TOSSICITÀ
Inchiostri per tatuaggi
Una moda
colorata con
qualche area grigia
Per quel che riguarda il cancro della pelle, non sembra
esserci un aumento del rischio legato ai tatuaggi, dicono
su Lancet Oncology. Ma gli esperti lamentano anche la
mancanza di dati attendibili e mettono in guardia
contro le sostanze tossiche contenute negli inchiostri
a cura di DANIELA OVADIA
on soli 50 casi di tumore
della pelle segnalati negli
ultimi 40 anni a fronte di
milioni di persone nel
mondo che si sono sottoposte a un tatuaggio, i dermatologi Nicolas Kluger e Virve Koljonen dell’Università di Helsinki, in Finlandia, concludono la loro recente revisione della
letteratura in materia (uscita su Lancet
Oncology) affermando che
non esiste una relazione di
causa effetto tra i due eventi.
“È quanto abbiamo scritto perché i numeri a disposizione non ci permettono di
concludere diversamente”
spiega Kluger. “Ma la faccenda è molto più complicata e
per capire se possiamo assolvere del tutto i tatuaggi da
potenziali rischi bisogna leggere tutte le prove che abbiamo raccolto, non solo le conclusioni. Il primo problema
che abbiamo incontrato è la
scarsità di segnalazioni: i
medici hanno pubblicato su
riviste scientifiche solo
poche diagnosi di tumore della pelle
in corrispondenza di tatuaggi, perché
non hanno ritenuto la cosa degna di
C
il solo
gesto
di pungere
la pelle
induce una
infiammazione
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nota. Quindi le cifre che abbiamo in
mano sono incomplete. Dobbiamo invece ragionare sui rischi potenziali in
base a quanto sappiamo della pratica
del tatuaggio e di ciò che gli inchiostri
usati a questo scopo contengono”. Vediamo quindi, grazie al loro lavoro di
revisione, a che cosa dobbiamo prestare attenzione.
Lunghi tempi
di osservazione
La maggior parte delle persone tatuate ha attualmente intorno ai 30
anni, perché questa pratica è diventata
diffusissima solo negli ultimi dieci
anni. “Ciò significa che non abbiamo a
disposizione un periodo di osservazione sufficientemente lungo per quel
che riguarda gli effetti cancerogeni, dal
momento che i tumori si sviluppano
nel corso di molti anni. Inoltre i tumori della pelle, escluso il melanoma,
sono più frequenti nell’età avanzata”
continua Kluger.
Un altro problema riguarda l’identificazione precisa degli ingredienti contenuti negli inchiostri e della loro potenziale tossicità. Come spiega il dermatologo,”la composizione degli inchiostri è per lo più sconosciuta e pare
essere molto cambiata negli ultimi
anni: dobbiamo tenerne conto quando
valutiamo il rischio individuale. È assurdo, ma non esiste un inchiostro per
tatuaggi approvato dalla Food and
Drug Administration, cioè dall’ente
statunitense di sorveglianza dei farmaci e dei prodotti per uso medico. Per lo
più si tratta di composti che vengono
acquistati via Internet oppure nelle
convention di settore. Esiste una risoluzione del Consiglio d’Europa, ma riguarda solo i metalli pesanti”.
I colori per tatuaggi possono contenere sali metallici oppure composti organici come le ammine aromatiche, inseriti dall’International Agency for Reserach on Cancer (IARC) nella lista
delle sostanze potenzialmente cancerosgene. I pochi studi disponibili risalgono agli anni Ottanta, quando si usavano metalli come mercurio, cadmio e
cobalto che oggi non dovrebbero più
essere presenti, anche se non sempre è
vero (vedi il box a destra).
“Non ci si può neanche basare sul
colore, perché abbiamo scoperto che
inchiostri dello stesso colore possono
In questo articolo:
sostanze tossiche
tatuaggi
inchiostri
avere composizioni molto differenti.
Alcune ricerche hanno comunque rilevato concentrazioni di metalli potenzialmente allergizzanti come
cromo, nichel e cobalto superiori alla
soglia consentita” dice Kluger. In
quali termini ciò può essere pericoloso? Per esempio nel mantenere a
lungo attiva una reazione infiammatoria locale: alcuni tumori della pelle,
in particolare il cheratoacantoma
(considerato al confine tra le forme
benigne e quelle maligne), possono
essere favoriti dalla presenza di infiammazione, e infatti la revisione di
Lancet Oncology riferisce di alcuni casi
insorti entro un anno dal tatuaggio.
La pratica stessa di pungere la pelle
in profondità per iniettare il colorante,
oltre a essere potenzialmente veicolo
di infezioni se non praticata secondo le
norme in vigore, induce una reazione
infiammatoria che nella maggior parte
dei casi sparisce, all’apparenza, entro
pochi giorni: “In alcuni casi, invece,
può perdurare a lungo, specie se c’è
una reazione allergica, ma anche nei
casi che si risolvono senza complicanze si attivano i
macrofagi, cellule del sistema immunitario che tentano di inglobare i pigmenti, riconosciuti come estranei all’organismo, per veicolarli verso i linfonodi” spiega il dermatologo finlandese.
E infatti la revisione segnala anche la
presenza di linfonodi neri in prossimità di tatuaggi scuri, dove si accumula il
colore portato via dalle cellule del sistema immunitario.
Importante usare
il buonsenso
“Per quel che riguarda invece le sostanze organiche tossiche, come le ammine, gli studi sono stati effettuati in
vitro o su modelli sperimentali: sappiamo che alcune sostanze sono potenzialmente cancerogene, ma le liste
dello IARC contengono anche altre sostanze di uso comune, come per esempio la caffeina. Non conosciamo la loro
concentrazione nel corpo umano in
base all’estensione dell’area tatuata né
il tempo necessario alla loro degradazione, anche se possiamo ragionevolmente sconsigliare pratiche come il tatuaggio di ampie porzioni del corpo o
addirittura di tutta la superficie corporea, perché esiste una relazione tra
estensione della pratica e potenziale rischio” spiega Kluger.
In sostanza, le ricerche sembrano
assolvere il piccolo tatuaggio sulla spalla o sulla schiena ma sollevano alcune
perplessità,
sulla base del
principio di
precauzione,
per quel che riguarda l’uso
estensivo dei colori sulla pelle.
“Possiamo anche
suggerire di verificare la composizione degli inchiostri
“ ”
UN’INDAGINE
ITALIANA
Il moltiplicarsi delle segnalazioni di
reazioni avverse ai tatuaggi ha indotto il
Dipartimento ambiente e connessa
prevenzione primaria dell’Istituto
superiore di sanità (ISS) a condurre una
ricerca, insieme all’Istituto dermatologico
San Gallicano di Roma, sulla presenza di
metalli pesanti negli inchiostri venduti nel
nostro Paese. Il lavoro è stato pubblicato
alla fine del 2011 sul bollettino dell’ISS. “Si
tratta per lo più di allergie ma il problema
è che perdurano per mesi, a volte per anni,
mantenendo uno stato di infiammazione
locale” spiega Beatrice Bocca,
responsabile dello studio.
L’obiettivo era puntato su cobalto,
cromo e nichel, necessari a fabbricare i
colori verde, blu e rosso. La Risoluzione
ResAP del 2008 del Consiglio d’Europa ne
determina le concentrazioni massime
accettabili. I ricercatori hanno comprato
dai normali fornitori 56 tipi diversi di
inchiostro. Tutti i produttori commerciano
inchiostri con concentrazioni mediane
molto elevate di cromo e nichel, mentre il
cobalto è presente solo in tracce. Il nichel è
presente soprattutto nel verde e nel blu (in
concentrazioni superiori alla norma in
nove campioni su 56), il cromo nel verde,
marrone, blu, nero e rosso (in
concentrazioni superiori alla norma in 35
campioni su 56).
“Essere allergici a un metallo pesante
vuol dire spesso sviluppare sensibilità
anche verso gli altri. Inoltre sia il cromo sia
il nichel sono presenti in molti oggetti
comuni e persino negli alimenti, il che
rende l’allergia particolarmente
invalidante” conclude Bocca.
per escludere la presenza di metalli pesanti, ma la cosa migliore sarebbe farsi
dare l’elenco degli ingredienti (obbligatorio in Europa) e farlo controllare da
un tossicologo”. Un’impresa tutt’altro
che semplice per il consumatore comune e certamente non comoda per i
giovanissimi amanti dell’arte del tatuaggio. E in caso di allergia? “Meglio
rimuoverlo subito per ridurre il danno
da infiammazione cronica”.
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