ACP – Rivista di Studi Rogersiani - 2001 L’anziano: valore da riscoprire Domenico Ciullo1 L’anziano già da vari anni è soggetto di attenzione in molti Paesi per la sua crescente presenza nella popolazione, a seguito dell’allungamento dell’età media di vita. Come dimostrato dai numerosi convegni e studi internazionali sull’anziano, dall’Assemblea Mondiale sull’invec-chiamento,(1) l’incremento senile nella popolazione ha interessato anche il massimo organo di sanità mondiale: l’OMS che, già nel 1995, predispose il programma “Anziani e salute”(2) e nel 1999 ha dedicato una giornata mondiale della sanità all’“invecchiamento in salute”.(3) Non può sorprendere che, così come avviene per l’età evolutiva e per l’età adulta, l’attenzione sia soprattutto rivolta al benessere fisico dell’anziano, a curare e/o prevenire soltanto le malattie fisiche. Fra i molti studi effettuati sulla terza età ricordiamo: l’età dell’invecchiamento dell’uomo e della donna;(4) le patologie più frequenti(5) il comportamento di fronte ai farmaci;(6) la situazione dei ricoveri nei vari territori;(7) le abitudini alimentari;(8) attività fisica e longevità;(9) esigenze ed aspettative dell’anziano;(10) situazione di vita dell’anziano;(11) bisogni dell’anziano;(12) livello di soddisfazione;(13) importanza del legame sessuale;(14) importanza dell’ambiente.(15) Sociologi e politici di vari Paesi si preoccupano del fenomeno invecchiamento della popolazione per le conseguenze economico-finanziarie e previdenziali con oneri sempre crescenti che potrebbero diventare Libero docente nella Facoltà di Medicina e Chirurgia della II Università degli Studi di Napoli. 1 5 ACP – Rivista di Studi Rogersiani - 2001 insostenibili per la società, per effetto dell’alterazione del rapporto “entrateuscite”. Da tempo viene raccomandato – per la prevenzione di una buona anzianità – di osservare, già in età giovanile ed adulta, idonea nutrizione e adeguata attività fisica. È stato anche considerato l’apprendimento conoscitivo, l’interesse occupazionale, per ottenere il migliore rendimento economico, ma non sembra però che sia stata prestata sufficiente attenzione a tutto quanto concorre per conseguire, da parte dell’anziano, condizioni mentali e relazionali soddisfacenti. Ancora oggi non si tiene conto della definizione della salute formulata dall’OMS che, oltre all’assenza di malattia e benessere fisico, prevede anche quello psichico e relazionale. La vita psichica e di relazione sono entrambe già trascurate nell’età matura, per un interesse mirato soprattutto a produrre, ad ottenere un benessere finanziario, a curare il culto dell’immagine, ad essere competitivi per raggiungere il successo. Il mantenimento di una buona condizione fisica che preservi da malattie non può costituire, come detto innanzi, il solo obiettivo da perseguire, come è invece prevalentemente ritenuto, anche perché le condizioni fisiche – da sempre prima preoccupazione – non possono essere, insieme al controllo ed alla prevenzione delle malattie, il solo obiettivo. Ciò favorisce – come dice Cazzullo – «un divorzio fra il corpo e la mente»(16) perché si attribuisce al fisico ogni priorità. Occorre porre attenzione dunque anche agli altri due aspetti indicati nella definizione della salute dall’OMS (e cioè quello mentale e relazionale), tenendo conto che l’involuzione generale della senilità è di ordine biologico, psicologico, sociale. L’esclusione degli anziani dalla partecipazione alla vita attiva ha prodotto una dipendenza dalla televisione (è comunemente noto che molti anziani trascorrono molte ore al giorno davanti al televisore) come naturale compenso alla solitudine, conseguente alla mancanza di compagnia, di dialogo, di confronto. L’anziano avverte l’emarginazione a causa dell’età cronologica e questa condizione può produrre inerzia, passività, indifferenza o irrequietezza reattiva (espressione di disagio, fastidio, intolleranza). Tutto ciò perché l’anziano viene spesso percepito come un diverso per le sue idee ancorate forse alla tradizione ed il suo comportamento difforme dagli altri perché non più inserito nella società produttiva e perché resistente alle trasformazioni dell’ambiente che lo circonda. Ciò provoca naturalmente una frustrazione, una crisi psicologica per la “messa in disparte”, per la perdita di un ruolo di presenza, per la sensazione di essere inutile e assente dalle manifestazioni socialmente gratificanti. Accade anche che una situazione esistenziale di motivato dispiacere venga considerata uno stato depressivo e non una temporanea, spiegabile tristezza ben recuperabile. È così che l’anziano si sente sospinto in una categoria ove gli sono precluse attività, iniziative, rapporti che precedentemente gli erano abituali o comunque possibili. Si consideri ad esempio l’atteggiamento di censura o di riprovazione al verificarsi di fatti o anche solo di desideri legati alla 6 ACP – Rivista di Studi Rogersiani - 2001 sessualità e/o a situazioni affettive. Non si tiene conto delle testimonianze di anziani che sono stati creativi, lucidi, attivi, fino a tarda età.(17) Non va loro riconosciuta la capacità di aver sostenuto, e il più delle volte superate, “perdite” talvolta laceranti e della più varia natura (organiche, sensoriali, affettive, lavorative, sociali, ecc.) che si sono accumulate nel tempo, ma che spesso hanno consentito l’acquisizione di esperienze preziose e lo sviluppo di una non ordinaria sensibilità, che possono essere fruite utilmente da altri soggetti sociali. L’anziano può compensare con il cervello (organo di adattamento) le “perdite” subite. Lorenz dice che la caratteristica essenziale dell’uomo è quella di rimanere fino a tarda età un “essere in divenire”.(18) In tal modo si può superare l’eventuale handicap fisico, variando modalità di vita e realizzando così un compenso adattativo. Cicerone nel De senectute afferma che «potrà essere vecchio il corpo ma l’animo non lo sarà mai». È così che può essere considerata la non essenzialità di talune funzioni dell’organismo che si riducono o vengono meno. Se quindi da un lato è ancora da migliorare l’assistenza sanitaria, specialmente a domicilio, fornendo più idonei e moderni servizi (sono previsti infatti corsi di formazione per operatori geriatrici; in Giappone si dispone di video telefoni e di assistenza teleguidata), va anche promossa una attiva partecipazione dell’anziano, stimolandolo e non sostituendosi nei suoi bisogni, allo scopo di mantenere e recuperare la sua indipendenza e la sua capacità di autonomia. Va riconosciuto, così come già ha ritenuto l’OMS, che il problema essenziale dell’invecchiamento è quello mentale. Infatti, si ritiene che l’elemento caratterizzante della vecchiaia è il decadimento mentale, prevalentemente di natura psicogena. Il programma SPRA dell’OMS: “Special Program for Research on Aging” ha avuto come obiettivo principale la soluzione del problema dell’invecchiamento mentale.(19) Non a caso dice il Mazzotti «se c’è la testa, non c’è la vecchiaia».(20) Riferimento dunque alla mente e non soltanto – come accade di solito – al corpo. Quella mente che già Seneca definiva il più alto valore dell’uomo: «In homine optime quid est? Ratio».(21) E che dovesse rivolgersi maggiore attenzione alla mente lo ricordava Cicerone, sempre nel De Senectute: «Corpori subveniendum est, sed menti atque animo multo magis». È da osservare che per poter assicurare una buona vecchiaia è necessario conoscerne i vari aspetti rendendosi cioè consapevoli della possibilità di continuare a vivere bene, sempre che ci si impegni, ricordando che, prima della naturale morte fisica, vi è quella mentale, la fine degli interessi, della partecipazione attiva, della comunicazione, della condivisione. È così che si potrà ottenere una migliore “qualità di vita” di cui tanto si parla. Va tenuto in conto che la socializzazione – che costituisce carattere essenziale nell’ambito antropologico – è per l’anziano ragione di vita perché così egli sente di “dare” ancora e di poter stabilire vere relazioni, essendo libero da ogni condizionamento sociale, di conservare dignità e diritto e convivere, così come gli è stato riconosciuto in antiche epoche. Ne consegue allora la necessità di promuovere una diversa cultura fra quei giovani che, considerando gli anziani “un fastidio”, “un problema”, evitano il rapporto 7 ACP – Rivista di Studi Rogersiani - 2001 con essi (altro che ritenerli depositari di esperienza e di saggezza e costituire pertanto un punto di riferimento). Si tratta ormai di realizzare una vera rivoluzione culturale in quanto, per lungo tempo, si è radicato nel sociale un concetto negativo sulla vecchiaia. Come detto innanzi, la vecchiaia va conosciuta e preparata: già Cicerone diceva “preparata senectus”. Occorre incominciare dagli adulti perché possano costituire esempio per i giovani, per i loro figli, già da quando sono bambini; se questi vedono maltrattare in casa i nonni, ovviamente associano la vecchiaia ad un’immagine negativa. Una preparazione alla terza età dunque da iniziare da lontano, dall’infanzia, così come sostengono gli studiosi di questa fase della vita. È nota la fondamentale importanza per i bambini di figure di riferimento: l’esempio di un comportamento positivo verso gli anziani sarà pertanto di grande valore perché si formi diversa, positiva immagine della vecchiaia e non come un periodo triste, di limitazioni, emarginazioni, minorazioni, infelicità! Naturalmente è una preparazione da effettuare, oltre che in famiglia, nella scuola e che deve continuare in età adulta, personalmente riconsiderando criticamente quanto, in ogni campo, induce “il sociale” attraverso la competizione, il confronto, il bisogno di avere: tutti elementi che gradualmente instaurano uno stile di vita che produce un concetto di vecchiaia come sofferenza perché non è più possibile gareggiare, confrontarsi, avere! Può essere utile riconoscere i privilegi dell’anziano: egli • può godere di una grande libertà di pensiero, di parole, da convenzioni, da compromessi: libertà forse limitate, per ragioni di opportunità nell’età giovanile ed adulta; • può far emergere tutto il suo patrimonio emotivo, anch’esso forse mortificato, nelle epoche precedenti, per una presunta concezione di debolezza, di fragilità; • può essere in grado di superare la solitudine, la deprivazione affettiva, ricercando vecchie relazioni, e riscoprendo attività in precedenza trascurate; • può coltivare nuovi interessi culturali, artistici, sociali, senza obblighi di tempo o di lavoro; • può sostenere un clima familiare d’indifferenza (quando non sia di sopportazione) perché non gli viene più riconosciuto il prestigio che gli derivava dalla funzione di capo famiglia, di padrone di casa, di punto di riferimento; • può offrire più compagnia, comprensione, affetto, disponibilità e quell’esperienza che costituisce vera dote, così come riconosciuto nei Paesi orientali. Si auspica, in conclusione, che la vita dell’anziano sia considerata in ogni suo aspetto e cioè nella complessità della sua personalità. Questa, oltre l’aspetto fisico, comprende anche quello mentale e relazionale che non sono tenuti sufficientemente in conto da coloro che più si interessano al problema dell’invecchiamento (medici, sociologi, antropologi, politici, ecc.). La conservazione nel “sociale” dell’anziano potrà far godere quanto ancora la vita può offrire e migliorare o scoprire ulteriori interessi, consentendo così vitalità e gioia di vivere. 8 ACP – Rivista di Studi Rogersiani - 2001 Bibliografia 1) Assemblea Mondiale sull’invecchiamento. Documentazione, Vienna, 26 luglio - 6 agosto 1982; Ist. Polig. e Zecca dello Stato, Roma, 1982. 2) W.H.O., Ageing and Health Programme, 1995. 3) W.H.O., World Health Day “Active ageing makes the difference”, 7 aprile 1999. 4) EDISPI , Rapporto sugli anziani in Italia, Roma, 1989. 5) BECCHI M.A., BO G. (1993), La prevenzione del decadimento fisico dell’anziano, in Atti del 2o Convegno Nazionale della Società Italiana di Medicina di Comunità (SIMeC) “La salute dell’anziano, un problema di ecologia umana”, Grado (GO), 27-29 maggio 1993, Perugia, SIMeC, pp. 115152. 6) SPAGNOLI A. et al. (1989), Drug compliance and unreported drugs in the elderly, «J. Am. Geriatric Soc.», 37, p. 619. 7) Rapporto sugli anziani in Italia, op. cit. 8) BO G., MELONI C., ZANARDI A. (1962), Indagine sulle abitudini alimentari in tre zone rurali della Lombardia, «Quaderni della Nutrizione», 22, p. 77. 9) BECCHI M.A., BO G. (1993), op. cit. 10) AA.VV. (1994), Seminario di studio su “La valutazione dell’anziano in Sanità Pubblica”, Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica, «Difesa Sociale», 73, Suppl. al n. 1, pp. 1-63. 11) BO G., GUAITA A., Problemi sanitari emergenti: Invecchiamento della popolazione, «L’igiene Moderna», 1996, 105, pp. 1175-1232. 12) AMORETTI G, GRASSI M., RATTI M.T. 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