I PROCESSI MOTIVAZIONALI, LA COMUNICAZIONE, IL CALCIO E LA METODOLOGIA OPERATIVA di Raffaele Di Pasquale Appunti raccolti durante le lezioni di Psicologia e Comunicazione svolte dai prof. Tubi ed Accame al corso master 2010 Nel calcio sono le squadre più motivate a vincere di più. I giocatori stessi riescono a motivarsi soprattutto prima di una partita. Per un allenatore la cosa importante è: COME POTER STABILIZZARE IL LIVELLO MOTIVAZIONALE. Esiste anche la figura del MOTIVATORE (uno psicologo professionista della mente) a cui alcune squadre affidano il compito di mantenere alta la motivazione, ma un allenatore ben preparato può riuscire nello stesso compito senza affidare ad altri questo aspetto così importante della preparazione agonistica. La cura della motivazione è parte integrante del processo di allenamento e per riuscire in questo l’allenatore deve: conoscere i processi motivazionali, gli atteggiamenti da assumere e i comportamenti da evitare. Lo psicologo potrà intervenire in aiuto dell’allenatore solo quando questi lo richieda. COME SI PUO’ RIUSCIRE A MOTIVARE? E COME E’ POSSIBILE MANTENERE IL GIUSTO LIVELLO DI STABILIZZAZIONE DELLA MOTIVAZIONE? E’ importante conoscere cosa sia la motivazione per poi applicarla sviluppando temi specifici nella pratica sportiva. MOTIVAZIONE: (dal latino MOTUS = movimento),è l’insieme delle ragioni che ci spingono ad agire, è un processo che si verifica nell’organismo e nella mente a causa di alcune necessità o bisogni. Alla base vi sono i bisogni dell’organismo (di natura biologica: fame, sete, sonno, sesso, ecc.) poi vi sono i bisogni di ordine superiore (di tipo sociale: sicurezza, amore, appartenenza, riconoscimento, ecc.). Sono state studiate quindi in generale le MOTIVAZIONI UMANE e nel corso del tempo sono state elaborate diversi modelli di TEORIE DELLA MOTIVAZIONE. Un accenno a qualcuna di queste: La più importante è la TEORIA DI MASLOW (1970): questo modello gerarchico dice che un bisogno cessa di essere motivante quando è soddisfatto, che la motivazione si sviluppa in sequenza partendo dalla soddisfazione dei bisogni fisiologici fino ad arrivare a quelli superiori. La soddisfazione dei bisogni di ordine superiore non è ricercata fino a che i bisogni fisiologici non siano soddisfatti. Ecco la scala: 1 Scala dei bisogni di Maslow AUTOREALIZZAZIONE Sviluppo potenzialità individuali STIMA Autostima e riconoscimento dei colleghi APPARTENENZA affetto, accettazione del gruppo, amore SICUREZZA Protezione dai pericoli, ricerca di figure protettive FISIOLOGICI Fame, sete, sonno Altra teoria è stata elaborata da uno psicoanalista FROMM (1955) che dice che i bisogni non sono determinati dalla società ma sono incorporati nella natura umana secondo l’evoluzione, anche se la società li influenza comunque. I bisogni sono cinque: - bisogno di RELAZIONI, l’uomo a differenza dell’animale che segue l’istinto ha bisogno di amore e comprensione, - bisogno di TRASCENDENZA, l’uomo si eleva al di sopra della natura animale con gli impulsi creativi, che – se ostacolati – fanno diventare l’uomo distruttivo, - bisogno di RADICAMENTO, l’uomo desidera sentirsi parte integrante del mondo, - bisogno d’IDENTITA’, l’uomo vuole essere individuo unico e se non ci riesce ha comunque bisogni di identificarsi con un'altra persona o con un gruppo, - bisogno di un SISTEMA DI RIFERIMENTO, cioè di un modo stabile di comprendere il mondo. Un altro psicoanalista LICHTENBERG (1992) sostiene che ci sono cinque SISTEMI MOTIVAZIONALI DI BASE che comprendono: - il bisogno di REGOLAZIONE PSICHICA delle esigenze fisiologiche, - il bisogno di ATTACCAMENTO e di AFFILIAZIONE, - il bisogno di ESPLORARE, - il bisogno di REAGIRE AVVERSIVAMENTE attraverso l’antagonismo o il ritiro (o entrambi), - il bisogno di PIACERE SESSUALE o di ECCITAZIONE. 2 Questi sistemi sono alla base dello sviluppo, del mantenimento della coesione e della organizzazione del SE’. Nei diversi periodi della vita può prevalere ognuno dei sistemi che quindi crea le spinte motivazionali. Tutti gli studiosi riconoscono l’esistenza di alcune motivazioni di base che possiamo definire UNIVERSALI. Tutti questi concetti appena esaminati possono essere utilizzati nella conduzione di una squadra sportiva. Un primo suggerimento per un allenatore è quindi GARANTIRE LA SODDISFAZIONE DEI BISOGNI PRIMARI E SECONDARI citati: bisogno di AFFILIAZIONE, bisogno di ESPLORAZIONE, bisogno di IDENTITA’, ecc. Il bisogno di RELAZIONE, quindi l’incontro e il confronto con gli altri membri del gruppo avrebbe l’effetto di modulare il comportamento e dare nuova espressione alle componenti caratteriali della persona, durante tutto l’arco della vita. Infatti l’interazione continua con le persone che ci circondano, la comunicazione verbale e non verbale, cambiano il nostro mondo e il nostro cervello e contribuiscono giorno per giorno a proteggere e rinsaldare i risultati di tale cambiamento. Diventa quindi rilevante il ruolo della società sportiva in cui il giocatore opera e l’influenza che l’allenatore determina nella formazione del giovane. La carriera di un calciatore inizia fin dall’infanzia e spesso causa il precoce distacco dalla famiglia, la società sportiva e l’allenatore operano come sostituti della famiglia in quanto essa diventa meno influente. L’attenzione volta da parte della società sportiva e dell’allenatore al rispetto di bisogni motivazionali del giovane può garantire una crescita individuale caratterizzata da comportamenti stabili e coerenti e se gli obiettivi del gruppo coincidono anche con quelli personali, ci saranno le basi per un gruppo vincente. Infatti i giovani cresciuti in società più in sintonia con le loro esigenze, esprimono da adulti comportamenti improntati ad un maggior rispetto di se stessi e degli altri, più senso di responsabilità, maggior autonomia personale e coinvolgimento nell’apprendimento. LA MOTIVAZIONE NELLO SPORT La MOTIVAZIONE è definita: CAUSA CHE DETERMINA IL COMPORTAMENTO. E’ costituita dall’interazione fra gli stimoli che derivano dai bisogni soggettivi e quelli che derivano dalle sollecitazioni dell’ambiente. Alla base della motivazione c’è un’attivazione dell’organismo, una spinta all’azione e alla ricerca nell’ambiente esterno di soddisfare le proprie esigenze. 3 Nel perseguire un determinato obiettivo spesso ci sono ostacoli che richiedono un continuo adattamento delle strategie da adottare per raggiungere lo scopo voluto. Uno studioso (Martens 1991) ha semplificato il tema della motivazione proponendo una riflessione su alcuni fattori alla base della stessa. Tali fattori sono: motivazione INTRINSECA (interna) ed ESTRINSECA (esterna) metodi di motivazione DIRETTI ed INDIRETTI localizzazione del controllo bisogno dell’atleta e motivazione Li esaminiamo: Motivazione INTRINSECA ed ESTRINSECA - Le persone INTRINSECAMENTE motivate hanno un impulso interiore ad essere competenti ed autodeterminate, a gestire le proprie mansioni ed esplicarle con successo (ad es.: un calciatore intrinsecamente motivato gioca per il semplice gusto di giocare, per divertimento). Con questo tipo di persone il comportamento dell’allenatore dovrà mantenere la motivazione valorizzando il senso di autoefficacia dell’atleta e rinforzando quei comportamenti caratterizzati dal senso di responsabilizzazione e partecipazione. Dovrà dare messaggi di tipo informativo coinvolgendo il giocatore e renderlo partecipe degli obiettivi dell’allenamento, consolidando così la motivazione intrinseca. Dovrà evitare strumenti di controllo altrimenti c’è il rischio di ridurre la motivazione intrinseca. - La motivazione ESTRINSECA deriva dall’ambiente esterno attraverso RINFORZI positivi e negativi. Il RINFORZO è definito come: tutto ciò che aumenta la possibilità che un comportamento di ripeta (ad es.: premi in denaro, medaglie, riconoscimenti vari) e costituisce una ricompensa estrinseca. Si ritiene che il primo approccio nella scelta dello sport derivi dal desiderio di ricevere compense estrinseche (prestigio sociale, visibilità) quindi ciò è da tener presente nella gestione di una squadra giovanile. Più i soggetti sono giovani più sembrano prediligere forme di rinforzo estrinseco. Anche negli adulti tale rinforzo gioca un ruolo importante ma sicuramente non dà risposte stabili. Per avere quindi un atleta STABILMENTE MOTIVATO occorre che l’allenatore svolga nel tempo un’opera di trasformazione da una motivazione estrinseca ad un intrinseca. Anche l’assegnazione dei premi deve essere operata singolarmente ed in puntuale risposta alla performance. Attenzione anche a non eccedere nei premi: potrebbe essere percepito come un tentativo di controllo sul proprio operato. Una lode espressa al fine di aumentare la motivazione al compito deve essere percepita come sincera, dovrà essere specifica e circoscritta al contesto e mai allargarsi ad aspetti generali (ad es.: 4 l’allenatore apprezza la buona esecuzione di uno stop, di un cross…). La lode che fa riferimento all’impegno sembra avere più effetto sull’incremento della motivazione. Valutazioni sulla persona (es.: sei incapace, sei lento) sono controllanti e non aiutano l’atleta a raggiungere maggior autonomia. Motivazione DIRETTA ed INDIRETTA La motivazione DIRETTA utilizza i metodi del consenso, dell’identificazione e dell’interiorizzazione. - consenso (gli farò fare questo): questo metodo direttivo si esprime attraverso uno stile di comando che fa leva su premi e punizioni (si premia per ottenere un comportamento desiderato e si punisce per evitare comportamenti scorretti). Metodo adeguato per i settori giovanili (atleti al di sotto dei 10 anni), mentre con atleti più grandi l’allenatore dovrà introdurre atteggiamenti più motivanti di tipo intrinseco. - identificazione (gli farò venire voglia di fare questo): questo metodo prevede che l’allenatore instauri una relazione positiva con i giocatori, si offra come modello a cui il ragazzo possa ispirarsi con ammirazione fino ad identificarsi con i suoi obiettivi e col suo comportamento. - interiorizzazione (lo renderò responsabile di fare questo): in tal caso l’allenatore fa leva sui valori di responsabilità e impegno del ragazzo e gli riconosce il livello di preparazione adeguato al raggiungimento dell’obiettivo. La motivazione INDIRETTA ha come scopo quello di aumentare la motivazione variando e alterando il contesto dell’allenamento. Un allenatore può spostare un giocatore in un gruppo diverso in cui pensa possa essere più stimolato. Anche la presenza o l’assenza di particolari figure significative per il giocatore può essere più o meno motivante (es.: presenza di un genitore). Anche la variazione di un contesto (ambiente) incide sulla motivazione. Localizzazione del controllo (locus of control) interno o esterno L’uomo tende ad interpretare gli eventi della propria vita secondo queste modalità cognitive: - chi tende a spiegare gli eventi come originati da fonti esterne (la fortuna, le stelle, gli altri) è un soggetto a controllo esterno, - chi interpreta gli eventi come il risultato di un proprio comportamento, ha un controllo interno. La maggioranza delle persone ha entrambi le interpretazioni, ma una di esse è prevalente. Negli atleti migliori prevale la modalità a controllo interno: la percezione di competenza, la responsabilizzazione e gli sforzi conducono spesso al successo e a migliori abilità sportive. 5 Per l’allenatore sarebbe meglio avere giocatori a prevalente controllo interno, se così non fosse dovrà operare per trasformare questa dimensione modificando l’orientamento e favorendo l’emergere di modalità di controllo interno. Ogni suo comportamento manifesto o implicito (linguaggio non verbale), la sua personalità, i messaggi dovranno indirizzare i giocatori verso uno stabile orientamento motivazionale. Quando l’allenatore interpreta un risultato di gara negativo cercando cause esterne (arbitro, campo, sfortuna) non fa certo un buon servizio alla motivazione del gruppo, perché legge la gara facendo uso di una localizzazione esterna, dimenticando aspetti come la responsabilizzazione e l’impegno. Una lettura autocritica dell’insuccesso (localizzazione interna) può favorire un atteggiamento attivo di fronte alle difficoltà con la messa in opera di correttivi atti alla modificazione e risoluzione dei vari problemi. Riguardo alle forme scaramantiche (ricorso a tatuaggi, esibire tagli di capelli insoliti, scarpe di colore diverso, ecc.) ci si chiede come dovrebbe comportarsi l’allenatore. C’è chi li permette e c’è chi li vieta. Sarebbe buona norma creare un regolamento interno che indichi preventivamente le variabili del comportamento e in quale misura possono essere riconosciute e accettate. Ciò ridurrebbe il rischio di essere troppo permissivi o di ricorrere a proibizioni che potrebbero essere viste come forme di controllo e limitazione della libertà. Alcuni comportamenti o atteggiamenti adottati dai giocatori a volte svolgono la funzione di autosostegno psicologico, quasi una sorta di preparazione mentale alla gara, per quanto personale e senza base scientifica (es.: segni della croce pre-partita, toccare il terreno,ecc. fino ad arrivare a frasi di auto-incoraggiamento, preghiere, ecc.). Il giocatore sta così operando per mettere a punto una condizione mentale preparatoria alla gara. L’allenatore dovrà inviare messaggi chiari sulla necessità di assumere in prima persona la responsabilità del proprio comportamento, ed evitare lui stesso di assumere atteggiamenti scaramantici (no oggetti o portafortuna). Quindi tutte quelle condotte che sembrano dare importanza ai fattori esterni devono essere evitate. Bisogna dare valore al prodotto del lavoro, dell’impegno e della responsabilità. Al gruppo spetta il compito di superare le difficoltà considerando l’insuccesso come occasione utile per riflettere sugli eventuali errori e per trovare dei correttivi. Un altro contributo allo studio dei processi motivazionali ci arriva dalla psicologia cognitiva. Secondo questo modello (Weiner 1986) LA MOTIVAZIONE DIPENDE DA COME CI SPIEGHIAMO IL MONDO. Il complesso sistema di cause che l’individuo introduce per interpretare i suoi successi o insuccessi viene chiamato SISTEMA ATTRIBUTIVO. 6 E’ tipico della natura umana il voler spiegare le cause dei nostri e degli altrui comportamenti; se sappiamo il perché qualcosa è accaduta,questo ci aiuta a decidere COME reagire ad un evento. La teoria dell’attribuzione ci aiuta a capire perché e come noi spieghiamo queste cause. Le ATTIRBUZIONI sono giudizi che influenzano i sentimenti, i comportamenti e le conclusioni che possiamo trarre riguardo alle nostre esperienze. Possono essere riferite sia a fattori interni o esterni, e a fattori controllabili o non controllabili (sfortuna, impegno, abilità, facilità-difficoltà del compito, aiuto esterno). Attribuzioni e loro caratteristiche FATTORE INTERNO/ESTERNO CONTROLLABILE/NON CONTROLLABILE ABILITA’ interna non controllabile IMPEGNO interna controllabile FACILITA’ DEL COMPITO esterna non controllabile AIUTO esterna controllabile FORTUNA ESTERNA esterna non controllabile In psicologia l’ABILITÀ dell’individuo è considerata come tratto stabile quindi non controllabile, una potenzialità di cui il soggetto può essere più o meno dotato. Nel sport e soprattutto nel calcio però la componente relativa alle capacità coordinative può influire sull’abilità fino a renderla una potenzialità modificabile (controllabile). L’IMPEGNO è sotto il controllo dell’individuo. La FACILITA’/DIFFICOLTA’ del compito, l’AIUTO e la FORTUNA/SFORTUNA sono attribuzioni esterne (ad es.: la forza della suadra avversaria non può essere controllata). Tutte queste riflessioni creano una relazione sistematica fra le cause, la loro interpretazione e le conseguenze sul comportamento e sulla motivazione del soggetto. Ad esempio un atleta impegnato in un programma riabilitativo dopo un infortunio: il recupero veloce di un buon livello funzionale può essere interpretato sia come risultato della fortuna ma anche come risultato di un impegno e di uno sforzo. Nel primo caso non si attribuisce all’atleta un ruolo attivo e non si sollecita la motivazione all’esercizio e all’impegno. Nel secondo caso si fa leva sulla responsabilità del giocatore rendendolo protagonista del risultato ottenuto. Altro esempio: in caso di insuccesso, questo non va attribuito alla sola abilità perché ciò non produrrebbe effetto benefico sulla motivazione e sull’impegno. A seguito di ripetuti insuccessi potrebbero addirittura generarsi sintomi depressivi, perdita di interesse e motivazione. 7 Un’altra chiave di lettura viene offerta dalle TEORIE IMPLICITE DELL’INTELLIGENZA. Tali teorie sono: teoria ENTITARIA e teoria INCREMENTALE alla base della teoria ENTITARIA c’è la convinzione che l’intelligenza o abilità non possa modificarsi per la teoria INCREMENTALE c’è la convinzione che con la pratica e l’impegno si apprendono nuovi contenuti col risultato di un aumento dell’intelligenza e dell’abilità. Nel calcio si esprimono capacità diverse e le abilità coordinative risentono molto dell’influenza dell’insegnamento e dell’esercizio. L’allenatore può incrementare le potenzialità coordinative e creare buoni presupposti per la loro crescita. Propendere per l’intelligenza incrementale, cioè credere che con l’impegno la propria abilità possa aumentare, costituisce un fattore determinante nella motivazione allo svolgimento di un compito e al raggiungimento del risultato. Se un giocatore crede che la propria abilità possa modificarsi e migliorare con l’esercizio si avrà un aumento della motivazione. Se al contrario crede che la propria abilità sia immutabile il fallimento avrà ricadute negative senza alcuna aspettativa di miglioramento. L’allenatore possiede gli strumenti per spostare l’asse delle teorie verso la convinzione che la capacità non sia qualcosa di immodificabile ma che attraverso l’esercizio possa migliorarsi ed incrementarsi, e ciò attraverso metodi di allenamento personalizzati e riconoscimenti puntuali nei confronti del giocatore che migliora il livello di abilità. MOTIVAZIONE AL SUCCESSO Alcuni studiosi hanno verificato che la motivazione al successo cambia non solo in relazione alla caratteristiche individuali ma anche dalle diverse SITUAZIONI. La motivazione quindi non dipende solo dalla personalità del soggetto ma anche da altri fattori, fra cui: l’atteggiamento dell’allenatore e delle figure di riferimento. Vi sarebbero quindi due tipi di obiettivi che agiscono in contesti di successo, identificati in due orientamenti motivazionali definiti come: - orientamento AL COMPITO - orientamento AL SE’ Il giovane orientato AL COMPITO è teso a mostrare competenza e padronanza. Il suo approccio sembra rispondere a questo interrogativo: come posso imparare nel modo migliore? 8 Il giovane orientato AL SE’ appare impegnato a mostrare abilità in relazione agli altri. Il confronto ed il superamento dell’altro sono i parametri utilizzati per misurare il successo. Il contesto sociale influisce nel determinare un tipo di orientamento: - i rinforzi che sottolineano la qualità dell’impegno stimolano l’emergere di un orientamento motivato AL COMPITO, - i rinforzi basati sui risultati della competizione favoriscono l’orientamento AL SÉ. Fattori situazionali e componenti costituzionali e di personalità sarebbero alla base del tipo di orientamento motivazionale. L’allenatore è determinante nell’influenzare il tipo di orientamento. Una ricerca sulla motivazione nello sport svolta nella regione Veneto nel 2008 ha evidenziato la relazione positiva fra orientamento individuale al compito e clima orientato alla competenza, così come fra orientamento al sé e clima orientato sulla prestazione. Ne è risultato che gli allenatori dovrebbero consapevolmente usare strategie e metodi didattici che favoriscano la percezione di un clima orientato sulla COMPETENZA e, di conseguenza, un orientamento individuale sul COMPITO. Infatti sentirsi competenti apprendendo nuove abilità consente ai giovani atleti di vivere l’esperienza sportiva con soddisfazione e piacere, costruendo le basi per una carriera duratura. Atleti orientati al sé farebbero sport solo per il desiderio di competizione e di ricevere riconoscimenti, interpreterebbero il successo come diretta conseguenza di abilità e talento e sarebbero più portati a ricorrere a mezzi illeciti per primeggiare. Atleti orientati al compito farebbero sport per raggiungere un buon stato fisico, per soddisfare il desiderio di apprendimento, per incrementare le proprie capacità, ritenendo che il successo sia dovuto a fattori motivazionali e all’impegno e sarebbero meno orientati a “barare”. Ulteriori ricerche hanno dimostrato la relazione positiva fra ORIENTAMENTO AL COMPITO e MOTIVAZIONE INTRINSECA. L’allenatore ha un ruolo importante nell’influenzare l’orientamento motivazionale del giocatore. E’ bene che sia privilegiato l’orientamento al compito, fornendo nella conduzione dell’allenamento rinforzi finalizzati alla valorizzazione dell’impegno ed alla convinzione che le abilità (tecniche e fisiche) possano essere progressivamente migliorate, attraverso tecniche di allenamento improntate alla variabilità delle metodologie e alla continua stimolazione e sollecitazione. Anche il resto dell’organizzazione societaria dovrà privilegiare questo approccio premiando quegli orientamenti tesi alla crescita del potenziale fisico e tecnico assieme allo sviluppo della persona. In neretto sono evidenziati i suggerimenti pratici per l’allenatore 9