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Gesù, Figlio di Maria: uno dei Profeti dell'Islâm
di G. B. Maffi
Isâ, questo è il nome di Gesù nel Corano, è considerato un grande profeta, accreditato
di miracoli e prodigi. Tuttavia non è il Gesù nel quale i cristiani si possono riconoscere.
L'identità di Gesù, Figlio dell'Uomo, non ha mai cessato di destare interesse,
ammirazione o controversie da parte dei suoi ascoltatori e dei suoi discepoli; di chi l'ha
conosciuto e di chi, in qualche modo, si è avvicinato a lui. Il suo sguardo enigmatico e
misterioso sulla storia dell'umanità, ancora oggi continua a porre la domanda che un
giorno rivolse ai suoi discepoli a Cesarea di Filippo : "E voi, chi dite che io sia?" (Matteo
16,15).
La risposta musulmana non è semplice da precisare perché, anche se il Corano e i
musulmani riconoscono a Gesù un carattere profetico e messianico, gli vengono però
negati i titoli di Signore e Salvatore, propri della tradizione cristiana, oltre alla sua
identità di Figlio di Dio.
Il nome di Gesù nel Corano.
La prima differenza fondamentale che si riscontra
nella figura del Gesù coranico è il suo nome. 'Isâ,
in arabo coranico, indica un nome proprio, senza
un significato né una valenza particolare,
diversamente dalla tradizione arabo-cristiana,
dove viene chiamato Yasû? : "Dio salva",
concordemente alla tradizione biblica e del Nuovo
Testamento. 'Isâ è uno dei venticinque profeti di
cui parla il Corano, la missione dei quali è uguale
per tutti: ricordare al proprio popolo l'esigente
vocazione al monoteismo e avvertirlo del giudizio
finale di Dio, imminente e implacabile. Se Maometto è l'ultimo dei profeti e ha la
prerogativa di esserne il "sigillo", Mosè è colui di cui si parla di più nel Corano (502
versetti), mentre Abramo è definito "l'amico di Dio" a causa della sua sottomissione a
Lui. Rispetto a questi tre profeti, Gesù si trova ad avere meno spazio: solo 93 versetti
che però bastano a darcene un profilo preciso.
Una lettura in ordine cronologico, secondo la predicazione di Maometto, mette in
evidenza un passaggio progressivo dalla simpatia al confronto e alla polemica con i
cristiani. La figura di Gesù rimane sempre enigmatica, diversamente da quella di Maria,
sua madre, la sola donna nominata nel Corano, elogiata e grandemente esaltata come
una credente santificata, e madre che custodì la sua verginità: "così Noi [Allah]
soffiammo in lei del nostro spirito e la rendemmo, con suo figlio, un segno per le
creature" (21,91).
La vita di Gesù nel Corano.
In due singolari racconti dell'Annunciazione e uno della Natività, viene esposto il
mistero dell'origine inconsueta di Gesù, che si presenta come colui che è messo "sotto
la protezione di Dio [...] contro satana, il reietto" (Corano 3,36); e Giovanni (il Corano
non lo chiama "il Battista") che è definito "veritiero, Parola emanata da Allah" (3,39).
Annunciato a Maria dallo Spirito che "apparve a lei sotto forma di uomo perfetto", Gesù
viene proclamato "Segno per gli uomini e una misericordia Nostra [di Allah]" (19,1721), ed è posto "al seguito degli altri profeti, per confermare la Torah che era prima di
lui e gli demmo il Vangelo, nel quale vi è una retta via e una luce" (5,46).
Le prove incontestabili e miracolose della sua missione sono innumerevoli: fin dalla
nascita parla "come un adulto nella culla"; guarisce il cieco nato, "crea" uccelli d'argilla
e dà loro vita, risuscita i morti, ecc., sempre però "con il permesso di Dio" (3,49). Gli
apostoli, gli unici ad averlo ascoltato, sono gli "ausiliari di Dio" e "a Lui sottomessi" (=
"musulmani"). In definitiva, il suo messaggio non è altro che quello di ricordare agli
uomini quel monoteismo puro, comune a tutti gli altri profeti venuti prima di lui, e il
dovere di adorare Dio che è "mio Signore e vostro Signore".
Ma la sua missione termina in modo drammatico quando, non ascoltato dai giudei,
Gesù li maledice sfuggendo dalla morte che gli vorrebbero infliggere. Effettivamente,
secondo il Corano, Gesù non è sconfitto dalla morte perché Dio lo richiama a sé, per
liberarlo dagli increduli, i quali si vedono puniti "perché hanno detto: "Sì, noi abbiamo
ucciso il Messia, Gesù, figlio di Maria, il messaggero di Allah". Ma non l'hanno ucciso,
non l'hanno crocifisso, bensì qualcuno fu reso ai loro occhi simile a lui [...] ma Allah lo
innalzò a sé". (4,158)
Impossibile definire chiaramente, o anche solo supporre, quale sia la realtà di Gesù
dopo questa "elevazione" e dove possa trovarsi: non è morto, secondo il Corano, e
ancor meno si può pensare che condivida con Dio una qualche forma di vita. Il Corano,
però, precisa che, "in verità, sarà lui ad annunciare l'Ora" del giudizio finale (43,61) e
che ritornerà, musulmano, il giorno della resurrezione, per "testimoniare contro la
Gente del Libro", cioè i cristiani, dopo aver conosciuto lui stesso la morte, come ogni
mortale (4,159).
L'eccezionalità di Gesù.
Ogni volta che il Corano parla di Gesù, immediatamente viene
precisato, quasi come un cognome, "figlio di Maria: Ibn
Mariam". Questo figlio di madre verginale, pur sempre e solo
uomo, è il Messia: cosa possa significare questo, non è dato
sapere. Anche "il servo di Allah" lo ha costituito Profeta,
benedetto da Lui, puro e "dolce con sua madre, né violento né
scellerato", bensì "posto tra i santi e tra quelli che sono vicini a
Dio", perché da Lui ampiamente gratificato (Corano: 19,30-32 e
3,45-47). Come Adamo, Gesù è creato direttamente da Dio:
"Parola emanata da Dio" e "deposta in Maria", è stato
confermato dallo spirito di santità. Volutamente non ho detto
"Spirito Santo" - il testo del Corano permetterebbe questa
interpretazione, alcuni traduttori, infatti, l'hanno adottata - per
non confonderlo con la terza Persona della Trinità cristiana. Con
essa non ha niente da condividere, almeno attenendosi
strettamente al significato del testo coranico, e per non correre il rischio di un
sincretismo sterile che indurrebbe a considerare il Corano come una semplice rilettura
dei testi cristiani.
Ecco come, nel Corano, Gesù si presenta ai suoi ascoltatori: "O figli d'Israele, io sono,
in verità, il messaggero di Allah inviato a voi per confermare ciò che, della Torah,
esisteva prima di me, e per dare il lieto annuncio di un Messaggero che verrà dopo di
me, il cui nome è Ahmad" (61,6). Questo nome non è altro che una variante araba di
Muhammad, cioè Maometto: dunque Gesù sarebbe venuto per annunciare il suo
successore, cioè il Profeta dell'islam.
Il problema della Trinità.
Il cerchio si chiude quando il Corano parla della Trinità, mettendo sulla bocca di Gesù
parole di rimprovero verso i cristiani che hanno 'fabbricato' questa idea, e ne dà una
immagine quantomeno strana: "E sono empi coloro che dicono: "Dio è il terzo di tre".
Non c'è altro Dio che Allah solo" (5,73). La polemica diventa aspra quando il rimprovero
viene da Dio stesso: "Quando Dio disse: "O Gesù, figlio di Maria, sei tu che hai detto
agli uomini: 'prendete me e mia madre come dèi oltre a Dio'’ Gesù rispose: "Gloria a
Te! Non mi appartiene di dire ciò che non ho il diritto di dire. Se lo avessi detto Tu
l'avresti saputo: Tu conosci ciò che è nell'intimo mio, e io non conosco ciò che è
nell'intimo Tuo! In verità Tu solo conosci ogni segreto"". (5,116) Gesù, anche se Profeta
e Messia, rimane dunque sempre e solo un uomo, senza nessuna ambiguità: ciò è
sottolineato dall'impossibilità di Gesù di conoscere i segreti di Dio, e dalle affermazioni
che "non è da Dio prendersi un figlio" e mai Lui si scelse "né
compagna, né figlio" (72,3).
Siamo dunque agli antipodi dell'identità di Gesù trasmessa dai
Vangeli, dalla quale scaturisce una profonda intimità e
perfetta unione tra Dio, il Figlio fatto uomo e coloro che, nella
fede, accolgono il mistero del Dio Incarnato: "Tutto mi è stato
dato dal Padre mio: nessuno conosce il Figlio se non il Padre,
e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il
Figlio lo voglia rivelare". (Matteo 11,27)
Ma, in nome di un monoteismo assoluto, viene anche negata
ogni altra dimensione di Gesù che, per i cristiani è: Parola
Eterna del Padre, Verbo Incarnato che rivela il Volto del DioAmore, Crocifisso e Risorto per dare agli uomini la salvezza
che viene da Dio.
Rimane pur sempre il fatto che, anche per i musulmani, Gesù
è con Maria, sua madre, "un segno congiunto per tutte le
creature" (21,91). Un segno tutto da capire e da scoprire, così come è da scoprire il
significato di un altro versetto del Corano dove, stranamente, Gesù si attribuisce la
pace: è lui, infatti, l'unico personaggio del Corano che si arroga il diritto di invocare su
se stesso la benedizione, dicendo: "Sia pace su di me il giorno che nacqui, il giorno che
morirò e il giorno in cui sarò risuscitato" (16,33).
Rimane l'interrogativo: chi è veramente questo personaggio? Il discorso su Gesù nel
Corano, letto e interpretato con l'intento di salvaguardare l'assoluta unità e
trascendenza di Dio, per quanto logico possa sembrare, non risponde, però, a molte
questioni poste dal Corano stesso come il significato di 'spirito di santità', o il titolo di
Messia a lui attribuito, ma anche l'affermazione per cui Gesù è "il Suo Verbo che Egli
[Allah] depose in Maria, uno Spirito emanato da Lui" (4,171).
Allora chi è Gesù ritratto in questo modo dal Corano? Non è certo il Gesù delle
Beatitudini, ancor meno colui che perdona all'adultera o che parla in parabole per
annunciare il Regno dei Cieli. Non è un Gesù nel quale i cristiani si possono riconoscere
Cosa credono i musulmani
a proposito di Gesù?
I musulmani rispettano e riveriscono Gesù (la pace sia su di lui). Essi lo considerano
uno dei più grandi messaggeri di Dio al genere umano. Il Corano conferma la sua nascita
virginale e un capitolo del Corano è intitolato ‘Maryam’ (Maria). Il Corano descrive la
nascita di Gesù come segue:
Quando gli angeli dissero: “O Maria, Dio ti annuncia la lieta novella di
una Parola da Lui proveniente: il suo nome è Messia, Gesù figlio di
Maria, eminente in questo mondo e nell'altro, uno dei più vicini. Dalla
culla parlerà alle genti e nella sua età adulta sarà tra gli uomoni devoti.”
Ella disse: “Come potrò avere un bambino se mai uomo mi ha toccata?”
Disse: “È così. Dio crea ciò che vuole. Se decide una cosa dice solo ‘Sii!’
ed essa è.” (Corano, 3:45-47)
Gesù nacque miracolosamente per comando di Dio che creò Adamo senza un padre.
Dio disse:
In verità, per Dio Gesù è simile ad Adamo. Egli lo creò dalla polvere,
poi disse: “Sii!” ed egli fu. (Corano, 3:59)
Durante la sua missione profetica, Gesù attuò molti miracoli. Dio ci disse che Gesù
disse:
“In verità vi reco un segno da parte del vostro Signore. Plasmo per voi
un simulacro di uccello nella creta e poi vi soffio sopra e con il permesso
di Dio diventa un uccello. E prendo la morte per la vita con il permesso
di Dio. E vi dico quel che mangiate e quel che accumulate nelle vostre
case....” (Corano, 3:49)
I musulmani non credono che Gesù fu crocifisso. Questo era il piano dei suoi nemici,
ma Dio lo salvò e lo portò a Sè. E le fattezze di Gesù furono date a un altro uomo. I
nemici di Gesù presero quest'uomo e lo crocifissero, pensando che fosse Gesù. Dio
disse:
“Abbiamo ucciso Gesù il Messia, figlio di Maria, il messaggero di
Dio.” Essi non lo uccisero, non lo crocifissero, ma così parve loro...
(Corano, 4:157)
Né Mohammed né Gesù riuscirono a cambiare la dottrina di base della fede in un
unico Dio, portata dai primi profeti, ma piuttosto la confermarono e la rinnovarono. 1
La moschea Aqsa a Gerusalemme
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Note:
(1) I musulmani credono anche che Dio rivelò a Gesù un libro sacro chiamato Injeel, alcune parti
del quale sono ancora disponibili negli insegnamenti di Dio nel Nuovo Testamento. Ma ciò non
significa che i musulmani credano nella Bibbia attuale perchè essa non è la scrittura originale
che venne rivelata da Dio. Essa subì alterazioni, aggiunte e omissioni. Ciò venne affermato
anche dal Comitato incaricato della revisione The Holy Bible (Revised Standard Version) (La
Sacra Bibbia [Versione Standard Revisionata]). Questo comitato era composto da trentadue
studiosi che garantirono la revisione e il consiglio di un comitato consultivo di cinquanta
rappresentanti di confessioni cooperanti. Il Comitato nella Prefazione della The Holy Bible
(Revised Standard Version) (La Sacra Bibbia [Versione Standard Revisionata]), “Qualche volta
è evidente che il testo ha sofferto durante la trasmissione, ma nessuna delle versioni fornisce un
restauro soddisfacente. Qui si può solo seguire il miglior giudizio degli studiosi competenti
come la più probabile ricostruzione del testo originale.” Il Comitato disse anche nella
Prefazione: “Sono state aggiunte delle note che indicano variazioni significative, aggiunte o
omissioni dagli autori antichi (Mt 9.34; Mr 3.16; 7.4; Lu 24.32, 51, etc.).”
Il Gesù del Corano e il Gesù del Vangelo
P. Augusto Silenzi
Diciamolo subito: tra i due c'è un vuoto incolmabile. Il Gesù del Corano infatti è solo "figlio di Maria". Il Gesù
del Vangelo è anche e soprattutto l'Unigenito Figlio del Padre, Egli stesso Dio come il Padre e lo Spirito
Santo.
Prima di approfondire la sostanziale differenza tra le due espressioni, una domanda molto importante:
Maometto, nato e vissuto nella Penisola arabica seicento anni dopo Cristo, ha conosciuto la Bibbia e in
particolare il Vangelo? Per chi ha letto il Corano, la risposta non può essere che positiva. Lungo i
centoquattordici capitoli o sure del Corano, si incontrano continuamente personaggi, episodi, riferimenti
tratti dalla Bibbia, anche se la loro interpretazione è riduttiva e distorta. Maometto, persona intelligente ed
esperto commerciante, ha conosciuto sia il Vangelo, sia gli scritti apocrifi, quali ad esempio, il Vangelo di
Tommaso, il Vangelo dell'infanzia ecc., e non può non essersi ispirato ad essi nella presentazione che fa di
Gesù nel Corano.
I teologi islamici, anche per accentuare "l'origine divina" del Corano e la sua "inimitabile bellezza", negano
questa dipendenza. Sostengono che Maometto, non sapendo né leggere né scrivere ? fatto non storico ? non
può aver conosciuto la Bibbia e in particolare il Vangelo. Le innegabili somiglianze con la Bibbia, essi
affermano, si spiegano con il fatto che il Corano, essendo il sigillo, cioè il coronamento della divina
rivelazione, contiene anche le precedenti rivelazioni che Allah-Dio ha fatto per mezzo di altri profeti, da
Abramo fino a Gesù, figlio di Maria.
Il Gesù del Corano
Il Corano descrive la nascita, l'identità e la missione di Gesù. Gli esprime profonda ammirazione. Egli è il più
grande, è il più santo di tutti i profeti inviati da Allah-Dio prima di Maometto. Ma Gesù, afferma categorico il
Corano, non è figlio di Dio, non è Dio. Gesù è un uomo, creato direttamente da Dio nel grembo verginale di
Maria. Creato sull'esempio di Adamo che Dio ha tratto dall'argilla e poi disse: "Sii! ed egli fu". Il versetto 116
del capitolo 5 del Corano mette in bocca a Gesù l'affermazione che egli non è figlio di Dio, non è Dio. "E
quando Dio gli domandò: o Gesù, figlio di Maria, sei tu che hai detto agli uomini: prendete me e mia madre
come dei oltre a Dio? La risposta di Gesù: Gloria a te! Come potrei dire ciò che non ho diritto di dire?".
Secondo il Corano, Gesù rigetta con forza l'idea di essere Dio. Ai suoi discepoli dice: "In verità, Dio è il mio
Signore e vostro Signore: adorate lui, dunque! Questa è la diritta via".
Chi è dunque Gesù per il Corano? Gli sono riconosciuti molti attributi: egli è un profeta di Dio, è l'inviato di
Dio che porta una legge nuova: la Scrittura, la Sapienza, la Torah, il Vangelo. Egli "è una grazia emanante da
Dio. È proposto come modello esemplare ai pagani de La Mecca e ai figli di Israele, perché Gesù è un segno
per gli uomini e per i mondi". Ancora: "Gesù è un fedele servitore di Dio, che chiama suo Signore.
Certamente è puro, è nel numero dei santi, è illustre nella vita di quaggiù e nella vita futura". Gesù dice di se
stesso: "Dio ha fatto di me un essere benedetto ovunque mi trovi, mi ha raccomandato la preghiera, la
purezza di vita. Non ha fatto di me un essere violento votato all'infelicità".
Quale la missione di Gesù, sempre secondo il Corano? Come profeta, egli è inviato da Dio come "suo
messaggero presso gli israeliti per confermare la Torah (la Bibbia) che essi hanno già ricevuto". Egli è un
segno. La sua predicazione è delle più semplici: "O figli di Israele, adorate Dio, mio Signore e vostro... È qui
un retto cammino. Temete Dio e ubbiditemi!".
Dio ha dato a Gesù il "permesso" di fare molti miracoli: parla alla madre Maria mentre è ancora nel suo
grembo, la difende da accuse calunniose quando è ancora nella culla. Guarisce i ciechi, i lebbrosi, risuscita i
morti. Tutto con il permesso di Dio, sull'esempio di altri profeti, quali Mosè, Noè, Elia...
Il Corano afferma che Gesù ha avuto la speciale missione di "annunciare la nascita di un messaggero che
verrà dopo di lui, il cui nome sarà il molto-glorioso = Maometto". Egli sarà il "Sigillo dei profeti, il più grande,
il coronamento della divina rivelazione".
Ma la missione di Gesù, narra il Corano, non ha successo. I figli di Israele non credono in lui, lo accusano di
magia. Ordiscono complotti per ucciderlo... Si vantano anzi di avere "ucciso il messia Gesù, figlio di Maria,
messaggero di Dio! Illusione: non l'hanno per nulla ucciso, né crocifisso, perché Dio l'ha sostituito con uno
che gli somigliava…".
La vita di Gesù termina con la promessa di Dio: "O Gesù - è scritto nel Corano - certamente io ti richiamerò,
ti innalzerò verso di me, ti libererò dagli infedeli. Poni coloro che ti hanno seguito al di sopra dei miscredenti
fino al giorno della risurrezione".
Così si conclude, secondo il Corano, la vita di Gesù, figlio di Maria, profeta di Dio.
Il Gesù del Vangelo
Senza enfasi: tra il Gesù del Vangelo e quello del Corano, corre la stessa distanza che c'è tra il cielo e la terra.
Nel Simbolo apostolico professiamo: "Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, Figlio Unigenito di Dio, nato dal
Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato non creato della stessa
sostanza del Padre... Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo e per opera dello Spirito Santo si
è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo...".
Al di là del linguaggio teologico, la Parola di Dio ci svela il Mistero di Cristo, cioè la sua precisa identità e la
sua missione salvifica. Nella pienezza dei tempi, Gesù, il Verbo eterno del Padre, ha assunto la nostra natura
umana e si è fatto uno di noi, escluso il peccato, per attuare il progetto di Amore del Padre: cioè la nostra
riconciliazione con Lui e la nostra elezione a suoi figli adottivi: un Mistero di Amore assolutamente gratuito.
Gesù stesso, durante i tre anni di vita missionaria, ci ha svelato gradatamente la sua identità e la sua
missione. È stato un Maestro incomparabile di amore e di fedeltà al Padre e di commovente dedizione a tutti,
specialmente ai malati, ai poveri, ai peccatori, agli stessi suoi nemici. Apriamo il Vangelo e ci farà bene
riascoltare dalla sua bocca quanto Gesù afferma di sé, del Padre, della sua missione. Ai suoi increduli
ascoltatori, che lo seguivano per spiarlo, dice: "Se voi conosceste me, conoscereste anche il Padre mio: Egli
mi ha mandato". E aggiunge: "Io sono la Luce del Mondo, chi segue me non cammina nelle tenebre... Io sono
il buon Pastore, io sono la Porta: chi entra attraverso me sarà salvo". Ancora: "Per questo il Padre mi ama,
perché io offro la vita e poi la riprendo. Nessuno me la toglie, sono io che la offro di mia volontà". Gesù svela
il motivo della sua presenza tra noi: una presenza di amore, che lo porta a condividere in piena libertà e
consapevolezza la Volontà del Padre: "Come il Padre ha amato me, così io ho amato voi. Rimanete nel mio
amore... Io sono la Via, io sono la Verità e la Vita". Illuminante l'episodio dell'amico Lazzaro. Dinanzi al suo
sepolcro, Gesù dice per essere ascoltato dai presenti: "Padre, ho parlato così perché essi credano che tu mi
hai mandato". Poi, a voce alta e decisa, dice: "Lazzaro, vieni fuori!". Racconta Giovanni, presente al fatto, che
subito il morto di tre giorni ritorna in vita. Non è un gesto magico, è il segno indiscusso della potenza divina
di Cristo, Signore della morte e della vita. A Marta, sorella di Lazzaro, estasiata di questo strepitoso prodigio,
Gesù dice: "Marta io sono la risurrezione e la vita. Chi vive e crede in me non morirà mai". Un'altra
testimonianza significativa: rivolto ai suoi contestatori, Gesù afferma: "Io e il Padre siamo una cosa sola". "Tu
bestemmi - ribattono gli avversari - sei solo un uomo e pretendi di essere figlio di Dio. Chi credi di essere!".
Replica Gesù: "Il Padre mi ha consacrato e mandato nel mondo. Allora perché mi accusate e dite che
bestemmio se affermo di essere Figlio di Dio? Credete alle opere che io compio, così vi accorgereste e sapreste
che il Padre è in me e io nel Padre".
Gesù afferma la sua identità fino all'ultimo: dinanzi al processo che lo condanna alla morte in croce, come
bestemmiatore.
Il Mistero Pasquale: mistero di amore e di redenzione
L'apostolo Paolo dice: "È stato Dio a riconciliare a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro
colpe". E Giovanni aggiunge: "Dio ha tanto amato il mondo, da dare il suo unico Figlio, perché chi crede in lui
non muoia ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma
perché esso si salvi per mezzo di Lui".
Continua la nostra professione di fede: "Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo
giorno è risuscitato secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre...". Durante i tre anni di
vita evangelica, Gesù ha compiuto fino al sacrificio di sé il progetto di Amore affidatogli dal Padre. "Mai si
chiuse alle necessità dei fratelli e delle sorelle. Con la vita e la Parola ha annunziato al mondo che Dio è Padre
e ha cura di tutti i suoi figli".
Torniamo per un attimo al Corano. Maometto, a quanti gli chiedevano un miracolo che con fermasse la sua
missione di profeta di Allah-Dio, rispondeva di non aver avuto il dono dei miracoli. Effettivamente non ne ha
mai fatti. È morto nel 632 d. C. a Medina e là si trova il suo sepolcro. Anche a Gesù i suoi avversari
chiedevano ostinatamente: "Che segno ci dai per dimostrarci che parli in nome di Dio e che sei suo Figlio?".
Gesù rispondeva con i tanti miracoli che erano sotto gli occhi di tutti. Ma ha voluto darne uno di valore
assoluto, che avrebbe coinvolto direttamente la credibilità di Dio: la sua Risurrezione dalla morte. La storia
ha registrato che Gesù è realmente morto, che dopo tre giorni è realmente risorto, che è realmente apparso a
innumerevoli testimoni che hanno testimoniato con la propria vita la loro fede in Cristo Risorto. A
Gerusalemme si venera ancora il suo sepolcro, ma è vuoto. "Non è qui, è risorto, proprio come aveva detto".
La Risurrezione di Cristo, afferma san Paolo, è il fondamento del Mistero Pasquale. Giustamente Gesù Cristo
"è il vero Agnello che ha tolto il peccato del mondo, è Lui che morendo ha distrutto la morte e risorgendo a
ridato a noi la vita". "Mediatore tra Dio e gli uomini, Giudice del mondo e Signore della storia, non si è
separato dalla nostra condizione umana, ma ci ha preceduti nella dimora eterna per darci la serena fiducia
che dove è Lui, Capo e Primogenito, saremo anche noi, sue membra, uniti nella stessa gloria".
Maometto e con lui i musulmani non credono al peccato originale, non credono al Mistero Pasquale. La
morte in croce di Cristo è per loro uno scandalo, un assurdo che ripugna al loro concetto di Dio. La morte di
Gesù, affermano, sarebbe il segno dell'impotenza di Dio di fronte allo spirito del male. Il Crocifisso, sempre
secondo i musulmani, è l'espressione più umiliante, e quindi inaccettabile, della sconfitta di Dio.
Per noi cristiani invece il Crocifisso è il segno più convincente, più straordinario, più sublime dell'Amore
salvifico del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Con la liturgia, cantiamo: "Con la sua Morte ha distrutto la
nostra morte, con la sua Risurrezione ha ridato a noi la vita". Rivolti al Padre, lo ringraziamo così: "Il Cristo,
tua Parola vivente, è la Via che ci guida a Te, la Verità che ci fa liberi, la Vita che ci riempie di gioia".
Dinanzi al Crocifisso, Mistero di Amore e di Salvezza, san Paolo ripeteva: "Mi hai amato e hai dato la tua Vita
per me!".
I musulmani sono nostri fratelli proprio in virtù del Sacrificio redentivo di Cristo. Ne siamo certi: tutti i
musulmani in buona fede si salveranno. Non si salvano però in virtù del Corano e di Maometto. Si salvano
grazie a Gesù Cristo, Figlio di Dio e Dio Egli stesso.
Ci auguriamo che anch'essi, un giorno, abbracciando il Crocifisso, che oggi guardano con raccapriccio,
facciano la stessa professione di fede dell'apostolo Tommaso: "Signore mio e Dio mio!".
Gesù nella prospettiva del Corano: l’Islam di Maometto ed i
musulmani del XX secolo dinanzi al Cristo
di padre Maurice Borrmans
Il testo che mettiamo a disposizione on-line è la trascrizione della conferenza tenuta da p.Maurice
Borrmans, professore del PISAI (Pontificio Istituto di Studi Arabi e di Islamistica) il 14 marzo
2001, presso la parrocchia di San Frumenzio in Roma. Il testo ci è stato gentilmente fornito dal sito
www.sanfrumenzio.it e non è stato rivisto dal relatore.
Il Centro culturale Gli scritti (15/2/2007)
Io opero nell’Istituto di studi islamici, dove prepariamo in tre anni coloro che, in Africa e in Asia,
dovranno essere gli esperti dell’incontro tra comunità cristiane di minoranza e maggioranza
musulmana.
Ringrazio tutti voi. In questi giorni al Palazzo delle Esposizioni, in Via Nazionale, c’è una mostra
dal titolo Il volto di Cristo. Questa sera siamo tutti invitati a meditare sul volto di Cristo. Un mese fa
ero con un cardinale, il quale parlava ad un gruppo di giornalisti. Raccontava quanto aveva potuto
capire dell’incontro del Santo Padre a Gerusalemme, a Tel Aviv, con i grandi di Israele e della
religione ebraica. Diceva quanto è stata importante per il dialogo tra Ebrei e Cristiani la visita del
Santo Padre in Terra Santa. Ma aggiungeva: “C’era un grande assente nelle nostre chiacchiere, ed
era proprio lui, Gesù Cristo”. Mai gli interlocutori ebrei hanno accennato al suo nome ed al nome di
sua madre. Dobbiamo prendere coscienza di questa realtà. Non so come i nostri amici, i nostri
fratelli maggiori, possono considerare il volto di Gesù; forse al massimo un rabbi di Nazareth, tutto
lì.
Alcuni anni fa uscì un numero speciale del mensile Jesus su Maria, al quale ho partecipato parlando
di Maria nel Corano. Un’ebrea italiana doveva scrivere un articolo nello stesso numero e ha fatto un
lavoro bellissimo su La donna perfetta dell’Antico Testamento, ma senza mai citare il nome di
Maria.
Accanto a questi fratelli maggiori c’è una moltitudine di fratelli minori, il miliardo di
musulmani del mondo, i quali pensano che Gesù sia un profeta - e un profeta eccezionale - pur
negando di lui tutto quello che fa la sostanza della nostra fede cristiana. Questa sera vorrei
ricordare gli aspetti positivi e negativi del loro sguardo sul volto di Gesù, per vedere poi come, nei
tempi moderni, sia l’insegnamento di Gesù, sia il suo esempio possano essere per alcuni musulmani
almeno un enigma, se non un mistero o un richiamo.
Quindici anni fa, un amico mio - Roger Arnaldez - pubblicò a Parigi un libro, “Jésus fils de Marie,
prophète de l’islam”, in cui ha potuto delineare l’insegnamento del Corano e dei primi tempi
dell’islam su Gesù e sua madre. Dopodiché lui pubblicò un secondo libro, “Jésus dans la pensée
musulmane”, studiando quanto nei tempi classici dell’islam, a Damasco, a Bagdad, e poi al Cairo, i
grandi pensatori dell’islam classico avevano detto di lui. Il direttore della collana, all’epoca Padre
Joseph Dorè, poi diventato arcivescovo di Strasburgo, gli scrisse dicendo: “Sarebbe da concludere
la ricerca parlando di Gesù Cristo e dei musulmani del XX secolo”.
Ed è per questo, vedete, che ho avviato alcuni anni fa una ricerca per un libro che è stato pubblicato
in Francia, a Parigi, alcuni anni fa, e che è uscito in traduzione italiana alcuni mesi fa a Milano[1].
Vorrei con voi seguire un po’ questa traccia stasera. Perché mi pare importante per noi prendere
coscienza di questo fatto molto strano: che una grande religione, nata dal fianco del cristianesimo
orientale nel settimo secolo, diffusasi dappertutto nel mondo, diventando per noi una sfida all’inizio
del terzo millennio, abbia per Gesù un rispetto, un’attenzione, ma nello stesso tempo una volontà
tremenda di ridurne tutte le dimensioni divine.
Perché questo malinteso storico e chi all’inizio fu responsabile di questo malinteso?
Vorrei innanzitutto vedere con voi il contenuto del Corano stesso, perché non possiamo farne a
meno, perché il Corano rimane il testo basilare dei nostri amici musulmani. Voi sapete che
tradizionalmente lo imparano a memoria in arabo, forse oggi non è più così, ma i testi di antologia
coranica riferiscono sempre questi versetti importanti, quelli positivi e quelli negativi nei riguardi di
Gesù.
Allora, vedete, ho fatto una ricerca nel Corano. Poi ho interrogato tutti i catechisti musulmani
contemporanei dei Paesi Arabi, dalla Siria al Marocco. Ho letto, ho sfogliato i grandi commentari
moderni del Corano stesso, ed i trattati dei teologi musulmani, per poi leggere tanti scritti e poesie
di musulmani contemporanei. Perché lì ho trovato un’attenzione che superava quella troppo
ortodossa e limitata del Corano e dell’islam classico. Però per capire questo atteggiamento di alcuni
musulmani contemporanei è necessario prima vedere cosa ci dicono i testi coranici di Gesù stesso.
Voi sapete che per i musulmani, il Corano rappresenta la predicazione di Maometto stesso
alla Makka dal 610 al 622 e poi a Madîna, diventata la capitale del primo stato islamico della
storia, dal 622 al 632. Ed è importante per noi vedere come i testi del Corano, a seconda di
questi periodi, presentano l’aspetto favorevole, simpatico, o poi polemico e critico.
Voi sapete che nel Corano abbiamo grosso modo 6.236 versetti. In mezzo a questa massa di
versetti, 500 versetti trattano di Mosè, 250 di Abramo, 150 di Noè e appena 100 di Gesù e
Maria. Di Maometto si parla pochissimo perché il Corano non è una biografia di Maometto.
Ora, nel Corano, non troviamo un insieme di versetti per Mosè, Abramo, Noè e Gesù,
raggruppati in alcuni capitoli che avrebbero come titolo Mosè, Abramo, Noè e Gesù. Sono
piccoli gruppi di versetti dispersi un po’ dappertutto, pezzi di mosaico che bisogna raccogliere
- talvolta abbiamo dei doppioni - per poter ricostituire il profilo del personaggio che ci interessa.
Allora con voi cerco di vedere prima i versetti meccani relativi a Gesù e a Maria. Sono del
tutto positivi, anzi, con una valutazione, diciamo, di prestigio. Il capitolo 19 è intitolato il
capitolo di Maria. Dovete sapere che nel Corano una sola donna vede il suo nome prima
nominato e poi ripetuto, ed è Maria. Delle mogli di Maometto, della mamma di Maometto, non si
sa il nome dal Corano. Dunque l’unica donna il cui nome viene ripetutamente proposto nel Corano
è Maria. E allora da tanti anni mi domando: perché? Forse Maria ha la risposta, me lo dirà un
giorno.
Nella sûra 19, dopo il racconto di 15 versetti che trattano di Zaccaria e di Giovanni - Zaccaria che
vuole avere un figlio e la risposta divina - abbiamo Maria. «E nel Libro ricorda Maria, quando
s’appartò dalla sua gente in un luogo d’oriente ed essa prese, a proteggersi da loro, una tenda.
E noi le inviammo il nostro Spirito che apparve a lei sotto forma di uomo perfetto». Abbiamo
così un primo racconto dell’annunciazione.
La nascita di Gesù nel Corano si svolge nel deserto. C’è una confusione coranica tra la nascita
di Gesù e il viaggio verso l’Egitto. Nel Corano Gesù nasce ai piedi di una palma. Anzi parla
subito alla mamma: «Non rattristarti – dice dal di sotto della palma – ché il Signore ha fatto
sgorgare un ruscello ai tuoi piedi, scuoti verso di te il tronco della palma e questa farà cadere
su di te datteri freschi e maturi. Mangiane dunque e bevi e asciuga gli occhi tuoi». Tutto
questo proviene dai vangeli apocrifi: lo pseudo Matteo e l’infanzia di Gesù.
In questo primo tempo dell’insegnamento meccano abbiamo anche dei versetti in cui viene detto
che Gesù è un segno dell’ultima ora. O forse potrebbe essere, secondo un’altra lettura, una
scienza dell’ora ultima. Abbiamo soprattutto due versetti molto interessanti, in cui la madre e
il figlio, tutti e due, costituiscono un solo segno. E “segno” e “miracolo” è lo stesso in arabo.
«E così anche del figlio di Maria e di sua madre facemmo un segno e demmo loro rifugio su
un’altura tranquilla e irrigata di fonti».
E l’altro versetto: «E rammenta ancora colei che custodì la sua verginità, sì che noi alitammo
in lei del nostro Spirito e rendemmo lei e suo figlio un segno per i mondi». Dunque,
atteggiamento di simpatia al tempo de La Makka. E lo possiamo capire perché la comunità
musulmana che sta crescendo si oppone al politeismo pagano della città meccana. E sembra che si
senta molto vicina a questa comunità, ai pochi ebrei e cristiani che stanno sul posto, tanto più che a
quell’epoca i primi musulmani pregano guardando verso Gerusalemme. Perché?
Ma quando a Madîna, nel 622, viene creato lo Stato islamico, Maometto, secondo la tradizione
musulmana, rimane profeta e messaggero, ma diventa anche capo di Stato e generale
dell’esercito. Abbiamo dei testi molto interessanti, all’inizio molto favorevoli, ma pian piano le
cose cambiano. A Madîna Maometto si è alleato con due tribù di arabi e tre tribù di ebrei, che
tra di loro erano più o meno alleati. La comunità musulmana che diventa consistente, diventa
uno Stato e farà delle guerre contro i meccani. Deve affermare la sua identità e distinguersi
soprattutto dagli ebrei che pregavano rivolti verso Gerusalemme. Maometto genialmente
recupera il tempio de La Makka ed afferma che è stato costruito da Abramo nei tempi antichi
come primo tempio monoteistico della storia.
I musulmani iniziano così a pregare verso La Makka. La polemica cresce sempre di più; tanto più
che le tribù di ebrei saranno pian piano cacciate via. Possiamo capire allora come si passi pian
piano da un atteggiamento simpatico nei confronti di Gesù, Maria e i cristiani ad un
atteggiamento polemico.
Vi leggo alcuni testi a proposito. Nella sûra 2, che è la prima di quel periodo, viene ricordato due
volte che lo Spirito di santità, potremmo tradurre lo Spirito Santo, ha confermato Gesù,
dandogli delle prove evidenti, i miracoli.
Poi abbiamo un lungo passo di quasi 35 versetti, il terzo dei testi coranici che trattano di Gesù nella
sûra 3 che è intitolata La sûra della famiglia di ‘Imrân. Nel Corano ‘Imrân è il padre di Maria. Di
sua moglie, la madre di Maria, non si dice il nome nel Corano, ma i commentatori del mondo
musulmano sanno che si chiama Anna e che ha fatto il voto di consacrare il suo figlio alla
nascita. Sennonché alla nascita al posto di un figlio c’è una figlia.
Secondo questo testo, Maria è consacrata dalla mamma appena nata. La tradizione coranica
riprende il tema della consacrazione di Maria che è presente in tanti vangeli apocrifi. Nel
Corano è Zaccaria che fa da tutore a Maria per il suo apprendimento delle regole della vita
consacrata nel tempio di Gerusalemme. Tutto questo viene raccontato nel versetto 37 della sûra
3:
«E il Signore l’accettò la piccola Maria, d’accettazione buona, e la fece germogliare di germoglio
buono. E Zaccaria la prese sotto la sua tutela, e ogni volta che Zaccaria entrava da lei nel
santuario vi trovava del cibo e le diceva: “O Maria, donde ti viene questo?”. Ed essa
rispondeva: “Mi viene da Dio, perché Dio dà della sua provvidenza a chi vuole, senza conto”».
Ed è proprio allora che Maria, dopo esser cresciuta, è l’oggetto del secondo racconto coranico
dell’annunciazione. Nel Corano non è un angelo, Gabriele, che avrebbe preso forma umana,
ma è la corte celeste, gli angeli.
«Dissero a Maria: “O Maria, in verità Dio ti ha prescelta e t’ha purificata e t’ha prescelta su
tutte le donne nei mondi. O Maria sii devota al tuo Signore, prostrati e inchinati con coloro
che si inchinano”». Maria è autorizzata, pur essendo donna, a pregare in mezzo agli uomini
nel tempio. Non entro nei particolari, però è importante.
E poi prosegue l’annuncio: «O Maria, Iddio ti annunzia la buona novella di una Parola che
viene da lui e il cui nome sarà il messia, Gesù, figlio di Maria, eminente in questo mondo e
nell’altro e uno dei più vicini a Dio. Egli parlerà agli uomini dalla culla e da adulto e sarà dei
Buoni».
Maria naturalmente replica che, essendo consacrata e vergine, non sa come potrebbe essere madre.
Risposta: «Eppure Dio crea ciò che egli vuole, allorché ha deciso una cosa non ha che da dire “sii”,
ed essa è». Nel Corano tutto è già preordinato da Dio. Maria ha soltanto da sottomettersi. Da
donna musulmana, muslím, si sottomette.
Il testo non parla dell’insegnamento di Gesù, ma racconta ben presto in forma sintetica, nel
versetto 49 della sûra 3, quali sono i suoi miracoli. Alcuni li ritroviamo nei nostri vangeli
canonici, altri negli apocrifi. «Disse Gesù ai figli di Israele: “Io vi porto un segno del vostro
Signore. Ecco che vi creerò con dell’argilla una figura d’uccello e poi vi soffierò sopra e
diventerà un uccello vivo con il permesso di Dio. E guarirò anche, con il permesso di Dio, il
cieco nato e il lebbroso e resusciterò i morti e vi dirò anche quel che mangiate e quel che
conservate nelle vostre case. In tutto questo vi sarà un segno per voi se siete credenti”». E così via.
Ha dei discepoli che sono contenti di essere chiamati “suoi ausiliari” e lui riconosce che sono
sottomessi a Dio. Sottomessi, muslím, musulmani.
Abbiamo un versetto molto enigmatico in cui non si sa se Gesù debba morire o no - di solito
gli autori musulmani lo interpretano come se non debba morire. «Dio disse: “O Gesù, io ti
farò tornare a me, concludere la tua vita - con la morte o senza morte, il testo non è chiaro poi ti innalzerò fino a me e ti purificherò dagli infedeli e porrò coloro che ti hanno seguito alti sopra
agli infedeli fino al dì della resurrezione. Poi a me tutti tornerete e io giudicherò fra voi delle vostre
discordie”».
Spesso nel Corano si ha l’allusione chiarissima alle fazioni, alle sette, alle eresie discordi del
cristianesimo mediorientale del settimo secolo. Sempre in questo periodo il testo coranico
afferma che Gesù avrebbe detto ai figli di Israele: «Io sono il messaggero di Dio a voi inviato,
a conferma di quella Tôrâh che fu data prima di me ed annunzio lieto di un messaggero che
verrà dopo di me, il cui nome è Ahmad” - un altro nome di Maometto. Ma quando egli portò
loro prove chiarissime, essi dissero: “Incantamento è questo, manifesto!”».
Abbiamo un altro passo nella sûra 57 molto interessante, che naturalmente viene ridimensionato e
interpretato in forma - diciamo - minimizzante dall’islam classico e moderno: «Sulle orme dei
profeti inviammo i nostri messaggeri e ancora inviammo Gesù figlio di Maria e demmo a lui il
Vangelo e ponemmo nei cuori di coloro che lo seguirono mitezza, misericordia e
monachesimo». Però i musulmani interpretano diversamente e non accettano che il
monachesimo sia stato messo da Dio stesso nel cuore dei cristiani. Perché per l’islam il
monachesimo non è valido, e non è un valore. Benché venga stimato quando viene vissuto
dagli altri.
Finché man mano che l’incontro si precisa, la polemica inizia. Ascoltate adesso la negazione della
crocifissione. Nella sûra 4, la sûra delle donne, che tratta del diritto della famiglia nella più gran
parte dei suoi versetti. E’ il passo che sembra riprendere più o meno i rimproveri del Signore a
Israele dell’antica liturgia del venerdì santo: «Popolo mio, ti ho fatto tante belle cose e perché
allora, adesso mi metti sulla croce?».
Dunque gli ebrei, secondo questi versetti coranici, sono maledetti da Dio, «per la loro
incredulità, per aver detto contro Maria calunnia orrenda» - è accusata nel passo di prima di
essere una prostituta. E sono maledetti «per aver detto: “Abbiamo ucciso il Messia, figlio di
Maria, messaggero di Dio”, mentre né lo uccisero, né lo crocifissero, bensì qualcuno fu reso ai
loro occhi simile a lui (e in verità coloro la cui opinione è divergente a questo proposito son
certo in dubbio né hanno di questo scienza alcuna, bensì seguono una congettura, ché per
certo, essi non lo uccisero».
Questo versetto 157 è chiarissimo per i musulmani: non lo hanno ucciso, non lo hanno
crocifisso. E quando un amico musulmano vi dice questo in arabo a mezzanotte, dopo una
bellissima serata amichevole, non si sa come rispondere. Dopo cinque minuti gli risposi:
“Amico mio, la mamma era lì presente, non penso che una mamma possa sbagliare
sull’identità del figlio”.
Continuo: «Ma Iddio lo innalzò a sé e Dio è potente e saggio». E allora la polemica continua nella
sûra 4, che è una delle ultime sûre del Corano: «O Gente del Libro – siamo noi! - non siate
stravaganti nella vostra religione e non dite di Dio altro che la verità, che il Messia, Gesù figlio di
Maria, non è altro che il messaggero di Dio. La sua Parola che egli depose in Maria, uno Spirito da
lui esalato - vedete tutte parole che potrebbero essere interpretate a modo cristiano, ma che non
sono state interpretate così - Credete dunque in Dio e nei suoi messaggeri e non dite: “tre”! Basta! E
sarà meglio per voi! Perché Dio è un Dio solo, troppo glorioso e alto per avere un figlio! ». - questa
è l’argomentazione che troviamo in continuazione nel Corano.
Se Dio ha un figlio significa che non è autosufficiente e onnipotente; ha bisogno di un altro per
portare avanti la sua opera. E poi il figlio è sempre considerato nel senso fisiologico della
parola, purtroppo. «Il Messia non ha disdegnato di essere un semplice servo di Dio, e così gli
angeli cherubini e coloro che sdegneranno il suo servizio, in ribellione superba, Dio li adunerà a sé
tutti».
C’è un versetto stupendo alla fine della sûra 66, in cui Maria viene proposta come modello ai
credenti, a tutti i credenti: «Maria, figlia di ‘Imrân, che si conservò vergine, sì che noi
insufflammo in lei del nostro spirito – rûh-nâ – e che credette alle parole del suo Signore e nei
suoi libri e fu una delle donne devote».
Passo il versetto della spada in cui venne raccomandato di «combattere coloro che non
credono in Dio e nel giorno estremo e non ritengono illecito quel che Dio e il suo messaggero
ha dichiarato illecito, e coloro che, fra quelli cui fu data la scrittura, che non s’attengono alla
religione della verità - siamo noi - e combatteteli finché non paghino il tributo uno per uno,
umiliati».
E abbiamo allora la sûra conclusiva, la “sûra della mensa” in cui, direi, in forma di doccia
scozzese, troviamo dei versetti di simpatia e dei versetti di condanna.
«Dicono i giudei e i cristiani: “Noi siamo i figli di Dio e i suoi amici”. Domanda dunque a loro:
“Allora perché vi tortura per i vostri peccati?” No! Voi non siete che uomini come gli altri che
lui ha creato». Dice il versetto 72 della stessa sûra 5: «Certo sono empi quelli che dicono: “Il
Messia, figlio di Maria, è Dio”, mentre il Messia disse: “O figli di Israele, adorate Dio, mio e
vostro Signore”. E certo chi a Dio dà dei compagni, Dio chiude le porte del paradiso, la sua
dimora è il fuoco».
Ripete il versetto 73: «Sono empi quelli che dicono: “Dio è il terzo di tre”. Non c’è altro Dio che
un Dio solo, e se non cessano di dire simili cose un castigo crudele toccherà a quelli di loro che
così bestemmiano».
«Il Messia, figlio di Maria non era che un messaggero di Dio come gli altri che furono prima di lui,
e sua madre era una santa, ma ambedue mangiavano cibo», dunque povere creature.
Il versetto 82 è molto strano. Non è a favore del dialogo tra musulmani e ebrei, però a favore del
dialogo tra musulmani e noi. Dice il versetto: «Troverai che i più feroci nemici di coloro che
credono – cioè i musulmani - sono i giudei e i pagani». Capite che questo versetto cantato oggi
nelle moschee di Palestina, non li mette facilmente sulla via della pace. «Mentre troverai che i più
vicini in amicizia a coloro che credono – sempre i musulmani - sono quelli che dicono: “siamo
cristiani!”. E questo avviene perché fra di loro vi sono preti e monaci ed essi non sono
superbi».
E allora, vedete, gli ultimi versetti di questo ultimo capitolo, il capitolo 5, ci invitano ad una
meditazione e ad una preghiera, se possibile. Siamo nei tempi ultimi e Dio fa, diciamo, la sfilata dei
suoi messaggeri e profeti, e interroga ognuno di loro se saprà fare dei rimproveri a Gesù. «E
quando Iddio disse: “O Gesù figlio di Maria, ricordati il mio favore verso di te e verso la
madre tua, quando io ti confermai con lo spirito di santità, e tu parlavi alla gente dalla culla e
da adulto. E quando ti insegnai il Libro, e la Sapienza, e la Tôrâh, il Vangelo, e quando creavi
dal fango come una figura d’uccello, col mio permesso, e vi soffiavi sopra e diventava un
uccello, col mio permesso, e quando tu guaristi il cieco nato e il lebbroso, col mio permesso, e
quando risuscitavi i morti , col mio permesso, e quando io allontanai da te i figli di Israele
allorché tu venisti a loro con le prove evidenti, quando gli increduli di fra loro dissero:
“Questa è evidente magia”». Dunque Allah ricorda a Gesù tutto quello che gli ha concesso
come privilegi superiori.
Abbiamo, poi ancora alcuni versetti sopraggiunti, nei quali si ricorda il regalo della mensa - ed è per
questo che l’ultimo capitolo si chiama “Il capitolo della Mensa”. Leggo perché il testo è bello: «E
quando i discepoli dissero: “O Gesù, figlio di Maria, può il tuo Signore far discendere su di
noi una mensa dal cielo?”. E Gesù rispose: “Temete Dio se siete credenti”. E dissero i
discepoli: “Noi vogliamo mangiare di quella mensa e che si rassicurino i nostri cuori e che
sappiamo che tu sei stato sincero con noi e possiamo testimoniarne”. E disse Gesù figlio di
Maria: “Dio mio, Signor nostro, fa discendere su di noi una tavola dal cielo che sia per noi
una festa, per il primo di noi e per l’ultimo di noi, che sia un segno che da te ci viene, dacci
della tua provvidenza, tu che sei dei provvidi il più buono”. E Dio disse: “Io la farò discendere
su di voi, ma chi di voi, dopo questa grazia, rifiuterà fede, io lo castigherò di un castigo tale
che non infliggerò mai a nessuno di quanti sono nell’universo”».
Vedete, questi sono i quattro versetti che danno il titolo a quest’ultimo capitolo, il capitolo 5 del
Corano: la Mensa. Mai un commentatore musulmano nella storia ha pensato che questo
potesse essere l’eucarestia. Come spiegare questa cecità?
L’ultimo versetto, il 116, prosegue quelli di prima: «E quando Dio disse: “O Gesù figlio di
Maria, sei tu che hai detto agli uomini: Prendete me e mia madre come dei oltre a Dio?” –
capite allora: Gesù terzo di tre. Dunque, secondo il Corano, i cristiani stanno adorando da
venti secoli una triade, Allah, la sua compagna Maria e il loro figlio comune, Gesù figlio di
Maria, il terzo di tre - E rispose Gesù: “Gloria a te! Come mai potrei dire ciò che non ho il diritto
di dire? Se lo avessi detto tu lo avresti saputo: tu conosci tutto ciò che è nel mio intimo e io non
conosco ciò che è nell’intimo tuo. Tu solo sei il fondo conoscitore degli arcani ».
E’ chiaro, vedete: il profeta Gesù figlio di Maria è ignorante totalmente di quanto sta
nell’intimo di Dio; è un profeta come gli altri. Come Mosè, come Abramo, come Noè e come
Maometto.
Tenendo conto di questi versetti del Corano, la lunga tradizione teologica, esegetica dell’islam, ha
sempre costruito un personaggio di Gesù che è lontano dall’essere quello nostro. Dunque nascita,
dopo un’annunciazione, madre verginale. Molto bello! Maria una donna consacrata, l’unica
donna consacrata che si possa immaginare nel Corano e nella tradizione islamica. Sì che le
nostre suore possono sempre rispondere all’amico musulmano che chiede: “Ma perché non ti
sei sposata?”. Basta dire: “Seguo le orme di Maria! Non si è sposata!”.
Questo Gesù ha la missione di predicare il monoteismo, come avevano fatto prima di lui Mosè,
Abramo, Noè e Adamo. E’ sempre lo stesso insegnamento di una religione naturale, primordiale,
ma confermata in forma profetica dall’invio di profeti da parte di Allah che parla all’umanità per
bocca dei suoi profeti, essendo il primo Adamo e l’ultimo della serie Maometto.
Monoteismo nel senso stretto della parola. Bisogna adorare Dio, pregare, digiunare, fare
l’elemosina, tutte quelle cose che costituiscono ormai il credo, il culto e la morale dell’islam. Perciò
Roger Arnaldez ha detto bene dando come titolo al suo primo libro Gesù, il profeta dell’islam.
Come Maometto è profeta dell’islam.
Avete visto, dunque, l’insegnamento di Gesù, nel Corano, è simile a quello degli altri. Fa dei
miracoli a differenza degli altri. E sarebbe da interrogare l’amico musulmano, perché questi
miracoli speciali, e soprattutto quello della mensa.
Però come avete sentito non ha dimensione divina, non è morto sulla croce. Il Corano rimane
silenzioso sull’esito ultimo della vita di Gesù. E qui a seconda della tradizione musulmana cioè l’insieme dei detti che sono attribuiti a Maometto, giustamente o falsamente, qui c’è tutto
un problema di critica -, Gesù, secondo la maggioranza dei dotti musulmani, sarebbe sempre
vivo in un cielo tra terra e settimo cielo, ad aspettare la fine dei tempi per tornare come segno
dell’ultima ora. In tal caso tornerà sulla terra, si farà musulmano, chiamerà alla preghiera dal
minareto di Gesù, il minareto sud-est della grande Moschea di Damasco; si sposerà;
aggiungono anche che distruggerà tutte le croci del mondo, ammazzerà tutti i maiali, e così
via. E farà la preghiera musulmana dietro Maometto.
Così è la presentazione della tradizione che io ritrovo in tanti manuali scolastici. Questa
presentazione classica che si riferisce al Corano e alla Sunna è tuttora quella che viene proposta in
tutti i catechismi musulmani contemporanei. Nessuno di loro va a cercare la minima citazione
dei nostri vangeli. E i nostri vangeli sono considerati anzi come falsificati. E i catechismi
islamici lo ripetono.
I musulmani vi diranno: noi crediamo nella Tôrâh e nel Vangelo; nella Tôrâh dettata da Allah a
Mosè, nel Vangelo dettato da Allah a Gesù. Dato che la Tôrâh degli ebrei e dei cristiani e i vangeli
dei cristiani non corrispondono a queste, diciamo, “dettature” divine di prima pensano, nella loro
fede, che i nostri testi, la nostra Bibbia, tutto questo è falsificato. La Tôrâh ed il Vangelo coranici
si presentano come un ritorno al monoteismo semplice dei Patriarchi.
Ed è proprio questo che io trovo anche nei grandi commentari di questo ventesimo secolo.
Quando leggo il Tafsîr al-Manâr che è un commento classico dell’Egitto contemporaneo trovo
le stesse cose e le stesse polemiche; anzi per giustificare le indicazioni coraniche nei riguardi della
divinità di Gesù, della sua possibile incarnazione, e soprattutto della sua crocifissione e dunque
risurrezione, gli autori del Tafsîr al-Manâr vanno a cercare tutta la critica liberale occidentale
dell’ ‘800 e del ‘900.
Lo shaykh Ibn ‘Âshûr, che fu a lungo il grande rettore dell’Università Islamica di Tunisi, ogni tanto
si fa meno polemico e allude a qualche passo delle nostre tradizioni cristiane. Ma il Tafsîr di Sayyid
Qutb, che è il commentario, direi, più “ufficiale” dei fratelli musulmani si fa anche lui polemico e
mette in ridicolo tutte le credenze cristiane in proposito.
Per non parlare del commento del grande leader dell’islam fondamentalista, pakistano, Mawdûdî,
della serie dei suoi libri intitolata: Tafhîm al- Qur’ân, Capire il Corano. Quasi tutti questi autori,
quello del Tafsîr al-Manâr, Sayyid Qutb, Mawdûdî, vi dicono nei loro commentari: il vero Vangelo
non è uno dei quattro vangeli dei cristiani, è il Vangelo di Barnaba, che è un falso Vangelo
fabbricato alla fine del ‘500 da qualcuno nella Spagna del Sud, per imbrogliare tutte le cose, e
nel quale appunto Gesù preannunzia la venuta di Maometto; Gesù non muore sulla croce e
Giuda è il traditore che muore sulla croce al suo posto, e così via…
I trattati contemporanei di teologia musulmana ripetono le stesse cose, sia che l’autore sia lo shaykh
Mahmûd Shaltût, che fu il grande rettore dell’Università islamica del Cairo dal 1958 al 1963, sia
che si tratti di Cheikh Hamza Boubakeur - un algerino che è stato per trent’anni a Parigi il direttore
della grande moschea parigina - e del suo trattato moderno di teologia islamica o dello shaykh
Hasan Khalid, gran Mufti della Repubblica libanese, che degli altri.
Allora vedete, davanti al fatto, che nel corso di quattordici secoli non è cambiato l’atteggiamento
ufficiale, direi ortodosso, dell’islam nei confronti del volto di Gesù e del volto di Maria, era
importante per noi porci la domanda: abbiamo dei musulmani nei tempi moderni che non si
accontentano di questo, direi, retaggio coranico e sunnita?
Un mio amico, con il quale ho studiato all’università di Algeri dal ‘51 al ‘54, professore emerito di
una università francese, alcuni anni fa ci tenne una bellissima relazione su Gesù secondo l’islam. Ci
ha fatto capire che un musulmano coerente con se stesso è invitato dalla sua tradizione ortodossa a
tener conto di tutte le affermazioni del Corano - giusto! - madre verginale, Gesù oggetto di
un’attenzione eccezionale di Dio, e così via; e nello stesso tempo delle negazioni del Corano. Non
si tratta di ridurne l’importanza, però lui aggiungeva che tra le affermazioni e le negazioni c’è
tutto una zona di incertezza delle cose di cui non si sa un granché.
Allora diceva: “Dovremmo qui applicare un altro versetto del Corano in cui Dio avrebbe
detto tramite Maometto, secondo i musulmani – o Maometto diceva ai suoi, secondo me - se
volete saperne di più interrogate la gente del Libro”. Ed è giusto, no? E’ quello che hanno fatto
alcuni scrittori curiosi o audaci e alcuni poeti impegnati o in ricerca.
Intanto vi presento brevemente la loro problematica perché mi sembra che sia importante. Avete
innanzitutto il libro “Il Genio del Messia” di Abbâs Mahmûd al-‘Aqqâd, uno dei più grandi
scrittori dell’Egitto contemporaneo; scrisse questo libro nel 1953. Faceva parte di una collana di
libri: La genialità di Abramo, La genialità di Maometto, e dunque “La genialità del Messia”.
A me interessa questo libro perché per raccontarmi la vita di Gesù e il suo insegnamento va a
prendere dai nostri quattro vangeli canonici un sacco di racconti: tutto l’insegnamento sociale
di Gesù, la sua misericordia nei confronti delle peccatrici, dei malati, ecc. Tutto questo viene
ripreso da questo autore. E’ un piccolo progresso e ci dobbiamo congratulare con lui per questo.
Dunque utilizzando i quattro vangeli canonici come fonte autentica per conoscere i detti, i fatti, i
miracoli di Gesù, lui può dunque elogiare la carriera profetica di Gesù, educatore delle coscienze e
difensore dei poveri. Per Abbâs Mahmûd al-‘Aqqâd, Gesù è il profeta della bontà e del perdono. E’
importante per noi che questo venga confessato da un grande scrittore musulmano i cui libri erano
letti dappertutto nell’Egitto di allora.
Sennonché l’ultimo capitolo è il capitolo della settimana santa. Allora lui, all’inizio di quel
capitolo, utilizzando i nostri vangeli dice: “Qui finisce la storia, qui inizia la leggenda”. Non
può fare altrimenti se lui è coerente con il suo islam. Vedete il dramma!
Più di questo è stato fatto da Kâmil Husayn, un grande medico; il quale pubblicò un anno dopo,
nel 1954, il suo romanzo, come meditazione, “La città iniqua”, in cui lui descrive con grande
raffinatezza i sentimenti, i rimorsi e i pentimenti di tutti i personaggi che hanno avuto qualche cosa
a che fare il venerdì santo con la condanna dell’innocente. Ci sono capitoli sulla Maddalena, su
Pietro, sul Sommo Sacerdote, su Ponzio Pilato ed un capitolo dal titolo: Il falegname.
“Io fabbrico delle croci”. Un tipo domanda: “Ma a che cosa servirà?” Il falegname gli
risponde: “Io faccio soldi, fabbrico delle croci”. E’ tutto così, è un romanzo stupendo. E
nell’ultimo capitolo: “Alle tre del pomeriggio le tenebre coprirono il mondo, ma il crocefisso
non c’è. E’ la morte dell’innocente e della coscienza umana: tutti colpevoli di aver
abbandonato l’innocente. All’ultimo momento, però l’innocente…”. L’enigma rimane totale.
E’ il massimo che poteva fare, diciamo, un musulmano affascinato, direi, dalla lezione del venerdì
santo; però non può dire che Gesù e in croce, che c’è un crocifisso, altrimenti non è più
musulmano. Questo è il dramma.
Tre anni dopo, nel 1958, un altro egiziano, Khâlid Muhammad Khâlid, ebbe l’iniziativa di
scrivere e pubblicare “Insieme sulla strada”, sottotitolo: Muhammad e il messia insieme. Era
l’epoca, diciamo, della vittoria del socialismo in Egitto, ed allora per questo autore i due profeti
camminano insieme per portare all’umanità un messaggio di giustizia sociale, di amore
disinteressato e di coscienza retta.
Gesù propone questo a tutti. Dunque presentazione di Gesù come “profeta progressista”; è un
commento direi più o meno simile ad una piccola miniatura che ho avuto modo parecchie volte di
meditare. Miniatura che è stata fatta, credo, a Bagdad molti secoli fa. Rappresenta due profeti
che andranno nella città. Uno è su un asinello, l’altro è sul cammello. Avete capito chi sono?
Gesù e Maometto.
Più tardi Jûdah al-Sahhâr ci propone “Il Messia Gesù, figlio di Maria”, e naturalmente lui è
affascinato dal tema del regno di Dio che è centrale nella predicazione di Gesù, però lui critica
la non violenza che è stata la causa della disfatta finale. E argomenta: Giuda si distacca dal
maestro perché, appunto, Giuda vuol far riuscire il regno di Dio, utilizzando la forza, la
spada; e conclude: “Ciò che Gesù non ha potuto, non ha voluto fare, Maometto lo ha fatto”.
Capite qual è la problematica?
Fathî ‘Uthmân, nel 1961, scrive (è ancora più preciso nel suo titolo): “Con il Messia nei
quattro vangeli”. Qui è proprio chiaro dall’inizio. Presenta una biografia di Gesù che integra
tanti dati della tradizione evangelica canonica, con grande onestà, pur ricordando i punti
essenziali di disaccordo fra cristiani e musulmani e rimandando ognuno alla sua libera scelta,
a ciascuno la propria fede.
Ho esaminato i testi di altri scrittori alla ricerca del senso. Fra questi c’è il famoso premio di
letteratura araba Nagîb Mahfûz, il quale due o tre anni fa ha rischiato di morire perché
qualche fondamentalista voleva ucciderlo. Lui è il più grande autore che ha descritto tutta la
storia dell’Egitto contemporaneo e tutti i suoi romanzi sono stati tradotti in italiano, inglese,
francese, ecc.
Nel 1957 però aveva scritto un romanzo allegorico intitolato “I figli del nostro quartiere”, in
cui lui dà a Dio uno pseudonimo, e così ad Abramo, Mosè, Gesù, Maometto e alla scienza
moderna; ognuno dietro un personaggio fittizio, viene presentato con il suo messaggio.
Dunque, vedete, è una forma, direi, di presentazione della storia religiosa dell’umanità, l’ultima
religione essendo quella della scienza moderna. Ma spesso i nostri autori a casa loro, per non avere
troppi guai con le rappresentanze ufficiali dell’islam governativo, sono costretti a prendere delle vie
un po’ speciali.
Ed ora mi interessa questo racconto suo, il profilo di Gesù, chiamato Rifâ’a. Dunque questo
Rifâ’a, secondo lui, è il predicatore delle beatitudini; è colui che perdona la peccatrice, anzi lui
dice che Rifâ’a sposò la peccatrice, ma senza mai andare a letto con essa. Tenta di ricordare
agli abitanti del suo quartiere la loro dignità, la bontà verso i poveri, ecc. E alla fine lui
scompare nel deserto, misteriosamente, sicché i suoi discepoli, i suoi amici lo credono sempre
vivente, oppure resuscitato.
Abbiamo anche un altro tizio, Ihsân ‘Abad al-Quddûs, che ci ha dato una piccola novella
intitolata “Cristo a Dichna”. Il protagonista tende a tagliare definitivamente la catena delle
vendette fra due famiglie. Accetta l’umiliazione pubblica da parte dei suoi avversari per impedire
che la vendetta faccia ancora scorrere il sangue da entrambe le parti. Alla fine deve andarsene in
esilio dalla capitale, capendo di essere come il messia, vittima.
E poi abbiamo i poeti, soprattutto iracheni e palestinesi. Ad esempio: Badr Shâkir al-Sayyâb,
‘Abd al Wahhâb al-Bayyâtî, Sâmih al-Qâsim, Mahmûd Darwîsh, il grande poeta palestinese,
Mahmûd Subh e Muhammad Rajab al Bayûmî.
Questi poeti hanno saputo paragonare le sofferenze del loro popolo con quelle di Cristo per
vedervi una forma di redenzione collettiva, con dei titoli talvolta sconvolgenti. Badr Shâkir alSayyâb, morto nel ’64, non esita a proporre un poema il cui titolo è “Cristo dopo la
crocifissione”, dove viene detto, cito l’ultima frase del poema: “La mia morte è il parto della città
nuova”.
Al-Bayyâtî canta in prigione nel ‘58, cito: “La croce simbolo e promessa di una terra nuova”.
Sâmih al-Qâsim nella sua “Lettera a Dio” offre al Padre nostro tutte le sofferenze dei suoi figli,
quelle della croce, di Palestina; e nel suo poema “Il sangue nel palmo di mano” (con espressioni
come “io rischio la mia vita”), canta Cristo liberatore degli oppressi e amico degli uomini.
Darwîsh dice lo stesso in un poema intitolato “Con Gesù”. Parlo di Israele - dice lui - ho dei chiodi
nei piedi; quale soluzione scegliere, o figlio di Dio? La violenza o la non violenza. E Mahmûd Subh
dirà lo stesso nel ’76 nel suo poema intitolato “Croce degli uomini”, croce dei tormenti dei
Palestinesi.
Allora, vedete mi pare che sia importante per noi, nella inculturazione moderna, sapere
interrogare quanto i nostri amici scrivono. Credo che sia una delle missioni di chi parte alla
scoperta di un’altra religione, di un altro mondo culturale, di un altro continente umano, che è anche
un mondo di spiritualità. E noi dobbiamo umilmente tentare di capirne i valori, di tentare di capirne
anche, purtroppo, i malintesi, i rifiuti e le negazioni.
E allora vedete io ritorno così al punto di partenza: perché Maometto si è interessato di Gesù e di
Maria a tal punto che nel Corano noi abbiamo cento versetti, e delle cose tanto belle? E perché lui si
è permesso di negare le cose essenziali? Tante volte dotti musulmani e altri mi hanno detto: “Lascia
perdere la Trinità, l’incarnazione, la redenzione, tutte queste cose inventate da Paolo. Cristo, tutto
sommato, non ha mai detto tutto questo, e non è vero; allora saremo tutti insieme”. Mentre noi ben
sappiamo che queste tre dimensioni della nostre fede rappresentano, diciamo, il cuore del cuore
della fede cristiana.
Allora perché c’è stato questo malinteso dell’inizio? Maometto era sincero, sì o no? Era stato male
informato, sì o no? E’ stato deluso dalla testimonianza dei cristiani del suo tempo, sì o no? Vedete,
le domande che noi ci poniamo per il suo tempo sono sempre valide per noi oggi. Trovate questi
quattordici secoli di storia intorno al Mediterraneo: perché il mondo cristiano non è riuscito a
svelare nel modo perfetto il vero volto di Cristo? E’ un problema per me, credo che sia un problema
per voi.
Tanto più che alcuni “spirituali” nella lunga storia del mondo musulmano hanno interrogato questo
personaggio enigmatico di Gesù nel Corano. Tutti si sono posti tante domande in proposito. Abu
Hamid al-Ghazali ci ha lasciato una summa teologica, il “Ravvivamento delle scienze della
religione”, che per i musulmani vale quanto per noi l’opera di san Tommaso . Lui si pone la
domanda: ma perché Gesù non si è sposato? Un vero profeta dovrebbe dare esempio in tutte
le dimensioni dell’essere. E perché il nostro profeta si è sposato? Allora lui dice che forse Gesù
era consapevole delle sue debolezze. Non sarebbe stato capace di essere un bravo profeta e,
nello stesso tempo, un bravo padre di famiglia, uno sposo molto attento alla sua moglie, o alle
sue mogli, e così via. Quindi ha preferito accontentarsi della sua dimensione profetica, mentre
- aggiunge lui - il nostro profeta era talmente geniale, perfetto, che poteva fare tutto nello
stesso tempo, tant’è vero che la rivelazione scendeva su di lui quando stava a letto con la
moglie.
E quando un grande teologo mi dice questo, io tento di capire come un teologo possa fare queste
affermazioni. Come possiamo noi tentare di spiegare una tale giustificazione che a noi sembra un
po’ paradossale? Ma altri, quelli che hanno voluto approfondire le dimensioni spirituali del loro
cammino religioso, hanno interrogato il volto di Gesù e il volto di Maria. Alcuni mistici musulmani
hanno parlato della religione del patibolo.
Or bene in arabo “patibolo” e “croce” hanno lo stesso senso. Un grande mistico, Ibn al ‘Arabi,
nato nella Spagna meridionale, il quale andò a vivere a Damasco alla fine delle crociate - e lì è
morto ed è sepolto - nei suoi scritti ha dei capitoli stupendi sulla persona di Gesù, perché
coerentemente con il deposito della tradizione islamica lui si pone la domanda: perché soltanto per
lui si parla nel Corano di una kalima, di una parola che viene da Dio e che viene affidata a Maria? E
perché nel Corano soltanto di lui si dice che è stato conservato dallo spirito di santità (forse lo
Spirito Santo)? Che cosa significa? Sì che lui lo considera il perfetto santo. Infatti c’è una corrente
nella tradizione musulmana che andrà a finire dicendo: Maometto è il suggello della profezia
per essere profeta; Gesù, figlio di Maria, è il suggello della santità per essere santo.
E allora potete capire che il mistico abbia nei suoi scritti questa frase che io vi affido in conclusione.
Lui arriva a dire in uno dei suoi scritti: “Gesù! Quando qualcuno ha una malattia che si
chiama Gesù, non c’è speranza di guarigione”.
Allora io sono malato e spero di esserlo per sempre. Grazie
Note
[1] M.Borrmans, Gesù Cristo e i musulmani del XX secolo: testi coranici, catechismi, commentari,
scrittori e poeti musulmani di fronte a Gesù, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo, Milano, 2000.
GESU' NEL CORANO
Anche nelle affermazioni su Gesù troviamo la stessa impostazione relativa alle figure bibliche dette
“profetiche” dall'Islam.
La presentazione della sua vita prescinde dai vangeli e dall'intero Nuovo Testamento. Mai è citato
un versetto evangelico e l'accenno ali apostoli, mai citati per nome, è sbrigativo, laddove si dice che
Gesù chiese degli aiutanti per la sua missione e gli apostoli risposero di credere in lui. Nonostante
questo, anche se Gesù è chiaramente solo una creatura nel Corano (“E in verità, presso Dio, Gesù è
come Adamo: egli lo creò dalla terra, gli disse: “Sii!” ed egli fu”, sura III, 59 della famiglia di
Imràn), pure è chiara l'affermazione della concezione verginale di Maria. Gesù è, da un lato, in
nulla diverso dagli altri inviati e profeti che lo precedettero, d'altro lato ha un posto di grande
rilievo, come mostra appunto il suo concepimento. L'affermazione che Gesù è inviato a portare
l'annuncio di un inviato di nome Ahmad (altro nome per Maometto) mostra chiaramente di
conoscere il testo della promessa del Consolatore, dello Spirito Santo, in Giovanni, ma non vi è
alcuna argomentazione esplicitata coranica che aiuti a rendersi conto che si sta preferendo al testo
evangelico un nuovo testo.
Anche se in altri luoghi il testo coranico è più ambiguo, in un passo rifiuta esplicitamente la realtà
della crocifissione di Gesù:
“Per aver detto: “Abbiamo ucciso il Cristo, Gesù figlio di Maria, Messaggero di Dio”, mentre né
lo uccisero né crocifissero, bensì qualcuno fu reso ai loro occhi simile a lui (sura IV, 157 delle
donne).
Sembra che il giusto Gesù non possa soffrire, che Dio non possa fargli attraversare la sofferenza
della croce e, pertanto, Gesù, come è entrato in terra in una maniera diversa dagli altri, così ne esce
differentemente, assunto da Dio, per ritornare alla fine dei tempi. Il Corano neanche qui argomenta
su cosa sia allora la croce, semplicemente ne prescinde. Gli studiosi islamici successivi rifletteranno
poi su quel “Qualcuno fu reso simile a lui” indicando che sulla croce sarebbe salito o Giuda o Pietro
o altri.
La figura di Gesù, insomma, ha un rilievo, ma la Bibbia non è fonte per la conoscenza di lui
versetti del Corano che parlano di Gesù e Maria
La figura di Cristo nell’islam
Secondo una felice caratteristica dei Congressi
internazionali sul Volto di Cristo, promossi dal
cardinale Fiorenzo Angelini, anche quest’anno vi è
stato un relatore di religione islamica. Pubblichiamo
il testo dell’intervento del professore turco Niyazi
Oktem, dell’Università di Bilgi, Istanbul Giulio
Andreotti
del professor Niyazi Oktem, Università di Istambul
Premessa
L’islam, la nostra religione, riconosce come libri
sacri – alla luce del Corano – sia l’Antico sia il Nuovo
Testamento non alterati.
In realtà, la Bibbia dei cristiani si compone di due
parti: l’Antico Testamento e il Nuovo Testamento.
Diversamente, la Bibbia degli ebrei è costituita
soltanto dall’Antico Testamento. Per i musulmani
l’Antico Testamento comprende la Torah e il Salterio.
Non riconoscendo Cristo né come profeta né come
messia, gli ebrei non riconoscono alcun valore al
La Basilica di Santa Sofia, costruita sotto
Nuovo Testamento che considerano completamente
l’imperatore Giustiniano (527-565), consacrata
nel 537, divenuta moschea con l’occupazione
manipolato essendo stato redatto da diversi autori dopo
ottomana nel 1453, e ora adibita a museo,
Istanbul, Turchia
la morte di Cristo ed essendo privo, perciò, di
qualsivoglia prerogativa celeste o divina. L’unico libro
sacro, per gli ebrei, è dunque l’Antico Testamento,
composto di diversi libri e ispirato a vari profeti. Il carattere sacro, perciò, viene dagli ebrei
attribuito soltanto all’Antico Testamento.
Per noi musulmani, invece, sia l’Antico sia il Nuovo Testamento (non alterato) sono considerati
testi sacri. Tuttavia, va precisato che il termine “vangelo”, nella terminologia islamica, indica
esclusivamente il Nuovo Testamento.
Tutti i profeti menzionati in queste Scritture anche per noi sono profeti.
Il fatto che tutti i profeti menzionati nelle Sacre Scritture siano riconosciuti da noi musulmani e
soprattutto che la Vergine Maria e suo figlio godano di una considerazione del tutto speciale
rappresenta un fattore di incontro tra la teologia cristiana e quella musulmana. Ovviamente non
mancano divergenze.
Tra queste differenze, sono da segnalare innanzitutto le modifiche che hanno subito sia l’Antico
sia il Nuovo Testamento. Dobbiamo però riconoscere che, ciononostante, non si può affatto parlare
di alcuna falsificazione in materia di valori morali o di giustizia. Le disposizioni morali contenute
nei dieci comandamenti, quali “Non uccidere”, “Non rubare”, “Non desiderare la casa, la donna, i
beni del tuo prossimo”, eccetera, sono fuori discussione. Inoltre, noi ammettiamo anche i miracoli
di Gesù di cui parla il Nuovo Testamento. Gli atti e i comportamenti di Gesù Cristo riferiti dal
Nuovo Testamento sono di indole universale e servono come modelli di retta condotta e di verità.
Ecco perché sarebbe un grave errore respingere l’Antico e il Nuovo Testamento come attualmente
si presentano.
Va anche precisato che un cristiano e un musulmano, con il termine “rivelazione” non
intendono la medesima cosa. Per noi la rivelazione è il messaggio inviato da Dio altissimo a sua
maestà Maometto. In stato di estasi, il nostro profeta esprimeva la Parola proveniente da Dio
altissimo così che queste parole formano il nostro Libro sacro. Orbene, la rivelazione cristiana non è
la medesima cosa. I detti e gli atti di Gesù Cristo furono redatti più tardi e quindi trasformati in libro
dagli autori dei Vangeli (il Nuovo Testamento).
In questo senso, quello che noi chiamiamo “hadit” e “sunna”, cioè l’insieme delle parole e degli
atti del profeta, sono considerati dai cristiani come “rivelazione”. Gesù Cristo non aveva al suo
fianco scribi che trascrivessero all’istante la rivelazione che egli riceveva. Erano invece apostoli,
evangelisti, coloro che più tardi misero per iscritto quanto avevano visto o sentito. Si capisce,
perciò, perché si abbiano diversi Vangeli, il cui contenuto essenziale è senz’altro il medesimo, ma
formulato in maniera differente dagli autori, per quanto tutti fedeli all’essenziale. Ispirati da Gesù
Cristo, questi autori hanno tuttavia fatto delle aggiunte. Lo stesso san Paolo, che non aveva mai
visto Gesù Cristo, ha contribuito alla redazione del Nuovo Testamento.
In altri termini, il concetto cristiano di rivelazione non si fonda sull’estasi di Gesù mentre entra
in comunicazione con il divino e detta, di conseguenza, la parola divina agli scribi, dei quali invece
non vi è neppure traccia nei testi tradizionali islamici. Il santo Corano, invece, parla esplicitamente
di apostoli.
Sarebbe quindi improprio dire che la “sunna” e la “hadit” musulmane equivalgono a ciò che la
religione cristiana chiama rivelazione.
Un’altra divergenza che, forse, costituisce il più grande motivo di contrasto tra le due religioni
è, per così dire, il concetto di trinità che sta alla base della fede cristiana secondo la quale Gesù
Cristo è considerato Figlio di Dio. La fede musulmana ammette soltanto Dio, del quale non si può
affermare né che è stato generato né che ha generato un figlio. Dio è Uno, e distinguerlo in tre
sarebbe come attribuirgli dei simili, il che contraddice nettamente ai principi fondamentali del
monoteismo. Personalmente, non ammetto che possa aversi un triteismo, ma soltanto una
interpretazione filosofica peraltro abbastanza difficile da comprendere per i musulmani. I problemi
posti dalla Trinità furono a lungo dibattuti nel corso della storia, sia dai cristiani sia dai musulmani.
Tanto che esistono gruppi di cristiani o singoli cristiani che non accettano la Trinità.
Dal punto di vista della convivenza con i cristiani ci sembra di grande importanza guardare a
questi problemi soltanto per approfondirli nella prospettiva di creare un clima favorevole al dialogo
interreligioso. In altre parole, volendo soprattutto favorire il processo di pace, sarebbe meglio non
entrare in discussioni puramente filosofiche su questi argomenti. Riprendere continuamente questi
problemi non servirà che a provocare la reazione delle masse ignoranti e ne approfitterebbero
soltanto i politici male intenzionati. Sappiamo per esperienza che questo genere di politici e i
mercanti di armi si sono sempre serviti delle interpretazioni errate e ingannevoli dei fanatici. Spesso
a causare delle guerre sono state proprio queste divergenze tra punti di vista religiosi diversi.
Al contrario, i punti di convergenza sono molto più numerosi delle diversità e riguardano
proprio l’essenziale.
Il giudaismo, il cristianesimo e l’islamismo riconoscono tutti e tre che un solo creatore ha creato
l’universo. Il creatore è misericordioso, benigno, ama e perdona. Tra le sue creature, l’uomo è
quello che a Lui più assomiglia; avendo da Lui ricevuto la ragione, la volontà e la coscienza, è di
conseguenza in grado di distinguere il bene dal male; e questo lo “condanna” alla responsabilità.
Dio non abbandona mai l’uomo. La salvezza è possibile soltanto obbedendo alla Parola divina.
Tutte e tre le religioni monoteiste credono nell’inferno e nel paradiso, negli angeli e nel demonio,
nella vita nell’aldilà, nel giudizio finale, nella risurrezione, eccetera.
Secondo tutte e tre queste religioni, Dio è essenzialmente una volontà inaccessibile,
indeterminabile, impercettibile. Tuttavia, la religione cristiana comporta, al riguardo, maggiore
immanenza rispetto alla fede musulmana che, salvo per quanto attiene ai sufiti, si colloca
maggiormente sul piano della trascendenza. Insomma, secondo l’insegnamento cristiano, Dio è in
qualche modo coinvolto in questo universo, il che spiega la possibilità dei miracoli in qualunque
momento. Per esempio, la Vergine può apparire in qualche luogo, c’è chi può guarire gli altri o
prevedere il futuro. Al contrario, nel sistema dottrinale musulmano, il miracolo e ogni fenomeno di
preveggenza sono esclusi. Dio solo ha creato l’universo, Lui solo può conoscere ciò che è stato e
ciò che sarà. Sua maestà Maometto è l’ultimo “messaggero”; non ci sarà più né un altro profeta né
un altro messaggero né altra persona del genere. Il messaggio divino è stato interamente
comunicato, l’appello è stato trasmesso. L’esistenza dell’universo costituisce la prova del miracolo
celeste.
Malgrado le differenze di accento sull’immanenza e sulla trascendenza, tutte e tre le religioni
professano l’inaccessibilità del mistero divino. Dio, nella sua infinità, ha creato per amore
l’universo. L’universo materiale è un segno concreto della Sua grandezza. Accedere a Lui è perciò
impossibile. La spiritualità che si manifesta all’interno del mondo materiale, il suo aspetto astratto e
la morale sono tutti segni dell’esistenza di Dio.
In tutte e tre le religioni, i primi esseri umani sono Adamo ed Eva. Diversamente dall’islam e
dal giudaismo, la religione cristiana dà un fondamento materiale e concreto al peccato originale.
Secondo la fede musulmana, Allah ha posto ad Adamo ed Eva una scelta libera tra il bene e il
male, condannandoli in questo modo all’avventura del dimostrare la loro dignità e non già a subire
la penitenza del loro peccato, perché egli li aveva già perdonati.
Questo punto di vista islamico è accettato dalle Chiese nestoriana e siriaca che vengono
chiamate le Chiese d’Oriente, e dalla Chiesa ortodossa. Le Chiese cattolica e protestante insistono
sul concetto di peccato originale.
I versetti del Corano
riguardanti Gesù Cristo e la Vergine Maria
Gesù Cristo e la Vergine Maria si incontrano in
circa 100 versetti del Corano, dei quali 25 menzionano
Gesù Cristo, 11 il Messia, 34 la Vergine Maria, 12 il
Vangelo (il Nuovo Testamento) e 14 i cristiani
(nazareni). Ci sembra che, tra i 6666 versetti coranici,
questo numero sia rilevante.
Com’è noto, al momento della redazione del
Corano, non è stato rispettato l’ordine cronologico dei
versetti. Se disponiamo i versetti cronologicamente,
notiamo che la prima metà (quelli cosiddetti “della
Mecca o meccani”) riguarda i principi fondamentali
della fede, mentre la seconda parte (quelli cosiddetti
della “Medina o medinesi”), appartenendo a un
momento in cui lo Stato islamico era già stato
costituito, pur rimanendo di indole spirituale privilegia
le formalità attinenti alle procedure amministrative.
Rispetto ai versetti medinesi quelli della Mecca danno
uno spazio più rilevante a Gesù Cristo e alla Vergine
Maria e invitano l’umanità al sistema di fede non
alterato da Gesù Cristo, e cioè all’islam, letteralmente
“il rendiconto”.
La Moschea Blu di Istanbul
Gesù Cristo, la Vergine e il cristianesimo
nei versetti della Mecca o meccani
Composta di 98 versetti, dei quali 50 trattano di questi problemi, la sura “Maria” così affronta
questi argomenti.
Zaccaria prega Iddio di dargli un figlio. Sua moglie è sterile e lui è ormai molto vecchio.
Affidandosi totalmente ad Allah, egli continua la sua preghiera, tiene stretto il libro con forza e
riceve l’annuncio della buona novella di un figlio (riassunto dei versetti 2-11).
I versetti 12-14 parlano di Yahya (Giovanni). Egli è saggio, tenero e purificato. Analoghi
propositi sono presenti anche nei versetti 89, 90 e 91 della sura “I Profeti”.
La sura “Maria”, fino al versetto 33, riporta il racconto della Vergine.
Dio sovrano dice espressamente al versetto 17: «E noi le inviammo il Nostro Spirito». Si tratta
dunque della nascita di Gesù, dell’intervento dello Spirito Santo, che è una delle Persone della
Trinità, sul cui contenuto si è discusso particolareggiatamente per secoli giungendo poi alla sua
definizione in occasione di concili che condannarono come eresia ed empietà ogni forma di
dissidenza, il che diede origine alla nascita di nuovi sistemi dottrinali.
La tradizione musulmana interpreta lo “Spirito Santo” come l’arcangelo Gabriele. Al versetto
19 della sura “Maria” si allude all’angelo. Onde evitare malintesi, ci sembra necessario citare i
suddetti versetti:
17. «Ed essa prese, a proteggersi da loro, un velo. E Noi le inviammo il Nostro Spirito che
apparve a lei sotto forma d’uomo perfetto.
18. Ella gli disse : “Io mi rifugio nel Misericordioso, avanti a te, se tu sei timorato di Dio!”.
19. Le disse: “Io sono il Messaggero del tuo Signore, per donarti un fanciullo purissimo”.
20. “Come potrò avere un figlio”, rispose Maria, “se nessun uomo m’ha toccata mai, e non sono
una donna cattiva?”.
21. Disse: “Così sarà. Perché il tuo Signore ha detto: ‘Cosa facile è questa per me’, e Noi per
certo faremo di Lui un Segno per gli uomini, un atto di clemenza Nostra: questa è cosa decretata”.
22. Ed essa lo concepì e s’appartò col frutto del suo seno in luogo lontano.
23. Ora le doglie del parto la spinsero presso il tronco di una palma e disse: “Oh fossi morta
prima, oh fossi ora una cosa dimenticata e obliata!”.
24. E la chiamò una Voce di sotto la palma: “Non rattristarti, ché il Signore ha fatto sgorgare un
ruscello ai tuoi piedi.
25. Scuoti verso di te il tronco della palma e questo farà cadere su di te datteri freschi e maturi.
26. Mangiane dunque e bevi e asciuga gli occhi tuoi! E se tu vedessi qualcuno, digli: ‘Ho fatto
voto al Misericordioso di digiunare e non parlerò oggi ad alcun uomo’”.
27. Poi venne col bambino alla sua gente portandolo in braccio: “O Maria”, le dissero, “tu hai
fatto cosa mostruosa.
28. O sorella di Aronne! Non era tuo padre un uomo malvagio né fu peccatrice tua madre!”.
29. Ed essa indicò loro il neonato, e dissero: “Come parleremo noi a chi è ancora nella culla
bambino?”.
30. Egli disse: “In verità io sono il Servo di Dio, il quale mi ha dato il Libro e mi ha fatto
Profeta,
31. e m’ha benedetto dovunque io mi sia e m’ha prescritto la Preghiera e l’Elemosina finché
sarò in vita,
Il fatto che tutti i profeti
menzionati nelle Sacre
Scritture siano riconosciuti da
noi musulmani e soprattutto
che la Vergine Maria e suo
figlio godano di una
considerazione del tutto
speciale rappresenta un
fattore di incontro tra la
32. e m’ha fatto dolce con mia madre, non mi ha fatto
teologia cristiana e quella
violento e scellerato.
musulmana. Ovviamente non
33. Sia pace su di me, il dì che nacqui e il dì che
mancano divergenze
muoio, e il dì quando sarò suscitato a Vita”».
Ne deriva che Gesù Cristo è uno dei due profeti nati
senza padre (l’altro è Adamo). La sua nascita è dovuta alla grazia divina accordata attraverso
l’intermediazione dello Spirito che ha recato alla Vergine il “soffio”. Guardando alla situazione
concreta, noi ci troviamo di fronte a un magnifico miracolo. La volontà divina invia l’arcangelo
Gabriele come Spirito Santo che trasmette il soffio divino alla Vergine, da cui nasce Gesù Cristo
come una prova e un atto di misericordia di Dio. È quello che si incontra nel versetto 50 della sura
“I credenti” (al-Mu’minûna): «E Noi designammo il figlio di Maria – come pure sua madre – come
un segno; e a tutti e due noi demmo asilo presso un luogo tranquillo da cui sgorgava un ruscello
d’acqua».
Insomma lo Spirito Santo è venerato anche nell’islam. È stato Lui che ha assicurato la
comunicazione tra Maria e la volontà divina.
Tenuto conto di quanto detto sopra, sarebbe davvero senza senso che un musulmano reagisse
negativamente quando si parla di Spirito Santo o della Sacra Famiglia.
I versetti 30-37 parlano di Gesù neonato. Egli è “parola della verità” e non figlio di Dio.
Vorremmo insistere un po’ su questo concetto di “parola della verità”. Con uno sguardo
esclusivamente teologico e senza ricorrere alla filosofia, e cioè identificando la “parola” con la sua
fonte, si può facilmente cadere nell’errore di confondere l’essenza e l’esistenza; e chiamare Dio o
figlio di Dio la “parola” che ne esprime di fatto l’essenza. Attribuire l’essenza divina a Gesù Cristo
è, in effetti, la conseguenza di una tale interpretazione, quanto mai discussa, della teologia cristiana.
L’islam, invece, fa questa distinzione dichiarando che Gesù è parola di Dio, ma per nulla Dio né
figlio di Dio.
Pertanto, trascurando l’importanza di Gesù e della Vergine Maria appellandosi a questa
interpretazione, anche il mullah cade nell’errore.
La sura VI “Gli Animali/Le Greggi” “al-An’âm” elenca la catena dei profeti da Abramo fino a
Maometto, precisando che essi sono stati tutti «collocati al disopra d’ogni altra creatura» (alamîn).
83. «Questo è l’argomento che Noi demmo ad Abramo contro il suo popolo. Noi eleviamo a
diversi gradi quelli che vogliamo: in verità il tuo Signore è saggio e sapiente.
84. E ad Abramo Noi donammo Isacco e Giacobbe, ciascuno dei quali Noi dirigemmo sulla
retta via. E prima ancora guidammo al Vero Noè e, fra i suoi discendenti, David e Salomone e
Giobbe e Giuseppe e Mosè e Aronne: così Noi compensiamo i benefici.
85. E anche Zaccaria e Giovanni e Gesù ed Elia, ciascuno dei quali fu annoverato tra i santi,
86. e Ismaele e Eliseo e Giona e Lot, ciascuno levammo al di sopra d’ogni altra creatura».
Allo stesso modo, al versetto 13 della sura XLII “La Consultazione/La Deliberazione” (asSûrâ), il tema è sempre lo stesso: si tratta dell’obbedienza ai profeti:
13. «Egli ha prescritto a voi quel culto che già raccomandò a Noè e che rivelammo a te, e che
raccomandammo ancora ad Abramo e a Mosè e a Gesù, dicendo: “Osservate la religione e non
dividetevi in sette” [...]».
Il posto di Gesù è espressamente indicato nei versetti 57-66 della sura XLIII “L’Ornamento”
(az-Zuhruf):
57. «E quando fu proposto ad esempio il figlio di Maria, ecco che il tuo popolo vociferò
58. dicendo: “È costui migliore dei nostri dei?”. Ma non ti propongono questo paragone altro
che come pretesto di disputa, ché son gente amante di liti.
59. Egli non è che un Servo cui concedemmo i Nostri favori e ne facemmo un esempio per i
figli di Israele
60. (ché, se volessimo, faremmo ereditare la terra, dopo di voi, ad angeli).
61. Ed egli non è che un presagio dell’Ora: pertanto non dubitate che essa venga, e seguite Me;
questo è il retto sentiero.
62. E non vi distolga Satana, ché egli è vostro dichiarato nemico.
63. E allorché Gesù venne, con prove chiarissime, disse: “Io sono venuto a portarvi la Sapienza,
sono venuto a chiarirvi qualcosa di quello di cui disputate: temete dunque Iddio e obbeditemi.
64. In verità Iddio è il mio Signore e il vostro Signore, adorate Lui: questo è il sentiero diritto”.
65. E le Fazioni discordarono tra loro: ma guai a coloro che operano iniquità; guai, per il castigo
di doloroso giorno!
66. Che cos’altro possono attendere se non che li colga d’un tratto l’Ora, mentre di nulla si
avvedono?».
I commentatori del Corano concordano nel sostenere che l’Ora sta ad indicare il giorno del
Giudizio finale. La traduzione del versetto 61 differisce da una versione all’altra:
«È un segno dell’Ora [...]» (traduzione di Régis Blachère).
«Gesù è, in verità, l’annuncio dell’Ora [...]» (traduzione di D. Masson).
«Questo Corano è, in verità, la scienza dell’Ora» (traduzione di Muhammad Hamidullah).
Ne risulta che è Gesù ad avere la conoscenza di un evento fondamentale come il Giudizio finale.
È lui che dispone della saggezza, verrà prima del Giudizio finale per farne partecipi le genti, vale a
dire salverà l’umanità. La credenza che Gesù ritornerà è ancora abbastanza diffusa anche nell’islam.
Ecco, in grandi linee, il posto di Gesù nelle sure della Mecca, in cui figurano soprattutto la
Vergine, Gesù Cristo e altri profeti che sono considerati senza eccezione profeti dell’islam o, in
altre parole, che sono collocati nell’insieme del sistema, professandone ciascuno, a suo turno, il
rendiconto. Quindi, è chiaro che la Vergine e Gesù hanno una posizione del tutto particolare e
assolutamente eccezionale.
Gesù Cristo, la Vergine e il cristianesimo
nei versetti medinesi
La buona novella della salvezza è chiaramente
annunciata ai cristiani, giudei e sabei nel versetto 62
della sura II “La Giovenca” (al-Baqara), che è la
prima a riunire i versetti medinesi:
62. «Ma quelli che credono (i musulmani), coloro
che praticano il giudaismo, i cristiani e i sabei, quelli
cioè che credono in Dio e nell’Ultimo Giorno e
operano il bene avranno la loro mercede presso il
Signore, e nulla avranno a temere né li coglierà
tristezza».
Alcuni pensano che per ottenere la salvezza i
cristiani, i giudei e i sabei dovrebbero convertirsi
all’islam. Non siamo affatto d’accordo, proprio perché
questo versetto sembra dire il contrario. Se il santo
Corano, libro sacro dei musulmani, comprende i non
musulmani e precisa per essi la condizione della
salvezza, si tratta allora di un giudizio del tutto
particolare, chiaro e definitivo.
A sua volta, il versetto 87 di al-Baqara afferma
che Gesù era sostenuto dallo Spirito Santo:
L’interno della Moschea Blu di Istanbul
87. «In verità Noi demmo a Mosè il Libro e gli
facemmo successivamente seguire gli altri Messaggeri,
e demmo a Gesù figlio di Maria prove evidenti e lo confermammo con lo Spirito di Santità. Ma
dunque, ogniqualvolta un Messaggero vi porta ordini non graditi, voi superbamente vi ribellate e
alcuni ne smentite, altri ne uccidete?».
I versetti 135 e 136 della medesima sura accentuano l’importanza assegnata ad Abramo:
135. «Ed essi dicono: “Diventate ebrei o cristiani o sabei ben guidati! Ma tu rispondi: “No, noi
siamo della Nazione di Abramo, che non fu affatto tra i pagani”.
136. E dite loro ancora: “Noi crediamo in Dio, in ciò che è stato rivelato a noi e in ciò che fu
rivelato ad Abramo, a Ismaele, a Isacco, a Giacobbe, e alle Dodici Tribù, e in ciò che fu dato a
Mosè e a Gesù, e ai profeti del Signore; non facciamo differenza alcuna fra loro e a Lui tutti ci
diamo!”».
La stessa sura, al versetto 253, indica una gerarchia tra i profeti, mettendo in testa ad essi Gesù.
Ne offriamo qui diverse versioni:
253. «Di questi Messaggeri, alcuni li abbiamo resi superiori ad altri: ad alcuni Dio ha parlato ed
Egli li ha elevati alcuni di vari gradi. A Gesù figlio di Maria demmo prove e lo abbiamo confermato
con lo Spirito di Santità [...]» (traduzione di Muhammad Hamidullah).
253. «Noi abbiamo elevato alcuni profeti al di sopra degli altri. Ad alcuni Dio ha parlato, e Dio
ha elevato molti di loro a gradi superiori. Abbiamo dato a Gesù figlio di Maria delle prove chiare.
L’abbiamo confermato con lo Spirito di Santità [...]» (traduzione di D. Masson).
253. «Noi abbiamo posto alcuni Apostoli al di sopra di altri. Tra loro ve ne sono alcuni ai quali
Allah ha parlato. Allah ne ha elevati altri gerarchicamente. Noi abbiamo dato le prove a Gesù figlio
di Maria, che Noi abbiamo assistito con lo Spirito Santo» (traduzione di Régis Blachère).
253. «Noi elevammo i profeti gli uni al di sopra degli altri. I più elevati sono quelli a cui Dio ha
parlato. Noi abbiamo inviato Gesù figlio di Maria accompagnato da prove evidenti, e l’abbiamo
fortificato con lo Spirito di Santità [...]» (traduzione di Kasimirski).
Dalle diverse traduzioni risulta chiaramente che, tra gli inviati, esiste una gerarchia e che coloro
ai quali Dio si è rivolto direttamente sono collocati agli stadi superiori, come Gesù, con il richiamo
al sostegno da lui ricevuto dallo Spirito Santo.
La sura III “La Famiglia di Imràn” (Âl ‘Imrân) parla diffusamente di Gesù e di Maria,
particolarmente ai versetti 33-67. In sintesi, Dio accoglie la fanciulla, la fa crescere molto bene e
l’affida a Zaccaria. Purificata da Dio, Maria riceve il suo nutrimento da parte di Dio che dona, senza
limiti, il suo sostentamento a chi Egli vuole. Nessun’altra madre di profeta è altrettanto venerata nel
Corano. Leggiamo il versetto 45 che è interessantissimo:
45. «E quando gli angeli dissero a Maria: “O Maria, Iddio ti annunzia la buona novella di un
Verbo che viene da Lui, e il cui nome è: il Messia, Gesù, figlio di Maria, eminente in questo mondo
e nella vita immediata e ultima; egli è tra i vicini a Dio”».
In modo visibile Allah annuncia la buona novella di un Verbo che emana da Lui. Sua Maestà
Gesù Cristo è dunque benedetto, è il Messia.
Secondo il versetto 46, Gesù, appena nato, parla agli uornini: 46. «Ed egli parlerà agli uomini
dalla culla come un adulto e sarà nel numero dei giusti».
Il versetto 49 parla dei suoi miracoli: egli modella dall’argilla un uccello soffiandogli la vita.
Guarisce il cieco e il lebbroso, resuscita i morti.
Un tema che si trova nel Nuovo Testamento viene spiegato nel versetto 50, come, per esempio,
che Gesù è mandato per dichiarare lecite alcune cose che erano state dichiarate proibite:
50-51. «E sono venuto a confermare quella Torah che fu rivelata prima di me, per dichiararvi
lecite alcune cose che v’erano state proibite, e v’ho portato un segno da Dio; pertanto temete Dio e
obbeditemi. Allah è il mio Signore e il vostro Signore. Adoratelo: questa è la retta via».
Il versetto 55 annuncia che Gesù, dopo la morte, sarà chiamato presso Dio stesso:
55. «[Ricorda] quando Dio dice: “O Gesù, io ti chiamerò a me, e poi ti innalzerò fino a me e ti
purificherò dagli infedeli e fino al giorno della Risurrezione porrò coloro che ti hanno seguito al di
sopra degli infedeli. Poi a Me tutti tornerete e io giudicherò tra voi delle vostre, discordie”».
Al versetto 59 Gesù viene paragonato ad Adamo:
59. «Gesù, presso Allah, è come Adamo. Egli lo creò dalla terra, poi gli disse: “Sii, ed egli fu”».
Gli apostoli vengono ricordati in diverse sure, come “La Famiglia di Imràn” (versetto 52); “Il
Rango” (as-Sâff) (versetto 14); “La Mensa servita” (al-Mâ’ida) (versetti 111-112).
Con il termine “apostoli” intendiamo i credenti che si sono legati a Gesù durante la sua vita, che
l’hanno rispettato con fedeltà, proprio come i compagni del Nostro Profeta. Da questo punto di
vista, gli apostoli di Gesù, canonizzati dalla religione cristiana e menzionati nel Corano, devono
essere adeguatamente rispettati dai musulmani. Ciononostante, non è sempre così. Non è affatto
raro che da noi un musulmano comune abbia un atteggiamento negativo verso san Giovanni o san
Pietro.
La sura “Le Donne” (al-Nisâ’), che occupa il quarto posto nel santo Corano, ai versetti 156-159
parla anche di Maria e di Gesù. In questi versetti si tratta dei conflitti tra giudei e cristiani:
156. «[Noi li abbiamo maledetti] a causa della loro incredulità per aver detto contro Maria una
calunnia immensa,
157. per aver detto: “Abbiamo ucciso il Messia, figlio di Maria, il profeta di Allah”, mentre né
lo uccisero né lo crocifissero, bensì qualcuno fu reso ai loro occhi simile a Lui. Coloro la cui
opinione è diversa a questo proposito restano certamente in dubbio. Non hanno alcuna conoscenza
di Gesù: essi non seguono che una congettura;
158. essi non l’hanno certamente ucciso, ma, al contrario, Allah lo ha innalzato a sé. Allah è
potente e saggio.
159. Non c’è nessuno della gente del Libro che non
creda in lui, prima della sua morte, ed Egli nel giorno della
Gesù Cristo e la Vergine
Risurrezione sarà testimone contro di loro».
Maria si incontrano in circa
Al versetto 171 vengono disapprovati i sostenitori della
100 versetti del Corano, dei
Trinità e, ancora una volta, viene riaffermato che Gesù non
quali 25 menzionano Gesù
è figlio di Dio:
Cristo, 11 il Messia, 34 la
171. «O gente del Libro! Non siate stravaganti nella
Vergine Maria, 12 il Vangelo
vostra religione, e non dite di Dio altro che la verità. Il
(il Nuovo Testamento) e 14 i
Messia Gesù figlio di Maria è soltanto il profeta di Allah. Il
suo Verbo immesso da Lui in Maria è uno Spirito
cristiani (nazareni)
emanante da Lui. Credete dunque in Allah e nei suoi
profeti e non dite affatto: “Tre”; smettete di farlo. Sarà
meglio per voi. Allah non è che una sola divinità! Gloria a Lui! A Lui non piace di avere un figlio.
A Lui appartiene ciò che è in cielo e ciò che è in terra. Lui solo basta a proteggerci!».
Il versetto 172 ribadisce che Gesù, come peraltro gli angeli, non sono che servitori di Dio:
172. «Il Messia non diversamente degli angeli vicini al Signore non hanno disdegnato di essere
servi di Allah».
D’altra parte, il versetto 27 della sura LVII “Il Ferro” (al-Hadid) ingiunge l’obbedienza a Gesù
e a Maria, senza dei quali non sarebbe sorto il monachesimo:
27. «E allora sulle loro orme in successione inviammo i nostri profeti e dopo di loro inviammo
Gesù figlio di Maria. A lui demmo il vangelo e ponemmo nei cuori di coloro che lo seguirono
mitezza e misericordia, e il monachesimo fu da loro instaurato (e non fummo noi a prescriverlo
loro) unicamente per desiderio di piacere ad Allah. Essi però non l’hanno osservato come avrebbero
dovuto. E a quelli fra di loro che credettero abbiamo dato la loro ricompensa, ma molti fra di loro
sono empi».
Al versetto 6 della sura LXI “Il Rango” (as-Sâff), si accenna all’annuncio da parte di Gesù di un
futuro profeta di nome Ahmad:
6. «E [ricorda] quando Gesù figlio di Maria disse: “O figli di Israele! Io sono il messaggero di
Dio a voi inviato, a conferma di quella Torah che fu data prima di me, e ad annunzio lieto di un
Messaggero che verrà dopo di me e il cui nome è Ahmad”. Ma quando egli [Gesù] portò loro prove
chiarissime, essi dissero: “Questo è un chiaro incantesimo”».
Un’altra sura medinese che ha un ruolo importante per quanto attiene a Gesù e Maria è la V,
intitolata “La Mensa servita” (al-Mâ’ida), della quale circa trenta versetti trattano di questo
argomento.
I versetti 14-19 criticano i cristiani per aver detto che «Dio è, in verità, il Messia figlio di
Maria», e li dichiarano empi.
La stessa sura sembra attribuire ai cristiani uno statuto quasi autonomo. Particolarmente il
versetto 48 spiega la saggezza che si cela dietro le diverse vie e direzioni rivelate all’umanità:
48. «E a te (Muhammad) Noi abbiamo rivelato il Libro secondo Verità, a conferma delle
Scritture rivelate prima e a loro protezione. Giudica dunque fra loro secondo quello che Allah ha
rivelato. Non seguire le loro passioni a preferenza della verità che ti è giunta. A ognuno di voi
abbiamo assegnato una regola e una via, mentre, se Allah avesse voluto, avrebbe fatto di voi una
comunità unica, ma ciò non ha fatto per mettervi alla prova in ciò che vi ha dato. Gareggiate dunque
nelle opere buone. Ad Allah voi tutti tornerete. Allora egli vi informerà sulle cose che ora vi
dividono».
Secondo questo versetto appare chiaro che la pluralità delle leggi e dei cammini da seguire
costituisce una cosa saggia e che l’umanità dipenderà da legislazioni diverse. Il Dio Altissimo non
maledice nessuno di coloro che cercano di superarsi nel compimento delle opere buone. Quale che
sia la sua fede o confessione, ognuno è servitore di Dio. Pertanto il versetto 51 proibisce ai credenti
di venire a patti con giudei e cristiani:
51. «O voi che credete! Non prendete i giudei e i cristiani come alleati: alleati essi sono gli uni
con gli altri, e chi di voi si alleerà con loro diventerà dei loro. In verità, Dio non guida il popolo
degli ingiusti».
Questo versetto, pensiamo, deve essere interpretato raffrontandolo con i versetti 66, 67, 68 e 69
della medesima sura, in cui i veri cristiani sono rassicurati contro vane afflizioni.
Soprattutto il versetto 69 che in gran parte è simile ad al-Baqara 62 spiega bene la situazione:
66. «Se essi avessero messo in pratica la Torah e il Vangelo, e quel che è stato loro rivelato dal
loro Signore, essi avrebbero goduto dei frutti che hanno sulle loro teste e sotto i loro piedi. Vi è tra
di loro un gruppo che segue la via diritta, ma molti di loro quanto agiscono male!
67. O Messaggero! Comunica agli uomini ciò che ti è stato rivelato dal tuo Signore, poiché se
non lo farai non avrai comunicato il Suo messaggio. E Allah ti proteggerà dalle genti. Certamente
Allah non guida al bene i Negatori.
68. Di’: “O gente del Libro! Voi non farete nulla di buono finché non metterete in pratica la
Torah e il Vangelo e quello che vi è stato rivelato dal Signore”. Ma in molti di loro ciò che a te è
stato rivelato dal tuo Signore aumenterà la ribellione e l’empietà. Non ti crucciare per questa gente
empia!
69. Ma coloro che credono, e i giudei, e i sabei e i cristiani (quelli che credono in Allah,
nell’Ultimo Giorno e che compiono le buone opere) nulla essi hanno da temere e non saranno
rattristati».
A noi sembra che, secondo il Corano, il compimento delle opere buone e la fede nell’Ultimo
Giorno, siano sufficienti per la salvezza. In altre parole, essere un credente virtuoso e di buona
condotta e accettare l’esistenza dell’aldilà basteranno per la salvezza.
La sura della “Mensa servita” rimprovera i cristiani (versetti 72-75) di attribuire a Dio dei simili
sostenendo il terzo di tre e di pretendere che il Messia figlio di Maria è Dio; così pure rimprovera i
giudei per aver dubitato della castità di Maria e di non aver riconosciuto Gesù come profeta.
Per riassumere quanto detto, l’uomo, quale che sia la sua fede, può sempre ottenere la salvezza a
condizione che:
a) sia di buona condotta;
b) creda nel Giudizio finale;
c) non attribuisca a Dio dei simili;
d) creda che Gesù non è affatto figlio di Dio, ma Parola di Dio;
e) riconosca la castità e la verginità di Maria.
Sia egli cristiano o giudeo, chiunque mette in pratica le suddette condizioni, potrà ottenere la
redenzione senza aver nulla a temere. La sura della “Mensa servita” (versetto 82) sembra
confermarlo:
82. «Troverai che i più feroci nemici di coloro che
credono sono i giudei e i pagani, mentre troverai che i
più cordialmente vicini a coloro che credono sono i
cristiani che dicono: “Siamo cristiani”. Questo avviene
perché tra di loro ci sono preti e monaci che non si
gonfiano di superbia».
Appare chiarissimo che i preti modesti sono
indicati come i più vicini ai credenti. Il che vuol dire
che si può costruire un ponte di amore nei confronti
dei cristiani virtuosi e non smarriti. I versetti 110, 111,
La pagina di un’edizione del Corano miniata a
112 e 113 della stessa sura privilegiano nuovamente
Istanbul nel 1867
Gesù e Maria attraverso il racconto dei miracoli, della
mensa servita discesa dal cielo su Gesù e i suoi
apostoli. I versetti 116, 117 e 118 riprendono il tema su Gesù che non è Dio.
Conclusione
Per concludere, come abbiamo già detto, si potrebbe contribuire al processo di pace precisando
il posto di Gesù, di Maria e dei cristiani nel Corano. I musulmani, al pari dei cristiani, avrebbero
così l’opportunità di vedere l’importanza data dal Corano a Gesù e a Maria. Non bisogna infatti
dimenticare che la diversità di religione è una delle cause principali dei conflitti internazionali. Gli
adepti di ciascuna religione cercano di propagare la loro fede. I missionari sono in piena attività.
Perciò la Turchia, futuro membro dell’Unione europea, deve imporre l’idea del dialogo. Coloro che
vi si oppongono mancano di fiducia in sé stessi. Resta naturale che l’idea del dialogo implica l’idea
di convincere o di convertire l’interlocutore. La fede musulmana non ha nulla da temere.
Dio Altissimo stabilisce d’altronde questa concorrenza, ma attraverso uno stile elegante: «Non
discutere con la gente del Libro che nel modo più cortese, eccetto che con coloro che, tra di essi,
sono crudeli (o empi)» (“Il Ragno”, 46)
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