Giornale di Brescia
spettacoli 17
Lunedì 30 Agosto 2010
Monologhi di aspiranti attori davanti al grande maestro
Laura Mantovi ci parla dello spettacolo «Provini», stasera in scena a Toscolano con interpreti ciechi o con altri handicap
TOSCOLANO «Uno è quello tutto new age,
l’altro sa sempre tutto, uno invece viene dalla campagna e non ha mai fatto teatro...
Tutti e sei insieme si ritrovano nel foyer di
un teatro, o direttamente sul palco. Un fantomatico "grande maestro", regista-demiurgo alla Kubrick, li aspetta. Nel buio si sente
una voce. L’adrenalina sale. Da Bertolt Brecht a Baricco, da Cyrano a Molière, gli aspiranti attori tengono pronti i loro monologhi...». Per i «Provini», come recita il titolo
L’attrice bresciana Laura Mantovi, regista di «Provini»
dello spettacolo anticipatoci dalla regista
Laura Mantovi, nome noto anche come attrice e cantante della scena bresciana (di recente sul palco del Vittoriale in «Annabella
Wharton» diretta da Sara Poli) che da cinque anni si è lanciata anche nell’avventura
di dirigere la compagnia OltreConfine, un
gruppo di attori diversamente abili, sempre
più agguerriti e autoironici, facenti parte
dell’Unione italiana ciechi di Brescia.
Stasera lunedì 30 alle 21 saranno al Centro di Eccellenza della Valle delle Cartiere
di Toscolano Maderno per il festival Di-verso. Sul palco Paolo Ambrosi, Cristina Bandiera, Gianni Binetti, Grazia Leone, Terry
Vito e la leggenda del matt Ligabò
Il comico a Toscolano ha fatto rivivere stralci di vita del reietto-pittore Ligabue
attraverso la mitobiografia che ne costruì Cesare Zavattini, poi protagonista
TOSCOLANO MADERNO «Se dovessi narrare in una riga / la storia di
Ligabue... - comincia la frase l’attore in un crescendo pieno di suspense. Poi lascia andare il fiato e un sorriso liberatorio -, direi che era meraviglioso come noi». Così si chiude la
vicenda umana e artistica di Antonio Ligabue detto Toni (18991965), nella versione poetico-amichevole-realistico-fantastica di Cesare Zavattini per l’interpretazione
dolce e stralunata del comico Vito,
al secolo Stefano Bicocchi. E tra
stralci di una vita ai margini e di quadri eccezionali (come una selva di
personaggi spuntano coloratissimi,
alle spalle del leggio e dell’attore: autoritratti, animali esotici e paesaggi
campestri su tavole o scatole di legno), che si fondono gli uni negli altri, si dipana questo racconto-lettura che ci parla del grande pittore Ligabue, dell’eccentrico e vitale Zavattini, della vita e della morte, dell’attore che li rivive e infine anche di noi
pubblico che ormai ci siamo persi
con lo sguardo dietro l’emiliana «terra grassa» che il pittore vedeva dalla
motocicletta.
Un bel crescendo, in cui si entra
incerti in punta di piedi come in terra straniera e si esce entusiasti e autoctoni, quello dello spettacolo «Toni Ligabue», in scena sabato 28 sera
per il Festival Di-verso a Toscolano
Maderno (CFentro di Eccellenza al
Museo delle cartiere). Regia del bresciano Silvio Peroni, produzione
Pierfrancesco Pisani, scenografia
Erasmo Massetti, musiche Antonio
Di Pofi.
Ligabue, «ul matt Ligabò», più
volte dentro e fuori il manicomio di
Reggio Emilia, si identificava con le
bestie domestiche e feroci che dipingeva e scolpiva mimandole (ruggiva, abbaiava, e urlava quando finiva
l’opera), e vedeva le campagne coltivate e le boschine selvatiche attorno al Po come giungle. Ma «ul
matt», isolato e deriso perché strambo e reietto, diventerà pittore molto
apprezzato pochi anni prima della
morte e, dopo, i suoi quadri varranno addirittura «milioni», come spiega il filmato dell’Istituto Luce pro-
iettato prima dello spettacolo e realizzato nel ’75, decennale della morte e occasione per una mostra antologica a Gualtieri, la cittadina emiliana in cui il pittore visse dal 1919.
Zavattini, che conobbe Ligabue,
in questo poemetto in versi liberi va
ben oltre la classica biografia, introducendo dettagli di vita, dai più crudi ai più comici, dalla «michela» che
gli colava dal naso e tenne lontano
anche il famoso sceneggiatore dal
dargli la mano, fino all’eccezionalità
dell’artista «il cui livello intellettuale / si legge / nella relazione Zonta /
era modesto», ma «con un giallo più
forte o meno / fa garantire a uomini
che sanno: / è un artista straordinario». Tanto che, morto l’artista, il farmacista si informa, con ansia crescente, dallo scrittore sul valore dei
quadri del pittore posseduti. Perché Ligabue comprava le cose «a
quadri»: 30 per una motocicletta,
meno per la frutta. Vito si fa narratore-Zavattini o bofonchia parole in
dialetto, la voce gutturale, come il
pittore o personaggi popolari che
spuntano dai quadri.
Ma la resa dell’attore ha un’impennata, anche fisica, sul finale,
quando terminato il poema per Ligabue, dà vita ad alcune poesie dialettali di Zavattini. È lo stesso VitoZavattini (freneticamente gesticolante come lo sceneggiatore) ad introdurcele, ricordando quando alla
scuola di teatro di Bologna lo scrittore chiese a un volontario per una
sberla. Una mano, lesta, si alzò... Dopo la fervente ed ironica passione zavattiniana «universale», sostiene)
per la donna e le sue parti più recondite, nel gran finale che strappa applausi, spunta pure un Dio ironico
che, indispettito per il culto della
donna e l’irriverenza, gli confida in
gran segreto: «Solo a te / faccio sapere che non esisto».
Simone Tonelli
Vito con alle spalle un autoritratto di Ligabue
ed una veduta del Museo delle cartiere
Stanga, Cosetta Trapletti. A precedere alle
20.30 l’«aperitivo di teatro» con «La corte
dei miracoli», a seguire alle 23 «Miss Cissy
Stuff», 20 minuti di storia di un transessuale nel braccio della morte. L’ingresso è gratuito; obbligatoria la prenotazione ai numeri 0365.546064; 546023.
Come è nata questa esperienza? «Quasi
per scherzo - ci risponde la Mantovi -, alla
fine di un corso teatrale annuale abbiamo
provato a mettere in scena uno spettacolo,
"Il piccolo principe". La passione è cresciuta
e due anni fa siamo stati invitati sempre dall’assessore Basile con "Il fantasma di Canterville"; l’anno scorso è stato pieno di vicen-
Il Poetico di Gavardo
completa a Manerba
la trilogia dedicata
alla signora Maria
Paola Rizzi, «signora Maria»
de dolorose, ma abbiamo anche vinto a Gargnano il premio "Callegari" dedicato ad arte
ed handicap». E come fanno gli attori, perdonate la domanda, a leggere il copione? «Il
bello di questo gruppo, costituito da quattro non vedenti, un ipovedente e una ragazza normovedente ma sulla sedia a rotelle, è
che ci reinventiamo tutto, ognuno ha le sue
caratteristiche. Il copione è in braille, ma
c’è chi preferisce il decoder del computer...
alla fine per dare le indicazioni di regia uso
il cd, che possono ascoltare tutti, anche i nostri simpatici amici, i cani guida, fra cui la
mascotte, la piccola Michel, una cagnolina
di razza Labrador».
s. ton.
«Una cosa sola»:
Fausto Ghirardini
in San Giuseppe
inscena il Cenacolo
L’attore/regista Fausto Ghirardini
MANERBA Debutta stasera alle 20.30 nel-
BRESCIA Nell’ambito di Agorà (la Chiesa nel-
l’Agriturismo La Filanda di Manerba, per Acque e Terre festival, la nuova produzione del
Teatro Poetico di Gavardo, «Non sono una signora», ultima parte della trilogia scritta e diretta da John Comini (collabora Peppino Coscarelli) dedicata all’anziana signora Maria, interpretata da Paola Rizzi, già protagonista nel
2008 di «Paese mio» e nel 2009 di «Non voglio
mica la luna». Come i precedenti, anche il nuovo spettacolo si configura come un teatro popolare in cui si sorride su problemi e situazioni dei nostri tempi, non disdegnando tocchi di
malinconia. Ingresso libero (se piove sarà definita una nuova data), info 030.3759792 www.
acqueterrefestival.it
Il Teatro Poetico di Gavardo, attivo dal
1976, ha prodotto numerosi spettacoli, molti
dei quali in lingua dialettale bresciana, senza
mai cascare nei cliché tipici di questa forma di
rappresentazione scenica. Anche in questo
spettacolo emerge il rapporto tra passato e
presente, tra modi di vivere differenti: la signora Maria partecipa al matrimonio della nipote
e ne succedono di tutti i colori; dall’invito a
nozze alla cerimonia in chiesa al pranzo in un
ristorante di lusso, la nonna si trova nel vortice di equivoci, personaggi umoristici e vecchie
fiamme che riaffiorano dal passato. È l’occasione per riflettere sull’amore, sui giovani e sul
ritmo caotico della modernità: le piccole dosi
di saggezza della signora Maria la salveranno
da situazioni comiche e paradossali e la faranno ripensare ai molti anni passati col suo Piero. «Non sono una signora» replicherà sempre
alle 20.30 il 2 settembre a Odolo, il 4 settembre
a Sabbio Chiese, il 5 settembre a Villanuova
sul Clisi, il 9 settembre a Calcinato e l’11 settembre a Nuvolento.
la città), stasera alle 20.30 in città, nella Chiesa di San Giuseppe, in vicolo San Giuseppe,
andrà in scena «Una cosa sola», una rappresentazione teatrale tratta dalla Lettera pastorale del vescovo Luciano Monari, con la regia
di Fausto Ghirardini, che ne è anche interprete con un gruppo di giovani attori bresciani.
L’iniziativa è a cura di Carlo Susa e si accompagna alla presentazione artistica della stessa
chiesa di S. Giuseppe a cura di don Giuseppe
Fusari, direttore del Museo diocesano.
L’idea di partenza è stata quella di sviluppare teatralmente l’immagine tratteggiata da
mons. Monari nella parte introduttiva della
Lettera: il Cenacolo, visto come momento di
fondazione e punto di riferimento costante
della comunità cristiana. In questo senso, poter contare su un gruppo di giovani interpreti
è fondamentale per cercare di riflettere sul
concetto stesso di comunità come esigenza
«folle» e affascinante di coniugare esigenze individuali e collettive, sfruttando diverse possibilità espressive. Il gruppo di attori può interpretare quello dei discepoli al quale Cristo
stesso, poche ore prima della sua morte e risurrezione, affida il compito di far vivere la prima comunità cristiana della storia, e che sperimenta sin dal primo istante la potenza e le difficoltà, le gioie e i dolori sottesi al processo
che porta individui differenti a scegliere di vivere in comunione. Il teatro, grazie alla sua vocazione mimetica e metaforica, può, non solo
dirci, ma mostrarci questo processo; può farci
intravvedere qualcosa del momento fondativo; può suggerirci la continuità della relazione
che lega noi, uomini battezzati di oggi, ai primi discepoli di Cristo.
Info www.diocesi.brescia.it/agora_2010