LA SOLIDARIETA' (FORMAZIONE ALLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA) SOLIDARIETA' è oggi un termine molto utilizzato. Lo sentiamo, per esempio, pronunciare da chi esprime vicinanza a persone che vivono in situazioni difficili e intraprende iniziative tese ad offrire un aiuto concreto ai bisogni della persona (dalla raccolta televisiva di fondi per la ricerca medica alla mensa dei poveri, dal banco alimentare alle case di accoglienza per gli immigrati, dai progetti per sostenere le piccole realtà produttive del sud del mondo a tutte le altre mille forme di volontariato). Non tutte le manifestazioni di solidarietà hanno una matrice cristiana o comunque religiosa. Molte sono assolutamente laiche, portate avanti da privati cittadini o promosse dallo Stato. La solidarietà è infatti un sentimento universale che riguarda l'uomo nella sua essenza e prescinde dalla sua nazionalità e dalla sua appartenenza politica , culturale e religiosa. Tuttavia va sottolineato che la Chiesa cristiana, nella sua storia bimillenaria, si è particolarmente distinta per la sua intensa e costante attività caritativa, che è nella sua stessa natura, nella sua stessa ragion d'essere, e che secondo la moderna terminologia è indicata come espressione di solidarietà in funzione dei bisogni materiali e spirituali dell'uomo. La solidarietà è uno dei principi fondamentali della Dottrina Sociale della Chiesa: un principio capace di ispirare la sfera sociale e pubblica e intessere di sé le istituzioni e l'intera società civile. Ecco perché l'argomento Solidarietà riveste per noi straordinaria importanza. Il suo approfondimento ci consente di vedere cosa di peculiare c'è nel concetto di solidarietà ALLA LUCE DELLA FEDE. Al n. 38 della sua enciclica sociale “Sollicitudo rei socialis” (1988) papa Giovanni Paolo II ci dice che la solidarietà “non è un sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone, vicine o lontane. Al contrario, è la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune, ossia per il bene di tutti e di ciascuno, perché tutti siamo responsabili di tutti”. Tale definizione data dal papa Wojtyla parte da una costatazione di una situazione di fatto: gli uomini sono necessariamente interdipendenti. Nessun uomo è completamente autonomo e può fare a meno degli altri. Tuttavia tale interdipendenza non è di per sé garanzia di relazioni umane sane, nelle quali ciascuno trova occasione di crescita e di realizzazione. Spesso è vero il contrario: l'interdipendenza è utilizzata dai più forti per lo sfruttamento dei più deboli. Per cui è necessario interpretare questa reciproca dipendenza attraverso la solidarietà che, come virtù morale e principio sociale, è capace di restituire la vera immagine della essenziale socialità dell'uomo e della giusta relazione tra tutti gli uomini. -2La solidarietà è UNA VERA E PROPRIA VIRTU' MORALE. Non è un semplice sentimento comunitario o disposizione d'animo. Essa non può ridursi nemmeno ad azioni di tipo assistenziale od occasionale. Ha a che fare, piuttosto, con l'impegno continuo e responsabile ad occuparsi del bene comune. In tal senso, la solidarietà “si colloca nella dimensione della GIUSTIZIA, virtù orientata per eccellenza al bene comune e nell'impegno per il bene del prossimo, con la disponibilità a perdersi a favore dell'altro, invece di sfruttarlo, e a servirlo, invece di opprimerlo per il proprio tornaconto” (Compendio della Dottrina sociale della Chiesa n. 193). Occuparsi del bene comune vuol dire cogliere il nesso esistente tra -solidarietà e destinazione universale dei beni, -solidarietà e uguaglianza tra gli uomini e i popoli, -solidarietà e pace nel mondo (Enciclica “Sollicitudo rei socialis”) affinché ne siano tratte tutte le conseguenze in termini di CRESCITA COMUNE verso quel legame di unità di tutti gli uomini. L'impegno per il bene comune deve tradursi inoltre -nell'apporto positivo da non far mancare alla causa comune, -nella ricerca di punti di possibile intesa anche là dove prevale una logica di spartizione e di frammentazione, -nella disponibilità a spendersi per il bene dell'altro, al di là di ogni individualismo e particolarismo (Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n. 194) La solidarietà deve essere colta anche nel VALORE DI PRINCIPIO SOCIALE ordinatore delle istituzioni, in base al quale situazioni sociali o istituzioni contrarie alla Legge divina devono essere superate o trasformate in strutture di solidarietà, mediante la creazione od opportune modifiche di leggi, regole di mercato e ordinamenti. Molti sono gli esempi di politiche statali ispirate al principio della solidarietà. Il Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 1940) indica due obiettivi di tali politiche: “La solidarietà si esprime innanzitutto nella ripartizione dei beni e nella remunerazione del lavoro. Essa suppone anche l'impegno per un ordine sociale più giusto, nel quale le tensioni potrebbero meglio essere riassorbite e i conflitti troverebbero più facilmente la loro situazione negoziata”. Altrettanto significativo è quanto afferma lo stesso C.C.C. al n. 1941: “I problemi socio-economici non possono essere risolti che mediante il concorso di tutte le forme di solidarietà: solidarietà dei poveri tra loro, dei ricchi e dei poveri, dei lavoratori tra loro, degli imprenditori e dei dipendenti nell'impresa, solidarietà -3tra le nazioni e tra i popoli. La solidarietà internazionale è un'esigenza di ordine morale. La pace del mondo dipende in parte da essa”. Sebbene il termine “solidarietà” sia un termine laico, affermatosi nell'Ottocento in Francia, soprattutto in sociologia, esso è stato ripreso nel magistero dei pontefici, ed in particolare da Giovanni Paolo II. Il concetto di solidarietà è rintracciabile sia nella SACRA SCRITTURA che nella TRADIZIONE DELLA CHIESA, tuttavia non v'è dubbio che, nella prospettiva della solidarietà, il modello e il vertice insuperabile sia la vita di Gesù di Nazaret, l'Uomo Nuovo, solidale con l'umanità fino alla morte di croce. “In Lui è sempre possibile riconoscere il segno vivente di quell'amore incommensurabile e trascendente del Dio-con-noi, che si fa carico dell'infermità del suo popolo; cammina con esso; lo salva e lo costituisce in unità. In Lui e grazie a Lui, anche la vita sociale può essere riscoperta, pur con tutte le sue contraddizioni e ambiguità, come luogo di vita e di speranza, in quanto segno di una Grazia che di continuo è a tutti offerta e che invita alle forme più alte e coinvolgenti di condivisione”. (Compendio Dottrina Sociale della Chiesa, n. 196) “Gesù di Nazaret fa risplendere dinanzi agli occhi di tutti gli uomini il nesso tra solidarietà e carità, illuminandone l'intero significato”. (Enciclica “Sollicitudo rei socialis”, n. 40) ALLA LUCE DELLA FEDE, la solidarietà tende a superare se stessa, a rivestire le dimensioni specificatamente cristiane della gratuità totale, del perdono e della riconciliazione. In questa luce, il Prossimo non è soltanto un essere umano con i suoi diritti e la sua fondamentale eguaglianza davanti a tutti, ma diviene la viva immagine di Dio Padre, riscattata dal sangue di Gesù Cristo e posta sotto l'azione permanente dello Spirito Santo. Egli, pertanto, deve essere amato, anche se nemico, con lo stesso amore con cui lo ama il Signore, e per lui bisogna essere disposti al sacrificio, anche supremo: “Dare la vita per i propri fratelli” (1Gv 3,16) -4- DOMANDE PER IL DIALOGO COMUNITARIO 1 - Quali sono, secondo te, le strutture di peccato presenti nel nostro sistema sociale che impediscono il rispetto dei diritti di tutti gli uomini? 2 - Come trasformarle in strutture di solidarietà? 3 - Qual è il tuo pensiero circa la solidarietà e Welfare State o Stato del benessere? 4 - La solidarietà nella Costituzione italiana: art. 2; art.4 co.2; art. 53. Cosa dicono a te questi articoli? 5 - Nella Costituzione vi sono anche Diritti Sociali: art. 32; art. 34; art. 38. In quale misura tutti questi articoli della Costituzione vengono messi in pratica? 6 - Dove si incarna la solidarietà? A cura di: P. Antonio Di Franco Giuseppe Merolla