o magister utriusque militiae. I gradi più bassi della nuova gerarchia militare prevedevano, oltre ai soliti centurioni e tribuni, anche i cosiddetti duces, i quali avevano il comando territoriale di specifici tratti di frontiera provinciale, a cui erano affidate truppe di limitanei. Costantino, inoltre, sempre secondo Zosimo, rimosse dalle frontiere la maggior parte dei soldati e li insediò nelle città. Nell'evoluzione successiva il generale in campo svolse sempre più le funzioni di una sorta di ministro della guerra, mentre vennero create le cariche del magister equitum praesentalis e del magister peditum praesentalis ai quali veniva affidato il comando effettivo sul campo. 5 Nel 309-310 Costantino introdusse una riforma monetaria, necessaria anche per fare fronte alla scarsità di monete d'oro. Venne, quindi, introdotto il solidus d'oro, con un peso di 4,54 g pari a 1/72 di libbra, cioè più leggero (anche se più largo e sottile) dell'aureo, che in quel momento valeva 1/60 di libbra. Si ritornò inoltre al sistema bimetallico di Augusto coniando la siliqua d'argento, di 2,27 g pari a 1/144 di libbra: il miliarense, con un valore doppio della siliqua, aveva quindi lo stesso peso del solidus. Per quanto riguarda i bronzi, il follis, ormai fortemente svalutato, venne sostituito da una moneta di 3 g, detto nummus centonionalis, cioè 1/100 di siliqua. Fu una riforma duratura, tanto che il peso aureo del solido introdotto con la riforma di Costantino rimase invariato per secoli anche durante l'impero bizantino. Ma a livello sociale le conseguenze furono catastrofiche: tutti coloro che non avevano accesso alla nuova moneta d'oro, infatti, dovettero subire le conseguenze dell'inflazione, a causa di una svalutazione rispetto al solidus delle altre monete d'argento e di rame, che non erano più protette dallo Stato. Il risultato fu una insuperabile spaccatura tra una minoranza privilegiata di ricchi e la massa dei poveri. Costantino morì il 22 maggio 337 non molto lontano da Nicomedia, mentre preparava una campagna militare contro i Sasanidi. Egli preferì non nominare un unico erede, ma dividere il potere tra i suoi tre figli cesari Costante I, Costantino II e Costanzo II e due nipoti Dalmazio e Annibaliano. Costanzo, che era impegnato in Mesopotamia settentrionale a supervisionare la costruzione delle fortificazioni frontaliere, si affrettò a tornare a Costantinopoli, dove organizzò e presenziò alle cerimonie funebri del padre: con questo gesto rafforzò i suoi diritti come successore e ottenne il sostegno dell'esercito, componente fondamentale della politica di Costantino. Durante l'estate del 337 si ebbe un eccidio, per mano dell'esercito, dei membri maschili della dinastia costantiniana e di altri esponenti di grande rilievo dello stato: solo i tre figli di Costantino e due suoi nipoti bambini (Gallo e Giuliano, figli del fratellastro Giulio Costanzo) furono risparmiati. Le motivazioni dietro questa strage non sono chiare: secondo Eutropio Costanzo non fu tra i suoi promotori ma non tentò certo di opporvisi e condonò gli assassini; lo storico Zosimo invece afferma che Costanzo fu l'organizzatore dell'eccidio. Nel settembre dello stesso anno i tre cesari rimasti (Dalmazio era stato vittima della purga) si riunirono a Sirmio in Pannonia, dove il 9 settembre furono acclamati imperatori dall'esercito e si spartirono l'Impero: Costanzo si vide riconosciuta la sovranità sull'Oriente, Costante sull'Illirco e Costantino II sulla parte più occidentale (Gallie, Hispania e Britannia). La divisione del potere tra i tre fratelli durò poco: Costantino II morì nel 340, mentre cercava di rovesciare Costante, e Costanzo guadagnò i Balcani; nel 350 Costante fu rovesciato dall'usurpatore Magnenzio, e Costanzo divenne unico imperatore. Il comportamento costantiniano in tema di religione ha dato spazio a molte controversie fra gli storici; controversie particolarmente aspre quando essi hanno preteso di valutare non solo il comportamento pubblico, ma le stesse convinzioni interiori. In alternativa all'opinione tradizionale, secondo cui Costantino si sarebbe convertito al cristianesimo poco prima della battaglia di Ponte Milvio, è stata, invece, asserita una sua costante adesione al culto solare, mettendo in dubbio perfino il battesimo in punto di morte. Secondo altri, poi, la religione sarebbe stata per Costantino un puro e semplice instrumentum regni. Secondo altri ancora, poi, occorre distinguere fra convinzioni private e comportamento pubblico, vincolato dalla necessità di conservare il consenso delle proprie truppe (se non dei propri sudditi), qualunque ne fosse l'orientamento religioso. Da questo punto di vista è utile distinguere fra il comportamento di Costantino antecedente e quello successivo alla battaglia di Crisopoli, grazie alla quale conseguì il dominio assoluto sull'impero. Che Costantino si sia progressivamente avvicinato al cristianesimo sono comunque d'accordo molti conoscitori di quell'epoca. Nel III secolo la religione pagana si era fortemente trasformata: sulla spinta della insicurezza dei tempi e dell'influsso dei culti di origine orientale, le sue caratteristiche pubbliche e ritualistiche avevano sempre più perso di significato di fronte ad una più intensa e personale spiritualità. Si era andato diffondendo un sincretismo venato di monoteismo e si tendeva a vedere nelle immagini degli dei tradizionali l'espressione di un unico essere divino. Una forma politica a questa aspirazione sincretistica fu data dall'imperatore Aureliano (275), con l'istituzione del culto ufficiale del Sol Invictus ("Sole Invitto"), con elementi del mitraismo e di altri culti solari di origine orientale. 6 Il culto era diffuso nell'esercito, soprattutto nell'occidente, e ad esso non furono estranei né Costanzo Cloro, il padre di Costantino, né Costantino stesso. Costantino fu certamente il primo a comprendere l'importanza della nuova religione cristiana per rafforzare la coesione culturale e politica dell'impero romano. Nel 326 appare il diadema, simbolo monarchico di derivazione ellenistica, e poco dopo il sovrano viene raffigurato con lo sguardo rivolto in alto, come nei ritratti ellenistici, a simboleggiare il contatto privilegiato tra l'imperatore e la divinità. Il ruolo determinante giocato da Costantino nell'ambito della chiesa cristiana (ad esempio tramite la convocazione di concili e il presiederne i lavori) non deve oscurare il fatto che Costantino svolse funzioni analoghe nell'ambito di altri culti. Egli infatti mantenne la carica di pontefice massimo della religione pagana; carica che era stata di tutti gli imperatori romani a partire da Ottaviano. Lo stesso fecero i suoi successori cristiani fino al 375. Anche la battaglia di Ponte Milvio, con cui nel 312 Costantino sconfisse Massenzio, diede origine a leggende discordanti, che, però, potrebbero risalire tutte a Costantino, sempre attento a presentarsi come prescelto dalla divinità, qualunque essa fosse. Si dice che Costantino, dopo la battaglia di Ponte Milvio, fece dono a papa Silvestro I dello splendido Palazzo Laterano (di proprietà della moglie Fausta), consegnando così al papa romano la città di Roma e dando avvio, con quell'atto di devoluzione, al potere temporale dei papi, ma la cosiddetta Donazione di Costantino (nota in latino come "Constitutum Constantini", ossia "decisione", "delibera", "editto") è un documento apocrifo. Nel 1440 il filologo italiano Lorenzo Valla dimostrò in modo inequivocabile come il documento fosse un falso, nella sua opera De falso credita et ementita Constantini donatione. Dietro quella donazione, quindi, probabilmente c'era già il vasto disegno politico non tanto di favorire la supremazia del Cristianesimo come farà Teodosio alla fine del IV secolo (391), quanto di evitare che l'Impero fosse disgregato da tensioni religiose tra i culti pagani tradizionali ed il nuovo culto rappresentato dal Cristianesimo. In questo senso si spiegano sia l'editto imperiale di tolleranza o l'editto di Milano del 313 (conferma rafforzata di un editto di Galerio del 311), sia l'iscrizione sull'arco di Costantino: entrambi citano una generica "divinità", che poteva dunque essere identificata sia con il Dio cristiano, sia con il dio solare. L'ambiguità dell'Editto di Milano, però, è ovvia, dato che esso fu proclamato dal pagano Licinio. Costantino perseguiva probabilmente il proposito di riavvicinare i culti presenti nell'impero, nel quadro di un non troppo definito monoteismo imperiale. Le festività religiose più importanti del cristianesimo e della religione solare furono fatte coincidere. Il giorno natale del Sole e del dio Mitra, il 25 dicembre, divenne anche quello della nascita di Gesù. Le statue del dio Sole erano spesso adornate del simbolo della Croce, ma a Costantinopoli furono eretti anche dei templi pagani. Nel 321 fu introdotta la settimana di sette giorni e fu decretato come giorno di riposo il dies Solis, il "giorno del Sole", che corrisponde alla nostra domenica. Probabilmente il progetto politico di Costantino di tollerare il Cristianesimo, se non frutto di una conversione personale autentica, nacque dalla presa d'atto del fallimento della persecuzione contro i cristiani scatenata da Diocleziano. La sconfitta così clamorosa di Diocleziano aveva dovuto persuadere Costantino che l'Impero aveva bisogno di una nuova base morale che la religione tradizionale era incapace di offrirgli. Bisognava, quindi, trasformare la forza potenzialmente disgregante delle comunità cristiane, dotate di grandi capacità organizzative oltre che di grande entusiasmo, in una forza di coesione per l'Impero. Questo è il senso profondo della svolta costantiniana, che finì per chiudere la fase movimentista del cristianesimo trascendente ed aprire quella del cristianesimo politicamente trionfante. Dal 313 in poi i cristiani furono inseriti sempre di più nei gangli vitali del potere imperiale. Inoltre, alla Chiesa cristiana, già alimentata cospicuamente dal flusso delle contribuzioni spontanee dei fedeli, furono concesse inaudite esenzioni e privilegi fiscali, moltiplicandone la ricchezza. Dopo l'esercito, la Chiesa cristiana grazie a Costantino stava diventando il secondo pilastro dell'Impero. 7 Costantino ricevette il battesimo cristiano solo in punto di morte; fu un suo consigliere, il vescovo ariano Eusebio di Nicomedia, a battezzarlo. Alcuni storici, però, ritengono che questo racconto possa essere stato tramandato per motivi politico-religiosi e propagandistici. Va detto che il battesimo ricevuto sul letto di morte da catecumeno era un'usanza del tempo, quando non essendo stato ancora riconosciuto il sacramento della confessione si preferiva annullare tutti i propri peccati prima della morte. Che sia stato per convinzione personale o per calcolo politico, Costantino appoggiò comunque la religione cristiana, costruendo basiliche a Roma, Gerusalemme e nella stessa Costantinopoli; conferì alle chiese il diritto di ricevere beni in eredità e quelle maggiori furono dotate di vaste proprietà; diede ai vescovi privilegi e poteri giudiziari. La politica di Costantino mirava a creare una base salda per il potere imperiale nella stessa religione cristiana, di cui era dunque importantissima l'unità: per questo motivo, pur non essendo battezzato, indisse diversi concili. Il primo fu quello convocato ad Arelate (Concilio di Arles), in Francia nel 314, che confermò una sentenza emessa da una commissione di vescovi a Roma, che aveva condannato l'eresia donatista, intransigente nei confronti di tutti i cristiani che si erano piegati alla persecuzione dioclezianea: in particolare si trattava del rifiuto di riconoscere come vescovo di Cartagine Cipriano, il quale era stato consacrato da un vescovo che aveva consegnato i libri sacri. Ancora nel 325, Costantino convocò a Nicea il primo concilio ecumenico, che lui stesso inaugurò, per risolvere la questione dell'eresia ariana: Ario, un prete alessandrino sosteneva che il Figlio non era della stessa "sostanza" del padre, ma il concilio ne condannò le tesi, proclamando l'omousia, ossia la medesima natura del Padre e del Figlio. Il concilio di Tiro del 335 condannerà tuttavia Atanasio, vescovo di Alessandria, il più accanito oppositore di Ario, soprattutto a causa delle accuse politiche che gli vennero rivolte. La più importante riforma che emerge dalla legislazione costantiniana è il fatto che sia riconosciuta una categoria prima inammissibile: quella dell’eresia. Il problema, già emerso con la crisi donatista, si avviava verso una evoluzione che finì, con Teodosio I, per considerare l’ortodossia religiosa legge dello Stato, annullando di fatto la libertà religiosa inizialmente proclamata dall’Editto di Galerio del 311. Costantino condannò le dottrine degli eretici con un severo giudizio e proibì loro il diritto di riunione, ordinando il sequestro di tutti gli edifici in cui si riunivano e consegnando i loro luoghi di preghiera alla Chiesa cattolica. Nel 324 iniziano invece i lavori per la fondazione della nuova capitale, Costantinopoli. Alla morte di Costantino, gli succedono i tre figli, che divengono presto due: si evidenzia così la separazione tra le due parti dell'impero, con Costanzo II in Oriente e Costante in Occidente. Nel 361 viene proclamato Augusto Giuliano, cesare in Gallia. Il suo impero dura solo tre anni, eppure ha grande importanza, sia per il suo tentativo di ristabilire un sistema religioso politeistico (e per questo sarà detto l'Apostata), sia per la campagna militare condotta contro i Sasanidi. Nel 364 viene incoronato imperatore Valentiniano; quest'ultimo, su richiesta dell'esercito, nominò un collega (il fratello Valente) a cui assegnò la parte orientale dell'Impero. Se dobbiamo credere allo storico antico Ammiano Marcellino, Valentiniano fu un sovrano crudele, che lanciò una violenta persecuzione contro tutti coloro accusati di stregoneria (una persecuzione così violenta che, usando le parole del Gibbon, pare che «nelle province meno piacevoli i prigionieri, gli esuli e i fuggiaschi costituissero la maggioranza degli abitanti») e godeva nel vedere la sua orsa Innocenza sbranare i condannati a morte nella sua camera da letto. Pur con i suoi difetti, Valentiniano si dimostrò comunque un buon sovrano: egli infatti mise fine a molti degli abusi che avvenivano ai tempi di Costanzo, promulgò alcune leggi a favore del popolo (condannò l'esposizione dei neonati e istituì nei quattordici quartieri di Roma altrettanti medici), e favorì l'insegnamento della retorica, una scienza ormai in declino. Inoltre istituì l'ordine dei Difensori, una sorta di avvocati che difendevano i diritti del popolo. Inoltre ottenne anche alcuni successi contro i Barbari. Durante una guerra contro i Quadi, alcuni ambasciatori quadi si recarono dall'imperatore per chiedere clemenza; l'Imperatore si arrabbiò talmente tanto che gli scoppiò un grosso vaso sanguigno e morì. Venne nominato suo successore in Occidente Graziano. Nel frattempo orde di barbari (soprattutto Goti), pressati dagli Unni che invasero le loro terre, chiesero ai Romani di potersi stanziare in territorio romano; alla fine i 8 Romani decisero di accettare ma a condizione che i Barbari consegnassero tutte le loro armi e si separassero dai figli; una volta entrati in territorio romano, i Goti vennero talmente maltrattati che decisero di rivoltarsi, dando così inizio alla Guerra Gotica. Nel tentativo di fermare i Barbari, l'Imperatore Valente morì nel corso della Battaglia di Adrianopoli, che fu una disfatta per i Romani. Alla fine l'Imperatore Teodosio (successore di Valente in oriente) fu costretto a riconoscere i Goti come foederati. Nel 382 l'imperatore Graziano abolirà definitivamente ogni residuo di paganesimo: il titolo di pontefice massimo, i finanziamenti pubblici ai sacerdoti pagani, la statua e l'ara della Vittoria ancora presenti nella curia. Bisogna tener presente che gli imperatori provenivano spesso dalle zone periferiche dell'Impero (in gran parte dall'Europa Orientale di lingua latina) ma proprio per questo pervasi da un più profondo sentimento di romanità (come Aureliano, Diocleziano o Costantino I). Molti Imperatori quasi non conoscevano Roma, la vita militare li costringeva a vivere (e spesso a morire) in prossimità della frontiera danubiana, in Siria, Mesopotamia o Britannia. Le loro visite all'Urbe si fecero sempre più sporadiche ed effettuate in taluni casi per celebrare un trionfo, o per esercitare una forma di controllo su un senato sempre più esautorato. È importante notare che la pressione dei barbari sull'Impero non sempre fu distruttiva, nel senso che molti barbari non desiderano altro che entrare a far parte dell'Impero, stanziandosi sul territorio o offrendosi al servizio di questo. Tuttavia, quando si accorsero che il rapporto di forze era loro favorevole, a volte i capi barbari non esitano a rompere gli indugi e misurarsi in battaglia con le forze imperiali. A questo proposito è indicativa la clamorosa sconfitta subita da Valente da parte dei Goti che successivamente distruggeranno anche Milano o il sacco di Roma da parte di Alarico frustrato nella sua ambizione di venir nominato maresciallo dell'Impero e sentitosi tradito dai romani che lo avevano lusingato con fallaci promesse. Sotto Teodosio I l'Impero fu per l'ultima volta unito. Con la morte di quest'ultimo nel 395 l'Impero venne suddiviso definitivamente in due parti, ognuna delle quali andò ai figli dell'imperatore: l'Impero romano d'Occidente al figlio Onorio mentre l'Impero romano d'Oriente o Impero bizantino (da Bisanzio, la sua capitale) al figlio maggiore Arcadio. L’impero romano alla morte di Teodosio 9 Dopo il 395, gli Imperatori d'Occidente furono di solito imperatori fantoccio, i veri regnanti erano generali che assunsero il titolo di magister militum, patrizio o entrambi—Stilicone dal 395 al 408, Constanzo dal 411 al 421, Ezio dal 433 al 454 e Ricimero dal 457 al 472. Il 31 dicembre del 406 molte popolazioni barbariche attraversarono il Reno e conquistarono nel corso degli anni sempre più territori. Nel 410, dopo l'assassinio di Stilicone, Roma venne saccheggiata dai Goti; un avvenimento del genere non accadeva da secoli. Sempre nel 410 la Britannia venne abbandonata; Franchi, Burgundi e Visigoti si erano stanziati in Gallia, Suebi e Vandali in Spagna; l'Africa intorno al 430 venne invasa dai Vandali di Genserico, che in seguito conquistarono anche Sicilia, Sardegna, Corsica e Isole Baleari e saccheggiarono nuovamente Roma nel 455. L'impero si ridusse all'Italia, alla Dalmazia e alla Gallia settentrionale, nonostante i vani tentativi di risollevarne le sorti da parte di Ezio e Maggioriano. L'anno 476 viene di solito indicato come fine formale dell'Impero d'Occidente: Ravenna, la capitale dell'Impero, cadde e l'ultimo imperatore Romolo Augusto venne deposto. Tutta l'Italia era in mano a Odoacre, che mandò le insegne Imperiali all' imperatore d'Oriente Zenone. Odoacre richiedeva che il suo controllo sull'Italia fosse formalmente riconosciuto dall'Impero, mentre Giulio Nepote (deposto pochi anni prima da Oreste) gli chiedeva aiuto per riavere il trono. Zenone garantì a Odoacre il titolo di patrizio e Nepote fu dichiarato formalmente imperatore; tuttavia, Nepote non ritornò mai dalla Dalmazia, anche se Odoacre fece coniare monete col suo nome. Dopo la morte di Nepote nel 480, Zenone rivendicò la Dalmazia per l'Oriente; J. B. Bury considera questa la fine reale dell'Impero d'Occidente. Odoacre attaccò la Dalmazia, e la guerra finì con la conquista dell'Italia da parte di Teodorico il Grande, Re degli Ostrogoti, sotto l'autorità di Zenone. Mentre l'Impero d'Occidente declinò durante il V secolo, il più ricco Impero d'Oriente attraversò un periodo di prosperità e nella metà del VI secolo, sotto l'imperatore Giustiniano I, riconquistò l'Italia e l'Illiria strappandole agli Ostrogoti, il Nord Africa sottratta ai Vandali, e la Spagna meridionale tolta ai Visigoti. La riconquista della Spagna meridionale fu effimera, ma il Nord Africa rimase in mano bizantina per un altro secolo, l'Italia (o parte di essa) per altri 5 secoli, e l'Illiria per un millennio. Costanzo Passato alla storia come Chlorus ("pallido"), un epiteto datogli dagli storici bizantini, era originario dell'Illiria. Entrò nell'esercito romano e fece carriera, ricoprendo le cariche di protector sotto gli imperatori Aureliano e Probo, tribunus, e praeses Dalmatiarum (governatore della Dalmazia) sotto l'imperatore Caro. Ebbe un legame con Elena, che gli diede un figlio maschio, Costantino, nato all'inizio degli anni 270. Nel 288 era prefetto del pretorio dell'imperatore Massimiano. All'inizio di quell'anno Massimiano incaricò Costanzo di condurre una campagna contro gli alleati franchi di Carausio – un usurpatore che deteneva il potere sulla Britannia romana –, i quali controllavano gli estuari del Reno, impedendo attacchi via mare a Carausio. Costanzo si mosse verso nord attraverso il loro territorio, portando distruzione e diffondendo panico, e raggiunse il Mare del Nord. I Franchi chiesero la pace e con l'accordo conseguente Massimiano rimise al potere il deposto re franco Gennobaude. Essendosi distinto per la sua abilità militare, nel 293 Massimiano nominò Costanzo proprio cesare, una sorta di vice-imperatore per la parte occidentale dell'impero; lo stesso giorno, o un mese dopo, Diocleziano fece lo stesso con Galerio: era nata la tetrarchia, il "governo a quattro. A Costanzo – che aveva sposato la figlia di Massimiano, Teodora – vennero assegnate la Gallia e la Britannia e fu fatto capire che avrebbe dovuto avere successo lì dove Massimiano aveva fallito: sconfiggere Carausio. Costanzo svolse il proprio compito velocemente ed efficientemente, ed entro il 293 espulse le forze di Carausio dalla Gallia settentrionale; quello stesso anno il sovrano ribelle fu assassinato e sostituito dal suo tesoriere Alletto. Costanzo marciò su per la costa fino agli estuari del Reno e dello Sheldt, dove riportò una vittoria 10 sugli alleati franchi di Carausio e assunse il titolo di Germanicus maximus; il suo successivo obiettivo era la Britannia, e quindi passò gli anni successivi a costruire una flotta d'invasione. Massimiano, che si trovava ancora in Italia dopo la nomina di Costanzo, fu soddisfatto dei piani di invasione e nell'estate del 296 tornò in Gallia, dove controllò le frontiere renane difendendole dagli alleati franchi di Carausio mentre Costanzo lanciò l'invasione della Britannia, sbarcò nei pressi di Dubris (Dover) e marciò su Londinium (Londra), dove fu accolto come un liberatore dalla popolazione. Nel 298 Costanzo spinse gli Alamanni nel territorio dei Lingoni e rinforzò le difese sul fiume Reno. Durante le persecuzioni dei cristiani nel 303 non si verificarono grandi episodi di violenza nella zona amministrata da Cloro, sia per il suo animo relativamente tollerante sia per l'impegno preponderante mosso nel contenimento delle popolazioni ostili, che assorbì l'imperatore per la quasi totalità del suo principato. Con il ritiro degli augusti Diocleziano e Massimiano, divenne egli stesso augusto nel 305, scegliendo come proprio cesare e successore designato Flavio Valerio Severo. Tuttavia, alla sua morte l'anno seguente a Eboracum (York) durante una spedizione contro i Pitti e gli Scoti, le truppe proclamarono augusto il figlio Costantino che finì con il riunificare l'impero romano sotto il suo potere nel 324. Costantino fece cremare le spoglie paterne e le portò a Treviri. Nell'opera Vita Contantini, Eusebio di Cesarea sostiene che Costanzo Cloro fosse un cristiano che fingeva di essere pagano e che per questo non applicò nei propri domini le persecuzioni deliberate da Diocleziano. In mancanza di dati certi la grande maggioranza degli storici ritiene che Costanzo Cloro, come tutti gli imperatori da Aureliano fino a Costantino, fosse piuttosto un aderente del culto del Sol Invictus. Giuliano Giuliano (Flavius Claudius Iulianus) detto l'Apostata (331-363), era figlio di Giulio Costanzo e di Basilina. Scampato insieme al fratellastro Costanzo Gallo alle stragi di Costantinopoli del 337, di cui furono vittime il padre e la maggior parte dei parenti, Giuliano. fu educato a Nicomedia sotto la guida del vescovo Eusebio, e poi, insieme al fratellastro Gallo, nella villa imperiale di Macellum in Cappadocia, dove passò sei anni sotto una severissima vigilanza: studiò filosofia e retorica e fu educato alla fede cristiana. Ritornato alla corte di Costantinopoli, subì l'influenza di Libanio e specialmente di Massimo, un neoplatonico taumaturgo; si allontanò quindi dal cristianesimo, maturando una concezione religiosa ispirata all'antico politeismo e al misticismo neoplatonico. Dopo la condanna a morte di Gallo (354) visse alla corte di Costanzo II a Milano; concessogli poi di andare ad Atene, si dedicò alla filosofia, ebbe relazioni con i due futuri vescovi Basilio di Cesarea e Gregorio di Nazianzo, visitò templi e santuarî di misteri. Infine, richiamato da Costanzo II, preoccupato delle sorti dell'Occidente e forse anche sollecitato dall'imperatrice Eusebia, Giuliano ebbe il titolo di Cesare, sposò la sorella dell'imperatore, Elena, e fu inviato nella Gallia, minacciata dai Franchi e dagli Alamanni. Nel 358 vinse gli Alamanni presso Strasburgo e provvide alla riorganizzazione della Gallia. Cominciò quindi a manifestare i suoi principi di restaurazione pagana e, forte dei suoi successi, si contrappose a Costanzo. Nel 360 a Parigi fu acclamato Augusto dai soldati e marciò verso l'Oriente. Mentre si preparava a resistergli, Costanzo morì (361). La politica religiosa di G., mirante alla restaurazione del paganesimo, iniziò con atti di neutralità e finì con l'intolleranza anticristiana. Si occupò inoltre della riorganizzazione finanziaria e burocratica. Spinto da mistica fiducia nel proprio successo e dal desiderio di emulare Alessandro e Traiano, mosse guerra contro i Persiani che minacciavano i confini orientali dell'Impero: conquistò alcune fortezze e costrinse il nemico a chiudersi in Ctesifonte, ma disperando dell'assedio di questa città, risalì il Tigri e in uno scontro, colpito da un giavellotto, morì. Di Giuliano rimangono otto Discorsi, tra i quali vanno ricordati gli elogi di Costanzo II e di Eusebia, il messaggio agli Ateniesi scritto al tempo della ribellione contro Costanzo, le lodi al Sole e alla Madre degli dei, nei quali manifesta con entusiasmo le sue convinzioni religiose; due operette satiriche: i Cesari o i Saturnali (Καίσαρες, Κρόνια), e l'Odiatore della barba (Μισοπώγων), libello contro gli Antiocheni che si erano mostrati freddi verso il rinato paganesimo e avevano deriso Giuliano per la sua barba filosofica; le Lettere, l'opera migliore per il calore e la sincerità di espressione, prezioso documento per la conoscenza dell'anima di Giuliano e della società del suo tempo. 11 Teodosio Teodosio fu l'ultimo imperatore a regnare su di un impero unificato e fece del Cristianesimo la religione unica e obbligatoria dell'Impero; per questo fu chiamato Teodosio il Grande dagli scrittori cristiani. Nacque nel 347 in Spagna, in una famiglia influente e benestante dell'aristocrazia locale. Il giovane Teodosio fece la carriera militare, seguendo le orme del padre. Nel 368 il padre di Teodosio era in Britannia, dove era stato inviato dall'imperatore Valentiniano I col compito di reprimere una cospirazione: qui lo raggiunse il figlio al comando di truppe scelte. Nel 373, dopo una vittoria sui Sarmati, Teodosio seguì di nuovo il padre incaricato di recarsi in Africa a sedare una rivolta; in quello stesso anno Teodosio tenne il suo primo comando in Mesia, quello di dux Moesiae, con l'incarico di difendere la provincia dagli attacchi dei Sarmati. La promettente carriera del futuro imperatore subì un arresto improvviso dopo la morte dell'imperatore Valentiniano, cui succedettero Graziano e Valentiniano II in Occidente mentre Valente continuò a governare in Oriente. Nel 375/376 il padre fu accusato di alto tradimento per i fatti legati alla campagna africana e fu giustiziato a Cartagine nel 376, mentre il figlio perse il proprio incarico, tornando a vita privata nelle sue terre in Spagna; qui sposò la conterranea Flaccilla, da cui ebbe il figlio Arcadio. Nulla si sa di lui fino a quando nel 379, in seguito alla morte dell'imperatore Valente nella disastrosa battaglia di Adrianopoli ad opera dei Goti, l'imperatore Graziano lo associò alla guida, affidandogli la parte orientale dell'impero. Teodosio pose la sua residenza a Tessalonica. Verso la fine del 379 Teodosio si ammalò gravemente e inquell’occasione, come era usanza nei primi tempi del Cristianesimo, venne battezzato. Durante il regno di Teodosio le regioni orientali rimasero relativamente tranquille. I Goti, insieme ai loro alleati, si erano insediati stabilmente nei Balcani ed erano motivo di continuo allarme. La tensione crebbe a poco a poco, tanto che, a un certo punto, l'imperatore associato Graziano rinunciò a mantenere il controllo delle province illiriche e si ritirò a Treviri, allora compresa nel territorio della Gallia. Questa manovra aveva lo scopo di consentire a Teodosio di portare avanti senza intralci le successive operazioni militari. Un motivo di grave debolezza degli eserciti romani del tempo era legato alla pratica di arruolare contingenti fra le popolazioni barbare e farli combattere contro altri barbari, loro fratelli. Teodosio fu costretto a mettere un freno a questa pericolosa abitudine, inviando le nuove reclute nel lontano Egitto, con la necessaria e costosa conseguenza di doverle rimpiazzare con leve di più affidabili romani nelle altre province dell'impero. Nonostante ciò si ha notizia di improvvise defezioni di contingenti barbari e dei frequenti rovesci militari che ne furono conseguenza. Graziano inviò alcuni generali per liberare l'Illiria dai Goti, consentendo a Teodosio di entrare finalmente a Costantinopoli il 24 novembre del 380, al termine di una campagna militare durata due anni. Il 3 ottobre 382 fu stipulato con i Goti stessi, o perlomeno con quelli che erano scampati alla guerra, un trattato che li autorizzava a stanziarsi lungo il corso del Danubio, che allora costituiva il confine dell'impero, e più precisamente nella diocesi di Tracia, e di godervi un'ampia autonomia. In seguito molti di loro avrebbero militato stabilmente nelle legioni romane, altri avrebbero partecipato a singole campagne militari in qualità di federati, altri ancora, riuniti in bande di mercenari, avrebbero continuato a cambiare alleanza, finendo col diventare un motivo di grande e perdurante instabilità politica per tutto l'impero. Negli ultimi anni del regno di Teodosio uno dei capi goti emergenti, Alarico I, partecipò alla campagna che Teodosio condusse nel 394 contro il rivale Eugenio, per poi rivoltarsi contro Arcadio, figlio di Teodosio e suo successore in Oriente, subito dopo la morte dello stesso Teodosio. All'inizio del suo regno Teodosio insieme agli altri due augusti, Graziano e Valentiniano II, promulgò nel 380 l'editto di Tessalonica, con il quale il credo niceno diveniva la religione unica e obbligatoria dello stato. Con il decreto si imponeva a tutti i sudditi dell'Impero di professare la religione cristiana. La nuova legge riconosceva esplicitamente il primato delle sedi episcopali di Roma e di Alessandria in materia di teologia; grande influenza 12 avevano inoltre i teologi di Costantinopoli, i quali, essendo sotto la diretta giurisdizione dell'imperatore, erano a volte destituiti e reintegrati in base al loro maggiore o minore grado di acquiescenza ai voleri imperiali. Teodosio professava il credo niceno che si contrapponeva all'arianesimo: solo due giorni dopo essere giunto a Costantinopoli, con un atto che non mancò di produrre una violenta reazione, Teodosio espulse dalla città il vescovo ariano Demofilo di Costantinopoli, affidando la conduzione delle chiese cittadine a Gregorio di Nazianzo, il patriarca della piccola comunità locale che praticava il credo niceno. Teodosio convocò inoltre nel 381 il primo concilio di Costantinopoli per condannare le eresie che si opponevano al credo niceno; durante questo concilio venne elaborato il “simbolo” (cioè il Credo) nicenocostantinopolitano (una estensione del primo Credo niceno), largamente in uso ai giorni nostri nella liturgia cattolica. Nel 383 il giorno di riposo, il dies solis, rinominato dies dominicus divenne obbligatorio. Altri provvedimenti nel 381 ribadirono la proibizione di tutti i riti pagani e stabilirono che coloro che da cristiani fossero ritornati alla religione pagana perdessero il diritto di fare testamento legale. Nel 382 si sanciva, tuttavia, la conservazione degli oggetti pagani che avessero valore artistico Il divieto dei sacrifici e delle pratiche divinatorie ad essi collegate venne ribadito nel 385. Sotto Teodosio il sacramento della confessione fu reso segreto. Nel 383 Graziano morì assassinato mentre si apprestava a combattere contro Magno Massimo, proclamato imperatore dalle legioni di Britannia. Appena raggiunto il potere, Magno Massimo inviò una ambasciata a Teodosio per proporre un trattato di amicizia che fu accettato, anche se l'imperatore orientale si stava preparando segretamente per la guerra. Sempre per sviare l'avversario, Teodosio impartì l'ordine di erigere una statua in onore di Magno Massimo ad Alessandria. Nel 387 Massimo Magno, attraversò le Alpi arrivando a minacciare Milano, sede della prefettura d'Italia retta da Valentiniano II e dalla madre che cercarono rifugio da Teodosio, il quale ottenne in sposa Galla, sorella di Valentiniano. Teodosio mosse guerra a Magno Massimo, che fu sconfitto in più battaglie. Valentiniano II fu restaurato a Milano e sotto l'influenza di Teodosio lasciò l'arianesimo e aderì alla fede cattolica professata dal Concilio di Nicea. Nel giugno del 390 la popolazione di Tessalonica si ribellò e impiccò il magister militum dell'Illirico e governatore della città Buterico, reo di aver arrestato un famoso auriga e di non aver permesso i giochi annuali. Teodosio ordinò una rappresaglia; venne organizzata una gara di bighe nel grande circo della città a pochi giorni dai fatti, e, chiusi gli accessi, vennero trucidate circa 7000 persone. Giunta la notizia a Milano, Ambrogio, vescovo cattolico di Milano, scrisse a Teodosio una lettera sdegnata e lo spinse, anche grazie alla considerazione che aveva presso di lui, a mesi di penitenza e ad una richiesta pubblica di perdono che venne infine concessa nel Natale del 390. Secondo molti storici l'inasprimento della politica religiosa di Teodosio nei confronti del paganesimo fu in gran parte dovuta all'influenza di Ambrogio. Dopo l'episodio della ribellione di Tessalonica e della strage fatta perpetrare contro i cittadini ribelli da Teodosio e la successiva penitenza che gli fu imposta da Ambrogio, la politica religiosa dell'imperatore si irrigidì notevolmente: tra il 391 e il 392 furono emanati una serie di decreti che attuavano in pieno l'editto di Tessalonica: venne interdetto l'accesso ai templi pagani e ribadita la proibizione di qualsiasi forma di culto, compresa l'adorazione delle statue; furono inoltre inasprite le pene amministrative per i cristiani che si riconvertissero nuovamente al paganesimo e nel decreto emanato nel 392 da Costantinopoli, l'immolazione di vittime nei sacrifici e la consultazione delle viscere erano equiparati al delitto di (lesa) maestà, punibile con la condanna a morte. 13 I templi pagani furono oggetto di sistematica distruzione violenta da parte di fanatici cristiani e monaci appoggiati dai vescovi locali (in molti casi con l'appoggio dell'esercito e delle locali autorità imperiali) che si ritennero autorizzati dalle nuove leggi. L'inasprimento della legislazione con i "decreti teodosiani" provocò delle resistenze presso i pagani. Ad Alessandria d'Egitto il vescovo Teofilo ottenne il permesso imperiale di trasformare in chiesa un tempio di Dioniso, provocando una ribellione dei pagani, che si asserragliarono nel Serapeo e compiendo violenze contro i cristiani. Quando la rivolta fu domata per rappresaglia il tempio fu distrutto (391). Nel 393, interpretando i Giochi olimpici come una festa pagana, Teodosio ne decise la chiusura influenzato da Ambrogio. A determinare tale decisione contribuirono anche la strage di Tessalonica e l'ormai intollerabile livello di corruzione tra gli atleti che falsava le competizioni. Così facendo decretò la fine di una tradizione millenaria. Dopo il 392, a seguito della morte dell'imperatore Valentiniano II, Teodosio governò come imperatore unico, sconfiggendo l'usurpatore Flavio Eugenio e il suo magister equitum franco Flavio Arbogaste nella Battaglia del Frigido, del 6 settembre 394. La guerra scatenata da Eugenio, i cui eserciti marciavano al grido di Ercole invincibile, rappresentò l'ultimo tentativo di restaurare, almeno in una parte dell'impero, gli antichi culti religiosi ormai messi in discussione dall'avanzata del cristianesimo. Nell'inverno del 394 Teodosio si ammalò di idropisia e dopo pochi mesi (il 17 gennaio 395) morì, lasciando il generale Stilicone come protettore dei figli Arcadio e Onorio. In realtà a fungere da protettore di Arcadio fu, fino al momento della sua morte, il prefetto del pretorio d'Oriente Flavio Rufino, sostituito successivamente da Eutropio. Il 27 febbraio del 395 si tennero i solenni funerali di Teodosio celebrati da Ambrogio, che pronunciò il De Obitu Theodosii. Le esequie si svolsero seguendo per la prima volta il rito cristiano. Arcadio Flavio Arcadio (Flavius Arcadius, 377-408) era il figlio maggiore di Teodosio I e Elia Flaccilla e fratello di Onorio. Teodosio cominciò ad educare il figlio all'arte del governo sin dalla minore età; suo precettore fu Sant'Arsenio il Grande, che fu mandato a Costantinopoli nel 394 dall'imperatore di Roma su richiesta di Teodosio, che voleva che i figli fossero educati da uno degli uomini più colti dell'Impero. Nel 383, all'età di soli sei anni, Arcadio fu proclamato Augusto dal padre e fu associato al governo. Il suo rapido cursus honorum vide poi la nomina a console a soli 8 anni, carica conferita in seguito. Nel 386 Teodosio I decise che il figlio di nove anni fosse sufficientemente maturo per apprendere l'arte militare; lo portò quindi con sé nella campagna contro i Grutungi, associandoselo poi nel trionfo celebrato a Costantinopoli. A 17 anni Arcadio si trovò a reggere il governo dell'Oriente sotto la guida del prefetto Flavio Rufino mentre il padre muoveva con l'esercito contro l'usurpatore Flavio Eugenio. Alla morte di Teodosio I, il 17 gennaio 395, l'Impero romano venne diviso in Impero Romano d'Oriente e Impero Romano d'Occidente. Arcadio ottenne il controllo dell'Impero d'Oriente (in quanto la parte più ricca delle due), ovvero parte della prefettura dell'Illirico (Dacia e Macedonia) e quella d'Oriente (Tracia, Asia minore, Ponto, Oriente, Egitto); il secondogenito di Teodosio, Onorio, divenne imperatore d'Occidente con le sue prefetture d'Italia (Italia, Africa), di Gallia (Gallia, Britannia, Hispania) e la parte restante della Prefettura dell'Illirico. Questa ripartizione dell'eredità di Teodosio non intendeva condurre a una divisione dell'Impero romano, ma i contrasti insorti tra le due parti per questioni territoriali, la crescente diversità degli spiriti e di tendenze tra Oriente e Occidente posero fine a ogni effettiva unità. Onorio era sotto il controllo del magister militum Stilicone, mentre Arcadio era dominato da Rufino. Stilicone voleva controllare entrambi gli imperatori e fece assassinare Rufino nel 395, ma Eutropio, il nuovo consigliere di Arcadio, prese il posto di Rufino. Arcadio fu dominato anche dalla moglie Elia Eudossia, che nel 399 convinse il 14 marito a disfarsi di Eutropio. Ad Eudossia si oppose duramente Giovanni Crisostomo, il patriarca di Costantinopoli, che credeva che l'imperatrice avesse usato i beni della sua famiglia per prendere il controllo dell'imperatore. Eudossia, usando la sua influenza, fece deporre Crisostomo nel 404, ma morì l'anno seguente. Arcadio fu dominato per il resto della sua vita da Antemio, suo prefetto del pretorio, che fece pace con Stilicone ad occidente. Arcadio era più preoccupato di apparire come un pio cristiano che delle questioni politiche o militari, detenendo nominalmente il controllo dell'impero fino alla sua morte, avvenuta per malattia nel 408. Arcadio viene considerato all'unanimità un imperatore debole e privo di personalità. Infatti aveva fatto poco per farsi conoscere dal suo popolo; anche se le masse gli si affollavano intorno per vederlo nelle rare occasioni in cui egli si faceva vedere nelle strade. Onorio Flavio Onorio (384 423) fu il primo imperatore romano d'Occidente, dalla morte del padre Teodosio I (395) alla propria. Già nel 393 ricevette il titolo di augusto. Durante il suo regno, il fratello maggiore, Arcadio, resse l'Impero d'Oriente. Il padre lo onorò del titolo di nobilissimus puer e gli conferì il consolato per l'anno 386, quando Onorio aveva due anni. Raggiunse il padre a Roma (389), poi tornò a Costantinopoli (391). Nel 392 morì l'augusto d'Occidente, Valentiniano II, e poco dopo il generale di origine barbara Arbogaste elevò al trono Eugenio; Teodosio fece inizialmente intendere di accettare il nuovo collega, ma poi, il 23 gennaio 393, proclamò Onorio, all'età di dieci anni, augusto d'Occidente, associandolo al trono come aveva fatto dieci anni prima con Arcadio Prima della morte di Teodosio (17 gennaio 395), quest'ultimo divise l'Impero tra i due figli: ad Arcadio andò la parte orientale, a Onorio la parte occidentale. Questa divisione fu, dal punto di vista formale, solo amministrativa, essendo l'Impero ancora uno, ma fu anche un importante evento della storia romana, in quanto mai più un imperatore regnò sull'Occidente e sull'Oriente contemporaneamente. Essendo Onorio ancora minore, la reggenza effettiva fu affidata a Stilicone, un generale di origine vandala; per rafforzare il proprio legame con l'imperatore, Stilicone diede in sposa a Onorio la propria figlia Maria (398 circa) e, dopo la morte di questa, l'altra figlia Termanzia (408). L'impero d'Occidente fu sottoposto, durante il regno di Onorio, ad una serie di spinte disgregatrici sia esterne che interne, con invasioni di popoli barbari e diverse ribellioni di usurpatori (le fonti ne ricordano nove). Nel 402 e 403, Stilicone respinse le incursioni dei Visigoti di Alarico. Proprio a causa dell'invasione dei Visigoti, nel 402 Onorio spostò la capitale da Mediolanum, più esposta, a Ravenna, considerata meglio difendibile in quanto circondata da paludi. La necessità di difendere l'Italia costrinse Stilicone a sguarnire la Gallia. Nel 405, un esercito barbaro, al comando di Radagaiso, invase l'Italia, portando la devastazione nel cuore dell'Impero, finché Stilicone non lo sconfisse nel 406. Nel frattempo i Romani esercitavano un controllo sempre più debole sulla Britannia romana; rimaste isolate, le guarnigioni romane di quella provincia sostennero diversi usurpatori. Nel 406 un grosso esercito di Alani, Suebi e Vandali sfondò la frontiera e invase la Gallia per poi muoversi verso la penisola iberica nel 409. L'influenza politica di Stilicone cresceva ad ogni vittoria militare conseguita, ma allo stesso tempo cresceva l'opposizione che il generale riscuoteva a corte, in particolare dal partito contrario alla negoziazione con i popoli barbari, guidato da Olimpio. Dopo la morte di Maria, Stilicone convinse Onorio a sposarne la sorella Termanzia 15 (408), ma quello stesso anno Onorio sposò la causa degli oppositori del comandante, entrando così nella sfera d'influenza del cortigiano che lo convinse a liberarsi di quello condannandolo a morte, facendone uccidere anche il figlio. L'eliminazione del più valido generale dell'Impero romano d'Occidente permise ad Alarico I e ai suoi Visigoti la ripresa dell'offensiva militare. Durante lo stesso 408, Alarico chiese ad Onorio il permesso di portare il proprio esercito dal Norico alla Pannonia, ma Onorio, consigliato dal proprio magister officiorum Olimpio, si rifiutò di contrattare. I Visigoti, allora, raggiunsero Roma ed estorsero ai notabili cittadini 5000 libbre d'oro, 30.000 libbre d'argento, 4.000 tuniche di seta, 3.000 panni porpora e 3.000 libbre di pepe, mentre Onorio rimaneva inerte a Ravenna. Nel 409 Alarico tornò a Roma dove, col sostegno del senato romano, mise sul trono un uomo a lui più congeniale, Prisco Attalo. L'anno successivo, dopo aver ricevuto sei legioni dall'Impero romano d'Oriente, Onorio negoziò con Alarico, ottenendo che questi deponesse Attalo; i negoziati, tuttavia, a causa del tradimento dell'imperatore che tentò di tendere un'imboscata al generale barbaro, si interruppero e si giunse al sacco di Roma (410), durante il quale Alarico prese in ostaggio persino Galla Placidia, sorella di Onorio. In Gallia intanto la situazione era tutt’altro che sicura e da lì giunsero altri pericicoli per il potere di Onorio, sia da parte di usurpatori sia da parte di popolazioni barbariche, in particolare Goti. I Visigoti, in cambio di 600000 misure di grano e del territorio dell'Aquitania, si impegnarono a combattere in nome dei Romani i Vandali, gli Alani e i Suebi in Hispania. L'Aquitania sembra sia stata scelta come terra dove far insediare i Visigoti per la sua posizione strategica, in caso di nuove invasioni di altre popolazioni barbariche. Grazie all'operato di Flavio Costanzo, rispetto al 410, l'Impero aveva recuperato la Gallia, sconfiggendo usurpatori e ribelli, e una parte della Spagna, annientando, grazie ai Visigoti, gli Alani.Onorio, spesso in contrasto con il fratello imperatore d'Oriente, cercò l'alleanza con la Chiesa cattolica eliminando le ultime vestigia del paganesimo come, ad esempio, i giochi gladiatorii. Per rinforzarsi politicamente, Onorio si avvicinò a Costanzo, il quale prima sposò Galla Placidia (417), sorella dell'imperatore, poi fu associato al trono nel 421. Nonostante un relativo indebolimento dell'Impero, la situazione stava migliorando decisivamente sotto la ferma guida di Costanzo e non è implausibile che se Costanzo fosse vissuto più a lungo, l'Impero si sarebbe ripreso completamente. Tuttavia tale stratagemma fu reso vano dal decesso di Flavio Costanzo avvenuto durante il medesimo anno, così che l'imperatore, sentendosi fondamentalmente inadeguato nell'affrontare la profonda ed irreversibile crisi contingente, ritenne opportuno ritirarsi a Ravenna. Nel 422/423, litigò con Galla Placidia, sua sorella, e la costrinse all'esilio: Morì nell'anno 423, di edema. Aveva trentotto anni e regnava da ventotto; non avendo lasciato eredi, il suo trono fu prima usurpato dall'alto funzionario Giovanni Primicerio, poi recuperato da Valentiniano III, figlio di Galla Placidia. 16