L`ipocrisia di celebrare il ricordo dei morti e non

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L’ipocrisia di celebrare il ricordo dei morti e non difendere gli ebrei vivi
Contributed by GIULIO MEOTTI
Monday, 18 January 2010
C’è poca coscienza ed informazione di quanto spaventosamente pericoloso sta avvenendo oggi contro israele e
contro il popolo ebraic.
di GIULIO MEOTTI scrittore e giornalista de “il foglio”
Il direttore di shalom mi chiede gentilmente un contributo per il numero che andrà in edicola nel giorno della memoria. non
riesco a trovare un argomento migliore della tragica simmetria che sta perseguitando israele e l’ebraismo da
quattro anni. e’ il dominio sulla scena internazionale di un presidente che nega l’olocausto di sei milioni di
ebrei europei e minaccia ogni giorno un nuovo olocausto di altri sei milioni di ebrei in israele. da quando mahmoud
ahmadinejad ha assunto il potere in iran, l’occidente, non soltanto israele come punta avanzata in medio oriente
del mondo libero, ha dovuto fare i conti con una potenza islamica rivoluzionaria che eleva la negazione
dell’olocausto a politica di stato e brandisce l’uso della bomba atomica e del terrorismo suicida contro lo
stato degli ebrei e gli ebrei in tutto il mondo (la strage a buenos aires ne è un esempio indimenticabile). non c’è
momento migliore del giorno della memoria per denunciare, sui giornali e nelle scuole, nelle sinagoghe e nelle chiese,
sempre che il cattolicesimo non abbia del tutto rinunciato al ramo giudaico del monoteismo, la minaccia realistica della
cancellazione d’israele dalle mappe geografiche. ahjmadinejad ha appena dato alle stampe un suo libro, dal titolo
esiziale ma terrificante come “disintegrazione del mito dell’olocausto: le idee e i pensieri del dottor
mahmoud ahmadinejad”. e’ un saggio ambizioso di 274 pagine che sintetizza il suo pensiero sugli ebrei,
israele e l’olocausto. l’uscita del libro è concomitante con l’arrivo al ministero della cultura iraniano
di mohammed ali ramin, docente di filosofia a teheran e “cervello” delle campagne negazioniste di
ahmadinejad. uno che sulla propria scrivania tiene in bella mostra una fotografia di imad mughniyeh, “lo sciacallo
sciita”, il comandante di Hezbollah che ha ucciso più americani prima dell’11 settembre, il massacratore
degli ebrei in tutto il mondo. ramin afferma che “gli ebrei hanno ucciso i profeti di dio e si sono opposti alla
giustizia e alla rettitudine. nel corso della storia questo gruppo ha inflitto i danni più grandi alla razza umana”. Per
ramin, gli ebrei sono colpevoli persino della propagazione del tifo e della peste. “offrendo una lettura nuova del
falso mito dell’olocausto e di come questo sia legato alla creazione del falso regime di israele, il presidente della
repubblica islamica dell’iran ha riportato la Palestina al centro del discorso islamico nel mondo”, scrive
ahmadinejad nel libro. il capitolo finale è abbastanza eloquente: “il regime sionista sulla strada della
disintegrazione”. da quando ahmadinejad ha assunto il potere in iran, 330 libri contro l’olocausto sono stati
tradotti e pubblicati dal regime. non si è presa abbastanza coscienza né informazione di quanto di spaventoso sta
avvenendo. complice una retorica nefanda sull’olocausto imposta da tempo nella cultura occidentale. si inizia con
il paragone fra “ramallah e auschwitz” del premio nobel José saramago, si va avanti con la “razza
ebraica guerriera e persecutrice” di alberto asor rosa, con gli strali di gente come richard falk, osservatore
speciale dell’onu che ha accusato di “olocausto in fieri” israele, fino ad arrivare ai nobel della pace,
l’irlandese mairead maguire e l’arcivescovo sudafricano desmond tutu, che hanno definito l’atomica
israeliana “una camera a gas” e paragonato israele all’apartheid. uno dei poeti che hanno aperto i
lavori della conferenza “J street”, un gruppo di pressione politica con l’obiettivo di rappresentare gli
ebrei americani di sinistra, ha paragonato la prigione di guantanamo ad auschwitz e, sempre in versi, israele a una
“puttana”. monsignor luigi bettazzi, presidente emerito di Pax christi internazionale e vescovo di ivrea,
durante l’operazione israeliana contro Hamas a gaza ha detto: “non vorrei che un giorno si dica che sono
stati superati i nazisti, che per uno dei loro ne uccidevano dieci, e tu ne uccidi cento”. e prima ancora il cardinale
raffaele martino aveva paragonato gaza a “un lager”. il governo spagnolo per le stesse ragioni ha deciso di
annullare la giornata della memoria dell’olocausto. un’opinione pubblica forte, che ha a cuore il destino
d’israele e che concepisce come parte dell’occidente questo sputo di terra ebraica assediata
dall’odio genocida, dovrebbe far sua la provocazione della grande scrittrice americana cynthia ozick:
“concordo pienamente con la decisione spagnola di annullare la commemorazione pubblica delle vittime
dell’olocausto. ovviamente per motivi ben diversi dai loro. e anzi invito i governi europei ad abrogare il giorno della
memoria perché non ne sono degni e perché, ancora una volta, mostrano d’essere dalla parte di chi commise la
shoah”. mai come oggi è diffusa la conoscenza della shoah in europa; eppure, mai come oggi, il veleno
antiebraico è tornato a circolare. Poche settimane fa la compagnia low-cost easyjet ha pubblicato foto di modelle scattate
al memoriale dell'olocausto a berlino. una forma di pornografia della memoria che ne dissacralizza il senso e
l’attualità.
Quando il musicista greco mikis theodorakis definisce israele “radice del male” e chiama ariel sharon
“il piccolo Hitler”, non lo fa per ignoranza dell’olocausto. e’ autore, infatti, del capolavoro
“mauthausen”. la cultura europea definisce l’olocausto “male assoluto” e così facendo
lo getta nella storia più lontana, lo rende impalpabile. un grande storico tedesco, matthias Küntzel, ha detto che
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“l’abuso dell’olocausto è la versione soft dell’olocausto negato da iraniani e islamisti”.
omaggiando il negazionismo di Hamas, i rappresentanti del Palazzo di Vetro nella striscia di gaza hanno deciso che i
bambini palestinesi non dovranno sapere dell’esistenza dello sterminio degli ebrei. la messa al bando
dell’insegnamento dell’olocausto è arrivato dopo le proteste del movimento islamico a gaza. il manuale,
finanziato dall’unrwa, l’agenzia dell’onu per gli aiuti ai palestinesi, doveva contemplare per la prima
volta la fine del grande tabù che impedisce di citare l’olocausto nelle scuole palestinesi. “non
permetteremo che i nostri figli studino una menzogna inventata dai sionisti e propagandata dai loro organi di stampa,
l’olocausto non è un fatto storico accertato”, recitava Hamas. e così è stato, con la complicità europea che
non ha mosso un dito. il negazionismo non è una fissazione da sepolcri imbiancati della storia, è la grande peste morale
e politica che ammorba l’islam contemporaneo e incendia il medio oriente. la scorsa estate l’aftonbladet,
un giornale svedese che vende un milione e mezzo di copie, ha pubblicato un paginone dove sosteneva, senza ombra di
prove come ha ammesso il direttore e come hanno riferito le stesse “fonti” palestinesi, secondo cui i soldati
d’israele uccidono i giovani palestinesi per “raccoglierne” gli organi. ebrei trafficano in organi di
arabi ammazzati. abbastanza per scatenare pogrom e linciaggi di ebrei in tutto il mondo. una nuova teoria del sangue
circola in europa con la complicità della stampa più “rispettabile”. se gli israeliani se le sono presa tanto per
questa idiozia svedese (fino al punto di boicottare ikea), è perché storicamente le calunnie del sangue hanno avuto
conseguenze letali per il popolo ebraico, sin da quando per la prima volta i pagani greci accusarono gli ebrei di rapire
bambini per fare sacrifici umani. i nazisti portarono questa calunnia fin dentro il XX secolo e l'accusa sfociò nelle camere a
gas. la storia dell’aftonbladet, con alcune lievi modifiche narrative, è finita sui giornali arabi. il quotidiano algerino
al akhbar ha scritto che bande di arabi al soldo degli ebrei rapiscono i bambini algerini e li vendono agli israeliani per
trarne gli organi. nel frattempo il portavoce progressista dell’ex presidente honduregno manuel zelaya, david
romero, in qualità di direttore di radio globo teneva un discorso pieno di odio nei confronti della comunità ebraica: “a
volte mi chiedo se Hitler non avesse ragione nel volere farla finita con questa razza, con il celebre olocausto dopo
essermi informato mi chiedo perché non abbiamo lasciato che Hitler finisse la sua missione storica credo che sarebbe
stato giusto e corretto che Hitler avesse terminato la sua missione storica”. anche il presidente zelaya, quando già
si era rinchiuso nell’ambasciata brasiliana in Honuduras, aveva parlato dell’esistenza di un
“complotto giudaico-sionista” per ucciderlo con gas e “radiazioni ad alta frequenza”. bastano
pochi esempi per capire quanto sia necessaria quindi una seria riflessione sul significato della memoria a
sessant’anni dalla nascita di israele. e proprio ora che lo stato ebraico si appresta a lanciare la più vasta
distribuzione di maschere antigas a tutta la popolazione israeliana, evocando terribili ricordi nei sempre più esigui
segmenti di sopravvissuti alla shoah. colpevole di questa amnesia è stata anche una certa visione pedagogica
dell’antisemitismo. troppo astratta, troppo fondata su un’immagne stereotipata, questa memorialistica ci ha
reso ciechi all’orrore che non cessa ritualmente di esorcizzare. la retorica pseudoeducativa
sull’antisemitismo è evocata per impedire, proibire, riconoscere la realtà attuale, di chiamare le cose con il loro
nome. eccesso, abuso, dittatura della memoria? memoria inutile? memoria vuota piuttosto, come se i soli buoni ebrei, gli
ebrei degni di essere difesi, siano ormai gli ebrei morti, trasportati in una sfera astratta e pura, non contaminata da tutto
ciò che, nella vita, li espone all’odio. tutta la nostra vigilanza morale veglia sugli ebrei morti ed espone i vivi alla
violenza genocida. Vorrei concludere con una storia che sembra una fiaba nera. moshe Holtzberg, due anni appena,
piangeva quando poco più di un anno fa venne trovato dalla sua tata indiana accanto a una pozza di sangue e al
cadavere dei genitori, vittime della follia omicida dei terroristi di mumbai. la babysitter, che lavorava da anni per la
famiglia Holzberg, ha sentito gridare “sandra, sandra”, era moshe. lo ha trovato piangente accanto ai
genitori e che stringeva un peluche. Questo orfano è il simbolo della terribile mattanza degli ebrei nel XXi secolo. gli
islamisti massacrarono il rabbino Holtzberg e la moglie rivka, incinta. negli ultimi anni si è riversato nelle sale
cinematografiche un diluvio di pellicole sull’olocausto e sui bambini ebrei nei campi di concentramento. ma non
appena si è presentato al mondo questo piccolo sopravvissuto in carne e ossa, l’opinione pubblica ha fatto finta di
niente. tutta la nostra memoria sull’olocausto ha coperto l’ipocrisia e la cattiva coscienza. il triste sorriso di
moshe Holtzberg parla anche della nostra colpa.
GIULIO MEOTTI scrittore e giornalista de “il foglio”
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