1 A.A. 2009-2010 Seminario di Filosofia del diritto (tutti i corsi) Etica, metaetica, etica applicata Lo scetticismo morale: l’emotivismo e J.L. Mackie Alberto Artosi Il libro - AAVV, Oggettività e morale. La riflessione etica del Novecento, a cura di G. Bongiovanni, Bruno Mondadori, Milano, 2007 I due capitoli del libro - “La distruzione dell’oggettività morale: l’emotivismo etico di Alfred J. Ayer a Charles L. Stevenson” (Alberto Artosi) “L’oggettività dei valori come errore: lo scetticismo etico di John Leslie Mackie” (Adalgiso Amendola) 2 Scetticismo? - Dal greco sképtesthai, “esaminare” (un meraviglioso precetto: non dare nulla per scontato) - Differenti modi di, e parecchie cose sulle quali, essere scettici (si può essere scettici su alcune cose e non su altre, oppure essere scettici su tutto) - Cartesio: scettico su tutto (però “dubbio metodico”, non “scettico”) - Scetticismo: non esistono certezze assolute (scetticismo come antidogmatismo) Un bel libro - R. H. Popkin e A. Stroll, Il dovere del dubbio. Filosofia scettica per tutti, il Saggiatore, Milano, 2002 3 Scetticismo morale (o etico) - Non esistono valori (morali) oggettivi (scetticismo come antioggettivismo o antirealismo). Oggettivi - Esistenti indipendentemente da noi La cosa più vicina a una posizione morale oggettivista che conoscete - Giusnaturalismo Due tipi di scetticismo morale: - “Vecchio” scetticismo (prima metà del ‘900) - “Nuovo” scetticismo (seconda metà del ‘900) - Entrambe sono posizioni metaetiche Che cosa vuol dire “metaetiche”? 4 Metaetica Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Questa voce di filosofia è solo un abbozzo. Contribuisci a migliorarla secondo le convenzioni di Wikipedia. Il termine metaetica deriva dal greco […] e fu coniato in origine nel mondo anglosassone per designare la riflessione sulla natura e sullo status dell'etica stessa. [….] Non si pone, in sostanza, la questione di "cosa sia buono", ma di "cosa buono sia". In questa prospettiva teorica vengono messi da parte i problemi etici concreti e le questioni classiche quali "cosa dobbiamo fare?" [oggetto dell’etica normativa: nota mia], ma si occupa in prima istanza di fornire un'analisi e un significato dei termini e dei concetti etici ("cosa vuol dire giusto, buono, [ecc.]). In secondo luogo distingue quelli che sono gli usi morali di tali termini da quelli non morali [p. e. “Questa è una buona azione” vs. “Questa è una buona macchina”]. Infine si occupa di proporre un'analisi inerente la possibilità di verificare, giustificare o dimostrare i giudizi etici e di valore. 5 “Vecchio” scetticismo: emotivismo (o espressivismo) Contesto - Filosofia morale: intuizionismo (G. E. Moore). - Filosofia generale: filosofia del Circolo di Vienna (positivismo o empirismo logico, o neoposivismo, o neoempirismo, ecc.) Intuizionismo - Posizione oggettivista (per eccellenza?) - Esistono “qualità” e “fatti” morali (di una natura diversa dalle qualità e dai fatti naturali, ma pur sempre qualità e fatti). Le proposizioni morali sono vere (false) di questi fatti (ad es. la proposizione “Questa legge è giusta” è vera se e solo se ‘è un fatto’ che questa legge è giusta, altrimenti è falsa). Qualità e fatti morali (oggettivi) non sono accessibili nei modi familiari (ad es. mediante la 6 percezione), ma attraverso una speciale (e misteriosa) “intuizione morale” - Lezione di Silvia Vida sull’intuizionismo Positivismo logico - Esistono solo due tipi di proposizioni dotate di significato: 1) proposizioni di fatto (“La mia scrivania è di legno di ciliegio”) empiricamente verificabili; e 2) proposizioni necessarie (“Gli scapoli sono uomini non sposati”) vere (false) in virtù del significato dei loro termini. Tutte le altre proposizioni (in particolare le proposizioni della metafisica), anche se sembrano (sono formulate come) proposizioni, sono “pseudoproposizioni”: né vere né false, quindi prive di significato. 7 Proposizioni morali? - I neopositivisti non erano molto interessati al problema - Alfred J. Ayer (filosofo inglese): Language, Truth and Logic (1936) Pseudoproposizioni (prive di significato) - Ad es. quando affermo che rubare è sbagliato sembra che io faccia una asserzione (che può essere vera o falsa) su una determinata azione (qualificandola come “sbagliata”); sembra cioè che io affermi qualcosa (un fatto) del tipo di “Questa azione ha la proprietà di essere sbagliata”, ma in realtà non asserisco nulla, cioè nulla che abbia un significato nel senso (neopositivistico) di poter essere vero o falso (in pratica, non dico nulla di più 8 rispetto al puro e semplice fatto che questa particolare azione è “rubare”) - Ma se quando affermo che rubare è sbagliato non asserisco alcuna (genuina) proposizione, che cosa faccio allora quando dico che rubare è sbagliato? Atteggiamenti soggettivi: - Esprimo un atteggiamento soggettivo, uno stato d’animo, un sentimento di ripulsa, di disapprovazione per l’azione in questione. Importante - Una proposizione morale non afferma che io ho certi sentimenti (se così fosse sarebbe una proposizione di fatto, nel caso una proposizione 9 psicologica, e quindi vera o falsa), ma appunto li esprimo. E’ come se dicessi “Rubare!” con un particolare tono di voce o accompagnando l’espressione con un particolare atteggiamento di ripugnanza, o grugnissi (o picchiassi un pugno sul tavolo) per segnalare la mia presa di distanza da quella azione. Si tratta di una faccenda puramente emotiva. Conseguenza: E’ impossibile argomentare su questioni morali - Ogni discussione (disaccordo) su questioni di valore è sempre in realtà una discussione su questioni di fatto. “Questa legge è giusta. No questa legge è ingiusta” non verte sulla giustizia o meno della legge, ma sul fatto ad es. che essa svantaggia le fasce economicamente più deboli (se non è una questione di fatto questa!). Al di là di ciò, 10 c’è solo un dar voce ai nostri sentimenti. Se le discussioni morali vertessero su questioni di valore non ci sarebbe mai chi ha ragione e chi ha torto perché il sentimento disapprovazione) dell’uno di approvazione vale tanto (o quello dell’altro. Al limite, potremmo anche arrivare ad ammettere che ha ragione chi grida più forte: molti esempi quotidiani di emotivismo (ad es. nei vari talk show televisivi). 11 Si tratta di un non-cognitivismo radicale!!!! Non-cognitivism From Wikipedia, the free encyclopedia Jump to: navigation, search It has been suggested that this article or section be merged with Expressivism. (Discuss) Non-cognitivism is the meta-ethical view that ethical sentences do not express propositions and thus cannot be true or false (they are not truth-apt). (See also Expressivism). A noncognitivist denies the cognitivist claim that "moral judgments are capable of being objectively true, because they describe some feature of the world."[1] If moral statements cannot be true, and if one cannot know something that is not true, noncognitivism implies that moral knowledge is impossible.[1] 12 Una posizione emotivista più ragionevole: - Charles S. Stevenson (filosofo americano): The Emotive Meaning of Ethical Terms (1937) - Non lasciamoci ingannare dalle date né dal fatto che è d’uso accomunare Ayer e Stevenson sotto la comune etichetta di “emotivisti”. Si tratta di posizioni piuttosto diverse! In cosa consiste la differenza fra Ayer e Stevenson? - Non è vero che (come aveva affermato Ayer) termini e proposizioni morali non hanno significato. Ce l’hanno, ma è un significato particolare: non un significato descrittivo (come ha il termine “tavolo”), ma appunto un 13 Significato emotivo - legato al fatto che il linguaggio può essere usato, oltre che in maniera descrittiva (“La mia vicina di casa è una donna di una certa età nubile”) anche in maniera “dinamica”, cioè per infuenzare gli atteggiamenti degli alttri (“La mia vicina di casa è una zitella”). Conseguenza: E’ possibile argomentare su questioni morali - anche se non come si argomenta su questioni scientifiche (cioè in modo empirico e razionale): è possibile facendo un uso persuasivo del linguaggio Declino dell’emotivismo - Dopo la seconda guerra mondiale e (a quanto pare) per ragioni connesse al clima morale postbellico (come si fa a giudicare il nazismo sulla 14 base di non-criteri morali come quelli forniti dall’emotivismo?) Rinascita dell’emotivismo (anni ’70) - John Leslie Mackie: Ethics: Inventing Right and Wrong (1977) Due argomenti contro l’esistenza di valori morali oggettivi Relatività - Esistono sistemi (culturalmente) differenti di valori (ad es. i Dobu. Se vi interessa sapere chi sono fate una ricerca. Suggerimento: Modelli di cultura di Ruth Benedict) 15 Stranezza: - Se esistessero valori oggettivi dovrebbero essere entità davvero strane, completamente rimosse dal mondo della nostra normale esperienza Mackie è un espressivista, ma non un non-cognitivista - Di fatto, noi parliamo e pensiamo come se esistessero valori morali oggettivi. Diciamo che questa cosa è buona intendendo che questa cosa è oggettivamente (ha effettivamente la proprietà di essere) buona. Ma, dal momento che non esistono valori oggettivi, Teoria dell’errore - I nostri giudizi di valore sono tutti FALSI!!!! 16 Come si spiega questo errore? - Con la tendenza della nostra mente a “proiettare” se stessa inclinazioni) (i nostri sulle atteggiamenti, cose le (proiettivismo) nostre e a “oggettivarle” in esse (questa donna mi piace, mi solletica, mi sconquifera: “proietto” e “oggettivo” e voilà: “Questa donna è bella”. Ma va là!) 17 Fine Grazie