Emergenze Fitosanitarie in provincia di Milano

Sommario
Presentazione
pag. 2
Ambrosia
pag. 3
(Ambrosia artemisiifolia)
Diabrotica
pag. 7
(Diabrotica virgifera virgifera)
Tarlo asiatico
(Anoplophora chinensis)
pag. 13
Punteruolo acquatico del riso
pag. 19
(Lissorhoptrus oryzophilus)
(autori : Maria Luisa Giudici, Bruno Villa)
Si ringraziano per la collaborazione i seguenti referenti scientifici:
Maira Bonini, Marco Boriani, Gualtiero Caremi, Beniamino Cavagna, Mariangela Ciampitti, Maria
Luisa Giudici, Bruno Villa
Pubblicazione a cura di: Roberta Colombo, Alessandra Masperi, Laura Panzeri
Testi aggiornati al 14/10/2008
1
Ambrosia
(Ambrosia artemisiifolia)
3
Caratteristiche botaniche dell’ambrosia
Caratteristiche botaniche
A. artemisiifolia è una pianta annuale appartenente alla famiglia delle Composite, a ciclo vegetativo
tardo estivo.
E’ originaria del nord America, ma è diffusa anche in Europa ove è giunta probabilmente come
contaminante di sementi. I Paesi europei in cui è maggiormente diffusa sono Francia, Ungheria,
Croazia, Austria e Italia.
In Provincia di Milano è conosciuta dai botanici fin dal 1940 come pianta esotica naturalizzata.
Cresce soprattutto in ambienti aridi e molto luminosi su suoli ghiaiosi e sabbiosi. E’ diffusa nei
terreni incolti o coltivati dopo la trebbiatura, ai margini dei campi, dei canali e delle strade.
Presenta uno stelo eretto, robusto, peloso, talvolta rossastro, molto ramificato superiormente, la cui
altezza varia dai 20-90 cm fino ai 2 metri.
Le foglie sono 2-pennatosette da 3 a 10 cm, molto frastagliate, di colore verde uniforme su
entrambe le pagine e vellutate al tatto.
I fiori dell'Ambrosia sono unisessuali: i femminili all’ascella delle foglie più alte riuniti in piccoli
capolini, mentre i maschili di colore giallo-verde riuniti in racemi di 8-15 cm, nella porzione
terminale dei rami.
Infiorescenza maschile
Pianta di ambrosia
(primi stadi di sviluppo)
Ciclo vitale
Le prime plantule compaiono tra aprile e maggio, in funzione delle condizioni termiche. La fioritura
inizia nel mese di luglio e si prolunga fino a settembre, con picchi tra agosto e settembre; in questo
periodo la pianta produce una notevole quantità di polline con proprietà fortemente allergizzanti,
che può quindi causare l’insorgenza di diverse forme allergiche .
L’impollinazione è essenzialmente anemofila. Il seme di circa 3 mm, ha forma di punteruolo con 45 spine apicali. Ogni pianta produce da 3.000 a 15.000 semi, con un’elevata vitalità. L’acqua, gli
uccelli e l’uomo determinano la sua diffusione.
Caratteri distinguenti da Artemisia
Artemisia vulgaris è un’altra composita molto diffusa, che si può confondere con Ambrosia.
Si distingue perché è una pianta perenne, con foglie meno frastagliate, che emanano un profumo
aromatico simile al crisantemo. Sono di colore verde scuro nella pagina superiore e quasi argenteo
in quella inferiore. Lo stelo è eretto, angoloso, striato con colorazioni rossastre, molto ramoso, con
altezza fino a 200 cm.
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Patologie allergiche connesse alla specie
La crescente diffusione dell'Ambrosia costituisce un problema di prevenzione in campo
allergologico, ma anche di sanità pubblica. Il polline della pianta è infatti notevolmente allergenico
ed è responsabile nel periodo tardo estivo dell'insorgenza di oculorinite ed asma bronchiale nei
soggetti sensibili ed, in particolare nella zona nord-ovest della Provincia di Milano, è causa di
allergia in una elevata percentuale della popolazione.
Metodi per il contenimento di ambrosia in ambito agricolo
Sfalcio
Lo sfalcio risulta essere il metodo più facilmente praticabile su diverse tipologie di terreno.
Ha generalmente un’ottima efficacia: circa 97% delle infiorescenze eliminate rispetto ad un
testimone non trattato.
Il numero e l’epoca dei tagli necessari per contenere A. artemisifolia può variare di anno in anno in
funzione dell’andamento climatico e dello stadio di sviluppo dell’infestante.
Basandosi su un’attenta osservazione dello sviluppo della pianta in campo, è possibile ridurre il
numero di interventi ottenendo comunque dei risultati soddisfacenti.
Il criterio guida per lo sfalcio è quello del riconoscimento della fase fenologica “abbozzi delle
infiorescenze” (circa 1-2 cm di lunghezza delle infiorescenze maschili). Sfalciando quando la
maggior parte delle piante di ambrosia in campo hanno raggiunto tale fase si ottiene un buon
contenimento con un solo intervento. Dalle osservazioni condotte negli ultimi anni, generalmente
questa fase si presenta nella prima decade di agosto.
Occorre sottolineare però che l’approccio basato sulla fase fenologica richiede una attentissima
osservazione dello sviluppo dell’ambrosia nei vari campi ed una assoluta tempestività di intervento
per evitare che le piante entrino in fioritura.
Un approccio più cauto prevede invece due interventi col seguente calendario:
1) primo sfalcio a fine di luglio, indicativamente nell’ultima settimana, per evitare di
raggiungere livelli di polline capaci di provocare allergia già nei primi giorni di agosto
2) secondo sfalcio verso la fine di agosto, per contenere i ricacci o le nuove piante sviluppatesi
nel frattempo.
In ogni caso lo sfalcio deve essere effettuato assolutamente prima dell’emissione di polline.
Generalmente lo sviluppo delle infiorescenze inizia nel mese di luglio ed i picchi d’emissione di
polline si hanno tra la fine di agosto ed i primi di settembre.
Comunque il numero e l’epoca dei tagli necessari per ottenere un buon effetto di contenimento
risentono dell’andamento climatico di ogni anno, che influenza lo stadio di sviluppo della pianta, e
della precessione colturale.
Pertanto le indicazioni suddette devono essere verificate in campo ogni anno.
L’altezza di taglio deve essere la più bassa possibile.
Si sottolinea invece che interventi troppo frequenti favoriscono lo sviluppo di ricacci laterali alla
base del fusto.
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Confrontro tra diverse situazioni in campo.
Da sinistra: aratura, un solo sfalcio e assenza totale di interventi
Diserbo
E’ un trattamento risolutivo con un’efficacia molto buona (circa 96%). Per un buon risultato è
necessario fare attenzione all’epoca di intervento, all’attrezzatura (altezza barra irroratrice, pulizia
ugelli ecc.), alla dose di p.a. ed alla % di coformulati.
Intervenendo quando la pianta è alta circa 20 cm, orientativamente nella prima metà di luglio, si può
ottenere un buon risultato anche a basse dosi di p.a.
E’ consigliabile l’uso di diserbanti a bassa tossicità, a basso impatto ambientale e scarso effetto
residuale (a titolo di esempio si possono utilizzare Glifosate o altri erbicidi selettivi per
dicotiledoni).
Altri metodi
Altre metodiche danno risultati meno certi poiché implicano una maggiore accuratezza nella
modalità e nella scelta dell’epoca di intervento. L’aratura e l’erpicatura con erpice a dischi possono
dare risultati molto buoni (dal 90 al 95% di efficacia) se praticate su suoli in tempera e con A.
artemisifolia alte non più di 20 cm, per evitare che la lavorazione lasci in superficie porzioni di
pianta che sono in grado di continuare a vegetare. Anche la trinciatura può dare risultati buoni ma
variabili (dall’85 al 95% di efficacia) in funzione dell’altezza dell’infestante al momento
dell’intervento e del tipo di attrezzatura impiegata.
Scarsi risultati si ottengono con la trasemina di colture foraggere (es. erba medica e trifoglio) in
primavera sul cereale vernino. L’antagonismo esercitato dalla foraggera rimasta in campo verso
l’ambrosia durante l’estate non è sufficiente.
Risultati migliori si ottengono invece con la semina estiva (ove le condizioni agronomiche meteorologiche lo rendano possibile) di colture foraggere antagoniste (es. panico) che esplicano un
buon effetto di copertura del terreno e quindi di contenimento nei confronti dell’ambrosia.
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Diabrotica
(Diabrotica virgifera virgifera)
7
Caratteristiche della diabrotica
Morfologia degli adulti
Gli adulti di Diabrotica virgifera virgifera presentano una colorazione giallo-bruna e dimensioni
variabili da 5 a 6 mm. di lunghezza. Come si può vedere nelle foto, le ali (elitre) sono quasi
totalmente scure, tranne la parte terminale giallastra, nei maschi; con tre strisce simmetriche
scure sul fondo giallo, nelle femmine. Le antenne dei maschi sono più lunghe di quelle dell’altro
sesso.
Adulti di diabrotica che si
alimentano sulle sete fiorali della
spiga di mais
Adulti di diabrotica sulle trappole
cromotropiche
Ciclo vitale
La specie presenta una generazione annuale. Gli adulti sfarfallano dalla metà di giugno alla fine di
settembre. Le uova vengono deposte entro i primi 15 cm del terreno, solo in campi di mais. Le
larve nascono nel mese di maggio e per quasi tutto il mese di giugno dell’anno successivo all’
ovideposizione. Esse si nutrono delle radici del mais. Dopo essersi alimentate sulle radichette
laterali si spostano all’interno delle radici principali scavando gallerie di alimentazione che possono
interessare anche la zona del colletto. Inseguito allo sfarfallamento gli adulti si portano sulla parte
aerea nutrendosi delle foglie e delle sete fiorali.
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Danni
Per valutare il rischio di danno per l’anno successivo oltre a considerare i risultati del monitoraggio
con trappole cromotropiche si dovrà osservare anche la presenza di allettamenti o danni radicali. In
presenza di allettamenti o danni radicali il rischio di danno si dovrà ritenere elevato.
L’attacco alle radici del mais ad opera delle larve può determinare la riduzione dell’apparato
radicale e l’allettamento delle piante colpite, che tendono a risollevarsi assumendo un portamento “a
collo d’oca”. Il danno finale consiste nella diminuzione della produzione e nella perdita alla raccolta
dovuta all’allettamento delle piante.
Radici radici sane (a sinistra) a confronto con
radici danneggiate(a destra)
Portamento a “collo d’oca”
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Il monitoraggio aziendale proposto dal Servizio fitosanitario della Regione Lombardia
Il monitoraggio aziendale attraverso l’uso di trappole specifiche, è un metodo per verificare la
presenza e la consistenza delle popolazioni dell’insetto in ogni azienda e stimare il rischio di danno
per l’anno successivo. L’obiettivo del monitoraggio aziendale è di predisporre adeguate strategie di
controllo sulla base di reali necessità, evitando il ricorso a trattamenti insetticidi, se non necessari,
ma soprattutto impostare la rotazione colturale sulla base di una reale conoscenza della propria
situazione aziendale .
La sola presenza dell’insetto non indica infatti che questi causerà dei danni nell’anno successivo. Il
rischio di avere dei danni si potrà valutare con il monitoraggio tramite trappole cromotropiche.
Monitoraggio con trappole Cromotropiche
Le trappole cromotropiche specifiche per il monitoraggio della Diabrotica sono le trappole
Pherocon® AM (nella foto).
Sono trappole gialle che catturano adulti, in particolare maschi, quando vi sono popolazioni
residenti e numerose.
Sono costituite da un foglio piegato a base di cellulosa naturale, resistente e biodegradabile,
invischiato sul lato interno con materiale adesivo molto persistente, che cattura gli adulti
dell’insetto. Una volta aperto il foglio ed esposto il lato adesivo, la trappola deve essere avvolta
intorno al culmo del mais al di sotto della spiga e deve essere fissata utilizzando il laccio bianco in
dotazione, infilato nel foro superiore presente sulla trappola stessa.
Trappola cromotropica avvolta attorno al culmo
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Le modalità corrette da seguire per effettuare il monitoraggio con le trappole cromotropiche sono:
•
posizionare la trappola in campi in monosuccessione
•
per ogni campo usare 6 trappole, secondo gli schemi mostrati in figura: alla stessa distanza a
destra e a sinistra della mezzeria del campo (schema A) oppure alla stessa distanza lungo la
mezzeria, nel caso di appezzamenti con superfici inferiori ad un ettaro (schema B). Le trappole
devono essere collocate ad una distanza minima sulla fila di 10 m e tra le file di 30 m e ad
almeno 10 m dal bordo del campo. Lo schema A potrà essere adottato anche per porzioni più
ridotte dell’appezzamento qualora quest’ultimo sia di grandi dimensioni.
•
posizionare le trappole a partire dalla seconda metà di giugno, lasciandole in campo per 6
settimane (42 giorni).
effettuare il conteggio degli adulti ogni settimana per 6 settimane. Dopo ogni conteggio si
devono togliere dalla trappola gli adulti contati. Oppure si sostituisce la trappola se lo strato
vischioso non è più in buone condizioni.
•
SCHEMI DI MONITORAGGIO
●
●
●
●
●
●
●
●
●
●
●
●
Schema B
Schema A
Valutazione dei risultati del monitoraggio
Per valutare il rischio di danno per l’anno successivo, nell’appezzamento monitorato, si farà un
semplice calcolo dividendo il numero totale di adulti catturati per 6, che è il numero delle trappole,
e dividendo ancora per 42, che sono i giorni di durata del monitoraggio. Il risultato è il numero di
adulti/trappola/giorno, che indica il rischio di danno per l’anno successivo.
Se il risultato sarà inferiore a 6 non ci sarà rischio di danno. Questo valore sostituisce il valore 5
fino ad ora adottato.
Con risultato superiore a 6, numero che indica la “soglia d’intervento”, sarà necessario decidere
cosa fare.
Trattare contro gli adulti entro la metà di luglio o avvicendare la coltura l’anno successivo.
Oppure seminare una doppia coltura, cereale vernino + mais di secondo raccolto a semina tardiva.
Occorrerà comunque osservare attentamente l’eventuale presenza in campo di piante con
portamento a collo d’oca (sintomo di un grave attacco).
Le alternative sono diverse e devono tener conto sia della redditività della coltura, sia della
necessità di evitare il verificarsi di danni in presenza del mais.
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Metodi per il controllo della diabrotica
Il metodo più sicuro per contrastare la dannosità di questo insetto è l’avvicendamento colturale,
interrompendo la monosuccessione a mais. Le pratiche agronomiche che possono ridurre il rischio
di danni, anche con popolazioni consistenti, sono quelle che favoriscono lo sviluppo dell’apparato
radicale rendendolo più resistente all’attacco delle larve di D.virgifera virgifera.
La lotta chimica all’insetto non può ritenersi sostitutiva delle più efficaci scelte agronomiche.
Lotta agronomica
Avvicendamenti
Le colture alternative per avvicendare il mais possono essere: frumento ed altri cereali vernini come
orzo, triticale, avena, segale, oppure loiessa, sorgo da foraggio a più sfalci, soia, pisello proteico a
semina autunnale, colza, erba medica. Dopo cereali vernini è possibile coltivare sullo stesso terreno
soia, sorgo da foraggio, mais di 2° raccolto. E’ realizzabile anche l’alternanza loiessa-mais di 2°
raccolto.
Il mais di 2° raccolto può essere seminato su un campo in monosuccessione solo se la semina
avviene dopo la metà di giugno, quando è stato superato il periodo di presenza delle larve in campo.
Nel caso di semine tardive, in seconda epoca, sarà d’obbligo l’attenzione verso le modalità di
prevenzione e di lotta alle micotossine, utilizzando ad esempio ibridi precoci resistenti agli attacchi
fungini ed agli stress idrici.
Scelta degli Ibridi
La scelta dell’ibrido può essere importante per contrastare l’attacco delle larve di D. virgifera
virgifera. Risultano più tolleranti ibridi a radici espanse, vigorose e facilmente rigenerabili.
Epoca semina
La semina anticipata permette di avere a metà maggio, alla comparsa delle prime larve, apparati
radicali ben sviluppati e di conseguenza resistenti all’attacco. Anticipando la semina anche la
fioritura sarà anticipata così che l’insetto adulto, nel suo periodo di massima diffusione tra la fine di
luglio e l’inizio di agosto, non troverà polline e sete fiorali di cui si nutre ed avrà una ridotta attività
di deposizione delle uova.
Le semine tardive, eseguite nel mese di maggio, fanno sì che la pianta ancora vulnerabile, trovi nel
terreno un elevato numero di larve. Questo determina forti attacchi alle radici, ancora non ben
sviluppate.
Pratiche colturali
Possono determinare un maggiore e più equilibrato sviluppo dell’apparato radicale interventi irrigui
tempestivi, equilibrate concimazioni e rincalzature che favoriscono lo sviluppo di radici
avventizie.
Lotta chimica
Dalle prove sperimentali in corso, i trattamenti contro gli adulti sembrano dare i migliori risultati.
Un primo trattamento effettuato circa alla metà di luglio può dare buoni risultati. In presenza di forti
popolazioni non si esclude la necessità di dover replicare il trattamento in epoca successiva,
coincidente al trattamento contro la Piralide.
Sono stati studiati e commercializzati anche concianti specifici contro D.virgifera virgifera, il cui
ruolo appare però ancora limitato ed è insufficiente in presenza di significative infestazioni.
L’utillizzo da parte degli agricoltori delle sementi tattate con tali prodotti fitosanitari è stato al
momento sopeso in via cautelativa.
La sospensione di questi prodotti è dovuta alla necessità di verificare un’eventuale relazione tra li
loro utilizzo e la moria delle api.
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Tarlo asiatico
(Anoplophora chinensis)
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Caratteristiche del tarlo asiatico
Morfologia degli adulti
Gli adulti di Anoplophora chinensis, insetto coleottero cerambicide, presentano una colorazione
nera con macchie bianche sulle elitre, primo paio di ali sclerificate, rigide.
Adulto di tarlo asiatico
Larva su ceppaia
Una volta individuato, l’adulto deve essere eliminato per contenerne la diffusione e deve esserne
segnalata la presenza all’ufficio tecnico del Comune o al Servizio Fitosanitario Regionale. Le
dimensioni sono variabili: il maschio supera i 25 mm di lunghezza con antenne lunghe 2 volte il
corpo, mentre la femmina misura circa 35 mm con antenne poco più lunghe del corpo. Possiedono
una buona capacità di volo, raggiungendo la distanza massima di circa 600 m.
Ciclo vitale
La specie presenta una generazione annuale o biennale. Gli adulti sfarfallano dalla fine di maggio
alla fine di agosto, con un picco di attività alla metà di giugno.
Fori di sfarfallamento degli adulti alla base
del tronco
Adulto in prossimità del foro da cui è sfarfallato. Gli adulti
sono in attività dalla fine di maggio alla fine di agosto
Si alimentano della corteccia dei getti dell’anno di diverse latifoglie, in particolare appartenenti al
genere Acer ssp. Dopo essersi nutrita, la femmina con le mandibole incide la corteccia, in
prossimità del colletto e sulle radici affioranti, e vi inserisce un singolo uovo. Ogni individuo è in
grado di deporre oltre settanta uova. Le uova sono di forma allungata, raggiungono i 5 mm di
lunghezza e sono di colore bianco-crema successivamente giallo-brune. Le larve si sviluppano 15
giorni dopo l’ovideposizione, rimangono attive fino alla fine di ottobre, superano i mesi più freddi
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nella cosiddetta fase di diapausa e riprendono la loro attività nel mese di marzo. Scavano gallerie di
alimentazione nel legno delle radici e della parte basale del fusto, muovendosi dagli strati
superficiali sempre più in profondità. Sono apode, di colore bianco crema con capo brunastro
leggermente appiattito, caratterizzato da un tipico disegno che ricorda una parentesi graffa. A
maturità possono raggiungere i 45–55 mm di lunghezza. In primavera si muovono verso la
superficie, ad 1 cm dalla corteccia, del fusto o delle radici, si trasformano in pupa e poi in insetto
adulto che scava i fori di sfarfallamento per muoversi verso l’esterno.
Danni
Le piante attaccate presentano alla base del fusto
e nelle radici gallerie di alimentazione delle larve
e fori di sfarfallamento, di uscita dell’adulto. I
fori di emersione degli adulti hanno un diametro
di circa 1,5 – 2,5 cm, sono perfettamente
circolari e rappresentano una potenziale via di
ingresso di patogeni fungini, che possono a loro
volta provocare i cosiddetti danni indiretti. Nei
vegetali attaccati si può conseguentemente
determinare un indebolimento con stroncamento
e possibilità in alcuni casi di schianto delle
piante attaccate.
Rametti senza porzioni di corteccia di cui si
nutre l’adulto
Prevenzione
Uno dei metodi preventivi contro la diffusione di Anoplophora chinensis nell’area di quarantena è
l’uso di piante che non sono tra quelle colpite dall’insetto. Le piante che vengono solitamente
attaccate sono: Acero, Ontano, Platano, Betulla, Carpino, Faggio, Nocciolo, Lagestroemia, Melo,
Pero. Il divieto di mettere a dimora piante appartenenti allo stesso genere di quelle ospiti
dell’insetto è tra le misure fitosanitarie che devono essere attuate obbligatoriamente dalle
amministrazioni, dai florovivaisti, dagli operatori del verde e da ogni singolo cittadino, nei comuni
dell’area di quarantena. Al momento non esistono garanzie che altre specie non entrino a far parte
del gruppo di piante ospiti, si ricorda infatti che l’insetto è polifago ed è attratto da più fattori come
sostanze chimiche emesse dalle piante o numerosi caratteri morfologici: ad esempio predilige le
caducifoglie ed in particolare foglie palmato-lobate come nel genere Acer spp., o foglie larghe.
Nella tabella qui di seguito sono stati elencati generi e specie che non sono stati ad oggi attaccati
da A. chinensis e che, insieme alle loro cultivar o varietà, possono essere scelte in alternativa a
quelle più colpite, visto che rappresentano un’ampia varietà di caratteri.
Quercus robur cv ‘Fastigiata’ con il suo portamento colonnare potrebbe sostituire il comune
Carpinus betulus cv ‘Fastigiata’. Interessante Fraxinus excelsior e le sue cultivar che, per le
differenti forme delle chiome e la colorazione delle foglie, potrebbe sostituire alcuni aceri.
Liquidambar e Liriodendron sono tra le ornamentali più somiglianti agli aceri, per portamento e
caratteri, in particolare per la foglia palmata. Per la colorazione fogliare sono degne di nota le varie
specie e relative cultivar appartenenti al genere Cornus spp. e Sorbus spp. Le conifere non sono
colpite dall’insetto probabilmente per le foglie aghiformi e squamiformi, inadatte al suo movimento,
o per il loro legno non appetito dalle larve xilofaghe. Tra le conifere indichiamo Metasequoia e
Taxodium distichum per il fogliame autunnale di colore arancio intenso, oppure per il portamento
Taxus e Juniperus, tipici delle siepi formali. Per gli spazi più limitati è possibile scegliere alberi di
ridotte dimensioni dalla chioma globosa espansa, come Albizzia e Amelanchier, che raggiungono
l’altezza massima di 12 m, oppure l’Orniello per il profumo dei fiori. Di ogni specie oltre alle
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esigenze sono indicati il colore e l’epoca delle fioriture, la permanenza dei frutti sulla pianta, la
colorazione autunnale delle foglie. Scegliendo piante diverse con epoche di fioritura o
fruttificazione differenziate, è possibile avere per buona parte dell’anno elementi di colore
indispensabili per l’estetica del giardino. Si può partire da marzo, con la fioritura ad esempio di
Cornus spp., per finire con la fioritura autunnale di alcuni Viburnus spp., mentre con i frutti si
ottiene una permanenza di colori per buona parte dell’inverno, come nel caso del lantana con i sui
frutti rossi fino a novembre.
ESIGENZE
Specie autoctone (tipiche della zona)
Corniolo
Cornus mas
Sanguinello
Cornus sanguinea
Fusaggine
Euonymus europaeus
Frangola
Frangula alnus
Frassino maggiore
Fraxinus excelsior
Orniello
Fraxinus ornus
Noce Nazionale
Juglans regia
Maggiociondolo
Laburnum anagyroides
Ligustrello
Ligustrum vulgare
Farnia
Quercus robur
Spino cervino
Rhamnus catharticus
Sambuco nero
Sambucus nigra
Farinaccio
Sorbus aria
Sorbo degli uccellatori
Sorbus aucuparia
Tiglio selvatico
Tilia cordata
Tiglio nostrale
Tilia platiphyllos
Lantana
Viburnum lantana
Pallon di maggio
Viburnum opulus
Specie alloctone (non originarie della zona)
Albizzia
Albizia julibrissin
Amelanchier
Amelanchier ovalis
Corbezzolo
Arbutus unedo
Ginko
Ginko Biloba
Liquidambar
Liquidambar styraciflua
Liriodendro
Liriodendron tulipifera
Magnolia
Magnolia grandiflora
Paulonia
Paulownia tomentosa
Melograno
Punica granatum
Albero di giuda
Cercis siliquastrum
Bosso
Buxus sempervirens
Frutti
Fiori
Foglie
Forma
chioma
Altezza (m)
Esposizione
NOME LATINO
Suolo
NOME ITALIANO
CARATTERISTICHE MORFOLOGICHE
F–D
F–D
D
U
D
D
D
F -D
D
D
C–D
U-D
U-D
U-D
U-D
U-D
U-D
U-D
S–M
S–M
S–M
M
S
S
S
S
S -M
S
S -M
S
S–M
S
S
S
S-M
S-M
8
4
6
5
35
15
30
9
3
35
6
10
25
15
35
35
6
4
G
G
G
E
E
G
G
G
G
E
G
G
G
G
G
E
E
G
V
AR
V
AG
AG
AG
V
V
V
AG
AG
V
AR
AR
V
V
AR
AR
Giallo (2-3)
Bianco (4-5)
Bianco (3-4)
Bianco (6-7)
Porpora (4)
Bianco (5)
Giallo (6)
Giallo (5-6)
Bianco (4-6)
Giallo (5)
Verdi (4-6)
Bianco (5-6)
Bianco (5-6)
Bianco (5-6)
Bianco (6-7)
Bianco (6-7)
Bianco (4-5)
Bianco (4-5)
Rosso
Rosso
Rosa
Rosso
Bruno
Bruno
Bruno
Bruno
Nero
Bruno
Nero
Nero
Arancio
Scarlatti
Giallo
Giallo
Rosso
Rosso
F–D
A–D
F–D
F-U
A–D
D
D
D
F–D
C–D
U
S
M
S
S
S–M
S
S–M
S
S
S
S–M
12
12
9
30
30
45
30
15
5
12
5
G
G
G
G
G
E
E
G
G
G
G
V
AR
AR
AG
V
AG
V
V
V
V
V
Rosa (7-8)
Bianco (4-5)
Bianco (10)
Giallo (3)
Bianco (2-3)
Verdi (6-7)
Bianco (7-9)
Bianco (4-5)
Scarlatti (6)
Rosa (4-5)
senza petali
Bruno
Rosso
Scarlatti
Giallo
Arancio
Bruno
Arancio
Bruno
Rosso
Rosso
Bruno
Legenda
Suolo:
F = fertile U = umido D = ben drenati C = calcarei A = acidi
Esposizione:
M = mezz’ombra
Foglie:
V = verde G = giallo R = rosso AG = autunnale giallo AR = autunnale rosso
S = pieno sole
Epoca Fioritura: (mesi)
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Il monitoraggio per il controllo del tarlo asiatico
L'insetto A. chinensis forma malasiaca è un coleottero di origine asiatica molto dannoso perché
xilofago e polifago. Si nutre del legno di numerose specie di latifoglie, scavando gallerie nelle
radici e nella parte basale, che causano un indebolimento con stroncamento e possibilità in alcuni
casi di schianto delle piante attaccate. La lotta contro questo insetto, serio problema per il
patrimonio arboreo e boschivo del nostro territorio, risulta molto difficile per la mancanza o scarsità
di insetti antagonisti e parassitoidi naturali, e per il numero elevato di latifoglie ospiti, su cui si può
sviluppare. Ad oggi le modalità di controllo e di difesa più efficaci sono il costante monitoraggio,
per individuare la presenza dell’insetto e la distruzione delle piante attaccate. Dovranno quindi
essere abbattute le piante che presentano fori di sfarfallamento degli adulti o rosure di alimentazione
delle larve. L’A. chinensis attacca soprattutto specie di Acer spp. (acero), Aesculus hippocastanum
(ippocastano) Alnus spp. (ontano), Betula spp. (betulla), Carpinus spp. (carpino), Citrus spp.
(agrumi), Corylus spp. (nocciolo), Cotoneaster spp., (cotonastro), Crataegus spp. (biancospino),
Fagus spp. (faggio), Ficus carica (fico), Lagestroemia spp. (lagestroemia), Malus spp. (melo),
Platanus spp. (platano), Populus spp. (pioppo), Prunus spp. (ciliegi), Pyrus spp. (pero), Quercus
spp. (querce), Rhododendron spp. (rododendri), Rosa spp. (rose), Salix spp.(salice), Ulmus spp.
(olmo).
Programma di monitoraggio
Il Servizio Fitosanitario Regionale, presso ERSAF, è responsabile del monitoraggio dell’insetto
nelle zone infestate e nelle zone cuscinetto, come definite dal Ministero delle politiche agricole,
alimentari e forestali con Decreto 9 novembre 2007. Il monitoraggio è svolto in stretta
collaborazione con i Comuni ricadenti nelle zone suddette.
Le zone infestate sono state dettagliate dalla Direzione Generali Agricoltura con decreto n. 6103 del
11/06/2008.
Le zone infestate sono comprese nelle province di Milano, Varese e Brescia.
E’ indispensabile la collaborazione dei cittadini nell’individuare l’insetto sia nelle zone già infestate
sia in tutto il rimanente territorio regionale.
Nel caso si individuasse l’insetto o sintomi della sua presenza, occorre segnalarlo all’ufficio tecnico
comunale di competenza oppure ai seguenti recapiti telefonici:
840.000.001 oppure 02.69.96.70.01
E’ possibile inoltre inviare segnalazioni scritte tramite i seguenti indirizzi di posta elettronica:
[email protected] - [email protected]
Sintomi della presenza dell’insetto
Il sintomo principale è la presenza di fori nella parte basale del tronco o sulle radici affioranti dal
terreno. Dal mese di marzo fino alla fine di ottobre e oltre si possono notare i sintomi dell’attività
delle larve appena sviluppate che, scavando gallerie di alimentazione superficiali nel legno delle
radici e del fusto, producono esternamente rosura. Gli adulti sono in attività dalla fine di maggio
fino alla metà di agosto. Alla base del fusto ma anche sulle radici più superficiali delle piante
attaccate si possono notare i fori di sfarfallamento degli adulti, con diametro di circa 1,5 - 2,5 cm e
perfettamente rotondi. Gli adulti di tarlo asiatico si nutrono della corteccia di rametti. Quindi la
presenza di rametti disseccati su piante verdi, può indicare l’attività degli adulti sulla chioma.
Una ricca galleria di fotografie del tarlo asiatico è reperibile sul sito dell’agricoltura della Regione
Lombardia, all’indirizzo: www.agricoltura.regione.lombardia.it
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Metodi per il controllo e l’eradicazione del tarlo asiatico
Prevenzione
Il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali ha previsto una serie di misure
fitosanitarie obbligatorie per controllare la diffusione di A. chinensis nelle zone infestate, dettagliate
nel decreto n. 6103 dell’11/06/2008 della Regione Lombardia.
Le misure fitosanitarie obbligatorie sono:
a) il monitoraggio di tutte le piante sensibili presenti nel verde pubblico e privato;
b) l’abbattimento di tutte le piante attaccate dall’insetto;
c) l’abbattimento di tutte le piante sensibili presenti nel raggio di almeno 20 m dalla pianta
infestata;
d) la distruzione del legname e della ramaglia di risulta e delle ceppaie secondo le modalità
previste dalla Regione Lombardia;
e) è vietata la messa a dimora, a scopo ornamentale, di piante appartenenti alle specie ospiti
dell’insetto: Acer spp. (Acero), Platanus spp. (Platano), Betula spp. (Betulla), Carpinus spp.
(Carpino), Fagus spp. (Faggio), Corylus spp. (Nocciolo), Lagestroemia spp. (Lagestroemia),
Malus spp. (Melo), Pyrus spp. (Pero), Citrus spp.;
f) il divieto di commercio e di trasporto al di fuori della zona infestata delle piante sensibili
senza specifica autorizzazione dalle strutture regionali;
g) il divieto di trasportare il legname e la ramaglia di risulta non cippati al di fuori della zona
infestata;
h) l’obbligo di eseguire tre trattamenti insetticidi su tutte le piante ospiti presenti. (Decreto
Regione Lombardia n. 6103 del 11/06/08)
Interventi sulle piante colpite
Gli abbattimenti devono essere eseguiti preferibilmente da ottobre sino alla metà di maggio e
comunicati preventivamente al Servizio Fitosanitario Regionale Via Pola 12/14 Milano fax 0267658019, con almeno due giorni di anticipo. Tutto il legname di risulta deve essere distrutto
tramite incenerimento. Per gli abbattimenti effettuati in emergenza, nel periodo da metà maggio a
fine settembre, il trasporto del legname deve avvenire in condizioni di massima sicurezza, con un
mezzo coperto da telone (per intercettare eventuali adulti) e sempre sotto la sorveglianza del
Servizio Fitosanitario Regionale. La ceppaia e le radici di diametro superiore a 1 cm devono essere
estirpate completamente e distrutte tramite incenerimento. In alternativa è possibile utilizzare una
fresa ceppi, che lavorando ad una profondità di circa 40 cm, frammenta rapidamente la ceppaia e le
radici dopo l’abbattimento. Oppure esiste un’ulteriore alternativa: se non vengono estirpate o
fresate, le radici devono essere devitalizzate tramite trattamento chimico. Il terreno circostante, fino
a due metri dal ceppo, e le radici affioranti devono essere ricoperte con una rete metallica (maglia
fine di massimo 5 mm ed 1 mm di spessore minimo del filo di ferro). Per evitare sollevamenti e
aperture, possibili vie di fuga per l’insetto adulto, la rete va fissata al terreno con idonei fermi,
posizionati almeno a 50 cm di distanza, e le giunture vanno sovrapposte per almeno 3 cm e fermate
con un filo di ferro. La rete deve rimanere in loco per almeno due anni e deve essere controllata
ogni 20 giorni nel periodo da giugno a fine agosto.
Interventi contro gli adulti
Gli interventi insetticidi hanno lo scopo di evitare che gli insetti adulti possano spostarsi su altre
piante o in nuove zone. Sono obbligatori tre trattamenti chimici con insetticidi ad effetto abbattente:
a metà giugno - fine giugno – inizio luglio.
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Punteruolo acquatico del riso
(Lissorhoptrus oryzophilus)
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Il punteruolo acquatico del riso
(Autori: Maria Luisa Giudici, Bruno Villa – Centro Ricerche sul Riso – Ente Nazionale Risi)
Il Lissorhoptrus oryzophilus Kuschel, noto come punteruolo acquatico del riso, è un coleottero
Erirhinidae, appartenente alla superfamiglia Curculionoidea.
Caratteristiche morfologiche
L’uovo (figura 1), biancastro, lungo circa 8 mm, è difficilmente visibile perché si trova inserito nei tessuti
vegetali delle piante ospiti.
La larva (figura 2), biancastra, è strettamente vincolata all’ambiente acquatico e trae ossigeno
dall’aerenchima delle piante ospiti, grazie a una serie di uncini collegati alle trachee. Si può spostare da
un radice all’altra percorrendo fino a mezzo metro nel fango
La pupa (figura 3), biancastra e di dimensioni simili all’adulto, è protetta da un involucro di fango ed
ancorata alle radici delle piante ospiti (figura 4).
L’adulto (figura 5), dotato di un rostro recante antenne genicolate, è lungo circa 3,5 mm, di colore
grigio-brunastro chiaro con una zona più scura romboidale che interessa il pronoto e le elitre. É in grado
di muoversi volando, camminando e nuotando.
Fig. 1 : Uova all’interno della guaina
fogliare
Fig. 4 Involucro di fango
Fig. 2 larva
Fig. 3 pupa
Fig. 5 adulto
Distribuzione geografica
Originario del Nord America, dove viveva inizialmente su vegetazione spontanea, il Lissorhoptrus
oryzophilus è diventato il maggior problema entomologico per il riso negli U.S.A.; nel 1976 è stato
segnalato in Giappone, invaso completamente in una decina di anni, e successivamente si è diffuso in altri
importanti Paesi risicoli asiatici. Nel 2004 ne è stata riscontrata la presenza anche in Italia, nei pressi di
Abbiategrasso e Vigevano. La figura 6 mostra la distribuzione del Lissorhoptrus oryzophilus nel mondo,
evidenziando le aree in cui sono presenti esclusivamente popolazioni di femmine partenogenetiche che si
riproducono senza , mentre nella figura 7 si osserva la diffusione raggiunta sino ad oggi nell’areale
risicolo italiano. Occorre precisare che, sebbene tutte le province risicole della Pianura Padana
occidentale siano infestate da questo coleottero, le popolazioni più numerose e i danni maggiori si
registrano nelle zone limitrofe alla valle del Ticino. La possibilità di riprodursi per partenogenesi
garantisce a questa specie una più rapida e incisiva diffusione.
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Fig. 6: Distribuzione nel mondo
Fig. 7 : Diffusione in Italia
Ciclo biologico
Il ciclo del Lissorhoptrus oryzophilus è schematizzato nella figura 8, con l’indicazione degli stadi
dell’insetto presenti in ogni lasso di tempo considerato. L’adulto trascorre l’inverno in diapausa, al riparo
di residui colturali, detriti vegetali o alla base di piante spontanee. Alla ripresa primaverile si dirige verso
le risaie allagate, nutrendosi dapprima dell’apparato fogliare della vegetazione spontanea, preferibilmente
di Poacee e Ciperacee, poi del riso, appena emerso dall’acqua. Non disdegna, tuttavia, di soffermarsi
anche su colture in semina interrata (riso, mais), in attesa di insediarsi in camere sommerse, condizione
questa indispensabile per la sua riproduzione. Le uova sono deposte longitudinalmente nella porzione
sommersa delle guaine fogliari del riso. Le giovani larve si nutrono in un primo momento del tessuto
delle guaine, per spostarsi poi sulle radici, loro fonte di ossigeno e nutrimento. Qui completano lo
sviluppo e si impupano, restando ancorate all’apparato radicale, protette da un involucro di fango. Ad
un’ovideposizione scalare corrisponde uno sfarfallamento scalare della nuova generazione, con inizio in
luglio. Quest’ultima normalmente va subito alla ricerca dei nuovi siti di svernamento, ma, soprattutto in
caso di temperature autunnali miti e di ricacci delle piante di riso, si può trovare ancora in risaia alla
raccolta ed alcuni individui, finiti inevitabilmente nella massa di risone, si possono rinvenire tra il
materiale scartato dal pulitore dell’essiccatoio. In Italia il Lissorhoptrus oryzophilus compie una sola
generazione all’anno.
Fig. 8: Ciclo biologico
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Danni
L’infestazione, e quindi anche la manifestazione dei danni, procede dall’esterno verso l’interno della
risaia, insistendo soprattutto sulla prima decina di metri delle fasce perimetrali (figura 9). Si evidenziano
essenzialmente due tipi di danno.
Scarificazioni longitudinali sulla lamina fogliare (figura 10) delle giovani plantule di riso: sono il primo
indizio della presenza dell’adulto (figura 11), il quale spesso sfugge allo sguardo sia perché si rifugia
nella parte inferiore delle piante sia perché attua la tanatosi, cioè simula la morte e si lascia cadere,
quando si sente in pericolo. Le scarificazioni non costituiscono un danno preoccupante, ma talvolta
interessano tutta la superficie della lamina fogliare, influendo negativamente sullo sviluppo delle plantule.
Rosura delle radici (figura 12): è il danno principale ed è operata dalle larve che si nutrono a spese
dell’apparato radicale. Comporta sia un minore sviluppo delle piante (figura 13) sia un investimento
ridotto, dovuto alla morte o allo sradicamento delle piante stesse, e si traduce in entrambi i casi in perdite
produttive. La risaia presenta zone diradate con plantule ingiallite e sofferenti (figura 14). A parità di
infestazione, i danni sono tanto più seri quanto meno sviluppato è l’apparato radicale al momento
dell’attacco.
Fig. 10 e 11: Scarificazioni sulla
lamina fogliare e adulti
Fig. 9: Fascia perimetrale infestata
Fig. 14: Diradamenti in
risaia
Fig. 12: Rosure delle radici
Fig. 13 : Sviluppo ridotto delle
piante infestate rispetto a quello
di una pianta normale (destra)
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Prevenzione
L’attuazione della prevenzione si esplica nel mantenere gli argini sgombri dalla vegetazione spontanea, in
considerazione del fatto che le piante erbacee non solo offrono riparo agli adulti svernanti ma sono anche
la loro unica fonte di nutrimento prima e dopo il periodo di coltivazione del riso. Gli argini inerbiti,
quindi, sono un punto di partenza dell’infestazione (figura 15) e/o di sosta degli adulti provenienti da altri
ricoveri invernali, quali il sottobosco, i filari alberati, i residui colturali.
Lotta agronomica
La lotta agronomica si può attuare con modalità diverse a seconda dello stadio dell’insetto da combattere.
Contro gli adulti:
la semina interrata a file e successiva sommersione quando il riso è in fase di 4-5 foglie ritarda
l’insediarsi degli adulti di Lissorhoptrus oryzophilus in risaia e, perciò, consente al riso, dotato di un
apparato radicale più sviluppato, di sopportare maggiormente il successivo attacco larvale
la semina di varietà a ciclo breve, essendo eseguita in epoca posticipata, rende meno probabile
l’instaurarsi di gravi infestazioni, perché gli adulti usciti dalla diapausa hanno già raggiunto risaie
sommerse in epoca tradizionale, dove hanno iniziato a riprodursi.
Contro le larve: lo sgrondamento della risaia determina la morte delle larve, incapaci di sopravvivere a
lungo in assenza di acqua. È necessario vigilare e far defluire l’acqua dalle camere appena si nota la
presenza larvale, riscontrabile osservando direttamente le radici delle plantule di riso o sciacquandole per
far riaffiorare le larve. Quanto più l’asciutta è drastica e prolungata, tanto più efficace è il risultato
ottenuto.
Lotta chimica
É preferibile ricorrere alla lotta chimica solo in presenza di gravi infestazioni di Lissorhoptrus
oryzophilus e qualora le misure preventive non bastassero a contenere l’attacco e/o non fosse possibile
attuare la lotta agronomica. Deve essere condotta esclusivamente contro gli adulti, sia perché le larve
sono difficilmente raggiungibili sia perché un trattamento in acqua avrebbe un impatto ambientale molto
negativo.
Nella maggior parte dei casi potrebbe essere sufficiente effettuare tempestivi trattamenti solo sugli argini
e sulle fasce perimetrali della risaia, in modo tale da bloccare l’avanzata degli insetti prima che coprano
l’intera superficie della camera.
Attualmente, in Italia, è ammesso l’utilizzo di un solo principio attivo insetticida in risaia:
l’alfa-cipermetrina. Sinora è stato registrato esclusivamente per il controllo degli afidi, ma per il 2009 è
prevista l’estensione provvisoria di autorizzazione all’impiego contro il Lissorhoptrus oryzophilus per un
periodo di 120 giorni (secondo quanto specificato in etichetta), con la prospettiva di una registrazione
definitiva per l’anno successivo.
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