Mammella Struttura: la mammella è una ghiandola acinosa composta: il corpo ghiandolare è costituito da 15-20 lobi immersi in uno stroma ricco di tessuto adiposo e sepimentati da lamine connettivali organizzate in una rete tridimensionale ogni lobo è composto da numerosi lobuli contenenti le unità ghiandolari secernenti, gli acini ogni lobo ghiandolare fa capo a un proprio dotto escretore, il dotto galattoforo: all'interno del lobo, il dotto galattoforo si divide dicotomicamente più volte nei dotti lobulari che raggiungono i singoli lobuli procedendo verso lo sbocco in corrispondenza del capezzolo, i dotti galattofori si dilatano formando i seni galattofori, che costituiscono serbatoi di riserva per il latte i dotti galattofori convergono verso il capezzolo unità terminale duttulo-lobulare → le successive diramazioni dei grandi dotti conducono al dotto terminale, che si divide ulteriormente in dotti di calibro decrescente terminando in un grappolo di acini ghiandolari: dotto terminale extralobulare dotto terminale intralobulare dotto lobulare duttuli/acini la mammella è provvista di una cospicua componente stromale: tessuto connettivo intralobulare tessuto connettivo interlobulare. Microanatomia: RIVESTIMENTO EPITELIALE dell'unità terminale duttulo-lobulare – i dotti e i lobuli sono rivestiti da due tipi di cellule derivanti dalla stessa staminale predestinata: cellule epiteliali luminali: cellule epiteliali dell'acino/duttulo: ✤ costituiscono l'epitelio di rivestimento del lume ghiandolare ✤ sono sensibili all'input estroprogestinico ✤ sono gli elementi secernenti responsabili della produzione di latte ✤ hanno forma cubica cellule epiteliali del dotti: ✤ hanno forma cilindrica cellule mioepiteliali: hanno forma stellata o ramificata sono situate attorno agli elementi secernenti, a diretto contatto con la membrana basale → formano una struttura a rete situata sulla membrana basale, una sorta di canestro attorno agli acini ghiandolari contengono miofilamenti → hanno proprietà contrattili forniscono un sostegno strutturale ai lobuli facilitano l'espulsione del latte durante l'allattamento STROMA – nella mammella sono presenti due tipi di stroma: stroma intralobulare: avvolge i lobuli tessuto connettivo specializzato, istologicamente simile allo stroma citogeno della mucosa endometriale → analogamente allo stroma citogeno endometriale, è sensibile al drive ormonale estroprogestinico tessuto connettivo lasso → costituito da: ✤ collagene lasso ✤ matrice mucopolisaccaridica ✤ fibroblasti mammari specifici, sensibili allo stimolo ormonale → lo stroma intralobulare è sottoposto al controllo ormonale estroprogestinico ✤ linfociti ✤ macrofagi ✤ vasi stroma interlobulare: costituito da: ✤ tessuto connettivo fibroso denso ✤ tessuto adiposo (dopo i 18 anni) lo stroma interlobulare si caratterizza per un maggior contenuto di fibre collagene e una minore cellularità rispetto allo stroma intralobulare. Fisiologia della mammella: modificazioni della ghiandola mammaria in rapporto al ciclo mestruale: fase estrogenica (fase follicolare del ciclo ovarico, fase proliferativa del ciclo uterino): proliferazione cellulare epiteliale e stromale: aumento del numero di dotti lobulari aumento delle dimensioni del lobulo aspetto microscopico: dotti → proliferazione cellulare, lumi obliterati, mitosi ✤ il riscontro di un incremento dell'attività mitotica nell'epitelio mammario durante la fase estrogenica del ciclo non è patologico, ma fisiologico stroma intralobulare → compatto e cellulato fase progestinica (fase luteinica del ciclo ovarico, fase secretiva del ciclo uterino): aumento di volume dei lobuli → aumento di volume della ghiandola mammaria: edema modificazioni secretorie nelle cellule epiteliali aspetto microscopico: dotti → secrezione apocrina, lumi distesi stroma intralobulare lasso, edematoso e poco cellulato congestione vascolare mestruazione: caduta dei tassi ematici di estrogeno e progesterone: riduzione delle dimensioni dei lobuli scomparsa dell'edema stromale gravidanza: con l'inizio della gravidanza la mammella raggiunge la completa maturazione sotto il profilo morfologico e funzionale: aumento del numero dei lobuli aumento delle dimensioni dei lobuli aumento del numero di dotti terminali extralobulari verso la fine della gravidanza, la mammella è composta in gran parte da lobuli separati da una quantità relativamente scarsa di stroma allattamento: la mammella inizia la propria attività funzionale entro 24 ore dal parto, passando attraverso un'intensa fase congestizia cui fa seguito quella secretoria (montata lattea) nei primi giorni dopo il parto la ghiandola mammaria produce colostro, un secreto povero di grassi, ma particolarmente ricco di proteine (tra cui immunoglobuline, soprattutto IgA secretorie), vitamine ed enzimi utili per favorire l'evacuazione dell'intestino del neonato e dare inizio ai primi processi digestivi la produzione di latte maturo è indotta dalla caduta del tasso ematico di progesterone, che stimola il rilascio di prolattina da parte dell'adenoipofisi mammella da "lattazione": caratteristiche ultrastrutturali delle cellule epiteliali secernenti degli acini: ✤ reticolo endoplasmatico rugoso (RER) molto sviluppato al polo basale ✤ i granuli proteici sintetizzati nel RER si spostano verso il polo apicale passando attraverso l'apparato di Golgi ✤ dall'apparato di Golgi emergono gocciole dense circoscritte da una membrana limitante → il citoplasma è pieno di vacuoli secretori ✤ il contenuto dei vacuoli è rilasciato tramite esocitosi ✤ nel citoplasma sono anche presenti gocciole lipidiche, che appaiono come formazioni intracellulari tondeggianti e sono rilasciate con modalità di secrezione apocrina i lumi ghiandolari appaiono distesi → le cellule epiteliali secernenti, dapprima cilindriche, si appiattiscono in rapporto alla distensione degli acini determinata dall'accumulo di secreto nel lume ghinadolare al termine dell'allattamento: sia l'epitelio che lo stroma della ghiandola sono soggetti ad un esteso rimodellamento: le cellule epiteliali vanno incontro ad apoptosi i lobuli regrediscono le dimensioni della mammella si riducono poiché la regressione è incompleta, la gravidanza implica comunque un aumento permanente delle dimensioni e del numero dei lobuli menopausa: modificazioni ormonali proprie della menopausa: riduzione del tasso ematico di estrogeni riduzione del tasso ematico di progesterone aumento relativo del tasso ematico di androgeni (in alcune donne) conversione di androstenedione in estrogeno a livello del grasso periferico effetti delle modificazioni ormonali sulla mammella: atrofia progressiva del tessuto ghiandolare → nelle donne anziane la mammella appare completamente involuta, con un'atrofia lobulare pressoché totale notevole riduzione della vascolarizzazione stroma: aumento relativo della componente connettivale aumento della componente adiposa → lo stroma fibroso radiodenso della donna giovane viene progressivamente sostituito da tessuto adiposo radiotrasparente. Anatomia patologica: tipologie di lesioni mammarie: LESIONI BENIGNE NEOPLASIE BENIGNE LESIONI PRECANCEROSE CARCINOMA IN SITU CARCINOMA INVASIVO ALTRI TUMORI: tumori mesenchimali metastasi ereditarietà → meccanismo fondamentale nell'eziopatogenesi del carcinoma mammario: condiziona l'insorgenza di neoplasie maligne in età precoce manifestazioni cliniche di malattia nella mammella → sintomi più comunemente riportati dalle donne: DOLORE (mastalgia, mastodinia): sintomo abbastanza comune dolore ciclico in rapporto alla mestruazione → il dolore diffuso ciclico non ha significato patologico dolore non ciclico → solitamente localizzato in un'area specifica della mammella; possibili cause: rottura di cisti trauma fisico infezione molto spesso non è possibile individuare alcuna lesione specifica statisticamente: il 95% delle masse dolenti è benigna il 5% delle masse dolenti è maligna (inoltre, il 10% dei carcinomi mammari si presenta con dolore) NODULO PALPABILE o NODULARITÀ PALPATORIA IN ASSENZA DI UNA MASSA DISCRETA: sintomo abbastanza comune → occorre distinguere l'effettiva presenza di un nodulo dalla normale nodularità della ghiandola mammaria una massa della mammella diventa palpabile quando raggiunge il diametro di 2cm lesioni più comunemente palpabili: carcinoma invasivo fibroadenoma cisti le masse palpabili sono comuni soprattutto nelle donne in menopausa la probabilità che una massa palpabile sia maligna aumenta con l'età FUORIUSCITA DI SECRETO DAL CAPEZZOLO: sintomo meno frequente secrezioni spontanee e unilaterali possono sottendere una neoplasia maligna il rischio che la secrezione sia legata alla presenza di una lesione maligna aumenta con l'età una secrezione minima è frequente in seguito a manipolazione delle mammelle normali una secrezione lattea (galattorrea) si associa a: aumento del tasso ematico di prolattina (per esempio a causa di un adenoma ipofisario secernente prolattina) ipotiroidismo sindromi endocrine anovulatorie farmacoterapia → contraccettivi orali, antidepressivi triciclici, metildopa, fenotiazine stimolazione ripetuta del capezzolo (metodica impiegata dalle donne che desiderano allattare al seno bambini adottati) la galattorrea non è associata a neoplasie maligne secreti emorragici o sierosi si associano più frequentemente a condizioni benigne: papilloma solitario dei grandi dotti cisti gravidanza (verosimilmente dovuto alla rapida trasformazione della mammella) la secrezione emorragica o sierosa può associarsi a lesioni maligne in una minoranza non trascurabile di casi diagnosi: 1. VISITA SENOLOGICA (PALPAZIONE): riveste un ruolo di primo piano nella patologia mammaria ricerca dei sintomi e segni di cui sopra 2. ECOGRAFIA: consente la distinzione tra lesioni solide e cistiche può definire più precisamente i contorni delle lesioni solide la maggior parte delle lesioni palpabili che non possono essere visualizzate alla mammografia è individuabile tramite ecografia 3. MAMMOGRAFIA: la sensibilità e la specificità della mammografia aumentano con l'età per via della progressiva sostituzione del tessuto fibroso radiodenso con il tessuto adiposo radiotrasparente dell'età adulta principali segni mammografici di carcinoma mammario: addensamenti: ✤ più frequentemente associati a: carcinoma invasivo fibroadenoma cisti ✤ la maggior parte delle lesioni neoplastiche è radiologicamente più densa rispetto al tessuto mammario normale ✤ la mammografia consente di individuare carcinomi piccoli e non palpabili calcificazioni: ✤ possono formarsi a partire da: secrezioni residui necrotici stroma ialinizzato ✤ le calcificazioni a significato benigno sono associate a: gruppi di cisti apocrine fibroadenomi ialinizzati adenosi sclerosante ✤ le calcificazioni associate a neoplasia maligna sono tipicamente: piccole (microcalcificazioni) irregolari numerose raggruppate ✤ il carcinoma duttale in situ si riconosce per la presenza di calcificazioni mammografiche in forma di depositi lineari e ramificati, legate all'accrescimento del carcinoma all'interno del sistema duttale nel 10% dei casi i carcinomi non sono rilevati dalla mammografia; le principali cause di tali insuccessi sono costituite da: presenza di tessuto stromale denso circostante, in particolare nelle donne giovani, che nasconde il tumore assenza di calcificazioni ridotte dimensioni del carcinoma diffusa infiltrazione risposta desmoplastica minima o assente localizzazione in prossimità della parete toracica o alla periferia della mammella l'impossibilità di visualizzare una massa palpabile non è indice di benignità e tutte le masse palpabili richiedono ulteriori indagini le donne asintomatiche con reperti anomali allo screening mammografico richiedono ulteriori approfondimenti 4. RISONANZA MAGNETICA NUCLEARE (RMN): mette in evidenza i tumori grazie alla rapidità della captazione del mezzo di contrasto legata all'aumentata vascolarizzazione tumorale molto utile per: individuare carcinomi nelle donne con mammella densa individuare carcinomi nelle donne con un rischio molto alto di neoplasia determinare l'estensione dell'invasione della parete toracica nei tumori localmente avanzati valutare la rottura di protesi mammarie bassa specificità → l'elevato numero di falsi positivi restringe l'applicazione della metodica a donne con le specifiche indicazioni sopraelencate. LESIONI BENIGNE Lesioni non proliferative della mammella → alterazioni fibrocistiche, mastopatia cistica: mammella "mastopatica" → alterazioni strutturali parafisiologiche della mammella in risposta alla stimolazione estroprogestinica riguardano invariabilmente sia l'epitelio che lo stroma mammario, perché entrambi sono sensibili all'input ormonale estroprogestinico si manifestano durante l'età fertile, con picco d'incidenza nella quarta decade sintomatologia: alterazione della consistenza della mammella senso di tensione dolore ingrossamento dei linfonodi ascellari omolaterali aspetto istologico → alterazioni morfologiche alla base della mastopatia cistica: l'architettura mammaria normale è conservata CISTI: sono dovute alla dilatazione degli acini → le piccole cisti che si formano dalla dilatazione degli acini possono confluire in cisti più grandi contengono un fluido torbido, semitrasparente, di colore marrone o bluastro (cisti blu) contengono frequentemente calcificazioni visibili alla mammografia i dotti dilatati sono rivestiti da epitelio talora iperplastico, con mioepitelio sempre ben evidente → in un contesto di iperplasia epiteliale, la presenza di mioepitelio e di una membrana basale integra sono indice di benignità della lesione → si tratta di alterazioni proliferative aspecifiche in risposta allo stimolo estrogenico REAZIONE STROMALE FIBROSA → la rottura delle cisti con fuoriuscita del materiale secretorio nello stroma adiacente evoca una risposta infiammatoria cronica, dando luogo a cicatrici fibrose che contribuiscono ad aumentare la consistenza della mammella alla palpazione diagnosi: 1. esame obiettivo → palpazione: mammella irregolarmente nodulare, di consistenza aumentata ingrossamento dei linfonodi ascellari omolaterali nella grande maggioranza dei casi, l'esame palpatorio consente (al clinico esperto in patologia mammaria) di escludere la malignità 2. ecografia: molto utile per: escludere la presenza di lesioni infiltrative maligne confermare la presenza di alcuni tipi di tumore benigno visualizzare il parenchima addensato nella mastopatia cistica la mammella appare densa con cisti 3. mammografia: nei casi dubbi indipendentemente dall'età 4. agoaspirazione delle cisti: si utilizza per cisti di grandi dimensioni consente di fare uno studio citologico sul fluido aspirato dalla cisti. Malattia proliferativa della mammella senza atipia: iperplasia epiteliale adenosi sclerosante lesione sclerosante complessa papilloma. Adenosi sclerosante: proliferazione benigna degli acini → il numero di acini per dotto terminale è aumentato almeno del doppio rispetto al numero di acini nel lobulo normale espressione di una risposta anomala alla stimolazione estroprogestinica aspetto istologico: la normale architettura lobulare è conservata gli acini/duttuli sono compressi e deformati al centro della lesione e tipicamente dilatati alla periferia caratteristiche citologiche: i duttuli sono rivestiti da: cellule epiteliali cellule mioepiteliali → la presenza di mioepitelio è espressione di differenziazione dell'epitelio mammario → la presenza di mioepitelio è indice di benignità della lesione: la trasformazione neoplastica dell'epitelio mammario si accompagna a una perdita progressiva del mioepitelio il mioepitelio scompare del tutto nelle lesioni infiltrative possono inoltre anche essere presenti: incremento mitotico polimorfismo nucleare di grado lieve reazione desmoplastica → fibrosi stromale: provoca un aumento della consistenza della mammella nella zona colpita → se diffusa, può formare una massa palpabile che può essere clinicamente interpretata come una lesione neoplastica infiltrante distorce i lumi ghiandolari fino a comprimerli del tutto, dando luogo alla comparsa di cordoni solidi o doppie file di cellule circondate da stroma denso → l'adenosi sclerosante simula fortemente l'aspetto mammografico del carcinoma infiltrante il quadro clinico può includere: massa palpabile addensamento radiologico calcificazioni. NEOPLASIE BENIGNE Fibroadenoma: tumore fibroepiteliale → aumento della componente stromale rispetto alla componente epiteliale fortemente dipendente dalla stimolazione ormonale estroprogestinica: i fibroadenomi che insorgono poco prima della menopausa (45-50 anni) solitamente non vengono trattati, perché tendono a regredire spontaneamente con la definitiva cessazione dell'input estroprogestinico interessa donne in età fertile, tendenzialmente prima dei 30 anni → è uno dei tumori più frequenti nell'adolescenza presentazione clinica: NODULO → si distingue per sei caratteristiche che lo rendono facilmente riconoscibile alla palpazione: non dolente solitario diametro solitamente inferiore a 3cm consistenza teso-elastica → alla palpazione si presenta come una "pallina" comprimibile, che riacquista la forma originaria quando cessa la pressione esercitata dalle dita dell'esaminatore mobile rispetto al parenchima mammario circostante a rapida crescita → compare improvvisamente laddove prima non c'era nulla aspetto macroscopico: margini netti → il nodulo ha margini netti ed è circondato dal normale tessuto adiposo stromale della mammella → il nodulo è mobile sui piani limitrofi forma lobulata la superficie di taglio, biancastra con tante piccole cisti, mostra una struttura macroscopica molto simile a quella della mammella normale → il nodulo è costituito da un tessuto del tutto simile alla mammella normale → la componente mesenchimale conferisce al nodulo la tipica consistenza teso-elastica aspetto microscopico (istologico): tumore fibroepiteliale la componente fibrosa prevale sulla componente epiteliale specialmente nelle prime fasi, la componente fibrosa è costituita da stroma mammario specializzato (stroma citogeno): molto ricco di vasi sanguigni molto edematoso la componente epiteliale è assolutamente benigna diagnosi: palpazione → le caratteristiche del nodulo lo rendono facilmente riconoscibile alla palpazione ecografia → le caratteristiche di ecogenicità del nodulo consentono una diagnosi di certezza prognosi → il fibroadenoma è sensibile alla stimolazione estroprogestinica: l'escissione chirurgica del fibroadenoma corrisponde alla guarigione completa le recidive possono verificarsi solamente in caso di escissione incompleta, tipicamente nell'adolescente: dopo i 20 anni la ghiandola mammaria è costituita in gran parte da stroma interlobulare ricco di tessuto adiposo → il fibroadenoma è facilmente individuabile rispetto ai tessuti circostanti, essendo circondato da abbondante tessuto adiposo nell'adolescente la ghiandola mammaria è costituita in massima parte da parenchima ghiandolare, mentre la componente adiposa stromale è assai scarsa → il fibroadenoma non è circondato da tessuto adiposo, ma da tessuto ghiandolare del tutto simile al fibroadenoma stesso → i margini del fibroadenoma sono difficilmente individuabili in sede operatoria → è fondamentale un'attenta valutazione istologica dei margini della lesione per verificare che sia stata asportata per intero → se la lesione non è stata completamente rimossa è molto verosimile che continui ad accrescersi e che la giovane sviluppi un nuovo fibroadenoma nei mesi successivi il rischio della progressione neoplastica a carcinoma infiltrante è bassissimo, anche se la letteratura riporta casi di carcinoma insorto in un contesto di fibroadenoma → l'indicazione primaria per il trattamento del fibroadenoma è l'escissione chirurgica trattamento → il fibroadenoma è sensibile alla stimolazione estroprogestinica: paziente di 20 anni → il fibroadenoma dev'essere rimosso chirurgicamente, perché tende ad accrescersi sotto l'input estroprogestinico fino a raggiungere dimensioni cospicue e, in una piccolissima percentuale di casi, può progredire a carcinoma infiltrante paziente 45-50 anni, poco prima della menopausa → il fibroadenoma non viene trattato, perché tende a regredire spontaneamente con la definitiva cessazione dell'input estroprogestinico. Adenoma del capezzolo: non è un tumore particolarmente frequente, ma è opportuno conoscerlo perché entra in diagnosi differenziale con il carcinoma invasivo situato nella regione retroareolare (subito dietro l'areola) aspetto istologico: proliferazione di tubuli in sede retroareolare presenza di mioepitelio sintomi → comuni sia all'adenoma del capezzolo che al carcinoma infiltrante: rigidità (indurimento) della zona areolare piccole perdite ematiche dal capezzolo diagnosi: esame obiettivo: palpazione → anche in questo caso, l'esperienza del clinico ha un ruolo determinante spremitura del capezzolo → raccolta del materiale spremuto su un vetrino → allestimento di un preparato citologico esame citologico → può dare risultati piuttosto contraddittori: è molto clear-cut → individua con precisione le caratteristiche benigne e maligne → distingue in maniera netta una lesione francamente benigna da una francamente maligna dà luogo a dubbi diagnostici quando si ha la compresenza di caratteristiche benigne e maligne nello stesso preparato il sospetto di malignità impone in tutti i casi un ulteriore trattamento della lesione la difficoltà d'interpretazione nasce anche dal fatto che le cellule ottenute tramite spremitura del capezzolo provengono dai tubuli iperproliferanti della regione retroareolare, quindi sono necessariamente neoplastiche l'esame citologico si esegue in ogni caso, ma di per sé è poco utile → il referto citologico dev'essere suffragato dal dato clinico; in questo contesto assumono grandissima importanza: l'esperienza clinica del senologo alla palpazione l'esperienza del citologo nel campo della patologia mammaria la presenza di molte cellule mioepiteliali è indice di benignità trattamento: escissione chirurgica → si pratica un'incisione lateralmente all'areola e si asporta la lesione la lesione può recidivare in caso di escissione incompleta la lesione escissa è inviata all'esame patologico estemporaneo, ma la diagnosi è molto difficile: se l'estemporanea stabilisce con certezza la benignità della lesione, cioè che si tratta di un adenoma del capezzolo, l'intervento si conclude con esiti cicatriziali minimi se l'estemporanea stabilisce con certezza la malignità della lesione si procede alla mastectomia totale, in quanto un carcinoma infiltrante in sede retroareolare non consente il ricorso a tecniche più conservative se l'estemporanea non è in grado di stabilire con certezza la natura della lesione, l'intervento si conclude e si attende la diagnosi definitiva, per procedere alla mastectomia totale in un secondo momento, qualora sia accertata la malignità della lesione. LESIONI PRECANCEROSE Iperplasia epiteliale: iperplasia epiteliale: aumento numerico delle cellule epiteliali in maniera del tutto simile all'endometrio, l'epitelio mammario risponde a uno stimolo proliferativo anomalo di tipo ormonale (input estrogenico prolungato) andando incontro a iperplasia epiteliale l'iperplasia epiteliale può essere di due tipi: IPERPLASIA EPITELIALE SEMPLICE: aumento numerico delle cellule epiteliali esposte a uno stimolo estrogenico prolungato o particolarmente intenso fenomeno parafisiologico → l'iperplasia epiteliale semplice non rappresenta ancora una lesione precancerosa vera e propria IPERPLASIA EPITELIALE CON ATIPIA CITOLOGICA: analogamente all'endometrio, la comparsa dell'atipia citologica nel contesto dell'iperplasia epiteliale rappresenta la progressione neoplastica della lesione alla precancerosi vera e propria è espressione di un processo di iniziazione e promozione avvenuto in alcune cellule epiteliali mammarie la presenza di iperplasia epiteliale con atipia citologica segna un rischio specifico di sviluppare un carcinoma infiltrante della mammella → rischio 4 volte maggiore focolai di iperplasia epiteliale con atipia citologica si riscontrano quasi sempre nei tessuti limitrofi ad un carcinoma mammario presentazione clinica: dolore addensamento mammario evidenziabile con la palpazione imaging → caratteristiche ecografiche e mammografiche dubbie asportazione chirurgica mirata di un campione di mammella all'iperplasia epiteliale con atipia citologica si associano altri fattori di rischio, in parte sovrapponibili ai fattori di rischio dell'iperplasia endometriale: ereditarietà obesità prolungato stimolo estrogenico → menarca precoce, menopausa tardiva nulliparità prima gravidanza dopo i 35 anni: la prima gravidanza ha effetto protettivo solo fino a 35 anni: dopo costituisce un fattore di rischio per il carcinoma mammario la gravidanza rappresenta uno stimolo ormonale alquanto intenso → il progesterone è l'ormone che sostiene la gestazione, ma il periodo gravidico si caratterizza anche per un significativo incremento sierico di molti altri ormoni, incluso l'estrogeno lo stimolo ormonale gravidico può slatentizzare, rendendola clinicamente evidente, una neoplasia mammaria subclinica preesistente: l'epitelio mammario è già andato incontro a progressione neoplastica, ma il tumore non ha ancora dato segni clinici della propria presenza → lo stimolo ormonale gravidico induce un'ulteriore crescita neoplastica, fino a rendere clinicamente evidente il tumore → non è infrequente il riscontro palpatorio di un nodulo durante l'allattamento, al termine una prima gravidanza dopo i 35 anni. CARCINOMA INVASIVO DELLA MAMMELLA Generalità: definizione: gruppo di tumori epiteliali maligni caratterizzati dalla tendenza a invadere i tessuti adiacenti e metastatizzare a distanza gruppo di tumori → esistono diversi istotipi di carcinoma mammario → ampio spettro di aspetti morfologici → è importante conoscere i principali istotipi di carcinoma mammario in quanto, analogamente ai carcinomi dell'endometrio e dell'ovaio precedentemente discussi, l'istotipo rappresenta un criterio prognostico tutti i carcinomi mammari derivano dall'unità terminale duttulo-lobulare della mammella lesione clinicamente evidente (nodulo) → il carcinoma mammario rappresenta un'entità evidenziabile palpatoriamente e con tecniche di imaging: occupa spazio nella mammella ha determinate caratteristiche palpatorie può formarsi ovunque nella mammella, con una leggera preferenza per: mammella sinistra quadrante superiore esterno tende a metastatizzare molto precocemente per via linfatica ed ematica METASTATIZZAZIONE PER VIA LINFATICA: nella maggior parte dei casi, i primi linfonodi potenzialmente coinvolti dalla malattia sono quelli del cavo ascellare raramente, la mammella può presentare un drenaggio linfatico atipico verso i linfonodi situati lungo l'arteria mammaria interna → i primi linfonodi potenzialmente coinvolti dalla malattia sono quelli situati lungo l'arteria mammaria interna linfografia: studia il drenaggio linfatico dell'area coinvolta dalla neoplasia, consentendo l'identificazione del "linfonodo sentinella" l'asportazione del "linfonodo sentinella" deve sempre essere preceduta da una linfografia epidemiologia: il carcinoma mammario rappresenta il tumore più frequente della donna l'incidenza del carcinoma mammario è elevatissima (1 donna su 8 nei Paesi industrializzati) e in continuo aumento la prognosi è buona se la diagnosi è precoce → le tecniche di diagnosi precoce hanno ridotto la mortalità prolungando l'aspettativa di vita delle pazienti, ma l'incidenza rimane molto alta eziologia: multifattoriale: ereditarietà → fattore determinante: una storia familiare di carcinoma mammario aumenta di 4 volte il rischio fattori ormonali fattori legati alla riproduzione dieta ipotesi principale: ECCESSO DI ESTROGENI: il rischio dipende direttamente dall'esposizione della mammella agli estrogeni rischio maggiore in post-menopausa → ruolo delle SHBG (Sex Hormone-Binding Globulin, globuline leganti gli ormoni sessuali): le SHBG sono le principali glicoproteine addette al trasporto ematico di testosterone e estradiolo (il progesterone circolante è invece legato alla transcortina) → il testosterone e l'estradiolo circolano nel sangue in tre forme: legati alle SHBG → modalità di trasporto prevalente: il legame ormone-SHBG è forte → l'ormone è biologicamente inattivo legati all'albumina → modalità di trasporto minoritaria: il legame ormone-albumina è debole → l'ormone è biologicamente attivo liberi → quota minima: l'ormone non è legato ad alcuna proteina di trasporto → l'ormone è biologicamente attivo la biodisponibilità di testosterone ed estradiolo è influenzata dalla concentrazione di SHBG e i due ormoni competono per il legame con la proteina di trasporto dopo la menopausa si verifica un aumento della concentrazione ematica di androgeni → aumento della frazione di SHBG legata al testosterone → riduzione della frazione di SHBG disponibile per legare l'estradiolo → aumento della concentrazione ematica di estrogeni liberi seconda ipotesi: COMBINAZIONE DI ESTROGENI E PROGESTERONE: l'eziologia del carcinoma mammario non è imputabile esclusivamente agli estrogeni, ma piuttosto all'effetto combinato di stimolazione estrogenica e progestinica in post-menopausa, il rischio è maggiore in presenza di alti livelli plasmatici e tissutali di estrogeni e progesterone aumento della proliferazione delle cellule epiteliali mammarie durante la fase luteinica rispetto alla fase follicolare terza ipotesi: IPERINSULINEMIA CRONICA: l'insorgenza dell'iperinsulinemia cronica è legata a: dieta occidentale elevato peso corporeo scarsa attività fisica meccanismo patogenetico: dieta occidentale + elevato peso corporeo + scarsa attività fisica → insulino-resistenza → iperinsulinemia → aumento della sintesi di androgeni da parte dell'ovaio → aumento della conversione degli androgeni a estrogeni nel tessuto adiposo + riduzione della frazione di SHBG disponibile per il legame con l'estradiolo → aumento della concentrazione plasmatica di estrogeni liberi: (1) dieta occidentale + elevato peso corporeo + scarsa attività fisica (2) insulino-resistenza (3) iperinsulinemia (4) aumento della sintesi di androgeni da parte dell'ovaio (5) aumento della conversione degli androgeni a estrogeni nel tessuto adiposo + riduzione della frazione di SHBG disponibile per il legame con l'estradiolo (6) aumento della concentrazione plasmatica di estrogeni liberi fattori di rischio: fattori di rischio legati alla riproduzione: nulliparità infertilità menarca precoce menopausa tardiva assunzione di ormoni esogeni: uso di contraccettivi orali combinati terapia ormonale sostitutiva estrogenica in post-menopausa obesità: sotto i 40 anni → riduzione del rischio di carcinoma mammario a causa della maggiore frequenza di cicli anovulatori e ridotti livelli di progesterone nella fase tardiva del ciclo dopo la menopausa → aumento del rischio di carcinoma mammario: il tessuto adiposo esprime aromatasi → le aromatasi convertono gli androgeni a estrogeni → aumento della produzione di estrogeni endogeni → aumento della concentrazione plasmatica di estrogeni liberi dieta: alimenti che aumentano il rischio → grassi animali saturi, carne rossa, alcool alimenti con effetto protettivo → frutta, verdura, caffeina fumo di sigaretta → non è ancora chiaro se il fumo di sigaretta sia effettivamente associato al carcinoma mammario attività fisica → riduce leggermente il rischio radiazioni → l'esposizione del torace a radiazioni ionizzanti (radioterapia, bomba atomica, incidenti nucleari) aumenta il rischio di sviluppare un carcinoma mammario influenze geografiche (stile di vita) → il rischio di carcinoma mammario aumenta negli immigrati negli USA di generazione in generazione; le cause del fenomeno sono di grande interesse perché potrebbero includere fattori di rischio modificabili, come per esempio: anamnesi riproduttiva → numero e frequenza delle gravidanze allattamento dieta obesità attività fisica fattori ambientali. Diagnosi: senologo → chirurgo o oncologo specializzato in patologia mammaria localizzazione del carcinoma mammario: unità terminale duttulo-lobulare quadrante superiore esterno della mammella nel 45% dei casi lieve prevalenza nella mammella sinistra clinica: spesso assente altamente aspecifica nodulo: può essere dolente → dato l'elevato grado di sensibilizzazione della popolazione femminile al problema, di solito la paziente si rivolge allo specialista non tanto per il dolore, quanto per il semplice fatto di avvertire la presenza di una massa palpabile nella mammella il dolore può essere dovuto a: intensa reazione infiammatoria alla crescita neoplastica infiltrazione delle terminazioni nervose locali la presenza di dolore costituisce un criterio prognostico negativo anomalie del capezzolo: dovute a infiltrazione dei dotti galattofori la presenza di anomalie del capezzolo costituisce un criterio prognostico negativo TRIADE DIAGNOSTICA: 1) esame clinico 2) ecografia/mammografia 3) citologia/biopsia 4) risonanza magnetica PERCORSO DIAGNOSTICO: alla mammografia il nodulo appare come un addensamento del parenchima mammario di aspetto caratteristico: margine sfrangiato densità simile a quella del capezzolo il radiologo fa diagnosi di "lesione sospetta per carcinoma" o "lesione coerente con carcinoma" se si tratta di una lesione piccola e ben aggredibile si può eseguire un citoaspirato → l'esame citologico può dare tre tipi di esito: benigno maligno dubbio/sospetto se l'esame citologico mette in evidenza cellule neoplastiche maligne la paziente è inserita in un protocollo terapeutico che prevede: mastectomia totale per lesioni retroareolari quadrantectomia con asportazione del linfonodo sentinella (prima stazione linfonodale sul percorso del drenaggio linfatico dalla zona colpita) → tecnica di elezione per tutti i noduli di dimensioni inferiori a 2cm che insorgono a livello parenchimale, con cavo ascellare negativo alla palpazione per eventuali linfonodi aumentati di volume nella maggior parte dei casi, il chirurgo richiede l'esame estemporaneo al congelatore sul pezzo rimosso → l'esame estemporaneo è utile perché consente di avere immediatamente il referto caratteristiche macroscopiche del nodulo: margini frastagliati → margini infiltrativi sul tessuto adiposo limitrofo → diagnosi differenziale con fibroadenoma: i margini del fibroadenoma sono netti e ben definiti → il fibroadenoma è estremamente mobile rispetto al parenchima circostante i margini del carcinoma mammario sono irregolari e frastagliati → il nodulo maligno è fisso rispetto al parenchima circostante il nodulo maligno è circondato da tessuto fibroso reattivo, compatto, duro alla palpazione retrazione (invaginazione) della cute soprastante il nodulo: i carcinomi mammari, anche piccoli, tendono a provocare una retrazione della cute soprastante la retrazione è causata dall'infiltrazione del piano ipodermico ad opera del carcinoma molto spesso non si nota con la paziente in posizione eretta → occorre utilizzare alcuni accorgimenti durante l'esame obiettivo, ad esempio far piegare la paziente con le spalle in avanti, in modo che la mammella ricada su se stessa, rendendo evidente l'eventuale retrazione. Classificazione dei carcinomi mammari: carcinomi invasivi di origine duttulo-lobulare più frequenti: carcinomi di origine duttale → derivano dalla componente duttulare carcinomi di origine lobulare → derivano dalla componente lobulare altri istotipi di carcinoma mammario a differente impatto prognostico: carcinoma mammario tubulare carcinoma mammario mucoide carcinoma mammario midollare carcinoma mammario papillifero carcinoma mammario invasivo micropapillare. Carcinoma mammario di origine duttale: istotipo più frequente grado di differenziazione → esprime il grado di somiglianza all'epitelio d'origine: GRADO 1 → carcinoma molto ben differenziato, costituito prevalentemente da dotti che ricordano la normale struttura del parenchima mammario → le cellule epiteliali neoplastiche sono ancora capaci di organizzarsi a formare dotti GRADO 2 GRADO 3 → carcinoma indifferenziato → le cellule sono indifferenziate al punto da non riuscire più a organizzarsi in strutture duttali simili all'epitelio d'origine; nell'ambito della lesione tumorale possono essere presenti residui focali di strutture duttali la maggior parte delle lesioni sono noduli inferiori a 2cm → da prassi, il carcinoma mammario è interamente incluso nel preparato l'obiettivo della terapia del carcinoma mammario consiste nel trattare ogni singolo tumore secondo la sua specifica biologia: ogni carcinoma ha precise caratteristiche, l'insieme delle quali definisce il suo specifico profilo tumorale l'obiettivo dello studio diagnostico consiste nel disegnare il profilo tumorale per consentire l'impiego della terapia più adeguata per ostacolare la crescita di quello specifico tumore le terapie biologiche sfruttano una specifica proprietà del carcinoma → prima di applicare una terapia biologica occorre accertarsi che il tumore abbia la caratteristica che costituisce il bersaglio del farmaco analogamente al carcinoma endometrioide, il grado correla con lo stadio, quindi con l'aggressività biologica del carcinoma mammario → la neoplasia è gradata secondo il METODO ELSTON-ELLIS (1991): il metodo si basa sulla valutazione di tre parametri in una scala da 1 a 3: formazione di tubuli e ghiandole → valutazione della percentuale di massa neoplastica occupata da tubuli e ghiandole: >75% → 1 punto 10-75% → 2 punti <10% → 3 punti pleomorfismo nucleare (atipia nucleare) → correla direttamente con una maggiore aggressività biologica: maggiore il pleomorfismo nucleare, maggiore l'aggressività biologica del tumore: pleomorfismo nucleare lieve; le cellule sono uniformi e regolari → 1 punto pleomorfismo nucleare moderato → 2 punti pleomorfismo nucleare severo → 3 punti numero di mitosi → dipende dall'area del campo microscopico → 1-3 punti sommando i punti assegnati per ciascuno dei tre parametri si ottiene: 3-5 punti → GRADO 1: carcinoma mammario ben differenziato 6-7 punti → GRADO 2: carcinoma mammario moderatamente differenziato 8-9 punti → GRADO 3: carcinoma mammario scarsamente differenziato. Carcinoma mammario di origine lobulare: epidemiologia: rappresenta circa il 10% di tutti i carcinomi invasivi secondo per incidenza dopo il carcinoma mammario di origine duttale può colpire donne in qualsiasi età (range 26-86 anni), con picco d'incidenza nel periodo perimenopausale, attorno ai 50 anni a differenza del carcinoma mammario duttale, il carcinoma mammario lobulare può presentarsi in prima diagnosi con due caratteristiche distintive: multifocalità (nella stessa mammella) bilateralità (coinvolgimento simultaneo della mammella controlaterale) presentazione clinica: nel 55% dei casi si presenta come una massa palpabile nel 10% dei casi si presenta come piccoli noduli situati in un'area della mammella → il carcinoma mammario lobulare, invece del nodulo, dà luogo a una'irregolarità nodulare palpatoriamente evidenziabile in una zona della mammella → il riscontro clinico di irregolarità nodulare in una zona della mammella impone un approfondimento diagnostico nei casi restanti si verifica un progressivo allargamento e indurimento di un'area della mammella: alla palpazione non si riscontra un nodulo, ma un'area di consistenza aumentata che tende a espandersi in questa forma, il 46% delle mammografie dà esito negativo → le lesioni possono non essere riconosciute per anni → le lesioni che si presentano in questa forma hanno più tempo per accrescersi, perciò hanno maggiori dimensioni (circa 3cm) al momento della diagnosi occorre una grande esperienza in patologia mammaria per identificare questo tipo di lesione; a tal proposito è opportuno sottolineare ancora una volta l'importanza di un attento esame obiettivo (possibilmente eseguito da un esperto), in grado di fornire informazioni fondamentali non ottenibili con le tecniche di imaging aspetto macroscopico: massa palpabile → nodulo giallo-biancastro di consistenza dura piccoli noduli nel contesto di un'area mammaria → granulia palpabile in contesto fibroso progressivo allargamento e indurimento di un'area mammaria → aree di consistenza sostenuta in contesto fibroso l'indurimento palpatorio è tanto più marcato quanto maggiore è la reazione desmoplastica, responsabile dell'aumento di consistenza alla mammella aspetto istologico: VARIANTE CLASSICA (rappresenta il 3% di tutti i carcinomi invasivi): le cellule neoplastiche sono piccole, in qualche caso simili a linfociti le cellule infiltrano uno stroma desmoplastico disponendosi tipicamente una dietro l'altra, "in fila indiana" ("Indian file") → l'aspetto microscopico caratteristico rende abbastanza semplice la diagnosi stroma desmoplastico (reattivo) diffusa infiltrazione del tessuto adiposo limitrofo → non essendo correttamente valutabile all'imaging o all'osservazione a occhio nudo, l'infiltrazione neoplastica è molto spesso sottostimata → all'esame istologico le dimensioni reali del carcinoma sono maggiori di quelle apparenti all'imaging o all'osservazione a occhio nudo linfangite carcinomatosa → l'infiltrazione riguarda anche i vasi linfatici intratumorali negativo per l'E-caderina → molto spesso il carcinoma lobulare perde la E-caderina di membrana: la perdita di E-caderina è una caratteristica tipica del carcinoma infiltrante di origine lobulare VARIANTE PLEOMORFA: variante istologica caratterizzata da un elevato grado di atipia (marcata anaplasia) → elevata aggressività biologica nucleolo ben evidente indice mitotico elevato citoplasma abbondante e granulare negativo per l'E-caderina spesso associato a focolai di carcinoma lobulare in situ la diagnosi è citologica VARIANTE SIGNET RING: adenocarcinoma variante istologica che produce mucina, ma non la esteriorizza (non la secerne), trattenendola all'interno delle cellule neoplastiche → le cellule neoplastiche hanno il citoplasma pieno di mucina, che disloca e comprime il nucleo alla periferia → le cellule neoplastiche hanno il tipico aspetto ad anello con castone può manifestarsi in diversi organi, principalmente: stomaco mammella polmone prognosi: carcinoma lobulare variante classica: a parità di grado e stadio, la prognosi è simile a quella del carcinoma duttale la maggior parte sono a basso grado (grado 1 o 2 secondo Elston-Ellis) carcinoma lobulare variante pleomorfa: neoplasia aggressiva l'istotipo corrisponde ad un'elevata aggressività biologica, quindi ad un alto grado la prognosi è infausta nel 60% delle pazienti (!). Altri istotipi di carcinoma mammario a differente impatto prognostico (l'istotipo correla in maniera diretta con l'aggressività biologica del tumore): carcinoma mammario tubulare carcinoma mammario mucoide carcinoma mammario midollare carcinoma mammario papillifero carcinoma mammario invasivo micropapillare. Carcinoma mammario tubulare: costituito da piccoli tubuli neoplastici omogenei per morfologia e dimensioni la cui parete è costituita da un singolo strato di cellule epiteliali neoplastiche monomorfe senza mioepitelio: la parete del tubulo normale è costituita da uno strato di epitelio circondato da uno strato di mioepitelio nel carcinoma tubulare, la parete del tubulo è costituita da un monostrato di cellule epiteliali senza mioepitelio il carcinoma tubulare è talmente ben differenziato che la diagnosi di neoplasia può essere tanto difficile da imporre il ricorso all'immunoistochimica per dimostrare l'effettiva assenza di mioepitelio → marcatori mioepiteliali: citocheratina 14 proteina nucleare p63 actina del muscolo liscio i tubuli neoplastici tendono a infiltrare il tessuto adiposo limitrofo rappresenta lo 0,8-8% dei carcinomi invasivi → la scarsa concordanza tra i patologi è dovuta al fatto che spesso il tumore non è correttamente diagnosticato all'esame istologico: essendo molto ben differenziato, la diagnosi di carcinoma tubulare si può fare solo ricorrendo a tecniche immunoistochimiche che dimostrino la totale assenza di mioepitelio, altrimenti il carcinoma tubulare non viene riconosciuto il carcinoma tubulare è per definizione piccolo, con un diametro che non supera mai 1-1,2cm → se un carcinoma ha dimensioni maggiori è inverosimile che si tratti di carcinoma tubulare localizzazione: nel 45% dei casi nel quadrante superiore esterno analogamente al carcinoma lobulare, il carcinoma tubulare può essere: multifocale (56% dei casi) bilaterale (38% dei casi) familiarità → altamente correlato con anamnesi familiare positiva per carcinoma mammario spesso associato a focolai di carcinoma mammario lobulare: molto verosimilmente i carcinomi lobulare e tubulare sono neoplasie morfologicamente differenti che però condividono l'istogenesi dall'unità terminale duttulo-lobulare della mammella → è probabile che i due istotipi abbiano identica istogenesi i due fenotipi divergono in una tappa successiva della progressione neoplastica → il carcinoma lobulare perde l'E-caderina, mentre il carcinoma tubulare ben differenziato perde il mioepitelio, mantenendo l'Ecaderina alla mammografia, la lesione ha margini frastagliati che le conferiscono una forma stellata trattamento → asportazione chirurgica prognosi: molto ben differenziato → carcinoma a basso grado (grado 1 Elston-Ellis) → la prognosi è ottima secondo alcuni esperti in patologia mammaria il carcinoma tubulare dovrebbe essere classificato tra le lesioni a basso grado per definizione, praticamente benigne, ma sulla questione non c'è ancora accordo nella comunità scientifica data la complessità diagnostica, per affermare con sicurezza la bontà della prognosi è fondamentale una diagnosi certa di carcinoma tubulare → se un carcinoma tubulare non corrisponde perfettamente ai criteri macroscopici e microscopici per essere classificato come "carcinoma tubulare", nel dubbio conviene diagnosticarlo come "carcinoma duttale infiltrante di grado 1", per evitare di attribuirgli implicitamente una bassissima aggressività biologica in mancanza di certezza assoluta criteri prognostici: dimensioni istologia: forma pura forma mista tipo di terapia data l'ottima prognosi, l'asportazione chirurgica equivale quasi sempre a una guarigione completa dal tumore rimosso, ma poiché questa neoplasia tende a essere multifocale e bilaterale, il follow-up può mettere in evidenza ulteriori localizzazioni di carcinoma tubulare in un altro punto della stessa mammella o nella mammella controlaterale. Carcinoma mammario mucoide: produce ed esteriorizza (secerne) mucina → la mucina extracellulare forma "laghi mucosi" l'istotipo è mucoide quando più del 70% della massa tumorale è costituita da muco la percentuale di componente mucoide tende a essere molto alta e può raggiungere anche il 90-95% dell'intera massa neoplastica le cellule tumorali, solitamente a morfologia duttale, sono disperse nel materiale mucoide la presenza di laghi mucosi conferisce alla lesione una tipica consistenza teso-elastica, simile a quella del fibroadenoma, facilmente riconoscibile alla palpazione per un clinico esperto in patologia mammaria aspetto macroscopico: margini netti o policiclici → non ha l'aspetto tipicamente infiltrativo delle neoplasie duttali o lobulari infiltranti l'aspetto della superficie di taglio è correlata alla quantità di muco presente l'incidenza aumenta dopo i 50 anni, raggiunge un plateau tra i 60 e i 70 anni e ricomincia a salire dopo i 70 anni prognosi: bassa aggressività biologica (come il lobulare variante classica e il duttale ben differenziato), ma comunque maggiore rispetto all'aggressività biologica del carcinoma tubulare, quasi benigno condizionata dall'istologia: il carcinoma mucoide può manifestarsi in forma pura il carcinoma mucoide può coesistere con altri istotipi tumorali → nelle forme miste la prognosi dev'essere rapportata all'istotipo e al grado dell'altro tumore, prendendo a riferimento la componente più aggressiva: carcinoma mucoide + carcinoma duttale ben differenziato (grado 1) → l'aggressività biologica rimane bassa perché anche il duttale ben differenziato è un tumore a bassa aggressività biologica carcinoma mucoide + carcinoma duttale indifferenziato (grado 3) → l'aggressività biologica aumenta perché il duttale indifferenziato è un tumore ad alta aggressività biologica in tutti i casi, la terapia alla paziente è impostata in base alla componente più indifferenziata presente nel tessuto il carcinoma mucoide in forma pura non mostra la tendenza a metastatizzare → per le forme pure, la sopravvivenza a 5 anni è sovrapponibile alla popolazione di controllo. Carcinoma mammario midollare: rappresenta il 2% dei carcinomi invasivi della mammella picco d'incidenza compreso tra 45 e 55 anni aspetto istologico → FORTEMENTE ATIPICO: architettura plessiforme assenza totale di dotti → la differenziazione duttale è completamente assente quadro citologico particolarmente "violento" → la popolazione cellulare neoplastica, fortemente indifferenziata, è caratterizzata da: alto grado di atipia nucleare intensa attività mitotica presenza di figure mitotiche atipiche → mitosi tetrapolari, mitosi a scoppio presenza di abbondante infiltrato infiammatorio massivo costituito da linfociti e plasmacellule aspetto macroscopico → LESIONE NODULARE: margini policiclici → non infiltrativi consistenza sostenuta, ma non dura come quella del carcinoma duttale o lobulare diagnosi → il quadro citologico spiccatamente indifferenziato complica la diagnosi ed è all'origine della scarsa concordanza tra i patologi prognosi → nonostante l'abbondanza di mitosi e la marcata atipia dei nuclei, la prognosi è buona: il 74% delle pazienti è libero da malattia a 10 anni le metastasi linfonodali possono essere presenti, ma solitamente non superano i tre linfonodi del cavo ascellare. Carcinoma mammario papillifero: può manifestarsi in due forme: carcinoma papillifero intraduttale → la neoplasia maligna non ha ancora superato la membrana basale → la neoplasia è allo stadio di carcinoma intraepiteliale o carcinoma in situ carcinoma papillifero invasivo → la neoplasia maligna ha superato la membrana basale e infiltra la parete del dotto → la neoplasia è un carcinoma infiltrante a tutti gli effetti la controparte benigna del carcinoma papillifero è costituita dal papilloma intraduttale (non trattato in questa sede) CARCINOMA PAPILLIFERO INTRADUTTALE: multiplo a localizzazione periferica, situato in qualsiasi quadrante mammario, esclusa la zona retroareolare unico e centrale, in posizione retroareolare: segni clinici: dilatazione del dotto → non riscontrabile all'esame obiettivo né alla mammografia secrezione dal capezzolo → nella maggior parte dei casi il secreto è di natura ematica, similmente all'adenoma del capezzolo in questa forma, alla mammografia il carcinoma papillifero intraduttale può essere indistinguibile da un papilloma, una lesione intraduttale assolutamente benigna diagnosi: 1) la secrezione ematica dal capezzolo induce la paziente a rivolgersi al medico 2) esame obiettivo con spremitura del capezzolo → il materiale spremuto è raccolto su un vetrino e inviato all'esame citologico 3) esame citologico → come precedentemenre accennato, quando la lesione si trova in posizione retroareolare l'esame citologico non può avere esito benigno → i risultati possibili sono: lesione francamente maligna lesione a malignità incerta → la malignità della lesione non è molto pronunciata all'esame citologico → quadro citologico sospetto per carcinoma mammario 4) mammografia → spesso il potere di risoluzione della mammografia risulta insufficiente per questa diagnosi a causa di: ridotte dimensioni della lesione sede della lesione → dotto galattoforo retroareolare contesto mammografico mastopatico 5) galattogramma → esame radiologico della mammella con iniezione di un mezzo di contrasto nei grossi dotti galattofori del capezzolo: all'interno di un dotto galattoforo normale il mezzo di contrasto diffonde a ritroso lungo la via duttale retroareolare, disegnandone in negativo la normale anatomia in presenza di una lesione che occupa il lume del dotto galattoforo, la diffusione del mezzo di contrasto a ritroso lungo il dotto è ostacolata → il galattogramma mette in evidenza un difetto di riempimento del dotto galattoforo legato alla presenza di una lesione che si accresce al suo interno 6) esame citologico sospetto o francamente positivo per carcinoma + evidenza galattografica di lesione in accrescimento all'interno del dotto galattoforo → forte sospetto di malignità trattamento: in assenza di criteri clinici sicuri (nessuna evidenza palpatoria), un quadro citologico e strumentale di sospetta malignità sottende quasi certamente un carcinoma, ma non permette di giudicarne la reale estensione, dal momento che non c'è modo di capire se si tratti di una lesione intraduttale molto precoce, la cui rimozione corrisponde a guarigione completa, o di una lesione avanzata che infiltra i tessuti circostanti → non ci sono criteri clinici sicuri per impostare un intervento demolitivo, ma la lesione è quasi certamente maligna → come si procede? GALATTOFORECTOMIA → intervento settoriale che comporta l'incisione della cute lateralmente all'areola e l'asportazione dei dotti galattofori retroareolari il pezzo rimosso è inviato all'esame istologico definitivo per stabilire l'istotipo della neoplasia e, soprattutto, la presenza o meno di invasione tissutale → questo tipo di indagine istologica richiede uno studio approfondito della lesione con l'esecuzione di molteplici sezioni trasversali dei dotti galattofori inclusi nel campione, pertanto l'esame estemporaneo non è indicato diagnosi istologica: ha il ruolo cruciale di stabilire se la neoplasia abbia superato o meno la membrana basale → è una diagnosi di massima accuratezza che richiede una certezza del 100% e quindi non si può fare in estemporanea possibili esiti: carcinoma papillifero intraduttale → la lesione non ha superato la membrana basale → la galattoforectomia è stata curativa → la paziente è completamente guarita carcinoma papillifero infiltrante → la lesione ha superato la membrana basale, invadendo la parete del dotto galattoforo: si tratta di un carcinoma mammario invasivo in sede retroareolare → si procede in seconda battuta alla mastectomia totale con asportazione del linfonodo sentinella papilloma intraduttale (neoplasia benigna) e carcinoma papillifero intraduttale (neoplasia maligna) sono istologicamente molto simili → la diagnosi differenziale tra le due entità è solo morfologica: il papilloma intraduttale (benigno) è caratterizzato da: presenza costante di mioepitelio atipia citologica minima mitosi rare o assenti il carcinoma papillifero intraduttale (maligno) è caratterizzato da: assenza di mioepitelio atipia citologica più marcata figure mitotiche necrosi prognosi → eccellente CARCINOMA PAPILLIFERO INVASIVO: quando supera la membrana basale e diventa un carcinoma invasivo a tutti gli effetti, il carcinoma papillifero tende a sdifferenziarsi, assumendo caratteristiche morfologiche sovrapponibili a quelle del carcinoma duttale anche l'aggressività biologica del carcinoma papillifero invasivo è molto simile a quella del carcinoma duttale un carcinoma papillifero invasivo di grado III (molto indifferenziato) ha morfologia e comportamento biologico simili a un carcinoma duttale di grado III la prognosi del carcinoma papillifero invasivo è correlata al grado della componente duttale infiltrante. Carcinoma invasivo micropapillare: istotipo raro ad elevata aggressività biologica aspetto istologico: la neoplasia è costituita da micropapille di cellule prive di asse vascolo-stromale gli aggregati pseudo-papillari di cellule epiteliali neoplastiche sono circondati da una sorta di alone bianco oltre alla mammella, l'istotipo invasivo micropapillare è stato descritto in: vescica polmone colon stomaco istotipo ad elevata aggressività biologica → il carcinoma micropapillare ha una spiccata tendenza alla metastatizzazione precoce: linfangite carcinomatosa infra- e peritumorale metastasi ai linfonodi locoregionali stadio di malattia avanzato → oltre alle metastasi linfonodali sono presenti metastasi a distanza, sovente di dimensioni inferiori alla soglia di sensibilità delle tecniche di imaging il carcinoma mammario (come anche il melanoma) è considerato una malattia sistemica perché tende a metastatizzare precocemente: le metastasi a distanza possono talora manifestarsi decine di anni dopo l'intervento la spiegazione più verosimile di questo fenomeno è che le cellule neoplastiche diano luogo a submicrometastasi precocissime a livello del midollo osseo → le submicrometastasi sopravvivono per molti anni in simbiosi con il microambiente midollare, seguendo il ritmo biologico di una cellula normale → per motivi sconosciuti, trascorso questo intervallo di latenza clinica, le submicrometastasi midollari cominciano a proliferare → le cellule neoplastiche passano in circolo e colonizzano organi a distanza la metastasi a distanza diventa visibile quando le sue dimensioni raggiungono e superano la soglia minima di sensibilità delle tecniche di imaging: PET → 6mm TC → 5-6mm ecografia → 1cm il follow-up del carcinoma mammario non prevede una TC o una PET all'anno a così tanti anni dalla neoplasia primitiva → generalmente le tecniche di imaging utilizzate nel follow-up a distanza di molti anni dall'intervento sono costituite da: radiogramma del torace ecografia epatica i noduli metastatici diventano visibili all'ecografia quando raggiungono dimensioni superiori a 1cm → tipicamente, le metastasi del carcinoma mammario che insorgono a distanza di molti anni dall'intervento sono noduli epatici unici o multipli di 6-7cm individuati all'ecografia dopo che la paziente ha saltato un paio di controlli annuali l'istotipo invasivo micropapillare tende a presentarsi con caratteristiche di malattia sistemica all'esordio: metastasi al linfonodo sentinella sempre presente metastasi linfonodali multiple metastasi a distanza prognosi → severa. Metastasi linfonodale: LINFONODO SENTINELLA: primo linfonodo sul percorso del drenaggio linfatico da una neoplasia oltre che nella mammella, la tecnica è utilizzata nei carcinomi dell'apparato genitale femminile (ovaio, utero, vagina) e maschile (prostata) la tecnica del linfonodo sentinella si applica a neoplasie in stadio precoce lo studio del linfonodo sentinella è necessario per decidere quando eseguire la linfadenectomia, un intervento demolitivo che altera in maniera drastica e permanente il drenaggio linfatico dalla zona a valle dei linfonodi rimossi, con notevoli ripercussioni sulla qualità della vita del paziente → nel caso del carcinoma mammario, l'asportazione dei linfonodi del cavo ascellare compromette il drenaggio linfatico dell'arto superiore la rimozione e lo studio del linfonodo sentinella può essere eseguita contemporaneamente alla rimozione del nodulo neoplastico mammario o in una fase successiva il linfonodo sentinella si intercetta tramite linfografia, una tecnica che studia il drenaggio linfatico dalla zona tumorale → prima dell'intervento, il chirurgo studia attentamente l'assetto linfografico della paziente poco prima dell'intervento (il giorno prima o la mattina stessa) nel tumore o nella zona dove il tumore era situato prima di essere asportato si inietta un tracciante radioattivo, solitamente il tecnezio-99 → il tecnezio-99 è drenato dal tumore o dall'area peritumorale fino alle stazioni linfatiche → si esegue un'incisione chirurgica e si studia la radioattività presente nel cavo ascellare con l'aiuto di una sonda → solitamente il linfonodo sentinella è uno solo → il linfonodo sentinella è asportato e inviato all'esame istologico estemporaneo o definitivo per individuare la presenza di eventuali metastasi al suo interno a seconda delle dimensioni, le metastasi linfonodali possono essere: METASTASI CONCLAMATE (MACROMETASTASI) → metastasi linfonodali di dimensioni superiori ai 2mm: visibili a occhio nudo → in questo caso, la metodica del linfonodo sentinella è immediata perché la metastasi è evidente all'osservazione diretta del linfonodo eseguendo una sezione rapida al criostato trattamento → asportazione dell'intero cavo ascellare MICROMETASTASI → metastasi linfonodali di dimensioni comprese tra i 200micron e i 2mm: non si vedono a occhio nudo, quindi è indispensabile ricorrere all'istologia trattamento → la decisione terapeutica circa l'opportunità della linfadenectomia si basa su due criteri: istotipo del tumore primitivo età della paziente SUBMICROMETASTASI (METASTASI OCCULTE) o ITC (Isolated Tumor Cells, cellule neoplastiche singole) → cellule neoplastiche isolate presenti nel contesto del linfonodo: osservabili esclusivamente al microscopio non esistono ancora studi epidemiologici in grado di spiegare il preciso significato della presenza di singole cellule metastatiche all'interno dei linfonodi → nel caso della mammella, potrebbe essere semplicemente l'espressione del fatto che il carcinoma mammario debba essere considerato una malattia sistemica in prima diagnosi e la presenza di singole cellule, spesso identificate con le citocheratine, quindo neanche così visbili con la sola ematossilina-eosina, non è ancora chiaro → occorrono studi epidemiologici sul lungo periodo per comprendere il significato delle ITC nel carcinoma mammario trattamento → anche in questo caso, la decisione terapeutica circa l'opportunità della linfadenectomia si basa su due criteri: istotipo del tumore primitivo età della paziente in caso di micrometastasi o submicrometastasi (ITC), la scelta del trattamento più opportuno si basa su due criteri: istotipo del tumore primitivo età della paziente. Fattori prognostici del carcinoma mammario: indispensabili per impostare la terapia più adeguata sono undici in tutto; di questi, ben nove si desumono dal referto anatomopatologico, cioè dalla diagnosi istologica → un referto anatomopatologico di carcinoma mammario è completo solo se prende in considerazione e dà informazioni riguardo ognuno dei fattori prognostici sottoelencati. 1. Età della paziente: fattore prognostico estremamente importante → un carcinoma mammario che insorge in premenopausa è da considerarsi biologicamente più aggressivo per definizione fanno eccezione alcuni istotipi a ridotta aggressività biologica, come il carcinoma tubulare, indolente in qualsiasi fascia di età → bisogna ricordare che una donna giovane che sviluppa un carcinoma tubulare è a maggior rischio di sviluppare un altro carcinoma mammario nella stessa mammella o in quella controlaterale. 2. Etnia: la razza caucasica (bianca) è quella maggiormente colpita l'incidenza è pari a 1 donna su 8 nei Paesi industrializzati. 3. Dimensioni del tumore: rispecchia il concetto del T nell'ambito della stadiazione TNM le dimensioni del carcinoma mammario sono studiate e descritte sia dal punto di vista macroscopico che dal punto di vista microscopico dimensioni macroscopiche → diametro del nodulo misurato all'osservazione a occhio nudo dimensioni microscopiche → in alcuni istotipi tumorali, specialmente nel carcinoma tubulare, le cellule neoplastiche infiltrano i tessuti circostanti disponendosi tipicamente una dietro l'altra, "in fila indiana" ("Indian file") → l'invasione tissutale, soprattutto quando si tratta di singole cellule disposte in fila indiana, è visibile e misurabile esclusivamente all'osservazione microscopica delle sezioni istologiche criterio prognostico molto importante: carcinomi di dimensioni inferiori a 1,5-2cm correlano con uno stadio più precoce → in questo stadio la malattia può essere ancora curabile del tutto o comunque avere una sopravvivenza sufficientemente duratura carcinomi di dimensioni superiori a 1,5-2cm correlano con uno stadio più avanzato e prognosi peggiore. 4. Istotipo tumorale: a parità di dimensioni, alcuni istotipi correlano direttamente con l'aggressività biologica e la prognosi a parità di dimensioni: carcinoma tubulare: sopravvivenza del 100% a 5 anni sopravvivenza del 98% a 10 anni carcinoma micropapillare: 5. 6. 7. 8. 9. 10. sopravvivenza del 50% a 5 anni l'approccio terapeutico, il follow-up e le scelte di vita della paziente cambiano completamente in relazione all'istotipo tumorale. Grado di differenziazione: importante per gli istotipi soggetti a gradazione → un carcinoma duttale di grado III avrà sempre una prognosi meno favorevole rispetto a un carcinoma duttale ben differenziato di grado I. Angioinvasione: indubbiamente rilevante a livello della neoplasia primitiva correla in maniera diretta con la possibilità di metastasi ai linfonodi locoregionali e molto spesso condiziona la prognosi. Metastasi: molto spesso associate alla presenza di angioinvasione. ER (recettore per l'estrogeno): l'espressione del recettore estrogenico è prettamente nucleare l'espressione del recettore estrogenico si rivela con l'impiego di tecniche immunoistochimiche → applicando un cromogeno (diaminobenzidina), i nuclei delle cellule che esprimono il recettore estrogenico si colorano con tonalità che vanno dal nero al marroncino si tratta di una metodica semiquantitativa: non tutte le cellule che compongono il tessuto neoplastico esprimono l'antigene in misura identica → a seconda della quantità di antigene espresso nel nucleo, ogni singola cellula si colora più o meno intensamente in una gamma che va dal nero al marroncino → esiste un gradiente di colorazione all'immunoreattività: l'espressione del recettore estrogenico da parte delle cellule di un carcinoma mammario può variare, dimodoché alcuni nuclei appaiano neri, mentre altri, meno intensamente colorati, appaiano marroncini → anche se non tutte le cellule si colorano con uguale intensità, se si colorano vuol dire che esprimono comunque in qualche pur minima misura il recettore per l'estrogeno → l'espressione del recettore per l'estrogeno ha importantissime implicazioni terapeutiche l'espressione del recettore per l'estrogeno ha importantissime implicazioni terapeutiche → i tumori ERpositivi sono in grado di rispondere sia alla chemioterapia convenzionale che alla TERAPIA ANTIESTROGENICA → la scelta del protocollo terapeutico ottimale è finalizzata a ottenere il massimo vantaggio terapeutico con il minimo disagio per la paziente: paziente di 38 anni con carcinoma mammario ER-positivo altamente indifferenziato e linfangite carcinomatosa → combinazione di terapia anti-estrogenica e chemioterapia convenzionale paziente di 75-80 anni con carcinoma mammario ER-positivo → il protocollo d'elezione è la terapia anti-estrogenica paziente di 80 anni con carcinoma mammario ER-positivo, con lunga storia clinica di spondilite e rachide anchilosato → la paziente è inoperabile: in questa situazione, peraltro abbastanza frequente, si ricorre alla terapia anti-estrogenica allo scopo di far sopravvivere la paziente il più a lungo possibile. PGR (recettore per il progesterone): discorso analogo al recettore per l'estrogeno. HercepTest: studia l'espressione della proteina HER2/erbB2 da parte delle cellule di un tessuto kit molto semplice e altamente riproducibile → più semplice è la metodica, maggiore è la sua riproducibilità proteina HER2/erbB2: codificata dal gene neu, situato sul cromosoma 17 HER2/erbB2 è un membro della famiglia dei recettori per fattori di crescita EGF/erbB, che include anche l'epidermal growth factor receptor (EGFR o HER1), HER3/erbB3 e HER4/erbB4 dotata di attività tirosin-chinasica → l'interazione con lo specifico ligando extracellulare attiva il recettore → autofosforilazione della porzione intracellulare del recettore → innesco della cascata di trasduzione del segnale intracellulare l'iperespressione dei recettori HER2/erbB2 determina un'eccessiva trasmissione di segnali proliferativi al nucleo della cellula trasformata, causando un aumento del ritmo di crescita del clone neoplastico HER2/erbB2 è una proteina di membrana, situata alla superficie della cellula → la tecnica colora la membrana citoplasmatica delle cellule che esprimono il recettore HER2/erbB2 → HercepTest assegna uno score al grado di espressione di HER2/erbB2 sulla membrana plasmatica: negativo/0 1+ → meno del 10% di cellule con positività di membrana 2+ → dal 10% al 50% di cellule con positività di membrana 3+ → positività di membrana eclatante, così ampia da "sporcare" apparentemente il citoplasma gli score 1+ e 2+ corrispondono a una positività di membrana incerta → nei casi dubbi occorre valutare l'eventuale amplificazione del gene che codifica HER2/erbB2 ricorrendo a prove di ibridazione in situ (FISH o SISH): l'amplificazione genica è sempre presente nei tumori con score 3+ l'amplificazione genica è presente in una parte dei tumori con score 2+ l'amplificazione genica è rara nei tumori con score 1+. 11. MIB-1 e Ki67: anticorpi utilizzati nella valutazione dell'indice proliferativo dei tumori il Ki67 reagisce con una proteina nucleare non istonica correlata con tutte le fasi del ciclo cellulare eccetuata la fase G0 → il Ki67 mette in evidenza le cellule non-resting (non quiescenti) diversamente da altri marcatori come la timidina triziata e la bromodesossiuridina (BrdU), che vedono solo la fase S, Ki67 è un indice di proliferazione che vede tutte le fasi del ciclo cellulare esclusa G0: timidina triziata e bromodesossiuridina sono due analoghi di basi azotate → messe a disposizione delle cellule di un tessuto, entrano in competizione con le basi puriniche e pirimidiniche per l'inserimento nella molecola di DNA durante la biosintesi dal momento che non è possibile somministrare direttamente la timidina triziata o la bromodesossiuridina al paziente prima dell'intervento per studiare l'indice di sintesi del DNA dell'intero carcinoma, la metodica prevede: prelievo di campioni tumorali di 1mm3 → incubazione dei campioni con timidina triziata o bromodesossiuridina a 37°C per una o due ore → allestimento del blocchetto istologico → studio immunoistochimico con un anticorpo anti-timidina triziata o anti-bromodesossiuridina la metodica consente di visualizzare solo le cellule in fase di sintesi del DNA (con la doppia elica aperta) → la timidina triziata e la bromodesossiuridina mettono in evidenza esclusivamente la biosintesi del DNA che prelude alla divisione cellulare, mentre MIB-1 e Ki67 mostrano le cellule non-resting, quindi cellule in qualsiasi fase del ciclo cellulare (G1, G2, S, mitosi) eccettuata la fase quiescente (G0) il Ki67 è un anticorpo → il saggio del Ki67 può essere eseguito direttamente sul campione istologico, senza i complessi passaggi preparatori necessari nelle altre metodiche il Ki67 è sul mercato da molti anni ed è molto più riproducibile rispetto ad altre metodiche l'espressione del Ki67 è un indice di proliferazione della neoplasia che correla con la prognosi del tumore → solitamente, maggiore l'attività proliferativa della neoplasia, migliore la risposta ai protocolli chemioterapici → l'indice di proliferazione del carcinoma è un parametro necessario per impostare la terapia. Classificazione molecolare (molecular profiling) dei carcinomi mammari: ER, PGR, HercepTest e Ki67 sono quattro parametri imprescindibili della diagnosi istopatologica di carcinoma mammario i quattro parametri consentono la classificazione dei carcinomi mammari in quattro profili molecolari la classificazione molecolare individua quattro specifici profili di aggressività biologica, defininendo quattro gruppi di carcinomi mammari che rispondono diversamente alle terapie classificazione molecolare dei carcinomi mammari: profili tumorali ormono-dipendenti: PROFILO LUMINALE A: ER-positivo → ER espresso nel nucleo PGR-positivo → PGR espresso nel nucleo HER2/erbB2-negativo (HercepTest negativo) → HER2/erbB2 non espresso sul plasmalemma PROFILO LUMINALE B: ER-positivo → ER espresso nel nucleo PGR-positivo → PGR espresso nel nucleo HER2/erbB2-positivo (HercepTest positivo) → HER2/erbB2 espresso sul plasmalemma o gene amplificato → verifica dell'amplificazione genica con FISH o SISH quando lo score di HercepTest è 1+ o 2+ profili tumorali ormono-indipendenti: TRIPLO NEGATIVO: ER-negativo → ER non espresso nel nucleo PGR-negativo → PGR non espresso nel nucleo HER2/erbB2-negativo (HercepTest negativo) → HER2/erbB2 non espresso sul plasmalemma HER2-OVEREXPRESSING: ER-negativo → ER non espresso nel nucleo PGR-negativo → PGR non espresso nel nucleo HER2/erbB2-positivo (HercepTest positivo) → HER2/erbB2 iperespresso sul plasmalemma; il gene è sempre amplificato. Profilo luminale A: ER+, PGR+, HER2/erbB2 profilo molecolare più frequente → il 70% dei carcinomi mammari rientra nel profilo luminale A i carcinomi mammari con profilo luminale A si caratterizzano per: associazione con: età più avanzata HRT (Hormonal Replacement Therapy, terapia ormonale sostitutiva) basso grado istologico → grado 1 (G1) o grado 2 (G2) secondo Elston-Ellis basso indice di proliferazione prognosi migliore rispetto agli altri tre profili farmaci d'elezione nel trattamento del carcinoma mammario con profilo luminale A: terapia anti-estrogenica (TAMOXIFENE) inibitori delle aromatasi. Profilo luminale B: ER+, PGR+, HER2/erbB2+ il 10% dei carcinomi mammari rientra nel profilo luminale B i carcinomi con profilo luminale B si caratterizzano per: picco d'incidenza più precoce → interessano una fascia di età più giovane rispetto al profilo luminale A grado istologico più elevato o, nel caso di carcinomi non gradati, tumori a maggiore aggressività biologica intrinseca prognosi più sfavorevole rispetto ai tumori con profilo luminale A, ma migliore rispetto agli altri due profili ormono-indipendenti meno responsivi alla terapia anti-estrogenica e agli inibitori delle aromatasi → il trattamento farmacologico d'elezione per il carcinoma mammario con profilo luminale B consiste in: taxani capecitabina. Triplo negativo: ER-, PGR-, HER2/erbB2 il 15% dei carcinomi mammari rientra nel profilo molecolare triplo negativo i carcinomi mammari che rientrano nel profilo molecolare triplo negativo si caratterizzano per: associazione con: età più giovane etnia afroamericana obesità pazienti portatrici di mutazioni del gene BRCA1 → in queste pazienti, il triplo negativo è il profilo molecolare più comune di carcinoma mammario cellule neoplastiche con fenotipo di cellula basale: l'unità terminale duttulo-lobulare, dalla quale derivano tutti i carcinomi mammari, esprime prevalentemente la citocheratina (CK7) → la maggior parte dei carcinomi mammari sono diffusamente CK7-positivi, analogamente ad altre neoplasie maligne come il colangiocarcinoma e il cancro del polmone la coespressione di CK7 (citocheratina 7) e ER (recettore estrogenico) negli eventi metastatici è altamente indicativa di neoplasia a istogenesi mammaria → una metastasi CK7+ e ER+ proviene molto verosimilmente da una neoplasia primitiva della mammella la cellula basale è un progenitore epiteliale che consente il mantenimento del turnover cellulare di tutti gli epiteli → le cellule basali esprimono citocheratine ad alto peso molecolare (HMWCK, High Molecular Weight CytoKeratins) → le cellule neoplastiche del carcinoma mammario triplo negativo esprimono le citocheratine tipiche della cellula basale: bassa espressione di citocheratina 7 (CK7) alta espressione di citocheratine ad alto peso molecolare (HMWCK) espressione di p63 → marcatore che contraddistingue le cellule basali; ampiamente utilizzato nella diagnostica prostatica per identificare piccoli focolai carcinomatosi, caratterizzati dalla perdita delle cellule basali prognosi peggiore rispetto ai profili luminali A e B i carcinomi mammari tripli negativi non esprimono i recettori estrogenici, non esprimono i recettori progestinici e non esprimono HER2/erbB2 → la terapia anti-estrogenica e quella specifica antiHER2/erbB2 non hanno alcun effetto → non esistono alternative alla chemioterapia: bisogna ricorrere direttamente a protocolli chemioterapici complessi a base di: carboplatino inibitori di polimerasi (inibitori della PARP-1). HER2/erbB2-overexpressing: meno del 5% dei carcinomi mammari rientra nel profilo molecolare HER2-overexpressing i carcinomi mammari HER2-overexpressing si caratterizzano per: picco d'incidenza precoce → interessano donne relativamente molto giovani (30-35 anni) nessuna associazione con sovraesposizione estrogenica → non sono dovuti a eccessiva esposizione agli estrogeni (terapia ormonale sostitutiva, etc) prognosi peggiore in assoluto tra i quattro profili molecolari: la prognosi è ulteriormente aggravata da altri criteri prognostici negativi: giovane età della paziente (vedi paragrafo "Fattori prognostici") istotipi ad elevata aggressività biologica → carcinomi duttali ad alto grado, carcinomi micropapillari, carcinomi lobulari pleomorfi marcata tendenza a sviluppare metastasi cerebrali entro 5 anni dall'intervento chirurgico → le metastasi cerebrali sono intrattabili perché i farmaci non passano la barriera emato-encefalica → le metastasi cerebrali correlano invariabilmente con una prognosi infausta e una scadente qualità della vita restante l'approccio terapeutico al carcinoma mammario che iperesprime HER2/erbB2 si avvale dell'impiego di: anticorpi monoclonali anti-HER2/erbB2 (TRASTUZUMAB, nome commerciale "Herceptin") → l'anticorpo monoclonale agisce come farmaco biologico, che riconosce ed elimina la sua cellula bersaglio → l'anticorpo monoclonale agisce in modo mirato e specifico sulle cellule che esprimono HER2/erbB2 inibitori del sito catalitico di HER2/erbB2 chemioterapia → pur traendo giovamento dall'impiego del trastuzumab, il trattamento farmacologico non può prescindere dalla chemioterapia: fino a qualche anno fa, il trastuzumab era utilizzato esclusivamente nel trattamento del carcinoma mammario metastatico recenti studi epidemiologici hanno dimostrato che le pazienti che iniziano la terapia biologica con trastuzumab contemporaneamente alla chemioterapia convenzionale hanno un tempo libero da malattia molto più lungo e una riduzione del rischio di metastasi cerebrali → il trastuzumab è diventato un farmaco di prima scelta (di prima linea) insieme alla chemioterapia. CARCINOMI IN SITU DELLA MAMMELLA (LESIONI NON PALPABILI DELLA MAMMELLA) Generalità: il carcinoma in situ è per definizione una neoplasia che non ha superato la membrana basale → la rimozione chirurgica del carcinoma in situ corrisponde alla guarigione completa, senza bisogno di alcun ulteriore trattamento farmacologico (la paziente dev'essere comunque seguita con un follow-up, perché è a rischio di sviluppare un altro carcinoma nella stessa mammella o in quella controlaterale) il carcinoma in situ non forma il nodulo, pertanto è una lesione non palpabile della mammella → percorso diagnostico: 1) esame obiettivo → irregolarità palpatorie: possono sottendere alterazioni legate a disturbi funzionali (mastopatia cistica, adenosi sclerosante) o alterazioni maligne 2) ecografia → addensamento, micronodularità 3) mammografia → il carcinoma mammario in situ include frequentemente microcalcificazioni: le microcalcificazioni non sono visibili all'ecografia, ma esclusivamente con la mammografia o, ancor meglio, con la risonanza magnetica non tutte le microcalcificazioni sono patologiche: le donne che hanno allattato possono presentare microcalcificazioni irregolari e aspecifiche, dette "calcificazioni distrofiche" o "calcificazioni di tipo funzionale" le microcalcificazioni sospette per patologia neoplastica associata sono molto evidenti all'esame radiografico, hanno confini irregolari e un aspetto grossolano → diagnosi radiografica di microcalcificazioni sospette per lesione proliferativa (patologia neoplastica) associata approccio terapeutico al sospetto carcinoma in situ della mammella → l'algoritmo terapeutico dipende dalle dimensioni delle microcalcificazioni: microcalcificazioni relativamente piccole (1-1,5cm o meno) → tecnica del mammotome: asportazione mini-invasiva di tutte le aree contenenti microcalcificazioni con un apposito ago sotto controllo radiologico → l'asportazione avviene per morcellamento, cioè per rimozione di frammenti tissutali dalla zona contenente le microcalcificazioni → l'intervento continua fino alla completa scomparsa delle microcalcificazioni dall'immagine radiologica; il materiale asportato è inviato all'esame istologico definitivo; vantaggi del mammotome: si opera in anestesia locale → la paziente non deve subire l'anestesia generale svantaggi del mammotome: essendo una tecnica nuova, occorre personale in grado di praticarla correttamente → un'applicazione non corretta o troppo protratta può dar luogo ad emorragie intramammarie, che richiedono un trattamento chirurgico microcalcificazioni di grandi dimensioni (3-4cm) → le microcalcificazioni non possono essere rimosse con la tecnica del mammotome → la zona contenente le microcalcificazioni dev'essere rimossa mediante intervento chirurgico: trattandosi di lesioni non palpabili, è necessario evidenziare in qualche modo le aree patologiche per consentirne l'identificazione e la rimozione in sede operatoria → poco prima dell'intevento, le microcalcificazioni sono individuate all'esame radiologico e contrassegnate con un marcatore: carbone vegetale tecnezio 99 (utilizzato anche per il linfonodo sentinella) si pratica un'incisione in prossimità della zona sospetta → si ricerca l'area contrassegnata con il carbone vegetale o, se è stato utilizzato il tecnezio 99, si identifica la zona di emissione radioattiva con l'aiuto di una sonda → si asporta l'area patologica contrassegnata dal marcatore si esegue un radiogramma del pezzo chirurgico per: verificare che le microcalcificazioni siano state integralmente rimosse confrontando le microcalcificazioni evidenziate dalla mammografia diagnostica con quelle mostrate dal radiogramma del frammento asportato verificare che il frammento patologico resecato sia circondato da un buon margine di tessuto sano → conferma della bonifica oncologica sia il pezzo chirurgico che il radiogramma sono inviati all'esame istologico definitivo: su questo tipo di campione l'esame estemporaneo non si fa MAI perché distrugge il materiale in esame l'esame istologico deve: verificare che le microcalcificazioni siano effettivamente presenti (non dimentichiamo le implicazioni medico-legali del lavoro d'équipe) studiare la natura delle lesioni individuate. Classificazione → analogamente alla controparte invasiva, si distinguono in: carcinoma lobulare in situ carcinoma duttale in situ. Carcinoma duttale in situ: Cancerogenesi del carcinoma duttale in situ (carcinoma intraduttale della mammella): neoplasia duttale intraepiteliale → Ductal Intraepithelial Neoplasia (DIN) tappe della progressione neoplastica del carcinoma duttale in situ: 1) iperplasia duttale usuale (semplice) 2) neoplasia duttale intraepiteliale grado 1A 3) neoplasia duttale intraepiteliale grado 1B 4) neoplasia duttale intraepiteliale grado 1C 5) neoplasia duttale intraepiteliale grado 2 6) neoplasia duttale intraepiteliale grado 3 le tappe della cancerogenesi duttale rispecchiano un aumento del grado di atipia citologica (aumento della bizzarria morfologica dei nuclei) nel contesto di una lesione neoplastica che non ha ancora superato la membrana basale → il carcinoma si trova ancora completamente all'interno del dotto la cancerogenesi del dotto mammario è concettualmente sovrapponibile alla progressione neoplastica della cervice uterina → neoplasia cervicale intraepiteliale (Cervical Intraepithelial Neoplasia, CIN): CIN 1 o displasia lieve: la displasia interessa il terzo inferiore dell'epitelio CIN 2 o displasia moderata: la displasia interessa i due terzi inferiori dell'epitelio CIN 3 o displasia severa: la displasia interessa il tessuto a tutto spessore carcinoma in situ: neoplasia limitata all'epitelio che non supera la membrana basale carcinoma microinvasivo carcinoma invasivo a tutti gli effetti le tappe della cancerogenesi duttale possono essere compresenti in uno stesso frammento di tessuto mammario, dall'iperplasia usuale semplice dei dotti, che non ha ancora significato di precancerosi, fino alla neoplasia duttale intraepiteliale grado 3 (DIN3), lesione precancerosa vera e propria in base al grado di atipia nucleare e per il diverso significato biologico, i carcinomi duttali in situ si distinguono in: carcinomi in situ (intraduttali) a basso grado → scarsa atipia citologica: la morfologia dei nuclei è piuttosto ripetitiva, il numero di mitosi è basso; a seconda della modalità di aggregazione delle cellule neoplastiche, il carcinoma in situ può assumere una conformazione solida, cribriforme, micropapillare, etc carcinomi in situ (intraduttali) ad alto grado: COMEDOCARCINOMA → marcata atipia citologica: sono ancora carcinomi in situ, ma con una popolazione neoplastica altamente indifferenziata → le singole cellule neoplastiche sono ad elevata aggressività biologica intrinseca. Comedocarcinoma (carcinoma comedonico): la lesione neoplastica maligna è costituita da numerosissimi dotti: i dotti sono rivestiti da cellule neoplastiche maligne ad alto grado di atipia citologica i dotti hanno un'area centrale di necrosi, talvolta calcificata → microcalcificazioni radiologicamente evidenti la giustapposizione delle aree centrali di necrosi di centinaia di dotti conferisce al carcinoma un aspetto macroscopico comedonico, che ricorda i brufoli schiacciati → sezionando la neoplasia con un bisturi, ne fuoriescono piccoli vermicelli di materiale necrotico purulento di colore giallastro i carcinomi intraduttali a basso grado sono generalmente piccole lesioni di 3-4-6mm con microcalcificazioni; il carcinoma comedonico invece è una lesione di grandi dimensioni, che può anche raggiungere 4-5cm o più nel 2% dei casi la lesione è sottostadiata: il presunto comedocarcinoma in realtà non è più in situ, pertanto può dare metastasi linfonodali e sistemiche (solitamente epatiche): la sottostadiazione è dovuta all'incapacità dell'esame istologico di individuare nel materiale la presenza di focolai di microinvasione → il focolaio microinvasivo è costituito da singole cellule che superano la membrana basale, passando dal versante intraduttale allo stroma mammario → il focolaio microinvasivo può essere costituito da poche cellule (talvolta solo 3 o 4), difficilmente individuabili nel contesto dello stroma mammario infiammato i comedocarcinomi, specialmente quelli di grandi dimensioni (5-6-7cm), devono essere studiati con la massima perizia per escludere la presenza di eventuali focolai microinvasivi → la diagnosi istologica richiede tempi di esecuzione relativamente lunghi (anche 20 giorni) e si avvale di: inclusione dell'intero campione sezioni seriali e studio di tutti i livelli impiego della citocheratina 7 (CK7) per evidenziare le cellule duttali maligne che invadono lo stroma le singole cellule che invadono lo stroma sono altamente indifferenziate, quindi ad elevatissima aggressività biologica → finché rimangono all'interno del dotto sono innocue, ma dal momento che oltrepassano la membrana basale, entrando in contatto con i vasi ematici e linfatici, le cellule tumorali fortemente anaplastiche aprono la strada alla diffusione sistemica della neoplasia → nonostante le dimensioni estremamente ridotte, i focolai microinvasivi rappresentano la prima, imprescindibile tappa della disseminazione metastatica del carcinoma → la malattia metastatica che ne deriva è molto severa e può manifestarsi in tempi brevi dopo l'intevento chirurgico (un anno, ma anche un mese) carcinoma microinvasivo: l'invasione non supera 1mm non più di 3 focolai microinvasivi → se sono presenti più di tre focolai microinvasivi è da considerarsi un carcinoma invasivo a tutti gli effetti la ricerca dei focolai microinvasivi è estremamente importante ai fini della prognosi → la presenza di focolai microinvasivi modifica completamente la prognosi del comedocarcinoma → le pazienti con carcinoma microinvasivo, soprattutto se giovani (premenopausa), devono essere trattate come se avessero un carcinoma invasivo a tutti gli effetti. Malattia di Paget del capezzolo: manifestazione rara associata al carcinoma mammario duttale in situ o invasivo si presenta come una reazione eritematosa unilaterale del capezzolo con una crosta scura, talora pruriginosa → la lesione può essere scambiata per eczema le cellule neoplastiche maligne (cellule di Paget) migrano dal carcinoma duttale d'origine attraverso il sistema duttale e i seni galattofori fino alla cute del capezzolo, senza superare la membrana basale le cellule di Paget interrompono la continuità dell'epidermide del capezzolo, provocando una fuoriuscita di fluido extracellulare dal capezzolo le cellule di Paget sono facilmente evidenziabili tramite biopsia del capezzolo o esame citologico del secreto. Carcinoma lobulare in situ: progressione neoplastica del carcinoma lobulare in situ (secondo Tavassoli): neoplasia lobulare intraepiteliale → Lobular Intraepithelial Neoplasia (LIN): 1) neoplasia lobulare intraepiteliale grado 1 → LIN1 2) neoplasia lobulare intraepiteliale grado 2 → LIN2 3) neoplasia lobulare intraepiteliale grado 3 → LIN3 la neoplasia lobulare intraepiteliale consiste in una progressiva espansione e fusione dei lobuli mammari, associata a modificazioni morfologiche delle cellule lobulari: le modificazioni morfologiche delle cellule lobulari non arrivano mai all'atipia citologica vera e propria → diversamente dal concetto di "neoplasia duttale intraepiteliale" (DIN), il concetto di "neoplasia lobulare intraepiteliale" (LIN) si riferisce più all'aumento volumetrico dei lobuli che all'atipia citologica (quindi all'aggressività delle singole cellule) → la LIN non fa riferimento al grado di atipia citologica, ma al progressivo aumento volumetrico del lobulo coinvolto nel processo → nonostante tutto ciò, la neoplasia lobulare intraepiteliale può ovviamente evolvere prima a carcinoma lobulare in situ, poi a carcinoma lobulare invasivo la LIN può rappresentare un riscontro accidentale in corso di: core biopsy eseguita per altri motivi rimozione di porzioni di mammella mastopatica di dubbia natura una volta diagnosticata, la neoplasia duttale intraepiteliale richiede in tutti i casi il trattamento chirurgico: trattamento chirurgico mini-invasivo → mammotome trattamento chirurgico invasivo → chirurgia tradizionale trattamento della LIN → protocollo di Torino (professoressa Savino): LIN ad alto grado con marcata atipia nucleare fino al pleomorfismo nucleare vero e proprio (raramente) → escissione chirurgica della lesione LIN a basso grado (LIN 1 o 2) → esiste un rischio molto elevato, ma non l'assoluta certezza, che la lesione progredisca a carcinoma lobulare → attento follow-up clinico della paziente, per intervenire prontamente in caso di insorgenza del carcinoma lobulare il carcinoma lobulare in situ non mostra la tendenza ad associarsi a microcalcificazioni → il carcinoma lobulare in situ passa inosservato molto più frequentemente rispetto al carcinoma duttale in situ; in alcuni casi può essere adiacente a microcalcificazioni presenti nel tessuto duttale limitrofo → rimuovendo l'area mammaria contenente microcalcificazioni con il mammotome si riscontra anche la presenza di un carcinoma lobulare in situ. CARCINOMA MAMMARIO INFIAMMATORIO patologia neoplastica dalla presentazione drammatica, fortunatamente sempre meno frequente incide principalmente tra: pazienti giovani pazienti che hanno recentemente allattato la crescita del tumore avviene quasi esclusivamente lungo la via linfatica → il tumore primitivo non si accresce dimensionalmente nel sito d'origine, per cui può anche essere piccolissimo, ma diffonde rapidamente lungo la via linfatica generando focolai di crescita nell'ambito di tutta la mammella l'aspetto mammografico è devastante → il carcinoma infiammatorio si presenta con una miriade di addensamenti sparsi in tutta la mammella, spesso contenenti calcificazioni aspetto istologico → il tessuto mammario appare sovente fibrotico, mastopatico, zaffato da focolai carcinomatosi distribuiti lungo la via di drenaggio linfatico trattamento → su un carcinoma del genere non è possibile intervenire chirurgicamente in prima istanza: 1) si eseguono biopsie per studiare il profilo molecolare del tessuto neoplastico (ER, PGR, HercepTest, HER2/erbB2) e l'indice di proliferazione → il carcinoma infiammatorio è quasi sempre ad alto indice proliferativo 2) chemioterapia neoadiuvante citoriduttiva → trattandosi di neoplasie ad elevato indice proliferativo, la chemioterapia serve a citoridurre significativamente (o comunque il più possibile) la massa neoplastica in previsione dell'intervento chirurgico; la chemioterapia neoadiuvante citoriduttiva è sempre più spesso proposta anche per carcinomi mammari di dimensioni superiori a 3cm, nel tentativo di citoridurre il più possibile la massa per essere massimamente conservativi durante l'intervento chirurgico, evitando la mastectomia totale 3) rimozione chirurgica → per quanto riguarda il carcinoma mammario infiammatorio, non è possibile agire in maniera conservativa: è indispensabile praticare la mastectomia totale perché, per quanto citoridotta farmacologicamente, la neoplasia coinvolge tutta la mammella 4) ricostruzione mammaria → le opzioni di ricostruzione della mammella dopo mastectomia totale variano completamente a seconda dell'estensione e delle caratteristiche istologiche della neoplasia rimossa → occorre stratificare le pazienti a seconda della malattia neoplastica di base, adattandovi modalità e tempistiche dell'intervento ricostruttivo.