servizio civile ed educazione alla cittadinanza attiva

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SERVIZIO CIVILE
ED
EDUCAZIONE ALLA CITTADINANZA
ATTIVA, RESPONSABILE E DEMOCRATICA
L’educazione è una forza debole.
Ma è pur sempre da lei che passa
l’umanizzazione della persona,
come pure senza di lei
la disumanizzazione dilaga”.
Nel contesto dell’ormai rinnovato Servizio Civile Nazionale (SCN), l’educazione alla
cittadinanza attiva e responsabile, lungi dall’essere soltanto una disciplina scolastica come lo era
l’educazione civica di qualche decennio fa, sembra invece più propriamente e logicamente
collocarsi in quell’ambito semantico in cui l’educazione al sociale, all’apertura solidaristica,
all’impegno civile e sociopolitico, alla ricerca e difesa del bene comune, avevano come orizzonte di
significato “la centralità della persona e della persona nella polis”, con una prospettiva di tipo sociopolitico nel senso più pregnante del termine, antitetico a quello più riduttivo di politico-partitico e di
politico di parte, come hanno sempre proposto Lazzati, il card. Martini, p.Sorge quando parlavano
della formazione all’impegno sociale e politico.
Non va però trascurata la questione teoretica della definizione e del significato pregnante
e polisemico del concetto di “cittadinanza”, la cui natura ha connotazioni filosofiche, politiche,
giuridiche e sociologiche, di cui si sono occupati con vari orientamenti teorici autori come Marshall,
Rawls, Dahrendorf, Bobbio, MacIntyre, Kymlicka e i Communitarians1.
* Relazione al Seminario “Giovani, servizio e pace” – Arezzo, 11 marzo 2005.
L’idea di cittadinanza ci riporta per un verso alle celebri definizioni aristoteliche del II libro
della Politica, ma per un altro ci conduce al cuore della modernità che la definisce “il contenitore
di una serie tendenzialmente aperta di diritti soggettivi”2 che sono correlati con le categorie di
uguaglianza, proprietà, libertà, inclusione sociale, senso di appartenenza, diritti civili e diritti
sociali, sicurezza politica e sicurezza sociale, Welfare State, comunità civica e nazione, minoranze
etniche e diritti/doveri di cittadinanza, di voto, di residenza, ecc.
Il mio intervento si colloca nell’ambito dei contenuti educativi, inerenti la formazione e
l’educazione alla cittadinanza degli operatori Caritas e SCV, al servizio della persona, dei
bisogni e del territorio.
Nella mia riflessione però la categoria di educazione alla cittadinanza e alla democrazia
ricupera molti dei contenuti della “politica” come “cura del bene comune” e di gestione delle
1
2
D. ZOLO (Ed.), La cittadinanza. Appartenenza, identità, diritti, Bari, Laterza, 1994.
Idem, p..XII
1
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risorse, alla cui realizzazione tutti i cittadini non solo sono chiamati a concorrere, ma ancor più
devono essere educati a farlo per la promozione del benessere globale della propria comunità. Erich
Fromm ha scritto nel suo capolavoro Avere o essere?:
“La democrazia può resistere alla minaccia autoritaria soltanto a patto che si trasformi da democrazia
di spettatori passivi in democrazia di partecipanti attivi, nella quale cioè i problemi della comunità siano
familiari al singolo e per lui importanti quanto le sue faccende private: meglio ancora, dovrebbe trattarsi di una
democrazia in cui il benessere della comunità divenga la preoccupazione personale di ogni cittadino”.
In questo contesto semantico intendo collocare la categoria della cittadinanza attiva e
responsabile, il cui rapporto con il Servizio Civile costituisce un nuovo elemento di riflessione assai
denso e pregnante sia per la formazione sociale ed etica delle nuove generazioni sia per le ricadute
che tutto ciò può avere sulla vita stessa della società civile.
In questo scenario la categoria di “educazione alla cittadinanza attiva e responsabile” aveva
occupato la riflessione e l’azione di laici e di cattolici, entrambi attenti alle sorti della città, alle
relazioni di benessere tra i cittadini, costitutive di quel prezioso “capitale sociale”, che attualmente
sta diventando obiettivo centrale di quanti hanno particolarmente a cuore la qualità della vita di ogni
comunità umana nella città e la realizzazione del bene comune. E’ nel nostro caso l’impegno di ogni
uomo per una nuova società nel contesto semantico del concetto di impegno politico.
Educare alla cittadinanza attiva, responsabile e democratica comporta quindi un processo
educativo pluridimensionale, che non si riduce ad un curricolo di educazione civica, ma che va ben
oltre, ricuperando la dimensione politica della persona umana: l’uomo come zoon politikon che si
interessa del bene dei suoi concittadini e della sua città, dei quali si mette al servizio attivo,
responsabile per lo sviluppo della democrazia nel coinvolgimento di tutte le dimensioni della
persona e della polis.
1. COSTRUIRE INSIEME LA CITTÀ DELL'UOMO
1.1. La politica come attività dell’uomo per la città
“La città è palestra di costruzione politica generale ed esaltazione della politica come attività
etica architettonica” (Card.Martini, 2002) e il filosofo Felice Balbo gli fa eco quando scrive: "La
politica, in quanto attività, può essere definita come quell’attività che orienta la vita, ossia
determina lo sviluppo omogeneo di una società di uomini considerati a pieno titolo... Ora la vita e
lo sviluppo di una società di uomini non si hanno se non nella misura della partecipazione
personale (ossia attiva, ragionevole, libera e creativa) di ogni singolo al processo del tutto, allo
strutturarsi dinamico della società"3. Che è quanto dire educare alla cittadinanza attiva,
responsabile e democratica.
Ciò implica non solo la conoscenza e la pratica dei rapporti di forze esistenti nella società,
ma anche la conoscenza e la volontà di realizzare il bene comune degli uomini, la capacità di
valutare la realtà, di educare gli uomini, di favorire il meglio di ognuno, di richiedere e ottenere la
libera collaborazione di tutti, per un bene umano che trascenda gli interessi particolari, pur avendo
radice in ogni individuo e di capire qual'è il bene comune storicamente maturo.
Intesa in questo senso l’educazione alla cittadinanza pone la persona umana al centro dei
propri obiettivi, nella prospettiva di formarla onesta, ma anche competente e capace di affrontare le
3
A. DECLICH, Eredi di Sturzo, Roma, Borla, 1982.
2
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diverse problematiche sociali della sua comunità. Tutto ciò richiede un impegno sociopolitico di
alto livello: “I care” di D.Milani.
Un grande appassionato della politica e della società, G.Lazzati, quando era Rettore
dell’Università Cattolica di Milano era solito dire che la politica, come strumento per la costruzione
della città dell'uomo, resta la più alta attività umana: come quella che dovrebbe realizzare quel bene
comune che è da intendere quale condizione, per il massimo sviluppo possibile di ogni persona per
"strutturare e costruire la città dell'uomo a misura d'uomo": questa è la politica in se stessa, nel
senso più alto della parola4.
L'uomo politico allora, che dovrebbe incarnare il valore di una "politica alta", sa di dover
mostrare uno spirito di servizio verso gli altri, convivendo con tutti, cogliendo in ognuno l'aspetto
positivo e costruttivo. Non ambisce l'acquisizione del potere, né il vantaggio personale. Svolge una
missione spiritualmente tra le più impegnative ed esigenti, per competenza e per testimonianza5.
Educare alla cittadinanza oggi si traduce allora in un vero e proprio stile di vita aperto ai
problemi della realtà, in particolare a quello della convivenza sociale. Perché il sociale ci tocca da
vicino, ci avvolge come contesto, condiziona la nostra vita, lo portiamo dentro di noi. Non ne
possiamo fare a meno.
Educare alla cittadinanza è anche un'ottica particolare con cui anche fare educazione.
Ai fini di un sano funzionamento della società e della sua organizzazione istituzionale è necessario
ricuperare il senso della coesione del tessuto sociale attraverso il ricupero del senso di appartenenza
e con la formazione di un nuovo ethos che ne qualifichi la rettitudine e l'onestà dei cittadini.
L’educazione alla cittadinanza è crocevia dell’educazione morale e sociale, di aspetti emotivi,
affettivi e cognitivi, di conoscenze e di atteggiamenti
Educare alla cittadinanza significa quindi "appassionarsi alla vita civile e imparare a
servire il bene comune", dopo averlo studiato adeguatamente, incominciando proprio a tenere in
forte considerazione la dimensione sociale e politica della persona umana, sia dell’educatore che
dell’educando in un progetto di formazione all'impegno sociale e politico, dove la politica è
eminentemente a servizio dei più deboli della città.
Di esso, in ambito ecclesiale la Dottrina Sociale della Chiesa si sta facendo attenta
promotrice, come lo è stato nel passato attraverso vari interventi diretti ed espliciti, non da ultimo, il
Documento della Congregazione della Dottrina per la Fede “I cattolici nella vita politica”(2002). In
particolare la stessa Conferenza Episcopale Italiana ha profuso il suo impegno nell'insistere su una
triplice dimensione dell'educazione, fatta oggetto di una preziosa trilogia di documenti pastorali
della Commissione "Giustizia e pace", che sono:
"L'educazione alla legalità" (1991),
"Legalità, giustizia e moralità" (1993) e
"L'educazione alla socialità" (1995).
A questi sono seguiti altri due interventi assai specifici e di grande spessore, come:
“Le comunità cristiane educano al sociale e al politico” (1998) e
“L’Educazione alla pace” (1998).
Sono infine assai numerose le fonti ecclesiali a cui attingere per una sistematica riflessione
sull’educazione alla cittadinanza attiva, responsabile e democratica, nelle
- riflessioni del Presidente della CEI all’inizio di ogni sessione dell’Assemblea plenaria,
- nella ripresa delle Settimane sociali dei cattolici italiani, all’interno di quel movimento
4
5
G. LAZZATI, Pensare politicamente, Roma, Ave, 1988.
T. GOFFI, La spiritualità dell’impegno sociale e politico, Brescia, Queriniana, 1994.
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più ampio e più organico che viene progressivamente sviluppato nel
- Progetto culturale della Chiesa italiana per il Terzo Millennio.
1.2. I fondamenti razionali di un’educazione alla cittadinanza
Innanzitutto partiamo da una serie di assiomi o postulati di fondo che costituiscono un
quadro di riferimento valoriale e sociale per questo tipo di educazione. Si tratta di una serie di
convinzioni di base e di valori sociali che emergono dall’osservazione sociologica sui dati della vita
quotidiana e ne giustificano la ragione:
1. La vita sociale non è per l'individuo un qualcosa di facoltativo, ma di essenziale, legato
alla sua natura umana. La realtà sociale umana è relazionale per essenza6. Essa può essere
correttamene compresa solo se la si pensa come relazione. Di conseguenza essa trova le sue radici
non nell'efficienza, ma nell'eticità. Nessuno di noi esisterebbe se qualcuno non si fosse preso cura di
noi. La stessa dinamica dello sviluppo personale e sociale è risposta alle provocazioni che si
ricevono dall'esterno. Vi è qui una certa fondazione etica della vita sociale. In quanto sono valori
sociali quelli che permettono e favoriscono le relazioni. E’ il principio dell’interazione in base al
quale un attore sociale produce sempre qualche cosa di concreto, che costituisce un riflesso delle
sue relazioni con gli altri. Si tratta di entrare nella logica di percepire la società come una rete di
relazioni, contesto semantico che aiuta a definire l’identità di ogni agente e di ogni evento sociale in
termini di relazione sociale. Ciò comporta precise conseguenze pratiche anche a livello di
rappresentazioni sociali o mondo simbolico:
a) non esistono soggetti isolati, ma per essere compresi devono essere definiti in maniera
relazionale;
b) l’agire sociale deve essere pensato orientato verso una trama relazionale nella quale viene
ad inserirsi,
c) per cui si instaura una concreta relazione tra chi aiuta e chi viene aiutato.
2. Ne deriva un secondo principio che cioè la società è il contesto che consente alle varie
soggettività di esprimersi. Non è quindi l'esercizio del potere di qualcuno, ma l'ambiente di vita
armonica che permette a tutti di esprimersi e di collaborare, di sentirsi parte di una comunità.
3. Ne emerge quindi una terza categoria, che oggi si va sempre più consolidando tra le
giovani generazioni, e cioè il concetto di “cittadinanza sociale” come partecipazione intelligente
e responsabile ai problemi della comunità, immediati e futuri, alla cui base sta il fondamento etico
della relazionalità umana.
4. Ma per vivere insieme da cittadini, ed è un quarto principio, diventa urgente l’assoluta
necessità della pratica della legalità, cioè di rispetto di quelle regole comuni che consentano un
ordinato sviluppo della vita sociale, secondo una procedura democratica. Solo così si può superare
la pretesa arrogante della regola del più forte.
La caduta delle ideologie forti (comunismo) pare avere sfaldato quel consenso su alcuni
valori di fondo che teneva insieme le democrazie occidentali, spalancando il vaso di Pandora, delle
paure, delle insicurezze e con esse ha scatenato certamente la liberazione da molti vincoli, ma anche
un frastagliamento e sfilacciamento delle coordinate sociali, una chiusura nel proprio pirvato,
individualisticamente inteso (piuttosto che un privato sociale personalisticamente e
solidaristicamente interpretato, come può esserlo nel Terzo settore). Ciò ha pure determinato un
impoverimento nel dibattito socio-politico, che si è sempre più ridotto alla ricerca di soluzioni di
6
Cf. PierPaolo DONATI, Teoria relazionale della società, Milano, F.Angeli, 1992, 11-31
4
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corto respiro, provvisorie, strettamente pragmatiche, alle pure regole del gioco politico, e per questo
più esposto a tentazioni involutive.
In Europa, pur nella realizzazione dell’allargamento agli altri Paesi, ci troviamo ad
affrontare una serie di difficili e cruciali situazioni: l'assenza di leadership autorevoli che sappiano
dare indicazioni chiare sulle vie da seguire; l'ordine pubblico esposto all'assalto del terrorismo e
della criminalità nelle sue diverse forme; la diffusa sensazione di insicurezza; la tentazione di
ritornare a sistemi autoritari cui delegare completamente la soluzione dei problemi e la guida del
paese.
Più specificamente in Italia assistiamo ad una situazione peculiare che ne rende più
complessa la governabilità : l'assenza di un ethos comune diffuso, la fragilità, quando addirittura la
stessa mancanza, di un senso di legalità forte che costituisca il paradigma di riferimento per le scelte
politiche, l’aumento dell’insicurezza ansiosa e della sfiducia nelle istituzioni, la difficoltà di
gestione dei conflitti urbani e della promozione dei più deboli da parte delle istituzioni locali, anzi
spesse volte l’ambiguo rinvio al volontariato per la soluzione dei problemi scottanti.
Ricuperare una cultura della legalità, di rispetto delle regole, del senso di appartenenza e
della socialità, un ethos condiviso e una struttura etica come dimensione essenziale della persona,
costituisce uno degli attuali obiettivi più urgenti di questo nostro Paese, al cui servizio anche ogni
forma di educazione alla cittadinanza attiva e responsabile si deve sentire impegnata a realizzare.
Per questo è necessaria una forte e generalizzata consapevolezza dell’importanza
ineludibile di un preciso e specifico impegno educativo per ritessere il tessuto sociale laceratosi in
questi anni.
"L'esistenza di chiare e legittime regole di comportamento, la correttezza e la trasparenza dei
procedimenti che portano alla scelta delle norme e la loro applicazione; la stabilità delle leggi che
regolano la convivenza civile; l'efficienza delle strutture sociali senza bisogno di protezioni o
raccomandazioni particolari, l'attenzione privilegiata agli interessi giusti e meritevoli dei più
deboli; la necessità che i vari poteri si controllino e non sconfinino indebitamente dalle loro
competenze, sono tutte condizioni per una vita sociale e politica degna di tale nome".
In questo processo di educazione alla cittadinanza verso l'impegno sociale e politico sono
necessarie delle priorità.
Quella che sembra la più convincente è la convinzione profonda che l'ethos generale viene
rifatto dalle “solidarietà corte”, dal coraggio delle piccole azioni quotidiane vissute con passione e
con osservanza autentica delle norme e degli impegni che strutturano la vita di un popolo,. E' una
consegna che ogni educatore può assumere: quella delle fedeltà alle realtà quotidiane con le quali
si ricostruisce il tessuto sociale ed il senso di appartenenza alla società.
In quest’ottica il Servizio Civile trova la sua più geniale collocazione.
Però se è pur vero che la partecipazione dei giovani è anche un pre-requisito della loro
crescita democratica, tuttavia non bisogna nascondersi che i giovani troveranno delle resistenze a
farsi coinvolgere se non saranno convinti che il loro coinvolgimento avrà un effetto reale sul loro
futuro e che le decisioni di oggi determineranno le loro condizioni di vita domani. Il loro
coinvolgimento perciò dovrebbe essere motivato attraverso la definizione di modalità concrete,
realistiche ed efficaci.
1.3. L’educazione alla cittadinanza come espressione esigente di altruismo solidale e di
rispetto delle regole.
5
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Questo tipo di intervento educativo ha una doppia direzione.
La prima, di formazione umana e professionale verso i giovani che hanno scelto il Servizio
Civile, la seconda verso i destinatari delle prestazioni del Servizio Civile stesso, e cioè la
cittadinanza di una comunità nelle sue varie situazioni di precarietà, di bisogni e di povertà, di
poveri/emigrati, giovani/anziani, famiglie/scuole, emarginati/disintegrati, ecc…
In ogni caso l’educazione alla cittadinanza mira sempre a fare dell’individuo, chiuso in se
stesso, una persona socialmente aperta all’altro, facilmente disposta ad atteggiamenti, stili di vita
e comportamenti pro-sociali e democratici, l’uomo dalla “testa ben fatta”, capace di organizzare la
vita sua e dei suoi consimili secondo gli obiettivi e gli scopi di quella razionalità critica e
progettuale, orientata alla sana convivenza civile nella pace e nella solidarietà. Creare legami di
solidarietà sempre più diffusi è l’unico modo per vincere la paura di un personale e difficile
autoisolamento.
Il suo obiettivo più immediato nel promuovere la partecipazione e collaborazione
responsabile è orientato a far fronte ai bisogni della cittadinanza sia nella sua dimensione materiale,
ma anche nella prospettiva dell’elevazione culturale di quanti possono godere di tale aiuto. Infatti
l’intervento e l’azione educativa non è soltanto psicologica, ma poiché vuole essere efficace, deve
diventare anche “politica”, creare cioè nella persona quelle disposizioni e strutture di carattere e di
personalità, che la abilitano a diventare essa stessa protagonista nella società e partecipe
responsabile delle decisioni che in essa vengono prese. L’educazione in se stessa non è fatta per
essere isolata e vissuta nell'intimismo individualistico, ma per preparare soggetti capaci di
intervenire nei processi della società e nelle sue dinamiche relazionali. Il Servizio Civile lo fa con le
caratteristiche e gli strumenti suoi propri e del privato-sociale o del Terzo settore7.
Suo scopo a lungo raggio infatti è quello di operare quelle trasformazioni che toccano
direttamente la personalità di ogni uomo, ma anche il rinnovamento di quelle strutture
istituzionali, diventate assai spesso rigide, ingessate e non di raro inumane, "strutture di peccato".
Ciò potrà essere realizzato attraverso lo sviluppo di una sensibilità e operatività che si sente
responsabile della soluzione dei problemi sociali e si unisce ad altri per mettere in atto quei processi
ricostruttivi, orientati alla costruzione di un benessere sociale il più ampiamente diffuso alle diverse
categorie di persone, specialmente a quelle già in situazione di disagio, ma anche in maniera
preventiva a quelle a rischio di emarginazione.
L’educazione alla cittadinanza attiva e responsabile, se è quindi sempre il risultato di una
opportuna sinergia fra tutti i soggetti che interagiscono nella vita sociale, è anche lo strumento per
superare l'individualismo, oggi emergente con i tratti dell'indifferentismo, dell'arrivismo e
dell'arroganza, basati sulla legge del più forte, sul relativismo etico e sul narcisismo edonistico che
tendono ad accomodare la stessa realtà istituzionale, corrompendola, ai propri interessi individuali.
Togliendo stima sociale all’onestà si indebolisce il senso civico, specialmente nei giovani, per i
quali invece è necessario innescare invece un movimento di restituzione di stima sociale e di
prestigio al comportamento onesto e altruistico.
Nell’attuale società globalizzata, educare alla cittadinanza equivale non solo a far prendere
coscienza, ma anche a convivere in un clima di interculturalità e multiculturalità che oggi è
diventato la cifra ordinaria del vivere sociale della maggior parte delle nostre comunità. Si tratta di
formare ad una identità sociale capace di affrontare il pluralismo senza paura dell’altro. In questa
direzione si colloca anche il tema della cittadinanza europea, sfera di appartenenza che non sottrae
nulla a quella nazionale.
7
B. SORGE, Da cristiani in politica. Il” decalogo” del card. Martini, in “Aggiornamenti sociali” 2002, n.6,
pp.459-470; IDEM, Vademecum del cristiano in politica, in “Aggiornamenti Sociali”, 2003, n.3, pp.181-186.
6
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Non è sufficiente però accostarsi all'altro con l'atteggiamento della comprensione, della
compassione e della compartecipazione emotiva. Un simile comportamento altruistico può sì creare
le condizioni per il soddisfacimento dei bisogni dell'altro, ma non riesce a contribuire in modo
diretto ed efficace al benessere globale della persona e della società. E' necessario che l’altruismo si
traduca in un serio impegno morale di solidarietà, motivato dalla comune appartenenza alla
medesima comunità, che consenta la risoluzione dei problemi di coloro che ci vivono accanto.
Rilanciare perciò l'impegno educativo all'autentica socialità, alla cittadinanza attiva e
responsabile fino anche all’agire politico è oggi doveroso, in nome del vero bene dell'uomo e delle
trasformazioni socioculturali in cui siamo coinvolti e chiamati a gestire democraticamente. Ciò
significa ricostruire innanzitutto il valore dello “Stato sociale” nella coscienza delle persone e nella
realtà delle istituzioni, contro l’indebolimento del legame sociale e gli elementi corrosivi e
conflittuali che derivano dalla moltiplicazione delle appartenenze.
Se ciò è necessario per chi è impegnato direttamente in politica, non lo è meno per chi vi è
coinvolto nel Servizio Civile di aiuto alla persona e alla comunità. E’ necessario però attivare una
serie di itinerari formativi, pedagogici e metodologici secondo la scansione di una serie di tappe
progressive, e di altrettanti obiettivi intermedi.
2. ITINERARIO METODOLOGICO PER L’EDUCAZIONE ALLA CITTADINANZA
Quali sono allora le implicanze pedagogiche di questa riflessione fin qui condotta, che
operativamente si possano dispiegare in un itinerario metodologico, per obiettivi e tappe
progressive?
2.1. Imparare a leggere la realtà, riscoprendovene le risorse e le opportunità
Un primo obiettivo pedagogico è quello di formare ad una lettura corretta, oggettiva e
adeguata della realtà, sia nella sua crudezza, ma anche nelle sue prospettive di ricupero, di risorsa
e di risurrezione. Per il credente, non c'è nessuna realtà umana e sociale completamente
abbandonata da Dio; e che quindi il mondo così com'è, merita tutta l’attenzione ("la simpatia
diaconale verso il mondo"), la sollecitudine, la competenza, l’entusiasmo la passione
dell’educatore, ma anche dell’operatore. Vi è l'occhio “clinico” di vedere nelle piccole cose la
possibilità delle cose grandi che stanno nascendo, e che in esse hanno seminato i loro piccoli germi
di futuro.
Il realismo dell’intelligenza non deve far bruciare la ricerca costruttiva, positiva e
intelligente delle risorse presenti e pur nascoste (ma non sempre nascoste), aperte però alla chiamata
esigente dei bisogni delle persone e della società verso una rinnovata costruzione del benessere per
tutti. In particolare ciò implica la scoperta della città come valore, rispetto ai processi di
atomizzazione e di anonimato, di frammentazione sociale e morale delle città, rispetto alla rete più
unitaria e sistematica delle località più ristrette e più compatte
2.2. Formare coscienze eticamente solidali sempre più responsabilizzate
Il primo passo è la formazione della coscienza, attraverso la valorizzazione e l'orientamento
verso questi valori pro-sociali contro l’affermarsi del senso di indifferenza e di neutralità.
7
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La dimensione formativa ed educativa delle coscienze dei giovani rimane per noi un primato ed il
punto essenziale di ogni rinnovamento. L'ideale di un impegno educativo e sociale, concepito come
servizio costante, esigente, onesto e disinteressato, diventa infatti sempre più difficile, soprattutto
per i giovani, in un contesto di consumismo esasperato e di ripiegamento a riccio sulle esigenze
della propria individualità.
Ma che significa “formare la coscienza”? Significa impegnarsi a possedere una coscienza
che obbedisce alla verità nel servizio del bene Soprattutto oggi, in un contesto reso estremamente
confuso e talora rinunciatario segnato dall’indifferentismo etico che approva tutto e il suo contrario,
dall’appiattimento di valori e di idealità.
E’ necessario allora arrivare alla presentazione di proposte forti e coinvolgenti, capaci di far
scattare quello slancio di solidarietà e di apertura ai bisogni dei più poveri che nelle occasioni
straordinarie vedi tsunami asiatico, vedi inondazioni e calamità naturali straordinarie, ne
testimoniano la presenza ed il ricupero8.
La proposta sempre coerente e nuova delle motivazioni, robuste ed efficaci, capaci di
sostenere controcorrente una dedizione al bene comune, è un impegno a cui vale la pena di
dedicarsi e di prepararsi con intensità di propositi e con adeguate metodologie.
Ora il metodo democratico (e quindi la formazione di personalità democratiche) è quello che
meglio garantisce la responsabile partecipazione e collaborazione di tutti i cittadini, che è quanto
dire educazione alla cittadinanza attiva, responsabile e democratica.
In conclusione l'educazione alla cittadinanza democratica tende a favorire uno sviluppo
tridimensionale della persona:
• uno sviluppo cognitivo (comprensione di idee e valori fondamentali della democrazia e loro
applicazione pratica),
• uno sviluppo sociale (acquisizione di capacità e competenze che ne facilitino l'azione nei diversi
contesti sociali nel corso di tutta la vita),
* uno sviluppo affettivo (interiorizzazione delle idee e dei valori fondamentali e lo sviluppo di
atteggiamenti prosociali, favorevoli al servizio, all’accoglienza e all’offerta di sè, sottesi alle azioni
e ai comportamenti sociali).
2.3. Sostenere speranza, perseveranza e competenza propria e altrui
Il pessimismo dell’intelligenza non ha mai suscitato energie vive ed entusiasmo progettuale.
L'educazione alla speranza, al coraggio, alla progettualità è condizione di operatività. Educare alla
speranza, a scoprire i segni della speranza nel mondo e nei giovani, sostenere la speranza, la
pazienza, il coraggio, la generosità, aiutare a capire che non esiste situazione, per quanto desolante,
in cui non sia possibile trovare una via di uscita, è uno dei compiti più affascinanti e più difficili
dell'educatore di oggi.
Senza uno stile di speranza non è consigliabile, ma neppure possibile, impegnarsi in
educazione e in politica. La speranza e lo sguardo profetico consentono di operare con
lungimiranza, di pensare in grande. Sarà così possibile comprendere che vale la pena di combattere
e di prodigarsi per promuovere tutto il bene già presente o potenzialmente realizzabile nel mondo
che, per il credente Dio ha voluto e redento, nonostante questo mondo porti in sè i segni della
precarietà e del male indotti dalla meschinità dell'uomo. Perché il male non avrà l’ultima parola.
Cristo risorto ha già vinto
La speranza del cristiano, educatore e cittadino, non si fonda sull’ ingenuità, nè tanto meno
sulla cecità o sull'inerzia di chi non vuole o non sa vedere il dato dei fenomeni e della presenza
fuorviante del male e delle dinamiche attuali dell'agire politico.
8
D.TETTAMANZI, Città di Milano, risveglia la tua coscienza morale-Discorso alla città, 6,XII,2002;
http://www.diocesi.milano.it/vescovo/s_ambrogio/ 2002.htm.
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La speranza è piuttosto una virtù coraggiosa, perché malgrado una lettura diretta della realtà,
assai spesso poco gratificante, non smette di cercare nella direzione giusta, né si limita alla
proclamazione degli ideali alti e dei fini nobili, a cui la politica dovrebbe riferirsi, ma si sforza di
individuarne i mezzi e gli strumenti per diminuire la distanza che separa il dover essere dall'essere
di fatto.
Leggere la realtà e i suoi dinamismi sociali, approfondire le finalità e le mete impegnative
dell'educazione alla cittadinanza sarà l'occasione anche per stimolare e orientare in maniera
sistematica e costruttiva il proprio personale bisogno e desiderio di acquisire le competenze
necessarie per un'intelligente opera di lucido discernimento delle nuove povertà, e di operativa
costruzione di quelle “reti sociali” di sostegno, oggi assolutamente necessarie nel clima di
frammentazione sociale cui stiamo assistendo.
Dall’idealità è necessario scendere nella concretezza operativa della vita quotidiana e
nell’acquisizione delle competenze necessarie alla soluzione dei vari problemi. Se questi poi sono
visti in una prospettiva più organica, globale e progettuale allora la possibilità di un intervento più
efficace si rende più concreta e realizzabile.
2.4. Lavorare per l’inclusione, per progetti e in rete
Contro il logoramento della coesione sociale, specie nelle grandi città, è sempre più
necessario e urgente oggi muoversi in una logica progettuale, identificando innanzitutto i problemi,
selezionando le richieste e definendone le priorità, stabilendo strategie concrete e coniugando le
risorse disponibili con gli obiettivi che si vogliono raggiungere.
Lavorare nel sociale per l’inclusione, per progetti e in rete significa:
- Tenere presenti la molteplicità dei fattori e delle persone che sono chiamate in campo, la
frammentazione delle competenze istituzionali, la molteplicità e pluralità delle tipologie
organizzative, delle culture organizzative e professionali e la complessità dei bisogni oggetto di
intervento.
- Potenziare nella società civile tutte le forme di associazione e di solidarietà, favorendo
l’impegno civico, stimolando a leggere il legame sociale fuori dalle leggi del mercato, riconoscendo
la dignità della persona umana a tutti i livelli e prendendo in considerazione i suoi bisogni e i suoi
diritti, riconoscendo a ciascuno un posto nella comunità.
- Condividere non solo le risorse economiche, ma anche i beni riferiti a persone, capacità e
competenze qualificate soprattutto nel campo dei servizi alle persone (educativi, sociali, e sanitari).
- Sviluppare collaborazioni e partnership all’interno della stessa organizzazione, ma anche
all’esterno con altri soggetti interlocutori in termini di specificità organizzative, radicamento a rete
sul territorio e sviluppo di tavoli di confronto, e scambi sui singoli processi.
- Riconoscere nel nostro Paese una nuova concezione delle politiche sociali non più
residuali, limitate all'intervento riparativo e chiuse nell'assistenzialismo, ma promozionali
preventive e pertanto multidimensionali e integrate, basate sulla costruzione partecipata di un
sistema di servizi social e di cooperazione tra istituzioni, forze sociali e reti associative, di quella
che in linguaggio anglosassone viene chiamata la community care, la Comunità che si attiva per
pendersi cura di se stessa. A ciò il Servizio Civile può offrire preziose risorse di supporto.
- Progettare anche la solidarietà. Essa un tempo si produceva spontaneamente all’interno
della famiglia, del vicinato, dei luoghi di lavoro, oggi va in molti casi costruita, alimentata,
corroborata da interventi appropriati. Proprio la scarsità delle risorse disponibili richiede una
collaborazione più intensa e una valorizzazione di tutte le forze disponibili in cui le istituzioni locali
svolgano un ruolo trainante, con forme innovative di partnership.
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3. CONCLUSIONE
Nel 1999 l'Unesco e l'Assemblea Nazionale Francese hanno organizzato un Parlamento
Mondiale dei Giovani a Parigi, Palazzo Bourbon (21-27 ottobre 1999) a cui hanno partecipato 350
giovani (in rappresentanza di 175 paesi). Il risultato dell'incontro è stato un «Manifesto della
gioventù per il XXI secolo». In esso i giovani prendono posizione e dicono la loro in materia di
difesa della pace, di solidarietà, di educazione, di cultura, di sviluppo economico ed umano, di
protezione dell'ambiente. Questo Manifesto testimonia l'attaccamento dei giovani ai principi della
«Dichiarazione universale dei diritti umani» del 1948.
A ben vedere, non sono questi anche i grandi capitoli di una educazione alla cittadinanza
all'alba del nuovo millennio? E che lo scrivano i giovani non è un segno di speranza civile? E lo
stesso modo di scriverlo non è stata un'eccellente strategia educativa ad una cittadinanza quale si
raccomanda nella città del nostro tempo? Se queste cose accadono tra giovani di 175 paesi, c'è
spazio e progetto anche per impegni educativi del nostro presente.
Oltre tutto le esperienze di volontariato si conciliano con due tratti propri della condizione
giovanile che sono l’enfasi sull’autorealizzazione personale e il radicamento nella socialità. Esse
diventano il luogo capace di valorizzare sia la persona, portatrice di esperienze, sensibilità e progetti
di vita da “scambiare” con gli altri, sia il mondo delle relazioni interpersonali e della cittadinanza
sociale (solidarietà, tolleranza, fiducia, esercizio di diritti e di doveri).
In particolare per quanto si riferisce al nostro Paese l'impegno volontario sta cambiando
pelle e assumendo nuovi significati. Dalle migliori esperienze vissute, non si tratta soltanto di
azione in favore degli altri, non ci sono solo il tempo e le risorse da dedicare a progetti e iniziative a
favore della città e della comunità. Sembra esserci soprattutto la ricerca di una coerenza personale,
di uno stile di vita essenziale, l'esigenza di apertura e di condivisione che si costituisce come parte
integrante del proprio modo di essere e di collocarsi nel mondo.
Renato MION
ISTITUTO DI SOCIOLOGIA - FACOLTÀ di SCIENZE DELL’EDUCAZIONE
UNIVERSITÀ PONTIFICIA SALESIANA
Piazza Ateneo Salesiano 1 - Roma
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