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ACCADEMIA
GIOVANNI B. BARILLÀ
L’ADDEBITO
DIRETTO
GIOVANNI B. BARILLÀ
L’addebito diretto
Milano 2013
© 2013
EDUCatt - Ente per il Diritto allo Studio Universitario dell’Università Cattolica
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e-mail: [email protected] (produzione); [email protected] (distribuzione)
web: www.educatt.it/libri
ISBN edizione cartacea: 978-88-6780-032-2
Copertina: Progetto grafico Studio Editoriale EDUCatt
Ai miei genitori
SOMMARIO
CAPITOLO 1
LA STRUTTURA DELL’ADDEBITO DIRETTO
NELLA DISCIPLINA EUROPEA DI ARMONIZZAZIONE 1. L’addebito diretto nella Payment service directive (PSD): il
modello tedesco come paradigma per le principali regole
disciplinari. .....................................................................................................7 2. Le due varianti di addebito diretto.............................................................18 2.1 L’addebito per iniziativa del creditore
(Einzugsermächtigungsverfahren) ...........................................................19 2.2 L’addebito su impulso del debitore
(Abbuchungsauftragsverfahren) ..............................................................22 3. Revoca dell’addebito e suoi effetti..............................................................23 4. Il rimborso delle somme addebitate...........................................................27 5. Allocazione del rischio da addebito in mancanza di
autorizzazione. .............................................................................................36 6. (Segue). La responsabilità del debitore. ..........................................................43 7. Frode nell’addebito e regresso della banca del debitore. ........................47 8. Il diritto del beneficiario nei confronti del debitore. ...............................50 9. La posizione della banca del beneficiario. .................................................52 10. I rischi connessi alla trasmissione dell’addebito: la posizione della
banca incaricata dell’incasso. ......................................................................53 11. Interessi dei soggetti coinvolti nella procedura di addebito.
Parallelismo con il bonifico bancario. ........................................................56 4.
CAPITOLO 2
INQUADRAMENTO SISTEMATICO
DELLE OPERAZIONI DI ADDEBITO DIRETTO Lo schema delegatorio quale modello applicabile all’addebito
diretto. ..........................................................................................................69 Parallelismo tra addebito diretto e credito documentario
irrevocabile. La prassi bancaria come elemento tipizzante la
fattispecie negoziale. ....................................................................................77 L’inopponibilità delle eccezioni fondate sui rapporti sottostanti.
L’eccezione di compensazione. Le eccezioni nel rapporto
interbancario. ...............................................................................................89 Le ricostruzioni operate dalla dottrina tedesca. ........................................93 1.
CAPITOLO 3
LE AZIONI RESTITUTORIE Il problema dell’indebito nella disciplina europea. ................................103 1.
2.
3.
—5—
GIOVANNI B. BARILLÀ
Il momento dell’adempimento.................................................................105 Indebito e rapporti trilateri: lo schema delegatorio come metodo
applicabile per l’inquadramento e la risoluzione dei conflitti. ..............111 4. Azione di ripetizione, addebito diretto e rifiuto dell’addebito da
parte del debitore. .....................................................................................121 5. (Segue). Azioni restitutorie e risarcitorie. Ricostruzione dei rapporti
giuridici facenti parte della catena di prestazioni nel diritto
tedesco. .......................................................................................................126 6. Le pretese azionabili dalla banca del debitore. Indebito e
Rapporto interbancario. ............................................................................137 7. Rilevanza e tipologia dei vizi dell’ordine di addebito nella prassi
tedesca. .......................................................................................................143 8. (Segue). Riflessioni conclusive. Problemi relativi alla legittimazione
passiva nella condictio indebiti. ................................................................146 9. L’azione restitutoria nell’addebito su iniziativa del debitore. ................152 2.
3.
1.
2.
3.
4.
5.
CAPITOLO 4
ADDEBITO DIRETTO E FALLIMENTO Schema delegatorio dell’addebito diretto e fallimento. .........................159 La posizione del curatore fallimentare. ...................................................172 Il rischio dell’insolvenza in capo ai soggetti coinvolti nel
procedimento di addebito. .......................................................................190 Fallimento del debitore, “revoca” e tutela del beneficiario. ...................195 Fallimento del beneficiario o della propria banca. Proposta di
clausole contrattuali finalizzate ad evitare il rischio dell’insolvenza......200 INDICE DEGLI AUTORI .................................................................................. 205 —6—
CAPITOLO 1
LA STRUTTURA DELL’ADDEBITO DIRETTO
NELLA DISCIPLINA EUROPEA DI
ARMONIZZAZIONE
SOMMARIO: 1. L’addebito diretto nella Payment service directive (P SD): il modello tedesco come paradigma per le principali regole disciplinari. – 2. Le due varianti di addebito
diretto. – 3. Revoca dell’addebito e suoi effetti. – 4. Il rimborso delle somme addebitate. –
5. Allocazione del rischio da addebito in mancanza di autorizzazione. – 6. (Segue). La responsabilità del debitore. – 7. Frode nell’addebito e regresso della banca del debitore. –
8. Il diritto del beneficiario nei confronti del debitore. – 9. La posizione della banca del
beneficiario. – 10. I rischi connessi alla trasmissione dell’addebito: la posizione della banca incaricata dell’incasso. – 11. Interessi dei soggetti coinvolti nella procedura di addebito. Parallelismo con il bonifico bancario.
1. L’addebito diretto nella Payment service directive (PSD): il modello tedesco
come paradigma per le principali regole disciplinari.
L’addebito diretto è un servizio di pagamento quadrilatero che si
caratterizza per la particolarità di essere utilizzato, di norma, su impulso del creditore. La direttiva 2007/64/CE ha, per la prima volta in ambito comunitario, disciplinato un’ampia gamma di servizi di pagamento diversi dal contante, fra cui appunto anche l’addebito diretto.
La direttiva in questione garantisce che i pagamenti elettronici
all’interno dell’UE – oltre agli addebiti diretti, anche i bonifici e i pagamenti con carta – diventeranno altrettanto facili, efficaci e sicuri rispetto ai corrispondenti pagamenti nazionali. Inoltre tale direttiva
aumenta i diritti e la protezione di tutti coloro che utilizzano servizi di
pagamento, come i consumatori, le imprese e le autorità pubbliche.
Quanto all’attuazione della direttiva stessa, la maggior parte degli Stati
membri ha rispettato la data del 1° novembre 2010 e i restanti Stati vi
hanno adempiuto per la fine dell’anno 2010.
La direttiva 2007/64/CE non costituisce una novità dal solo punto
di vista dell’armonizzazione dei servizi di pagamento, bensì anche da
quello della normazione di un istituto, quale quello appunto
dell’addebito diretto, che fino a questo momento aveva trovato una
regolamentazione esclusivamente pattizia. La PSD (Payment Services Directive), che per quanto riguarda l’addebito diretto si è innestata sulla
esperienza tedesca – la quale ha costituito almeno parzialmente un
modello e come tale verrà adottato in questo lavoro per una utile
—7—
GIOVANNI B. BARILLÀ
comparazione –1, va dunque esaminata con attenzione perché rappresenta il primo tentativo di codificazione di un istituto che, in Paesi come l’Italia, verrà introdotto legislativamente per la prima volta.
La citata direttiva 2007/64/CE ne regolamenta l’uso e lo inserisce
nell’ambito dei servizi di pagamento diversi dal contante. La direttiva
viene successivamente recepita nell’ordinamento italiano e trasposta
nel d. lgs. 27 gennaio 2010, n. 11 “Attuazione della direttiva
2007/64/CE, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, recante modifica delle direttive 97/7/CE, 2002/65/CE, 2006/48/CE, e
che abroga la direttiva 97/5/CE”2.
Il titolo II del d. lgs. in questione, che recepisce le norme del titolo
IV della direttiva 2007/64, disciplina i diritti e gli obblighi delle parti
nella prestazione dei servizi di pagamento. Con riferimento al profilo
dei soggetti utilizzatori dei servizi, il titolo II si applica per intero e inderogabilmente se essi rientrano nella categoria dei consumatori, intendendosi per tali le persone fisiche di cui al d. lgs. n° 206 del 2005. Il
legislatore comunitario ha peraltro lasciato agli Stati membri l’opzione
di equiparazione di trattamento delle microimprese ai consumatori
(art. 2, comma 4°), e al fine di non inibire l’accesso delle microimprese ad alcuni servizi tipicamente orientati al mercato corporate, ha pre1
È utile e opportuno richiamare fin da subito l’importanza della comparazione giuridica con altri ordinamenti quale strumento interpretativo per il diritto nazionale e per
l’applicazione dello stesso: cfr. sul punto, di recente e per tutti, PORTALE , Il diritto societario tra diritto comparato e diritto straniero, in Riv. soc., 2013, 325 ss., e bibliografia ivi richiamata: l’Autore stesso conclude (333) che “bisogna ormai ammettere – specialmente in
certi settori del diritto – la trasportabilità delle soluzioni straniere come strumento di sviluppo dello stesso” (non solo di quello societario: 328 s.).
2
Il testo si trova in Banca, borsa, tit. cred., 2010, I, 347 ss., con commento di V. SANTORO e SCIARRONE ALIBRANDI, La nuova disciplina dei servizi di pagamento dopo il recepimento
della direttiva 2007/64/CE (d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 11); per un quadro generale in materia di servizi di pagamento cfr. pure Rispoli Farina, Santoro, Sciarrone Alibrandi, Troiano (a cura di), Armonizzazione europea dei servizi di pagamento e attuazione della direttiva
2007/64/CE, Milano, 2009, nonché O. TROIANO, voce Contratto di pagamento, in Enc. dir.,
Annali, V, Milano, 2012, 392 ss. e spec. 395 ss.; ancora, recentemente, v. anche AA.VV.,
La nuova disciplina dei servizi di pagamento. Commento al d. lgs. 27 gennaio 2010, n. 11, Mancini, Rispoli Farina, Santoro, Sciarrone Alibrandi, Troiano (a cura di), Torino, 2011,
spec. 15 ss., ove il commento all’art. 1, lett. v), di MANCINI, in particolare per lo specifico
tema dell’addebito diretto; ancora, per il commento all’art. 2, commi 1° e 2°, relativi
all’ambito di applicazione della disciplina, cfr. V. SANTORO, ivi, 41 ss.; per un commento
alla nuova normativa in raccordo con la disciplina del c.d. RID, v. MANENTI-MARZIALE, Sub
art. 1856, ne La giurisprudenza sul codice civile coordinata con la dottrina, Ruperto (a cura di),
Libro IV, t. III, Milano, 2012, 371 ss. Per una prima segnalazione relativa ai problemi di
coordinamento tra Testo Unico Bancario e “decreto PSD”, cfr. DOLMETTA, Trasparenza dei
prodotti bancari. Regole, Bologna, 2013, 62 ss.
—8—
L’ADDEBITO DIRETTO
servato la facoltà per le parti di pattuire deroghe alle disposizioni in
tema di rimborsi per operazioni disposte dal beneficiario e di revoca
dell’ordine (artt. 13, 14 e 17, comma 3°)3. Sulla scia della legislazione
comunitaria, l’European Payments Council ha elaborato degli schemi
adottabili dalle banche, che ricostruiscono due differenti modelli di
incasso tramite addebito diretto. Regole, prassi e standard interbancari
relativi al servizio di incasso nell’ambito della SEPA4 sono definiti nel
relativo documento EPC denominato “SEPA Core Direct Debit Scheme Rulebook”5.
3
Quanto alla nozione di microimpresa, la definizione offerta dal d. lgs. è quella
contenuta nella raccomandazione comunitaria vigente in materia (racc. Commissione
Europea 2003/361/CE del 6 maggio 2003), ai sensi della quale per microimpresa si
intende “un’impresa che occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo
oppure un totale di bilancio annuo non superiori a due milioni di euro”. In particolare sono oggetto di deroga le disposizioni relative: alle spese applicabili per l’adozione
di misure correttive e preventive (di cui all’art. 3, comma 1); alla revoca del consenso
(di cui agli artt. 5, comma 4, e 17); ai termini temporali per la comunicazione di operazioni non autorizzate o inesatte (di cui all’art. 9); alla prova di autenticazione ed
esecuzione delle operazioni di pagamento nonché alla responsabilità del pagatore per
l’utilizzo non autorizzato di strumenti o servizi (di cui rispettivamente agli artt. 10 e
12); ai rimborsi per operazioni disposte dal beneficiario (di cui agli artt. 13 e 14); alla
mancata o inesatta esecuzione (di cui all’art. 25). Per un commento alla norma di cui
all’art. 2, comma 4° (microimpresa e consumatori), cfr. V. SANTORO, in AA.VV., La
nuova disciplina dei servizi di pagamento, cit., 56 ss.; nonché, per la fondamentale disciplina della trasparenza applicata all’ambito in questione, cfr. RISPOLI FARINA, sub art.
34, comma 1°, lett. b), ivi, 522 ss.: su quest’ultimo tema v. ancora DOLMETTA, Trasparenza dei prodotti bancari, cit., passim; argomento sul quale questo studio non si sofferma:
ma su cui ex multis è d’uopo rinviare anche a MORERA, I profili generali dell’attività negoziale, in Brescia Morra e Morera, L’impresa bancaria, in Tratt. dir. civ. Cons. Naz. Notariato, diretto da P. Perlingieri, V, 11, Napoli, 2006, nonché a R. LENER, Forma contrattuale e
tutela del cliente nella disciplina della “trasparenza” bancaria, in La nuova disciplina
dell’impresa bancaria, a cura di Morera e A. Nuzzo, Milano, II, 1996, 189 ss., e a CALANDRA B UONAURA , La trasparenza nei servizi bancari di investimento, in Giur. Comm., 2008, I,
220 ss. Per un primo inquadramento sistematico di questa disciplina nel panorama
creditizio, v. COSTI, L’ordinamento bancario, 5ª ed., Bologna, 2012, 734 ss.
4
La lettera z) dell’art. 1 del d. lgs. 11/2010 definisce l’area unica dei pagamenti in
euro come “l’insieme dei Paesi aderenti al processo di integrazione dei servizi di pagamento in euro secondo regole e standard definiti in appositi documenti”: per un primo
commento a tale norma cfr. A. SANTORO, in AA.VV., La nuova disciplina dei servizi di pagamento. Commento al d. lgs. 27 gennaio 2010, n. 11, cit., 32 ss.
5
Sono previsti due differenti modelli di SDD: Core e Business to business (B2B). Nel
primo modello (operazioni di pagamento nelle quali almeno una parte sia un consumatore) è prevista la facoltà sia di revoca sia di rimborso (cfr. infra, par. 3-4) in capo al debitore di operazioni autorizzate e non, mentre nell’altro modello (previsto per operazioni
tra imprese), non è prevista facoltà di rimborso per operazioni autorizzate.
—9—
GIOVANNI B. BARILLÀ
Nella Repubblica Federale di Germania l’addebito diretto (noto
come Lastschriftverfahren) entra a pieno titolo nella prassi bancaria, dove è largamente utilizzato, a partire dal 19646, anno di conclusione del
primo Lastschriftabkommen tra l’unione delle associazioni bancarie e
creditizie e la Bundesbank. Da quel momento in avanti la regolamentazione di questo importante strumento di pagamento è sempre stata
pattizia, e periodicamente i suddetti accordi sono stati aggiornati e
rinnovati. Attualmente è in vigore l’accordo del 9 luglio 2012, che si
riferisce al Lastschrift interno ai confini della Repubblica federale tedesca7. Il recepimento in Germania della disciplina comunitaria è alquanto articolato, in quanto non è avvenuto mediante un unico provvedimento legislativo, ma ha inciso di volta in volta sulle varie leggi interessate dalla medesima direttiva (in particolare sulla legge per la tutela dei consumatori, sul BGB, nonché sulla legge creditizia)8.
La PSD incide anche sullo strumento pattizio di regolamentazione
dell’addebito diretto, tuttora vigente in Germania, in quanto destinata
a regolamentare sia il Lastschrift interno sia quello europeo9, anche se
6
Il dato è riferito da HEERMANN, Geld und Geldgeschäfte, Tübingen, 2003, Rdn. 2, 240.
La nascita del Lastschrift risale in realtà già a diversi decenni prima, ancora durante il Regno Germanico, dove però viene utilizzato nei rapporti interni tra la Reichsbank e le varie
pubbliche amministrazioni: per questi ed altri – brevi – ragguagli sulla storia
dell’addebito diretto in Germania, v. ZSCHOCHE, Die dogmatische Einordnung des Lastschriftverfahrens unter besonderer Berücksichtigung der Vertrauensstrukturen, Berlin, 1981, 17
ss.; WERNER, Die Lastschrift, in LANGENBUCHER, GÖßMANN, WERNER, Zahlungsverkehr. Handbuch zum Recht der Überweisung, Lastschrift, Kreditkarte und der elektronischen Zahlungsformen,
München, 2004, Rdn. 10-12, 57.
7
L’accordo in questione, concluso per recepire le modifiche apportate dalla Direttiva 2007/64, precisa che esso non si applica ai modelli SEPA Core Direct Debit Scheme
Rulebook né a quelli SEPA Business to Business predisposti dal European Payments
Council. Per un primo commento all’accordo concluso in Germania e richiamato nel
testo, cfr. WERNER, Die Lastschrift, in LANGENBUCHER, BLIESENER, SPINDLER, BankrechtsKommentar, München, 2013, 201 ss. (nelle note successive, se non specificato diversamente, i riferimenti saranno a questo lavoro e non a quello del 2004 di cui alla nota precedente).
8
Cfr. la Gesetz zur Umsetzung der Verbraucherkreditrichtlinie, des zivilrechtlichen Teils der Zahlungsdiensterichtlinie sowie zur Neuordnung der Vorschriften über das Widerrufs- und Rückgaberecht, del 29 luglio 2009, legge che si è occupata di coordinare le modifiche alle varie discipline interessate dalla Direttiva: per quanto riguarda le modifiche più consistenti riguardanti i servizi di pagamento, queste sono contenute ora nel BGB, ai §§ 675a fino al 676c.
9
In tal senso, sia pur ammettendo una incertezza non del tutto sopita, KÖHLER, Lastschriftverfahren in der Insolvenz des Schuldners, Frankfurt a.M., 2010, 218; cfr. pure OSTERRIED, Einzugsermächtigungsverfahren: Bankpraxis und juristische Einordnung, Frankfurt a.M.,
2010, 5 ss.
— 10 —
L’ADDEBITO DIRETTO
difficilmente verrà accantonato l’accordo succitato, che anzi continuerà a disciplinare tutti quei dettagli non toccati dalla direttiva. La direttiva comunitaria, e successivamente il decreto legislativo di attuazione
in Italia che sarà più volte richiamato, disciplinano due differenti modelli di addebito, recependoli proprio dalla prassi tedesca: l’addebito
su iniziativa dello stesso debitore, e quello su iniziativa del beneficiario.
Sin dagli albori del proprio utilizzo, l’addebito diretto si è sempre
caratterizzato, prima ancora che per la sua struttura di negozio quadrilatero, anzitutto per la presenza al proprio interno di un rapporto interbancario10. Come poc’anzi accennato, il funzionamento del Lastschrift fino al recepimento della direttiva europea sui servizi di pagamento, era disciplinato solamente da accordi pattizi, la cui particolarità consiste nel riferirsi esclusivamente ai soli istituti di credito, destinatari dei diritti e degli obblighi contenuti nei suddetti LSA (Lastschriftabkommen)11.
Gli addebiti diretti rappresentano per i consumatori un sistema
comodo per effettuare pagamenti ricorrenti e per le banche un metodo efficace di raccolta del denaro, ad esempio riguardo a fatture di acqua, gas, elettricità e servizi di telecomunicazione o agli abbonamenti a
riviste e periodici. L’ordine di addebito è disposto dal creditore sulla
base di un accordo col debitore, ma quest’ultimo ha sempre il diritto
di decidere se è opportuno accettare o meno un addebito diretto sul
proprio conto bancario.
I rapporti giuridici nascenti dall’operazione di addebito diretto, oltre a quello interbancario e a quello di valuta intercorrente tra debitore e creditore, saranno poi il rapporto tra ciascuno di questi soggetti e
i rispettivi istituti di credito: ossia l’autorizzazione all’incasso conferita
dal creditore (Inkassoverhältnis) alla propria banca e il rapporto di
mandato tra il debitore e la propria banca12.
10
Ex multis, JACOB, Die zivilrechtliche Beurteilung des Lastschriftverfahren, Berlin, 1995, 14 s.
Così l’Abschnitt IV, nr. 1 del LSA aggiornato al 9 luglio 2012, rintracciabile al sito
della
Associazione
banche
tedesche
http://bankenverband.de/downloads/
072012/lastschriftabkommen-0712.pdf: per ulteriori ragguagli cfr. WERNER, Die
Lastschrift, cit., Rdn. 6, 206; KÖHLER, Lastschriftverfahren, cit., 4 ss.; OSTERRIED, Einzugsermächtigungsverfahren, cit., 5.
12
Al momento dell’entrata in vigore della disciplina comunitaria, questo tipo di
rapporto era regolamentato dalle sole Sonderbedingungen der Sparkassen (tra i primi aggiornamenti, quello della Sparkasse Aachen, ottobre 2009, reperibili al sito
http://www.sparkasse-aachen.de/pages/tools/download/bedingungen/bedingungen
_lastschriftverkehr.pdf), di cui davano conto già HADDING, Drittschadensliquidation und
“Schutzwirkungen für Dritte” im bargeldlosen Zahlungsverkehr, in Festschrift für Werner, Berlin-New York, 1984, 168, e JACOB, Die zivilrechtliche Beurteilung, cit., 16, testo e nota 28,
11
— 11 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
Il recepimento della direttiva europea fa sì che vengano per la prima volta contemplati, quali possibili fornitori del servizio di pagamento in questione, anche “istituti di pagamento” diversi dalle banche13.
Si esporranno ora sommariamente i tratti disciplinari più rilevanti
di questo istituto, mentre al paragrafo successivo verranno presi in
considerazione le due varianti nelle quali esso si articola: come anticipato, il Paese dove l’addebito diretto ha avuto maggior diffusione è la
Germania, e la disciplina europea ha assunto quello tedesco come
modello normativo; è quindi all’ordinamento di questo Stato, come
anticipato, che maggiormente si farà riferimento.
L’art. 1 del d. lgs. 11/2010, rubricato “Definizioni”, alla lettera v) si
occupa di dare quella relativa all’addebito diretto. Va tenuto presente
che questa è l’unica definizione di un servizio di pagamento, tra tutti
mentre alla nota successiva l’a. informa anche della regolamentazione del rapporto di
provvista al Nr. 24 delle condizioni generali per l’addebito diretto formulate dalla Postbank; anche la giurisprudenza federale si è occupata dell’applicabilità delle AGBSparkassen alle operazioni di addebito diretto: cfr. BGH, 6 giugno 2000, in WM, 2000,
157 ss. La questione dell’inquadramento del rapporto tra debitore-pagatore e propria
banca nell’ambito del mandato è tuttavia, dopo l’entrata in vigore della disciplina europea dei servizi di pagamento, controversa. In questo lavoro si è scelto di seguire
l’impostazione classica, senza la quale sarebbe più complicato ricostruire la disciplina
delle restituzioni e prima ancora, l’inquadramento dell’operazione di addebito nel suo
complesso (sulla cui ricostruzione v. infra, cap. II). Su questo problema v. comunque
V. SANTORO, I servizi di pagamento, in Ianus, 6, 2012, 32 ss., il quale, dopo aver correttamente rilevato che il mandato riveste la funzione di disciplinare alcuni principi generali (es. art. 1710 c.c.), rileva altrettanto correttamente (nota 80) che non si può dubitare che esso “continuerà a svolgere la funzione di fissare i principi generali di tutti i
contratti aventi ad oggetto un lavoro gestorio”.
13
Di questa novità e in particolare dell’adeguamento dell’ordinamento tedesco a
questi nuovi soggetti riferisce HADDING, Umsetzung der Zahlungsdienste-Richtlinie der EU in
Deutschland, ne Armonizzazione europea dei servizi di pagamento e attuazione della direttiva
2007/64/CE, cit., 205 ss., con traduzione di BARILLÀ, Il recepimento in Germania della direttiva europea sui servizi di pagamento; sugli istituti di pagamento cfr. V. SANTORO, voce Istituti
di pagamento, ne Enc. Dir., Annali, V, Milano, 2013; ID., Gli istituti di pagamento, ne Armonizzazione europea dei servizi di pagamento e attuazione della direttiva 2007/64/CE, cit., 49 ss.;
ID., I conti di pagamento negli Istituti di pagamento, in Il nuovo quadro normativo comunitario
dei servizi di pagamento. Prime riflessioni, Marco Mancini e Marino Perassi (a cura di), Quaderni di ricerca giuridica della consulenza legale, Banca d’Italia, Roma 2008, 25 ss.; della
stessa opera, con riferimento all’addebito diretto o comunque a problematiche rilevanti
per il diritto privato dei servizi di pagamento, si segnalano anche SCIARRONE ALIBRANDI,
L’adempimento dell’obbligazione pecuniaria tra diritto vivente e portata regolatoria indiretta della
Paymente Service Directive 2007/64/CE, 61 ss., e O. TROIANO, La nuova disciplina privatistica
comunitaria dei servizi di pagamento: realizzazioni e problemi della Single Euro Payments Area
(SEPA), 41 ss. Per un quadro generale alla luce della normativa italiana di recepimento,
cfr. pure V. SANTORO, I servizi di pagamento, cit., 7 ss.
— 12 —
L’ADDEBITO DIRETTO
quelli presi in considerazione dalla normativa in questione. Ciò è dovuto al fatto che, a differenza degli altri servizi di pagamento,
l’addebito diretto non era utilizzato in tutta l’area dell’Unione Europea: come già accennato, in Italia esso non esisteva, se non nella forma
del RID (tale schema era e sarà tutt’ora utilizzato nella prassi, fino alla
definitiva migrazione al Sepa Direct Debit prevista per il 1° febbraio
2014, nell’ambito di obbligazioni derivanti da rapporti continuativi nel
tempo e in cui il debitore dà mandato alla propria banca di pagare alla
banca del creditore utilizzando le somme depositate dal debitore stesso in base al rapporto di conto corrente di quest’ultimo col proprio
istituto di credito). Si rendeva quindi necessaria una definizione di
questo istituto per far sì che l’armonizzazione all’interno dell’area SEPA non comportasse problemi interpretativi destinati a riverberarsi nella prassi.
L’art. 1, lett. v), stabilisce quindi che l’addebito diretto è “un servizio di pagamento per l’addebito del conto di pagamento di un pagatore in base al quale un’operazione di pagamento è disposta dal beneficiario in conformità al consenso dato dal pagatore al beneficiario, al
prestatore di servizi di pagamento del beneficiario o al prestatore di
servizi di pagamento del pagatore medesimo”. A questa definizione si
aggiunge quella, sostanzialmente identica, fornita dal Regolamento CE
260 del 14 marzo 2012 che stabilisce i requisiti tecnici e commerciali
per i bonifici e gli addebiti diretti in euro e che modifica il regolamento (CE) n. 924/2009: in base a questo atto normativo (art. 2),
l’addebito diretto è “un servizio di pagamento nazionale o transfrontaliero per l’addebito di un conto di pagamento del pagatore in cui
un’operazione di pagamento è iniziata dal beneficiario in base al consenso del pagatore”; come si vede, viene ristretta la definizione alla sola fattispecie del consenso dato dal pagatore al beneficiario, senza
menzionare, come fa l’appena citato art. 1, lett. v) del d. lgs. 11/2010,
la trasmissione del consenso anche agli altri soggetti che compongono
la procedura di pagamento. Parrebbe quindi che al regolatore interessasse disciplinare, unicamente ai fini previsti dal Regolamento stesso
260/2012, la sola fattispecie dell’addebito diretto su iniziativa del beneficiario.
Questo Regolamento riveste particolare importanza nel processo di
armonizzazione dei servizi di pagamento all’interno dell’Unione Europea: in base al Considerando n. 20 infatti, è “importante assicurare
la certezza del diritto nel settore dei pagamenti riguardo ai modelli
commerciali per gli addebiti diretti. È essenziale disciplinare le commissioni interbancarie multilaterali («MIF») per l’addebito diretto per
— 13 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
creare condizioni neutre di concorrenza tra i PSP e permettere in tal
modo lo sviluppo di un mercato unico degli addebiti diretti” (per
“PSP” s’intende il prestatore di servizi di pagamento). Consapevole della portata innovatrice della Direttiva 2007/64, il regolatore auspica che
la stessa Unione Europea si adoperi, in attuazione del principio di sussidiarietà di cui all’art. 5 del Trattato, per fare sì che gli Stati membri
stabiliscano i requisiti tecnici e commerciali per i bonifici e gli addebiti
diretti in euro (cfr. Considerando n. 35).
Il regolamento 260/2012 stabilisce all’art. 1, comma 1°, che “le
norme per le operazioni di bonifico e di addebito diretto denominate
in euro nell’ambito dell’Unione nei casi in cui sia il prestatore di servizi di pagamento del pagatore, sia il prestatore di servizi di pagamento
del beneficiario siano situati nell’Unione, ovvero nei casi in cui l’unico
prestatore di servizi di pagamento interessato dall’operazione di pagamento sia situato nell’Unione”, laddove invece non si applica, in base a quanto disposto dal 2° comma, alle operazioni interbancarie o
comunque effettuate tra prestatori di servizi.
Al Regolamento in questione ha fatto seguito il 25 ottobre 2012 un
«Provvedimento della Banca d’Italia recante istruzioni applicative del
Regolamento 260/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio che
stabilisce i requisiti tecnici e commerciali per i bonifici e gli addebiti
diretti in euro e che modifica il Regolamento (CE) n. 924/2009»14.
14
Il regolamento modificato sui pagamenti transfrontalieri (CE) n. 924/2009
estende all’addebito diretto il principio della parità delle commissioni per i pagamenti
nazionali e transfrontalieri in euro (fino a € 50.000). I bonifici, i pagamenti elettronici
(comprese le transazioni con carta) e i prelievi da distributori automatici di banconote
erano già coperti dalla versione precedente del regolamento. Inoltre, per facilitare
l’avvio del sistema di addebito diretto della SEPA, il regolamento introduce anche
norme temporanee per le commissioni d’interscambio multilaterale tra le banche e
stabilisce un termine (novembre 2010) per la piena raggiungibilità per le operazioni
di addebito diretto nell’area dell’euro. Per le banche che non appartengono all’area
dell’euro, tale termine è fissato al novembre 2014. Nel febbraio 2013 il Direttorio della
Banca d’Italia ha emanato un “provvedimento recante istruzioni applicative del Regolamento 260/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce i requisiti
tecnici e commerciali per i bonifici e gli addebiti diretti in euro e che modifica il Regolamento (CE) n. 924/2009”: G.U. n. 45 del 22 febbraio 2013, protocollato il 12 febbraio 2012 e consultabile all’indirizzo internet http://www.bancaditalia.it/sispaga/
sms/sepa/normativa/provv-bi-reg-260-2012/Provvedimento-applicativo.pdf. L’obiettivo di questa “delibera” è quello di assicurare la certezza del quadro normativo di riferimento “anche in relazione a specifiche tematiche applicative in modo da assicurare il
rispetto del termine ultimo del 1° febbraio 2014” per la migrazione dei servizi di bonifico e addebito diretto nazionali ai requisiti fissati dal Regolamento 260/2012. Nei
“considerando” di questo provvedimento si segnala in particolare quello relativo
— 14 —
L’ADDEBITO DIRETTO
L’autorizzazione all’addebito, a norma dell’art. 5 del d. lgs.
11/2010, può essere data prima o, ove concordato tra il pagatore e il
proprio prestatore di servizi di pagamento, dopo l’esecuzione di
un’operazione di pagamento. Se il debitore non avesse ancora autorizzato la propria banca al pagamento, potrà renderlo definitivamente
inefficace non rilasciando l’autorizzazione dell’accredito presso il conto corrente del beneficiario che si trova presso la banca di
quest’ultimo. Le norme in questione si rifanno particolarmente
all’esperienza tedesca, la quale da sempre contempla la possibilità in
capo al debitore di autorizzare l’addebito previamente ovvero successivamente all’esecuzione dello stesso15.
all’opportunità di minimizzare gli impatti per gli utenti dell’adeguamento di talune
procedure di addebito diretto che presentano caratteristiche specifiche e che hanno
una quota cumulativa di mercato inferiore al 10% del totale del servizio di pagamento
corrispondente. Ancora, per le operazioni disposte tra sportelli dello stesso prestatore
di servizi di pagamento, il provvedimento in questione si sofferma sul fatto che ad esse
non deve essere necessariamente applicato l’obbligo – di cui al punto 1, lett. b),
dell’allegato al Regolamento 260/2012 – per i prestatori di servizi di pagamento di
conformare la messaggistica relativa a operazioni di bonifico o addebito diretto allo
standard ISO 20022 XML. Per quanto riguarda gli istituti che la delibera del Direttorio
definisce all’art. 1, sono senz’altro da evidenziare quelli di cui alle lettere h), k), l), ossia rispettivamente la procedura interbancaria RID, i RID finanziari e i RID a importo
fisso: cfr. art. 1, lett. h) nonché le successive lettere k) “RID finanziari: operazioni di addebito diretto collegate alla gestione di strumenti finanziari o all’esecuzione di operazioni aventi finalità di investimento la cui quota cumulativa di mercato in Italia, unitamente a quella dei RID a importo fisso, è inferiore al 10% del totale delle operazioni
di addebito diretto”, ed l) “RID a importo fisso: operazioni di addebito diretto a importo
prefissato all’atto del rilascio dell’autorizzazione all’addebito in conto la cui quota
cumulativa di mercato in Italia, unitamente a quella dei RID finanziari, è inferiore al
10% del totale delle operazioni di addebito diretto”. Per la regolamentazione del passaggio dagli addebiti diretti RID a quelli SEPA, cfr. ora la CIRCOLARE ABI, SERIE TECNICA
N. 10 – 23 aprile 2013, avente per titolo La migrazione degli addebiti diretti RID agli schemi
SEPA DIRECT DEBIT. Iniziative propedeutiche alla migrazione e regole operative per garantire la
continuità degli addebiti riferiti a deleghe RID già in essere.
15
Cfr. DE STASIO, Operazione di pagamento non autorizzata e restituzioni, Milano, in corso
di pubblicazione, cap. II, parr. 4-5 del dattiloscritto consultato per gentile concessione
dell’Autore, per l’analisi della nuova disciplina tedesca del rilascio del consenso, che è
stata duplicata in due diversi sottocapitoli, uno riferito allo Zahlungsauftrag, l’altro
all’autorizzazione all’esecuzione dello stesso: l’Autore riferisce al contempo anche delle
critiche a quella che è stata definita in Germania una “inutile duplicazione”: così KÖNDGEN, Das neue Recht des Zahlungsverkehrs, 2011, München, 486. A ben vedere infatti, il §
675j, comma 1° BGB prevede al Satz 1, l’obbligo di consenso (chiamata dallo stesso legislatore tedesco Autorisierung, là dove si tratta di un atto successivo allo Zahlungsauftrag di
cui sopra: da cui la menzionata “Duplizierung”), e al Satz 2 la possibilità di una Einwilligung preventiva, ovvero di una successiva Genehmigung, che però non può prescindere
— 15 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
L’art. 16 del decreto vieta al prestatore di servizi di pagamento di rifiutarsi di eseguire un ordine di pagamento autorizzato qualora siano
state rispettate tutte le condizioni previste dal contratto. Lo stesso articolo prevede anche, ove ne ricorrano i presupposti, che il prestatore di
servizi di pagamento possa rifiutarsi di eseguire l’ordine, dandone però immediata comunicazione all’utilizzatore ed indicandogli, ove possibile, le relative motivazioni e le procedure per correggere gli errori
che hanno giustificato il rifiuto. Qualora detto rifiuto risulti obiettivamente giustificato e ove ciò sia stato concordato tra le parti, il prestatore di servizi può addebitare le spese della comunicazione
all’utilizzatore. La citata disposizione recepisce l’orientamento restrittivo già presente nella letteratura tedesca ante direttiva comunitaria, in
base al quale la banca non ha mani libere per decidere se accettare o
meno un ordine di addebito, ma deve attenersi alle istruzioni impartitele dal proprio cliente. Altrimenti si potrebbe correre anche il rischio
di attribuire alla banca un ruolo che non le spetta, ossia quello
dell’arbitro, senza considerare che essa è comunque soggetta ad obblighi nei confronti anche dell’altro istituto di credito per via del rapporto interbancario, e nell’intera operazione è ovviamente coinvolto anche l’interesse del beneficiario.
Sempre con riferimento alle operazioni di pagamento autorizzate
preventivamente, l’art. 13 fornisce una importante disciplina, congegnata appositamente per gli addebiti diretti. Infatti, la norma recita
espressamente: “Nel caso in cui un’operazione di pagamento autorizzata disposta su iniziativa del beneficiario o per il suo tramite sia già stata
eseguita…”16. È palese il riferimento all’addebito diretto su iniziativa
dal consenso stesso rilasciato dal pagatore a monte: il § 675f, comma 3°, Satz 2 BGB prevede infatti che egli rilascia lo Zahlungsauftrag direttamente al proprio prestatore di servizi o “per il tramite del beneficiario”. Queste considerazioni vanno però elaborate unitamente alla disciplina del rimborso, di cui verrà dato conto al par. 4, là dove si mostrerà
che, potendo il debitore chiederlo relativamente ad operazioni già autorizzate, egli riceve la stessa tutela che riceveva allorquando poteva rifiutare un addebito che egli aveva,
nella previgente disciplina, autorizzato al beneficiario ma non nei confronti della propria banca. Fin da ora, per l’opinione che vede un superamento dell’Einzugsermächtigungsverfahren ad opera delle nuove regole del SEPA-Lastschrift, v. ancora
De Stasio (cap. II, par. 6 “Lastschrift e rimborsi”).
16
Corsivo aggiunto. La norma così prosegue: “…il pagatore ha diritto al rimborso
dell’importo trasferito qualora siano soddisfatte entrambe le seguenti condizioni: a) al
momento del rilascio, l’autorizzazione non specificava l’importo dell’operazione di pagamento; b) l’importo dell’operazione supera quello che il pagatore avrebbe potuto ragionevolmente aspettarsi avuti presenti il suo precedente modello di spesa, le condizioni
del suo contratto quadro e le circostanze del caso”.
— 16 —
L’ADDEBITO DIRETTO
del beneficiario (Einzugsermächtigungsverfahren nell’esperienza tedesca,
sulla quale v. infra).
Come già accennato, la direttiva comunitaria e il suo decreto attuativo nell’ordinamento italiano definiscono espressamente l’addebito
diretto. Il che non significa tuttavia, che le citate fonti disciplinino
puntualmente ogni aspetto dell’istituto in questione. Avendo peraltro
optato la direttiva europea per una disciplina di carattere generale valevole trasversalmente per tutti i servizi di pagamento, spetta
all’interprete il lavoro di riconduzione delle singole norme applicabili
alle diverse fattispecie, tra cui si inserisce anche l’addebito diretto. Va
segnalato però che per quest’ultimo istituto è dato rinvenire norme
specifiche dovute alla sua particolarità. Il legislatore comunitario nonostante ciò ha però attuato determinate scelte in palese contrasto con
la prassi vigente nei Paesi in cui l’addebito diretto era già operante
prima dell’entrata in vigore della direttiva. Vale qui la pena di citare
fin da ora l’art. 5, che al 4° comma, nello stabilire la revocabilità del
consenso del pagatore prima che l’ordine di pagamento diventi irrevocabile, opera un rinvio all’art. 17: quest’ultima norma prevede al
comma 5°, il necessario consenso del beneficiario per esercitare la revoca del pagamento da parte del pagatore. Una novità assoluta, questa,
che potrebbe comportare un minor utilizzo di questo strumento di
pagamento, dato che il debitore sarà consapevole che difficilmente potrà esercitare la revoca di un pagamento, magari quand’anche esso
non sia dovuto. Sono fatti salvi i patti in deroga a questa disciplina, ma
è indubitabile che essa costituisca un notevole ostacolo – mitigato, come si vedrà, dalla disciplina del rimborso – all’esercizio da parte del
debitore di una facoltà, quella della revoca, che in questo servizio di
pagamento rappresenta un istituto chiave per far fronte alla possibilità
di addebiti illegittimi.
L’art. 7 del decreto 11/2010 stabilisce l’obbligo di comunicazione
in capo all’utilizzatore del servizio di pagamento, del furto, appropriazione indebita ovvero uso non autorizzato dello strumento di pagamento, mentre se si è in presenza di operazioni di pagamento non autorizzate o eseguite in modo inesatto, v’è un obbligo di comunicazione
al prestatore di servizi della prestazione in questione, al massimo entro
13 mesi dalla data della sua esecuzione, se non sono previsti altri termini dal contratto quadro. La norma che ha attirato più critiche è
quella di cui all’art. 12, comma 3° che, per il caso di utilizzo improprio
o non autorizzato dello strumento di pagamento, prevede che, salvo il
caso di dolo o colpa grave dell’utilizzatore, questi possa rispondere fino ad un massimo di 150 euro; si considera quindi che l’utilizzatore
— 17 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
stesso abbia diligentemente segnalato al prestatore di servizi l’uso indebito dello strumento di pagamento, e ciononostante si codifica un
massimo di esborso che egli deve comunque sopportare17.
Sull’utilizzatore del servizio grava l’obbligo di comunicare le operazioni non autorizzate o effettuate in modo inesatto, in base alla rubrica
dell’art. 9. Il tempo a disposizione dell’utilizzatore è comunque ampio,
in quanto arriva fino a 13 mesi dalla data di addebito/accredito.
2. Le due varianti di addebito diretto.
L’addebito diretto è, come accennato supra, un servizio di pagamento quadrilatero utilizzato nella prassi bancaria. In Germania, il
Lastschrift è sempre stato considerato un negozio bancario (Bankgeschäft), come tale rientrante nell’ambito della normazione dei negozi
bancari della Kreditwesengesetz18, ma ora, dopo il recepimento della Di17
Cfr. le critiche pervenute dalla DEUTSCHER RICHTERBUND, ne Stellungnahme des DRB
zum Entwurf eines Gesetzes zur Umsetzung der Verbraucherkreditrichtlinie, des zivilrechtlichen Teils
der Zahlungsdiensterichtlinie sowie zur Neuordnung der Vorschriften über das Widerrufs- und
Rückgaberecht, 2008, consultabile al sito www.drb.de. Per l’analisi della norma in questione e per le diverse discipline della restituzione delle somme rispettivamente entro ed eccedenti i 150 euro (nel primo caso azione di arricchimento senza causa nei confronti del
beneficiario arricchito dal pagamento, da parte del derubato o di chi abbia smarrito lo
strumento di pagamento; nel secondo caso l’azione spetterà al PSP che abbia eseguito il
pagamento in base all’ordine proveniente dal ladro o ricettatore), cfr. DE STASIO, Operazione di pagamento non autorizzata e restituzioni, cap. II, par. 2. La disciplina comunitaria poi
recepita dal d. lgs. 11/2010 contiene un’ampia regolamentazione della mancata o inesatta esecuzione dell’operazione di pagamento. Anzitutto l’art. 25, comma 1°, stabilisce che
quando l’operazione di pagamento è disposta dal pagatore, fatti salvi gli articoli 9 (operazione non autorizzata e non comunicata al prestatore di servizi), 24, commi 2 e 3
(identificativo del conto inesatto per colpa del pagatore), e 28 (caso fortuito e forza
maggiore), il prestatore di servizi di pagamento del pagatore è responsabile nei confronti di quest’ultimo della corretta esecuzione dell’ordine di pagamento ricevuto, a meno
che non sia in grado di provare al pagatore ed eventualmente al prestatore di servizi di
pagamento del beneficiario che quest’ultimo ha ricevuto l’importo dell’operazione conformemente all’articolo 20, comma 1. In tale caso, il prestatore di servizi di pagamento
del beneficiario è responsabile nei confronti del beneficiario della corretta esecuzione
dell’operazione di pagamento. Al comma 2° si stabilisce l’obbligo di rimborso al pagatore della somma utilizzata per l’operazione non eseguita o eseguita in modo inesatto, specificando che, ove l’operazione sia stata eseguita a valere su un conto di pagamento, il
prestatore di servizi ha l’obbligo di ripristinare la situazione come se l’operazione di pagamento eseguita in modo inesatto non avesse avuto luogo, restando fermo, in base
all’art. 26, il risarcimento di danni ulteriori, che devono essere però oggetto di espressa
previsione nel contratto concluso tra utilizzatore-debitore e prestatore di servizi.
18
Legge sul sistema finanziario e creditizio, la cui prima definizione risale al 1935; ha
subito diverse modifiche di cui l’ultima è del 22 dicembre 2011.
— 18 —
L’ADDEBITO DIRETTO
rettiva 2007/64, esso è a tutti gli effetti un servizio di pagamento, e
come tale rientra nell’ambito della Zahlungsdiensteaufsichgesetz19.
La modalità maggiormente sfruttata per le operazioni di addebito
diretto è quella del già citato Einzugsermächtigungsverfahren (procedimento di autorizzazione all’addebito), che prevede come primo passaggio per l’avvio di detto strumento, la richiesta del creditore, in base
all’accordo col debitore, effettuata tramite la banca del primo a quella
del secondo, di eseguire l’addebito sul conto di quest’ultimo. L’altro
tipo di addebito diretto è costituito dall’Abbuchungsauftragsverfahren,
che si differenzia dal primo per il fatto che qui è il debitore a conferire
alla propria banca l’incarico di pagamento alla banca del creditore,
mentre nell’altra modalità di addebito, l’iniziativa parte proprio dal
creditore, cui il debitore rilascia l’autorizzazione all’addebito20.
In Italia, come già spiegato, questo strumento di pagamento non è
mai stato previsto, quantomeno non nel suo schema di negozio di pagamento singolo e comunque non a livello legislativo; in altri Paesi europei invece, quali Germania, Austria, Spagna, esso ha avuto ampia diffusione.
2.1 L’addebito per iniziativa del creditore (Einzugsermächtigungsverfahren)
Considerando quale modello principale di addebito quello nel quale ogni soggetto del rapporto di valuta si relaziona distintamente col
proprio istituto di credito (a differenza che nel c.d. Hauslastschrift, dove invece debitore e creditore fanno capo ad una sola banca)21,
l’operazione in discorso può scomporsi in sei distinti passaggi:
19
§ 1, comma 2°, nr. 5 ZAG: cfr. WERNER, Die Lastschrift, cit., Rdn. 12, 208. Il contratto
di servizio di pagamento si fa rientrare nei contratti di mandato contenente anche elementi del contratto d’opera (Geschäftbesorgungsvertrag mit werkvertraglichen Elementen): la
definizione di Lastschrift è ora riportata al § 1, comma 4° ZAG; v. ancora WERNER, Rdn. 3,
245. Cfr. anche OMLOR, Die neue Einzugsermächtigungslastschrift – Von der Genehmigungs- zur
Einwilligungstheorie, in NJW , 2012, 2152 s., il quale sostiene che dopo l’introduzione del
SEPA-Lastschrift la banca riceve, contestualmente al rilascio dell’autorizzazione al creditore, un incarico all’addebito, incarico che conformemente al § 675 s, obbliga il prestatore
di servizi del pagatore ad eseguirlo il più celermente possibile.
20
Secondo quanto riportato da JACOB, Die zivilrechtliche Beurteilung, cit., 16 nt. 30, e
successivamente (in termini più generali) da WERNER, Die Lastschrift, cit., Rdn. 9, 207, il
primo modello di addebito (Einzug) è utilizzato al 95%, mentre all’Abbuchung va il restante 5%. Sul tema cfr. anche lo studio di DE STASIO, Operazione di pagamento, cit., cap.
II, par. 4.
21
Il rapporto giuridico ha dunque natura trilatera. La situazione non è comunque
troppo differente nell’ipotesi in cui debitore e creditore abbiano acceso i propri conti
— 19 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
1) anzitutto il debitore rilascia al creditore un’autorizzazione – della
quale la banca del debitore, quantomeno nella prassi antecedente
al nuovo Lastschriftabkommen (ma con tutta probabilità, nemmeno in
quella successiva), non viene in pratica mai a conoscenza22 – del seguente tenore: “con la presente autorizzo il sig. …, ad eseguire
presso il medesimo istituto di credito: i primi due passaggi (rispettivamente, il rilascio
dell’autorizzazione all’addebito e l’inoltro del Lastschrift) sono praticamente identici.
Nemmeno il terzo passaggio si discosta in maniera sostanziale da quello relativo
all’addebito diretto “quadrilatero”, mentre è evidente che il quarto e il quinto vengono
meno, in quanto basati sul rapporto interbancario; il sesto e ultimo passaggio si svolge
chiaramente come nel procedimento esaminato per gli addebiti diretti quadrilateri, poiché riguarda l’addebito sul conto del debitore della somma pagata al beneficiario. Il d.
lgs. 27 gennaio 2010, n. 11 ripropone la succitata distinzione, in particolare all’art. 17, là
dove disciplina il diritto di revoca dell’ordine di eseguire un’operazione definendo al
riguardo modalità e termini per il suo esercizio.
22
La questione è, dopo l’approvazione del nuovo LSA entrato in vigore il 9 luglio
2012, controversa. L’autore che tra i primi se ne è occupato (WERNER, Die Lastschrift, cit.,
Rdn. 10 ss., 207 ss.) sostiene che ora, contestualmente all’autorizzazione rilasciata al creditore, sussiste anche un obbligo in capo al pagatore di autorizzare la propria banca
all’addebito, con la conseguenza che l’operazione sarebbe fin da subito autorizzata (a
questo proposito parla di Vorautorisierung: in realtà questo termine non trova riscontro in
alcun punto del citato accordo pattizio del 9 luglio 2012, il quale anzi al Abschnitt I, nr. 7,
ha cura di precisare che la banca del debitore deve, immediatamente dopo l’avvenuto
addebito, comunicare al suo cliente l’ammontare dello stesso, la causale nonché il nome
del beneficiario, indicazioni queste, che lasciano presupporre che non vi sia stata da parte del debitore alcuna specifica autorizzazione all’addebito, bensì un semplice mandato
rientrante nel rapporto tra pagatore e prestatore di servizi) e non sarebbe più possibile
revocarla: al pagatore spetterebbe solo un diritto al rimborso, non condizionato
all’allegazione di particolari motivi. Nel prosieguo del lavoro si vedrà che, in realtà, il
nuovo Abkommen non ha modificato la prassi antecedente, e se è vero che ora, in base al
recepimento del SEPA-Lastschrift, al debitore non spetta più un autentico Widerspruch, ma
solo un diritto al rimborso, è anche vero che quest’ultimo, non essendo legato a particolari condizioni e potendo essere diretto perfino contro operazioni dallo stesso debitore
autorizzate (cfr. per l’Italia, gli artt. 13 e 14, comma 3°, d. lgs. 11/2010, su cui v. ampiamente infra, nel testo), non si differenzia nella pratica dal vecchio “rifiuto”
dell’operazione. Nemmeno gli schemi predisposti dall’EPC in materia di Sepa Direct
Debit (ai quali l’Abkommen non si applica, ma che pure costituiscono un importante
strumento di paragone) Core (che è lo strumento col quale ci si deve rapportare, in
quanto quello B2B costituisce un modello speciale) prevedono il rilascio di una preventiva autorizzazione da parte del debitore alla propria banca: questo importante dettaglio
va a suffragio di quanto detto nel testo e contraddice l’impostazione data da Werner. Per
ulteriori ragguagli, anche in chiave comparatistica tra Germania e Romania, cfr. ora PETRESCU , Lastschriftverkehr in Deutschland, Rumänien und der EU: ein Rechtsvergleich mit
Schlussfolgerungen für die SEPA-VO, Berlin-Boston, 2013, 256 ss., il quale sembra riproporre
l’opinione di Werner.
— 20 —
L’ADDEBITO DIRETTO
2)
3)
4)
5)
6)
l’addebito delle somme dovute per … (causale), qualora diventino
esigibili, sul mio conto n° … presso l’istituto … mediante scrittura
di addebito”23.
il creditore beneficiario inoltra alla propria banca (Inkassostelle) il
modulo di addebito contenente l’autorizzazione di cui al punto 1);
la banca del beneficiario accredita quindi sul conto corrente di
questi la somma oggetto di addebito diretto;
a questo punto, sempre la banca del creditore-beneficiario inoltra il
modulo di addebito alla banca del debitore, con l’ordine di pagamento;
non appena il modulo di addebito giunge alla banca del debitore, è
pagabile (come recita la Sezione I, n° 6 del LSA). Ciò significa che
quella banca pagherà l’importo indicato sul modulo di addebito diretto alla banca del creditore (e non in contanti);
infine, la banca del debitore addebita a questi la somma oggetto di
Lastschrift (cfr. la Sez. II, n° 1b del LSA, che stabilisce a contrario che,
laddove non sussista provvista sul conto del debitore, il Lastschrift
non è pagabile).
Con lo svolgimento dell’ultimo fondamentale passaggio, la procedura di addebito diretto si chiude. La banca del debitore può consegnare il modulo di addebito alla banca del beneficiario e pretendere la
restituzione dell’importo, qualora il debitore, entro sei settimane
[prima della normativa comunitaria: ora sono otto24] dall’addebito sul
proprio conto, revochi quest’ultimo (l’addebito, per via della stessa
possibilità di essere reso inefficace, non è ancora definitivo)25. Di tal
che, una volta effettuata la eventuale revoca, la banca del beneficiario
potrà così riaddebitare sul conto di quest’ultimo l’esatto importo oggetto del Lastschrift, che verrà restituito al debitore.
Trascorso il periodo previsto dall’accordo pattizio come termine ultimo per esercitare la revoca, la banca del beneficiario non è più obbligata alla restituzione del modulo di addebito verso la banca del debitore, così che sarà possibile una revoca nei soli casi di frode manifesta.
23
Schema di modulo di addebito diretto: cfr. WERNER, Die Lastschrift, cit., Rdn. 16,
208.
24
Dall’addebito però sul saldo giornaliero, anziché sei settimane a partire dalla ricezione dell’estratto conto di periodo: DE STASIO , Operazione di pagamento, cit., in chiusura
del cap. II.
25
LSA, sez. III, nn. 1-2.
— 21 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
2.2 L’addebito su impulso del debitore (Abbuchungsauftragsverfahren)
Mentre nell’addebito per iniziativa del creditore, il debitore non rilascia l’incarico alla propria banca di pagare (o quantomeno non contestualmente all’autorizzazione rilasciata al creditore), nell’addebito su
impulso dello stesso debitore è invece quest’ultimo a conferire mandato al proprio istituto di credito avente ad oggetto il pagamento del Lastschrift.
Presupposto fondamentale per l’attivazione dell’addebito diretto
per iniziativa del debitore è che questi abbia rilasciato alla propria
banca un mandato, nell’ambito di un accordo quadro, a onorare tutti
gli addebiti provenienti da un creditore, o quantomeno un mandato
per ogni singolo addebito.
Un mandato generale alla banca del debitore comporta la conseguenza che l’importo versato alla banca del creditore entrerà
nell’immediata disponibilità di quest’ultimo; questa operazione potrà
essere realizzata ad esempio mediante trasferimento su conto interbancario. Di certo quello che sorge in capo alla banca del debitore è
un obbligo cui essa non può sottrarsi, pena il venir meno dei suoi doveri di mandataria nei confronti del proprio cliente (il debitore nel
rapporto di addebito diretto) e l’eventuale risarcimento del danno
verso il creditore.
La banca preleverà le somme dalla provvista disponibile, in quanto
non ha l’obbligo di concedere credito al proprio cliente a motivo di
un addebito diretto. Nel caso in cui non dovesse risultare alcun ordine
di addebito, ovvero questo dovesse risultare inefficace, la banca del
debitore non sarà ugualmente obbligata ad accettarlo, né nei confronti del proprio cliente, né nei confronti della banca del creditore; anche se, a dire il vero, l’inoltro di un ordine di addebito presso la banca
del debitore, in caso di incarico inefficace di addebito per impulso di
quest’ultimo, potrebbe valere come offerta di incarico da parte della
banca del creditore a quella del debitore, di accettare l’ordine di addebito dopo aver appunto ricevuto il corrispondente incarico da parte
del debitore. Ove questi manifesti il proprio consenso, la sua banca
potrà accettare la proposta e addebitare l’operazione sul proprio conto. Nel caso l’istituto di credito decida di accettare l’addebito diretto
anche in mancanza di incarico, si accollerà l’intero rischio derivante
da tale operazione.
In tutti i casi nei quali la banca del debitore si troverà in presenza di
un efficace ordine di addebito, sarà autorizzata a conteggiarlo sul conto del proprio cliente, e questo anche ove il creditore dovesse agire
abusivamente, salvo che non sia la stessa banca a riconoscere l’abuso;
— 22 —
L’ADDEBITO DIRETTO
circostanza, questa, che si verificherà molto difficilmente, in quanto
l’istituto di credito non ha sostanzialmente alcuna possibilità di esaminare se il creditore agisca in modo fraudolento. Perciò, al di là di questi casi eccezionali, la banca del debitore non ha alcun obbligo di esaminare se il creditore operi oltre i limiti consentitigli dall’autorizzazione prevista nell’addebito, o addirittura se lo stesso addebito sia
fraudolento. A ciò si aggiunge che la possibilità di chiedere il rimborso
della somma addebitata, prevista per l’addebito su iniziativa del beneficiario (v. infra, par. 4), non è qui logicamente contemplata – eccetto
il caso ben più marginale della revoca –, provenendo l’ordine dallo
stesso debitore.
La differenza tra i due modelli di addebito non sta dunque solo nel
soggetto che dà l’avvio alla procedura, nel primo caso il creditore, nel
secondo il debitore, ma anche nella diversa gradazione di rischio:
nell’addebito su iniziativa del creditore infatti, è chiaro che il debitore
si trova esposto al rischio di frodi molto più che in quello su iniziativa
del debitore medesimo. In quest’ultimo caso potrebbe sempre permanere il rischio di collusione tra debitore e creditore ai danni della banca dell’uno o dell’altro, ma è evidente che si tratta di una possibilità
ben più remota rispetto al primo caso, e comunque non connaturata
alla particolare struttura del modello di pagamento, al contrario invece del rischio connesso al Lastschrift su iniziativa del creditore.
3. Revoca dell’addebito e suoi effetti.
La disciplina europea stabilisce in linea di principio l’irrevocabilità
di un ordine di pagamento (art. 17, comma 2°, d. lgs. 11/2010). La revoca altro non è se non la comunicazione alla propria banca di non voler emettere l’ordine di addebito già comunicato al beneficiario26.
Le tematiche del consenso e della revoca sono state ampiamente disciplinate dalla direttiva europea in materia di servizi di pagamento,
poi recepita nel d. lgs. 11/2010. La Direttiva 2007/64 al Capo 2 intitolato Autorizzazione di operazioni di pagamento, disciplina all’art. 54 il consenso e la revoca del consenso. Queste norme, che verranno poi trasposte al capo II del d. lgs. 11/2010, capo che riporta lo stesso identico
26
Cfr. JACOB, Die zivilrechtiliche Beurteilung, cit., 78 ss.; cfr. pure CIRCOLARE ABI, Serie
tecnica n. 14 – 31 marzo 2010, Bancaria ed., 6, sub art. 5, in cui si sottolinea che il consenso
viene espresso, nell’addebito diretto, dal pagatore attraverso la sottoscrizione e la consegna del mandato alla propria banca; poco più sotto la Circolare richiama il fatto che, ove
l’addebito abbia ad oggetto il consenso ad eseguire più operazioni di pagamento, le operazioni di pagamento successive non possono essere autorizzate (art. 4 d. lgs. 11/2010).
— 23 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
titolo della Direttiva, consentono di ricostruire la disciplina
dell’autorizzazione che deve essere rilasciata dal debitore (il pagatore)
al prestatore di servizi di pagamento (v. infra, in merito all’art. 5 d. lgs.
11/2010).
Il punto di partenza per una corretta ricostruzione della fattispecie
è il consenso del debitore. Egli rilascia l’autorizzazione al prestatore di
servizi di pagamento, o meglio: presta il proprio consenso
all’operazione, in mancanza del quale, questa non può considerarsi
autorizzata (art. 54, comma 1°, Direttiva 2007/64, e art. 5, comma 1°,
d. lgs. 11/2010).
Con riferimento alle operazioni disposte dal beneficiario o per il
suo tramite, il comma 2° dell’art. 17 prevede l’irrevocabilità dopo che
il pagatore abbia trasmesso l’ordine al beneficiario o dopo che gli abbia dato il consenso ad eseguirlo; tale disposizione può essere però riferita alle operazioni tramite carte di pagamento, ma non anche agli
addebiti diretti per i quali occorre fare riferimento al comma 3°, a
norma del quale il pagatore può revocare l’ordine non oltre la fine
della giornata operativa precedente il giorno concordato per
l’addebito dei fondi; in tal caso il prestatore di servizi del pagatore ne
deve dare tempestiva comunicazione al prestatore di servizi del beneficiario. Una volta scaduti i termini utili per la revoca, l’ordine di pagamento può essere revocato solo se concordato tra l’utilizzatore ed il
proprio prestatore di servizi e sussistendo il consenso del beneficiario
(art. 17, comma 5°). Analoga alla regola in tema di revoca delle operazioni di pagamento riferita agli addebiti diretti è quella dettata con riferimento alle ipotesi di cui all’art. 15, comma 2° (in cui cioè le parti
interessate abbiano concordato che l’esecuzione di un ordine sia avviata in un giorno determinato o alla fine di un determinato periodo ovvero il giorno in cui i fondi siano a disposizione del prestatore di servizi di pagamento); in tal caso infatti, a norma dell’art. 17, comma 4°,
l’utilizzatore può revocare un ordine entro (e non oltre) la fine della
giornata precedente il giorno concordato. Oltre tale termine è necessario ai fini della revoca il mutuo consenso tra utilizzatore e prestatore
di servizi. Si segnala l’ultimo disposto dell’ultimo periodo del comma
5° dell’art. 17, a norma del quale “il prestatore di servizi di pagamento
può addebitare le spese della revoca solo qualora ciò sia previsto nel
contratto quadro”.
Il principio fondamentale del consenso del pagatore, come anticipato, è stabilito all’art. 5, comma 1° del d. lgs. 11/2010, dove è qualificato alla stregua di “elemento necessario per la corretta esecuzione di
un’operazione di pagamento”. In assenza del consenso, prosegue la
— 24 —
L’ADDEBITO DIRETTO
norma, un’operazione di pagamento non può considerarsi autorizzata.
Al comma successivo il legislatore specifica che “il consenso ad eseguire un’operazione di pagamento o una serie di operazioni di pagamento è prestato nella forma e secondo la procedura concordata nel contratto quadro o nel contratto relativo a singole operazioni di pagamento”, lasciando quindi libertà ai contraenti di decidere sotto quale modalità regolamentare la sfera del consenso alle operazioni stesse.
In base all’ultimo comma dell’art. 5, il consenso può essere revocato in qualsiasi momento, “nella forma e secondo la procedura concordata nel contratto quadro o nel contratto relativo a singole operazioni
di pagamento, purché prima che l’ordine di pagamento diventi irrevocabile ai sensi dell’articolo 17”, norma già più volte menzionata27.
Le operazioni di pagamento eseguite dopo la revoca del consenso
ad eseguire più operazioni di pagamento non possono essere considerate autorizzate.
Il 6° comma dell’art. 17 precisa che “in ogni caso” la revoca di un
ordine di pagamento ha effetto solo nel rapporto tra il prestatore di
servizi di pagamento e l’utilizzatore del servizio, “senza pregiudicare il
carattere definitivo delle operazioni di pagamento nei sistemi di pagamento”. Quest’ultima espressione fornisce un punto di partenza per
future riflessioni in particolare sull’eventuale riequilibrio delle prestazioni rispetto ai rapporti di valuta e di provvista28.
27
Art. 17. 1. Fatte salve le disposizioni di cui al presente articolo, una volta ricevuto dal prestatore di servizi di pagamento del pagatore l’ordine di pagamento non può essere revocato
dall’utilizzatore.
2. Fatto salvo quanto previsto all’articolo 5, comma 4, se l’operazione di pagamento è disposta
su iniziativa del beneficiario o per il suo tramite, il pagatore non può revocare l’ordine di pagamento
dopo averlo trasmesso al beneficiario o avergli dato il consenso ad eseguire l’operazione di pagamento. Il problema, come anticipato supra, sta nei commi successivi che sostanzialmente rendono molto difficile l’esercizio della revoca.
28
Per un commento a questa norma v. LUPACCHINO, Commento all’art. 17, in AA.VV.,
La nuova disciplina dei servizi di pagamento. Commentario al d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 11, cit.,
192 s., la quale circoscrive il significato della locuzione “in ogni caso”, escludendo che il
tenore della norma implichi l’esclusione del dovere della banca di attivarsi per evitare
l’esecuzione e la definitività del regolamento, nell’ipotesi di revoca in senso tecnico. Con
questa affermazione, aggiunge correttamente DE STASIO, Operazione di pagamento, cit.,
cap. III, par. 5, si può convenire «se con ciò ci si limita ad affermare – ma il tenore letterale della norma non sembra ammettere una diversa interpretazione – che, in caso di
revoca di ordine di pagamento non ancora eseguito, il PSP violerebbe l’incarico ricevuto
se, ciononostante, procedesse comunque nell’esecuzione o non attivasse eventuali procedure di ritiro di un ordine “in coda” e in attesa di esecuzione, che fossero eventualmente previste dal regolamento del sistema di pagamento al quale l’ordine fosse stato
inviato prima della ricezione della dichiarazione di revoca». L’interpretazione di Lupac— 25 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
Il “carattere definitivo” delle operazioni di pagamento si evince dalla regola dell’irrevocabilità da parte dell’utilizzatore di un ordine di
pagamento dal momento in cui quest’ultimo sia stato ricevuto (a norma dell’art. 15) dal prestatore di servizi di pagamento del pagatore
stesso; decorso tale momento dunque, e come già anticipato, l’ordine
potrà essere bloccato solo tramite specifico accordo tra l’utilizzatore ed
il prestatore di servizi (cfr. art. 17, comma 5°).
Come accennato nell’introduzione, l’art. 16 del decreto vieta al
prestatore di servizi di pagamento di rifiutarsi di eseguire un ordine di
pagamento autorizzato qualora siano state rispettate tutte le condizioni
previste dal contratto. La stessa norma prevede anche, ove ne ricorrano i presupposti, che il prestatore di servizi possa rifiutarsi di eseguire
l’ordine, dandone però immediata comunicazione all’utilizzatore ed
indicandogli, ove possibile, le relative motivazioni e le procedure per
correggere gli errori che hanno giustificato il rifiuto. Tale comunicazione deve essere effettuata dal prestatore di servizi secondo le modalità concordate con l’utilizzatore, con la massima sollecitudine e in ogni
caso nel rispetto ed entro i termini previsti per l’esecuzione
dell’operazione di pagamento di cui all’art. 20. Qualora il rifiuto risulti
obiettivamente giustificato e ove ciò sia stato concordato tra le parti, il
prestatore di servizi potrà addebitare le spese della prestazione
all’utilizzatore.
Le considerazioni fin qui svolte sulla revoca devono tener conto di
un dato nuovo rispetto alla previgente prassi dei Paesi nei quali
l’addebito diretto è stato ampiamente utilizzato, ossia, oltre al rifiuto
dell’addebito stesso, la possibilità ora offerta dalla disciplina europea,
chino è tuttavia degna di considerazione anche là dove l’Autrice prosegue osservando
che per il legislatore italiano sarebbe però ammissibile anche una “revoca convenzionale”, successiva al momento in cui il trasferimento di fondi diventa definitivo. In tale ipotesi, secondo L. «l’unica conseguenza è l’obbligo di rimborso da parte della banca del
debitore al proprio cliente», ma il problema si sposterebbe «sul piano del rapporto obbligatorio, nel senso che, se il debitore ritiene che un pagamento effettuato sia non dovuto, deve chiedere la restituzione al suo creditore», ma allora, «al fine di ottenere il riequilibrio delle sfere patrimoniali dei soggetti coinvolti nell’operazione, il debitore dovrebbe conferire alla propria banca mandato con rappresentanza per recuperare, in suo
nome, le somme dal creditore, autorizzando la medesima a trattenere il ricavato», soluzione, quest’ultima, possibile ma non da ritenersi quale via obbligata (come parrebbe
sostenere l’A.). Per una interpretazione opposta a quella qui condivisa cfr. tuttavia ABF,
Collegio di Roma, decisione del 14 giugno 2013 su ricorso n. 977565, in base alla quale,
se così interpretata, “la norma sarebbe inutile (e fuori contesto), in quanto non direbbe
nulla di nuovo rispetto alla regola di diritto comune, per cui laddove un pagamento fosse indebito esso potrebbe essere ripetuto dalla parte che lo ha effettuato (art. 2033 c.c.)”.
— 26 —
L’ADDEBITO DIRETTO
di revocare l’operazione di addebito prima ancora che essa venga effettuata. Questa possibilità appunto, cui si era già accennato nel par. 1
e di cui si sono forniti alcuni sommari tratti in questo paragrafo, va
coordinata con quella già preesistente del rifiuto, cui è dedicato il paragrafo successivo. Questa parziale sovrapposizione di istituti simili per
funzione è probabilmente dovuta al fatto che, come spiegato, la scelta
della Direttiva europea è stata nel senso di affrontare i vari servizi di
pagamento con una disciplina comune, piuttosto che dedicare sezioni
specifiche alle singole tipologie di servizi, con la riserva di richiamare
per alcuni di questi le peculiarità loro proprie. L’istituto della revoca
infatti è ben conosciuto nell’ambito di altri servizi di pagamento (si
pensi per tutti al bonifico), ma applicata all’addebito diretto rischia
forse di creare un “doppione”. Va peraltro detto che, anche se entrambi gli istituti hanno la medesima finalità, possono essere utilizzati
in momenti temporali ben diversi: la revoca, quando ancora la procedura di addebito, come si è detto, non è stata avviata; il rifiuto (rectius:
richiesta di rimborso) invece, quando essa è iniziata e la somma è stata
già addebitata sul conto del pagatore.
4. Il rimborso delle somme addebitate.
Da sempre, nei Paesi in cui era regolamentato nella prassi, il debitore nell’ambito di una procedura di addebito diretto aveva facoltà di
esercitare il c.d. rifiuto dell’addebito (Widerspruch) con conseguente
richiesta di rimborso: in tal caso l’istituto di credito del debitore aveva
l’obbligo di procedere allo storno dell’addebito eseguito sul conto
corrente di quest’ultimo; il debitore impediva così anche che la propria banca potesse pretendere il diritto al rimborso delle spese affrontate per l’esecuzione dell’incarico ricevuto e poi revocato. Questa facoltà, anche dopo il recepimento della Direttiva Sepa, è rimasta sostanzialmente invariata, anche se non viene più chiamata “revoca”
bensì possibilità di richiedere il rimborso29.
29
Al par. 2 si è avuto modo di accennare al fatto che alcuni recenti commenti alla
nuova versione del Lastschriftabkommen parlano di diversità tra il vecchio Widerspruch e
l’attuale rimborso (Erstattungsanspruch): ma si è anche già avuto modo di spiegare che la
diversità è sostanzialmente solo letterale, in quanto tale diritto può essere esercitato, ora,
comunque a prescindere dall’esistenza di motivi plausibili in capo al debitore, cosa che
accadeva anche prima col Widerspruch (lett: rifiuto). Va tenuta ora presente la previsione,
specificamente riferita al solo “direct debit”, contenuta nell’art. 67, comma 1, della Proposal for a Directive of the European Parliament and of the Council on payment services in the internal market and amending Directives 2002/65/EC, 2013/36/EU and 2009/110/EC and repea-
— 27 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
Diversamente dalla richiesta di rimborso regolare (otto settimane
dall’avvenuto addebito: art. 14, comma 1°, d. lgs. 11/2010)30, ossia effettuata nei termini previsti dalla legge, si può verificare anche il caso
di quella effettuata dopo detta scadenza; tale termine però è valevole
solo nell’ambito del rapporto interbancario e non anche in quello di
provvista, nel senso che in quest’ultimo rapporto le prestazioni saranno riequilibrate in base ad eventuali azioni di ripetizione (per la cui
analisi si rinvia al cap. III).
Come poc’anzi accennato, con l’accettazione dell’addebito per via
di un valido ordine, la banca acquista allo stesso tempo un diritto al
rimborso delle spese nei confronti del debitore, che sarà fatto valere
mediante “conteggio” sul conto corrente del proprio cliente, il debitore-pagatore appunto nel Lastschriftverfahren31.
Comunque sia, l’addebito su iniziativa del creditore è sempre soggetto a richiesta di rimborso: il debitore ha il diritto, secondo la più
recente giurisprudenza pratica tedesca ante-PSD che conferma
l’orientamento degli ultimi anni, di opporsi in qualsiasi momento, fino
alla scadenza del termine indicato dal Lastschriftabkommen (e poi dalla
disciplina europea) all’addebito sul suo conto corrente, indipendentemente dal fatto di averlo ordinato o meno32. Come si vedrà tra poco,
la disciplina europea ha regolamentato diversamente il caso di rimborso di somme in seguito ad operazione di pagamento autorizzata (disposta su iniziativa del beneficiario: art. 13, comma 1°, d. lgs. 11/2010)
rispetto ad operazioni non autorizzate. A queste ultime si applica l’art.
11 per le quali è disposto l’immediato rimborso33 (e fatta salva, sempre
ling Directive 2007/64/EC, resa pubblica dalla Commissione Europea il 24 luglio 2013,
COM(2013) 547 final, là dove prevede che «per gli addebiti diretti il pagatore ha un diritto incondizionato al rimborso entro i limiti di tempo stabiliti nell’articolo 68, a meno
che il beneficiario abbia già adempiuto le obbligazioni contrattuali e i servizi siano già stati ricevuti o
le merci siano già state consumate dal pagatore». La Commissione propone di inserire la nuova norma nella c.d. PSD2, per ovviare a comportamenti dolosi del pagatore che disconosce l’addebito, legittimando così il beneficiario all’esercizio di una exceptio doli. Secondo
un primo commento, si tratterebbe in tale specifico caso di un superamento del principio di astrattezza che governa il servizio di pagamento in questione, “ipotesi rovesciata
ma sostanzialmente equivalente a quella dell’escussione abusiva del Garantievertrag”: così
DE STASIO, Operazione di pagamento, cit., cap. I, par. 2.
30
Per la natura di tale istituto v. CUOCCI e GIAMBELLUCA, Commento all’art. 13, in
AA.VV., La nuova disciplina dei servizi di pagamento, cit., 170.
31
HADDING-HÄUSER, Zur Neufassung des Abkommens über den Lastschriftverkehr, in WM
Sonderbeilage, 1/1983, 16 ss.
32
Cfr. BGH, 6 giugno 2000, cit., che conferma la decisione dell’OLG Dresden, 28 giugno 1999.
33
Per l’inquadramento di tale disposizione come azione restitutoria e non meramen— 28 —
L’ADDEBITO DIRETTO
secondo l’art. 11, l’applicazione dell’art. 9 che dispone un termine di
13 mesi in capo all’utilizzatore di comunicare al proprio prestatore di
servizi l’esistenza di operazioni non autorizzate: su questo si tornerà
infra, par. 13, per alcune considerazioni relative agli interessi tutelati
dal procedimento in questione).
In realtà queste norme vanno coordinate con quella di cui al comma 3° dell’art. 5, il quale dispone che “l’autorizzazione può essere data
prima o, ove concordato tra il pagatore e il proprio prestatore di servizi di pagamento, dopo l’esecuzione di un’operazione di pagamento”.
Come si vede, la norma in questione richiama il solo rapporto di provvista tra il pagatore e (semplificando) la propria banca, nulla dicendo
in ordine all’accordo tra pagatore e beneficiario. Si deve così supporre
che un’operazione di pagamento potrà essere disposta dal beneficiario
sulla base di un accordo tra questi e il pagatore, ma l’autorizzazione al
pagamento che quest’ultimo deve rilasciare alla propria banca potrà
essere rilasciata anche dopo l’esecuzione dell’addebito diretto. È la
conferma, questa, che la disciplina europea non ha voluto intenzionalmente interessarsi del rapporto di valuta (altre disposizioni già citate confermano questo dato: v. art. 17, comma 6°), lasciando che un
addebito diretto disposto dal beneficiario possa essere autorizzato dal
pagatore (nei confronti della propria banca) in un momento successivo a quello dell’effettivo conteggio, e che il pagatore possa poi chiederne il rimborso. L’art. 13, comma 1°, nel disciplinare il rimborso
dell’operazione di pagamento, dispone che questa sia “autorizzata”: il
comma 2°, nell’esonerare dalle condizioni di cui al comma 1° gli addebiti diretti, non sembra però riferirsi alla presenza
dell’autorizzazione: si deve forse pensare che ad essere rimborsati possano essere i soli addebiti diretti già autorizzati dal debitore prima della loro esecuzione? L’ipotesi in questione pare da escludersi, anche
perché verrebbero esclusi dall’applicazione di una importante disciplina, quale quella del rimborso, una considerevole parte di operazioni di Lastschrift. Oltretutto questa interpretazione non avrebbe alcun
senso, in quanto non renderebbe rimborsabili operazioni di addebiti
che nemmeno siano state autorizzate. Ecco perché le norme sul rimborso vanno considerate applicabili a tutti i tipi di addebito diretto,
sebbene il 1° comma dell’art. 13 potrebbe far pensare, ma solo ad una
prima e superficiale lettura, che esse vadano applicate ai soli addebiti
già autorizzati dal pagatore presso la propria banca.
te risarcitoria, cfr. DE STASIO, Operazione di pagamento, cit., cap. III, par. 1.
— 29 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
Il debitore potrà, successivamente all’addebito sul suo conto corrente, chiedere il rimborso delle somme addebitate, anche se egli non
sia formalmente legittimato in base al rapporto di valuta. La banca del
debitore è obbligata alla restituzione, anche se è a conoscenza del fatto
che il suo cliente deve al proprio creditore la somma addebitata, in
quanto la richiesta di rimborso (ex art. 14, comma 3°, d. lgs. 11/2010)
è sempre vincolante34. La banca del debitore sopporterà tale rischio
entro le otto settimane previste dalla legge: le ultime AGBKreditwirtschaft tedesche vigenti prima della SEPA avevano già recepito
questa impostazione35; viceversa l’addebito autorizzato e non revocato
o non soggetto a richiesta di rimborso entro il termine, diviene definitivo. Ecco perché il debitore deve essere tempestivamente informato di
qualsiasi operazione transiti sul proprio conto, sia essa autorizzata o
meno (cfr. LSA, Sez. I, n° 7).
Nel caso di richiesta di rimborso effettuata tardivamente, il debitore
potrebbe essere chiamato a rispondere del danno cagionato agli altri
soggetti del rapporto giuridico quadrilatero di cui si compone
l’addebito diretto. L’obbligo in capo al debitore di effettuare tempestivamente tale richiesta è stato affermato in giurisprudenza sia teorica
che pratica36.
Nel caso di una richiesta di rimborso effettuata tardivamente ma
senza colpa, la questione si sposta sulla verifica della colpevolezza in
capo al debitore che la esercita; in questa verifica dovrà tenersi conto
delle particolarità dell’addebito diretto. Sul debitore grava comunque
34
Per la giurisprudenza pratica tedesca, cfr. OLG Düsseldorf, 24 novembre 2000, in
NJW-RR, 2001, 557; BGH, 6 giugno 2000, cit.; la norma citata nel testo specifica che pagatore e prestatore di servizi di pagamento devono avere pattuito in tal senso: questa disposizione ribadisce dunque che modalità e legittimità della richiesta di rimborso sono pertinenti al rapporto di provvista, laddove le eventuali controversie nascenti da richiesta
illegittima si trasferiranno nel rapporto di valuta. Per la verità, il Lastschriftabkommen approvato il 9 luglio 2012 non specifica nemmeno che deve esserci un accordo in tal senso
tra pagatore e proprio prestatore di servizi, come invece dispone il comma 3° dell’art. 14
del d. lgs. 11/2010: questo probabilmente, in ossequio alla prassi bancaria tedesca antecedente alla SEPA.
35
Allgemeinen Geschäftsbedingungen der Kreditwirtschaft, nello specifico le AGB-Banken e
le AGB-Sparkassen regolano, rispettivamente al Nr. 7, Abs. 3 e al Nr. 7 Abs. 4 cpv. 4, il rifiuto dell’addebito effettuato dopo il termine di otto settimane previsto nel Lastschriftabkommen, stabilendo l’inefficacia di quest’ultima, o meglio la definitiva validità
dell’addebito: cfr. WERNER, Die Lastschrift, cit., Rdn. 10, 258.
36
BGH, 6 giugno 2000, cit., che ammette la revoca tardiva in caso di comportamento
incolpevole del debitore; in dottrina cfr. CANARIS, Bankvertragsrecht3, Bd. I, Berlin-New
York, 1988, Rdn. 565a; SCHWINTOWSKI/SCHÄFER, Bankrecht, Köln, Berlin, Bonn, München,
1997, § 1, Rdn. 81, 83.
— 30 —
L’ADDEBITO DIRETTO
un obbligo di rifiutare tempestivamente l’addebito (il termine cambia
a seconda che l’operazione sia autorizzata o meno: 13 mesi ovvero otto
settimane), ossia non appena il debitore ha potuto esaminare l’estratto
conto in cui la sua banca riferisce dell’addebito effettuato a suo carico,
e dal cui estratto il debitore è consapevole che non sia dovuto. Questa
è la tipica situazione nella quale non si rinvengono, di norma, motivi
plausibili per attendere di effettuare la richiesta di rimborso.
Qualora il debitore si riservi di autorizzare l’addebito in un momento successivo, in attesa di informarsi meglio su eventuali decisioni da
prendere che influiscano sulla propria situazione di liquidità, l’indugio
sarebbe anche in questo caso giustificato. In situazioni come quelle
appena descritte, non è corretto contrapporre l’interesse del debitore
a quello della sua banca, consistente in una pretesa di chiarimento
immediato della situazione giuridica, in quanto la banca, accettando di
partecipare all’operazione di addebito, accetta anche consapevolmente un rischio di questo genere.
Un rifiuto validamente effettuato dal debitore produce effetti anche
sul rapporto di valuta, anche se, come accennato, l’art. 14, comma 3°
del d. lgs. 11/2010 menziona esclusivamente il rapporto tra debitore e
prestatore di servizi di pagamento di questi. Anzitutto si possono presentare pretese risarcitorie in capo al beneficiario: questi infatti, ha ricevuto (nel caso dell’addebito su iniziativa del creditore) uno strumento di pagamento per l’incasso, e si è attenuto alle modalità previste da tale strumento. Se il debitore vanifica il pagamento mediante
una richiesta di rimborso, si potrebbe verificare – a prescindere dalla
giustezza dei motivi che lo hanno mosso – una violazione degli obblighi contrattuali. Il beneficiario si rivolgerà quindi in prima battuta
contro il debitore, che ha di fatto rifiutato un pagamento eseguito:
non dovesse riuscire a escutere con successo quest’ultimo, il beneficiario tenterà allora di trasferire il rischio del rimborso sul rapporto interbancario esistente tra i due istituti di credito.
Similmente a quanto accade al creditore che accetta di farsi pagare
con una prestazione in luogo dell’adempimento quale è l’assegno,
confidando di poterlo incassare, allo stesso modo il beneficiario di un
addebito diretto può fare affidamento sulla validità di esso, confidando
nell’autorizzazione da parte del debitore alla propria banca, e ritenere
la somma accreditata sulla banca del beneficiario medesimo. Se il debitore mina quella fiducia riposta dal beneficiario, potrà anche rendersi responsabile di risarcimento nei confronti di quest’ultimo. A tale
proposito alcuni autori hanno ritenuto di dover distinguere tra possi-
— 31 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
bili forme di autorizzazione, per stabilire in presenza di quale di esse
sorgesse l’obbligo risarcitorio del debitore.
Se il debitore si è riservato l’autorizzazione ex post, il creditore non
potrà immediatamente considerare come disponibili le somme di danaro che entrano nel suo conto in seguito a quel tipo di operazioni di
addebito. Prima di aver ottenuto un’autorizzazione da parte del debitore, sopporterà consapevolmente il rischio del rimborso. Il beneficiario potrà chiedere il risarcimento del danno da rifiuto tardivo, ma anche in caso di richiesta di rimborso fraudolenta, anche ove effettuata
nei termini37.
Qualora entrambi i soggetti del rapporto di valuta abbiano pattuito
come condizione per l’adempimento nel rapporto di valuta, la previa
autorizzazione del debitore all’addebito, ovvero questi l’abbia rilasciata
successivamente, egli sarà non solo obbligato ad assicurare una copertura finanziaria all’operazione, ma anche ad evitare comportamenti
scorretti nell’ambito della stessa procedura di addebito. Una richiesta
di rimborso avanzata con giustificato motivo altro non equivale che ad
eccezioni fondate sul rapporto di valuta: dal canto suo il debitore potrebbe anche far valere la frode del beneficiario, ma lo strumento che
gli consente un immediato blocco dell’efficacia del pagamento è proprio la richiesta di rimborso38. Una richiesta di rimborso tardiva da
parte del debitore è stata ammessa anche in caso di addebito a favore
del beneficiario, non coperto da autorizzazione39; nel caso invece in
cui il debitore chieda il rimborso senza alcun fondamento, sarà conseguentemente obbligato al risarcimento in base alle norme sul danno
da inadempimento contrattuale o in base a quelle dell’esecuzione del
contratto secondo buona fede.
37
Qua si inserisce anche la tematica del diritto spettante al curatore fallimentare se
chiedere o meno il rimborso dell’addebito, tema che sarà affrontato compiutamente al
cap. IV e su cui si segnala il recente studio di KÖHLER, Lastschriftverfahren in der Insolvenz
des Schuldners, cit.
38
Un caso di accordo che preveda il trasferimento del rischio derivante dall’utilizzo
abusivo del Lastschrift in capo alla banca del creditore è stato dichiarato contrario a buona fede (sittenwidrig) da BGH, 21 aprile 2009, in WM, 2009, 1073 ss.
39
BGH, 29 maggio 2008, in WM, 2008, 1327 ss.; in dottrina cfr. BAUER, Der Widerspruch
des Zahlungspflichtigen im Lastschriftverfahren, in WM, 1981, 1194; CANARIS, Bankvertragsrecht,
cit., Rdn. 638; GÖßMANN, Die Lastschrift, cit., Rdn. 156; van GELDER, Bankrechts-Handbuch2,
München, 2001, Rdn. 157. Questa possibilità, che prima veniva riconosciuta pur senza
espressa previsione pattizia nel Lastschriftabkommen, si deve ora ritenere compresa nella
facoltà di revoca di addebiti non autorizzati prevista dall’art. 9 del d. lgs. 11/2010, esercitabile fino a 13 mesi dall’avvenuto addebito.
— 32 —
L’ADDEBITO DIRETTO
In base all’art. 14, comma 3°, del d. lgs. 11/2010, in caso di addebito diretto il prestatore di servizi non può rifiutarsi di rimborsare il pagatore, anche a prescindere dalla sussistenza delle condizioni previste
all’art. 13, comma 1° (dove anche il termine delle otto settimane), ciò,
a patto che le parti lo abbiano espressamente concordato. Se il debitore chiede il rimborso delle somme addebitate nell’arco di otto settimane, la sua banca gli deve quindi restituire l’importo già conteggiato,
e a sua volta la banca del creditore dovrà restituirlo a quella del debitore, e sempre nel medesimo arco temporale: ciò, in quanto tra il creditore e la propria banca intercorre un accordo sull’incasso di crediti
tramite procedura di addebito diretto, in base al quale accordo, la
banca è autorizzata a conteggiare al proprio cliente le somme addebitatele dalla banca del debitore, così da non dover sopportare rischi derivanti dalla possibilità di rimborso di cui gode quest’ultimo. Dovesse
però il creditore risultare insolvente o comunque non in grado di restituire la somma addebitata, sarebbe allora la sua banca a dover sopportare il rischio del mancato incasso. In questo caso è del tutto irrilevante il fatto che il debitore abbia vanificato l’addebito agendo con
frode in quanto la richiesta stessa di rimborso effettuata nel termine
previsto assorbe qualsiasi sindacato di legittimità sostanziale in merito
alla stessa, ed eventuali controversie si sposteranno nel rapporto di valuta40.
Va però specificato che, tecnicamente, si è qui in presenza non della vera e propria revoca dell’addebito, disciplinata dall’art. 17 del d.
lgs. 11 (su cui v. supra, par. 3), bensì del diritto al rimborso spettante al
debitore, di operazioni già autorizzate (con la specificazione fatta
poc’anzi a proposito di operazioni autorizzate dopo la loro esecuzione). Già si è detto che dal punto di vista degli effetti, il debitore riceverà comunque indietro la somma addebitata, allo stesso modo che nella
revoca, con la differenza che quest’ultima, come si è visto, nella disciplina di derivazione comunitaria è divenuta molto più difficile da esercitare. Il termine di otto settimane (nell’arco del quale la banca del
creditore, una volta che il debitore abbia chiesto il rimborso, è obbligata a farsi restituire dalla banca del debitore il modulo di scrittura di
addebito inoltrato dal beneficiario), vale nei rapporti tra il debitore e
la propria banca, mentre nella disciplina pattizia in vigore in Germania era – ed è tutt’ora nella nuova versione del LSA – contenuto esclu-
40
Cfr. per la massima autorità federale tedesca, BGH, 28 maggio 1979, in WM, 1979,
689 s.; BGH, 24 giugno 1985, ivi, 1985, 905.
— 33 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
sivamente all’interno del rapporto interbancario, in quanto la convenzione sull’addebito disciplina solamente quest’ultimo.
Ove il debitore abbia chiesto il rimborso dell’addebito senza valido
motivo nel termine previsto, la banca del creditore, qualora non possa
ricevere indietro la somma dal proprio cliente, dovrà rivolgersi al debitore, sapendo tuttavia che tra essa e quest’ultimo non sussistono rapporti giuridici che diano luogo a obblighi contrattuali. La giurisprudenza pratica di lingua tedesca è da tempo giunta al riconoscimento di
una lesione extracontrattuale azionabile da parte della banca del creditore nei confronti del debitore che revochi un addebito diretto senza alcuna giustificazione41.
Trascorso il termine di otto settimane, nel caso in cui la banca del
creditore non dovesse rendere inefficace l’avvenuto addebito, sarà
quella del debitore a dover tentare di recuperare presso il creditore la
somma da stornare, ma prescindendo oramai dal procedimento di addebito diretto, e quindi sostanzialmente mediante azione di ripetizione; va però tenuto presente che la banca del creditore non può rifiutarsi arbitrariamente, anche scaduto il termine delle otto settimane, di
recuperare presso quest’ultimo la somma addebitata per conto della
banca del debitore, e questo non tanto perché in capo ad essa esista
un obbligo di revoca dell’addebito, quanto per gli obblighi collaterali
derivanti dalla convenzione di addebito, che sovrappongono a
quest’ultimo il rapporto interbancario tra i due istituti di credito, e tali
da impegnare quello del creditore al recupero presso costui delle
somme addebitate al debitore42.
L’obbligo della banca del creditore di impegnarsi per recuperare la
somma addebitata, cessa allorquando essa non è più legata ad un rapporto di conto corrente con quest’ultimo, ovvero quando questi non è
41
V. BGH, 28 maggio 1979, cit.; in dottrina WERNER, Die Lastschrift (versione del 2004),
cit., Rdn. 135, 99, che richiama il § 826 BGB sullo Schadensersatz. Per la configurazione di
un possibile danno in capo alla banca del debitore da far valere verso quest’ultimo, cfr.
ID., Die Lastschrift (versione del 2013), cit., Rdn. 26, 213.
42
Secondo il n° 7 del modello di accordo per l’addebito diretto su iniziativa del
creditore, predisposto dal Bundesverband deutscher Banken e reperibile al sito
http://www.bundesbank.de/download/zahlungsverkehr/zv_sepa_mandatsmuster_fir
men.pdf, il conteggio della somma al creditore da parte della propria banca potrà avvenire senza alcuna limitazione temporale: così KREPOLD, in Bankrecht und Bankpraxis,
Hellner/Steuer (a cura di), München, 2012, Rdn. 6/478; MÜTZE, Das Fehlerrisiko im
bargeldlosen Zahlungsverkehr unter besonderer Berücksichtigung des Lastschriftverfahrens, Diss.
Köln, 1980, 204; van GELDER, Bankrecht, cit., § 58, Rdn. 141; contra CANARIS, Bankvertragsrecht, cit., Rdn. 578, il quale propendeva per il termine di sei settimane valevole in
favore del creditore che potrà così opporlo alla propria banca.
— 34 —
L’ADDEBITO DIRETTO
più in grado di far fronte all’esborso richiesto. In tal caso la banca del
debitore si dovrà rivolgere al creditore, ma al di fuori del rapporto di
addebito diretto, e quindi tramite un’azione di ripetizione anzitutto
contro l’istituto di credito di questi, in quanto tra banca del debitore e
creditore non sussiste alcun rapporto giuridico. Da ciò emerge che,
qualora tutte le azioni possibili a tutela della banca del debitore non
vadano a frutto, sarà essa a dover sopportare il rischio dell’insoluto,
scaricandolo però infine sul proprio cliente. Delle problematiche legate alle azioni restitutorie, completamente assenti nella disciplina europea, si avrà modo di parlare al cap. III.
In base alla nuova disciplina, una volta decorso il termine entro il
quale chiedere il rimborso (art. 14, comma 1°, d. lgs. 11/2010), la
banca del creditore non avrà più l’obbligo di ripristinare la situazione
antecedente l’addebito: questo significa, a contrario, che il rischio della
revoca (rectius: richiesta di rimborso) di un addebito diretto entro otto
settimane dalla sua attuazione, non dovrà essere sopportato né dal debitore né dalla banca del creditore, la quale dal canto suo potrà, di regola, rivalersi sul proprio cliente. Qualora questi risultasse insolvente,
sarà la sua banca a sopportare il rischio del rimborso e della successiva
operazione di ristorno a favore del debitore. In caso di addebito non
autorizzato (fattispecie di cui all’art. 9 del d. lgs. 11/2010 e non di cui
all’art. 13, comma 1°), la banca del beneficiario potrebbe essere chiamata a rispondere anche scaduto il termine dei 13 mesi, ma evidentemente in base ai principi in tema di indebito.
Un addebito ingiustificato comporta il sorgere di un danno in capo
allo stesso debitore, che potrà farlo valere nei confronti della banca
del beneficiario, la quale a sua volta potrà agire in regresso nei confronti del proprio cliente. Accanto alla fattispecie dell’addebito ingiustificato come fonte di risarcimento del danno o di indebito in capo al
debitore si suole aggiungere quella dell’addebito eseguito senza la
forma scritta (il cui obbligo si fa discendere dal n. 1a, Sez. I, del Lastschriftabkommen)43.
Si potrebbe poi verificare il caso di un’autorizzazione efficace da
parte del debitore pur in presenza di un addebito ingiustificato nel
rapporto di valuta. Nella letteratura tedesca non era mancata
l’opinione, peraltro isolata, che una revoca del debitore effettuata do43
Cfr. sez. I n° 5 del LSA: fattispecie alquanto rara che potrebbe verificarsi ad opera
di dipendenti bancari collusi con beneficiari; per un quadro riassuntivo in dottrina tedesca v. KLINGER, Rückabwicklung unberechtigter Lastschriften, 2010, Würzburg, 214 ss.; più di
recente cfr. WERNER, Die Lastschrift, cit., Rdn. 29, 213 s., che conferma l’obbligo per il
beneficiario di presentare richiesta di Lastschrift esclusivamente in forma scritta.
— 35 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
po aver autorizzato la propria banca all’addebito, ponesse le basi per la
nascita del diritto del creditore a ritenere presso di sé la somma accreditatagli44. A suggellare definitivamente la contraria opinione, maggioritaria, è intervenuta la Direttiva SEPA poi trasposta nel d. lgs. 11/2010
(cfr. il combinato disposto delle già richiamate norme di cui agli artt.
13, comma 1° e 14, comma 3°), che ha stabilito il principio della rimborsabilità di pagamenti già autorizzati dal debitore (principio valevole
per tutti i servizi di pagamento, cui si aggiungono le considerazioni
proprie degli addebiti diretti). Non solo: il comma 7° dell’art. 17 del d.
lgs. 11/2010 provvede ora a chiarire che “l’irrevocabilità di un ordine
di pagamento non pregiudica il rimborso al pagatore dell’importo
dell’operazione di pagamento eseguita in caso di controversia tra il
pagatore e il beneficiario”. Il legislatore ha preso qui in considerazione
la sola ipotesi della revoca ex art. 17 di un pagamento non dovuto (in
particolare, per gli addebiti diretti è il comma 3° a regolamentarne il
procedimento), ma la disciplina del rimborso ex artt. 13 e 14, per come è strutturata, consente di ritenere che il principio di cui al 7°
comma dell’art. 17 sia applicabile anche a quest’ultima, in quanto stabilisce di fatto la revocabilità lato sensu di operazioni ingiustificate nel
rapporto di valuta (più precisamente, il principio in base al quale il
rimborso al pagatore non è pregiudicato dalla scadenza del termine
per sollevare contestazioni, potrebbe ritenersi applicabile anche una
volta decorse le otto settimane ex art. 13, in caso di controversia tra pagatore e beneficiario).
5. Allocazione del rischio da addebito in mancanza di autorizzazione.
Si è sin qui accennato ad alcune situazioni nelle quali l’unico rimedio possibile per il ripristino della situazione antecedente
all’operazione di addebito è costituito dall’azione di ripetizione, possibilità per nulla contemplata dalla Direttiva europea. Per questo,
l’analisi di questa problematica è rinviata al capitolo III, nel quale saranno toccati quei temi lasciati irrisolti dalla stessa Direttiva.
Preme ora affrontare la questione relativa ai soggetti sui quali debba ricadere il rischio di un addebito che non verrà autorizzato. La facoltà del debitore-pagatore di interrompere o rendere inefficace un
procedimento di addebito già instauratosi si tramuta in un rischio per
44
HÄUSER, Inhaltskontrolle von Lastschriftabreden in Allegemeinen Geschäftsbedingungen, in
ZBB, 1995, 285.
— 36 —
L’ADDEBITO DIRETTO
il beneficiario, tale per cui andrà attentamente valutato il soggetto che
potrà farsi carico di detto rischio.
Nell’addebito su impulso del beneficiario, il pagatore, per via della
particolare struttura di tale procedimento, ha non solo la possibilità di
interrompere un pagamento già in itinere, ma soprattutto quella di
rendere del tutto inefficace e tamquam non esset un pagamento già eseguito.
Nell’addebito su impulso del debitore invece, quest’ultimo, mediante l’iniziale mandato generale alla propria banca, autorizza tutti i
pagamenti che questa effettuerà; lo stesso Abbuchungsauftrag è sì revocabile, ma un singolo pagamento, che dia seguito all’accordo quadro,
non potrà essere revocato in quanto la sua fonte è il suddetto accordo
tra la banca del debitore e quest’ultimo, ed esso ha appunto autorizzato tutte le successive operazioni (arg. ex art. 5, comma 2°, d. lgs.
11/2010)45.
Ove invece il debitore abbia optato per l’altro tipo di addebito, ossia quello su impulso del creditore, le possibilità di una revoca sono diverse e, salvo il caso già affrontato al par. 3, si collocano tutte quante,
nel lessico originario tedesco, sotto il termine “rifiuto” (Widerspruch).
Anche di queste fattispecie si è dato ampiamente conto nel paragrafo
che precede, richiamando il comma 3° dell’art. 5 del d. lgs. 11/2010,
che prevede la possibilità dell’autorizzazione all’operazione di pagamento successiva all’esecuzione dell’operazione stessa; è possibile
quindi che una volta eseguita l’operazione, il debitore opti per non autorizzarla e quindi revocarla (sebbene, come già spiegato, l’uso del
termine revoca, dopo l’entrata in vigore della disciplina europea, può
creare confusione, nonostante il caso appena accennato corrisponda
tecnicamente ad una revoca).
Anche nel contratto di conto corrente può essere previsto che la
banca debba dar seguito ad addebiti diretti per conto del cliente (nel
RID nostrano, gli addebiti diretti potevano essere eseguiti solo
nell’ambito di un rapporto di conto corrente, con preventiva autorizzazione che il debitore rilasciava alla propria banca).
In base all’accordo interbancario di addebito, la banca del debitore
dietro semplice richiesta di rimborso di quest’ultimo, potrà restituire il
modulo di addebito alla banca del beneficiario entro otto settimane,
45
WERNER, Die Lastschrift, cit., Rdn. 60, 222; CANARIS, Bankvertragsrecht, cit., Rdn.
555; van GELDER, Bankrechts-Handbuch, cit., § 58, Rdn. 51; LANGENBUCHER, Die Risikozuordnung im bargeldlosen Zahlungsverkehr, München, 2001, 218; in giurisprudenza, recentemente BGH, 13 ottobre 2011, in NJW, 2012, 146.
— 37 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
senza dover allegare specifiche motivazioni. Dopodiché, la banca del
debitore potrà esercitare il diritto di regresso verso quella del beneficiario, ove il termine di cui all’accordo interbancario non sia ancora
scaduto: altrimenti la banca del beneficiario potrebbe rifiutarsi di restituire la somma, lasciando all’altra banca la scelta di agire in ripetizione46.
Scaduto il termine, la banca del debitore non ha più alcuna possibilità di effettuare la restituzione del modulo di addebito, senza avere allegato i motivi oggettivi di tale restituzione: la restituzione in questione
dopo le otto settimane viene tuttavia interpretata nella prassi bancaria
tedesca come un incarico della banca del debitore a quella del beneficiario, di tentare di recuperare le somme presso quest’ultimo. Restano
inoltre impregiudicate le controversie relative al rapporto di valuta,
che possono obbligare il creditore alla restituzione della somma accreditatagli ingiustificatamente, nonostante il pagamento sia diventato
irrevocabile (come argomentato supra, in riferimento all’applicazione
del 7° comma dell’art. 17 d. lgs. 11/2010).
Le limitazioni temporali del diritto di revoca ovvero di restituzione
della somma da parte del debitore paiono essere alquanto in contrasto
con la facoltà, non sottoposta a limiti temporali, in capo alla banca del
creditore-beneficiario di conteggiare a quest’ultimo un addebito revocato: facoltà che può essere esercitata dalla banca del beneficiario una
volta che sia stata fatta oggetto di azione di regresso da parte di quella
del debitore, dando così luogo alla possibilità di un riequilibrio degli
spostamenti patrimoniali in seno al rapporto interbancario anche scaduto il termine delle otto settimane.
Chiaramente si intrecciano qui vicende che di per sé vanno distintamente inquadrate: da un lato quelle del rapporto di valuta, dall’altro
quelle del rapporto di provvista, e ancora, quelle del rapporto interbancario. Nell’ambito del rapporto di provvista va comunque tenuto
fermo l’obbligo della banca del debitore di dar seguito agli ordini impartiti dal proprio cliente – salvo quanto si dirà tra poco in merito al
rifiuto di eseguire l’operazione – nell’ambito del rapporto di mandato47; da ciò ne consegue che essa si attiverà per recuperare le somme
illegittimamente addebitate a quest’ultimo, mentre per quanto riguarda il rapporto con la banca del beneficiario, non pare che esso com46
Cfr. LANGENBUCHER, Die Risikozuordnung, cit., 220; contra però van GELDER, Bankrecht, cit., § 57, Rdn. 29.
47
In Italia è questo il rapporto contrattuale fonte degli obblighi della banca; in Germania invece è il Geschäftsbesorgungsvertrag (contratto di commissione) di cui ai §§ 675 ss.
BGB.
— 38 —
L’ADDEBITO DIRETTO
porti per quella del debitore particolari obblighi laddove essi non siano stabiliti tramite accordo interbancario. In caso di addebito illegittimo o comunque non autorizzato, la eventuale insolvenza del creditore rientrerà nel rischio a carico della banca di quest’ultimo, in quanto
essa sarà obbligata nei confronti di quella del debitore a restituire la
somma addebitata, ma non possa appunto a causa del fallimento del
creditore, agire in regresso verso questi. Qualora emergesse un comportamento fraudolento del pagatore, che decide di chiedere il rimborso senza motivo, la banca potrebbe considerare la richiesta di
quest’ultimo come non vincolante, ma solo in presenza di prove certe.
Resta però controversa la prova della frode: la maggioranza degli autori ne esige l’evidenza48. Qualora invece ad essere fraudolento fosse il
contegno del beneficiario, a questi non verrebbe riconosciuto il credito fatto valere mediante addebito diretto: uguale conseguenza si
avrebbe in caso di nullità o inesistenza del rapporto di valuta. Al di là
del caso dell’abuso manifesto, resterebbe la possibilità in capo al debitore, in caso di prova emersa in seguito alla scadenza del termine per
la richiesta di rimborso, di agire in ripetizione verso il beneficiario.
Nell’ambito di un contratto ad esecuzione continuata o periodica
tra pagatore e beneficiario, questi possono concordare teoricamente
anche il pagamento di un ordine di addebito non autorizzato49: come
si è visto, la legge provvede ora a tenere separate le vicende del rapporto di valuta da quelle relative ai pagamenti (cfr. il già citato art. 17,
comma 7°, d. lgs. 11/2010). Materialmente, l’ordine così effettuato dal
48
LANGENBUCHER, Die Risikozuordnung, cit., 222; CANARIS, Bankvertragsrecht, cit., Rdn.
562; BAUMBACH/HOPT, Handelsgesetzbuch, Sez. Bankgeschäfte, München, 2007, D/7; STAUDINGER/K. SCHMIDT, Kommentar zum BGB, Berlin, 2010, § 244, Rdn. C 51; contra GÖßMANN,
op. loc. cit., Rdn. 152; per la problematica della prova della frode si rinvia alle riflessioni
contenute in BARILLÀ, Contratto autonomo di garanzia e Garantievertrag. Categorie civilistiche
e prassi del commercio, Frankfurt a.M., 2005, 81 s., 97 ss., testo e note, riguardo alle garanzie
autonome, in quanto valide, come ammette anche LANGENBUCHER, cit., 222, testo e nota
1003, per l’istituto del Lastschrift. Per la problematica relativa all’obbligo di esibizione
dell’autorizzazione in diritto tedesco sono utili gli spunti offerti da PRÜTTING-LAUMENBAUMGÄRTEL, Handbuch der Beweislast, BGB Schuldrecht Besonderer teil II, Köln, 2009,
riguardo al § 810 BGB, norma che consente a colui che ha un interesse a far valere un
documento che non si trova in suo possesso, di chiederne l’esibizione in giudizio al legittimo proprietario: nel caso di specie l’esibizione dell’autorizzazione è tesa, qualora questa non sia disponibile, a dimostrare che la banca del beneficiario ha agito con frode di
concerto col proprio cliente, ai danni del pagatore.
49
Questa possibilità vale per tutti gli addebiti diretti e non va confusa con quella, offerta dall’art. 2, comma 4°, del d. lgs. 11/2010, di non applicare diverse norme tra cui
quelle sull’obbligo di rimborso (artt. 13 e 14) ai contratti nei quali l’utilizzatore dei servizi di pagamento non sia un consumatore.
— 39 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
beneficiario sarà eseguito senza autorizzazione, che verrà concessa solo
successivamente dal debitore medesimo. È chiaro che, comunque,
l’addebito potrà essere rifiutato dal debitore-pagatore anche prima
della sua completa esecuzione, e l’importo addebitato gli dovrà essere
rimborsato. Ove il termine previsto per il rimborso fosse scaduto, la
banca del debitore si dovrà rivolgere anzitutto al beneficiario; nel caso
di insolvenza di quest’ultimo, l’accordo interbancario prevede in genere il risarcimento. Laddove invece non si fosse trattato di rifiuto opposto in buona fede, e ci si trovasse quindi in presenza di un comportamento scorretto da parte del debitore che avanzerebbe così una richiesta illegittima di rimborso, alla banca di quest’ultimo non spetterebbe alcun regresso verso quella del creditore, bensì soltanto ed eventualmente un’azione di rivalsa nei confronti del proprio cliente. A tal
proposito, l’art. 10, comma 1°, del d. lgs. 11/2010, in caso di contestazione da parte del debitore (utilizzatore) sulla correttezza
dell’operazione ovvero qualora il debitore neghi di averla autorizzata,
fissa l’onere della prova in capo al prestatore di servizi della corretta
autenticazione, registrazione, e contabilizzazione dell’operazione stessa. In quest’ultimo caso, l’utilizzo di uno strumento di pagamento da
parte della banca o altro utilizzatore non è di per sé sufficiente a dimostrare che il debitore-utilizzatore abbia autorizzato l’operazione, ovvero che egli abbia agito fraudolentemente o ancora, che non abbia
adempiuto con dolo o colpa grave a uno degli obblighi di cui all’art.
750.
Finché il prestatore di servizi del debitore riesce ad ottemperare
all’ordine di revoca o di rimborso proveniente da quest’ultimo, benché tardivo, non ha motivi per non darvi seguito. Con l’approvazione
della normativa europea sui servizi di pagamento, è stato richiesto per
il caso di revoca tardiva il mutuo consenso dell’utilizzatore e del prestatore di servizi (art. 17, comma 5°, prima parte) e, se si tratta di ad50
Art. 7 Obblighi a carico dell’utilizzatore dei servizi di pagamento in relazione agli strumenti
di pagamento:
1. L’utilizzatore abilitato all’utilizzo di uno strumento di pagamento ha l’obbligo di:
a) utilizzare lo strumento di pagamento in conformità con i termini, esplicitati nel contratto quadro, che ne regolano l’emissione e l’uso;
b) comunicare senza indugio, secondo le modalità previste nel contratto quadro, al prestatore di
servizi di pagamento o al soggetto da questo indicato lo smarrimento, il furto, l’appropriazione
indebita o l’uso non autorizzato dello strumento non appena ne viene a conoscenza.
2. Ai fini di cui al comma 1, lettera a), l’utilizzatore, non appena riceve uno strumento di pagamento, adotta le misure idonee a garantire la sicurezza dei dispositivi personalizzati che ne consentono l’utilizzo.
— 40 —
L’ADDEBITO DIRETTO
debiti diretti, anche del beneficiario (art. 17, comma 5°, secondo periodo). Dispone il già richiamato art. 17, comma 3° che, “nel caso di
addebito diretto e fatti salvi i diritti di rimborso, il pagatore può revocare l’ordine di pagamento non oltre la fine della giornata operativa
precedente il giorno concordato per l’addebito dei fondi. Il prestatore
di servizi di pagamento del pagatore dà tempestiva comunicazione della revoca al prestatore di servizi di pagamento del beneficiario, ove le
modalità e i tempi di effettuazione della revoca lo consentano”. Nel caso in cui la tardività del rifiuto renda oltremodo complicato il recupero della somma accreditata al beneficiario, lo stesso prestatore di servizi del debitore potrà rifiutarsi di dar corso alla richiesta del proprio
cliente (cfr. ultima parte del 3° comma dell’art. 17).
Il richiamo da parte del legislatore ad accordi tra utilizzatore e prestatore del servizio, o al contratto quadro tra questi stipulato, fa sì che
le condizioni generali delle banche potranno, anche sulla scorta della
prassi pregressa, regolamentare detti accordi. Le condizioni generali
delle casse di risparmio tedesche, secondo l’interpretazione più favorevole agli istituti di credito, prevedono che il cliente debba comunicare immediatamente la propria intenzione di revocare l’operazione di
addebito, ciò che sostanzialmente significherebbe la piena esclusione
di una revoca tardiva51. Se mancasse però un’autorizzazione preventiva
del debitore all’addebito e questo venisse comunque eseguito, il non
ammettere una revoca tardiva significherebbe di fatto consentire un
addebito con la finzione di un’autorizzazione. Oltretutto la banca potrebbe essere chiamata a rispondere per aver eseguito un’operazione
di pagamento non autorizzata, principio questo, sancito dalla direttiva
comunitaria e recepito in Italia all’art. 11 del d. lgs. 11/201052.
51
Cfr. BGH, 6 giugno 2000, cit., il quale ha rimarcato la eccessiva rigidità di questa interpretazione, dando quindi la possibilità al debitore di esercitare la revoca anche tardivamente, sia pure escludendo un comportamento colpevole in capo a quest’ultimo.
52
L’art. 11 del d. lgs. 11/2010 recita: “Responsabilità del prestatore di servizi di pagamento per le operazioni di pagamento non autorizzate: 1. Fatto salvo l’articolo 9, nel caso
in cui un’operazione di pagamento non sia stata autorizzata, il prestatore di servizi di pagamento
rimborsa immediatamente al pagatore l’importo dell’operazione medesima. Ove per l’esecuzione
dell’operazione sia stato addebitato un conto di pagamento, il prestatore di servizi di pagamento riporta il conto nello stato in cui si sarebbe trovato se l’operazione di pagamento non avesse avuto luogo.
2. In caso di motivato sospetto di frode, il prestatore di servizi di pagamento può sospendere il
rimborso di cui al comma precedente dandone immediata comunicazione all’utilizzatore.
3. Il rimborso di cui al primo comma non preclude la possibilità per il prestatore di servizi di pagamento di dimostrare anche in un momento successivo che l’operazione di pagamento era stata autorizzata; in tal caso, il prestatore di servizi di pagamento ha il diritto di chiedere ed ottenere
— 41 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
Qualora l’addebito su iniziativa del creditore sia stato autorizzato
fin dall’inizio, l’operazione di pagamento è invece efficace e la Direttiva europea ha disciplinato il caso del prestatore di servizi che si rifiuti
di eseguirla. Quando, a norma dell’art. 16 del d. lgs. 11/2010, tutte le
condizioni previste dal contratto quadro sono soddisfatte, il prestatore
di servizi di pagamento del pagatore non può rifiutarsi di eseguire un
ordine di pagamento autorizzato, indipendentemente dal fatto che tale ordine sia disposto dal pagatore o dal beneficiario o per il tramite di
quest’ultimo, salvo che ciò risulti contrario a disposizioni di diritto
comunitario o nazionale. Ove il prestatore di servizi di pagamento si
rifiuti di eseguire un ordine di pagamento, il rifiuto e, ove possibile, le
relative motivazioni, nonché la procedura per correggere eventuali errori materiali imputabili all’utilizzatore che abbiano causato il rifiuto,
sono comunicati all’utilizzatore, salvo che la comunicazione sia contraria a disposizioni comunitarie o nazionali. Tutto questo chiaramente,
quando il rifiuto di eseguire l’operazione non sia motivato: il richiamo
operato dalla normativa ora in vigore, al rifiuto motivato, non risolve
però tutti i problemi che si potrebbero creare, per via della genericità
del termine utilizzato. Per il caso del rifiuto delle banche di eseguire
addebiti diretti prima facie fraudolenti, soccorrono i principi da tempo
stabiliti per le garanzie autonome e il credito documentario irrevocabile da giurisprudenza teorica e pratica internazionali, che sono giunte a
riconoscere la validità dell’exceptio doli nei casi di frode evidente o allegata con prove liquide53.
dall’utilizzatore la restituzione dell’importo rimborsato”. Sul problema delle norme della direttiva europea in materia di revoca e sugli ordini non autorizzati cfr. O. TROIANO, La nuova
disciplina privatistica comunitaria, cit., 48, il quale segnala che “la pretesa di unificare il più
possibile cose differenti genera non solo imprecisione terminologica, ma pure confusione: se, infatti, nei credit transfers (bonifici) è sempre il debitore (titolare del conto) che
impartisce l’ordine di pagamento (in senso appropriato) al proprio fornitore del servizio, ben differente è la situazione nei debit transfers, dove l’iniziativa è assunta dal creditore-beneficiario, che riveste il ruolo di ordinante, ma di un ordine (non già di pagamento,
bensì) di riscossione. Questo ordine, però, riferendosi ad un prelievo attuato dal conto
di terzi (il debitore) necessita di previa autorizzazione, che non può che provenire dal
legittimo titolare del conto da addebitarsi (il debitore). Perciò – aspetto non chiarito dalla direttiva e che non favorisce la comprensione del suo testo – negli incarichi di riscossione esiste una (previa) autorizzazione del debitore (a seconda delle prassi: alla sua
banca o al creditore) ed un successivo ordine di riscossione attivato dal creditorebeneficiario (debitamente autorizzato)”.
53
Per l’analisi di tali principi, cfr. PORTALE, Le garanzie bancarie internazionali, Milano,
1989, 101 ss.; BARILLÀ, Contratto autonomo, cit., 97 ss.
— 42 —
L’ADDEBITO DIRETTO
6. (Segue). La responsabilità del debitore.
Il debitore che senza motivo revochi (rectius: rifiuti) l’addebito effettuato dalla propria banca a favore del creditore beneficiario sarà responsabile nei confronti di questi, ma l’eventuale controversia per
l’accertamento della responsabilità riguarderà il solo rapporto di valuta.
La disciplina europea si limita a regolamentare eventuali responsabilità,
ma nell’ambito di fattispecie diverse da quella qui considerata, relativa
al rimborso ingiustificato. Le norme che, sia pur solo parzialmente, riguardano queste fattispecie sono gli artt. 11 e 12 del d. lgs. 11/2010. Per
un corretto inquadramento della disciplina di eventuali responsabilità
del debitore occorrerà dunque rifarsi ai principi generali.
Una prima soluzione possibile è quella della responsabilità extracontrattuale. La banca del debitore risponde ai sensi delle norme
sull’illecito civile (in Germania: § 826 BGB, in base al quale si rende responsabile chi agisce intenzionalmente a danno di altri in modo contrario ai buoni costumi), se si avvede dell’utilizzo fraudolento che il
suo cliente (il debitore/pagatore) fa del diritto di revocare l’addebito
e ciononostante non fa nulla per impedirlo. In questo quadro sono da
escludere quelle situazioni nelle quali sia la stessa banca a costringere
sostanzialmente alla revoca il debitore che versi in una situazione di
difficoltà di liquidità, mediante pressioni psicologiche o di varia natura. Non è certamente richiesto che sia la banca a doversi arricchire in
seguito a tale condotta: sarà sufficiente che il beneficiario abbia subito
un danno54.
Nella ricostruzione del rapporto tra debitore e creditore e il conseguente coinvolgimento della banca del primo, si inserisce lo schema
del contratto con doveri di protezione a favore del terzo, là dove il terzo sarebbe il creditore nei confronti del quale si dispiegherebbero appunto i suddetti Schutzpflichten. Questo schema è stato richiamato in
quanto tra banca del debitore e creditore non esiste alcun rapporto
giuridico, così come non esiste nemmeno tra banca del creditore e
debitore. L’applicazione di tale schema non è unanime, anche se va
menzionato un autorevole precedente – peraltro risalente – nella giurisprudenza pratica tedesca55, col quale si è stabilito che il beneficiario
di un addebito diretto può richiamarsi ai doveri di protezione scatu54
BGH, 21 aprile 2009, cit.
BGH, 28 febbraio 1977, in NJW 1977, 1916, su cui v. la critica di HADDING, Drittschadensliquidation, cit., 165, 169 ss.; in dottrina SCHRÖTER, Bankenhaftung in mehrgliedrigen Zahlungsverkehr, in ZHR, 1987, 132 ss.; CANARIS, Bankvertragsrecht, cit., Rdn. 562, 618-619;
STAUDINGER/K. SCHMIDT, Kommentar zum BGB § 244, Rdn. C 52.
55
— 43 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
renti dalla convenzione di addebito (Lastschriftabkommen) che, come è
noto, interessa i soli istituti di credito56. L’opinione contraria fa leva sul
fatto che, nell’addebito diretto, la revoca o la richiesta di rimborso interrompono il procedimento di pagamento, di modo che gli interessi
del creditore si vengono inevitabilmente a contrapporre a quelli della
banca del debitore. In parole povere revoca e rimborso rappresentano
un fatto nuovo in grado di spezzare la catena che unirebbe gli interessi
del terzo (creditore) rispetto a quelli del debitore e della banca di costui57, ed è innegabile che sia la tutela di questi ultimi interessi ad avere
la precedenza, in quanto essi hanno la loro fonte nel rapporto giuridico contrattuale tra debitore/pagatore e banca. E quest’ultima, come
già anticipato, al di fuori dei casi di responsabilità da fatto illecito del
proprio cliente, sarà obbligata ad eseguire la revoca (o la richiesta di
rimborso) anche quando questa sia per avventura ingiustificata: anzitutto, è noto che essa non ha alcuna possibilità di inserirsi nel rapporto di valuta; poi, sarà comunque il debitore a scegliere se rispondere di
illecito per aver effettuato un rifiuto abusivo.
La banca del debitore non ha possibilità di controllo, ma essa,
quand’anche lo volesse non sarebbe nemmeno autorizzata ad esercitarlo, nel senso che di certo non sarà il proprio cliente ad autorizzarla
in tal senso, e l’unico rapporto di mandato è quello intercorrente tra
lei e il debitore, per cui è obbligata ad eseguire le sole disposizioni di
quest’ultimo. In caso di conflitto col beneficiario dovuto all’esercizio
della revoca da parte del debitore, la banca di quest’ultimo non potrà
56
Contra BAUER, Der Widerspruch des Zahlungspflichtigen, cit., 1186; van GELDER, Bankrecht, cit., Rdn. 95-97 e 198; GÖßMANN, Die Lastschrift, cit., Rdn. 182, 186; ZSCHOCHE, Die
dogmatische Einordnung, cit., 222 ss.; LANGENBUCHER, Die Risikozuordnung, cit., 227 s.; HADDING, Entwicklungslinien im Recht des Zahlungsverkehrs und Bundesgerichtshof, in Festschrift für
50 Jahre BGH, München, 2000, Band II, 434 s., segnala infatti che dopo la sentenza citata
nel testo, il BGH si è decisamente discostato da quella rilevante apertura in tema di
Schutzpflichten. Per una recente ricostruzione dell’istituto in chiave comparatistica, si segnala DUTTA, Das Status der Haftung aus Vertrag mit Schutzwirkung für Dritte, in IPrax, 2009,
293 ss., e spec. 296, per la qualificazione che si dà dell’istituto come außervertraglich (anche dal punto di vista del Kollisionrecht).
57
BGH, 28 febbraio 1977, cit.; tesi confutata in dottrina da CANARIS, ult. op. cit., e da
HEERMANN, Geld und Geldgeschäfte, cit., Rdn. 62 ss., 259 ss., ma con argomentazioni parzialmente diverse che si fondano sulla ricostruzione del Lastschrift come operazione bancaria non riducibile ad una unitaria operazione economica, in cui appunto gli interessi
del creditore sono necessariamente contrapposti a quelli del debitore e della banca di
quest’ultimo. La situazione non sembra mutare nemmeno dopo l’approvazione della
PSD: così GRUNDMANN, Das neue Recht der Zahlungsverkehr – Teil II, in WM, 2009, 1116, 1159
(il quale segnala il persistere della responsabilità della banca del debitore anche per
l’agire di eventuali banche intermedie).
— 44 —
L’ADDEBITO DIRETTO
fare altro che tutelarne gli interessi, trovandosi altrimenti a rivestire un
ruolo che non le spetta, ossia quello di arbitro di quale sia la situazione
d’interessi più meritevole di tutela, tra il proprio cliente e il terzo beneficiario verso cui avrebbe un obbligo di protezione. È quindi evidente che non si può concordare con la teoria che ricostruisce questo tipo
di dovere, in capo alla banca del debitore, nei confronti del creditore58, in quanto, nel momento in cui il debitore esercita un suo diritto
al rifiuto dell’addebito, verso la propria banca, non si potrà esigere da
quest’ultima un comportamento in contrasto a quello richiestole dal
suo cliente. Si può quindi affermare che, in diritto italiano, la banca
del debitore/pagatore non abbia alcun obbligo di protezione verso il
creditore/beneficiario, ma tutt’al più potrà rispondere per il fatto illecito del proprio cliente, qualora ne sussistano i requisiti, ossia quando,
nella consapevolezza di esso, non abbia fatto nulla per impedirlo. Nella pratica è tuttavia molto difficile che la banca del debitore abbia coscienza dell’abuso che il proprio cliente stia eventualmente compiendo.
Può poi verificarsi il caso della banca che non dia seguito ad una
revoca o richiesta di rimborso effettuate dal debitore, creando così in
capo al beneficiario la legittima aspettativa a considerare la somma
addebitata al pagatore come propria. È chiaro che si tratterebbe di
condotta omissiva o negligente, fonte dell’obbligo di risarcire il danno
al debitore e al beneficiario; al primo, per non aver ottemperato
all’ordine di revoca, creando una situazione per il debitore di esposizione del proprio patrimonio a pretese del beneficiario; al secondo,
per aver creato un affidamento che invece non avrebbe dovuto trovare
spazio, quantomeno nei termini dell’addebito poi eseguito59.
58
Così GRUNDMANN, ult. op. cit., 1159. Per la letteratura antecedente alla PSD, cfr.
BAUER, Der Widerspruch des Zahlungspflichtigen, cit., 1186; van GELDER, Bankrecht, cit., Rdn.
95-97 e 198; GÖßMANN, Die Lastschrift, cit., Rdn. 182, 186; ZSCHOCHE, Die dogmatische Einordnung, cit., 222 ss.; LANGENBUCHER, Die Risikozuordnung, cit., 227 s.; HADDING, Entwicklungslinien, cit.; tra questi, LANGENBUCHER, 228 nt. 1032, respinge su questo punto il parallelismo tra il Lastschrift e il credito documentario: in quest’ultimo istituto il problema
consiste nel dare un valido diritto alla banca di non pagare il beneficiario che abbia
escusso abusivamente il credito. Si tratta dunque di bloccare il diritto del beneficiario
all’immediato pagamento, in quanto non azionabile. Nel caso dell’addebito diretto invece, il beneficiario dell’addebito non ha alcun diritto azionabile verso la banca del debitore. Per ulteriori profili di comunanza e distinzione tra i due istituti si rinvia al prossimo
capitolo.
59
Cfr. per un caso di responsabilità della banca per addebito non autorizzato dal
cliente, ABF, Collegio di Napoli, pres. Quadri, decisione n. 1989 del 12 giugno 2012.
— 45 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
Inoltre, riemerge ancora – seppur impropriamente – il tema del
contratto con doveri di protezione a favore del terzo, intendendosi per
quest’ultimo lo stesso beneficiario: in questo caso, egli ha diritto a godere della particolare protezione che trova la sua fonte nei rapporti
contrattuali che legano tra loro gli altri partecipanti al reticolo dei
rapporti bancari (Bankenkette)60. Senza ricostruire la categoria degli
Schutzpflichten (che come si è detto non può trovare applicazione), va
detto tuttavia che il beneficiario in questo caso ha riposto nella condotta della banca del debitore un legittimo affidamento (in quanto il
debitore ha esercitato una revoca, che però per negligenza o comunque responsabilità della banca, non ha sortito l’effetto giuridico voluto) e la sua sfera giuridica viene toccata dagli effetti della condotta della banca stessa, la quale a differenza del caso esaminato supra, non si
trova in alcun conflitto d’interessi (se essa debba dar seguito alle direttive del proprio cliente ovvero della banca del beneficiario). Al contrario è obbligata ad eseguire l’ordine di revoca del debitore e a far fronte agli obblighi derivanti dalla convenzione di addebito intercorrente
tra i due istituti di credito: qualora ciò non sia accaduto, il legittimo
affidamento del beneficiario dovrà trovare ristoro mediante un risarcimento.
Altra fattispecie di responsabilità, in capo non al debitore ma alla
banca di questi, è quella ora tratteggiata dalle norme della Direttiva
europea trasposte nel d. lgs. 11/2010 in materia di mancata o inesatta
inesecuzione dell’operazione di pagamento.
Anzitutto l’art. 25, comma 1°, stabilisce che quando l’operazione di
pagamento è disposta dal pagatore, fatti salvi gli articoli 9 (operazione
60
Così, già BGH, 28 febbraio 1977, cit.; in dottrina CANARIS, Bankvertragsrecht, cit., Rdn.
617; van GELDER, cit., Rdn. 194-216; ID., Schutzpflichten zugunsten Dritter im bargeldlosen Zahlungsverkehr?, in WM, 1995, 1256 ss.; HADDING, Entwicklungslinien, cit., 174 ss.; HELLNER,
Rechtsprobleme des Zahlungsverkehrs unter Berücksichtigung der höchstrichterlichen Rechtsprechung, in ZHR, 1981, 119 ss.; a escludere di fatto, al di fuori della fattispecie citata nel testo, che dall’operazione quadrilatera scaturiscano doveri di protezione a favore del terzo,
è la Sezione IV del già menzionato Lastschriftabkommen, che recita testualmente “Dieses
Abkommen begründet Rechte und Pflichten nur zwischen den beteiligten Kreditinstituten”. Si segnala una recente decisione dell’Arbitro Bancario Finanziario, che non ha stabilito
l’esistenza di uno Schutzpflicht, ma ha ugualmente stabilito il principio della responsabilità del prestatore di servizi del pagatore per addebito non autorizzato effettuato dal beneficiario per il tramite del di lui prestatore: così ABF, Collegio di Napoli, decisione n. 1989
del 12 giugno 2012, cit.: in questo caso la banca del presunto debitore si era rifiutata di
restituire al proprio cliente le somme addebitate senza autorizzazione con operazione
poi da questi disconosciuta, sostenendo che era onere del proprio cliente il doversi rivalere verso la società beneficiaria.
— 46 —
L’ADDEBITO DIRETTO
non autorizzata e non comunicata al prestatore di servizi), 24, commi
2° e 3° (identificativo del conto inesatto per colpa del pagatore), e 28
(caso fortuito e forza maggiore), il prestatore di servizi di pagamento
del pagatore è responsabile nei confronti di quest’ultimo della corretta
esecuzione dell’ordine di pagamento ricevuto, a meno che non sia in
grado di provare al pagatore ed eventualmente al prestatore di servizi
di pagamento del beneficiario che quest’ultimo ha ricevuto l’importo
dell’operazione conformemente all’articolo 20, comma 1°. In tale caso, il prestatore di servizi di pagamento del beneficiario è responsabile
nei confronti del beneficiario della corretta esecuzione
dell’operazione di pagamento.
Al comma 2° si stabilisce l’obbligo di rimborso al pagatore della
somma utilizzata per l’operazione non eseguita o eseguita in modo
inesatto, specificando che, ove l’operazione sia stata eseguita a valere
su un conto di pagamento, il prestatore di servizi ha l’obbligo di ripristinare la situazione come se l’operazione di pagamento eseguita in
modo inesatto non avesse avuto luogo, restando fermo, in base all’art.
26, il risarcimento di danni ulteriori, che devono essere però oggetto
di espressa previsione nel contratto concluso tra utilizzatore-debitore e
prestatore di servizi.
Queste norme fissano obblighi risarcitori o comunque di ripristino
della situazione antecedente l’operazione poi eventualmente annullata, e lo fanno sempre nell’ambito dei rapporti tra un soggetto del rapporto di valuta e il proprio prestatore di servizi di pagamento. Questo
perché, come già più volte spiegato, il creditore non ha alcun rapporto
giuridico con la banca del debitore, né quest’ultimo ha alcun rapporto
con la banca del beneficiario. È per via del rapporto interbancario che
i rapporti tra le due banche sono giuridicamente autonomi rispetto a
quelli che ciascuna di esse intrattiene coi soggetti ai quali esse sono legate da un rapporto che nasce dalla conclusione di un accordo di addebito (Lastschriftabrede: il contratto quadro più volte richiamato anche
dalla Direttiva 2007/64/CE).
7. Frode nell’addebito e regresso della banca del debitore.
La banca del debitore potrà, una volta effettuato il pagamento alla
banca del beneficiario, agire in regresso verso il debitore stesso, se il
procedimento di addebito è stato efficacemente autorizzato. In genere
il regresso avviene mediante addebito su conto corrente della somma
richiesta dal beneficiario. Qualora il pagamento, ugualmente eseguito,
non sia stato invece autorizzato, la banca del debitore non avrà alcun
— 47 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
titolo per agire in regresso verso quest’ultimo61. Il formalismo che contraddistingue questa procedura fa’ sì che si debba distinguere tra autorizzazione efficace ma illegittima, ed autorizzazione viziata (ma non illegittima), e quindi inefficace.
I casi in cui si stabilisce l’assegnazione del rischio di un ordine di
pagamento abusivo e la cui autorizzazione sia già stata rilasciata, vedono perlopiù un debitore che ha già accettato il procedimento in modo
irrevocabile, e che non può più sottrarsi all’addebito nemmeno mediante un ordine contrario (ad esempio perché sono scaduti i termini
per la revoca di cui all’art. 9 del d. lgs. 11/2010). Ove manchi un ordine di pagamento legittimo e attribuibile al beneficiario, per via di errore materiale, falsificazione ovvero rappresentanza senza poteri, il rischio verrà sopportato dalla banca del debitore.
La possibilità per la banca del debitore di rivalersi nei confronti di
quella del beneficiario, e a sua volta la possibilità per quest’ultima di
rivalersi verso il beneficiario medesimo fa sì che il rischio economico
dell’intera operazione in realtà ricada sostanzialmente su quest’ultimo.
In caso di addebito per iniziativa del debitore, quest’ultimo non è
in linea di principio responsabile per pagamenti scaturiti da ordini
abusivi o fraudolenti trasmessi senza la propria autorizzazione, e sarà
quindi esclusiva responsabilità della banca, che si assumerà in toto il rischio di un pagamento non dovuto, dinanzi al quale l’unico rimedio
possibile sarà quello della condictio indebiti: tema questo, come più volte
spiegato, lasciato completamente fuori dalla disciplina europea della
SEPA e che verrà esaminato al capitolo III.
Nel caso invece, di addebito su impulso del creditore, il rischio di
un ordine di pagamento non autorizzato sarà nella pratica abbastanza
raro, in quanto il debitore potrà rifiutare l’autorizzazione, ovvero –
qualora quest’ultima sia stata concessa sin da subito – revocare l’ordine
stesso62: egli eserciterà questo suo diritto nei confronti della propria
61
Cfr. LANGENBUCHER, Die Risikozuordnung, cit., 213. Sul punto v. anche CUOCCI, Direct debit e armonizzazione dei servizi di pagamento: regole e profili di responsabilità nelle operazioni di pagamento non autorizzate alla luce della direttiva 2007/64/Ce, in (a cura di) V. Santoro, O.Troiano, A. Sciarrone Alibrandi, M. Rispoli Farina, Armonizzazione europea dei servizi
di pagamento e attuazione della direttiva 2007/64/CE, cit., 420.
62
Nell’addebito diretto di questo tipo, l’ordine di pagamento abusivo diventa perciò
rilevante solo per quei rari casi, nei quali il debitore ha accettato effettivamente il pagamento (nonostante la frode), e sono già trascorse le otto settimane entro le quali la sua
banca avrebbe dovuto attenersi ad una eventuale richiesta di rifiuto. Per una fattispecie
nella quale la banca non aveva avvisato il proprio cliente-pagatore dell’avvenuto addebito
(non autorizzato), cfr. ABF, Collegio di Roma, pres. Marziale, decisione n. 179 del 25
gennaio 2011, il quale ha stabilito il risarcimento del danno procurato dal comporta-
— 48 —
L’ADDEBITO DIRETTO
banca, sollevandosi così dal rischio dell’indebito in caso di pagamento
abusivo. La sua banca restituirà il modulo di addebito alla banca del
beneficiario, la quale a prescindere dal termine previsto dal rapporto
interbancario, sarà obbligata all’eventuale risarcimento del danno, e si
potrà rifare sul proprio cliente.
Si potrebbe poi verificare il caso di un’autorizzazione abusiva o
fraudolenta da parte del debitore colluso col beneficiario. Già si è detto di come questa autorizzazione sia, oltre ad un’efficace ordine di pagamento da parte del beneficiario, presupposto necessario per uno
svolgimento della procedura a buon fine. Ebbene, se il debitore autorizza un ordine di addebito – a scopo evidentemente frodatorio – illegittimo del beneficiario, si pongono seri problemi sul rapporto che lo
lega alla propria banca, che potrà quindi chiedere il risarcimento del
danno nei suoi confronti.
Nell’addebito su impulso del debitore, potendosi ricavare il principio in base al quale un’autorizzazione rilasciata a scopo fraudolento
non vincola la banca incaricata di svolgere l’operazione, si deve trarre
la necessaria conseguenza che quest’ultima, qualora abbia deciso di
affidarsi comunque ad un incarico di addebito illegittimo, falsificato o
eseguito da un falsus procurator, assumerà su di sé i rischi conseguenti a
tale sua condotta63. Una eventuale violazione del rapporto fiduciario
potrà esser scaricato dalla banca sul proprio cliente, soltanto se
quest’ultimo avrà anche violato obblighi contrattuali.
Anche nell’addebito su impulso del creditore, la banca del debitore
sopporta il rischio di addebito illegittimo, falsificato o eseguito da un
falso rappresentante, e ciò a prescindere da qualsivoglia forma assumerà l’autorizzazione al pagamento. Questo rischio la banca lo assume
nei confronti del debitore, proprio cliente, ma potrà a sua volta trasferirlo sul beneficiario o sulla banca di quest’ultimo. L’eventuale fallimento della banca del beneficiario, come si vedrà meglio nel paragrafo a ciò dedicato, resterà invece un rischio a carico di quella del debitore.
mento negligente della banca al cliente debitore, il quale aveva provveduto a revocare
ogni eventuale addebito ben due anni prima dell’operazione contestata, avvenuta come
si è detto, a completa insaputa dello stesso. La responsabilità della banca è consistita nel
mancato avviso dell’avvenuto addebito, con la conseguente decadenza del termine per la
revoca del medesimo.
63
Cfr. LANGENBUCHER, Die Risikozuordnung, cit., 215; CANARIS, Bankvertragsrecht, cit.,
Rdn. 554; ZSCHOCHE, Die dogmatische Einordnung, cit., 100; van GELDER, Bankrecht, cit., §
58, Rdn. 32, 39.
— 49 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
Il decreto legislativo 11 del 2010 prevede, conformemente alla disciplina pattizia già vigente in diversi Paesi europei, all’art. 27 il diritto
di regresso del prestatore di servizi di pagamento che abbia materialmente eseguito l’esborso di danaro, nei confronti del prestatore di servizi che abbia dato origine alla catena di prestazioni (Leistungskette), sia
essa di natura triangolare (qualora l’istituto di credito o di pagamento
sia il medesimo di entrambi i soggetti del rapporto di valuta) o, come
più probabile, quadrangolare.
8. Il diritto del beneficiario nei confronti del debitore.
Al momento del pagamento della somma addebitata al debitore,
non sussiste alcuna garanzia della banca di questi nei confronti del
beneficiario, in quanto come già evidenziato, i due soggetti non sono
legati da alcun rapporto giuridico. Ecco perché per il beneficiario acquista particolare significato la possibilità di potersi rivolgere al debitore in caso di eventuali abusi.
È ipotizzabile una responsabilità del debitore verso il beneficiario
che abbia fatto affidamento sull’autorizzazione all’addebito, sulla falsariga di quanto esposto supra a proposito del diritto della banca del debitore nei confronti del proprio cliente64, per il caso di autorizzazione
illegittima. Il debitore-pagatore potrebbe essere chiamato a risarcire il
beneficiario anche ove questo abbia riposto affidamento in un potere
di rappresentanza del primo, poi rivelatosi inesistente (nell’ipotesi che
un falso rappresentante abbia speso il nome del debitore, autorizzando così l’addebito).
Il debitore-pagatore sarà dunque obbligato; ove egli si opponesse
successivamente al pagamento, sarà obbligato al risarcimento se il suo
rifiuto non avverrà nei termini previsti dall’accordo di addebito.
L’obbligo del pagatore viene ricostruito analogamente a quanto avviene per il caso di rilascio della carta bancomat da parte del suo titolare,
senza la contestuale procura ad utilizzarla in distinti procedimenti di
pagamento; in tal modo egli darebbe luogo a operazioni di pagamento
che avverrebbero in suo nome ma senza il suo consenso. Similmente
ciò accadrebbe con carta di credito rilasciata, ma non corredata dalla
firma necessaria. A dire il vero, in quest’ultimo caso l’utilizzatore della
carta dovrebbe apporre una firma falsa del titolare della stessa, cosa
che invece non succederebbe con l’uso illegittimo del bancomat, dove
basta la conoscenza del codice segreto per procedere ad operazioni di
64
Paragrafo 5.
— 50 —
L’ADDEBITO DIRETTO
pagamento. Nel caso allora della carta di credito, il presunto debitore
ed effettivo pagatore non sarebbe chiamato a rispondere di operazioni
compiute illegittimamente in suo nome. Nel caso invece della carta
bancomat e dell’addebito diretto, il presunto debitore che non avesse
immediatamente avvisato la propria banca bloccando il pagamento,
sarebbe chiamato a rispondere65.
Riguardo al rapporto intercorrente tra debitore e beneficiario, va
considerato anche il caso di accredito tardivo sul conto di
quest’ultimo, ovvero quello in cui la somma, dal momento della sua
uscita dalla banca del debitore, vada perduta: ci si è domandati se in
questi casi l’obbligazione nel rapporto di valuta si estingua o meno. È
opportuno rinviare la soluzione di questo quesito al paragrafo relativo
al tempo dell’adempimento (cap. III, par. 2). Sempre nell’ambito del
rapporto di valuta, è il beneficiario, per il tramite della propria banca,
a rispondere per l’intera conduzione del procedimento: non si porranno problemi di sorta fintantoché il debitore possiede una linea di
credito sicura, o comunque una provvista sufficiente per adempiere
all’addebito diretto. Una volta effettuato l’accredito, questo diviene efficace (ma sotto condizione sospensiva della revoca o della richiesta di
rimborso); soprattutto, il debitore stesso è liberato e non è più vincolato al rapporto di valuta, qualora ad esempio l’accredito non abbia
buon fine per via dell’insolvenza della banca intermedia. Allo stesso
modo il debitore non cade in mora se la banca del beneficiario non
effettua l’accredito entro il termine previsto e il ritardo sia dovuto alla
stessa banca intermedia.
Nel rapporto interbancario è la banca del beneficiario, nel periodo
di otto settimane dall’avvenuto addebito, a essere esposta ai rischi
dell’operazione economica in questione, in quanto come già si è detto,
il pagatore potrà rifiutarsi di autorizzare il suddetto addebito. Nelle loro condizioni generali vigenti in Germania, le banche hanno tentato
di trasferire il rischio di frodi o abusi sul beneficiario, a prescindere
dal grado di responsabilità di quest’ultimo66. In realtà non è nemmeno
altrettanto semplice dedurre una responsabilità oggettiva in capo al
beneficiario, il quale resta sì legato alla propria banca per via
dell’ordine di pagamento, ma non può essere investito anche del ri65
Cfr. per un caso di colpa del titolare della carta bancomat smarrita dal suo titolare
il quale però ha lasciato passare 24 ore prima di denunziarne lo smarrimento, la decisione di ABF Milano, 7 settembre 2011, n. 1793, Pres. Gambaro, riportata da DOLMETTA,
Trasparenza dei prodotti bancari, cit., 52 s.
66
AGB-Banken, cit., §§ 9-11.
— 51 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
schio di frode a prescindere dallo stato soggettivo in cui esso versava
quando ha impartito il suddetto ordine.
9. La posizione della banca del beneficiario.
La possibilità di rendere inefficace un pagamento permane
nell’addebito diretto per un periodo la cui durata è notevolmente superiore a quella prevista per altre forme di pagamento non in contanti; la conseguenza di ciò è che anche la banca del beneficiario è esposta per un lungo lasso di tempo al rischio di non poter ottenere la restituzione della somma accreditata al beneficiario suo cliente, ove questi diventi insolvente. Ma questo rischio è messo ampiamente in conto
dalla banca di quest’ultimo, la quale di norma ammette a fruire di tale
servizio solo i clienti ritenuti affidabili; inoltre v’è in genere un patto di
cessione dei diritti derivanti dal rapporto di valuta, cessione effettuata
dal beneficiario alla propria banca, cosicché questa potrà appellarvisi
in caso di revoca o rifiuto dell’addebito. A dire il vero l’esercizio dei
diritti scaturenti dal rapporto di valuta, che il creditore avrebbe potuto
far valere nei confronti del debitore, non comprende un eventuale risarcimento del danno se non in caso di utilizzo fraudolento della revoca al fine di arrecare un danno alla banca, fattispecie, quest’ultima,
che ben consentirà alla banca stessa di agire contro il debitore67; un
metro di giudizio più severo di quello della frode, allegata con prove
liquide, non pare possa essere invocato per sanzionare la condotta di
quest’ultimo nell’utilizzo della propria facoltà di revoca o di rifiuto.
Nei confronti della banca del beneficiario, non pare ravvisabile da
parte del debitore alcun obbligo generale di protezione secondo la ricostruzione degli Schutzpflichten a favore del terzo68: oltre a costringere
il debitore a obblighi di considerazione degli interessi di un istituto di
credito, lo si indurrebbe a posporre i suoi interessi rispetto a questi altri, con relativo tentativo di bilanciamento tra i due. La particolarità
dell’addebito diretto consiste proprio nel fatto che il debitore può
rendere inefficaci i pagamenti anche reiteratamente; configurare un
dovere di protezione a favore della banca del creditore, confligge mas67
Cfr. par. 6. In giurisprudenza: BGH, 21 aprile 2009, cit.; in dottrina cfr. BAUER, Der
Widerspruch des Zahlungspflichtigen, cit., 1196 ss.; van GELDER, Fragen des sogenannten Widerspruchs und des Rückgabeentgelts im Einzugsermächtigungsverfahren, in WM, 2000, 107;
SCHWINTOWSKI/SCHÄFER, Bankrecht, cit., Rdn. 222-231.
68
Contra, e quindi a favore di un obbligo di protezione: CANARIS, Bankvertragsrecht,
cit., Rdn. 612-613; STAUDINGER/K. SCHMIDT, Kommentar zum BGB, cit., § 244, Rdn. C 52;
SCHRÖTER, Bankenhaftung, cit., 131.
— 52 —
L’ADDEBITO DIRETTO
simamente con la struttura e gli obiettivi del servizio di pagamento qui
analizzato. Il debitore sarà responsabile sia nei confronti della propria
banca, sia verso il beneficiario, solamente nei casi in cui abbia già autorizzato il pagamento ovvero agisca in modo fraudolento: più di questo da lui non si può pretendere, neanche può esigerlo quindi la banca
del beneficiario, alla quale il debitore non è contrattualmente vincolato.
10. I rischi connessi alla trasmissione dell’addebito: la posizione della banca incaricata dell’incasso.
L’avvio della procedura di scrittura di addebito comporta
l’instaurarsi dei rischi legati anzitutto all’insolvenza del debitore: si
tratta quindi di individuare il soggetto che sopporterà il rischio
dell’operazione. Scegliendo la modalità di pagamento tramite addebito diretto, il beneficiario accetterà di far partire l’ordine di addebito e
di inoltrarlo alla banca del debitore: i rischi, sia dell’insolvenza del debitore sia dell’eventuale rifiuto del debitore, ricadono tendenzialmente sul beneficiario, che li assume al momento dell’accettazione del
procedimento di addebito. Sul punto esiste unità di vedute nella giurisprudenza teorica e pratica tedesca che hanno avuto modo di occuparsi del problema, quantomeno con riferimento al periodo di tempo che
intercorre tra la trasmissione dell’ordine di addebito alla propria banca e la comunicazione al debitore dell’avvio del procedimento69. Il
creditore non risponde dunque solamente per ritardi dell’addebito verificatisi nel percorso verso la banca del debitore, ma a lui è imputabile
anche l’invio nei termini prescritti, dell’ordine di pagamento: ciò
comporterà che il debitore non cadrà in mora né gli si potrà applicare
alcuna sanzione contrattuale, qualora l’ordine di addebito venga spedito in ritardo dal creditore, ovvero vada perso prima di giungere alla
banca del debitore o resti sospeso tra le due banche. Teoricamente, lo
stesso uso dell’addebito diretto quale mezzo di pagamento potrebbe
essere visto come prestazione in luogo dell’adempimento. Ma questo
tipo di eccezione viene di solito fatta valere dal creditore nei confronti
del debitore che scelga di avvalersi di mezzi diversi dal contante, primo
fra tutti l’assegno. Nel caso del Lastschrift, difficilmente il creditore po-
69
Ne riferiscono LANGENBUCHER, Die Risikozuordnung, cit., 231, JACOB, Die zivilrechtliche
Beurteilung, cit., 48; CANARIS, Bankvertragsrecht, cit., Rdn. 629, 643; van GELDER, Bankrecht,
cit., I § 58, Rdn. 54; GÖßMANN, Die Lastschrift, cit., Rdn. 133-134, 137.
— 53 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
trebbe eccepire tale questione, in quanto alla base v’è un accordo col
proprio debitore per l’utilizzo di quel servizio di pagamento70.
Questa questione rientra più in generale nelle modalità
dell’adempimento dell’obbligazione, ma è sostanzialmente priva di
particolari aspetti problematici per via dell’analitica – almeno in questo aspetto – disciplina europea. Quest’ultima non ha invece affatto inciso sulle tematiche legate alla definitività del pagamento, a loro volta
intimamente connesse ai problemi scaturenti dall’insorgere di procedure concorsuali (peraltro in parte accennati e sui quali si tornerà
compiutamente al cap. IV): di ciò si cercherà di dare maggiori ragguagli nell’analisi del tempo dell’adempimento, tema che sarà affrontato
al cap. III.
Il beneficiario cercherà di trasferire il rischio dell’utilizzo
dell’addebito diretto sulla propria banca, incaricata di eseguire
l’operazione di incasso (Inkassobank): situazione questa, che è stata accostata a quella del giratario dell’assegno, il quale lo presenta alla banca trattaria per l’incasso71. Nel caso dell’addebito, la banca del beneficiario provvisoriamente accredita a quest’ultimo la somma, ma non è
obbligata ad autorizzarne il prelievo prima che la banca del debitore
abbia effettuato l’addebito a quest’ultimo. Il rischio dell’invio
dell’ordine nel passaggio dalla banca del beneficiario a quella del debitore può avere anche come conseguenza, oltre al mancato pagamento, anche quello del ritardo nella disponibilità materiale della somma,
ma non solo: si potrà verificare un’impossibilità all’accredito qualora il
debitore diventi insolvente72.
70
Pare opportuno richiamare qui le riflessioni di INZITARI, L’adempimento dell’obbligazione pecuniaria nella società contemporanea: tramonto della carta moneta e attribuzione pecuniaria per trasferimento della moneta scritturale, in nota a Cass., 28 giugno 2006, n. 14587, ordinanza di rimessione alle Sez. Un., ne IlCaso.it, 2007, 18 ss., relativamente all’adempimento dell’obbligazione pecuniaria con mezzi diversi dal contante e al soddisfacimento
degli interessi delle parti coinvolte, nonché per la considerazione (29) che l’utilizzo di
un sistema di pagamento diverso dal contante risponda volta per volta agli standard di
comportamento che “realizzano in modo più adeguato l’interesse del creditore ad acquisire la titolarità e disponibilità delle unità ideali monetarie”.
71
Così LANGENBUCHER, op. cit., 95 ss., 232.
72
In particolare questo tipo di rischi si potrà presentare quando il momento della ricezione dell’ordine di pagamento da parte della banca del debitore non avviene lo stesso
giorno dell’invio, fattispecie prevista all’art. 15, 2° comma, d. lgs. 27 gennaio 2010, n. 11,
il quale dispone che se “l’utilizzatore e il prestatore di servizi di pagamento di cui egli si
avvale concordano che l’esecuzione dell’ordine di pagamento sia avviata in un giorno
determinato o alla fine di un determinato periodo o il giorno in cui il pagatore ha messo
i fondi a disposizione del prestatore di servizi di pagamento, il momento della ricezione
coincide con il giorno convenuto”. Per l’analisi del problema dell’insolvenza del debito-
— 54 —
L’ADDEBITO DIRETTO
Appurato che la banca del beneficiario ha l’obbligo nei confronti di
quest’ultimo di inoltrare l’addebito diretto – e ciò in base al rapporto
di mandato tra loro esistente –, vanno analizzate le possibilità mediante le quali la banca possa arrecare un danno al proprio cliente, venendo meno a questo preciso obbligo. Anzitutto è prospettabile un ritardo
nell’adempimento verso il beneficiario, ossia una violazione di obblighi contrattuali, e questo accadrebbe anche ove una seconda banca
venisse incaricata per la trasmissione dell’ordine a quella del debitore,
con conseguente esonero di responsabilità, in via contrattuale, da parte della prima banca; a ritenere la banca del beneficiario obbligata in
tal senso provvede ora la disciplina positiva. In base all’art. 25, comma
5°, d. lgs. 11/2010 infatti, essa è responsabile nei confronti del beneficiario della corretta trasmissione dell’ordine di pagamento alla banca
del pagatore, per tutta la durata della procedura di addebito, durante
la quale come si è visto, è sempre possibile una richiesta di rimborso
da parte del debitore; è comunque possibile un rifiuto della Inkassobank di rispondere anche per una inesatta esecuzione compiuta da una
eventuale seconda banca, se non dietro specifiche limitazioni di responsabilità ovvero dietro compensi riconosciuti alla prima per il servizio prestato. In ogni caso l’art. 27 del citato d. lgs. 11/2010 dispone un
diritto di regresso in capo alla banca di uno dei soggetti del rapporto
di valuta, nei confronti di eventuali altre banche coinvolte nel procedimento. Onere della banca del beneficiario sarà invece quello di facilitare il proprio cliente nella richiesta di pagamento di eventuali danni
subiti da questo per negligenza della seconda banca nell’invio
dell’ordine alla banca del debitore.
Il rischio del trasferimento può quindi ben essere addossato all’eventuale seconda banca incaricata di effettuare l’addebito presso la banca
del debitore, la quale in linea di principio risponde solo alla banca che
le ha affidato l’incarico, sebbene il danno venga cagionato in realtà al
creditore. Quanto detto a proposito del contratto con doveri di protezione a favore del terzo in questo caso può, seppur impropriamente,
applicarsi al creditore stesso che potrà quindi far valere il danno subito
direttamente nei confronti della seconda banca incaricata.
A fondamento di tale pretesa al risarcimento del danno in capo al
creditore contro la banca incaricata della trasmissione dell’ordine
vengono richiamati dalla dottrina tedesca i principi – peraltro già richiamati supra – relativi all’incasso dell’assegno73: la banca incaricata
re, v. infra, cap. IV.
73
Nella letteratura post-PSD cfr. OSTERRIED, Einzugsermächtigungsverfahren, cit., 8, il
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GIOVANNI B. BARILLÀ
infatti, mediante il proprio comportamento negligente, arreca un
danno al beneficiario che attende il pagamento.
I rischi finora analizzati possono interessare il rapporto di provvista
tra beneficiario e banca di questi, nel momento in cui si verifica un ritardo nell’accredito della somma in capo al beneficiario medesimo. Il
trasferimento di fondi dalla banca del debitore al beneficiario può
quindi subire interruzioni se non addirittura essere gravemente compromesso qualora una delle banche intermedie incaricate dell’esecuzione dell’ordine, diventi insolvente ovvero ritardi l’esecuzione stessa,
e poiché il beneficiario non ha alcun rapporto giuridico con la banca
del debitore, che gli consenta di far valere una pretesa risarcitoria, si
dovranno valutare attentamente i rischi potenziali che egli potrà incontrare, individuare il loro costo nonché il soggetto in grado di sopportarli al meglio.
Il beneficiario è titolare nei confronti della propria banca di un diritto all’accredito tempestivo della somma incassata tramite la procedura di addebito diretto, anche se dal canto suo la banca è obbligata
ad accreditare al suo cliente null’altro che le somme ricevute: in caso
di addebito non andato a buon fine, egli non potrebbe esigere altrimenti dalla propria banca dette somme, sulla base di un affidamento
del buon esito della procedura. Dall’accordo sull’incasso dei Lastschrift
consegue tuttavia l’inammissibilità di eccezioni personali della banca
del beneficiario verso il proprio cliente, per cui, una volta che
l’addebito sia stato accettato, il relativo accredito è da ritenersi definitivo.
11. Interessi dei soggetti coinvolti nella procedura di addebito. Parallelismo con
il bonifico bancario.
Finora, e per ragioni legate esclusivamente al suo maggiore utilizzo
nella prassi, si è sin qui esaminato soprattutto un modello di addebito
quale si esprime per un obbligo della Zahlstelle di verificare se vi sia un divieto di effettuare pagamenti tramite addebito diretto: laddove tale divieto non sia rispettato, sorge per
la banca del debitore un obbligo risarcitorio. Per una decisione relativa al Lastschrift antePSD, cfr. BGH, 28 febbraio 1977, cit.; in dottrina, sempre antecedente alla Direttiva
2007/64, v. LANGENBUCHER, Die Risikozuordnung, cit., 233; GÖßMANN, Die Lastschrift, cit.,
Rdn. 184; CANARIS, Bankvertragsrecht, cit., Rdn. 22, 25-26, 395, 741; TRAUGOTT, Risiko und
Haftungsgrund bei Drittschäden, in ZIP, 1997, 876; contra: BADDE, Vertrag mit Schutzwirkung
für Dritte, cit., 159 ss.; van GELDER, Schutzpflichten, cit., 1255 ss.; ID., Bankrecht, cit., Rdn.
199-208; HADDING-HÄUSER, Zur Neufassung des Abkommens, cit., 12 s.; HADDING, Drittschadensliquidation, cit., 169 ss.
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L’ADDEBITO DIRETTO
diretto, ossia quello su iniziativa del creditore, laddove la Direttiva CE
ha assunto una posizione neutrale, nel considerare entrambi i modelli
(su iniziativa del creditore e del debitore) da sempre utilizzati nei Paesi in cui esso era già regolamentato.
Nell’ambito dell’addebito diretto del primo tipo, la dichiarazione di
consenso all’utilizzo di detto strumento costituisce un tassello
dell’accordo concluso tra debitore e creditore nel rapporto di valuta:
tale dichiarazione viene comunemente interpretata come di volontà74,
anche se le difficoltà consistono più che altro nello stabilire il significato che abbiano inteso attribuirle il debitore/pagatore da un lato, e
creditore/beneficiario dall’altro.
Anzitutto bisognerà accertarsi che il debitore voglia, con
l’autorizzazione, accordare al beneficiario un consenso giuridicamente
efficace – corrispondente agli interessi del beneficiario medesimo –
all’addebito della somma richiesta. A questo proposito è necessario
avere presente quale sia l’interesse perseguito dalle parti del rapporto
di valuta, mediante l’accordo di addebito. Oltre a questo tipo di indagine, non si potrà prescindere dall’interesse degli istituti coinvolti
(siano essi di credito ovvero di pagamento).
L’interesse del debitore è orientato anzitutto ad un pagamento sicuro del proprio debito nell’ambito del rapporto di valuta. Nel caso
del bonifico, il buon fine del pagamento è garantito: ma ciò vale anche
per l’addebito diretto, considerato in entrambi i modelli sopraccitati.
Solamente il debitore ha la possibilità di revocare o rifiutare
l’addebito, avvenuto sul proprio conto, della somma indicata, e il successo dell’operazione non sarà certo insicuro per via di questa possibilità garantitagli. Nell’ambito delle diverse ricostruzioni sistematiche
elaborate dalla giurisprudenza teorica tedesca (sulle quali v. analiticamente infra, cap. II, par. 4), i sostenitori della teoria dell’autorizzazione eccepiscono che la teoria della concessione (Genehmigungstheorie) mal si concilierebbe con questa ricostruzione degli interessi del
debitore, in quanto in base a detta teoria, la banca del debitore, stando
al rapporto di provvista intercorrente fra i due, non sarebbe obbligata
al pagamento della somma addebitata75. In realtà, se ciò non può esse74
Per tutti cfr. JACOB, Die zivilrechtliche Beurteilung, cit., 36.
Per l’analisi delle varie teorie, v. infra, cap. II, par. 4. Per le critiche esposte nel testo, cfr. CANARIS, Bankvertragsrecht, cit., Rdn. 544; HEYMANN/HORN, Bankgeschäfte, Handelsgesetzbuch, Kommentar2, Berlin – New York, 2005, § 372, Rdn. 54, 56; ZSCHOCHE, Die dogmatische Einordnung, cit., 71 s.; MÜTZE, Das Fehlerrisiko, cit., 44; HADDING, Zur zivilrechtlichen
Beurteilung, cit., 390. In Italia, con riferimento ai principi generali, è tutt’ora importante
la lettura di ABBADESSA, Obbligo di far credito, in Enc. dir., XXIX, Milano, 1979, 530 ss.: per
75
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GIOVANNI B. BARILLÀ
re contraddetto, nemmeno dopo l’approvazione delle norme comunitarie recepite dal d. lgs. 11/2010 – che difatti non contempla al suo interno un preciso obbligo in capo al prestatore di servizi di effettuare
l’addebito, laddove invece è specificato l’obbligo di rimborso – va anzitutto tenuto presente che restano sempre salvi i patti stipulati tra il
prestatore di servizi e il proprio cliente: la direttiva CE e il decreto legislativo contemplano in molte parti la presenza di un contratto quadro
tra questi due soggetti. È poi anche vero che, in base agli accordi interbancari, la banca del debitore si obbliga nei confronti di quella del
beneficiario a pagare la somma oggetto del Lastschrift, ragione questa,
che probabilmente ha indotto il legislatore comunitario a non codificare un obbligo del prestatore di servizi di effettuare l’addebito, rinviando la disciplina di questo ed altri obblighi proprio ai menzionati
contratti quadro. In ogni caso comunque, la banca del debitore, proprio in base all’accordo interbancario, è obbligata al pagamento, anche se non direttamente nei confronti del beneficiario, bensì nei confronti della banca di quest’ultimo; è inoltre da tener presente la circostanza che lo stesso debitore sarebbe probabilmente il primo a non volere un obbligo in capo alla propria banca di onorare qualsiasi addebito: un obbligo di pagamento all’interno del rapporto di provvista significherebbe che la banca del debitore dovrebbe soddisfare tutte le richieste di addebito, anche quelle del tutto ingiustificate, dato che comunque su di essa non incombe un obbligo di verifica della loro legittimità. Corrispondente a questo obbligo di adempimento sarebbe poi
un diritto al rimborso in capo alla banca del debitore verso
quest’ultimo delle somme pagate al beneficiario, anche in caso di addebiti illegittimi. L’art. 16 del d. lgs. 11/2010 disciplina il rifiuto degli
ordini di pagamento autorizzati, stabilendo anzitutto un divieto per il
prestatore di servizi di pagamento del debitore, di rifiutare
l’esecuzione di un ordine di pagamento autorizzato “indipendentemente dal fatto che tale ordine sia disposto dal pagatore o dal beneficiario o per il tramite di quest’ultimo”, salvo che ciò risulti contrario a
disposizioni di diritto comunitario o nazionale76. Nulla dispone la
norma – che comunque esordisce presupponendo che “tutte le condiuna lettura aggiornata dell’obbligo di (non) far credito cfr. ora DOLMETTA, Trasparenza
dei prodotti bancari, cit., 93 ss., testo e (spec.) note 30-31.
76
Il 2° comma dell’art. 16 così dispone: “Qualora il prestatore di servizi di pagamento rifiuti di eseguire un ordine di pagamento, il rifiuto e, ove possibile, le relative motivazioni, nonché la
procedura per correggere eventuali errori materiali imputabili all’utilizzatore che abbiano causato il
rifiuto, sono comunicati all’utilizzatore, salvo che la comunicazione sia contraria a disposizioni comunitarie o nazionali.”
— 58 —
L’ADDEBITO DIRETTO
zioni previste dal contratto quadro” siano soddisfatte – in merito ad
operazioni di pagamento non ancora autorizzate, per le quali quindi,
se nulla è disposto nel contratto quadro, si deve presumere un diritto
al rifiuto in capo alla banca del debitore, a prescindere dal caso di revoca-rifiuto dell’operazione da parte di quest’ultimo. Se poi la banca
abbia già “conteggiato” al debitore la somma oggetto di addebito non
autorizzato e poi revocato, questo resta oggettivamente un problema
di rapporti interni tra i due soggetti, che sarà regolamentato dal contratto quadro. Infatti l’art. 13 del d. lgs. 11/2010 dispone all’ultimo
periodo del comma 2° che “nel caso di addebiti diretti il pagatore e il
prestatore di servizi di pagamento possono convenire nel contratto
quadro che il pagatore ha diritto al rimborso anche a prescindere dalle condizioni di cui al comma 1” ossia quelle che consentono una richiesta di rimborso per motivi ragionevoli. Quest’ultima norma, che
consente al debitore un ampio utilizzo della facoltà di rimborso, si inserisce nel solco della prassi bancaria in materia di addebito diretto, e
di cui si è dato conto nelle pagine che precedono. Un problema potrebbe porsi qualora la banca del debitore, a tutela di un proprio interesse, decida di non ottemperare alla revoca, con annessa richiesta di
rimborso da parte del debitore stesso della somma accreditata al beneficiario: in questo caso è controverso se poi il debitore possa recuperare le somme dalla propria banca, o se debba invece rivolgersi al beneficiario. In realtà il problema si risolve nel momento in cui il contratto
quadro disciplina l’obbligo in capo alla banca di ottemperare alla revoca chiesta dal proprio cliente: ove essa decida di violarlo, se ne assumerà le conseguenze. La struttura dell’addebito diretto nella PSD
consente di ritenere che in ogni caso la banca sia sempre obbligata a
far fronte alla richiesta rimborso. La disciplina europea si innesta su
una consolidata prassi di accordi interbancari che prevedono comunque la responsabilità della banca del beneficiario nei confronti di quella del debitore, per i casi di addebiti illegittimi77. A ciò, si aggiunga che
al debitore non deriveranno sostanzialmente danni nemmeno da addebiti legittimi che non vengano onorati dalla propria banca: nel momento in cui egli si adopererà per mettere a disposizione del prestatore di servizi la provvista necessaria, sarà dunque un problema di
quest’ultimo la scelta se pagare o meno, nel senso che incorrerà nei
dettami di cui all’art. 16 d. lgs. 11/2010 poc’anzi esaminato. Al debito77
Cfr. Lastschriftabkommen 9 luglio 2012, cit., Sez. 1, Nr. 5; in dottrina, cfr. per tutti il
recente studio di WERNER, Die Lastschrift, cit., Rdn. 90, 229, che conferma la prassi ante e
post-PSD.
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GIOVANNI B. BARILLÀ
re non potrà essere nemmeno imputata la mora; mentre sulla propria
banca incomberà un onere di avvisare il suo cliente di aver rifiutato il
pagamento dell’addebito78. Qualora il rifiuto dovesse risultare ingiustificato, si potrebbe giungere ad una richiesta di risarcimento del danno
da parte del debitore verso la propria banca, danno che avrebbe natura contrattuale, consistente nell’inadempimento del contratto di mandato che lega i due soggetti.
Utile per un’analisi pratica dell’addebito diretto è chiedersi se esso
porterebbe a minori spese rispetto al bonifico: mentre i bonifici, specialmente quelli di durata, necessitano del riempimento dei formulari
per l’incarico e non consentono una modifica del valore della somma
– essendo invece consentite modifiche unilaterali in capo alle banche
per ciò che concerne le spese del servizio –, gli addebiti diretti richiedono, se utilizzati per singoli pagamenti, il riempimento del modulo
con l’indicazione dell’assenso all’addebito, e null’altro: una valutazione di maggiori o minori svantaggi può portare al cambio di servizio di
pagamento utilizzato anche nell’ambito del contratto quadro tra utilizzatore e prestatore di servizi79.
Altro discorso è quello concernente i costi derivanti da ogni pagamento. Nei Paesi dove già viene utilizzato il Lastschriftverfahren, le banche addebitano ai propri clienti, com’è ovvio, i costi del conto corrente, e in più un ulteriore pagamento aggiuntivo per ogni operazione: in
sostanza avviene come per i bonifici bancari; il cliente non risparmia
quindi utilizzando l’addebito diretto in luogo di questi ultimi. Egli dovrà tenere sempre a disposizione della propria banca delle somme di
danaro liquido di cui quest’ultima potrà disporre per far fronte agli
addebiti provenienti dalle banche dei creditori del proprio cliente80.
78
Art. 16, commi 2° e 3°, d. lgs. 11/2010; obbligo che già la giurisprudenza tedesca
di legittimità riteneva sussistente: BGH, 28 febbraio 1989, in WM , 1989, 625.
79
In base alla lettera b), comma 2° dell’art. 38 d. lgs. 11/2010 (Disposizioni transitorie
in materia di addebiti diretti), il debitore può chiedere di proseguire nell’utilizzazione del
precedente servizio, se tale possibilità è contemplata nella comunicazione che il creditore deve inoltrare ai propri debitori di avvalersi dei nuovi servizi di addebito diretto; ovvero può revocare l’autorizzazione al proprio prestatore di servizi di pagamento e scegliere
modalità di pagamento alternative tra quelle eventualmente indicate nella comunicazione medesima.
80
Attualmente quello degli interessi sulle somme depositate in conto corrente non è
un problema reale, data la loro quasi inesistenza, quantomeno in Italia. V’è stato però
chi, in Germania, ha fatto notare che il debitore che voglia servirsi costantemente dello
strumento di pagamento del Lastschrift debba rinunciare a guadagnare interessi sulle
somme depositate in conto corrente, poiché esse verranno sempre prelevate dalla sua
banca per eseguire gli ordini di addebito provenienti dalle banche dei creditori: in tal
— 60 —
L’ADDEBITO DIRETTO
L’interesse del debitore è anche orientato a non procurare al beneficiario ulteriori diritti che il procedimento di pagamento non richiede
affatto: ciò significa molto semplicemente che egli intende pagare e
non lasciare accesso al proprio danaro a terzi, salvo che ciò non sia richiesto dalla stessa procedura di addebito. Il tribunale federale tedesco
si è pronunciato sulla questione degli interessi coinvolti nel procedimento di addebito, statuendo che non v’è alcun sostanziale motivo in
base al quale il debitore debba attribuire al beneficiario maggiori diritti di quelli che spettano a quest’ultimo nella procedura di bonifico81.
Con quest’ultima modalità di pagamento e con quella di addebito diretto, secondo il Bundesgerichtshof il beneficiario non può accedere al
conto del debitore; questi dal canto suo non deve restare inerte bensì
esaminare se rifiutare l’addebito, poiché in caso contrario restando in
silenzio lo approverà. È stato argomentato in letteratura che un addebito non ancora autorizzato non faccia in realtà scattare alcun termine
per una eventuale richiesta di rimborso82. Riferendosi a quella sola tipologia di addebiti (non autorizzati appunto), questa soluzione non
parrebbe in contrasto con la disciplina europea, che prevede la possibilità del rimborso entro otto settimane dall’avvenuto addebito per le
operazioni già autorizzate dal debitore (art. 13, comma 1°, d. lgs.
11/2010). A dire il vero, si è visto supra che il d. lgs. 11/2010 stabilisce
(art. 9, comma 1°) che “l’utilizzatore” (potendosi trattare sia di pagatore sia di beneficiario), venuto a conoscenza di un’operazione di pagamento non autorizzata, possa ottenerne la rettifica comunicando la
circostanza al proprio prestatore di servizi entro 13 mesi dalla data di
addebito (nel caso del pagatore): un termine per la revoca di operazioni non autorizzate, sia pur ampio, ora è previsto, e dunque applicabile. Tale norma ha confermato la teoria poc’anzi citata del “silenzioassenso” del debitore, già recepita dal tribunale federale tedesco, anche se l’ampio termine di 13 mesi di fatto consente al pagatore, sia pur
gravato da un obbligo di rettifica di operazioni non autorizzate, un
margine di manovra comunque molto elevato.
Tracciando un primo parziale quadro con riferimento agli interessi
del debitore coinvolti nella procedura di addebito diretto, e mantesenso JACOB, Die zivilrechtliche Beurteilung, cit., 40.
81
BGH, 28 febbraio 1977, cit.
82
Seguendo la coerente impostazione di HADDING, Zur zivilrechtlichen Beurteilung, cit.,
375 ss., in base alla quale il rifiuto dell’addebito altro non sarebbe se non un diniego
dell’addebito prima che esso venga autorizzato dal debitore, di talché non verrebbe
nemmeno applicato il termine delle otto settimane, restando la vicenda del rifiuto, interna ai rapporti debitore-prima banca.
— 61 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
nendosi sulla scia del confronto con il bonifico bancario, si può dire
che il primo strumento porta al debitore sì dei vantaggi ma anche degli svantaggi (uno di questi è l’appena menzionato obbligo di rettifica
in capo al debitore di operazioni non autorizzate). Un vantaggio comunque considerevole è senz’altro quello per cui il debitore – quantomeno nell’addebito su impulso del beneficiario – non risponde del
comportamento colpevole della propria banca, e non cade in mora in
caso di mancato addebito imputabile a quest’ultima. Nel caso del bonifico invece, qualora la banca del debitore colpevolmente non abbia
provveduto ad effettuarlo, egli in genere non viene esonerato dal cadere in mora e non può facilmente liberarsi adducendo una negligenza della sua stessa banca.
Il debitore rispetto al bonifico bancario gode di un ulteriore vantaggio, fintantoché non ha pagato al beneficiario e prima di aver rilasciato l’autorizzazione all’addebito: qualora infatti egli, per qualsiasi
motivo non voglia pagare, non necessita di attendere l’attuazione del
pagamento per poi rifiutarlo, cosa che succederebbe laddove invece si
configurasse un obbligo di pagamento in capo alla propria banca derivante dal rapporto di provvista. Lo stesso beneficiario gode del vantaggio, mediante l’utilizzo dell’addebito diretto, della trasformazione del
debito nel rapporto di valuta in debito esigibile, con l’immissione
dell’obbligazione ex addebito nell’ambito del rapporto interbancario e
l’assunzione del debito come proprio, da parte della banca del beneficiario, nei confronti del proprio cliente, similmente a quanto avviene
nell’obbligazione derivante da una garanzia autonoma83.
Posto che la direttiva europea e il successivo decreto legislativo di
recepimento n. 11 del 2010, non hanno chiarito la natura
dell’autorizzazione data dal debitore-pagatore al prestatore di servizi di
pagamento, restano invariati i problemi – con le relative soluzioni prospettate – concernenti gli effetti di questo atto unilaterale84. Si è scelto
83
BGH, 15 dicembre 1980, in W M, 1981, 450, il quale non ha escluso la possibilità che
sotto determinati presupposti, la banca del debitore possa assumere un’obbligazione garantieähnliche; cfr. anche HEERMANN, Geld und Geldgeschäfte, cit., Rdn. 59, 258.
84
Già si è detto dell’importanza attribuita da parte della letteratura tedesca (ex multis:
WERNER, Die Lastschrift, cit., Rdn. 87 ss., 228 s.) a quella che viene chiamata la Vorautorisierung del debitore alla propria banca di eseguire il pagamento, contemporaneamente
all’autorizzazione rilasciata al beneficiario (nell’addebito su impulso di quest’ultimo),
per sottolineare la – presunta – differenza tra il Lastschrift ante (sotto il cui regime mancava questa “pre-autorizzazione”) e post-PSD. In realtà si è visto che questa sorta di “preautorizzazione” nulla cambia in ordine alla struttura del procedimento e alla possibilità
prevista proprio dalla SEPA, di chiedere comunque il rimborso, in particolar modo di
operazioni autorizzate dallo stesso debitore.
— 62 —
L’ADDEBITO DIRETTO
tuttavia di conferire natura d’irrevocabilità all’ordine di pagamento
autorizzato, quantunque consentendo al debitore-pagatore la possibilità di richiederne il rimborso senza particolari motivi e fatti salvi i casi
di frode, e limitando grandemente, come già accennato, l’opzione della revoca, giungendo quindi a configurare una situazione alquanto
ambigua, così come essa viene descritta al comma 7° dell’art. 17 del
succitato decreto secondo il quale la “irrevocabilità di un ordine di pagamento non pregiudica il rimborso al pagatore dell’importo
dell’operazione di pagamento eseguita in caso di controversia tra il
pagatore e il beneficiario”; già il precedente comma ha cura di precisare che la revoca ha effetto “solo nel rapporto tra il prestatore di servizi di pagamento e l’utilizzatore del servizio, senza pregiudicare il carattere definitivo delle operazioni di pagamento nei sistemi di pagamento”. Di queste norme si è peraltro ampiamente parlato supra (par.
4). Emerge una volontà del legislatore di separare quanto più possibile
i destini del rapporto interbancario dal rapporto tra pagatore e beneficiario: la prima parte, già analizzata, del comma 6° dell’art. 17 d. lgs.
11/2010 è al proposito illuminante85.
L’interesse del beneficiario sarà primariamente orientato
all’ottenimento del proprio credito, ossia ad un “conteggio”, senza alcuna condizione, della somma sul conto del debitore. Proseguendo
nel confronto con il bonifico bancario, va registrato in quest’ultimo un
immediato vantaggio in capo al beneficiario di un diritto incondizionato a disporre della somma accreditata, circostanza che invece non si
verifica nell’addebito diretto, dove l’operazione di pagamento già eseguita può rimanere condizionata al rilascio dell’autorizzazione da parte del debitore, ex art. 5, comma 3°, d. lgs. 11/2010: l’obbligazione del
debitore derivante dal rapporto di valuta è adempiuta soltanto nel
momento in cui quest’ultimo non possa più rendere inefficace
l’accredito verso il beneficiario (escludendo qui i particolari casi di rifiuto tardivo, che però sono da considerarsi patologici ed eccezionali).
A tale accredito egli è inoltre interessato nel più breve tempo possibile:
nel bonifico è il debitore a determinare il momento dell’accredito e
quindi del pagamento, tenuto conto dei poteri della banca di determinare i tempi della data valuta; nel Lastschrift (su iniziativa del creditore) viceversa, il beneficiario incamera subito la somma richiesta, nel
momento in cui consegna alla propria banca il modulo di addebito e
questa dà seguito alla procedura.
85
Essa così dispone: “In ogni caso, la revoca di un ordine di pagamento ha effetto solo nel
rapporto tra il prestatore di servizi di pagamento e l’utilizzatore del servizio”.
— 63 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
Alcuni autori hanno sottolineato anche una ulteriore questione che
vedrebbe l’addebito diretto maggiormente vantaggioso per il beneficiario piuttosto che il bonifico, ossia il risparmio dei costi di tenuta del
registro debitori: col bonifico esso infatti diverrebbe necessario, mentre l’uso dell’addebito diretto comporterebbe la sola archiviazione dei
casi di revoca o di richiesta di rimborso86.
In conclusione l’addebito diretto porta al beneficiario una serie di
vantaggi a saldo. Egli deve sì aspettare anche più che nel caso di bonifico, per via di possibili revoche o rimborsi da parte del debitoreper
vedersi accreditare da quest’ultimo la somma indicata nel modulo di
addebito, ed esser così soddisfatto nella sua pretesa; poiché tuttavia
nella prassi i casi di rifiuto o revoca sono alquanto rari87, i vantaggi derivanti dall’utilizzo dell’addebito diretto sembrano sopravanzare gli
svantaggi rappresentati. Nei Paesi in cui questo strumento di pagamento risulta utilizzato da parecchio tempo, si è notato come le imprese
autorizzate spingano i propri clienti e creditori ad un massiccio uso
dell’addebito (su iniziativa del creditore), tanto da predisporre commissioni più alte per coloro che non desiderassero servirsene e optassero per altri mezzi di pagamento88.
L’interesse degli istituti di credito – e, dopo l’entrata in vigore della
normativa europea, anche quelli di pagamento – quali offerenti le più
svariate forme di mezzi di pagamento diversi dal contante, è anzitutto
quello di tenere alti i costi derivanti dal loro utilizzo. Il compimento
delle procedure di pagamento può infatti comportare, per gli anzidetti
istituti, delle perdite, se alle spese di organizzazione ed amministrazione si contrappongono i soli profitti derivanti dalle commissioni sui giroconti. La via che pare più adatta per il calo dei costi sono
l’automatizzazione e la digitalizzazione dei servizi di pagamento, dato
che l’esperienza nei Paesi in cui l’addebito diretto è da tempo utilizzato, è quella di grosse spese per far fronte alla rielaborazione degli addebiti su carta. Lo strumento che viene utilizzato da sempre più istituti
per ovviare a quelle spese è quello del clearing, ma in linea di massima
86
REISER, in Bankrecht und Bankpraxis, Teil: Zahlungsverkehr, Köln, 2004, Rdn. 6/304;
ENGEL, Rechtsprobleme um das Lastschriftverfahren unter besonderer Berücksichtigung der Zahlung
von Versicherungsprämien durch Lastschrift, Karlsruhe, 1966, 9.
87
Le notizie che provengono da ENGEL, op. loc. cit., per la verità alquanto risalenti, ma
anche più recentemente da MÜTZE, Das Fehlerrisiko, cit., 3 nt. 3, stimano la percentuale di
addebiti revocati tra lo 0,8 e l’1,2%.
88
JACOB, Die zivilrechtliche Beurteilung, cit., 44, il quale precisa anche che ciò non costituisce abuso di posizione dominante, proprio per il fatto che tale strumento di pagamento non comporta alcuno svantaggio considerevole per il debitore-pagatore.
— 64 —
L’ADDEBITO DIRETTO
è l’intero sistema dei servizi di pagamento che si avvia a diventare
completamente informatizzato89.
L’obiettivo della minor spesa possibile costituisce anche il motivo
del basso ricorso agli addebiti su iniziativa del debitore (Abbuchungsauftragsverfahren): mentre infatti in questi ultimi, per ogni addebito la
banca del debitore deve verificare se in capo a se stessa sussista effettivamente a monte un incarico generale di addebito (la c.d. Generalweisung) rilasciatole dal proprio cliente, in quelli su iniziativa del creditore questa verifica non è affatto richiesta, essendo previste una serie di
possibilità per ovviare ad addebiti illegittimi; qualora invece si volesse
accettare l’esistenza di un obbligo in capo alla banca del creditore di
verificare la legittimità anche degli addebiti sorti su iniziativa del proprio cliente, si creerebbe un elemento che appesantirebbe l’intero
procedimento e bilancerebbe il vantaggio poc’anzi esposto del risparmio di costi90. In simile contesto, va tenuto in considerazione ciò cui si
era già accennato poco sopra, ossia che il debitore che fa uso sistematico dell’addebito diretto, sarà portato a lasciare sul proprio conto corrente una provvista costante tale da poter essere sempre disponibile a
far fronte agli addebiti provenienti dai propri creditori91.
Questione più delicata è invece quella relativa al legame del credito
derivante dal Lastschrift rispetto al rapporto di valuta. Come già si è
avuto occasione di segnalare, la legislazione ora applicabile ai servizi di
89
I dati forniti da JACOB, op. cit., 45, testo e nt. 154 sono utili per capire la tendenza
all’informatizzazione sempre crescente in questo ambito: già nel 1980, il 70% dei Lastschrift veniva informatizzato, a fronte del solo 40% dei bonifici; nel 1984
l’informatizzazione dei primi saliva a 85% e – incredibilmente – quella dei bonifici scendeva al 23%. Nel 1987 gli addebiti diretti elaborati in via informatica erano il 90% del
totale. Questo fenomeno spiega anche il perché le banche non ammettano un utilizzo
del Lastschrift per scopo diverso da quello suo proprio, ossia come surrogato dell’assegno:
ciò avviene quando il debitore, a compensazione di suoi preesistenti crediti verso il beneficiario, inoltra a quest’ultimo dei moduli di addebito, che il beneficiario stesso a sua volta utilizzerà presentandoli per l’incasso, a guisa di assegni. In questo modo è evidente
che l’operazione sia realizzabile solo mediante un modulo cartaceo di addebito, e
l’iniziativa dell’intera procedura (ri)torni in capo al debitore invece che spettare, come
correttamente dovrebbe, al beneficiario (il discorso riguarda qui l’addebito su iniziativa
del creditore: si vedrà nel testo come le cose cambiano nell’addebito su iniziativa del debitore). Del Lastschrift elettronico riferisce LANGENBUCHER, Die Risikozuordnung, cit., 211
ss., mentre di quello effettuato tramite Internet parla WERNER, Die Lastschrift, cit., Rdn. 98
ss., 231 ss.
90
Questa eventualità, che finirebbe per delineare un obbligo di protezione della
banca del creditore a favore del terzo, ossia il debitore, è prospettata da ZSCHOCHE, Die
dogmatische Einordnung, 116 s., 191.
91
Sul punto cfr. ancora ZSCHOCHE, op. cit., 33.
— 65 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
pagamento stabilisce che la revoca di un ordine di pagamento ha effetto solo nel rapporto tra il prestatore di servizi di pagamento e
l’utilizzatore del servizio, senza pregiudicare il carattere definitivo delle operazioni di pagamento nei sistemi di pagamento92. Per le banche
ciò significa in ogni caso una rigida separazione del procedimento di
addebito rispetto al rapporto di valuta, in quanto esse non hanno e
non vogliono avere alcun ruolo negli accordi tra le parti del rapporto
sottostante. Gli istituti di credito non sanno neppure se quest’ultimo
rapporto sussista o meno, o ancora se sia annullabile, o soggetto a possibili eccezioni o anche solo se la somma richiesta dal beneficiario sia
soggetta a compensazione con altri controcrediti; per tutti questi motivi essi hanno interesse a tenere ben distinta la prestazione dei servizi di
pagamento dalla situazione giuridica del rapporto sottostante93.
L’incarico del debitore alla propria banca nell’addebito su iniziativa di
quest’ultimo non esplicita alcun richiamo al rapporto sottostante, anche se in realtà l’autorizzazione contiene una menzione al rapporto di
valuta, così come nel bonifico bancario viene menzionata la causale94;
in quello su iniziativa del creditore, formalmente il debitore ne fa
menzione al momento del rilascio dell’autorizzazione all’addebito, ma
la prassi testimonia il disinteresse degli istituti di credito per questo
aspetto95. In ogni caso, una dipendenza dei diritti e doveri della banca
dagli accordi del rapporto di valuta non è accettabile anzitutto per le
stesse banche (e, per ciò che riguarda il futuro, non lo sarà nemmeno
92
Art. 17, comma 6°, d. lgs. 11/2010.
HADDING, Zur zivilrechtlichen Beurteilung, cit., 386; REYHER-TERPITZ, Der Lastschriftverkehr, Deutscher Sparkassen- und Giroverband, Merkblatt NF 1982, 28; PLEYERHOLSCHBACH, Lastschriftverfahren und Monopolmißbrauch, in DB, 1972, 763; KREIFELS, Der
Widerspruch des Lastschriftschuldners und seine mißbräuchliche Ausübung gegenüber der Gläubigerbank, Diss. Bonn, 1983, 101; contraddittorio sembra essere ZSCHOCHE, ult. op. cit., il
quale prima (55) fa presente che la banca del debitore non ha alcuna possibilità di controllare il rapporto di valuta, dopodiché afferma (56) che essa nel rapporto di addebito
non paga un debito proprio, bensì in qualità di compensazione del debito del proprio
cliente nel rapporto di valuta: una posizione da respingere, quantomeno nella seconda
parte, in quanto comporterebbe una confusione tra i diversi rapporti obbligatori, di valuta e di provvista, oltre all’assunzione da parte della banca del ruolo di arbitro, ruolo che
come già visto nel testo, le banche non possono né vogliono assumere.
94
Contra REISER, Bankrecht und Bankpraxis, cit., Rdn. 6/324.
95
Per usare le parole di JACOB, Die zivilrechtliche Beurteilung, cit., 46 s., le banche non
“vogliono vedere” l’autorizzazione (e, sottinteso, il richiamo causale in essa contenuto):
questo incontrovertibile dato presente nella prassi è la conferma che la c.d. “preautorizzazione” del debitore alla propria banca, di cui ora alcuni autori tedeschi, dopo
l’introduzione della normativa europea, sottolineano l’importanza, giocherà un ruolo
meramente formale e non inciderà sostanzialmente sul contegno delle banche stesse.
93
— 66 —
L’ADDEBITO DIRETTO
per gli istituti di pagamento), che vogliono rimanere del tutto autonome dalle vicende del rapporto sottostante.
I problemi che la disciplina PSD lascia completamente insoluti sono, come si è visto, quelli legati alle azioni restitutorie e alla titolarità
delle stesse. Questi problemi discendono, in maniera evidente, dalla
disciplina del rapporto tra obbligazione sottostante e provvista, con
l’aggiunta del rapporto interbancario. Ecco perché sarà necessario, a
partire dal prossimo capitolo, affrontare ordinatamente queste problematiche, partendo da una ricostruzione dei rapporti in questione
sulla base degli istituti che più a detti rapporti si attagliano.
— 67 —
CAPITOLO 2
INQUADRAMENTO SISTEMATICO
DELLE OPERAZIONI DI ADDEBITO DIRETTO
1. Lo schema delegatorio quale modello applicabile all’addebito diretto. – 2. Parallelismo
col credito documentario irrevocabile. La prassi bancaria come elemento tipizzante la
fattispecie negoziale. – 3. L’inopponibilità delle eccezioni fondate sui rapporti sottostanti.
L’eccezione di compensazione. Le eccezioni nel rapporto interbancario. – 4. Le ricostruzioni operate dalla dottrina tedesca.
1. Lo schema delegatorio quale modello applicabile all’addebito diretto.
La PSD non ha risolto (rectius: non ha affrontato) i problemi di inquadramento sistematico dell’istituto qui analizzato, limitandosi come
si è visto, a fornire una definizione dell’operazione vista solamente
nell’ambito del rapporto di provvista, trascurando del tutto le problematiche relative al rapporto di valuta1. Lo schema della PSD medesima,
che costituisce ora la base per l’utilizzo nella prassi dello strumento in
questione, dovrà essere tuttavia affiancato alle ricostruzioni operate
anzitutto nella letteratura tedesca, con l’importante avvertenza che optare per l’una o l’altra teoria potrebbe comportare diverse ripercussioni pratiche (anche se la disciplina europea ha di gran lunga ridotto le
problematiche applicative connesse alle diverse opzioni). Nel corso del
presente lavoro si è cercato di seguire una impostazione che tenesse
presente di volta in volta i problemi pratici conseguenti alla opzione
da seguire, senza quindi operare una scelta a monte e da lì non discostarsene più. Il lavoro di inquadramento non ha poi potuto ignorare
gli studi condotti in Italia in materia di delegazione, che è, quantomeno a livello schematico, l’operazione alla quale l’addebito diretto più si
attaglia, sia pure con i dovuti distinguo che saranno illustrati nel prosieguo. Anche lì, come per la disamina delle teorie elaborate nella giurisprudenza teorica tedesca, si è scelto di optare per un’analisi che tenesse conto della necessaria impostazione sistematica, ma che nei
momenti opportuni sapesse discostarsene per fare spazio alle peculia1
SCIARRONE ALIBRANDI, L’adempimento dell’obbligazione pecuniaria alla luce della Payment
Services Directive, in Hominum causa constitutum – Scritti degli allievi in ricordo di Francesco
Realmonte, Milano, 2009, 177; ed è ciò che nota anche DE STASIO, Operazione di pagamento,
cit., cap. I, par. 2.
— 69 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
rità dello strumento di pagamento analizzato. Alla luce di quest’ottica
ricostruttiva si è potuto richiamare uno strumento con funzione di pagamento col quale si sono ravvisate ampie analogie: ci si riferisce qui al
credito documentario.
Partendo quindi con questo lavoro di inquadramento, e riferendosi
all’addebito su iniziativa del creditore che è l’operazione di gran lunga
più utilizzata, si ravvisa in esso la presenza di uno schema delegatorio
dovuto anzitutto al doppio rapporto obbligatorio che lega il debitore,
da un lato al proprio creditore (rapporto di valuta), dall’altro alla propria banca presso la quale ha un contratto di conto corrente (rapporto
di provvista). Inoltre v’è il profilo della “doppia autorizzazione”: quella
rilasciata dal debitore al creditore per effettuare l’addebito, e quella
rilasciata dal debitore alla propria banca, di procedere all’addebito
mediante rapporto interbancario (autorizzazione che però avviene in
un momento successivo e trae origine dal rapporto di mandato che lega i due soggetti)2. In diritto tedesco si è fatto ricorso alla teoria della
2
La presenza dello schema delegatorio non deve indurre a considerare come automatica l’applicazione delle norme sulla delegazione, contenute in Italia nel codice civile
agli art. 1268 ss., e in Germania nel BGB ai §§ 783 ss., in quanto, il fatto che la Zahlstelle
paghi a semplice richiesta del beneficiario induce a considerare il pagamento di questa
alla Inkassostelle come pagamento di un debito proprio. Per gli parallelismi con
quest’ultimo istituto v. infra, nel testo. Cfr. in tal senso COSTA, «Astrattezza» ed eccezioni opponibili nel credito documentario irrevocabile, Milano, 1989, 59, il quale, richiamando la risalente dottrina francese dello Hamel, sottolinea che nell’ordinamento francese (e anche
in quello spagnolo), il ricorso alla figura della delegazione non implicava l’applicazione
di una determinata disciplina in materia di eccezioni opponibili al delegatario da parte
del delegato. Interessanti spunti di indagine, nel senso di una impostazione sistematica
di tutta la materia delle garanzie, per la quale lo schema delegatorio offre notevoli possibilità risolutive, si trovano ora nel recente studio di CORRIAS, Garanzia pura e contratti di
rischio, Milano, 2006, 482 ss., che si sofferma anzitutto sui negozi a natura trilatera;
d’obbligo è anche, sia pure per profili connessi, il rinvio all’ampio lavoro di M ACARIO, Le
garanzie personali, nel Trattato di diritto civile diretto da Rodolfo Sacco, Torino, 2009; in
Germania sottolineano la natura anweisungsähnliche della Doppelermächtigung: WERNER, Die
Lastschrift, cit., Rdn. 20, 59; KUPISCH, Banküberweisung und Bereicherungsausgleich, in WMSonderbeilage n. 3, 1979, 22. Per quanto riguarda altre operazioni di pagamento, anche
per capire l’impostazione sistematica che di esse è stata data accostandole o meno allo
schema delegatorio, non si possono qui omettere gli studi di DOLMETTA, La carta di credito, Milano, 1982, passim, ma in particolare 48 ss., anche se l’A. esclude la ricostruzione in
chiave delegatoria dei versamenti effettuati dalla banca emittente al fornitore: tra i vari
argomenti, Dolmetta (53) invoca le convenzioni che regolano la carta di credito, le quali
escludono il titolare della carta stessa dalla legittimazione attiva all’azione di ripetizione
del pagamento non dovuto effettuato dalla banca al fornitore, riservandola esclusivamente alla banca. La conclusione dell’A. è per l’applicazione della disciplina della cessione in capo alla banca emittente del credito del fornitore verso il titolare: la differenza
— 70 —
L’ADDEBITO DIRETTO
Durchgriffkondiktion nella delegazione (Anweisung)3, e si è notato che
avvenendo l’addebito, nell’Einzugsermächtigungsverfahren, senza jussu
immediato da parte del pagatore, quello che si verifica è per l’appunto
uno spostamento immediato delle somme dal patrimonio della Zahlstelle a quello del beneficiario, mediante accredito sul conto corrente
che quest’ultimo possiede presso la propria banca. Tale spostamento
immediato consentirebbe l’esercizio appunto dell’azione di ripetizione, poiché, come nella delegazione mancante di jussu, la prestazione
del delegato (banca del debitore) al beneficiario non ha attinto dal patrimonio del delegante (il pagatore)4. Ma di questi problemi si parlerà
meglio al prossimo capitolo.
con l’addebito diretto è che nessuna delle banche coinvolte si rende cessionaria del credito del beneficiario, nemmeno per atti concludenti. Un recente studio che riconduce il
servizio di Pagobancomat alla delegazione di pagamento è quello di CIRAOLO, Le carte di
debito. Il servizio Bancomat, Milano, 2008, 133 ss.; senz’altro da segnalare, per
l’applicazione alle carte di credito dello schema delegatorio, lo studio di SPADA, Carte di
credito: “terza generazione” di mezzi di pagamento, in Riv. dir. civ., 1976, I, 483 ss.; per una sintesi tra le due impostazioni si rinvia a ONZA, Il pagamento a mezzo carta di credito: tra cessione
e delegazione, in www.magistra.it, 2003; più di recente, ID., Carte di credito, in SALAMONE SPADA, Commentario breve al diritto della cambiale e degli assegni e di altri strumenti di credito e
mezzi di pagamento, Padova, 2008. Ancora, per la tesi del rapporto delegatorio ordinato a
provocare l’accollo da parte dell’emittente, NICCOLINI, Carte di credito e carte bancarie, in
Enc. giur. Treccani, V, Roma, 1988, 1 s., nonché, per la teoria del pactum de non petendo
non oneroso e a tempo, v. ALPA-BESSONE, Disciplina giuridica delle carte di credito e problemi
di controllo del credito al consumo, in Giur. it., 1976, IV, 110 s., e, per la originale ricostruzione di patti separati di scambio ovvero contratti collegati, DI NANNI, Pagamento e sostituzione
nella carta di credito, Napoli, 1985. Per una disamina incentrata più che altro sul tipo di
carattere della moneta utilizzata nelle operazioni di pagamento diverse dal contante, cfr.
DE POLI, L’adempimento con gli strumenti ‘alternativi’ di pagamento, in: “Le obbligazioni pecuniarie (parte II)”, Le Figure Speciali, Trattato delle Obbligazioni, vol. V, di G. Guida –
T. Dalla Massara – M. De Poli – L. Materia, Padova, 2010, 105-183.
3
CANARIS, Bankvertragsrecht, cit., Rdn. 627, il quale però giunge a negare la possibilità
di un tale utilizzo pratico, che andrebbe a contraddire lo scopo per cui è stato concepito
l’addebito diretto: infatti, sempre secondo l’A., il beneficiario dovrebbe sempre considerare la possibilità di essere oggetto di un’azione restitutoria da parte della banca del pagatore; per riflessioni generali sull’istituto della Anweisung, valevoli per il rapporto banca
del debitore – banca del beneficiario – beneficiario che si crea nel Lastschriftverfahren, si
rinvia a SCHNAUDER, Grundfragen zur Leistungskondiktion bei Drittbeziehungen, Berlin, 1981,
130 ss.
4
SCHNAUDER, ult. op. cit., 137; v. anche KUPISCH, Gesetzespositivismus im Bereicherungsrecht. Zur Leistungskondiktion im Drei-Personen-Verhältnis, Berlin, 1978, 68 ss.; ID., Banküberweisung und Bereicherungsausgleich, cit., 9 ss.; sul concetto di jussu ritorna anche ABATANGELO, Intermediazione nel pagamento e ripetizione dell’indebito, Padova, 2009, 151 ss.; da ultimo
v. anche il recente studio di MARTINO, L’expressio causae. Contributo allo studio
dell’astrazione negoziale, Torino, 2011, 197 ss., il quale richiama l’attenzione sul fatto che “il
— 71 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
È stato fatto notare che la “doppia autorizzazione” fotografa il dato
della prassi sull’esistenza o meno dell’obbligo in capo alla banca del
debitore, di pagare la somma al creditore: in base a detta teoria, il debitore autorizzerebbe sì la propria banca a pagare, ma non la obbligherebbe, cosa che effettivamente si verifica nella realtà, dove, come si
è visto ampiamente nel capitolo precedente, la banca del debitore non
ha un obbligo di pagare5. Questo dato resta sostanzialmente invariato
anche con l’introduzione della “pre-autorizzazione” del debitore alla
propria banca ad opera del SEPA-Lastschrift.
Gli studi più recenti in materia di delegazione consentono, come
anticipato, di dare alla fattispecie dell’addebito diretto una collocazione sistematica nell’ordinamento italiano, collocazione che la Direttiva
2007/64, per la natura propria di questo tipo di fonte normativa, non
può fornire. Ci si è anzitutto chiesti, nell’ambito di questi studi, se la
delegatio solvendi possa essere assimilabile all’indicazione di pagamento
ex art. 1188 c.c.6. Questa norma, catalogando i destinatari del pagamento, prevede che il debitore debba eseguire il pagamento al soggetto indicato dal suo creditore, sì che potrebbe pensarsi che l’ipotesi
coincida con quella della delegazione di pagamento su debito, ossia
una delegazione di pagamento titolata quanto alla provvista7. In realtà,
a prescindere o meno dal suo accostamento a tale istituto, la fattispecie
di cui all’art. 1188 c.c. ben potrebbe essere trasposta all’operazione di
addebito diretto: poiché in quella fattispecie il terzo (banca incaricata
dell’incasso) è destinatario del pagamento in quanto strumento del
creditore, la prestazione medesima costituisce una modalità di esecusoggetto che esegue la prestazione – a cui il delegante è tenuto nei confronti del creditore-delegatario – adempie un obbligo altrui (del delegante) soltanto nell’ipotesi in cui
non sia dichiarato l’intento di dare attuazione alla delega”; utili al fine
dell’inquadramento dello jussu sono anche i preziosi studi di PELLIZZI, Appunti sul rapporto tra delegante e delegato nella “delegatio solvendi”, in Riv. dir. civ., 1963, I, 86 ss., e ID., Fallimento del delegante e successiva esecuzione del “iussum”, ivi, 1963, II, 552 ss. Sull’applicazione
dello schema delegatorio al trasferimento bancario di fondi v. già SCIARRONE ALIBRANDI,
L’interposizione della banca nell’adempimento dell’obbligazione pecuniaria, Milano, 1997, 57 ss.,
e anche 22 nt. 41 per riferimenti alla dottrina tedesca sullo studio del bargeldlosen Zahlungsverkehr, unico genus “incentrato sulla struttura del giroconto”, e ricomprendente
“tutti gli strumenti a struttura delegatoria” tra cui appunto lo stesso Lastschrift. Per approfondimenti sullo schema delegatorio e sullo jussu con riguardo alla condictio indebiti, v.
anche infra, cap. III.
5
Così van GELDER, Bankrechts, cit., § 57, Rnd. 7.
6
GRASSO, Indicazione di pagamento e delegatio solvendi, Napoli, 1986, spec. 233 ss.
7
GRASSO, Delegazione, espromissione, accollo, nel Comm. cod. civ. fondato da Schlesinger e
diretto da Busnelli, Milano, 2011, 50 s., il quale però, sulla scorta dell’autorevole opinione di Schlesinger, esclude il parallelismo.
— 72 —
L’ADDEBITO DIRETTO
zione – alternativa – posta a favore del beneficiario dell’obbligazione
originaria che lega l’indicato (il debitore) all’indicante (il creditore).
In tal modo si dispiegherebbero gli effetti liberatori della solutio
all’indicatario (ossia la banca incaricata dell’incasso dal creditore indicante) per il fatto che il debitore, eseguendola nelle mani di
quest’ultimo, realizzerebbe un vero e proprio “esatto adempimento” in
senso tecnico dell’obbligazione originaria. L’unica differenza tra questa fattispecie e quella di cui all’addebito diretto consiste nel fatto che
mentre nella prima è sufficiente la unilaterale volontà del creditore
per indicare un soggetto terzo nelle cui mani effettuare
l’adempimento, nell’addebito diretto dev’esserci un accordo in tal
senso tra debitore e creditore.
In quest’ottica, non si potrebbe respingere la tesi di chi vedesse
senz’altro applicabile, piuttosto che la norma di cui all’art. 1188 c.c., lo
schema della delegatio solvendi, in base al quale l’accipiens (che nel caso
del Lastschrift, non sarebbe il creditore, ma la banca di questi, salvo il
caso della medesima banca per debitore e creditore) accetta di ricevere il pagamento effettuato dal solvens (banca del debitore) “per conto
del delegante” (il debitore-pagatore) e dunque con effetto sulla valuta
e conseguente “conteggio” a quest’ultimo di quanto ricevuto8. La fattispecie appena descritta potrebbe probabilmente contemplare, come
accennato, un quarto soggetto rispetto ai tre facenti parte del ben noto schema legale di cui agli artt. 1268 ss. c.c., ossia la banca del creditore-beneficiario.
La necessità del consenso del delegatario e, dunque, la natura contrattuale di tale pagamento risulta dalla circostanza che la solutio si giustifica sulla base dello jussum delegatorio, ed è quindi necessario che
tale giustificazione causale sia condivisa dal solvens e dall’accipiens, che
devono, appunto, concordare sul fondamento causale del passaggio di
denaro tra loro. La giustificazione causale del pagamento del delegato
nella delegatio solvendi è, in base a questa impostazione, “l’agire per
conto”, sì che il creditore ricevente (che delegherà a sua volta la propria banca) deve acconsentire a ricevere sulla base di tale nuova e diversa causa che gli impone il conteggio e lo espone ad eccezioni nuove
e diverse rispetto a quelle originarie (tralasciando volutamente il discorso relativo all’eccezione di nullità della doppia causa, di cui si parlerà infra, si pensi a quelle fondate sull’inesistenza, nullità, o annullabi-
8
GRASSO, Delegazione, espromissione, accollo, cit., 48.
— 73 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
lità del jussum delegatorio, elevato concordemente a fondamento causale del pagamento)9.
Peraltro, anche la riconduzione della fattispecie dell’addebito diretto allo schema della delegazione di pagamento titolata rispetto alla valuta non sarebbe di ostacolo al carattere «astratto» del servizio di pagamento citato (che comunque richiede sempre l’indicazione della
causale), la cui causa è sempre “l’agire per conto”, ancorché vi sia il riferimento alla valuta. In tal caso, infatti, tale riferimento non comporta
che la valuta sia elevata a causa dell’operazione, ma soltanto che il pagamento per conto del mandante viene effettuato sul presupposto
dell’esistenza di un valido rapporto di valuta al quale “conteggiarlo”.
Da qui evidentemente nascono i problemi relativi alla possibilità di ripetere il pagamento non dovuto, allorquando tale presupposto venga
a mancare, in quanto detto pagamento del delegato non attua la valuta, essendo realizzazione del mandato, pure quando viene effettuato
con la “titolazione” rispetto alla valuta: il caso dell’addebito su impulso
del creditore è esemplare, in quanto in esso il pagamento avviene per
iniziativa di quest’ultimo, e la banca del debitore viene “accesa” da
quella del beneficiario. La prima pagherà sulla base del mandato che
la lega al debitore, ma senza interessarsi alle vicende del rapporto di
valuta.
Anche con riferimento alla delegatio solvendi, dunque, si porrebbe il
problema di giustificare l’estinzione della valuta a seguito del pagamento da parte del delegato. A tale questione si è tentato di dare una
soluzione mediante l’individuazione di una datio in solutum col terzo
delegato sia nel caso di delegazione titolata rispetto alla valuta, sia in
quello di delegazione di pagamento pura rispetto alla valuta, nella
quale ipotesi, però, l’effetto estintivo del rapporto originario è sospensivamente condizionato alla dichiarazione del debitore originario delegante con il quale questi indica lo specifico rapporto di debito col
delegatario al quale riferire il pagamento medesimo. Indicazione che
ha natura di “imputazione del pagamento” e la cui unilateralità non
può essere contestata alla luce della constatazione che sarebbe inammissibile concedere al delegante il potere di fissare unilateralmente le
reazioni sul rapporto di valuta. Infatti il delegatario ha accettato di ricevere il pagamento per conto del delegante: nel Lastschrift, ciò avviene allorché il creditore dà il via all’operazione di scrittura di addebito
concordata col debitore, ma l’effetto estintivo del rapporto di valuta
9
GRASSO, Delegazione, espromissione, accollo, cit., 48, che rimarca la diversità strutturale
tra questa fattispecie e quella di cui all’art. 1180 c.c., ossia l’adempimento del terzo.
— 74 —
L’ADDEBITO DIRETTO
viene subordinato alla mancata richiesta di rimborso da parte del debitore stesso alla scadenza del termine di otto settimane dal pagamento.
Pensando all’addebito diretto come delegazione di pagamento
astratta, o pura, non si avrebbero ostacoli per l’applicazione del corrispondente schema alla fattispecie concreta del Lastschrift: anche a voler
considerare il riferimento “causale” (equivalente alla “causale” nel bonifico) come una sorta di titolazione, esso non consentirebbe il rifiuto
del delegato (la banca del debitore) di pagare al beneficiariodelegatario (tramite la banca di costui), sulla base di eventuali patologie del rapporto di valuta, e questo per due ordini di motivi. Anzitutto
il delegatario (anche in un rapporto trilatero, ma a maggior ragione in
un rapporto quadrilatero) è, rispetto al solvens (banca del debitore),
un terzo, e non può perciò inserirsi nel rapporto di valuta: tutt’al più,
come si vedrà meglio infra, potrà esigere la ripetizione del pagamento.
Poi va tenuta presente la peculiarità propria dell’addebito diretto, che
consente al debitore di esercitare la revoca (rectius: rifiuto) del pagamento e richiedere il rimborso qualora il pagamento non fosse dovuto. La scelta di rifiutare il pagamento viene quindi spostata esclusivamente sul debitore nel rapporto di valuta, con ciò escludendo la banca
da qualsiasi ruolo di “arbitro”.
Il parallelo con la delegazione potrebbe trovare un primo ostacolo
di tipo normativo, costituito dal disposto dell’art. 1268, comma 1°, c.c.,
che prima facie appare frapporsi all’affermazione del carattere astratto
della promissio del delegato (: la banca del debitore). Tale norma, qualificando il delegante come debitore del delegatario, sembra supporre
che la funzione economico-sociale propria della delegazione promissoria sia quella di soddisfare l’interesse creditorio emergente dal rapporto di valuta, mediante l’assunzione di un’obbligazione da parte di
un terzo (delegato)10. E in effetti, la norma citata ha costituito la base
per sostenere che il negozio di assunzione dell’obbligazione del delegato trovi la propria causa nell’estinzione del rapporto di valuta11.
10
ABATANGELO, Intermediazione, cit., 307; cfr. anche LA PORTA, L’assunzione del debito altrui, in Trattato di dir. civ. e comm. Cicu-Messineo, Milano, 2009, 353 ss., il quale chiarisce
che la delegazione non integra necessariamente un negozio di assunzione del debito altrui: affinché la fattispecie ad effetti obbligatori tra delegato e delegatario possa qualificarsi in termini di delegazione è necessario o che il contratto tra costoro intervenuto sia
privo di causa interna – giustificandosi l’obbligazione assunta, secondo la dinamica propria dei negozi con causa esterna, attraverso l’espresso rinvio al mandato delegatorio –
ovvero che tale contratto integri un negozio di assunzione del debito altrui. Quest’ultima
è l’ipotesi tipica prevista dall’art. 1268 c.c.
11
ALB. DONATI, Causalità e astrattezza nella delegazione, Padova, 1975, 12: “La funzione
— 75 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
In realtà, nell’addebito diretto, il rapporto tra istituto di credito (o
di pagamento) del debitore e quest’ultimo dà luogo all’obbligazione
del primo soggetto di pagare a richiesta dell’istituto del creditore e sulla base del rapporto interbancario: lo schema che più assomiglia a
questa fattispecie è quello della delegazione astratta che emerge dai
commi 2° e 3° dell’art. 1271 c.c., ossia quella delegazione nella quale
non siano menzionati né il rapporto di valuta, né il rapporto di provvista. Nel caso di nullità di entrambi i rapporti, e solo in questo caso, la
banca del debitore potrebbe astrattamente sollevare la c.d. eccezione
di nullità della doppia causa, e rifiutarsi di pagare al beneficiario la
somma oggetto di addebito diretto. Per una analisi più approfondita e
realmente incentrata sulla prassi bancaria, ci si riserva tuttavia un giudizio che seguirà allo studio dei parallelismi tra addebito diretto e credito documentario (cfr. par. successivo), per capire se l’eccezione richiamata sia realmente opponibile o meno. Se tuttavia la banca scegliesse di dar seguito ugualmente al pagamento, magari per tutelare il
proprio standing, non potrebbe poi agire in regresso verso il proprio
cliente: le resterebbe percorribile unicamente la condictio indebiti nei
confronti del beneficiario, dato che l’art. 2033 c.c. considera irrilevanti
gli stati soggettivi del solvens12.
In ogni caso va tenuto presente che il meccanismo del conteggio,
operante in seguito all’adempimento della banca del debitore avvenuto su richiesta del beneficiario, rende l’attribuzione, nel rapporto tra
questi due soggetti, astratta da entrambi i rapporti causali (alla stregua
di quanto avviene, invero, nella delegazione, tra delegato e delegatacui la delegazione obbligatoria assolve, consiste nel far sì che un terzo (delegato), in base
all’ordine (jussum) emanato da un soggetto nella sua qualità di debitore di un altro terzo
(delegatario), si obblighi verso quest’ultimo al fine di adempiere l’obbligazione del delegante nei confronti del delegatario medesimo (art. 1268, 1° comma, c.c.). La causa materiale del contratto che si perfeziona tra il delegato e il delegatario consiste, dunque, nel
fine di soddisfare l’interesse del creditore quale emerge dal rapporto di valuta (rapporto
delegante-delegatario)”. Cfr. per la suddetta ipotesi applicata al trasferimento bancario
di fondi, ma in chiave critica dell’orientamento cristallizzatosi, SCIARRONE ALIBRANDI,
L’interposizione, cit., 59, la quale spiega il fenomeno della novazione passiva soggettiva che
conduce alla delegazione liberatoria (se sussista un’apposita dichiarazione in tal senso
del creditore delegatario), laddove mancando la dichiarazione liberatoria del delegatario, si avrà una delegazione cumulativa: ancora, per la disamina dell’operazione inquadrata come delegatio solvendi accompagnata da un’indicazione di pagamento, 64 ss.
12
Per tutti v. MOSCATI, Pagamento dell’indebito, nel Comm. al codice civile Scialoja-Branca,
Bologna-Roma, 1981, 86 ss.; sulla legittimazione attiva all’azione di ripetizione
dell’indebito nel caso di pagamento effettuato da un delegato si veda, anche qui, per tutti, BRECCIA, La ripetizione dell’indebito, Milano, 1974, 344.
— 76 —
L’ADDEBITO DIRETTO
rio)13, con la conseguenza che la banca del debitore non potrà esperire
alcuna azione restitutoria se non nei confronti del beneficiario, una
volta che sia venuto a mancare il fondamento causale dell’addebito.
Ma delle problematiche relative alla restituzione di pagamenti non dovuti si parlerà analiticamente nel cap. III.
2. Parallelismo tra addebito diretto e credito documentario irrevocabile. La prassi bancaria come elemento tipizzante la fattispecie negoziale.
L’analisi sin qui condotta ha mostrato punti di contatto con istituti
già presenti nell’ordinamento italiano, quali il bonifico bancario e
l’addebito c.d. RID, evidenziando nel paragrafo che precede una particolare attinenza con il più generale schema delegatorio.
Pare ora opportuno, per non lasciare scoperto alcun campo
d’indagine, riferirsi ad un istituto che ha, come l’addebito diretto, certamente funzione di pagamento, ossia il credito documentario. Detto
strumento di pagamento, utilizzato in ambito nazionale ed internazionale nelle sue molteplici varianti (credito documentario confermato,
irrevocabile, differito), può essere preso a modello dall’interprete, per
ciò che riguarda le problematiche relative alle eccezioni opponibili e
più in generale per una verifica sull’applicabilità o meno, e in quale
misura, dello schema delegatorio, una volta che sia appurata la pertinenza di quest’ultimo al credito documentario medesimo14.
13
In diritto romano sull’equivalenza tra datio e promissio cfr. FARGNOLI, “Alius solvit
alius repetit”, Milano, 2001, 25; TALAMANCA, voce Delegazione (diritto romano), in Enc. dir.,
vol. XI, Milano, 1962, 918 ss.; nel senso dell’astrattezza della promissio dai rapporti di base
BIGIAVI, La delegazione, Padova, 1940, 299 ss., il quale ravvisa nella scissione tra causa promittendi e causa stipulandi, tipica della delegazione, la ragione per cui la nullità di uno dei
rapporti di base non influisce sulla validità dell’obbligazione assunta dal delegato nei
confronti del delegatario.
14
Sul credito documentario esiste una amplissima bibliografia: cfr. solo per citare i
contributi più recenti, PURPURA, In tema di credito documentario differito (e non): indipendenza
dei rapporti, rilievo della frode e pagamento anticipato del beneficiario, in Banca, borsa, titoli di
credito, 2006, II, 303 ss.; ID., Controllo dei documenti e limiti del formalismo nel credito documentario, in Banca, borsa, tit. cred., 2004, II, 700 ss., e l’ampia letteratura richiamata in entrambi gli scritti; GIAMPIERI, Il credito documentario, Padova, 1993; COSTA, «Astrattezza», cit.; ID., Il
credito documentario, Torino, 1997; GUARRACINO, Norme uniformi sul credito documentario e
limiti dell’interpretazione formalistica, in Riv. dir. civ., 1999, II, 93 ss.; R. SANTAGATA, Osservazioni a Cass., 8 agosto 1997, n. 7388, in Banca, borsa, tit. cred., 1998, II, 237 ss.; ID., Brevi
note in tema di eccezioni pretestuose e limiti del formalismo nel credito documentario, ivi, 2000, II,
700 ss.; PORTALE-DOLMETTA, Eccezione di “omessa indicazione sulla polizza della nave di carico”
e limiti del formalismo nel credito documentario, in Riv. dir. priv., 1998, 568 ss.; NIELSEN, Richtlinien für Dokumenten-Akkreditive2, Heidelberg, 2001; ID., Internationale Bankgarantie, Ak-
— 77 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
Il principio della inopponibilità delle eccezioni è, nell’addebito diretto, sia pure sotto il profilo pratico, interamente assorbito da quello
più generale della frode, in quanto la possibilità per il debitore di effettuare la revoca dell’addebito, o chiedere il rimborso dello stesso,
riassume in sé qualsiasi altro tipo di eccezione. Ma la possibilità per la
banca del debitore di opporre eccezioni relative al rapporto sottostante non è stata adeguatamente esaminata. Ugualmente non sembra ancora appieno affrontato il tema del formalismo nella presentazione del
modulo di addebito15.
Lo studio dei rapporti che compongono la catena di prestazioni
nell’addebito diretto consente, come si accennava, di riprendere riflessioni già effettuate per altri tipi negoziali. Si pensi alla considerazione
elaborata nell’ambito del credito documentario, ma anche in quello
delle garanzie autonome, in base alla quale l’impegno (rectius: la promessa) della banca del debitore di pagare alla presentazione del modulo di addebito inoltrato dalla banca del creditore beneficiario, è un
impegno sganciato dai rapporti sottostanti – sia pur permanendo in
capo al debitore una facoltà di rimborso – che quindi se isolatamente
considerato, perde inevitabilmente il legame giuridico con tali rapporti, rispetto ai quali si presenta assolutamente autonomo.
Questa constatazione non pone problemi in ordine ad eventuali
contestazioni in merito alla natura causale ovvero astratta
dell’addebito diretto: affermare la “causalità negoziale” della promessa
di pagamento della banca del debitore, così come nel credito documentario non comporterebbe conseguenze in ordine al problema delkreditiv und anglo-amerikanisches Standby Inkrafttreten der ISP 98, in WM, 1999, 2005 ss. e
2049 ss., spec. 2011 e 2053 ss., con riferimenti alla materia del formalismo nelle garanzie
bancarie internazionali, nelle Norme Uniformi relative al credito documentario (c.d. ERA 500,
dopo la loro revisione ad opera della Camera di Commercio Internazionale del
1.1.1994), e nelle Regole e Prassi Internazionali relative alle Standby (ISP 98, pubblicazione
ICC n. 590, 1998). Nielsen, attribuendo Garantiecharakter anche alle standby letter of credit,
conclude poi per una regolamentazione, da parte delle ISP 98, arg. ex regola 1.01 d)
(«Un impegno soggetto alle presenti regole viene qui di seguito denominato “standby”»), anche dei crediti documentari e delle promesse autonome di garanzia; SCHWINTOSWKI-SCHÄFER, Bankrecht, Köln-Berlin, 1997, 743 ss.; EISEMANN-SCHÜTZE, Das Dokumentenakkreditiv im internationalen Handelsvekehr, Heidelberg, 1996.
15
Cfr. però il Lastschriftabkommen del 9 luglio 2012, che ai nr. 1a e 1b della Sezione I
prevede l’obbligo della forma scritta per il modulo di addebito, che
nell’Einzugsermächtigungsverfahren e nell’Abbuchungsauftragsverfahren il debitore trasmette
rispettivamente al beneficiario e alla propria banca. Su quest’obbligo cfr. WERNER, Die
Lastschrift, cit., Rdn. 29 ss., 214 ss., anche per le eccezioni a quest’obbligo (in particolare,
addebiti di basso importo).
— 78 —
L’ADDEBITO DIRETTO
le eccezioni opponibili16, ugualmente nell’addebito diretto non ne
comporterebbe in ordine alle limitazioni, anzitutto di carattere temporale, alla possibilità per il debitore di effettuare la revoca dell’addebito
o chiederne il rimborso. L’attribuzione di un fondamento causale autonomo ai vari segmenti delle operazioni “quadrangolari” a schema
delegatorio potrebbe portare a risultati per nulla contraddittori con la
natura astratta dell’intera operazione. Se le cause sono autonome, ed i
negozi autonomi, allora, per il pacifico principio della inopponibilità
delle situazioni contrattuali ai terzi estranei, la regola dovrebbe essere
sempre e comunque quella della inopponibilità delle eccezioni fondate su rapporti “sottostanti”, mentre l’opponibilità di esse avrebbe carattere eccezionale, e andrebbe fondata sulla espressa volontà delle parti
(ove possibile) o del legislatore. Emergerebbe, a questo punto, un interessante punto di contatto tra la problematica in questione e quella
dei “negozi collegati”17: a voler portare a compimento il ragionamento,
i vari negozi giuridici dotati di causa propria, che vengono a comporre
una operazione a schema delegatorio, andrebbero ritenuti giuridicamente distinti, e l’inopponibilità delle eccezioni esterne ad ogni singolo negozio costituirebbe una regola in perfetta sintonia con tale principio. L’opponibilità, invece, di talune di queste eccezioni andrebbe di
volta in volta ricondotta ad un fenomeno di collegamento voluto dalle
parti, ove possibile (una ipotesi di “collegamento volontario” sarebbe
ravvisabile, ad esempio, nella delegazione titolata), o dal legislatore
(ad esempio, la “nullità della doppia causa” nella delegazione, o
l’invalidità della fideiussione in caso di invalidità del rapporto garantito). Tale possibilità di collegamento andrebbe, poi, limitata o esclusa
in relazione a quelle fattispecie particolari utilizzate nell’ambito del diritto d’impresa, e ciò a causa delle specifiche esigenze dei traffici
commerciali, anche in nome di quella “ricommercializzazione del diritto commerciale” che da più parti è stata ed è tuttora auspicata18.
16
COSTA, «Astrattezza», cit., 35 nt. 61.
Senza richiamare la sterminata bibliografia sul collegamento negoziale, si ritiene
utile menzionare alcuni recenti studi senza pretese di esaustività: sull’inscindibile nesso
tra contratto e operazione economica nei rapporti commerciali cfr. E. GABRIELLI, Mercato, contratto e operazione economica, in Rass. dir. civ., 2004, 1044 ss., e la bibliografia ivi citata;
per un’analisi del rapporto tra frode e collegamento negoziale, cfr. NARDI, Frode alla legge
e collegamento negoziale, Milano, 2006, passim.
18
PORTALE, Diritto privato comune e diritto privato dell’impresa, in Banca, borsa, tit. cred.,
1984, I, 14 ss.; ID., Prefazione a Barillà, Contratto autonomo di garanzia e Garantievertrag, cit.,
XI ss.; ID., Il diritto commerciale italiano alle soglie del XXI secolo, in Riv. soc., 2008, 1 ss.; BUONOCORE, Contrattazione d’impresa e nuove categorie contrattuali, Milano, 2000, spec. XIX ss. e
213 ss.; ID., Le nuove frontiere del diritto commerciale, Napoli, 2006; LUMINOSO, La contratta17
— 79 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
Questa prima considerazione, rispondente senz’altro alle necessità
del commercio internazionale, può ben essere calata nello stesso contesto nazionale, sol che si consideri che quest’ultimo è sempre più un
contesto armonizzato alle regole sovranazionali derivanti dall’Unione
Europea.
Sulla base dei risultati cui è pervenuta la dottrina più attenta agli
aspetti internazionalistici della prassi bancaria in materia di credito
documentario, si può perciò affermare che il ricorso alla disciplina tout
court della delegazione anche in materia di addebito diretto non sia la
giusta strada da percorrere. Lo sviluppo dei due istituti mostra infatti
come non vi sia tra la delegazione disciplinata negli artt. 1268 ss. c.c. e
l’addebito diretto un rapporto da genus a species, ma che si tratti di due
figure che, per quanto simili, rispondono ad esigenze pratiche notevolmente diverse. L’addebito diretto risulta infatti essere, a differenza
della delegazione “civile”, un istituto tipico della prassi bancaria (e che
già in Italia, in assenza di esplicita regolamentazione legislativa, aveva
trovato applicazione nella ben nota formula del RID, strumento di pagamento in uso esclusivamente bancario), per il quale potrebbe parlarsi, così come per la cambiale tratta e l’assegno, ma solo a fini descrittivi, della presenza di uno schema genericamente delegatorio
(cioè di una “delegazione in senso ampio”, per utilizzare la terminologia invalsa in Germania).
zione d’impresa, in Buonocore (a cura di), Manuale di diritto commerciale, 10ª ed., Torino,
2011, 810 ss. Di grande interesse, anche per la ricostruzione storica che viene fatta, è il
recente scritto di LIBERTINI, Autonomia individuale e autonomia d’impresa, ne I contratti per
l’impresa, Gitti, Maugeri, Notari (a cura di), I. Produzione, circolazione, gestione, garanzia, Bologna, 2012, 34 ss., in particolare 39 nt. 15, su quella tradizione metodologica del diritto
commerciale italiano poi evolutasi e teorizzata nella impostazione «tipologica»; per
l’analisi delle problematiche legate alla contrattazione d’impresa qualora questa sia una
banca, v. ora DENOZZA, Mercato, razionalità degli agenti e disciplina dei contratti, ne I contratti
per l’impresa, cit., 69 ss. V. anche, in chiave critica, DOLMETTA, Sui «contratti d’impresa»: ipoteticità di una categoria (ricordo di Arturo Dalmartello), in Dolmetta e Portale (a cura di), Un
maestro del diritto commerciale. Arturo Dalmartello a cento anni dalla nascita, Atti del Convegno
di studi, Milano, 7 maggio 2009, Milano, 2010, 110 s.; ancora, ma per un’analisi limitata
all’applicazione all’autonomia d’impresa delle clausole generali, cfr. VETTORI, I contratti
per l’impresa fra tipi e clausole generali, ne I contratti per l’impresa, cit., 97 ss.; da ultimo, per il
richiamo alla contrattazione con l’impresa bancaria, vista quest’ultima nella sua peculiarità rispetto al resto delle imprese (sia pure in chiave di configurazione di diritti e obblighi di protezione alla luce della trasparenza), v. ancora DOLMETTA, Trasparenza dei prodotti
bancari. Regole, cit., 4 ss., e anche 11, testo e nt. 15, per l’analisi della formula “situazioni
tipo” bancarie come idea di fattispecie concrete nel loro sostanziale ripetersi, “come situazioni tendenti quindi a presentare, e a ripresentare, dei dati costanti e pertanto (…)
destinate a risultare tipiche” (corsivo aggiunto).
— 80 —
L’ADDEBITO DIRETTO
Posto che per i problemi derivanti dal fallimento del debitore ci si
soffermerà nel capitolo IV, dove si analizzeranno i possibili parallelismi
con la delegazione “civile” alla luce della procedura concorsuale, si
tratta qui di verificare se la maggior attinenza dell’addebito diretto con
l’istituto del credito documentario possa condurre a valide soluzioni
per quanto concerne l’opponibilità delle eccezioni da parte della banca del debitore, chiamata a pagare a quella del beneficiario.
Per il credito documentario, l’art. 1530 c.c. afferma chiaramente
che “La banca che ha confermato il credito al venditore può opporgli
solo le eccezioni derivanti dall’incompletezza o irregolarità dei documenti e quelle relative al rapporto di conferma del credito”. Si è validamente sostenuto che questa norma sia frutto di un «sicuro e intenzionale “sganciamento” dalla disciplina codicistica della delegazione»19.
Nel credito documentario, si ritiene che il regime di assoluta inopponibilità delle eccezioni relative ai rapporti tra compratore e banca e
tra compratore e venditore (compravendita) sia funzionale alla tutela
ed alla realizzazione soltanto degli interessi di quest’ultimo. In realtà,
se si prende come riferimento una specifica ipotesi di credito documentario, ossia quello c.d. “differito”, si nota agevolmente che anche
gli interessi dell’ordinante sono assai tutelati: l’ordinante può normalmente disporre dei documenti e della merce senza avere ancora
versato la provvista, e ancora, la dinamica di tempi consente allo stesso
ordinante di verificare la regolare esecuzione del negozio di base in
fase antecedente l’escussione del credito20.
In realtà, la presenza della «clausola di differimento», nonostante le
divergenti opinioni, non ha fornito agli interpreti terreno sufficiente a
scardinare il principio di autonomia del rapporto di credito da quello
sottostante; le contrapposte opinioni hanno finito per confluire nel
più generale dibattito sulla frode21.
Soltanto una superficiale lettura dell’istituto del credito documentario, allo stesso modo di quella dell’addebito diretto, potrebbe portare a pensare che le banche siano maggiormente avvantaggiate da un
19
La frase virgolettata è di COSTA, «Astrattezza», cit., 107.
Il «credito differito» è contraddistinto dalla fissazione del termine di pagamento
del beneficiario in data successiva rispetto alla consegna dei documenti e
all’accertamento della loro «conformità» alle prescrizioni della lettera di credito; in alternativa, la decorrenza è talvolta prevista a partire dalla emissione di alcuni documenti,
come le polizze di carico: PURPURA, In tema di credito documentario differito, cit., 307 s.
21
Cfr. ancora PURPURA, ult. op. cit., 311 ss., il quale fornisce ampi ragguagli in merito
alle contrapposte opinioni in dottrina e giurisprudenza.
20
— 81 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
regime di più ampia opponibilità di eccezioni al beneficiario di uno
dei due istituti citati. Più in particolare potrebbe ritenersi che la disponibilità di un più ampio ventaglio di eccezioni tuteli meglio le banche, e di riflesso, l’interesse pubblico alla conservazione del patrimonio delle stesse. In realtà, l’interesse delle banche, senz’altro meritevole di tutela, non è tanto quello di porre eventuali eccezioni al beneficiario, in quanto gli strumenti della revoca dell’addebito ovvero del
rimborso costituiscono di per sé le eccezioni più importanti delle quali
dispone il debitore, senza necessità di mediazione alcuna da parte della propria banca, e costituiscono una valida soluzione a possibili frodi
o comunque a situazioni di conflitto. Più che altro, l’interesse della
banca può ravvisarsi nella possibilità di operare in un quadro di certezza che garantisca, in base a regole snelle e chiare, di sapere se essa paga bene, e di conseguenza, se potrà ottenere senza problemi la provvista da parte del proprio cliente pagatore, qualora questa non sia già
stata da esso fornita.
Dal punto di vista economico, quindi, è tendenzialmente indifferente per le banche una eventuale scelta normativa in favore dell’una
o dell’altra soluzione: se la copertura dell’operazione ed il pagamento
delle commissioni risultano garantite, la banca non avrà alcun interesse a sollevare eccezioni relative ai rapporti di base; tale interesse potrebbe sorgere, invece, a causa dell’insolvenza del debitore in caso di
operazione “allo scoperto”: per i problemi relativi al fallimento del debitore alla sopportazione del rischio si rinvia all’ultimo capitolo.
Dal punto di vista tecnico il discorso è ben diverso. Richiamando
quanto già detto supra22, va ribadito che le banche non possono venire
chiamate a svolgere compiti di accertamento della regolarità del credito, che non hanno alcun interesse a svolgere, né possono venir chiamate ad effettuare valutazioni di carattere giuridico sui rapporti di base, ai quali sono estranee. La banca infatti, ignora tutto ciò che riguarda il rapporto di valuta e che non è necessario conoscere ai fini del
corretto svolgimento del servizio di pagamento. A conferma di ciò sta
anche il fatto che la Direttiva 64 prima, e il d. lgs. 11/2010 poi, come
già spiegato, ignorano completamente le vicende del rapporto di valuta.
Le banche, ma tutto fa supporre che sarà così anche per gli istituti
di pagamento, non vogliono trovarsi coinvolte in possibili contestazioni relative al rapporto di base, contestazioni che oltretutto sarebbero
inutili in quanto in capo al debitore sussisterebbe comunque la possi22
Cap. I, par. 11.
— 82 —
L’ADDEBITO DIRETTO
bilità della richiesta di rimborso, entro le otto settimane dall’avvenuto
addebito. Da un punto di vista sistematico però occorre fare chiarezza
a prescindere dall’esistenza di tale strumento, e verificare se la banca
possa o debba opporre alcune eccezioni al beneficiario.
Nel paragrafo dedicato alle analogie con la delegazione non si è
esclusa aprioristicamente la possibilità per la banca di opporre la c.d.
eccezione di nullità della doppia causa, in quanto prima facie non v’è
alcuna ragione che consenta la disapplicazione dello schema delegatorio. Tuttavia, alla luce di un parallelismo non solo teorico, ma relativo
alla prassi, tra addebito diretto e credito documentario – che ha una
funzione di pagamento e allo stesso tempo una indiretta funzione di
garanzia del venditore contro eventuali inadempimenti del compratore23 – parallelismo al quale si aggiunge la concreta facoltà per il debitore nel Lastschrift di chiedere il rimborso dell’addebito, non paiono esservi ragioni per mantenere in capo alla banca la facoltà di esercitare
la sopraccitata eccezione di nullità della doppia causa, che andrebbe a
creare notevoli incertezze in capo al beneficiario, il quale non sarebbe
più sicuro, al momento dell’utilizzo del Lastschrift, di trovarsi dinanzi
ad uno strumento celere ed efficace di pagamento.
Ma andiamo con ordine.
Dal punto di vista dell’interesse degli istituti di credito è indubbio
che la soluzione preferibile sia quella che limita l’opponibilità delle
eccezioni a quelle relative alla irregolarità dei documenti ed ai rapporti diretti banca-beneficiario: la banca non può quindi andare oltre la
verifica esteriore della regolarità dei documenti presentati per il pagamento.
A questa prima considerazione si aggiunge il fatto che al debitore è
riservata una facoltà di regola non spettante nel credito documentario,
ossia quella del rimborso, di cui si è ampiamente parlato. Il debitore
non è dunque per nulla sprovvisto di tutele.
Le riflessioni che già nell’analisi della struttura del credito documentario vedevano maggiormente tutelato il venditore24 non hanno
impedito di rilevare che la stessa disciplina non era comunque sfavorevole al compratore, il quale preferisce affrontare i maggiori costi derivanti dall’assunzione in capo alla banca di un obbligo incondizionato
23
Per tutti cfr. COSTA, «Astrattezza», cit., 114.
Purtuttavia, non è mancato chi abbia giustamente sottolineato come anche il compratore sia tutelato, in quanto incarica un mandatario professionalmente qualificato,
cioè la banca, del ritiro dei documenti dietro pagamento del prezzo: in tal senso, E. GABRIELLI, Vendita su documenti, aliud pro alio, revoca del mandato e collegamento negoziale nella
vicenda del credito documentario, in Banca, borsa, tit. cred., 1985, II, 162.
24
— 83 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
di pagare, anche rispetto ad altri mezzi di pagamento internazionali
quali il bonifico, l’assegno, l’accettazione in proprio di tratte, l’incasso
documentario. Il momento dell’esame dei documenti svolto dalla banca costituisce di per sé una garanzia per lo stesso compratore, di non
cadere vittima di frodi orchestrate ai suoi danni (stando ovviamente
alla media dei casi)25.
La fattispecie, pur presentando elementi di differenziazione con
l’addebito diretto (specialmente per quanto concerne l’esame dei documenti comprovanti il credito, documenti che nell’addebito diretto
mancano, in quanto trattasi di un servizio di pagamento assimilabile in
sostanza ad un titolo di credito), ben può essere ripresa nell’ambito
del Lastschrift. In esso infatti, debitore-pagatore e creditore-beneficiario
concordano di affidare alla procedura di “scrittura di addebito” il pagamento relativo all’obbligazione derivante da un loro rapporto preesistente o contestuale all’azionamento della procedura medesima.
L’assenza di qualsivoglia possibilità, per le banche coinvolte, di contestazione relativa alle vicende del rapporto sottostante assimila questa
procedura all’istituto di cui al credito documentario. La possibilità per
il debitore-pagatore di esercitare il diritto di revoca o di rimborso
dell’addebito, effettuato dalla propria banca a favore del creditorebeneficiario, esonera la banca del debitore da qualsiasi possibile interesse concreto per essa di sollevare l’eccezione di nullità della doppia
causa, e questo, anche perché la banca stessa, come già si è avuto modo di esaminare supra, non ha alcuna materiale possibilità di verificare
l’esistenza di vizi relativi al rapporto sottostante. In questo senso, ben si
può affermare che l’addebito diretto rappresenta uno strumento di
pagamento astratto, alla stessa stregua del credito documentario26.
25
Sul punto, si leggano le considerazioni di PURPURA, Controllo, cit., 703, il quale, dopo aver segnalato che l’esame dei documenti svolto dalla banca costituisce, nell’ambito
dell’operazione di credito documentario, e rispetto agli interessi della medesima a vario
titolo implicati, un «momento decisamente “nevralgico”», precisa che l’importanza della
verifica di conformità dei documenti alla descrizione di essi contenuta nella lettera di
credito “rappresenta l’unica condizione cui è subordinata la promessa di pagamento (se
valida ed efficace) effettuata dalla banca”, una verifica, questa, che non sarà quindi condotta superficialmente, poiché da essa dipenderà il soddisfacimento del credito del venditore.
26
Probabilmente l’addebito diretto non incontrerà le stesse resistenze che ha incontrato, nell’ambiente giuridico italiano, l’affermazione della “insensibilità” del credito documentario alle vicende relative ai sottostanti rapporti di valuta e di provvista, riconducibili alla vigenza, nel nostro ordinamento, del c.d. «principio causalistico» (art. 1325 n. 2,
c.c.: giusta causa dell’attribuzione; art. 1462 c.c.: nullità delle clausole che escludono la
proponibilità di certe eccezioni); e questo perché, anzitutto, come accennato, l’istituto
— 84 —
L’ADDEBITO DIRETTO
La soluzione della inopponibilità delle eccezioni fondate sui rapporti intercorrenti tra il pagatore e il beneficiario, e tra il pagatore e la
banca di quest’ultimo, sembra realizzare un opportuno contemperamento degli interessi in gioco, anzi realizza interessi prevalenti di tutte
le categorie dei soggetti economici interessati, banche comprese. Ecco
perché la disciplina fin qui analizzata non può essere esaminata soltanto nell’ottica di questa o quella categoria di soggetti coinvolti.
L’esigenza primaria che pare costituire il fondamento della normativa
adottata in sede comunitaria e poi in sede di recepimento di
quest’ultima, in Italia, sembra infatti essere di più ampio respiro rispetto a quella della tutela di determinati interessi individuali, e va indicata
nella tutela del mercato, inteso come luogo nel quale si produce e si
scambia ricchezza. Nello specifico, curare l’aspetto della maggior speditezza di servizi di pagamento armonizzati entro il quadro comunitario, significa curare l’interesse generale sia del consumatore di tali servizi, sia dell’intera collettività, che tali servizi fruisce e tramite i quali
produce e scambia ricchezza27.
Se si tien conto che la problematica del commercio comprende anche quella della prassi degli scambi internazionali, ci si avvede facilmente di come le esigenze testé descritte risultino ancora più accentuate: certezza dei rapporti, linearità delle prassi degli istituti, necessità
di ridurre al minimo le contestazioni e le controversie, che andranno
semmai risolte in un momento successivo a quello in cui viene data attuazione al rapporto (si pensi anche alla possibilità dell’autorizzazione
dell’addebito successiva all’esecuzione ex art. 5, comma 3°, d. lgs.
11/2010), la tendenziale uniformità, infine della regolamentazione sul
piano internazionale, costituiscono dei presupposti imprescindibili per
il funzionamento dei meccanismi dello stesso commercio internazionale.
La scelta normativa operata con la Direttiva 2007/64/CE, di disciplinare analiticamente la materia dei servizi di pagamento, è stata cerdel Lastschrift è un servizio di pagamento assimilabile, quantomeno nello scopo che esso
persegue, più ad un titolo di credito che non ad una modalità di pagamento mediante
documenti a mezzo di banca (art. 1530 c.c.). Poi, v’è da aggiungere che lo strumento
della richiesta di rimborso dell’addebito in mano al debitore costituisce un potente mezzo per rendere inefficace l’intera procedura, mezzo che costituisce un notevole bilanciamento rispetto all’ampio margine concesso al beneficiario di godere di un pagamento
veloce e sicuro.
27
Sull’economia di mercato come sistema propulsivo dello sviluppo di tutto il sistema economico e come categoria interpretativa del diritto commerciale, v. il sempre attuale scritto di LIBERTINI, Il mercato: i modelli di organizzazione, in Tratt. dir. comm. e dir.
pubbl. dell’econ., diretto da Galgano, IV, L’azienda e il mercato, Padova, 1979, 337 ss.
— 85 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
tamente pilotata dal perseguimento di determinati interessi, i quali
devono costituire la chiave di lettura fondamentale delle norme nelle
quali tale scelta si è tradotta.
Alla luce di queste premesse, è ora possibile inquadrare la questione relativa all’opponibilità delle eccezioni da parte della banca nei
confronti del beneficiario, in primis quella eccezione c.d. di nullità della doppia causa, che ha sempre costituito il nucleo principale dello
schema delegatorio applicato a diverse fattispecie. Il ragionamento che
fa leva sull’applicabilità di questo tipo di eccezione parte dal presupposto in base al quale nel nostro ordinamento non sarebbero consentiti spostamenti patrimoniali privi di causa, che un addebito diretto ingiustificato potrebbe provocare. A parte la specificità di questo strumento di pagamento, è ormai pacifico che nel nostro ordinamento
siano ammessi contratti atipici nei quali si verifica uno spostamento
patrimoniale la cui causa va ricercata in altre fonti negoziali28.
La ricostruzione dottrinale, già autorevolmente criticata29, della delegazione ruotante attorno alle norme di cui agli artt. 1268 ss., fa leva
sulla asserita rilevanza sistematica di quest’ultima norma, cui si riconosce determinante forza qualificatoria del (presunto) tipo negoziale. In
realtà l’art. 1268 c.c. identifica esclusivamente una delle possibili applicazioni di uno schema di attribuzione patrimoniale non causalmente autosufficiente30 e non autonomo, alla cui integrazione concorre
soltanto il concorde riferimento al mandato contenuto nel negozio
obbligatorio concluso tra delegato e delegatario31. La disposizione
28
Non è qui possibile – né forse utile – ripercorrere le vicende relative all’annoso
problema della causa nell’ordinamento italiano: sul punto però, sia consentito rinviare a
BARILLÀ, Contratto autonomo, cit., 27 ss., 47 ss., e alla bibliografia ivi richiamata, anche per
l’analisi del concetto di negozio con causa esterna; cfr. pure PORTALE, Le garanzie, 19 ss.;
MARTINO, L’expressio causae, cit., passim; NAVARRETTA, La causa e le prestazioni isolate, Milano, 2000.
29
Ci si riferisce qui a GRASSO, Delegazione, cit., 155 ss.
30
Così GRECO, voce Delegazione, in Noviss. Dig. It., 1960, 328, il quale riconosceva nella
disposizione dettata dall’art. 1268 c.c. la regola di disciplina del “caso più diffuso, a cui
con tutta probabilità deve la sua origine il fenomeno delegatorio”; nello stesso senso
GRASSO, Delegazione, cit., 157, il quale afferma che “l’art. 1268 c.c. potrebbe avere esplicitamente previsto soltanto una delle possibili ipotesi di delegazione passiva (quella, presumibilmente più frequente nella pratica, in cui il delegante per mezzo della delegazione si prefigge di estinguere un suo debito con il creditore delegatario) senza perciò
escluderne altre”.
31
Cfr. PELLIZZI, L’assegno, Padova, 1964, 30 nt. 64, per il quale è proprio nel rapporto
che consente il conteggio – e, dunque, nel mandato – che deve rinvenirsi la causa
dell’obbligazione del delegato verso il delegatario.
— 86 —
L’ADDEBITO DIRETTO
dell’art. 1271, comma 3°, c.c.32 rende l’obbligazione assunta dal delegato verso il delegatario del tutto autonoma dai rapporti correnti tra
quest’ultimo ed il delegante33, negando, per questa ipotesi, allo schema delegatorio qualunque idoneità a produrre assunzione del debito
altrui34.
È stato fatto notare che la norma da ultimo citata non è completamente compatibile con la delegazione disciplinata dall’art. 1268 c.c.35:
quando diretta a produrre assunzione del debito altrui, la delegazione
determina, proprio ai sensi dell’art. 1268, comma 2°, c.c., lo spostamento del peso del debito di valuta dal vecchio al nuovo debitore verso il creditore, realizzando l’efficacia tipica dei negozi di assunzione,
per cui l’obbligazione del delegato non può non risentire delle vicende della valuta, dovendosi soltanto chiarire i limiti di rifluenza del rapporto di valuta sull’obbligazione assunta dal delegato verso il delegatario. Ma affermare ciò non vuol dire assegnare alla delegazione un assetto causale costante e tipico, bensì soltanto “selezionare, tra le regole
di disciplina, quelle regolanti una particolare ipotesi applicativa
dell’istituto”36.
Proprio perché si condivide l’autorevole opinione di chi ha destrutturato la delegazione37, negandone alla radice un problema di causa
32
G. GIACOBBE, D. GIACOBBE, Delegazione, espromissione, accollo, nel Comm. cod. civ. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1992, 57, i quali riconoscono che “il fulcro della disciplina
della delegazione si ritrova proprio nell’articolo (…) che regola la proposizione delle
eccezioni, per tutte le forme che la figura in esame può assumere”.
33
GRASSO, Delegazione, cit., 157, per il quale proprio la norma citata nel testo “evidentemente esclude la necessità che il delegato ponga sempre a causa del suo obbligarsi nei
confronti del delegatario anche l’estinzione del rapporto di debito del delegante”.
34
Per la teoria dello “schema negoziale neutrale” cfr. GRECO, Delegazione, cit., 328,
teoria alla quale aderiscono di recente G. GIACOBBE-D. GIACOBBE, Delegazione, cit., 8.
35
Così ALB. DONATI, Causalità, cit., 32.
36
Così si esprime LA PORTA, L’assunzione, 317, che così prosegue: “…come accade del
resto con riferimento ad altri istituti espressivi non già di negozi tipici ma di schemi di
operazioni giuridiche, con particolare riferimento, ad esempio, alla stipulazione a favore
di terzo, le cui regole di disciplina non sono tutte indistintamente riferibili alle diverse
ipotesi applicative dell’unico schema negoziale”.
37
PELLIZZI, L’assegno, cit., 30, il quale parlava piuttosto di “unitaria operazione negoziale”; cfr. pure GRECO, Delegazione, cit., 237, che ne parlava come di un “complesso di atti
giuridici”, aggiungendo (238) che con l’espressione delegazione “si suole poi intendere
la situazione o, se si vuole, la complessa ‘operazione’ plurilaterale che deriva dagli atti
del delegante...dalle corrispondenti adesioni degli altri due soggetti e dal seguito che
costoro vi danno entrando in una relazione diretta tra loro”. Di operazione plurilaterale
e complessa parla pure MAGAZZÙ, voce Delegazione, in Dig. Disc. Priv., sez. Civ., Torino,
1989, 157 s.
— 87 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
della stessa, posto, invece, soltanto con riferimento alle fasi in cui essa
si articola, si ritiene che alla fattispecie dell’addebito diretto qui analizzata non si debba applicare l’eccezione c.d. della nullità della doppia
causa, in quanto, pur presentando detto servizio di pagamento i caratteri dello schema delegatorio, esso va scomposto nelle fasi riconducibili ai suoi diversi rapporti. Ciò a maggior ragione, in quanto al debitorepagatore è riconosciuto dalla legge il diritto di richiedere il rimborso
della prestazione effettuata dalla banca delegata alla banca del beneficiario-delegatario, spostandosi in capo al soggetto delegante la facoltà
di opporsi al pagamento, e facendovi in tal modo rientrare la possibilità stessa per la banca delegata, che quindi non avrà più alcun interesse
in tal senso, di opporre eccezioni a quella del beneficiario-delegatario.
Nell’addebito diretto si deve quindi fare riferimento al rapporto delegante-delegato (da ricondurre all’area del mandato) ed a quello tra
quest’ultimo e il delegatario, causalmente fondato: il necessario richiamo all’incarico ricevuto dal delegante, operato al delegato all’atto
dell’assunzione dell’obbligazione di pagamento verso il delegatario,
viene, nell’addebito su iniziativa del creditore, per così dire “assorbito”
dalla circostanza che è quest’ultimo, tramite la propria banca, a richiedere l’esecuzione della prestazione alla banca del delegante, sulla
quale opera quindi una presunzione di rappresentanza degli interessi
del delegante stesso (il quale potrà rifiutarsi di avallare il pagamento
effettuato qualora sorgano problemi relativi anche a questo aspetto: v.
supra, cap. I). Si parla di presunzione in quanto non è esclusa l’ipotesi
nella quale la banca possa operare senza aver ricevuto un mandato da
parte del suo cliente. Il riferimento al mandato, quale fatto e non già
quale rapporto giuridico di provvista, permette la valida assunzione
dell’obbligazione verso il delegatario (e la sua imputazione alla sfera
giuridica del delegante) ma non consente, da solo, di riconoscere definitività all’attribuzione patrimoniale operata dalla banca delegata a
mani del creditore delegatario, tanto è vero che al debitore-delegante
è consentito di chiedere il rimborso del pagamento eseguito dalla
propria banca. Siccome il creditore, in entrambi i tipi di addebito diretto (i quali prevedono in ogni caso la conclusione di un Lastschriftabrede tra debitore e banca di questi: l’addebito una tantum prevede comunque che il pagatore invii al beneficiario il proprio IBAN affinché
questi possa incaricare la propria banca di effettuare l’addebito stesso), riceve il pagamento dalla banca del debitore per conto di
quest’ultimo, la legittima permanenza dell’attribuzione patrimoniale
effettuata in favore del beneficiario è giustificata soltanto dalla ricorrenza di una causa sufficiente a giustificarla nei rapporti col debitore,
— 88 —
L’ADDEBITO DIRETTO
al quale la prestazione della banca delegata è conteggiata. In questo
senso è innegabile che lo schema dell’addebito diretto riproponga i
tratti dell’operazione negoziale delegatoria, con la necessaria e fondamentale distinzione – secondo i già citati studi che parlano di delegazione destrutturata – che vede l’obbligazione della banca del pagatore come propria: il pagamento a richiesta del beneficiario trova la sua
fonte nel preesistente accordo quadro concluso col debitore, ma la
prestazione della banca, delegata di quest’ultimo, non contiene alcun
riferimento al rapporto di valuta, e ciò è tanto più vero sol se si pensa
alla facoltà concessa al debitore stesso di chiedere il rimborso del pagamento effettuato, a prescindere da particolari presupposti (cfr. art. 5
d. lgs. 11/2010). Tale facoltà risponde all’esigenza di evitare frodi da
parte di falsi beneficiari, e ben si identifica con lo schema di
un’operazione alla quale, nella sua immediatezza, mancano i connotati
della definitività38.
Alla distinzione appena accennata tra addebito diretto e delegazione pura si deve chiaramente aggiungere quella in base alla quale nella
prima operazione, per le ragioni esposte supra, alla banca del debitore
non sarà possibile opporre al beneficiario la c.d. eccezione di nullità
della doppia causa39. Queste due distinzioni, sicuramente alquanto rilevanti per determinare l’applicazione di uno schema in maniera integrale alla fattispecie dell’addebito diretto, consentono di accostare,
anche in base alle risultanze della prassi, quest’ultima operazione negoziale a quella oggetto di questo paragrafo, ossia il credito documentario irrevocabile, così come esso è stato ridisegnato dalla più attenta
dottrina italiana e internazionale.
3. L’inopponibilità delle eccezioni fondate sui rapporti sottostanti. L’eccezione di
compensazione. Le eccezioni nel rapporto interbancario.
L’analisi finora condotta ha portato al risultato di un inquadramento dell’addebito diretto nell’ambito dello schema delegatorio, senza
però che si debba considerare applicabile l’intera disciplina delle eccezioni previste dalla delegazione c.d. pura, e in particolare
38
Lo scadere del termine per chiedere il rimborso rende l’operazione definitiva, salva la possibilità di esercitare l’exceptio doli fuori dai casi previsti dalla legge: cfr. supra, cap.
I, par. 4.
39
Non si ritiene di accogliere qui l’opinione di G. GIACOBBE, D. GIACOBBE, Delegazione,
57, i quali riconoscono che “il fulcro della disciplina della delegazione si ritrova proprio
nell’articolo (…) che regola la proposizione delle eccezioni, per tutte le forme che la
figura in esame può assumere”.
— 89 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
l’eccezione c.d. di nullità della doppia causa. Questa prima conclusione ha costituito la base per un’indagine più ampia che, partendo dal
dato tipizzante fornito dall’utilizzo esclusivo dell’addebito diretto nella
prassi bancaria, è arrivata ad identificare questo servizio di pagamento,
nei suoi caratteri principali, come strumento dotato di un alto grado
di “astrazione”40, teso a realizzare l’immediato soddisfacimento del
credito del beneficiario. Questi tratti sono, come si è visto, caratterizzanti lo strumento del credito documentario irrevocabile.
Per quanto riguarda le eccezioni relative al rapporto sottostante, la
disciplina del credito documentario offre sicuramente notevoli spunti
per una sua possibile applicazione all’addebito diretto. Già si è detto
che la Direttiva 2007/64/CE non menziona minimamente il rapporto
tra procedura di addebito diretto e rapporto di valuta: le riflessioni
operate nell’ambito del credito documentario sono dunque a maggior
ragione degne di attenzione.
L’ipotesi in cui sia nullo il rapporto sottostante (nel caso particolare
del credito documentario, sarà il rapporto di compravendita) era stata
avanzata come possibilità per la banca del venditore di eccepirla al
momento della richiesta di pagamento, ma non ha trovato accoglimento né nella maggioranza della giurisprudenza teorica, così come
nemmeno in quella pratica41. La regola della inopponibilità, nel credito documentario irrevocabile o confermato, delle eccezioni relative al
rapporto di valuta è, infatti, secondo la dottrina più attenta alla prassi
internazionale, posta a tutela del venditore per proteggerlo non solo
contro pretestuose eccezioni del compratore o della banca di questi,
ma anche contro tutta una serie di rischi “atipici” presenti proprio nel
commercio internazionale42.
Ebbene, le considerazioni che qui ci si è limitati a riprendere per
quello strumento di pagamento, non pare possano essere disattese per
l’addebito diretto. Questo infatti è uno strumento che nasce nella
40
Sul punto v., da ultimo, le puntuali considerazioni di DE STASIO, Operazione di pagamento, cit., cap. III, par. 7, il quale, con riferimento alle operazioni di addebito diretto
e alla disciplina del rimborso, relativamente all’obbligo di verifica del prestatore di servizi
in ordine alla corrispondenza dell’operazione di pagamento ai termini
dell’autorizzazione del pagatore, entro i limiti normativi e contrattuali entro i quali, ai
sensi degli artt. 13 e 14 d.lgs. 11/2010, si appunta tale verifica, con conseguente possibilità per il pagatore di richiedere il rimborso, afferma trattarsi di «un incarico di natura
strettamente “documentale”, da eseguirsi con la medesima diligenza dovuta, ad es., nella
verifica del credito documentario, ma senza entrare nel merito delle operazioni», e ancora, che in “tali termini può parlarsi di vera e propria autonomia (o astrazione)”.
41
Ne riferisce COSTA, «Astrattezza», cit., 131.
42
Per tutti cfr. i citati scritti di PURPURA, fra i più aggiornati.
— 90 —
L’ADDEBITO DIRETTO
prassi bancaria (e resta “confinato” ad essa per lungo tempo, ossia fino
all’approvazione della Direttiva CE) per consentire al creditore beneficiario di ottenere il pagamento di un’obbligazione, senza dover ricorrere alla modalità del contante, e senza al tempo stesso fare ricorso ad
un sistema di carte (siano esse di debito o di credito) che presuppongono l’adozione di particolari tecnicismi. La circostanza della mancata
menzione, nella Direttiva, del rapporto di valuta tra pagatore e beneficiario, può senz’altro essere un indizio del fatto che l’addebito diretto
non deve subire condizionamenti da esso derivanti, se si tien conto,
come si è avuto modo di dire più volte, che lo strumento principe in
mano al debitore per opporsi a pagamenti che egli ritenga non dovuti,
è quello del rimborso, che può essere chiesto anche e particolarmente
per operazioni già autorizzate dal debitore stesso.
Per i motivi anzidetti, non pare che sia possibile consentire alla
banca del debitore sollevare le eccezioni relative al rapporto di provvista, in particolare quelle relative alla fornitura della provvista alla banca, ma anche l’invalidità, originaria o sopravvenuta, del rapporto di
provvista stesso. L’apertura di un conto per il pagamento al beneficiario-creditore estingue di regola, anche in assenza di un valido jussum,
un debito verso questi dell’ordinante. La iusta causa accipiendi del beneficiario è comprovata dalla autorizzazione rilasciata dal debitorepagatore (qualora sia già avvenuta), e la banca che si è obbligata non
potrà rifiutare il pagamento: se lo ha già eseguito non potrà ripeterlo
(quantomeno, non immediatamente), ma dovrà prima rivolgersi al
debitore per “conteggiargli” quanto pagato.
Qualche dubbio si può porre per quanto riguarda l’opponibilità di
eccezioni relative ai rapporti personali tra la banca del debitore e il
beneficiario creditore. In particolare si pensi all’eccezione di compensazione, qualora la banca sia creditrice di quest’ultimo. La Direttiva
2007/64, così come il d. lgs. 11/2010, non dispongono nulla in merito.
Non pare una eccezione che la banca del debitore-pagatore possa
opporre al beneficiario (recte: alla banca di quest’ultimo), per le seguenti considerazioni.
Anzitutto, l’eccezione di compensazione si inserirebbe nell’ambito
di una operazione a schema quadrilatero, quale l’addebito diretto,
operazione che, come si è visto nel corso del presente studio, non può
che essere scomposta nei singoli rapporti giuridici indipendenti tra loro. La possibilità di opporre l’eccezione di compensazione non terrebbe conto del fatto che la banca del debitore si è obbligata a pagare
sì in nome proprio, ma per conto di quest’ultimo, in quanto egli ha
autorizzato il proprio creditore ad utilizzare detto servizio di pagamen— 91 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
to per estinguere una obbligazione intercorrente tra loro. Potendo invece opporre la compensazione di un proprio credito verso il beneficiario, la banca del debitore introdurrebbe un elemento di estraneità
alla Leistungskette scaturente dall’addebito diretto, tale per cui
l’obbligazione nascente dal rapporto principale non verrebbe estinta e
l’intero scopo dell’operazione verrebbe in tal modo vanificato per via
di un elemento ad essa estraneo.
Le considerazioni formulate per il caso del credito documentario
nel senso della inopponibilità dell’eccezione di compensazione da parte della banca verso il beneficiario, sia pure nella diversità di quello
strumento dall’addebito diretto, consentono comunque di concludere
che per questo tipo di operazioni negoziali con funzione di pagamento non sia possibile l’ingresso di eccezioni a carattere personale tra la
banca del debitore e il beneficiario, pena il vanificarsi dello scopo per
il quale detti strumenti sono stati congegnati43.
Altra questione è quella relativa alla cessione del credito da parte
dell’originario beneficiario e alla possibilità per il pagatore di eccepire
la compensazione di un suo credito verso il cessionario. Non paiono in
ciò esservi particolari problemi, posto che non si tratta a ben vedere di
vicende relative all’addebito diretto, quanto piuttosto relative al credito ceduto e vanno dunque risolte alla luce dei principi in tema di cessione: tenuto conto che il debitore ceduto può opporre al cessionario
le eccezioni relative al suo rapporto col cedente, anche nel caso in cui
la modalità di pagamento sia affidata all’addebito diretto, il debitorepagatore ben potrà opporre al nuovo beneficiario la compensazione di
un suo controcredito nei confronti del cedente44.
Le conclusioni anzidette in ordine alla assoluta irrilevanza dei vizi e
delle vicende del rapporto di provvista ai fini della sussistenza
dell’obbligo della banca di pagare al beneficiario in base alla semplice
presentazione del modulo di addebito devono tener conto della presenza della banca del beneficiario. Quest’ultima è il soggetto che materialmente inoltra alla banca del debitore-pagatore la richiesta di addebito, ed è quindi ad essa che eventualmente andranno opposte le
43
Nel senso di cui nel testo, COSTA, «Astrattezza», cit., 153 s.; per l’ammissibilità di tale
eccezione nel credito documentario, cfr. invece CANARIS, Bankvertragsrecht, cit., Rdn.
1009; von WESTPHALEN, Rechtsprobleme der Exportfinanzierung, 1987, Heidelberg, 140; in
tema di garanzie bancarie cfr. PORTALE, Le garanzie, cit., 74 s., il quale ammette
l’eccezione in questione, distinguendo però quei casi nei quali sia presente la clausola di
pagamento con esclusione di tutte le eccezioni: per aggiornamenti in diritto italiano e
tedesco v. BARILLÀ, Contratto autonomo, cit., 116 s., 135 ss.
44
È quanto ha stabilito l’OLG Dresden, 30 giugno 2005, in www.justiz.sachsen.de
— 92 —
L’ADDEBITO DIRETTO
eccezioni relative al rapporto di provvista, a cui andranno aggiunte
quelle relative al rapporto interbancario. Il primo tipo di eccezioni in
realtà non potrà riferirsi al rapporto tra debitore e propria banca, la
quale si assume l’obbligazione di pagamento come propria: lo strumento dell’addebito diretto è stato congegnato proprio per tenere la
sfera giuridica del beneficiario indenne dalle vicende interne tra debitore e banca di questi.
Riguardo al rapporto interbancario, le riflessioni concernenti
l’opponibilità dell’eccezione di compensazione vanno riprese e ad esso
adattate: il rapporto in questione vede la banca del debitore-pagatore
“azionata” da quella del creditore-beneficiario per soddisfare un credito di quest’ultimo. Il pagamento avviene da parte della banca del debitore, la quale di norma addebiterà la somma sul conto corrente del
proprio cliente: potrebbe però addurre alla banca del beneficiario
l’esistenza di un proprio credito in compensazione verso quest’ultima?
In linea di principio non vi sono ostacoli a questa possibilità; piuttosto
è la sua utilità pratica che sarebbe alquanto scarsa, posto che la banca
del debitore anzitutto addebita la somma sul conto del proprio cliente,
mentre ove essa scegliesse di eccepire la compensazione con un controcredito vantato verso la banca del beneficiario, dovrebbe poi riequilibrare la situazione del proprio cliente, per conto del quale è chiamata ad operare.
4. Le ricostruzioni operate dalla dottrina tedesca.
Nell’ordinamento tedesco, nel quale si è comunque ampiamente
sviluppato, è tuttora controverso l’inquadramento sistematico
dell’addebito diretto, principalmente per quanto riguarda la variante
dell’Einzugsermächtigungsverfahren. La dottrina tedesca è senza dubbio
quella che più s’è occupata del problema, non senza cadere in ricostruzioni eccessivamente complicate e forse talvolta artificiose. Sarà
tuttavia utile ripercorrere le problematiche e i risultati cui essa negli
anni è pervenuta.
Le opinioni in merito alla natura dell’ordine di pagamento impartito dal debitore si sono potute raggruppare nel tempo in due grandi
sottogruppi: le teorie autorizzatorie in senso stretto (Befugnistheorien) e
la teoria della concessione (Genehmigungstheorie)45. Preliminarmente
45
Ex multis: JACOB, Die zivilrechtliche Beurteilung, cit., 22 ss.; ZSCHOCHE, Die dogmatische
Einordnung, cit., 69 ss.; HEERMANN, Geld und Geldgeschäfte, cit., Rdn. 18 ss., 246 ss.; WERNER,
Die Lastschrift, cit., Rdn. 19 ss., 209 ss.; recentemente, in chiave critica, LANGENBUCHER,
— 93 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
però occorre fare un cenno all’addebito su iniziativa del debitore,
operazione come si è detto assai meno utilizzata e la cui qualificazione
giuridica resta pure controversa. C’è chi ha ravvisato in esso lo schema
del contratto a favore di terzo, ma la ricostruzione sembra ormai desueta e abbandonata dai moderni commentatori46. E ciò sia per una
ragione legata alla stessa struttura dell’addebito diretto, che non vede i
due soggetti del rapporto di base avere rapporti giuridici diretti con le
banche delle rispettive controparti, ma soprattutto per
l’inquadramento dell’ordine dato dal debitore alla propria banca. Tale
ordine non costituisce infatti un negozio giuridico autonomo, ma altro
non sarebbe se non una direttiva impartita nell’ambito del più ampio
rapporto di conto corrente. Il creditore non ha quindi una pretesa
azionabile direttamente nei confronti della banca del debitore; sussiste
piuttosto una legittimazione della banca del debitore ad accettare determinati addebiti avanzati dal creditore per il tramite della propria
banca. Dopo che la banca del debitore abbia accettato l’addebito, è
esclusa la retrocessione, in quanto la banca del creditore è obbligata a
restituire solo quegli addebiti che non sono stati accettati47.
Tornando alle teorie poc’anzi menzionate sulla natura dell’ordine
del debitore nell’addebito su iniziativa del creditore, e cominciando
dal primo gruppo, si ha la teoria della autorizzazione (Ermächtigungstheorie, il cui schema è stato ripreso dalla Direttiva europea, come si
vedrà infra), che poggia sul § 185, comma 1°, BGB, il quale dispone che
se un atto di disposizione è compiuto da chi non ha titolo per compierlo, esso è valido, qualora sia posto in essere con l’autorizzazione
del titolare48. Il debitore autorizzerebbe così il creditore a rilasciare
Zeit für einen Abschied von der Genehmigunstheorie bei der Lastschriftabzahlung?, in Festschrift für
Karl Peter Mailänder, Berlin, 2006, 21 ss.
46
Ne riferiscono ZSCHOCHE, Die dogmatische Einordnung, cit., 74 s., il quale riporta
l’opinione di Franke, già all’epoca (1981) considerata non percorribile, e WERNER, Die
Lastschrift, cit., Rdn. 54, 220; v. però le utili considerazioni di ordine sistematico mosse da
CORRIAS, Garanzia pura, cit., 481 ss., il quale, muovendo dall’analisi dell’incarico a prestare garanzia (il c.d. consenso al conteggio), si sofferma sullo schema delegatorio, rinvenendone i tratti caratteristici nel più generale schema negoziale del “contratto con prestazione al terzo”, che certamente non può dirsi estraneo al modello dell’addebito diretto.
47
Cfr. sez II n° 3 del LSA.
48
CANARIS, Bankvertragsrecht, cit., Rdn. 532; ID., Der Bereicherungsausgleich im bargeldlosen
Zahlungsverkehr, in WM, 1980, 361 ss.; BADDE, Vertrag mit Schutzwirkung für Dritte im Lastschriftabkommen der Banken, Münster, 1979, 11; MÜTZE, Das Fehlerrisiko, cit., 40; recentemente LOHMANN, Die grenzüberschreitende Lastschrift, Berlin, 2008, 106 ss., ripercorre le teorie elaborate dalla dottrina tedesca sotto una luce critica, facendo notare, per quanto
— 94 —
L’ADDEBITO DIRETTO
una sorta di incarico di addebito nei confronti della propria banca,
con efficacia in capo a sé medesimo. In base a detta autorizzazione, il
creditore sarebbe così giuridicamente titolato a impartire l’ordine alla
banca del debitore. Dopo l’entrata in vigore della legge tedesca sul
bonifico bancario del 1999 che comportò anche l’inserimento di
un’apposita sezione nel BGB, in base al § 676a (secondo la vecchia
formulazione in vigore fino al 31 ottobre 2009), l’incarico in questione
andava inquadrato nello schema del contratto di commissione49. Ora,
dopo il recepimento della Direttiva 2007/64, la qualificazione giuridica di questo rapporto è mutata e si è in presenza di un contratto di
servizio di pagamento (Zahlungsdienstevertrag: § 675f BGB).
Proseguendo nella disamina delle varie impostazioni, v’è poi la teoria della procura (Vollmacht), secondo la quale il debitore rilascerebbe
al creditore per l’appunto una procura (parziale) all’accredito sul conto del beneficiario di una distinta somma50. Questa ricostruzione si differenzia da quella precedente per il fatto che il beneficiario, tramite
l’atto giuridico emesso dal debitore, non sarebbe “autorizzato” ma
espressamente delegato51 all’esercizio del diritto a impartire istruzioni
alla banca del debitore (ai sensi dei §§ 665 e 675, comma 1°, BGB), diritto, questo, che non sarebbe esercitato dal beneficiario in nome proattiene alla Ermächtigungstheorie, che quando questa nacque, il conferimento dell’incarico
a rilasciare un bonifico veniva inquadrato nel diritto tedesco allora vigente sotto il § 665
BGB disciplinante l’incarico conferito a terzi. Dal momento però dell’entrata in vigore
della legge sui bonifici bancari del 14 agosto 1999 di cui si tratta anche nel testo, è necessaria la conclusione di un autonomo contratto di bonifico tra ordinante e istituto di credito ordinatario, di tal che l’incarico di bonifico sarebbe da intendersi come proposta a
concludere un contratto di bonifico [su questo v. anche NOBBE, Neuere Rechtsprechung zur
Banküberweisung und zum Bereicherungsausgleich im bargeldlosen Zahlungsverkehr, in Hopt,
Früh (a cura di), Bankrecht 2004, Tagungsband zum RWS-Forum am 15. und 16. November
2004 in Berlin, Köln, 2005, 1, 4].
49
Si avrebbe quindi il creditore come delegato del debitore: così LOHMANN, ult. op.
cit., 107, il quale ricorda che questo contratto è preordinato a mettere a disposizione del
beneficiario una distinta somma di danaro, sul conto di quest’ultimo: dovendosi applicare la teoria di Canaris anche dopo l’entrata in vigore della nuova legge sui bonifici, si dovrebbe ritenere che mediante questo contratto il debitore autorizza il beneficiario a concludere il negozio di accredito con la banca del primo soggetto (Zahlstelle), ma questo
secondo l’a. stesso porterebbe ad un’inammissibile autorizzazione obbligatoria (Verpflichtungsermächtigung). La norma in questione è stata ora sostituita dalle norme in tema di
servizi di pagamento richiamate nel testo. Al bonifico si applicano ora le norme transitorie previste dall’art. 228 EGBGB.
50
WERNER, Die Lastschrift (versione del 2004), cit., Rdn. 22, 59; JACOB, Die zivilrechtliche
Einordnung, cit., 23.
51
Ex § 167, comma 1°, BGB, rubricato Erteilung der Vollmacht (conferimento della procura).
— 95 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
prio, bensì in nome del debitore, che resta così colui il quale dà avvìo
alla procedura. Con la consegna del modulo di addebito alla propria
banca, il beneficiario la incarica di incassare la somma dovutagli dal
debitore-ordinante; al contempo detto modulo contiene la già menzionata delega attribuita al beneficiario stesso, con la quale egli ordinerà alla banca del debitore di effettuare l’accredito della somma, conteggiandola sul conto corrente dell’ordinante-debitore. Nell’ambito di
questo procedimento, il negozio di mandato del debitore (verso la
propria banca) ad effettuare l’addebito invece è stato inquadrato come
incarico, inizialmente non autorizzato ma destinato ad esserlo in un
momento successivo dal debitore, una volta che la banca del beneficiario abbia proceduto con l’addebito presso la banca del debitore stesso
– da qui la possibilità in capo a quest’ultimo di rifiutare
l’autorizzazione52. Questa teoria risulta particolarmente artificiosa là
dove ricostruisce l’esistenza di una procura conferita dal debitore al
beneficiario: l’istituto in questione non è in realtà presente né lo si
può rinvenire per fatti concludenti, perché il debitore non incarica in
alcun modo il beneficiario, bensì gli rilascia semplicemente una autorizzazione all’addebito.
Comune a entrambe le procedure è, a prescindere dalla sua qualificazione giuridica, la circostanza del rilascio, da parte del debitore al
beneficiario, di una autorizzazione scritta all’addebito della somma oggetto dell’obbligazione sottostante. Il beneficiario dovrà concludere
un mandato all’incasso (Inkassovereinbarung) con la propria banca, che
consenta a quest’ultima di accedere alla procedura di addebito diretto.
Le condizioni generali delle casse di risparmio tedesche contengono al
proposito una sola clausola sulla possibilità di revoca (Widerspruch, più
correttamente: rifiuto) del pagatore, revoca che – stando alle citate
condizioni generali – dev’essere dichiarata immediatamente53. La disciplina europea ha ormai reso inefficaci queste clausole (consentendo
una possibilità di rimborso entro otto settimane dall’addebito), la cui
validità era peraltro già discussa nel vigore della precedente normativa
in Germania.
Nel caso però di procedimento in cui manchi un esplicito mandato
all’addebito da parte del debitore alla propria banca (anche nella
forma della già citata Vorautorisierung), si avrà che essa procederà
52
Autore di questa ricostruzione è HADDING, Zur zivilrechtlichen Beurteilung des Lastschriftverfahrens, in Festschrift für Bärmann zum 70. Geburtstag, München, 1975, 375.
53
Da ciò non si può però ricavare l’assunto in base al quale un pagamento non immediatamente revocato dal cliente, sia sempre autorizzato: lo rileva LANGENBUCHER, Die
Risikozuordnung, cit., 185 nt. 838.
— 96 —
L’ADDEBITO DIRETTO
all’addebito stesso senza autorizzazione espressa del proprio cliente,
ma solo sulla base di un ordine proveniente dal beneficiario. Solo nel
momento successivo in cui il debitore non eserciterà il proprio diritto
alla revoca o al rifiuto dell’addebito eseguito, si avrà una sorta di silenzio-assenso all’addebito già effettuato. Un mancato esercizio che renderà efficace quell’operazione di addebito, fino a quel momento sottoposta ad una condizione sospensiva54. Tornando alla Vollmachtstheorie,
l’idea che vi sta alla base è che l’autorizzazione nei confronti del beneficiario ne consenta un attivo utilizzo, che dispieghi efficacia sul rapporto di provvista. L’autorizzazione fonderebbe una legittimazione
concorrente ad impartire ordini, in capo al beneficiario, sul conto del
debitore, là dove la banca del beneficiario stesso avrebbe un ruolo di
mera mandataria di quest’ultimo.
A differenza che nella teoria dell’autorizzazione, qui il beneficiario
non viene incaricato dall’ordinante-debitore di esercitare in nome
proprio un diritto di impartire ordini di pagamento alla banca di
quest’ultimo, bensì viene investito del potere di rilasciare l’ordine in
nome del debitore.
La teoria dell’autorizzazione, contrariamente a quella già criticata
della procura, ha senz’altro il pregio di prendere alla lettera e trasporre su di un piano giuridico la fattispecie che s’instaura tra debitore e
creditore, tale per cui quest’ultimo è autorizzato ad addebitare la
somma sul conto corrente del primo, senza ulteriori ricostruzioni dal
fragile fondamento giuridico. Eventuali problemi di regresso della
banca del debitore si potrebbero risolvere con facilità, poiché questa si
può richiamare immediatamente all’autorizzazione rilasciata al creditore.
A dire il vero sono altri i problemi che paiono di difficile inquadramento, se non altro da un punto di vista sistematico; il primo di
questi è la possibilità, concessa al debitore, di rifiutare l’addebito anche in assenza di qualsiasi giustificazione55: la banca del debitore sarebbe infatti secondo questa teoria, immediatamente legittimata a pagare alla banca del creditore, e in presenza di addebito conforme al
rapporto di valuta, non vi sarebbe più spazio per alcuna revoca. Le
banche tedesche invece hanno sempre consentito al debitore di poter
54
HADDING, ult. op. cit., 384 ss., 388 ss.; ZSCHOCHE, Die dogmatiche Einordnung, cit., 69;
questo delicato momento temporale è al centro di numerose decisioni della giurisprudenza pratica, con specifico riferimento al problema – che in questa sede ora non è possibile trattare e per la quale si rinvia al cap. IV – del fallimento del debitore e alla possibilità per il curatore fallimentare di rifiutare gli addebiti comunicati dal beneficiario.
55
Il problema è segnalato tra gli altri da van GELDER, Bankrecht, cit., § 57, Rdn. 29.
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GIOVANNI B. BARILLÀ
chiedere il rimborso fino a sei settimane dall’avvenuto addebito, e ora
com’è noto la nuova disciplina di armonizzazione concede fino a otto
settimane di tempo (in Italia, nell’ambito della procedura RID, il tempo concesso per la revoca era di soli cinque giorni, circostanza questa
che avvicinava la procedura nostrana all’inquadramento poc’anzi richiamato per la Germania).
Ma questa obiezione non sembra in realtà decisiva per contrastare
la teoria dell’autorizzazione, perché, così come la banca del debitore
riceve l’ordine di effettuare l’accredito sul conto del creditore, può
ben ricevere, come in effetti riceve, un ordine di contenuto esattamente opposto (la revoca) col quale il debitore non acconsente ad attribuire efficacia definitiva alla procedura di addebito. La banca, finché ne
avrà la possibilità, avrà lo stesso obbligo di rispettare le istruzioni provenienti dal suo cliente, e quindi revocherà l’operazione che aveva avviato in precedenza. Detta ricostruzione potrebbe apparire artificiosa,
mentre in realtà è esattamente rispondente a quanto avviene nella
prassi: il debitore se vuole opporsi all’addebito deve farlo espressamente mediante Widerspruch (rifiuto), atto che neutralizza l’ordine di addebito avvenuto ad opera del beneficiario. In base alla disciplina europea, tecnicamente non si tratta più di un rifiuto (che però continua a
chiamarsi tale nel Lastschriftabkommen recentemente approvato) ma di
una richiesta di rimborso: che altro non è, in realtà, se non un rifiuto
dell’addebito eseguito.
Non sono poi state risparmiate critiche nemmeno alla teoria c.d.
della concessione (Genehmigungstheorie), a partire anzitutto dal piano
dell’inquadramento dell’addebito diretto. La funzione di quest’ultimo
verrebbe ridotta, si è detto, a quella di creare la mera disponibilità di
una somma di danaro in capo al creditore senza alcuna garanzia per
quest’ultimo56. Spunti interessanti però, detta teoria ne ha forniti. In
base ad essa, la banca del debitore, nel caso di operazione una tantum,
effettua l’addebito sul conto di quest’ultimo non a motivo di
un’istruzione impartita dal creditore, bensì solo ed unicamente per via
di un ordine della banca di questi. Né l’addebito diretto né l’incarico
di addebito (su iniziativa del debitore) nelle due forme rispettivamente esaminate, costituirebbero secondo la teoria qui considerata il fondamento di un valido motivo giuridico per il creditore, per impartire
56
La Genehmigungstheorie è stata sviluppata soprattutto da HADDING, Zur zivilrechtlichen
Beurteilung, cit., passim; ampie critiche di carattere sistematico per il diritto tedesco sono
state principalmente formulate da ZSCHOCHE, Die dogmatische Einordnung, cit., 69 ss., 73 ss.
Per una sua rivalutazione, v. ora WERNER, Die Lastschrift, cit., Rdn. 18 ss., 209 ss.
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L’ADDEBITO DIRETTO
istruzioni alla banca del debitore (da qui anche le critiche alla teoria
in questione). Nel primo caso, la banca effettua l’addebito sul conto
del debitore suo cliente, senza l’ordine di questi e persino senza
l’ordine del creditore autorizzato ovvero al quale sia stata conferita alcuna procura; ecco perché ci troveremmo di fronte ad un pagamento
che nei confronti del debitore è provvisoriamente inefficace, e che potrà diventare efficace nel momento in cui il debitore lo autorizzerà, o
meglio, lo ratificherà. Ed ecco perché un rifiuto (o revoca)
dell’operazione avvenuta sarà sempre possibile sino al momento di
detta autorizzazione: tale revoca (Widerspruch) null’altro sarebbe se
non il rifiuto dell’autorizzazione (recte: concessione). Sotto questo profilo (ma probabilmente soltanto qui), la ricostruzione in questione coglie sicuramente nel segno. Nel caso di Abbuchungsauftragsverfahren invece, il rifiuto in questione non è possibile, poiché il debitore ha rilasciato al proprio istituto di credito una procura generale al pagamento
di tutti gli ordini di addebito pervenuti dal creditore, così da essere
l’autorizzazione già a monte di qualsiasi operazione che seguirà57.
Secondo altra impostazione, la banca del debitore sarebbe legittimata e obbligata ad effettuare l’addebito della somma dedotta nel Lastschrift provvisorio58. Gli effetti pratici delle due teorie non presentano
di fatto differenze. Tornando a quanto detto supra a proposito della
c.d. teoria della procura (Vollmachtstheorie), bisogna dare atto, anche
alla luce degli ultimi cenni alle altre ricostruzioni, che in realtà al momento della presentazione del Lastschrift, non è chiaro se il beneficiario agisca anche in nome del debitore; anzi in ciò par di ravvisare un
agire in nome proprio, tale da escludere sostanzialmente una rappresentanza. Ma l’esclusione di una ricostruzione dell’atto giuridico del
beneficiario in chiave di mandatario con procura ad agire in nome e
per conto del debitore ordinante non deve portare a dimenticare
l’altra sfera coinvolta nell’operazione economica che qui si analizza,
ossia il rapporto interbancario. Entrambe le banche coinvolte nella
procedura di addebito diretto sanno infatti che il soggetto beneficiario
che presenta il modulo di addebito, agisce in quanto il debitore ha dato il via a detta operazione economica, ed ha acconsentito (possibilità
di revoca inclusa) all’addebito sul proprio conto corrente.
Da un punto di vista strettamente teorico, non vi sarebbero elementi ostativi alla teoria della procura, sol che si prenda in considerazione
l’ipotesi del mandato compiuto anche nell’interesse del mandatario:
57
58
HADDING, ult. op. cit., 375 ss.; JACOB, Die zivilrechtliche Einordnung, cit., 25.
HEYMANN/HORN, Komm. Handelsgesetzbuch, Berlin, 2005, § 372, Rd. 54, 56.
— 99 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
in Italia espressamente contemplato all’art. 1723 c.c.; in Germania è
stato invece richiamato il § 181 BGB (Insichgeschäft), che contempla la
possibilità da parte del mandatario di concludere anche negozi in nome proprio, qualora sia stato acciò autorizzato dal mandante; mediante detto negozio il mandatario deve però adempiere ad
un’obbligazione esistente nei suoi confronti59.
Il soggetto (beneficiario) che presenta il modulo di addebito si
identificherebbe in tal modo con il rappresentante del debitore, e con
l’incasso della somma a mezzo della propria banca adempirebbe così
ad una obbligazione che quest’ultimo (debitore) ha nei suoi confronti
(creditore). Non è difficile ravvisare in questa operazione, piuttosto
che quello della rappresentanza, lo schema della delegazione di pagamento (sulle cui problematiche si rinvia al par. 1 di questo capitolo);
le difficoltà di conciliazione dello schema della rappresentanza con la
disciplina dell’addebito diretto emergono infatti, ove si cerchi di mantenere in capo al debitore la possibilità di effettuare la revoca del pagamento fino al momento in cui questo diventi definitivo. Un mandato di questo tipo sarebbe infatti da concepire esclusivamente in rem
propriam, e come tale irrevocabile. In questo senso, la possibilità di rifiuto esercitabile sempre e comunque entro sei – ora otto – settimane
dall’avvenuto addebito, cozzerebbe secondo alcuni contro la costruzione del pagamento in chiave di procura, costruzione che va pertanto
respinta60.
Il § 317 BGB offre una possibilità di inquadramento dell’autorizzazione all’incasso come diritto di determinare la prestazione (Leistungsbestimmungsrecht), che discenderebbe dal contratto quadro esistente
tra debitore e creditore e che comprenderebbe in sé un tacito accordo
in base al quale quest’ultimo ha l’autorizzazione (Befugnis) a determinare una parte della prestazione del debitore. Tramite il rilascio
dell’autorizzazione all’incasso discenderebbe così la legittimazione e
dunque l’obbligo della banca del debitore di accettare Lastschrift di
qualsiasi ammontare. Qualora si fosse in presenza di frode
nell’autorizzazione ottenuta dal creditore, la facoltà di revoca e di rifiuto fungerebbe in tal modo da correttivo61.
59
WERNER, Die Lastschrift (versione del 2004), cit., Rdn. 24, 245; per i commenti alla
norma citata cfr. PALANDT-HEINRICHS, Kommentar zum BGB, München, 2011, § 181, Rd.
22.
60
WERNER, op. loc. cit., Rdn. 24, 246.
61
ZSCHOCHE, Die dogmatische Einordnung, cit., 77 ss.; WERNER, op. cit. (versione del
2004), Rdn. 27, 246 s.
— 100 —
L’ADDEBITO DIRETTO
Ma l’ostacolo a tale ricostruzione sta nel fatto che il creditore non
ha alcun rapporto giuridico con la banca del debitore, la quale riceve
il modulo di addebito non dal beneficiario, bensì dalla banca di questi.
Eseguendo le istruzioni della banca del beneficiario, la banca del debitore accetta l’addebito, appunto, non per ordine di quest’ultimo. È
per via del rapporto interbancario che i rapporti tra le due banche sono giuridicamente autonomi rispetto a quelli dei soggetti verso i quali
esse sono comunque legate da un vincolo contrattuale.
La banca del creditore agisce dinnanzi a quella del debitore in nome proprio: il rapporto interbancario si svolgerà quindi senza “interferenze” da parte dei soggetti beneficiario e debitore. Il fatto che la banca del debitore non intenda la presentazione del modulo di addebito
alla stregua di un ordine del beneficiario, spiega il motivo per cui essa
banca non esamini la fondatezza dell’addebito, che potrà quindi accadere che sia ingiustificato.
Non è mancato chi, nell’ambito delle diverse ricostruzioni
dell’ordine impartito dal creditore alla propria banca, e da questa a
quella del debitore, abbia inquadrato le varie operazioni come facenti
parte di una rete contrattuale (Netzvertrag)62, teoria questa, non condivisa dal tribunale federale tedesco, che sostiene invece non essere sussistente il legame tra debitore e banca del beneficiario, propendendo
così per la teoria della catena di singoli e separati rapporti contrattuali63.
Qui si può già tracciare una prima linea di confine, che va nel senso
di considerare applicabile, con i dovuti distinguo, alla fattispecie
dell’addebito su iniziativa del creditore la teoria autorizzatoria che in
Germania, come spiegato, poggia il suo fondamento sul citato § 185
BGB, e il cui schema è stato ripreso dalla Direttiva 2007/64/CE. Infatti,
quest’ultima e il successivo d. lgs. 11/2010 all’art. 5, comma 3°, stabiliscono per quanto riguarda l’autorizzazione alle operazioni di pagamento, che essa può essere data prima o, ove concordato tra il pagatore e il proprio prestatore di servizi di pagamento, dopo l’esecuzione
dell’operazione medesima, segno anche questo della tendenziale libertà nell’esercizio degli atti unilaterali dei soggetti del rapporto di provvista, e soprattutto segno della possibilità di rendere successivamente
efficaci atti disposti da soggetti che non disponevano della necessaria
62
MÖSCHEL, Dogmatiche Strukturen des bargeldlosen Zahlungsverkehrs, in AcP, 1986, 186.
Per una ricognizione di queste teorie v. anche, ora, DE STASIO, Operazione di pagamento,
cit., cap. II, par. 2, testo e nt. 266.
63
BGH, 3 ottobre 1989, in WM, 1989, 1754; cfr. in dottrina da ultimo EINSELE, Lastschriften mit Einzugsermächtigung als autorisierte Zahlungsvorgänge, ACP, 2009, 719 ss.
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GIOVANNI B. BARILLÀ
autorizzazione al momento del loro compimento (ex § 185 BGB). Ovviamente, la possibilità di chiedere il rimborso di operazioni già autorizzate costituisce sotto certi aspetti, rispetto alla previgente disciplina
tedesca, una novità, che però conferma la già menzionata libertà
all’interno dei contratti quadro conclusi tra pagatore e beneficiario.
Anche per questo, la Genehmigungstheorie, che vedeva la possibilità di
rifiuto per i soli addebiti non autorizzati (tali per cui, una volta rilasciata appunto la Genehmigung dal debitore, essi diventavano irrevocabili),
è ormai da considerarsi obsoleta e non più suscettibile di applicazione
ex post.
— 102 —
CAPITOLO 3
LE AZIONI RESTITUTORIE
SOMMARIO: 1. Il problema dell’indebito nella disciplina europea. – 2. Il momento
dell’adempimento. – 3. Indebito e rapporti trilateri: lo schema delegatorio come metodo
applicabile per l’inquadramento e la risoluzione dei conflitti. – 4. Azione di ripetizione,
addebito diretto e rifiuto dell’addebito da parte del debitore. – 5. Ricostruzione dei rapporti giuridici facenti parte della catena di prestazioni nel diritto tedesco. – 6. Le pretese
azionabili dalla banca del debitore. Indebito e rapporto interbancario. – 7. Rilevanza e
tipologia dei vizi dell’ordine di addebito nella prassi tedesca. – 8. (Segue). Riflessioni conclusive. Problemi relativi alla legittimazione passiva nella condictio indebiti. – 9. L’azione
restitutoria nell’addebito su iniziativa del debitore.
1. Il problema dell’indebito nella disciplina europea.
In questo capitolo si prenderanno in esame le diverse fattispecie legate all’illegittimità dell’addebito e al conseguente obbligo di restituzione delle somme riscosse dal beneficiario. I problemi che nascono
dai pagamenti illegittimi mediante addebito diretto sono legati anzitutto al particolare procedimento di tale strumento, che consente
l’esecuzione del pagamento anche quando l’autorizzazione alla stessa
non sia ancora stata rilasciata dal pagatore (ex art. 5, comma 3°, d. lgs.
11/2010). A quest’ultimo viene attribuita così la possibilità di non rilasciare alcuna autorizzazione, ovvero di opporsi alla stessa esecuzione
(anche qualora questa sia già stata autorizzata dallo stesso debitore),
entro il termine previsto dalla legge (otto settimane), o ancora di opporvisi scaduto tale termine. Le fattispecie sono dunque eterogenee e
vanno esaminate una per una, cercando di seguire un unico filo conduttore che sarà costituito dai principi generali in tema di indebito.
Questo proposito dovrà tener conto della diversità dei principi dei diversi Paesi in cui la Direttiva 2007/64 è stata recepita.
Il problema della ripetizione dell’indebito e del ripristino della situazione antecedente all’addebito non è stato regolamentato dalla direttiva europea in maniera esaustiva, essendosi la normativa limitata
soltanto a disciplinare la seconda delle situazioni predette (ossia il ripristino della situazione antecedente all’addebito), peraltro in casi assai eterogenei tra loro, come quello della mancata esecuzione, assimilato sotto questo aspetto alla esecuzione “inesatta”. La direttiva, e conseguentemente il d. lgs. 11/2010, fanno poi esclusivo ricorso al concetto di rimborso anche in casi nei quali sarebbe stata auspicabile
— 103 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
un’applicazione dei principi relativi all’indebito. Per tutti questi motivi, sarà opportuno trattare questi argomenti adottando anzitutto il metodo seguito sinora, ossia analizzando la prassi bancaria dei Paesi in cui
l’addebito diretto ha avuto ampia applicazione, confrontando i risultati di tale analisi con la soluzione scelta dal legislatore comunitario e
poi da quello nazionale1.
Anzitutto si deve considerare il caso nel quale la procedura di pagamento può essere basata su un illegittimo ordine di addebito, tale
per cui dovrà essere conseguentemente resa inefficace. L’ordine stesso
deve essere considerato nella sua doppia funzione: la prima, di ordine
di pagamento proveniente dal beneficiario (sia esso a ciò autorizzato
dal debitore o meno); la seconda, una dichiarazione del debitore alla
propria banca con la quale egli autorizza il pagamento. Entrambi gli
atti possono essere viziati e dare luogo ad una ripetizione d’indebito.
In secondo luogo, l’addebito diretto per iniziativa del creditore, contiene in sé già una possibilità di restituzione (rectius: inefficacia) che è
la richiesta di rimborso del debitore: un’eventuale azione di ripetizione verso il creditore sarà possibile una volta scaduti i termini per la richiesta di rimborso ex art. 13, comma 1°, d. lgs. 11/2010, nonché, in
caso di operazione non autorizzata, scaduti quelli per la rettifica ex art.
9, comma 1°.
Qualora l’annullamento dell’operazione non sia stato ancora disposto sul piano del rapporto interbancario, la banca del debitore si potrà
rivolgere al beneficiario esercitando un’azione di ripetizione direttamente nei suoi confronti. Il rischio di ordini di pagamento viziati riguarda la stessa banca del pagatore anche negli addebiti su iniziativa di
quest’ultimo. Anche in tali casi sarà possibile un’azione diretta di ripetizione della banca del debitore/pagatore verso il beneficiario, in presenza di autorizzazione al pagamento errata da parte del primo: nei
Paesi in cui è rilevante la conoscenza dell’indebito da parte del credi1
Val la pena richiamare sin da ora lo studio in corso di pubblicazione di DE S TASIO,
Operazione di pagamento, cit., cap. III, par. 3, il quale partendo da un’ottica alternativa a
quella dell’inquadramento sistematico delle operazioni di pagamento nello schema delegatorio, quale quella presentata al capitolo precedente, propone, anche per una maggiore risoluzione dei problemi legati alle restituzioni, una originale teoria che parte
dall’analogia delle stesse operazioni di pagamento a quelle di trasporto di moneta.
L’Autore, sostituendo lo “spedizioniere-vettore” con l’istituto di pagamento, presenta
sotto una luce nuova i rapporti che inverano le operazioni di pagamento, mediante un
superamento della dimensione strettamente negoziale e ravvisando “quel tratto procedimentale e organizzativo che è l’unica dimensione nella quale sia possibile cogliere un
significato unitario della vicenda dei trasferimenti della moneta scritturale”.
— 104 —
L’ADDEBITO DIRETTO
tore, viene escluso dalla legittimazione passiva il beneficiario che,
ignaro dell’indebito, abbia trattenuto la somma accreditatagli come
obbligazione per l’adempimento del rapporto sottostante. A ben vedere questo tipo di soluzione non può essere applicata al diritto italiano,
nel quale la norma di cui all’art. 2033 c.c. dichiara l’irrilevanza degli
stati soggettivi (del solvens come dell’accipiens), per cui chi ha ricevuto
il pagamento dovrà restituirlo, la buona o mala fede del destinatario
rilevando esclusivamente per il momento da cui far decorrere la restituzione dei frutti e degli interessi. Ma anzitutto bisogna stabilire quando ci si trovi in presenza di un pagamento definitivo e quindi ripetibile, e per fare questo è necessario considerare la tematica del tempo
dell’adempimento (che risulterà senz’altro necessaria anche per lo
studio delle problematiche fallimentari).
2. Il momento dell’adempimento.
L’operazione di adempimento dell’obbligazione pecuniaria attraverso mezzi diversi dal danaro può considerarsi efficace e liberatoria
per il debitore solo se realizza gli stessi effetti che il pagamento per
contanti avrebbe realizzato.
In quest’ultimo caso l’effetto satisfattorio si verifica quando il debitore ha effettuato la consegna delle banconote al creditore e questi si
trova quindi nel potere di disporre delle banconote stesse. Infatti è nel
potere incontrastato di disporre del danaro che il debitore ha pagato,
che si realizza l’attribuzione pecuniaria. Allo stesso modo il pagamento
effettuato attraverso mezzi diversi dal danaro contante, realizza
l’effetto satisfattorio quando il creditore si trova nella condizione di
disporre liberamente della somma di danaro che gli è stata attribuita
dal debitore2.
Per fare un esempio, in Italia è frequente l’utilizzo dell’assegno circolare quale efficace strumento alternativo di pagamento; al contrario,
esso è pressoché sconosciuto nella pratica dell’ordinamento tedesco,
caratterizzato dalla movimentazione attraverso bonifico della moneta
scritturale (Buchgeld). L’efficacia solutoria dell’addebito diretto è da
tempo pacificamente ammessa sia in Germania, sia in Italia (nella sola
forma del RID): la direttiva in materia di servizi di pagamento ha legittimato ora l’efficacia di questo strumento di pagamento anche come
2
Per una ricognizione della materia, con argomentazioni a sostegno dell’efficacia solutoria dei pagamenti in moneta bancaria, cfr. DE POLI, L’adempimento con gli strumenti
‘alternativi’ di pagamento, cit., passim.
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GIOVANNI B. BARILLÀ
operazione singola in tutta la zona europea. Tuttavia restano in piedi
tutte le altre dibattute questioni relative all’uso di mezzi diversi dal
contante, e particolarmente a quelle che attengono all’esattezza del
pagamento, sotto il molteplice profilo dell’integrità, del luogo e del
tempo in cui esso deve essere eseguito3, là dove quella con maggiore
rilievo è senz’altro costituita dalla determinazione temporale
dell’adempimento. Il problema viene risolto, di solito, assumendo come necessario ai fini dell’estinzione dell’obbligazione, l’accredito delle
somme sul conto del beneficiario4. È indubbio infatti, che tale momento segni l’effettiva disponibilità del denaro da parte del creditore e,
dunque, l’avvenuto soddisfacimento del suo interesse.
Tuttavia, secondo recenti studi, il momento dell’adempimento può
considerarsi anticipato, rispetto all’accredito sul conto del beneficiario, coincidendo piuttosto con l’accredito sul conto dell’ente designato a ricevere il pagamento5. A conferma di detta conclusione sarebbe
intervenuto anche il d. lgs. n. 253 del 28 luglio 2000, sì da potersi
estendere, dunque, a tutte le operazioni di pagamento rapportabili, in
modo più o meno diretto, allo schema generale del trasferimento bancario di fondi. La struttura “bifasica” di ogni operazione di bonifico,
invero, farebbe sussistere la responsabilità dell’ordinante nei confronti
del beneficiario solo fino a quando la somma da trasferire sia pervenuta presso la banca di quest’ultimo, mentre, da quel momento in poi, i
rischi inerenti l’inesatta esecuzione dell’ordine si sposterebbero interamente sul creditore6.
3
V. SANTORO, L’efficacia solutoria dei pagamenti tramite intermediari, in Santoro-Carriero
(a cura di), Il diritto del sistema dei pagamenti, Milano, 2005, 82 ss.
4
Cfr. GIANNANTONIO, Trasferimenti elettronici di fondi e adempimento, in Foro it., 1990, IV,
c. 180.
5
SCIARRONE ALIBRANDI, L’interposizione della banca, cit., 167 ss.
6
Così SCIARRONE ALIBRANDI, I bonifici transfrontalieri dalla direttiva 97/5/CE al d. lgs.
28/7/2000 n. 253, in Banca, borsa, tit. cred., 2001, I, 751; E AD., L’adempimento
dell’obbligazione pecuniaria alla luce della Payment Services Directive, in Hominum causa constitutum – Scritti degli allievi in ricordo di Francesco Realmonte, Milano, 2009, 164 ss., che con
riferimento alla liberazione del debitore ravvisa una portata regolativa “indiretta”
sull’obbligazione pecuniaria nelle disposizioni della direttiva che articolano in base alla
Sphärentheorie l’attribuzione di responsabilità ai diversi PSP per l’esecuzione
dell’operazione di pagamento (176): «ciascun prestatore risponde della inesatta esecuzione del segmento dell’operazione, che rientra nella sua sfera di controllo e la cui esatta
esecuzione costituisce oggetto di obbligo contrattuale nei confronti del proprio cliente».
L’Autrice per un verso esclude che il momento liberatorio possa essere differito al momento dell’accredito del conto del beneficiario, in quanto osserva (177) «che la circostanza per cui fino a[l] momento [del ricevimento dell’importo da parte del PSP del beneficiario] il prestatore del pagatore risponda verso il proprio cliente fa ragionevolmente
— 106 —
L’ADDEBITO DIRETTO
A tale tesi si è obiettato che le norme in materia di bonifici riconnetterebbero l’effetto liberatorio proprio del pagamento alla “messa a
disposizione” del denaro in favore del beneficiario, concetto più ampio rispetto all’annotazione del conto personale del creditore7, ma
non già identificabile nell’atto di accredito del conto dell’ente percettore. In altri termini, v’è chi ritiene che il debitore rimanga vincolato
al proprio obbligo fino a quando non venga assicurata la piena soddisfazione del creditore, stante che la contraria opinione “finirebbe inopinatamente per traslare sul creditore rischi di inadempimento della
propria banca assolutamente estranei al sistema della legge”8.
La prima soluzione pare tuttavia la più convincente e compatibile
col dettato normativo del d. lgs. n. 253/2000. L’articolazione delle
operazioni di bonifico in due fasi infatti, autorizza a ritenere che il debitore risponda solo fino al momento in cui le somme oggetto di trasferimento non siano state accreditate, con il consenso dell’accipiens,
sul conto bancario di quest’ultimo. La banca del beneficiario,
ritenere che quest’ultimo, prima ancora, risponda verso il beneficiario fino a quello stesso momento»
(corsivo aggiunto). Continua Sciarrone Alibrandi, affermando che il pagatore non può
rispondere nei confronti del beneficiario oltre tale momento, perché, altrimenti, «il legislatore avrebbe dovuto prevedere … la responsabilità del prestatore del beneficiario, non
solo nei confronti di quest’ultimo, ma anche nei confronti del pagatore», il che implicherebbe (177, nt. 3) che il prestatore del creditore verrebbe ad assumere al contempo
«la duplice veste di soggetto incaricato sia dal debitore (di pagare al beneficiario) sia dal
creditore (di riscuotere dal prestatore del debitore)», con ricostruzione dall’Autrice già
respinta come “artificiosa” (SCIARRONE ALIBRANDI, L’interposizione, cit., 103 ss.) in critica
all’impostazione tradizionale riportata da SANTINI (Il bancogiro, Bologna, 1948, 12) e G.F.
CAMPOBASSO (Bancogiro e moneta scritturale, Bari, 1979, 129). V. però la considerazione critica di DE STASIO, Operazione di pagamento, cit., il quale richiama il considerando 47 della
direttiva, che si apre con l’affermazione che «il prestatore di servizi di pagamento del
pagatore dovrebbe assumere la responsabilità della corretta esecuzione del pagamento,
… nonché la piena responsabilità in caso di inadempienza di altre parti nell’iter del pagamento fino al conto del beneficiario» (corsivo aggiunto), ma secondo l’Autore stesso si
tratta di “obiezione non decisiva, tenuto conto del carattere non dispositivo dei considerando”.
7
Potendosi la disponibilità di una somma conseguire anche in altro modo: per tale
rilievo cfr. V. SANTORO, L’efficacia solutoria, cit., 94, secondo il quale il “mettere a disposizione” comprende ipotesi quali la comunicazione al beneficiario di una disponibilità,
senza che si proceda all’accredito, o il pagamento di un assegno scoperto che avrebbe
dovuto essere altrimenti protestato, ecc.; e SCIARRONE ALIBRANDI, I bonifici transfrontalieri,
cit., 745, ove un riferimento alla non necessarietà della “forma scritturale”, ai fini della
messa a disposizione del denaro.
8
Così CARRIERO, Verso un nuovo diritto privato dei pagamenti, in Santoro-Carriero, cit., p.
26; parimenti OLIVIERI, Compensazione e circolazione della moneta nei sistemi di pagamento, Milano, 2002, 207, testo e nota 44, e 237.
— 107 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
d’altronde, si qualifica come soggetto indicato dal creditore a ricevere
il pagamento, che, pertanto, ha effetto liberatorio, ai sensi dell’art.
1188 c.c.9. Inoltre, lo stesso d. lgs. n. 253/2000 definisce il bonifico
come l’operazione effettuata al fine di mettere una somma di denaro a disposizione di un beneficiario presso un ente, di talché ciò che rileva, ai fini
dell’integrazione della fattispecie, è la funzionalizzazione degli atti a
tale specifico scopo, e cioè che si vengano a creare i presupposti, giuridici e di fatto, affinché il creditore sia concretamente posto in condizione (dalla propria banca) di disporre di una determinata somma
(ciò che dovrebbe accadere, appunto, nel momento stesso in cui essa
perviene all’ente ricevente).
Alla luce di quanto esposto, il creditore non è quindi esentato dal
sopportare il rischio di un inadempimento della banca con la quale intrattiene un preciso rapporto contrattuale, avente ad oggetto proprio
la riscossione dei pagamenti: e non avrebbe alcuna giustificazione
l’addossare detto rischio sul debitore incolpevole. La Direttiva
2007/64/CE, sia pur rimanendo su un piano di sostanziale neutralità
circa il rapporto di valuta, prevede che la data valuta dell’accredito sul
conto di pagamento del beneficiario non debba essere successiva alla
giornata operativa in cui l’importo dell’operazione è accreditato sul
conto del prestatore di servizi di pagamento del beneficiario, che dovrà altresì assicurare che detto importo sia messo a disposizione del destinatario finale non appena accreditato sul proprio conto (art. 73)10:
l’art. 20, comma 1°, e l’art. 23, comma 2° del d. lgs. n. 11/2010 hanno
recepito tale disposizione. Risulta quindi evidente che, pur distinguendo la Direttiva e il d. lgs. n. 11/2010 i due momenti (accredito sul
conto del prestatore di servizi di pagamento e accredito sul conto personale del beneficiario) dal punto di vista logico e temporale tendono
ad accomunarli sotto il profilo degli effetti, stabilendo che l’esecuzione
del pagamento alla banca dell’avente diritto dovrà implicare l’effettiva
9
Per la dimostrazione di tale assunto, e per l’indicazione delle limitazioni che esso
può soffrire, in casi eccezionali, v. SCIARRONE ALIBRANDI, L’interposizione della banca, cit.,
167 ss., e V. SANTORO, L’efficacia solutoria, cit., 95 ss.
10
Cfr. sul punto MUCCIARONE, «Data valuta»: direttiva n. 2007/64/CE e ordinamento italiano, in Armonizzazione europea dei servizi di pagamento, cit., 475 ss., anche in Dir. banca,
2009, 429 ss.; per ragguagli sul coordinamento tra gli artt. 21-23 del d. lgs. 11/2010 e
l’art. 120 T.U.B. v. ora ID., Sulle date valuta, di disponibilità e di stornabilità, con particolare
riguardo all’art. 120 T.U.B., in IlCaso.it, doc. 323/2012, spec. 3 s., testo e note; BRECHTEL,
Die Tilgung von Geldforderungen bei Überweisung, Lastschrift- und Kreditkartenzahlung. Eine
Untersuchung unter besonderer Berücksichtigung der Risikoverteilung bei einer Bankinsolvenz, Baden-Baden, 2013, 50 ss.
— 108 —
L’ADDEBITO DIRETTO
ed immediata disponibilità della somma per il beneficiario
dell’operazione (di norma, con decorrenza della valuta dalla stessa data: ma, per gli addebiti diretti, il comma 3° dell’art. 20 stabilisce che
l’ordine viene trasmesso entro limiti di tempo che consentano il regolamento dell’operazione alla data di scadenza convenuta).
Applicando le suddette osservazioni al pagamento mediante addebito diretto, si può affermare che il debitore si considererà liberato da
ogni obbligo nei confronti del proprio creditore, sin dall’accredito
delle somme sul conto di quest’ultimo, con la conseguenza che, da
quel momento, il beneficiario del pagamento, che non abbia potuto
disporre del relativo importo (per omesso, tardivo, o inesatto accredito
sul proprio conto), non potrà considerare inadempiente il pagatore,
ma dovrà agire unicamente nei confronti della propria banca.
A questa prima serie di considerazioni si dovranno aggiungere quelle, solamente accennate al par. 1, relative alla possibilità per il debitore
di chiedere il rimborso di operazioni, siano esse già autorizzate o meno (l’art. 13, comma 1° consente, come si è più volte ricordato nel
presente lavoro, la richiesta di rimborso di operazioni già autorizzate).
La giurisprudenza e la letteratura tedesca, che si sono a lungo occupate del problema, sono concordi nel considerare il tempo dell’avvenuto
adempimento col momento nel quale non è più possibile esercitare da
parte del debitore il rifiuto dell’addebito (: ossia chiedere il rimborso
dello stesso)11. Di conseguenza, in caso di autorizzazione successiva
all’esecuzione, l’addebito su iniziativa del creditore che sia ancora sottoposto alla possibilità di rifiuto da parte del debitore non è da considerarsi definitivo12.
11
HÄUSER, Zur Erfüllung der Geldschuld durch Inkasso der Einzugsermächtigungslastschrift,
in WM, 1991, 5; van GELDER, Bankrecht, cit., § 57 Rdn. 31; HADDING, Zur zivilrechtlichen Beurteilung, cit., 390; ID., Kann der Insolvenzverwalter ohne „anerkennenswerte Gründe“ Kontobelastungen wegen eingelöster Einzugsermächtigungslastschriften widersprechen?, in WM, 2005, 1550;
GERNHUBER, Die Erfüllung und ihre Surrogate sowie das Erlöschen der Schuldverhältnisse aus anderen Gründen2, Tübingen, 1994, 214; KLINGER, Rückabwicklung, cit., 211; GÖßMANN, Die
Lastschrift, cit., 91; BUNDSCHUH, Die Widerspruchsfrist im Einzugsermächtigungsverfahren, in
Festschrift für Walter Stimpel zum 68. Geburtstag, Berlin-New-York, 1985, 1046; STRITZ, Lastschriften im Insolvenz(eröffnungs)verfahren, in DZWIR, 2005, 22; HAAS, Widerspruch gegen Lastschriften durch den Insolvenzverwalter, Schriftenreihe der Bankrechtlichen Vereinigung,
Band 28 – Aktuelle insolvenzrechtliche Probleme der Kreditwirtschaft Anlegerschutz bei strukturierten Produkten, Bankrechtstag 2007, Berlin, 2008, 20; nella giurisprudenza pratica si segnalano BGH, 11 aprile 2006, in NJW, 2006, 1966; BGH, 24 giugno 1985, in BGHZ, 95, 104;
BGH, 28 maggio 1979, in BGHZ, 74, 300; OLG Köln, 5 novembre 2008, in NZI, 2009, 112;
OLG Karlsruhe, 18 gennaio 2007, in NZI, 2008, 188.
12
BGH, 6 giugno 2000, in NJW, 2000, 2667, e in WM, 2000, 1577; in dottrina da ultimo
— 109 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
Il tempo dell’adempimento viene fissato, in base ad altra opinione,
al momento del pagamento da parte della banca del debitore della
somma addebitata dedotta nel Lastschrift: in base a questa ricostruzione, il credito derivante dal rapporto di valuta sarebbe adempiuto nello
stesso momento nel quale l’accredito viene effettuato dalla banca del
beneficiario sul conto di quest’ultimo (non si avrebbe in tal modo un
pagamento condizionato all’esercizio della revoca-rifiuto da parte del
debitore)13. In caso di richiesta di rimborso del debitore si avrebbe una
reviviscenza del debito originariamente estinto (le cui vicende relative
alla sua legittimità si sposteranno nel rapporto di valuta eventualmente
dopo l’avvenuto rimborso, che è comunque disposto dalla banca del
debitore); ove la richiesta di rimborso fosse senza fondamento, in capo
al creditore nascerebbe un diritto alla restituzione di quanto illegittimamente rimborsato al debitore. Nell’ottica di uno sforzo chiarificatore, si può quindi ritenere valevole anche per il diritto tedesco quel tentativo orientato ad “individuare nel concetto di pagamento una vera e
propria attribuzione che sia solvendi causa”14.
La ricostruzione da ultimo citata, se da un lato cerca di assicurare al
beneficiario il vantaggio di un pagamento definitivo, non tiene conto
che sostanzialmente ora, in base alla disciplina europea, esso non è
considerato tale fintantoché il debitore può chiedere il rimborso, e
questo in quanto esso può essere richiesto anche – e soprattutto – per
WERNER, Die Lastschrift, cit., Rdn. 8, 247, il quale rimarca la differenza con l’addebito su
iniziativa del debitore, dove invece l’adempimento avviene nel momento stesso
dell’addebito, non essendo prevista possibilità di richiedere il rimborso: a conferma di
questa soluzione per l’Abbuchungsauftragsverfahren, v. la recente sentenza del BGH, 17
gennaio 2013, in NJW-RR (Rechtsprechungsreport), 2013, 492 s., per un caso di fallimento di poco successivo all’addebito.
13
CANARIS, Bankvertragsrecht, cit., Rdn. 636; ID., Der Bereicherungsausgleich, cit., 360; ENGEL, Bankrecht, cit., 54; BORK, Anmerkung zu BGH, IX ZR 22/03, in ZIP, 2004, 2447; ID., Lastschriften in der Insolvenz des Lastschriftschuldners, in Festschrift für Walter Gerhardt, Köln, 2004,
74 ss.; MEDER, Sonderstellung des Insolvenzverwalters im Einzugsermächtigungsverfahren?, in
NJW, 2005, 638; ID., Die Erfüllung einer Geldschuld im Einzugsermächtigungsverfahren, in JZ ,
2005, 1093; KREPOLD, Bankrecht, cit., 6/506h; OBERMÜLLER, Insolvenzrecht in der Bankpraxis,
Köln, 2007, Rdn. 3/452; KUDER, Die Zahlstelle in der Insolvenz des Lastschriftschuldners im Einzugsermächtigungsverfahren, Berlin, 2006, 64 ss.
14
MARTINO, L’expressio causae, cit., 263, che così prosegue: “Un atto, cioè, che non
si esaurisce nella materialità della prestazione di fare o di consegnare, realizzando una
trasmissione del solo possesso in forza di un’obbligazione la quale può venir meno per
un vizio della propria fonte; un atto, dunque, che sia in grado di per sé di realizzare una
disposizione patrimoniale ed una correlativa attribuzione la cui rimozione sia affidata, in
via concorrente, alla declaratoria di inefficacia ovvero all’adempimento di una diversa
obbligazione di ritrasferire al solvens”.
— 110 —
L’ADDEBITO DIRETTO
operazioni già autorizzate dallo stesso debitore. La possibilità di rimborso in quanto tale fa parte di questo servizio di pagamento in modo
da connotarne la struttura e fino al punto da impedire di considerare
definitivo un pagamento entro il periodo nel quale esso è soggetto a
tale facoltà del debitore.
3. Indebito e rapporti trilateri: lo schema delegatorio come metodo applicabile per
l’inquadramento e la risoluzione dei conflitti.
La problematica del pagamento non dovuto nell’addebito diretto
deve tener conto anzitutto della natura tri- e quadrilatera di questo
strumento. Oltre a ciò si aggiunge l’istituto del rimborso, il quale come
già detto può essere richiesto a prescindere dalle vicende del rapporto
principale: è quindi evidente che la struttura del pagamento non dovuto, almeno per ciò che riguarda il diritto italiano, non si differenzierà in nulla da quella del pagamento dovuto15. La normativa
dell’indebito si giustifica non tanto, o comunque non solamente, in
relazione all’esecuzione di un comportamento, indebitamente volto
alla realizzazione di un presunto credito (tant’è che gli sforzi posti in
essere dal soggetto agente – anche se valutabili patrimonialmente –
non sarebbero evidentemente «ripetibili»), ma soprattutto in relazione
al fatto che la indebiti solutio abbia condotto ad un’ingiustificata acceptio
(in senso lato) dell’oggetto della prestazione.
Questa premessa, che in sé potrebbe apparire persino ovvia, ha tuttavia il vantaggio di distinguere tra attività solutoria e ricevimento della
prestazione, consentendo così di sistemare adeguatamente vari casi
che sicuramente rientrano nell’ambito della categoria della solutio indebiti: possono infatti considerarsi in questa luce le ipotesi di errore
nell’esecuzione della prestazione dovuta che conducano ad un inadempimento in senso soggettivo (cioè al ricevimento della solutio da
parte di un soggetto diverso dal creditore), all’acceptio di un oggetto
diverso da quello dedotto in obbligazione (pagamento di un aliud), o
alla realizzazione del credito in maniera eccedente l’oggetto del pagamento (cioè al ricevimento di un surplus rispetto al quantum pattui15
Sono di grande attualità le considerazioni di BRECCIA, La ripetizione, cit., 17, secondo cui “Il pagamento ripetibile per il venir meno della causa che lo giustifica giuridicamente non presenterà caratteri distinti rispetto alla fattispecie del pagamento dovuto. Le
conclusioni a cui si ritiene di dover giungere in ordine alle componenti strutturali e alla
natura giuridica di quest’ultimo dovranno perciò essere valide anche in relazione al pagamento che perda la sua causa giustificativa solo in un momento successivo a quello in
cui viene compiuto”.
— 111 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
to). È in particolare alla prima e all’ultima delle fattispecie citate che ci
si riferirà nel prosieguo, ma senza dimenticare che quella relativa al
pagamento di un aliud in realtà può ben comprendere il caso già citato di pagamento effettuato tramite addebito diretto in violazione del
divieto opposto dal debitore alla propria banca di pagare utilizzando
quello strumento16.
Questi schemi sono contraddistinti, oltre che dal peculiare rilievo
dell’acceptio, dallo stretto collegamento per relationem ad un obbligo
preesistente (il che può dirsi anche nel caso in cui il debito, al quale è
imputato il pagamento, faccia capo ad altro soggetto, come nell’ipotesi
dell’indebito soggettivo ex latere solventis).
La teoria tradizionale nei rapporti trilateri attribuisce al solvens il
ruolo di creditore dell’obbligazione restitutoria e all’accipiens quello di
debitore17. L’opinione, in realtà, cela un nodo di problemi che emergono allorché si tenti di individuare i soggetti, ai quali può essere legalmente attribuita la qualità di solvens e quella di accipiens.
Gli unici riferimenti testuali in proposito sono offerti, in diritto italiano e per quanto riguarda l’indebito oggettivo, dalla norma dell’art.
2033 c.c. e, per quanto riguarda l’indebito soggettivo ex latere solventis,
dalla norma dell’art. 2036 c.c.: è quindi evidente che si tratta di indicazioni parziali, tanto più che – se è presa in considerazione la legittimazione attiva (attribuita a chi ha eseguito il pagamento) – nulla è detto
in ordine alla legittimazione passiva.
Il legislatore ha infatti previsto uno schema elementare di pagamento non dovuto (sulla base del quale ha «modellato» il rapporto
obbligatorio conseguente), senza tener conto della possibilità di un
conflitto con posizioni diverse rispetto a quelle del solvens e
dell’accipiens e senza fornire indicazioni precise circa le nozioni di
“esecuzione” e “ricevimento” del pagamento18.
16
Il problema della prestazione in luogo dell’adempimento, che per decenni ha tenuto banco in dottrina e soprattutto in giurisprudenza in materia di assegno, potrebbe
riproporsi negli stessi termini nell’ambito dell’addebito diretto: per questo problema
nell’ambito di altri strumenti di pagamento diversi dal contante, cfr. DE POLI,
L’adempimento, cit., 165 ss.
17
Ex multis: BARBIERA, L’ingiustificato arricchimento, Napoli, 1964, 177; più di recente,
cfr. ALBANESE, Il pagamento dell’indebito, Padova, 2004, 324 ss.; ID., Profili dell’adempimento
non dovuto nei rapporti trilateri: indebito soggettivo, pagamento al creditore apparente, adempimento del terzo e surrogazione legale, in Contr. e impr., 2006, 455 ss.
18
Cfr. MOSCATI, Pagamento dell’indebito, cit., 420 s.; ID., Pagamento dell’indebito, adempimento del terzo e legittimazione a ripetere la prestazione, in Riv. dir. civ., 1969, II, 181 ss., spec.
188. Per recenti considerazioni relative alle azioni restitutorie nei contratti, senza specifico riferimento ai rapporti trilateri, cfr. DE NOVA, Il contratto e le restituzioni, in Riv. trim. dir.
— 112 —
L’ADDEBITO DIRETTO
Si possono quindi riassumere le questioni più significative nelle seguenti ipotesi:
a. il caso dell’indebito oggettivo, in cui il solvens non sia dominus delle
somme oggetto del pagamento (escludendo qui la fattispecie del
trasferimento di proprietà di cose determinate, si pensi invece al caso di utilizzo fraudolento del conto corrente del debitore, da parte
di chi non è legittimato: nel Lastschrift, il caso potrebbe essere quello dell’apparente debitore che autorizza il pagamento): potrebbe
prospettarsi in questa fattispecie il problema della legittimazione attiva del dominus;
b. il pagamento è stato eseguito ad un soggetto diverso dal vero creditore e quest’ultimo ha un rilevante interesse ad agire direttamente
nei confronti dell’accipiens indebiti: qui il caso è quello del pagamento al creditore abusivo, con conseguente azione diretta da parte del
vero creditore nell’addebito diretto, verso quest’ultimo;
c. il caso dell’indebito soggettivo, con la problematica della legittimazione passiva del debitore nei confronti del solvens (nell’addebito
diretto, si potrebbe verificare il caso della banca del vero debitore
che abbia per errore conteggiato il pagamento ad un altro soggetto,
correntista della banca stessa), che abbia per errore adempiuto
l’obbligo del primo: la questione è di facile risoluzione ed è sostanzialmente assorbita dalle norme sulle operazioni non autorizzate
(artt. 9 e 11 d. lgs. 11/2010), con conseguente responsabilità della
banca; ove tuttavia la banca si rifiutasse di ripristinare il conto del
solvens, questi potrà agire in ripetizione verso il vero debitore;
d. tutti quei casi nei quali la legittimazione a ripetere è conferita a
soggetti diversi rispetto a chi abbia materialmente eseguito e ricevuto un pagamento (legittimazione attiva attribuita al debitore nonostante che ad aver eseguito la prestazione sia stata la sua bancaZahlstelle; legittimazione passiva attribuita al creditore, sebbene ad
aver ricevuto la prestazione sia stata la sua banca-Inkassostelle).
La possibilità di escludere qualsiasi rimedio diretto (a favore del
creditore e nei confronti dell’accipiens), quando il solvens-debitore esegua un pagamento non liberatorio al terzo non sembra sia da conside-
proc. civ., 2012, suppl. al 3° fasc., 1 ss., con la considerazione (5) che non sempre è necessario richiamarsi alla disciplina dell’indebito per risolvere le questioni restitutorie (ma,
come detto, l’A. non si riferisce ai rapporti trilateri).
— 113 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
rare percorribile, in quanto finirebbe per lasciare come unica possibilità quella dell’ingiustificato arricchimento19.
I casi che più riguardano la fattispecie relativa all’addebito diretto
sono, oltre a quelli più marginali visti per ogni specifica ipotesi, quelli
di cui alla lettera d), ed è per questo che ci si concentrerà nel prosieguo su questi ultimi. Per definire questa serie di ipotesi è necessario
precisare che, se il sistema della ripetizione dell’indebito postula la nascita di un rapporto obbligatorio, i titolari del quale sono (inversamente) i medesimi che hanno ricevuto ed eseguito la prestazione, il quesito fondamentale consiste nello stabilire chi possa considerarsi giuridicamente solvens e accipiens, giacché il criterio della mera partecipazione materiale all’attività solutoria non è sempre decisivo20.
Il contratto quadro per l’utilizzo del servizio di pagamento tra debitore-pagatore e banca, che impegna quest’ultima ad effettuare
l’addebito sul conto corrente del primo, eseguendo così il pagamento
oggetto del rapporto di valuta, è la fonte che consente di ricostruire il
criterio di imputazione che presuppone che solvens e accipiens eseguano o ricevano deliberatamente la prestazione non dovuta per il tramite
della materiale attività di un terzo. Senza un nesso volontario – o legale
– corrispondente ad un interesse sostanziale dei soggetti, prevarrà
quindi il criterio generale secondo cui un pagamento privo di fondamento è ripetibile soltanto tra chi di fatto lo esegua e lo riceva, anche
se il solvens imputi il pagamento al preteso incarico e al debito eventualmente sottostante (si ricordi il già citato esempio della banca che
esegue il pagamento mediante addebito diretto, nonostante un espres19
ALBANESE, Ingiustizia del profitto e arricchimento senza causa, Padova, 2005, 459 ss.;
FERRARA jr., Questioni in tema di ripetizione di indebito, in Banca, borsa e tit. cred., 1949, II, 209;
OPPO, Pagamento invalido di titolo all’ordine, ammortamento, ripetizione di indebito, in Giur. it.,
1947, I, 2, c. 504; CAPOZZI, Vizi della volontà e adempimento, in Dir. e giur., 1951, 266; ANDREOLI, Appunti in tema di indebito oggettivo, in Banca, borsa e tit. cred., 1951, I, 142. In giurisprudenza, da ultimo, Cass., 12 maggio 1998, n. 4760, in Giust. civ. Mass., 1998, 1002: «Il
pagamento di un debito oggettivamente esistente, ma a persona diversa dal creditore
(cosiddetto indebito ex latere accipientis), dà luogo ad una specie di indebito da assimilarsi
a quella di cosiddetto indebito oggettivo, con la conseguenza per cui si rendono, anche
in un tal caso applicabili le regole di cui all’art. 2033 c.c.». Conformi, sia pur risalenti:
Cass., 18 gennaio 1949, n. 51, in Giur. it., 1949, I, 1, c. 113; Cass., 11 novembre 1967, n.
2727, ivi, 1968, I, 1, 440; Cass., 8 novembre 1968, n. 3699, in Foro pad., 1969, I, c. 747.
20
ABATANGELO, Intermediazione nel pagamento, cit., 120 s.; DE MARCHI, Fallimento del debitore e pagamenti eseguiti dal terzo, in Banca, borsa, tit. cred., 1965, I, 390 ss., e spec. 405-418;
cfr. anche BIGIAVI, La delegazione, cit., 217, il quale infatti osservava: “È chiaro che, quando il delegante incarica il delegato di effettuare in sua vece una determinata prestazione
ad un terzo (il delegatario), quest’ultimo riceve la prestazione come se essa gli provenisse dal delegante”.
— 114 —
L’ADDEBITO DIRETTO
so divieto del debitore in tal senso); e l’accipiens lo ricolleghi ad un
credito sostanzialmente omologo di cui sia il titolare nei confronti del
preteso “delegante” o di altro soggetto21.
Nel capitolo precedente si è fatto ricorso allo schema delegatorio
per capire struttura e funzione dell’addebito diretto, con la necessaria
avvertenza che ad esso non sarà possibile applicare tutte le norme sulla
delegazione “civile”, laddove invece è preferibile accostare allo stesso
Lastschrift lo schema del credito documentario. Tuttavia, nell’analizzare le problematiche relative all’indebito nei rapporti trilateri si ravvisa nuovamente l’utilità di riferirsi allo schema delegatorio, così come è
avvenuto per la comprensione del meccanismo stesso dell’addebito diretto.
Nel caso di nullità o inesistenza del rapporto di valuta (tra debitorepagatore e creditore-beneficiario) è indubbio che la ripetizione spetti
al debitore (delegante) nei confronti del creditore (delegatario): qualora la delegazione (che al momento si assume dunque come parametro per il parallelismo con l’addebito diretto) sia titolata rispetto a tale
rapporto, si tende tuttavia a ritenere, in considerazione dell’art. 1271,
comma 3°, c.c., che la legittimazione spetti (anche) al delegato (la
banca del debitore). In realtà la banca del debitore di norma non accetterà di agire in ripetizione per vizi del rapporto sottostante, in
quanto come si è già detto, non avrà interesse ad assumere un ruolo di
arbitro. Tranne il caso in cui il pagamento eseguito dalla banca delegata al delegatario integri i presupposti dell’art. 1189 c.c., dove legittimato passivo sarà il creditore apparente, e il beneficiario potrà agire
in ripetizione verso quest’ultimo (spostandosi così su questi due soggetti il rapporto di indebito), di norma – e fatti salvi i casi di mancanza
di jussum che saranno tra breve esaminati – la banca del debitore, delegata, si libererà dalla propria obbligazione nei confronti del delegante e quest’ultimo sarà l’unico soggetto legittimato a esercitare l’azione
di ripetizione nei confronti del delegatario22. Il che ci riporta alla con21
La ripetibilità tra preteso delegante e delegato è ammessa pacificamente dalla letteratura più risalente: ANDREOLI, La ripetizione dell’indebito, Padova, 1940, 140 s.; MARTORANO, Il conto corrente bancario, Napoli, 1955, 88 s.; SCHLESINGER, Adempimento del terzo e delegazione di pagamento, in Temi, 1958, 576; più di recente, anche per la diversificazione delle soluzioni a seconda della nullità del rapporto di provvista ovvero di quello di sola delega: SIRENA, in Diritto civile, Lipari-Rescigno (diretto da), vol. III, Obbligazioni, Milano,
2009, 496 ss.; in giurisprudenza: Cass., 19 maggio 2004, n. 9470.
22
P. TRIMARCHI, L’arricchimento senza causa, Milano, 1962, 85; MOSCATI, Pagamento
dell’indebito, cit., 465 s.; BRECCIA, Il pagamento dell’indebito, in Tratt. dir. priv., Rescigno (a
cura di), 9, Obbligazioni e contratti2, t. I, Torino, 1999, 911; per l’applicazione della norma
— 115 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
ferma che, nel caso di addebito diretto, pur costituendo quest’ultimo
un rapporto giuridico quadrilatero, la soluzione preferibile nel caso di
vizi del rapporto di valuta (in linea con l’ordinamento tedesco: v. infra,
nel testo) sarà quella di considerare il debitore-pagatore come titolare
della condictio indebiti nei confronti del beneficiario.
In base ad alcune prime parziali conclusioni, è possibile dunque rilevare che la solutio e l’acceptio (nonché la connessa legittimazione a ripetere) possono essere imputate a soggetti diversi rispetto a quelli (le
banche) che sono di fatto intervenuti nell’esecuzione del pagamento
(oltre all’ipotesi in cui questi ultimi agiscano come meri ausiliari e
quindi operino nella sfera di controllo del preteso debitore e creditore), proprio con riferimento a quei rapporti “pluriangolari” nei quali
l’attività solutoria, in sé autonoma, postuli un “conteggio” a soggetti
diversi. Ci si deve poi chiedere se, una volta identificate le figure del
solvens e dell’accipiens, possa procedere di conseguenza anche
l’accertamento dell’eventuale errore scusabile (nell’indebito ex latere
solventis), ovvero della buona o mala fede (e, per quanto concerne
quest’ultimo requisito, tenuto conto anche dell’oggettivazione di essa
nella prassi internazionale): tali requisiti rilevano infatti nella misura
in cui siano presenti in capo al debitore, alla sua banca, ovvero ancora
in capo al creditore e/o alla banca di quest’ultimo? Il problema, è stato fatto autorevolmente notare, potrebbe essere risolto utilizzando le
indicazioni offerte dall’art. 1391, commi 1° e 2°, c.c., secondo cui gli
stati soggettivi rilevano in capo al rappresentante, salvo che si tratti di
elementi predeterminati dal rappresentato, ovvero quest’ultimo sia in
mala fede23.
Si deve esaminare ora il problema del pagamento effettuato, o ancora da effettuarsi, dalla banca del debitore in caso di invalidità o inefficacia dello jussum (nell’addebito diretto, oltre al caso più raro del
pagamento formalmente su impulso del debitore ma nel quale manchi
il corrispondente ordine di addebito, si pensi al pagamento avvenuto
su iniziativa del beneficiario a ciò autorizzato dal debitore, ma nel quale sia mancato un corrispondente mandato al pagamento del debitore
alla propria banca, i quali abbiano ad esempio concordato nel contratto quadro che il pagamento venga autorizzato dopo l’esecuzione dello
di cui all’art. 1189 c.c. in luogo della, o accanto alla regola dell’art. 1992 c.c. in tema di
assegno cfr. SANTONI, Gli assegni non trasferibili, Napoli, 1988, 5 e 113.
23
Così BRECCIA, La ripetizione dell’indebito, cit., 350 nt. 158, che considera anche
l’ipotesi, fondamentale nei pagamenti a mezzo banca come l’addebito diretto, in cui destinatario della prestazione non dovuta sia un “ente composto da una pluralità di persone”.
— 116 —
L’ADDEBITO DIRETTO
stesso, e sia scaduto il termine delle otto settimane per chiedere il rimborso), che attribuirebbe la titolarità della condictio alla stessa banca.
Questa soluzione potrebbe essere agevolmente superata mediante apposita clausola di trasferimento dell’azione di ripetizione dalla banca
al debitore suo cliente. La banca delegata potrebbe, in questi casi, per
la verità persino rifiutarsi di adempiere, ma difficilmente ciò avverrebbe, in quanto come già si è detto, il diritto del debitore di rifiutare
l’avvenuto pagamento e quindi di richiedere il rimborso dello stesso,
farà sì che la banca non voglia essere messa minimamente in condizione di potersi rifiutare, lasciando al debitore suo cliente l’opzione
della revoca-rifiuto. La spettanza della condictio però non sarebbe in
questo caso al debitore, in quanto, essendo lo jussum (anche
nell’addebito su impulso del creditore, nel quale l’autorizzazione iniziale del debitore a quest’ultimo, come si è visto non è di per sé sufficiente a giustificare lo spostamento patrimoniale) la giustificazione
stessa della solutio anche nei confronti dell’accipiens, il venir meno di
esso travolge il pagamento che viene effettuato “senza causa”. Detto
pagamento si colloca, in altri termini, “a monte” del conteggio, e dunque sarà – tecnicamente – il solvens a dover agire in ripetizione (recte:
ad essere il titolare della relativa azione). Un diverso tipo di soluzione
in questo caso non è possibile, a meno di non voler considerare la delegazione – e quindi l’operazione di addebito diretto – in questione
come non “liberatoria”, il che sarebbe completamente l’opposto dello
scopo che l’addebito diretto si prefigge di raggiungere24. La delegazione “liberatoria” in senso proprio è infatti soltanto quella che nasce
come tale: e cioè nella quale lo jussum contenga l’incarico per il delegato di concludere una delegazione condizionata alla liberazione del
debitore delegante e non anche quella in cui, invece, la liberazione sia
l’effetto di un’autonoma dichiarazione “spontanea” del creditore delegatario, che avrà, perciò, natura remissoria, con la conseguente possibilità per il delegante che non aveva preordinato la sua liberazione,
di impedirla, dichiarando di “non volerne profittare”, ex art. 1236
c.c.25.
24
Quanto detto in merito al fatto che nell’addebito su impulso del creditore non è
sufficiente l’autorizzazione del debitore a quest’ultimo per determinare lo spostamento
patrimoniale dal debitore al creditore, non deve indurre a fraintendere lo scopo
dell’addebito diretto medesimo, che resta liberatorio. Il problema sta nel fatto di assegnare la funzione che l’ordinamento anche indirettamente prevede, ad ogni singolo atto
del procedimento, tale per cui non si confonda il mezzo (autorizzazione del debitore)
col fine (scopo solutorio).
25
Sul costante interesse del delegante a che l’assunzione del debito da parte del de— 117 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
Attraverso il mandato diretto a provocare l’obbligazione della banca
delegata verso il delegatario, il delegante può perseguire qualunque
interesse compatibile con l’operazione negoziale tri- e quadrilatera
prevista dal legislatore, restando integrato l’oggetto del mandato dalla
conclusione di un negozio obbligatorio tra delegato (: la banca del
debitore, che si assume un debito proprio) e delegatario, non già –
come si potrebbe erroneamente supporre – dalla conclusione di un
negozio (causale) di assunzione del debito altrui26.
La necessità di configurare il rapporto tra delegante e delegato come nascente da mandato deriva dall’esame dell’interesse del delegante, che, nella sua dimensione minima, è diretto costantemente – in tutte le ipotesi applicative della delegazione – alla cooperazione gestoria
del delegato, ottenendo, diversamente dall’autorizzazione27,
l’obbligazione di costui al compimento dell’atto giuridico per conto
del delegante28. La terminologia utilizzata dal legislatore nel d. lgs.
legato avvenga per conto del primo, cfr. LA PORTA, L’assunzione, cit., 307, con corsivo
dell’Autore; cfr. pure CICALA, Delegazione ed espromissione, in Riv. dir. civ., 1968, I, 121, il
quale sottolinea la irrilevanza causale dell’interesse del delegante che sia ulteriore rispetto a quello costante di ottenere dal delegato la cooperazione gestoria. Calate sulla fattispecie dell’addebito diretto, queste riflessioni possono essere di notevole ausilio.
26
LA PORTA, L’assunzione, cit., 309: nella delegazione infatti, l’oggetto del mandato è
costantemente, e necessariamente, la conclusione di un negozio obbligatorio tra delegato e delegatario e non già la conclusione di un negozio di assunzione del debito altrui
ovvero di altro negozio casualmente tipico. Il negozio gestorio che il delegato dovrà
compiere verso il delegatario per soddisfare l’interesse del delegante secondo lo schema
della delegazione dovrà sempre essere un negozio obbligatorio, avente come effetto
l’assunzione di un’obbligazione a carico del delegante ed in favore del delegatario; tuttavia, soltanto nel caso specifico in cui la delegazione venga utilizzata per produrre assunzione del debito altrui, il negozio gestorio sarà un negozio di assunzione del debito altrui, concretandosi, altrimenti, in un comune negozio obbligatorio retto dall’espresso
riferimento all’esecuzione del mandato (come accade nella delegazione c.d. pura). È al
primo tipo di negozio che si deve fare riferimento, allorquando si pensa alla fattispecie
dell’addebito diretto, presentando quest’ultimo i caratteri di un’operazione quadrilatera
nella quale la banca del debitore si obbliga verso il debitore-pagatore, suo cliente, a pagare le somme che la banca del creditore-beneficiario richiederà di volta in volta:
l’oggetto del negozio obbligatorio (molto spesso, accordo quadro) concluso tra debitore
e propria banca avrà sempre come effetto l’assunzione in capo alla banca di
un’obbligazione a carico del debitore e in favore del creditore-beneficiario, non un negozio di assunzione del debito altrui.
27
Che, ove configurabile nel nostro ordinamento, potrebbe risolversi al più in un atto unilaterale attributivo di facoltà in favore del destinatario: sul punto, GRASSO, Considerazioni sul c.d. jussum accipiendi nella delegazione di debito, in Saggi di diritto civile, I ed., Napoli, 1989, 151 ss.
28
In tal senso, CICALA, Delegazione ed espromissione, cit., 120, il quale così osserva: «Invero ad un contratto, e proprio ad un contratto di mandato, fanno riferimento le parole
— 118 —
L’ADDEBITO DIRETTO
11/2010 (che ricalca quello della Direttiva europea) non deve indurre
in confusione là dove parla di “autorizzazione”, in quanto con tale
espressione esso si riferisce in realtà al necessario consenso del debitore all’esecuzione di un’operazione (è lo stesso art. 5, comma 1°, nella
sua parte finale, a specificare che “in assenza del consenso,
un’operazione di pagamento non può considerarsi autorizzata”, con
ciò richiamando la necessità di un accordo tra debitore e proprio prestatore di servizi dal quale scaturiscono gli obblighi di quest’ultimo di
effettuare le operazioni di pagamento: come già più volte ricordato,
giuridicamente tale rapporto configura un mandato, che manca nel
caso contemplato al comma 3°, già richiamato poco sopra in sede di
esame del pagamento senza jussum).
Nel caso di addebito diretto con ricorrenza dell’obbligazione di valuta (così come anche nella delegazione su debito), si avrebbe che
l’adempimento del delegato (banca del debitore) a mani del delegatario (che non è in questo caso il creditore, bensì la banca di costui incaricata dell’incasso) soddisferebbe i preesistenti rapporti interni, ancorché la delegazione non sia titolata rispetto ad alcuno dei due. In questo caso, al debitore non sarebbe preclusa la possibilità di chiedere il
rimborso ex art. 13 d. lgs. 11/2010, in quanto detta norma, come si è
visto, non considera minimamente l’esistenza o meno di vizi relativi al
rapporto di valuta, lasciando aperta la possibilità di richieste di rimborso fraudolente, che troveranno poi riequilibrio nei rapporti interni
tra pagatore e propria banca (cfr. il comma 2° dell’art. 14, che concede alla banca del pagatore la possibilità di rifiutarsi di rimborsare il
proprio cliente, motivando adeguatamente il rifiuto), o ancora tra debitore e beneficiario.
Il riferimento, da parte della banca del beneficiario, alla “causale”
del pagamento, e l’obbligo per la banca del pagatore di effettuarlo, in
esecuzione dell’accordo quadro (e questo, sia nel caso di addebito su
iniziativa del debitore, sia in quello su iniziativa del beneficiario), costidell’art. 1269, comma 2, c.c. – il delegato “non è tenuto ad accettare l’incarico” – sia perché, se di autorizzazione si trattasse, questa, come negozio unilaterale, non sarebbe suscettibile di accettazione e quindi la dichiarazione del delegato prevista dall’art. 1269,
comma 2°, come accettazione dell’incarico, sarebbe priva di valore; sia perché
l’autorizzazione attribuisce una facoltà, non conferisce un incarico (art. 1269, comma 2°)
all’autorizzato. Il contratto che mira ad assicurare allo stipulante il diritto di pretendere
il compimento di una attività di cooperazione a carattere giuridico è appunto il mandato”». Nello stesso senso, almeno per la delegatio promittendi, PELLIZZI, Fallimento, cit., 569:
“Riteniamo poi che non si possa parlare di atto autorizzato, ma solo di esecuzione di un
incarico, quando ci si riferisca all’accettazione anziché al pagamento”.
— 119 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
tuiscono espresso concorde riferimento al mandato ricevuto dalla
banca del debitore: senza questo, si avrebbe un addebito ingiustificato,
e qualora il debitore non abbia effettuato richiesta di rimborso nel
termine di otto settimane previsto dalla legge, la propria banca potrebbe esercitare azione di ripetizione verso il beneficiario (in caso di
Abbuchungsauftragsverfahren). Nel caso di Einzugsermächtigungsverfahren,
pur provenendo la richiesta di pagamento dal beneficiario e dalla
banca di questi, non cambierebbe nulla in ordine alla possibilità per la
banca del debitore di agire in ripetizione (sempre ove il suo cliente
non abbia chiesto il rimborso ex art. 13 d. lgs. 11/2010)29. Non si è fatto qui riferimento alla ricorrenza della valuta, in quanto non rilevante
riguardo al rapporto che la banca del debitore (delegata) ha con il
beneficiario (delegatario): il rapporto causale di provvista (ulteriore
rispetto al mandato) resta soddisfatto dalla prestazione esattamente
eseguita dal delegato al delegatario per effetto dell’espresso accordo in
tal senso raggiunto tra le parti in sede di conclusione del contratto di
mandato (il più volte citato accordo quadro).
L’assenza del riferimento alla valuta (o ancor di più, la mancanza
stessa della obbligazione principale), senza porre problemi di validità
del negozio concluso tra delegato e delegatario (in quanto esecutivo
dell’obbligazione ex mandato) fa nascere, tuttavia, l’esigenza di giustificare la permanenza, nella sfera giuridica del delegatario creditore,
dell’attribuzione patrimoniale effettuata dalla banca delegata per conto del delegante, imponendo a quest’ultimo di “chiudere” la triangolazione mediante il già citato jussum30. Ecco perché, nel caso in cui man29
Cfr. LA PORTA, L’assunzione, cit., 398 nt. 290, secondo il quale, nell’ipotesi di delegazione pura con rapporto di provvista “eccezionabile” (l’espressione è dell’Autore),
l’esistenza del valido rapporto di valuta salverebbe la fattispecie dalla nullità c.d. della
doppia causa soltanto a condizione che ricorra la saldatura dello jussum accipiendi nella
direzione delegante-delegatario; infatti, l’assenza di qualunque riferimento alla valuta
non consentirebbe di affermare la validità della delegazione ove non ricorresse
l’autonoma imputazione della prestazione effettuata dal delegato al delegatario
all’obbligazione corrente tra delegante e delegatario. Si è già tuttavia argomentato supra
che, per la sua particolare funzione di strumento della prassi bancaria assimilabile al
credito documentario, nell’addebito diretto non è possibile in capo alla banca del debitore sollevare l’eccezione della c.d. nullità della doppia causa.
30
Per il caso, già richiamato anche nel testo, del debitore-delegante che si opponga
al pagamento da parte della banca delegata, cfr. MARTINO, L’expressio causae, cit., 198, il
quale sottolinea come la delegazione debba intendersi revocata (ex art. 1270 c.c.), e il
creditore non abbia facoltà di accettare la prestazione, salvo esporsi all’azione di ripetizione. Sul rapporto tra delegato e delegatario come causa dell’obbligazione del primo
verso il secondo, cfr. P. RESCIGNO, voce Delegazione (diritto civile), in Enc. dir., XI, Milano,
1962, 961; ma v. già BIGIAVI, La delegazione, cit., 353, per il quale nella delegazione pura il
— 120 —
L’ADDEBITO DIRETTO
chi sia lo jussum tra debitore e banca delegata, sia l’obbligazione principale, la condictio dopo il termine delle otto settimane dall’avvenuto
addebito spetterebbe alla seconda e non al primo, restando invariati i
rapporti interni tra questi due, che possono prevedere la richiesta di
ulteriori danni dal debitore alla propria banca che abbia agito in modo negligente e senza incarico31.
4. Azione di ripetizione, addebito diretto e rifiuto dell’addebito da parte del debitore.
La prassi consolidata relativa all’addebito su iniziativa del creditore
ha mostrato come la banca del debitore compia l’operazione di addebito sul conto del debitore senza previa consultazione con
quest’ultimo (il quale di norma autorizzerà l’operazione ad esecuzione
già avvenuta)32; essa agisce dietro impulso della banca del beneficiario
nell’ambito del rapporto interbancario, e ciò comporta come prima
conseguenza la possibilità per il debitore di pretendere la restituzione
dell’importo addebitato. Una questione che ha avuto grande rilevanza
pratica nella prassi bancaria tedesca e che senza dubbio sarà destinata
ad averne anche in quella italiana, concerne la scadenza del termine
delle otto settimane entro cui il debitore può richiedere il rimborso
delegato “si limita a dichiarare che la causa della sua obbligazione o prestazione va ricercata in un suo rapporto col delegante, senza precisare, però, di qual natura detto rapporto sia”.
31
La differenziazione delle azioni esercitabili in ordine alla presenza o meno di un
conto passivo in capo al beneficiario è operata da DE STASIO, Operazione di pagamento,
cit., cap. III, par. 7, il quale lamenta i limiti dell’impostazione civilistica ove questa venga
applicata a un procedimento tra conti di pagamento di cui quello del beneficiario sia
appunto passivo, e rimarca la necessità «che la ripetizione sia promossa nei confronti del
soggetto effettivamente avvantaggiato, cioè di colui presso il quale si è “fermata”, in chiusura del procedimento, la disponibilità monetaria», ossia il prestatore di servizi del beneficiario. Al riguardo, nell’ottica di una logica procedimentale sottesa ad ogni operazione
di pagamento, per l’Autore “sembra possibile immaginare una differenziazione di fattispecie e di effetti, a seconda che a esercitare l’azione di ripetizione sia il PSP (che ha
riaccreditato il pagatore ai sensi dell’art. 11 d.lgs. 11/2010, non essendo risultato al medesimo imputabile il consenso o l’autorizzazione, ex art. 5 d.lgs. 11/2010, all’operazione
di pagamento) o l’USP pagatore, in base al rapporto di valuta o sul fondamento di
un’autorizzazione che, procedimentalmente riscontrata, sia cionondimeno negozialmente inesistente”.
32
Si è già detto della dottrina tedesca che parla ora, dopo l’avvento del SEPALastschrift, della Vorautorisierung rilasciata dal debitore alla propria banca: fattispecie che
però non modifica la struttura dell’Einzugsermächtigungsverfahren, nel quale l’operazione
parte dal creditore e può essere autorizzata anche successivamente, se concordato tra
debitore e proprio prestatore di servizi di pagamento (art. 5, comma 3°, d. lgs. 11/2010).
— 121 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
(cfr. anche infra, par. 4, per l’analisi della situazione nella prassi bancaria tedesca): si è già accennato al fatto che il rimborso viene chiesto
dal debitore alla propria banca e non al beneficiario o alla banca di
questo (art. 13, comma 2°, e 14, comma 3°, d. lgs. 11/2010). La disciplina europea e il decreto di attuazione di essa in Italia non menzionano in alcun modo il rapporto interbancario (ugualmente ciò avviene nelle norme sulla revoca: art. 17).
In realtà è a quest’ultimo rapporto che l’originario termine di sei
settimane (ora modificato in otto), applicato per decenni nella prassi
bancaria tedesca, si riferiva (e si riferisce tutt’ora per tutti gli addebiti
diretti nazionali)33, con la specificazione che dopo la scadenza di quel
termine, la banca del beneficiario resta obbligata al rimborso dei soli
addebiti ingiustificati e non di qualsiasi addebito che sia stato revocato
dal debitore. A ben vedere, questa disciplina era molto più favorevole
al debitore di quella poi delineata dalla direttiva comunitaria;
quest’ultima infatti, non menzionando nemmeno il rapporto interbancario, cerca di ricondurre da un lato al rapporto tra debitorepagatore e proprio prestatore di servizi di pagamento la controversia
relativa al diritto di rimborso, facendo salve le controversie del rapporto di valuta. Inoltre va ricordato che la possibilità di richiedere il rimborso a prescindere dall’esistenza di addebiti ingiustificati è ora sottoposta alla volontà delle parti (pagatore e proprio prestatore di servizi
di pagamento) di prevedere espressamente questa possibilità: così si
esprime l’art. 14, comma 3°, d. lgs. 11/2010.
Nella prassi bancaria pregressa, il debitore ha sempre avuto sei settimane di tempo dalla data dell’addebito per rifiutare quest’ultimo,
dopodiché sulla sua banca (Zahlstelle) gravava sempre l’obbligo di
stornare la somma in precedenza addebitata: essa poteva pretendere,
in base al rapporto interbancario, la somma anzidetta dalla banca del
beneficiario (Inkassostelle). Quest’ultima a sua volta riequilibrava la situazione giuridica nei confronti del beneficiario, addebitando sul suo
conto la somma già stornata al debitore.
La situazione diventava più complessa qualora il rifiuto
dell’addebito fosse avvenuto da parte del debitore dopo il termine delle sei settimane previsto nel Lastschriftabkommen: egli infatti poteva
sempre pretendere dalla propria banca lo storno delle somme addebitate; qualora però avesse già autorizzato l’addebito, perdeva tale diritto
(la disciplina europea è invece ora molto più favorevole al debitore, in
33
OSTERRIED, Einzugsermächtigungsverfahren, cit., 15; JACOB, Die zivilrechtliche Beurteilung, cit., 19; KLINGER, Rückabwicklung, cit., 214.
— 122 —
L’ADDEBITO DIRETTO
quanto gli consente di rifiutare addebiti già autorizzati). Se viceversa
egli rifiutava l’addebito ma dopo il termine anzidetto, la sua banca
non poteva pretendere lo storno nei confronti della banca del beneficiario, e non le restava altra via che quella del risarcimento del danno
nei confronti di quest’ultima; azione questa, che presupponeva però
l’esistenza di un danno in capo alla banca del debitore, come conseguenza immediata e diretta di un addebito illegittimo34. Un quesito affrontato anche dal tribunale federale tedesco riguardava la necessità o
meno per la Zahlstelle di rivolgersi preliminarmente al beneficiario per
la ripetizione dell’indebito. Ci si era chiesti se essa potesse indirizzare
le proprie pretese risarcitorie verso la banca di quest’ultimo soltanto in
caso di insuccesso della condictio indebiti verso il beneficiario stesso. Di
questo si tornerà a parlare meglio nel prossimo paragrafo.
Anche con riferimento a detto tema, nella decisione più volte citata
del 20 giugno 1977, il BGH ha stabilito la validità dei principi in tema
di bonifico, anche per l’ambito dell’addebito diretto, con la conseguenza che la banca del debitore adempie nello stesso momento ad
una prestazione nei confronti del proprio cliente in base al rapporto
di provvista, e si fa tramite del debitore verso il beneficiario nel rapporto di valuta; la differenza col bonifico quindi, secondo il Bundesgerichtshof, non v’è se non nel fatto, certamente non trascurabile, che
l’iniziativa di tutto ciò nel Lastschrift spetta al creditore. Dal punto di
vista sia giuridico ma anche economico, si tratta di prestazioni del debitore e della sua banca. Ciò significa, restando sul piano dell’addebito
diretto, che il debitore adempie nei confronti del creditore una prestazione, ma che, come già anticipato supra, nessuna relazione sussiste
tra debitore e la banca del creditore; perciò non sarà possibile nemmeno una condictio indebiti del primo verso la seconda. Riguardo
all’azione di ripetizione dell’indebito da parte della banca del debitore
il BGH ha concluso nel senso che essa sia sussidiaria, ossia ammissibile
solo quando non sia possibile ricostruire l’atto solutorio ripercorrendo
la catena delle prestazioni in quanto questa si “spezza” e l’oggetto della
prestazione al beneficiario non risulterebbe effettuato da nessun soggetto facente parte della Leistungskette: nell’addebito diretto invece la
somma viene versata dalla banca del debitore in quanto essa dà seguito
all’ordine di addebito proveniente dalla banca del beneficiario, e
quest’ultima è così destinataria di una prestazione di natura solutoria e
34
Cfr. LSA I nr. 5: Bei Lastschriften, die als Einzugsermächtigungslastschriften gekennzeichnet
sind, haftet die erste Inkassostelle der Zahlstelle für jeden Schaden, der dieser durch unberechtigt eingereichte Lastschriften entsteht.
— 123 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
di fonte contrattuale (la fonte è infatti l’accordo interbancario), tale
per cui è la banca del debitore a rimanere titolare dell’azione di ripetizione verso quella del beneficiario. Anche nel caso in cui la banca del
beneficiario riduce o compensa un debito del proprio cliente mediante la prestazione ricevuta dal debitore-pagatore, si tratta comunque di
una prestazione che quest’ultimo ha indirizzato alla propria banca
(anche se l’iniziativa dell’operazione è comunque del creditore), e
non resta quindi spazio per una autonoma azione di ripetizione del
medesimo debitore verso la banca del creditore-beneficiario35, ciò anche perché, sempre a detta del tribunale federale tedesco, il debitore
può sempre esercitare la revoca dell’operazione, quando essa è stata
condotta violando le regole della buona fede. In realtà tale assunto
non fa altro che confermare il principio in base al quale è possibile
rendere inefficace uno spostamento patrimoniale ove manchino i presupposti della buona fede, principio che in ambito internazionale è
stato da tempo reso equivalente a quello dell’eccezione di dolo. In base a tale principio non è necessario dimostrare l’intenzione maliziosa
soggettiva, bastando il fatto oggettivo di aver tenuto una condotta non
corretta, e ciò è da tenere ben presente in quanto si avranno sempre di
più operazioni di pagamento non in contanti a livello internazionale, e
dunque anche addebiti diretti a cui si applicheranno i citati principi
sulla buona fede oggettiva36. Ecco perché le considerazioni che si ba35
KLINGER, Rückabwicklung, cit., 218; contra OLZEN, Anmerkung zum BGH, 20.06.1977,
in JR, 1978, 328, il quale fa notare che la questione determinante ruota attorno
all’arricchimento senza causa e propone un’azione diretta del debitore verso la banca
del beneficiario; il problema però consiste nell’inesistenza di un rapporto giuridico tra
questi due soggetti.
36
Sul problema si sofferma NIELSEN, Internationale Bankgarantie, cit., 2013 ss., con analisi della giurisprudenza americana, inglese e francese, che avrebbero come caratteristica
comune quella di richiedere anche lo stato soggettivo di arrecare un danno mediante
l’escussione. L’orientamento del BGH richiamato da Nielsen, che sembrerebbe tendere
verso quello dei Paesi appena citati, non è da considerarsi univoco: l’autore cita infatti
una decisione del BGH che propende per una sola considerazione dell’oggettività del
danno (e tra le tante sinora citate si possono richiamare anche quelle menzionate alla
nota successiva, oltre alla più volte citata del 10 ottobre 2000), e poi altre che invece parrebbero andare nella direzione opposta, ma riferite al credito documentario (e anche
qui, si può vedere BGH, 16 marzo 1987, in ZIP, 1987, 1038 ss., che per il medesimo istituto
afferma una lettura diversa da quella datane da Nielsen). Su questo tema val la pena leggere anche quanto scritto da KOZIOL, in Avancini-Iro-Koziol, Österreichisches Bankvertragsrecht, Band II, Wien, 1993, Rdn. 3/101 ss., p. 303 ss., che richiamandosi ai principi
vigenti in diritto austriaco sul risarcimento del danno (p. 304), ritiene non debba sussistere una specifica intenzione di nuocere da parte di colui che esercita un suo diritto, ma
semplicemente che si possa ravvedere un nesso di causalità tra la condotta del beneficia— 124 —
L’ADDEBITO DIRETTO
sano sulla necessità della concessione-autorizzazione da parte del debitore al beneficiario, per considerare produttivo di effetti l’addebito già
avvenuto, e per consentire quindi alla banca del debitore di ripetere la
somma dal beneficiario non paiono alla luce della normativa europea
di conforto, in quanto si devono scontrare con la rigidità della norma
di cui all’art. 15 d. lgs. 11/2010 in base al quale il pagatore può revocare l’ordine non oltre la fine della giornata operativa precedente il
giorno concordato per l’addebito dei fondi. Questa norma non consente quindi più al debitore una revoca vera e propria così come essa
veniva esercitata nella prassi bancaria tedesca, bensì una richiesta di
rimborso in base all’art. 13, con la conseguenza che, non potendosi
pretendere che sia possibile una condictio indebiti solo ove il debitore
abbia esercitato tempestivamente la revoca, si potranno sempre applicare i principi in tema di tutela del pagatore testé citati con riferimento alla violazione della buona fede, anche là dove l’addebito sia già stato autorizzato e non revocato. Risulterebbe quindi possibile da parte
della banca del debitore ripetere la somma versata alla banca del beneficiario anche in mancanza di revoca dell’addebito, non potendo essere considerata l’autorizzazione al prelievo una sorta di atto in grado di
bloccare l’esercizio della condictio indebiti, contrariamente a quanto veniva sostenuto da una parte della letteratura in tempi non più recenti37. Per giurisprudenza teorica e pratica tedesca dunque, nella norma
l’azione di ripetizione per il caso di prestazione che sia rechtsgrundlos,
spetta alla banca del debitore che ha eseguito materialmente il pagario e un danno subito dall’ordinante o dalla banca. In diritto francese (che qui si cita per
verificare le asserzioni di Nielsen) v. FRANÇOIS, Les Sûretés personnelles, Tome VII, Droit Civil, Larroumet (a cura di), Paris, 2004, 365 s., che fa sì presente la distinzione tra fraude e
abus, ma sottolinea come in realtà essa venga di fatto a cadere nel momento in cui se ne
richieda la manifestatezza, con ciò riprendendo VASSEUR, La jurisprudence française relative
aux garanties indépendantes, in Dir. comm. int., 1994, 58 s., che distingue tra frode e abuso,
ma li mette sullo stesso piano e richiede che «crèvent les yeux». Tornando quindi alla rilevanza degli stati soggettivi, Nielsen (2013), sottolinea come le Regole ISP 98 della Camera di Commercio internazionale mal si conciliano con la generale riconosciuta valenza
dell’eccezione di dolo in grado di bloccare il pagamento, in quanto alla regola 8.01 obbligano l’ordinante al rimborso anche quando l’escussione della somma verso la banca
sia stata abusiva, ma alla regola 1.05 lett. c) volutamente – e contraddittoriamente – non
definiscono né disciplinano le eccezioni di frode, abuso e altre similari. Sul più generale
diritto a sollevare l’exceptio doli in diritto austriaco v. KOZIOL, ult. op. cit., Rdn. 3/51, p. 272
s., 3/58, p. 277 ss.; in giurisprudenza OGH, 12 agosto 1996, in ÖBA, 1997, n. 599, 64 ss.
37
KLINGER, Rückabwicklung, cit., 220, il quale dava particolare risalto
all’autorizzazione intesa come Genehmigung, ricostruzione non seguita però dal tribunale
federale tedesco, il quale non poneva, nemmeno nella decisione richiamata nel testo,
questo rigoroso presupposto per l’esercizio della condictio.
— 125 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
mento e non al debitore, che potrà rivalersi immediatamente sulla
propria banca per le somme da questa addebitatele38. Egli però non
deve aver rilasciato alcuna autorizzazione al pagamento (e conseguentemente deve essere scaduto il termine delle otto settimane per la richiesta di rimborso): a ben vedere questa non è altro che una conferma della teoria della delegazione senza jussum esposta per il diritto italiano. La mancanza di autorizzazione (che non può essere sostituita
nemmeno dalla più volte citata Vorautorisierung contemplata ora dalla
normativa tedesca post SEPA, proprio perché non si tratta di jussum ma
di mera informazione del debitore alla propria banca dell’avvio del
procedimento da parte del creditore) fa sì che la prestazione eseguita
dalla banca venga imputata in capo a questa stessa, e non al debitore,
che non ha appunto (ancora) conferito lo jussum.
5. (Segue). Azioni restitutorie e risarcitorie. Ricostruzione dei rapporti giuridici facenti parte della catena di prestazioni nel diritto tedesco.
La sentenza del BGH richiamata supra (20 giugno 1977) ha posto le
basi per una ricostruzione del rapporto tra banca del beneficiario (Inkassostelle) e gli altri soggetti coinvolti dall’operazione di addebito, attribuendo alla prima il ruolo di “mediatrice di prestazione” (Leistungsmittlerin), in quanto, così il tribunale federale, essa accredita sul
conto del beneficiario la somma oggetto del Lastschrift non appena
quest’ultimo le ha presentato la relativa scrittura di addebito. In realtà,
in base alle riflessioni sulla titolarità dei pagamenti compiuti dalla
banca in operazioni tri- e quadrangolari anche diverse dall’addebito
diretto, come ad esempio le garanzie bancarie internazionali, si può
pacificamente affermare che la banca del creditore, finché non ha ricevuto la somma da quella del debitore, paga al suo cliente un debito
proprio, e come tale lo riceve in ogni caso dalla banca del debitore
(almeno, fino a quando quest’ultimo possa ancora chiedere il rimborso, anche di operazioni autorizzate). La qualificazione di mediatrice in
realtà è stata formulata con riferimento alla transazione eseguita dalla
banca del beneficiario a quest’ultimo, nel momento in cui si può affermare con sicurezza che la somma accreditata dalla banca del debitore non potrà più essere oggetto di restituzione; ma questa distinzione a ben vedere non è convincente in quanto non è di nessun interes38
Recentemente cfr. BGH, 22 febbraio 2011, in NJW, 2011, 2130, che ha specificato
che l’onere di provare la mancanza dell’autorizzazione all’addebito è in capo alla banca
del debitore.
— 126 —
L’ADDEBITO DIRETTO
se da parte della banca del beneficiario il vedersi attribuire un ruolo di
intermediaria, con tutti problemi che ciò comporta. Infatti se essa fornisce al beneficiario una prestazione che non è classificata come debito proprio, potrebbe essere legittimata a sollevare a quest’ultimo le eccezioni tipiche dello schema delegatorio: in particolare, pur con le differenze tra il rapporto di addebito e la delegazione (viste nel capitolo
precedente), sarebbe difficile, quantomeno su di un piano teorico,
impedire alla Inkassostelle (che quindi figurerebbe come delegata della
Zahlstelle) di opporre al beneficiario-delegatario l’eccezione di nullità
della doppia causa, ex art. 1271, comma 2°, c.c. In realtà questa ipotesi
appare del tutto impraticabile, sol che si consideri che la banca del
beneficiario dovrebbe figurare come delegata non certo di
quest’ultimo ma, come appena accennato, della banca del debitore (al
debitore non è legata da alcun rapporto giuridico), senza avere alcun
interesse a trovarsi in questa posizione. In Germania l’Abkommen sui
Lastschrift contempla infatti esclusivamente i rapporti tra le banche
coinvolte, mentre il rapporto con il beneficiario è regolamentato da
accordi contrattuali ai quali la banca del debitore non prende parte.
La scomposizione dell’operazione quadrilatera impedisce di considerare la banca del beneficiario creditore come intermediaria tra la banca del debitore e il creditore stesso. Se, come di fatto accade, il rapporto tra le due banche viene regolamentato da un accordo interbancario, è chiaro che quelle avranno interesse a mantenere distinti i rapporti giuridici rispettivamente tra loro e coi propri clienti39.
La banca del beneficiario assume quindi l’esclusivo ruolo di mandataria del proprio cliente, per conto del quale attiva la procedura di
scrittura di addebito verso la banca del debitore-pagatore: chiarito ciò,
va ora analizzata, anche alla luce della normativa europea che ne fa
espressa menzione, la possibilità del ristabilimento dello status quo ante
in seguito a ripetizione dell’indebito.
La prassi bancaria tedesca ha da tempo elaborato una regolamentazione che a sua volta, come si è detto, è stata trasposta nel Lastschriftabkommen valevole per tutti gli istituti di credito e approvato con le ultime modifiche per l’ultima volta nel 2012. In base a detto accordo negoziale, qualora il debitore-pagatore abbia rifiutato l’addebito, la sua
39
Contra OSTERRIED, Einzugsermächtigungsverfahren, cit., 23 s., la quale non dà conto
però della evidente contraddizione in cui si cade, allorché da un lato si specifica – come
in effetti avviene – che la Inkassostelle consegna un proprio modulo per l’incasso, e
dall’altro che essa agisce come rappresentante, là dove quest’ultimo concluderebbe il
negozio in proprio nome col terzo, ma i cui effetti si andrebbero poi a riverberare nella
sfera giuridica del soggetto che gli ha conferito mandato a rappresentarlo.
— 127 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
banca può restituire il relativo modulo e pretendere dalla banca del
beneficiario la retrocessione della somma. Questa possibilità era, ed è
tuttora, sottoposta alla condizione che il rifiuto del debitore avvenisse
entro otto settimane dall’avvenuto addebito. Ove il rifiuto avvenga
successivamente a questo termine, il citato accordo negoziale accorda
comunque alla banca del debitore un risarcimento da far valere nei
confronti della banca del beneficiario, ma solo nel caso di addebito
ingiustificato, là dove con questo aggettivo bisogna intendere sia il caso in cui non sia stata rilasciata al creditore alcuna autorizzazione
all’addebito, sia in quello in cui essa sia stata sì rilasciata, ma questi ne
abbia travalicato i limiti. In quest’ultimo caso, un’autorizzazione è stata
quindi rilasciata e copre solo una parte dell’addebito successivamente
inoltrato dal beneficiario; non si può però parlare di addebito parzialmente autorizzato, in quanto la prassi bancaria espressamente non
consente di scindere l’addebito in due parti, una delle quali porterebbe effettivamente ad un incasso in capo al beneficiario. La sezione I
par. 6 dell’accordo negoziale citato non ammette infatti l’addebito
parzialmente autorizzato, con la conseguenza che l’intera operazione,
ove già avviata, deve essere annullata, financo nel caso in cui il debitore abbia rifiutato l’addebito “parziale”: in questo caso, il rifiuto avrà efficacia per l’intero addebito, che dovrà considerarsi completamente
ingiustificato.
Se dunque il debitore rifiutasse l’addebito entro le otto settimane
previste nel Lastschriftabkommen (concordemente al termine previsto
dalla disciplina europea), non ci si troverebbe di fronte ad un caso di
indebito, in quanto la banca dello stesso debitore potrebbe immediatamente provvedere a stornare sul conto di quest’ultimo la somma già
addebitatagli, e richiedere, mediante azione di regresso (ex art. 27 d.
lgs. 11/2010) alla banca del beneficiario il rimborso di quanto da lui
eventualmente già incamerato. Le fattispecie problematiche, come accennato al principio del paragrafo precedente, si presentano nel momento in cui il debitore-pagatore rifiuta l’addebito dopo lo scadere del
termine delle otto settimane. La banca di quest’ultimo, in base ai loro
rapporti interni, gli potrà riaccreditare la somma in precedenza addebitata, ma non la potrà riavere dalla banca del creditore-beneficiario,
in quanto la Sez. III, n. 2 del LSA esclude tale banca da quest’obbligo,
se la richiesta di rimborso è avvenuta dopo il termine anzidetto. In tal
caso e come già accennato supra alla banca del debitore spetterà un diritto al risarcimento del danno da far valere verso la banca del creditore, ma solo ove alla prima ne derivasse un danno e ove l’addebito sia
del tutto ingiustificato (cfr. LSA, Sez. I, n. 5), asserto che risulta in real— 128 —
L’ADDEBITO DIRETTO
tà più problematico di quanto non si pensi; anzitutto la banca del debitore di norma non può stabilire se un addebito sia stato effettuato
legittimamente o meno. Dovrebbe perciò quantomeno sapere se il beneficiario sia veramente in possesso di un’autorizzazione rilasciatagli
dal debitore, e se la somma addebitata rappresenti il valore
dell’obbligazione sottostante tra debitore e creditore, anche se, pur
non disponendo in merito la Direttiva, non si può escludere un dovere
della banca del debitore di verificare, una volta trascorso il periodo
delle otto settimane di cui all’art. 13 d. lgs. 11/2010, se
l’autorizzazione all’addebito fosse realmente nella disponibilità del
beneficiario. Ma il tenore del LSA I 5 non è chiaro in ordine al momento in cui alla banca del debitore potrebbe sorgere un danno, né
sul punto aiuta la nuova normativa europea poi recepita nel d. lgs.
11/2010, il quale all’art. 26 stabilisce che qualsiasi “risarcimento ulteriore rispetto a quelli previsti dalla presente sezione può essere determinato in conformità alla disciplina applicabile al contratto concluso
tra l’utilizzatore e il prestatore di servizi di pagamento”. La questione
che si pone è se la banca del debitore, per agire in via risarcitoria contro quella del beneficiario una volta trascorso il termine delle otto settimane, debba previamente esperire azione di ripetizione infruttuosa
verso quest’ultimo40, ovvero se sia sufficiente che essa non possa più
pretendere la restituzione della somma dalla banca del beneficiario.
Qualora emerga la legittimità del Lastschrift dovuta ad una autorizzazione, in Germania si esclude il diritto della banca del debitore ad agire per il risarcimento; ma se il debitore ha rifiutato l’autorizzazione
dopo lo scadere del termine delle sei settimane (e la fattispecie sarà
applicabile d’ora in poi anche al termine delle otto settimane), si dovrà ulteriormente indagare per stabilire nei confronti di chi la banca lo
possa pretendere, se verso il beneficiario ovvero verso il pagatore, suo
cliente.
Il diritto al risarcimento del danno è sicuramente uno degli istituti
più significativi del Lastschriftabkommen in questione, e di certo costituirà un modello cui si potranno rifare anche le banche italiane al momento della stesura di un regolamento interbancario sugli addebiti diretti41 Questa norma risarcitoria opera una ripartizione del rischio in
40
Così CANARIS, Bankvertragsrecht, cit., Rdn. 592.
Per la dovuta distinzione, specialmente nei rapporti trilateri, tra azione risarcitoria
e azioni restitutorie, distinzione talvolta equivocata anche nella giurisprudenza italiana,
cfr. DE STASIO , Operazione di pagamento non autorizzata e restituzioni, cit., cap. I, par. 1, il
quale fa appunto notare l’equivoco in questione, ma che richiama con ampie citazioni di
diritto straniero anche i parallelismi tra risarcimenti e restituzioni (cfr. note da 20 a 27).
41
— 129 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
favore della banca del debitore, relativamente alla questione
dell’addebito inoltrato dal beneficiario senza autorizzazione. In base al
par. I 5 citato, la banca del debitore ha un diritto azionabile contro la
banca del creditore per qualsiasi danno (jeden Schaden) che le dovesse
risultare dall’aver quest’ultima effettuato un addebito ingiustificato.
L’aver circoscritto la richiesta di risarcimento, ai soli casi di addebito
su iniziativa del creditore, ha il suo fondamento nel fatto che in quello
su iniziativa del debitore (Abbuchungsauftragsverfahren), la banca di
questi può verificare se l’addebito medesimo derivi da un incarico del
suo stesso cliente, tale per cui un danno, in questo tipo di addebito,
sorgerà in capo alla banca soltanto ove questa agisse senza mandato. In
questo caso l’eventuale danno sarebbe la banca stessa a doverlo sopportare, poiché non riconducibile ad un corretto procedimento di addebito, bensì ad un pagamento non dovuto in quanto eseguito senza
incarico.
In caso di addebito su iniziativa del creditore, il motivo dello spostamento del rischio in capo alla banca di quest’ultimo si spiega con
l’impossibilità per la banca del debitore di verificare se il beneficiario
abbia realmente ottenuto dal debitore l’autorizzazione necessaria a effettuare l’accredito; la banca del secondo dovrà semplicemente affidarsi al fatto che essa sussista. Al contrario invece, la banca del beneficiario ha la possibilità di far accedere il proprio cliente alla procedura
di addebito diretto o meno, e in ogni caso potrà sempre farsi mostrare
l’autorizzazione rilasciatagli dal debitore se non anche farsi rilasciare
dal proprio cliente adeguate garanzie o addirittura verificarne la di lui
solvibilità. V’è stato chi, riguardo al senso e all’espressione utilizzata
nel LSA I 5, ha parlato di rischio ovvero di responsabilità oggettiva da
garanzia, che sorgerebbe in capo alla banca del beneficiario42. Il significato pratico di questa norma pattizia è importante sol se si pensa che
essa è valida nei soli casi di addebito su iniziativa del creditore, in modo particolare per addebiti ingiustificati che siano stati rifiutati dal debitore dopo lo scadere del termine delle otto settimane. I casi invero di
danno in capo alla banca del debitore non si esauriscono in questo
frangente, bensì sussistono anche laddove il debitore abbia rifiutato
l’addebito entro il termine prescritto (LSA III 1): il relativo danno potrà consistere nel costo intrapreso dalla banca del debitore per far
fronte alla procedura e anticipare ad esempio la somma oggetto del
Lastschrift. Ma, ad esempio, un danno che vada oltre questa somma, la
banca del debitore lo potrebbe ricevere quando il debitore, a motivo
42
CANARIS, ult. op. cit., Rdn. 591.
— 130 —
L’ADDEBITO DIRETTO
di un addebito illegittimo, utilizzasse somme a titolo di mutuo per far
fronte ad esso, somme di cui egli potrà ben chiedere e ottenere la restituzione a titolo di responsabilità contrattuale nella quale incorrerà
la medesima propria banca, in quanto obbligata a non accettare addebiti illegittimi. Si avrebbe così una sorta di catena risarcitoria dove
l’anello debole è chiaramente il debitore e la di cui banca si troverebbe nella doppia veste da un lato di soggetto responsabile verso il proprio cliente e dall’altro di soggetto danneggiato dalla banca del creditore nel rapporto interbancario. Nel momento in cui la banca del debitore contravvenisse colpevolmente (e in questa fattispecie rientra
senz’altro un comportamento negligente) e senza giusta causa
all’obbligo di non dar seguito ad addebiti illegittimi, sarà obbligata a
restituire al proprio cliente, oltre all’eventuale maggior danno di spese
e interessi, la somma ingiustamente accreditata al beneficiario, somma
di cui comunque potrà a sua volta chiedere la restituzione alla banca
di quest’ultimo. A tale accusa (di aver accettato appunto un addebito
illegittimo) la banca del debitore potrebbe però sempre ribattere di
essere stata completamente all’oscuro dell’illegittimità dell’addebito, e
di non avere alcun obbligo di esserne informata; in realtà, se
l’eccezione, sul piano teorico, potrebbe essere accettata nel primo caso
– ove comunque la banca dovrà allegare la propria ignoranza incolpevole –, è nel secondo caso che essa non regge ad alcuna giustificazione,
in quanto tra gli obblighi che essa assume nel rapporto che la lega al
proprio cliente v’è certamente quello di non pregiudicarne la posizione per via di una condotta negligente. D’altra parte, la banca del debitore si è obbligata contrattualmente ad accettare addebiti provenienti
dai creditori del proprio cliente, e quindi si obbliga a prelevare somme
dal conto di quest’ultimo, ben sapendo che non può né giustificare né
respingere la legittimazione dell’addebito stesso43. Essa si è dunque
obbligata verso il debitore per una condotta che non potrà onorare,
per via di impegni che al contempo si assume verso la banca del credi43
Circostanza questa che si ricava dal tenore del LSA III 2, in base al quale la restituzione delle somme addebitate non può essere concessa al debitore, se quest’ultimo non
ha esercitato la revoca entro otto settimane dall’addebito, che quindi è stato effettuato –
se ne deduce – senza che la banca del debitore fosse minimamente a conoscenza di
eventuali cause di illegittimità dello stesso. Sulla problematica relativa alla possibilità per
la banca del debitore di richiedere indietro una somma qualora quest’ultimo eserciti la
revoca dell’addebito si è pronunciato, da ultimo, il BGH, 22 maggio 2012, in NJW, 2012,
2571, e in WM, 2012, 1383, il quale ha stabilito l’inefficacia delle clausole contenute nelle
condizioni generali di contratto tra banca e pagatore di addebito diretto che legavano
quest’ultimo a eccessivi oneri di documentazione.
— 131 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
tore e che derivano dall’accordo interbancario. La violazione di questo
obbligo di diligenza da parte della banca del debitore è quindi dovuta
alla sussistenza di due obblighi che finiscono per essere l’uno il contrario dell’altro, e che potrebbero condurre la medesima banca a violare quelli che essa si è assunta nei confronti dell’istituto di credito del
beneficiario. Tuttavia la responsabilità della banca del debitore non
può semplicemente essere elusa con la motivazione che essa non sapeva o non era tenuta a sapere nulla dell’illegittimità dell’addebito44, in
quanto la violazione dell’obbligo di diligenza verso il proprio cliente
comincia nell’accettazione di un impegno – derivante dal rapporto interbancario – l’adempimento del quale può portare consapevolmente
ad addebiti ingiustificati.
La posizione della banca del debitore non è tuttavia così sfavorevole, in quanto – così è stato fatto, e non a torto, notare – anche sul suo
cliente gravano obblighi di diligenza, in particolare quello di informarsi tempestivamente in relazione agli addebiti risultanti, al più tardi,
dal suo estratto conto45. Laddove egli venisse meno a tale obbligo, diventerebbe in base a tale assunto responsabile verso la propria banca
per non aver chiesto il rimborso entro le otto settimane prescritte, e
aver così impedito alla stessa di poter chiedere indietro la somma alla
banca del beneficiario (sebbene quest’ultima a sua volta sia in genere
obbligata in base agli accordi interbancari a cercare di recuperare la
somma presso il proprio cliente). In realtà, questo caso potrebbe
senz’altro essere fatto valere dalla banca del debitore, ma solo là dove
quest’ultimo abbia comunque rilasciato al beneficiario un’autorizzazione. Ove questa dovesse mancare, si sarebbe in presenza di un caso
riconducibile agli artt. 9 e 11 del d. lgs. 11/2010, con la conseguenza
che il debitore avrebbe comunque 13 mesi di tempo per chiedere il
rimborso della somma ingiustamente addebitatagli, e una volta scaduto tale termine potrebbe senz’altro agire in ripetizione contro la propria banca, e quest’ultima a sua volta potrebbe agire verso il beneficiario (si tratterebbe di una delegazione mancante di jussum: v. supra, par.
2 di questo capitolo). Intatto resterebbe il diritto al risarcimento del
danno ulteriore in capo alla banca del debitore, verso quella del beneficiario (LSA I 5).
44
Cfr. KLINGER, Rückabwicklung, cit., 230.
Così WERNER, Die Lastschrift, cit., Rdn. 22, 263 s., il quale richiama il Nr. 11, comma
4° delle AGB-Banken in merito all’obbligo di controllo dell’estratto conto in capo al debitore.
45
— 132 —
L’ADDEBITO DIRETTO
Con riferimento all’onere della prova in caso di richiesta risarcitoria, anzitutto si deve trattare di un addebito ingiustificato, e qualora la
banca del debitore voglia far valere il suo diritto al risarcimento contro
la banca del creditore, dovrà allegare la prova dell’illegittimità
dell’addebito in questione. Questo significa che essa dovrà provare, a)
che il beneficiario non possiede alcuna autorizzazione del debitore; b)
che, anche se la possiede, ne ha superato i limiti; c) che il beneficiario
possiede sì un’autorizzazione, ma non sussiste alcun valido rapporto di
valuta. Dovrebbe inoltre dimostrare che il debitore non ha autorizzato
la banca ad effettuare alcun addebito, e che da un addebito ingiustificato ne è nato uno (erroneamente) autorizzato: è evidente che si richiede alla banca la prova di un fatto negativo, con la grossa difficoltà
che ciò comporta. A questo inconveniente essa può solo ovviare affermando nella eventuale sede processuale o arbitrale, mediante giuramento o altro mezzo di prova idoneo, che il debitore suo cliente non
ha mai autorizzato l’addebito; laddove però la banca del creditore persistesse nell’affermare il contrario, si aprirebbe un contenzioso tra le
due banche che andrebbe comunque risolto nell’ambito dei loro rapporti interni. È indubbio che è la banca del debitore a doversi misurare con l’onere della prova più esigente (dimostrazione di una fattispecie negativa); in Germania non si ritiene di dovervi comunque derogare mediante una sua inversione, in quanto non se ne ritengono sussistenti i requisiti46, che di norma si verificano in situazioni di violazione
di obblighi di informazione da parte di chi si trovi in possesso di documenti di proprietà di un altro soggetto: nel caso di specie non basta
il fatto che la banca del debitore invochi la norma in questione richiedendo a quella del creditore di mostrare l’autorizzazione all’addebito,
in quanto quest’ultima non ha alcun obbligo di esibirla alla prima
banca, e di norma non è nemmeno in possesso della stessa47. Ma
quand’anche ciò avvenisse, difficilmente un incarico scritto del beneficiario alla propria banca di procedere all’addebito potrebbe essere visto come mezzo di prova preordinato a favore della banca del debitore
nel senso indicato sopra. Non potrebbe neppure essere invocata una
inversione dell’onere della prova motivata da una condotta negligente
da parte della banca del creditore, ossia una condotta consistente
nell’accettare addebiti ingiustificati, in quanto come si è detto,
46
KLINGER, ult. op. cit., 232; PRÜTTING-LAUMEN-BAUMGÄRTEL, Handbuch der Beweislast,
cit., § 810.
47
In tal senso v. CANARIS, HGB-Großkommentar, vol. 5, Bankvertragsrecht, Teil I, 4.
Aufl., Berlin, 2005, Rdn. 591, il quale cita a sostegno di questa tesi una sentenza del LG
Bochum del 1985 (non vidi).
— 133 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
quest’ultima banca non è gravata dall’obbligo di accettare solamente
addebiti corrispondenti a rapporti di valuta esistenti, o per i quali sussista comunque una preventiva autorizzazione del debitore (la stessa
normativa europea, si è visto, ammette l’autorizzazione successiva
all’esecuzione dell’addebito).
L’accordo tra istituti di credito di cui al LSA tedesco sin qui richiamato costituisce tuttavia un valido aiuto per la risoluzione del problema: esso non contiene alcuna disciplina dell’onere della prova, ma
stabilisce quale dei soggetti coinvolti debba assumersi il rischio di un
addebito ingiustificato, optando per la banca del creditore.
Quest’ultima potrà esimersi dal rischio del risarcimento mostrando
l’autorizzazione all’addebito (che avrà richiesto al proprio cliente), e
non ovviamente allegando la prova dell’obbligazione sottostante, che
essa non ha e che non vuole comunque avere; nelle vicende relative al
rapporto principale né l’una né l’altra banca sogliono intromettersi.
Per facilitare alla banca del debitore la prova di un addebito ingiustificato, in Germania si è fatto ricorso alla Anscheinsbeweis (o anche
prima facie Beweis), ossia una prova indiziaria che permette, partendo
da un risultato certo, di risalire a una determinata causa dello stesso48.
Nel caso di specie si avrebbe che, partendo dalla constatazione
dell’avvenuto rifiuto dell’addebito da parte del debitore, la causa sarebbe data con ragionevole probabilità dal fatto che quell’addebito è
stato effettuato illegittimamente. Se così fosse, la banca del debitore
dovrebbe limitarsi ad allegare l’avvenuta revoca (recte: rifiuto) opposta
dal proprio cliente all’addebito, e la conseguenza potrebbe persino essere di dimostrare in tal modo che l’addebito è ingiustificato anche in
base al rapporto di valuta.
Il punto nodale della questione diventa allora questo: è normale
che il debitore muova il rifiuto solamente contro addebiti ingiustificati? Certamente è normale che egli non si opponga contro addebiti legittimi. Siccome i dati indicano una percentuale piuttosto bassa di revoca o rifiuto degli addebiti, è ragionevole pensare che nel momento
in cui il debitore si decida a opporsi all’addebito, lo faccia senza intenzioni fraudolente (di questa eventualità si è già discusso supra). Situazioni nelle quali è presumibile un rifiuto dell’addebito possono essere
l’insolvenza o comunque sopraggiunte difficoltà economiche del debitore. La dimostrazione della legittimità del rifiuto, e quindi della illegittimità dell’addebito, porterà la banca del debitore a potersi tutelare
48
LEIPOLD, in STEIN-JONAS, Kommentar zur Zivilprozessordnung, Tübingen, 2008, § 286,
Rdn. 13, 689.
— 134 —
L’ADDEBITO DIRETTO
e richiedere quindi il risarcimento del danno alla banca del beneficiario (così come stabilito anche dall’accordo interbancario sugli addebiti
diretti tedeschi), la quale sopporterà questo rischio, in quanto è essa
che può vigilare al meglio sulla correttezza del proprio cliente.
Si può quindi affermare che la difficoltà della banca del debitore, di
dimostrare la mancata autorizzazione di un addebito alla banca del
creditore, nell’ambito del rapporto di valuta, può essere ammorbidita
mediante la regola indiziaria che consenta di desumere un risultato a
partire da un fatto le cui conseguenze sono statisticamente probabili
(in base al principio della prima facie Beweis). Alla banca del creditore
spetterebbe invece l’onere di dimostrare che qualora il debitore abbia
esercitato il rifiuto o la revoca dell’addebito, lo abbia fatto abusivamente. Una tale ricostruzione tiene conto del dato di esperienza, poi
recepito anche nel LSA delle banche tedesche nel combinato di cui al
Abschnitt I n° 5 e Abschnitt III n° 2, in base al quale è la banca del debitore che deve essere risarcita in caso di addebito illegittimo. Questo
dato, che emerge dalla prassi, tiene conto di un’altra circostanza, che è
quella in base alla quale la banca del debitore in genere non è in grado di dimostrare l’illegittimità di un addebito (ancora meno della
banca del beneficiario), e quindi il chiarimento in questione è rimesso
alla banca del creditore e ai suoi rapporti con quest’ultimo. Invero la
banca del creditore è gravata da un obbligo di cooperazione verso
quella del debitore, al fine di stabilire se un addebito sia stato presentato illegittimamente o meno.
Alla banca del debitore converrà sicuramente pretendere da quella
del creditore i chiarimenti necessari relativamente alla questione della
legittimità dell’addebito inoltrato; qualora la banca del creditore si rifiuti di collaborare, non potrà in un eventuale successivo giudizio contestare il diritto al risarcimento del danno fatto valere da quella del
debitore: il punto 5 dell’Abschnitt I parla chiaro, non è consentito alla
Inkassostelle da un lato di venir meno ai propri obblighi contrattuali di
collaborazione e buona fede nell’esecuzione dell’accordo interbancario, e dall’altro opporsi al diritto spettante alla Zahlstelle di richiedere il
risarcimento del danno. Questo comportamento sarebbe palesemente
contrario a buona fede e correttezza. Il vantaggio per la banca del debitore è quello di non essere esposta al possibile diniego da parte della
banca del creditore dinanzi alla richiesta di ammissione delle prove
indiziarie secondo il procedimento sopraccitato.
Mentre il punto 5 dell’Abschnitt I del LSA contiene un riferimento ai
danni patiti dalla banca del debitore, il successivo Abschnitt III, Nr. 2,
chiarisce che il risarcimento sussiste anche nel caso siano trascorse le
— 135 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
otto settimane previste dallo stesso Abkommen per la revoca (: rifiuto)
dell’addebito. La norma pattizia in questione è importante in quanto
tiene fermo il principio del possibile risarcimento del danno in capo
alla banca del debitore in caso di addebiti illegittimi, a prescindere
dall’atteggiamento diligente del debitore stesso.
Accanto alla questione risarcitoria si pone quella della restituzione
della somma non dovuta: ci si è chiesti se in caso di scadenza del termine per la richiesta di rimborso, sia necessario il previo esperimento
della condicito indebiti da parte della banca del debitore nei confronti
del beneficiario, per poi agire verso la banca di quest’ultimo in caso di
insuccesso. Autorevole teoria si è espressa nel senso della necessarietà
del previo esperimento dell’azione di ripetizione verso il beneficiario49,
ma questo presupposto pare del tutto superfluo, contrario
all’economia processuale e fonte di inutili spese nonché di perdita di
tempo in capo alla banca del debitore, la quale può invece ben più
agevolmente rivolgersi alla banca del beneficiario ex nr. 5 LSA, una volta che sia stato accertato che l’addebito è illegittimo ma che il rifiuto
del debitore sia tardivo. Va detto che, qualora la banca del debitore lo
ritenga opportuno, potrà comunque scegliere di rivolgersi al beneficiario e poi alla banca di costui in caso di insuccesso. Quello che va
senz’altro respinto è un obbligo di preventiva escussione verso il beneficiario. Che poi in molti casi la banca del debitore scelga di rivolgersi
direttamente al beneficiario, non cambia la situazione giuridica qui
esposta.
La banca del beneficiario, ove quella del debitore decida di agire
contro di lei, non potrà obiettare dinanzi a questa soluzione, che la
banca del debitore abbia ottenuto, dal medesimo procedimento, al
contempo due pretese sovrapponibili: il diritto al risarcimento del
danno verso sé medesima, e un diritto contro il beneficiario. Le due
pretese si fondano infatti su diversi presupposti: quella risarcitoria sca49
CANARIS, Bankvertragsrecht, cit., Rdn. 592; contra KLINGER, Rückabwicklung, cit., 243, il
quale fa notare l’inutilità di questo tipo di presupposto e definisce contraddittorie le argomentazioni di Canaris, poiché in effetti quest’ultimo poco sopra dichiara che la banca
del creditore si deve accollare il rischio di questo tipo di risarcimento per tenere ridotto
il rischio della banca del debitore. Ancora, per un commento alle norme del Lastschriftabkommen cfr. REYHER-TERPITZ, Der Lastschriftverkehr, cit., 114 ss., i quali fanno notare che
la banca del debitore non è in genere in grado di allegare l’illegittimità dell’addebito,
quando questa sia presente, e respingono la citata interpretazione di Canaris, giungendo
a ritenere certamente possibile un’azione di ripetizione della banca del debitore contro
il beneficiario, ma non prima, bensì dopo essersi rivolta alla banca di quest’ultimo per
l’eventuale risarcimento del danno. È da escludere, a contrario, con ogni probabilità
l’esercizio dell’azione risarcitoria come presupposto per l’esperimento della condictio.
— 136 —
L’ADDEBITO DIRETTO
turisce dall’aver partecipato alla procedura interbancaria con i costi
che ciò comporta (la fonte, quantomeno in Germania, dell’obbligo risarcitorio è infatti il Lastschriftabkommen valevole nei rapporti tra le due
banche). Quella restitutoria nasce dal rapporto di delega che si inserisce nell’addebito diretto (sia pur per una prestazione effettuata dalla
banca senza assunzione del debito altrui, e quindi come propria) e,
come già spiegato al par. 1, si ha nel momento in cui manchi sia
l’obbligazione sottostante, sia lo jussum (mandato), tale per cui l’onere
di esercitare la condictio verso la banca del beneficiario spetta alla banca del debitore. Delle pretese azionabili da quest’ultima si parlerà
compiutamente nel prossimo paragrafo.
6. Le pretese azionabili dalla banca del debitore. Indebito e Rapporto interbancario.
La banca del debitore compie la prestazione che, una volta scaduti i
termini per l’eventuale richiesta di rimborso (o per una rettifica ex
artt. 9 e 11 d. lgs. 11/2010), sarà in grado di estinguere il debito di valuta, ed esegue la stessa su mandato del debitore, ma, come già spiegato, pagando il debito come proprio. Ad essa, come visto anche nel par.
precedente, spettano due pretese azionabili, una derivante
dall’accordo interbancario, e diretta contro la banca del beneficiario;
l’altra derivante direttamente dalla legge, ossia appunto la condictio indebiti esperibile direttamente nei confronti del beneficiario. Se a restituire la somma è, in luogo di questi, la banca stessa del beneficiario,
questa restituzione potrà valere come prestazione estintiva di due diverse obbligazioni, ossia quelle menzionate sul finire del precedente
paragrafo50. Su questo si tornerà tra poco. Il problema in realtà non è
di facile soluzione, sol che si tenga conto della presenza o meno
dell’animus solvendi in capo alla banca del debitore, qualora il proprio
cliente non le abbia rilasciato l’autorizzazione all’addebito. Nel caso
infatti l’autorizzazione sia stata rilasciata, è sull’animus del debitore che
bisogna concentrarsi, e considerarlo certamente esistente. Nei Paesi
come l’Italia che prescindono dall’esistenza del suddetto animus, la
problematica è di più facile risoluzione, diversamente dalla Germania,
dove si distingue tradizionalmente – ma non dal punto di vista normativo, in quanto la norma di riferimento è sempre il § 812 BGB – tra ripetizione dell’indebito e arricchimento senza causa, là dove il discri50
L’obbligazione risarcitoria gravante sulla banca del beneficiario, e quella ex indebito gravante sul beneficiario.
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GIOVANNI B. BARILLÀ
mine tra le due azioni starebbe proprio nella presenza, nella prima,
dell’animus51.
Nell’analisi che seguirà si è dovuto tenere necessariamente conto, ai
fini della ricerca di valide soluzioni applicabili alle fattispecie considerate, del più volte richiamato accordo pattizio previsto in Germania
per gli addebiti diretti (Lastschriftabkommen) e sottoscritto
dall’associazione delle banche di quel Paese. Detto accordo contiene
infatti utili e preziose indicazioni per una sua possibile applicazione
anche alla prassi bancaria del nostro Paese, indicazioni che mantengono la loro importanza anche dopo l’approvazione della disciplina
europea.
Tornando al problema della prestazione con doppia finalità estintiva, nel caso di restituzione da parte della banca del beneficiario questa
si può verificare qualora essa, in qualità di accipiens indebiti (seppure
non nel rapporto sottostante) decida di estinguere sia il proprio debito
risarcitorio con la banca del debitore derivante dal rapporto interbancario (per aver la banca del beneficiario instaurato una procedura illegittima), sia quello dello stesso beneficiario, vero e proprio destinatario finale della prestazione eseguita. Altrimenti la Inkassostelle potrà optare di restituire alla Zahlstelle solamente l’ammontare del risarcimento
di cui al rapporto interbancario, ma in tal caso, la Zahlstelle medesima
non avrà più alcuna convenienza ad esercitare due diverse azioni, una
appunto contro la Inkassostelle, l’altra contro il beneficiario, per cui potrà convenire, sempre con l’Inkassostelle, di cederle l’azione contro il
beneficiario che spetta di norma alla banca del debitore.
La problematica è di notevole importanza anche alla luce del fatto
che le operazioni di addebito diretto possono essere eseguite isolatamente, come la prassi bancaria tedesca costante degli ultimi sessanta
anni ha dimostrato, e come riconosciuto, ora, anche dal d. lgs.
51
Per queste ed altre problematiche è d’obbligo il rinvio a MOSCATI, La ripetizione
dell’indebito, cit., 186 ss. e spec. 188, in cui l’Autore afferma che “non è l’intento solutorio
a rendere possibile l’effetto traslativo, bensì la causa esterna che costituisce la fonte
dell’obbligazione, cioè il rapporto fondamentale preesistente tra le parti”; è chiaro che
anche in Italia si distingue tra indebito e arricchimento senza causa, ma la differenza
non sta nella presenza o meno dell’animus. Per la Germania cfr. SOLOMON, Der Bereicherungsausgleich in Anweisungsfällen. Rechtsvergleichende Untersuchung zum deutschen Recht und
zu den Rechtsordnungen des Common Law, Tübingen, 2004, 8 ss., il quale specifica che il
problema dell’indebito nei rapporti trilateri riguarda certamente tutti gli istituti con funzione di pagamento, quale anche l’addebito diretto. Per ulteriori riferimenti cfr. anche
DE STASIO, Operazione di pagamento non autorizzata e restituzioni, in corso di pubblicazione,
cap. I, par. 1, anche per la necessità della distinzione tra azione di ripetizione ed azione
risarcitoria.
— 138 —
L’ADDEBITO DIRETTO
11/2010 (art. 1, b), 4.1). A maggior ragione valgono le considerazioni
generali in tema di indebito, anche se la prestazione relativa
all’addebito diretto non dovesse trovare la propria fonte in un rapporto continuato nel tempo intercorrente tra pagatore e beneficiario.
Se il debitore chiede il rimborso una volta che sia trascorso il periodo di otto settimane dall’addebito, indicato nel LSA (e, per l’Italia, indicato all’art. 13 del d. lgs. 11/2010), la sua banca, in base all’accordo
quadro col proprio cliente, potrà agire per la retrocessione del pagamento. Poiché tuttavia non le spetta più il diritto al rimborso stabilito
dall’accordo interbancario, contro la banca del beneficiario, le resterà
il diritto al risarcimento del danno in base al LSA I nr. 5 (o analoga
clausola che venisse inserita in futuri accordi interbancari: questo vale
evidentemente anche per l’Italia); questa pretesa potrà esser fatta valere dalla Zahlstelle una volta che essa abbia allegato la prova
dell’illegittimità dell’addebito. A questo proposito si rinvia a quanto
detto supra in tema di verosimiglianza della prova e di Anscheinbeweis.
Riesce la banca del debitore a dimostrare l’illegittimità dell’addebito
nei confronti della banca del beneficiario, il problema dello storno
delle somme accreditate a quest’ultimo diventa così di esclusiva pertinenza del rapporto interno tra beneficiario e propria banca, la quale
ha un diritto a stornare le somme illegittimamente addebitate che gli
deriva, in Germania, dal n. 9 dell’Inkassovereinbarung (Accordo quadro
sul mandato all’incasso) e che poi ciascun beneficiario concluderà con
la propria banca, in base alle recenti norme comunitarie. Inoltre,
sempre alla banca del beneficiario spetta la pretesa, da far valere contro quest’ultimo, derivante dal n° 11 del succitato Accordo, orientata a
bilanciare tutti gli svantaggi derivanti dall’utilizzo illegittimo o fraudolento dell’addebito.
A differenza della richiesta di rimborso di un addebito illegittimo,
anche dopo il termine convenzionale di otto settimane contenuto nel
LSA del 2012, per il caso invece in cui l’addebito sia legittimo e la richiesta di rimborso avvenga sempre dopo il suddetto termine, non
spetta alla banca del debitore alcun risarcimento del danno nei confronti di quella del beneficiario. È però indubbio che se la richiesta di
rimborso è stata effettuata legittimamente, si è in presenza di un indebito e la banca del debitore ha diritto di rivolgersi a chi ha tratto vantaggio da questo spostamento patrimoniale. In questo caso va
senz’altro detto, riprendendo autorevoli studi, che l’indebita consegna
di una somma di danaro, a titolo solutorio, può variamente atteggiarsi
alla stregua di una lesione patrimoniale ingiustificata a carico del solvens, il che evidentemente avverrà ogni qual volta nella situazione di
— 139 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
fatto siano ravvisabili anche le note distintive dell’evento dannoso ingiusto52.
Tornando al destinatario della condictio, ossia il soggetto legittimato
passivo della stessa, è chiaro che tecnicamente esso è, quantomeno in
prima battuta, l’accipiens in senso proprio, ossia il beneficiario e non la
banca di quest’ultimo, e non già perché questa sia soltanto un tramite
della solutio, bensì perché essa, nell’ambito del rapporto interbancario,
ha conferito a quella del debitore l’incarico di eseguire l’addebito sul
conto del medesimo, incarico che ha il suo fondamento causale nel
rapporto di valuta, ed è quindi a questo che si deve risalire. La eventuale mancanza di jussum, come si è visto, incide infatti sulla titolarità
del legittimato attivo, che sarà proprio la banca del debitore in luogo
di quest’ultimo. Una volta chiarito ciò, va però anche confermato
quanto già anticipato in precedenza, ossia che la banca del debitore di
norma si rivolgerà a quella del beneficiario, per risolvere più facilmente la questione nell’ambito del rapporto interbancario: l’Abschnitt III,
Nr. 2, fa salvi i danni che la banca del debitore possa subire anche se la
richiesta di rimborso è successiva alle otto settimane.
Non sono mancati però casi nei quali la banca del debitore abbia
agito direttamente verso il beneficiario. Per giustificare questa soluzione (ad esempio nei casi in cui il beneficiario, spesso in mala fede, non
sia più cliente della banca che ha inoltrato l’addebito), in diritto tedesco si suole dire che la prestazione effettuata dalla banca del debitore a
quella del beneficiario, non è rechtsgrundlos (non è priva di causa giuridica). Si verifica quindi la seguente situazione: la banca del debitore
paga a quella del beneficiario, ma nel frattempo il debitore ha chiesto
il rimborso dell’operazione. Le somme pagate dalla banca del debitore
devono dunque essere stornate sul conto di quest’ultimo, per cui il
pagamento verso la banca del beneficiario, ancora non ripetuto, è effettuato con risorse proprie della medesima banca del debitore. Ecco
come la prestazione di quest’ultima assume i caratteri dell’indebito:
queste risorse, che costituiscono uno spostamento patrimoniale dalla
Zahlstelle al beneficiario, non possono in alcun modo essere reintegrate
nel patrimonio della banca del debitore se non mediante una condictio,
in quanto detta banca ha già dovuto provvedere allo storno delle
somme oggetto del Lastschrift rimborsato al pagatore. Il meccanismo
offerto dal procedimento di addebito si è esaurito mediante detto
storno, da un lato, e dall’altro mediante il pagamento delle somme
52
BRECCIA, La ripetizione, cit., 433 ss.; cfr. anche quanto detto supra a proposito della
responsabilità civile del debitore.
— 140 —
L’ADDEBITO DIRETTO
oggetto del Lastschrift53. La soluzione dovrà provenire quindi
dall’ordinamento nel suo complesso. Già si è detto del ricorso, in diritto tedesco, alla teoria della Durchgriffkondiktion nella delegazione
(Anweisung): l’analogia con questo importante istituto consente di riprendere le conclusioni che sono state tratte anche per le ipotesi di
indebito nei casi di revoca della delegazione (widerrufene Anweisung). I
casi in questione, giunti all’attenzione del Bundesgerichtshof, presentano
una situazione nella quale lo jussum viene impartito, ma successivamente revocato, tale per cui al momento della della prestazione da
parte della banca delegata, non sussiste giuridicamente più alcuna delegazione. Il BGH si è invece pronunciato per la riferibilità della prestazione al delegante, qualora il delegatario abbia senza sua colpa ignorato la revoca della delegazione, differenziando questo caso da quello
nel quale la delegazione sia assente o inefficace ab initio54. Una soluzione del genere sarebbe probabilmente difficile da sostenere in diritto italiano, nel quale gli stati soggettivi anche in capo all’accipiens sono
irrilevanti, tali per cui l’azione di ripetizione spetterà, come già spiegato, alla banca delegata verso il beneficiario.
Giungendo ad una prima serie di sia pur parziali conclusioni, si può
considerare priva di particolari problematiche la questione del ristabilimento della situazione patrimoniale delle parti conseguente al rimborso richiesto dal debitore entro le otto settimane dall’avvenuto addebito, e ciò in quanto è lo stesso Abkommen (III, 1) a prevedere il diritto della banca del debitore alla restituzione delle somme versate al beneficiario. La banca di quest’ultimo sarà legittimata a rivalersi sul conto del proprio cliente, dopo aver restituito alla banca del debitore le
somme in precedenza da questa accreditate.
53
Il regolamento pattizio contenuto nel più volte citato LSA, alla Sezione I n° 5
esclude, per il caso in questione, qualsiasi altra possibilità per l’istituto di credito del pagatore, di rivalersi su quello del beneficiario, in quanto è già trascorso il termine di otto
settimane.
54
Cfr. SOLOMON, Der Bereicherungsausgleich, cit., 56 ss., che riporta alla nota 207 anche
le decisioni del BGH, l’ultima delle quali, risalente al 3 maggio 1984, in NJW, 1984, 2205 s.,
ha confermato come in caso di malafede del beneficiario, il delegato possa ripetere immediatamente le somme a quegli pagate; in una più recente pronuncia (24 aprile 2001,
in NJW, 2001, 2880 s.), il tribunale federale ha avuto modo di distinguere tra vizi del rapporto di valuta e vizi della Anweisung, dove in quel caso erano presenti solo vizi del primo
tipo, tali da indirizzare la condictio della banca verso il proprio cliente, che si sarebbe poi
dovuto rivolgere al beneficiario, proprio perché in questo caso si trattava di vizi del rapporto sottostante (il rapporto sottostante era un mutuo che la banca avrebbe dovuto pagare ad un terzo, su ordine del mutuatario suo cliente).
— 141 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
In caso poi di revoca o rifiuto dell’addebito oltre il termine convenzionale delle otto settimane, alla banca del debitore, la quale si vede
precludere la possibilità di una restituzione delle somme addebitate,
spetta comunque il diritto al risarcimento del danno da far valere contro quella del creditore. L’azione restitutoria potrà essere esercitata
sotto forma di condictio indebiti dal debitore direttamente nei confronti
del beneficiario qualora si sia in presenza di vizi del rapporto di valuta,
ferma restando la possibilità di una cessione dell’azione di ripetizione
dal debitore nei confronti della propria banca. Queste conclusioni
possono sicuramente ritenersi valevoli anche per l’ordinamento italiano.
Se invece la revoca fosse tardiva ma diretta contro un addebito legittimo, la banca del debitore non potrebbe vantare alcuna pretesa risarcitoria, in quanto il fondamento di quest’ultima è proprio costituita
dalla frode o comunque da grave negligenza nell’utilizzo dello strumento di pagamento in questione. Ugualmente, poiché sono scaduti i
termini previsti, la banca del debitore non potrà far valere il diritto al
rimborso della somma versata al beneficiario. La questione in questo
caso assume una rilevanza squisitamente interna al rapporto tra pagatore e propria banca in ordine alla rispondenza agli interessi del primo
dell’operazione di pagamento.
Ove poi l’addebito sia nella sostanza legittimo in quanto trovi fondamento nel rapporto di valuta, ma invalido nella forma, poiché manchi ad es. di un valido ordine da parte del debitore verso la propria
banca ad effettuarlo, si avrebbe la spettanza dell’azione di ripetizione
in capo non al debitore del rapporto di valuta, bensì alla banca di
quest’ultimo (v. quanto detto supra, par. 3 di questo capitolo in merito
alla mancanza dello jussum)55. Quest’ultima fattispecie introduce il più
generale discorso relativo ai vizi dell’ordine di addebito.
55
Sul punto cfr. BRECCIA, La ripetizione, cit., 275 ss., in particolare 322 ss. con riferimento alla titolarità dell’azione di ripetizione nei casi di indebito oggettivo; il BGH, 20
aprile 2006, in NJW, 2006, 1965 s., ha stabilito in un caso di Einzugsermächtigungsverfahren,
che la condictio indebiti spettasse alla banca del debitore nei confronti del beneficiario che
aveva azionato la procedura di addebito senza valido motivo. La Schuldnerbank, dopo che
il suo cliente aveva effettuato la revoca dell’addebito, non aveva potuto rivolgersi alla Inkassostelle in quanto erano già trascorse le sei settimane previste nel LSA, e si era quindi
rivolta direttamente al beneficiario, ottenendo ragione dal BGH.
— 142 —
L’ADDEBITO DIRETTO
7. Rilevanza e tipologia dei vizi dell’ordine di addebito nella prassi tedesca.
Un problema che è stato riscontrato nella prassi tedesca è appunto
quello relativo alla mancanza dell’incarico da parte del debitore alla
propria banca di effettuare l’accredito a favore del beneficiario (corrispondemente nel rapporto sottostante manca un’esplicita autorizzazione del debitore al creditore di utilizzare il Lastschrift), o comunque
la rilevanza di vizi nello stesso; ci si è domandati se, ai fini dell’azione
di ripetizione, sia decisivo il solo fatto del mancato incarico ovvero sia
necessaria la conoscenza di questa circostanza da parte del beneficiario56. È stata avanzata a tal proposito una soluzione che va nel senso di
differenziare le conseguenze in base ai diversi tipi di vizi che caratterizzano l’ordine di addebito e che potrebbero così sintetizzarsi: a)
mancanza di imputazione; b) mancanza di validità; c) mancanza del
rapporto causale57. Nella prima fattispecie rientrerebbero tutti i casi
che nel bonifico corrispondono alla inesistenza dell’incarico, alla falsità o falsificazione della procura o del potere di rappresentanza, ovvero
alla mancanza o limitazione della capacità di agire dell’ordinante. In
56
Così CANARIS, Der Bereicherungsausgleich im bargeldlosen Zahlungsverkehr, in WM, 1980,
354; in una già citata e risalente decisione del tribunale federale tedesco, si è ammessa la
banca del debitore alla ripetizione verso il beneficiario semplicemente perché il debitore
non aveva ordinato l’addebito, e la prestazione non poteva quindi essere collegata al patrimonio di quest’ultimo: BGH, 20 giugno 1977, in WM, 1977, 1196; si differenzia la posizione di MEDICUS, in MEDICUS-PETERSEN, Bürgerliches Recht, München, 2009, Rdn. 677, il
quale considera necessaria ai fini della rilevanza della condictio la conoscenza da parte del
beneficiario, non della mancanza dell’ordine di addebito da parte del debitore, bensì di
errori o vizi dell’ordine medesimo, ove esistente.
57
Rispettivamente Zurechenbarkeitmängel, Gültigkeitsmängel, Mängel an Kausalverhältnisse: così CANARIS, Der Bereicherungsausgleich, cit., 355, il quale mutua queste fattispecie
dall’istituto del bonifico, i cui principi l’autore ritiene valevoli anche per l’addebito diretto; cfr. anche SCHNAUDER, Leistungskondiktion, cit., 136. La posizione di Canaris, già ampiamente esplicata dall’A. in Der Bereicherungsausgleich im Dreipersonenverhältnis, in Festschrift für Larenz, München, 1973, 799 ss., tende a semplificare rispetto a quella di Schnauder, in quanto il primo esclude una differenziazione della ripetizione derivante da
mancanza di Anweisung da quelli nei quali essa sia presente ma viziata (809). La mancanza del rapporto causale (Kausalbeziehung) è, secondo Canaris, fonte di indebito e va trattata alla medesima stregua dei vizi formali di una delega efficace, conducendo così la
banca (da tutelare contro Einwendungs- und Konkursrisiken) ad una azione diretta immediatamente contro il beneficiario: soluzione fortemente criticata dallo stesso Schnauder,
il quale argomenta a favore di un’azione di ripetizione nel solo caso in cui sia presente
una delega efficace e non invece quando essa sia viziata o addirittura inesistente, in
quanto, in tal caso, in capo al debitore-delegante non si verificherebbe alcun vantaggio
patrimoniale (139 ss.). Per una ricognizione delle citate teorie alla luce del sistema di
pagamenti, va ora senz’altro richiamato il recente studio di DE STASIO, Operazione di pagamento, cit., cap. II, par. 2, spec. nota 280 e testo corrispondente.
— 143 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
tali casi alla banca di quest’ultimo, e quindi del pagatore in caso di addebito, spetterebbe l’azione di ripetizione verso il beneficiario anche
se questi fosse stato all’oscuro dei vizi sopra elencati.
La seconda fattispecie si riferisce ai casi nei quali da un lato la prestazione è riconducibile al debitore ma il rapporto di provvista manca
(l’Abschnitt II, Nr. 2 del Lastschriftabkommen menziona la mancanza di
provvista sul conto del debitore quale causa di restituzione del modulo
di addebito da parte della banca di questi) o è viziato; in altre parole
non sarebbe solo un problema di delega del pagatore alla propria
banca, ma di vera e propria mancanza di causa estintiva
dell’obbligazione per via dell’inesistenza del rapporto di provvista o
per vizi di questa: fatto, questo, che consente di poter affermare senza
problemi che si sia verificato l’avvenuto ingiustificato arricchimento
del beneficiario. Fattispecie analoghe sono quella della esecuzione di
un addebito revocato, ovvero l’invalidità di questo, nonché l’erronea
esecuzione di un addebito scaduto o condizionato: in tutti questi casi
mancherebbe la causa estintiva dell’obbligazione, in quanto la banca
non avrebbe più legittimazione ad agire come mandataria.
La mancanza di validità starebbe invece, per così dire, a metà strada
tra vizi del rapporto di provvista e mancanza di imputazione della prestazione58. Secondo questa impostazione, non si potrebbe ammettere
la condictio nei soli casi di buona fede del debitore, escludendola invece
in quelli di pagamento avvenuto in presenza di malafede di
quest’ultimo. Questa conclusione è naturale e pienamente rispondente alla norma di cui all’art. 2033 c.c., ma non altrettanto per
l’ordinamento tedesco, che contempla il § 814 BGB, il quale notoriamente esclude la condictio in presenza della consapevolezza
dell’indebito da parte del solvens. A ciò si aggiungono poi i casi di
buona o mala fede del beneficiario, gli stati soggettivi del quale non
possono, secondo l’anzidetta teoria, costituire un criterio decisivo sulla
base del quale ammettere od escludere la ripetizione. La soluzione offerta da questa dottrina è stata a sua volta inquadrata nel già richiamato principio della finzione giuridica, che si manifesta nella ricostruzione di una presunta autorizzazione all’addebito verso la banca del debitore mediante silenzio/assenso di quest’ultimo. In questo caso, come è
stato anche sostenuto dal Bundesgerichtshof59, l’azione di ripetizione
spetterebbe alla banca del debitore, solo ove questa dimostri che il debitore non ha concesso l’autorizzazione, che però si presume rilasciata.
58
59
Così CANARIS, Der Bereicherungsausgleich, cit., 355 nt. 16.
BGH, 22 febbraio 2011, in WM, 2011, 688 ss.
— 144 —
L’ADDEBITO DIRETTO
Riguardo alle problematiche relative all’onere della prova si rinvia a
quanto già detto supra. Qui però va sottolineato che una ricostruzione
di questo genere potrebbe essere pericolosa e condurre a risultati contro la effettiva volontà del debitore. È vero però che da un determinato
contegno del debitore si possono trarre elementi che conducano alla
presunzione di una autorizzazione (es. l’aver disposto altri movimenti
sul proprio conto corrente dopo la spedizione dell’ultimo estratto conto contenente l’indicazione dell’addebito diretto). A costituire il presupposto per una ricostruzione della tutela dell’affidamento in capo al
beneficiario, che consenta a quest’ultimo di respingere vittoriosamente una ripetizione della banca del debitore, oltre alla fattispecie di apparenza giuridica, sarebbero dunque il contegno del presunto debitore/pagatore, nonché la buona fede incolpevole in capo al beneficiario
in ordine al fatto che il pagamento non fosse eventualmente dovuto60.
I vizi nella causa dell’attribuzione, eccetto il caso di quelli relativi al
rapporto di valuta, non portano dunque, secondo la più volte richiamata impostazione della Leistungskette, all’esercizio dell’azione di ripetizione da parte del debitore nei confronti del beneficiario, quanto
piuttosto a un riequilibrio delle prestazioni nell’ambito dei singoli
rapporti giuridici nei quali si scompone l’impalcatura quadrilatera del
Lastschrift61.
Nel caso di procedura concorsuale apertasi dopo il rilascio di un
ordine di addebito e riguardante il patrimonio del debitore, e rinviando per l’analisi dell’intera problematica al capitolo specifico ad essa
dedicato, si può senz’altro affermare che l’azione di ripetizione spetterà alla banca del debitore verso il beneficiario, e questo in quanto –
sempre che il curatore non abbia revocato l’addebito: cfr. infra, cap. IV
– il pagamento nei confronti di quest’ultimo non può essere rappresentato come proveniente dalla massa fallimentare, tale per cui, secondo l’intuizione della dottrina tedesca, esso non comporterà tanto
una mancanza di validità del negozio, quanto un problema
d’imputazione, poiché il rapporto giuridico instauratosi con l’apertura
del fallimento fa venir meno la titolarità dell’ordine (jussum) in capo
al fallito, ma non invece quella di accipiens in capo al beneficiario;
mentre il pagamento potrebbe essere dichiarato inefficace e conseguentemente essere soggetto a revocatoria fallimentare nei confronti
60
CANARIS, Der Bereicherungsausgeich, cit., 356.
Sul punto v. HEERMANN, Geld und Geldgeschäfte, cit., 261 s., Rdn. 66-67, e 231 ss., Rdn.
59 ss., relativamente al bonifico, le cui considerazioni e conclusioni l’a. ritiene valevoli
anche per l’addebito diretto.
61
— 145 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
della banca, la quale ha recuperato le somme dal beneficiario. Assecondando questa ricostruzione, si giunge così alla conclusione che
consente alla banca del debitore l’esercizio immediato della condictio
verso il beneficiario (e potendosi comunque regolamentare
nell’accordo interbancario la possibilità del recupero delle somme
presso la banca di quest’ultimo) in tutti i casi di vizi relativi all’ordine
dell’addebito sopra richiamati: laddove invece si riuscisse a ricostruire
mediante silenzio/assenso e mediante un particolare contegno del
debitore una finzione di autorizzazione non smentibile dalla sua banca, la condictio medesima sarebbe esercitabile soltanto nei limiti della
tutela dell’affidamento del beneficiario, potendosi così escluderla nei
casi di buona fede di quest’ultimo.
8. (Segue). Riflessioni conclusive. Problemi relativi alla legittimazione passiva
nella condictio indebiti.
In base alle analisi sin qui condotte, consistenti nello studio sia delle ricostruzioni teoriche operate principalmente dalla letteratura tedesca, sia della prassi bancaria, si è potuto vedere che, ove l’addebito sul
conto del debitore avvenga illegittimamente e senza l’autorizzazione
del pagatore, sarà la banca di questi a poter agire in ripetizione verso il
beneficiario (si può richiamare in tal senso anche la Genehmigungstheorie esposta al cap. II, par. 4)62. Alle obiezioni che vedono la posizione
del beneficiario troppo esposta verso le possibili azioni della banca del
debitore, va ribattuto che in realtà il creditore/beneficiario gode di
una posizione di favore rispetto al debitore, dato che lo scopo
dell’addebito diretto è proprio quello di consentire il pagamento di
62
Contra CANARIS, Der Bereicherungsausgeich, cit., 362, il quale ritiene non soddisfacente
la soluzione della sola condictio in capo alla banca del debitore (la quale può agire in ripetizione anche in caso di corretta riscossione del credito da parte del beneficiario), e
sostiene la legittimità della ripetizione anche nell’ambito del rapporto di valuta, tra debitore e beneficiario. Sempre secondo l’a., il debitore sarebbe altrimenti esposto ad un
peggioramento delle proprie condizioni rispetto allo strumento del bonifico, e ciò
emergerebbe in particolare dopo la scadenza del termine delle otto settimane dedotte
nel Lastschriftabkommen, decorso il quale la banca del debitore non può più rivolgersi a
quella del beneficiario, e agirà più frequentemente in rivalsa verso il proprio cliente,
molto più facile da reperire rispetto al beneficiario, col quale, è noto, non è legata da
alcun rapporto giuridico. Sul punto cfr. SCIARRONE ALIBRANDI, L’interposizione della banca,
cit., 274 nt. 102, sulla possibilità in capo alla banca delegata di agire in ripetizione verso
quella del beneficiario, dopo aver scelto spontaneamente di pagare a quest’ultima, tale
per cui “la spontaneità del pagamento impedirà che la ripetizione nei confronti del correntista possa essere realizzata con l’addebito in conto”.
— 146 —
L’ADDEBITO DIRETTO
un debito nel modo più celere possibile, esponendo il debitore/pagatore al rischio di possibili frodi. Il fatto quindi che il beneficiario debba sopportare eventuali azioni di ripetizione da parte della
banca del debitore non pare così irragionevole: qualora egli tema questo rischio, potrà affidarsi ad altri mezzi di pagamento più sicuri sotto
quel punto di vista, quali l’assegno o la cambiale.
In merito alle riflessioni che sono state condotte sul ruolo della
banca del debitore, vanno qui succintamente ripresi gli studi sui rapporti tri- e quadrilateri applicati alla teoria della “doppia autorizzazione” (v. supra, cap. II par. 4), riguardo ai quali è stato fatto notare63 che
la complicazione della spettanza dell’azione di ripetizione in capo alla
banca del debitore nei confronti del beneficiario (che, come si è visto
supra, è la soluzione che ha trovato maggiore applicazione pratica),
starebbe nell’impossibilità per la banca stessa di verificare la validità
dell’autorizzazione all’addebito rilasciata dal debitore al beneficiario
nell’ambito del rapporto di valuta. Il rischio incombente sulla banca,
di conteggiare ingiustificatamente l’addebito sul conto del proprio
cliente, aumenterebbe proprio perché l’istituto di credito non è in
grado di effettuare la verifica anzidetta, e questo, nemmeno dopo
l’avvento della disciplina europea che contempla una sorta di preautorizzazione. La conseguenza pratica di questa – pur corretta – premessa è che alla banca del debitore (Zahlstelle) dovrebbe spettare unicamente una condictio indebiti nei confronti della banca del beneficiario64: soluzione, questa, che finisce inevitabilmente per sovrapporsi a
quella prevista dall’Abkommen sugli addebiti diretti e già più volte esaminato, il quale, alla Sez. I n° 5, prevede un’azione risarcitoria della
banca del debitore nei confronti di quella del beneficiario. Inoltre essa
non si estenderebbe ai casi di revoca contro addebiti giustificati nel solo rapporto di valuta, per i quali non è dato capire il motivo di una
esclusione dell’azione di ripetizione: anche se l’addebito è infatti legittimo, possono comunque presentarsi casi di indebito dovuti ai vizi del
rapporto di delega, come ampiamente argomentato nei paragrafi che
precedono. La soluzione della condictio nel rapporto interbancario,
come tra poco si vedrà, ha comunque trovato altri sostenitori e non è
da scartare aprioristicamente. Il fatto che, quantomeno nei casi di autorizzazione mancante da parte dello stesso debitore, a esercitare la
63
KUPISCH, Banküberweisung und Bereicherungsausgleich, cit., 22; sulla “Doppelermächtigung” cfr. pure CANARIS, Bankvertragsrecht, cit., Rdn. 532, nt. 2, e WERNER, Die Lastschrift,
cit., Rdn. 19 s., 209 s.
64
KUPISCH, Banküberweisung und Bereicherungsausgleich, cit., 22.
— 147 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
condictio debba essere la banca del debitore è ormai dato per pacifico65:
è una conseguenza sostanzialmente obbligata per la banca di
quest’ultimo, la quale non potrà rivalersi sul proprio cliente proprio
per via della mancanza di autorizzazione da parte di questi. Controversa è stata tuttavia per lungo tempo la figura del legittimato passivo
dell’azione di ripetizione: più volte si è detto (e nei paragrafi precedenti si è riportato l’ampio dibattito) che deve essere il beneficiario,
nella consapevolezza che in caso di fallimento di quest’ultimo, l’intero
rischio ricadrà in capo alla banca del debitore. Ad una prima e immediata riflessione, la banca del beneficiario potrebbe apparire come
quella che si deve sobbarcare questo rischio, in quanto è essa e non
quella del debitore, ad essere legata al beneficiario da un rapporto di
mandato, e in ultima analisi è sempre essa ad aver incaricato la banca
del debitore di effettuare l’addebito sul conto di quest’ultimo. La questione relativa alla legittimazione passiva della condictio deve però necessariamente tener conto dell’esistenza o meno di un illegittimo ordine di addebito da parte del beneficiario. Ove questo sia presente (e
manchi l’autorizzazione del debitore), è al beneficiario medesimo e
non alla sua banca che la prestazione va comunque imputata, anche se
egli non ne abbia ancora acquistato la materiale disponibilità. La soluzione più equilibrata pare quindi essere – anche per diritto italiano –
quantomeno nel caso prospettato, quella offerta dall’Abschnitt I n° 5
del LSA, e cioè un obbligo di risarcimento in capo alla banca del beneficiario per qualsiasi tipo di danno possa patire la banca del debitore,
mentre l’azione di ripetizione potrà essere esercitata da quest’ultima
direttamente verso il beneficiario, ove l’ordine illegittimo sia partito da
lui, ferma restando ovviamente la possibilità, quantomeno in linea teorica, di una condictio verso la banca del beneficiario stesso, laddove egli
dimostri di non aver impartito l’ordine di addebito66.
65
Ex multis LIEB, Ungerechtfertigte Bereicherung, in Münchener Kommentar, Schuldrecht, Besonderer Teil, Band III, 2. Halbband, München, 1980, sub § 812, 83 ss.; per un recente caso
nella giurisprudenza tedesca cfr. BGH, 22 febbraio 2011, cit., nel quale la banca del debitore, successivamente fallito, asseriva che quest’ultimo non aveva rilasciato la Genehmigung al beneficiario, e agiva quindi in ripetizione nei confronti di questi per recuperare le somme a lui versate; v. anche, per un caso analogo, OLG Frankfurt a.M., 10 ottobre
2012, in http://openjur.de.
66
V. ora la proposta di DE STASIO, Operazione di pagamento, cit., cap. III, par. 8, il quale alla luce di una nuova ottica procedimentale sganciata dalla dogmatica civilistica che –
anche in base alla disciplina europea – vede i prestatori di servizi di pagamento come
soggetti neutrali, attribuisce, nel caso di versamento su un conto passivo del beneficiario,
la legittimazione passiva della condictio alla banca di quest’ultimo, facendo correttamente
rilevare che egli, in caso di versamento non dovuto, non si arricchirà comunque, in
— 148 —
L’ADDEBITO DIRETTO
Diverso trattamento dovrà invece essere riservato ai casi nei quali il
debitore ha sì rilasciato l’autorizzazione al beneficiario, ma per addebiti che non sono giustificati da alcun credito nel rapporto di valuta: in
tali casi infatti spetterà al debitore stesso un’azione di ripetizione verso
il beneficiario tendente al ristabilimento della situazione economica
anteriore al pagamento, per essere stato conteggiato al primo uno spostamento patrimoniale dovuto al rilascio da parte sua dell’autorizzazione67.
Per i casi di addebito illegittimo (anche per quelli nei quali sia presente l’autorizzazione del debitore) v’è stato chi ha ritenuto che
l’esercizio della condictio debba spettare in primo luogo alla banca del
debitore nei confronti del beneficiario, ma in alternativa si è ammessa
la banca del debitore ad agire verso quella del beneficiario (con la
possibilità in capo a quest’ultima di potersi rivolgere verso il proprio
cliente nella catena delle rivalse). Il debitore verrebbe così in ogni caso
lasciato fuori dal meccanismo della ripetizione d’indebito in quanto
non si potrebbe raffigurare né una prestazione della propria banca nei
suoi confronti, né una prestazione del debitore stesso nei confronti del
beneficiario68. In realtà, dovendosi concordare certamente col primo
assunto, in quanto la prestazione della banca del debitore verso
quanto resterà sempre esposto nei confronti della propria banca, e per giunta sarà oggetto di una azione di ripetizione da parte della banca del debitore. La soluzione, ad avviso di chi scrive, non può però ignorare un eventuale ordine di addebito illegittimo in
capo al beneficiario: ove questo sia presente, la condictio non potrà che essere effettuata
nei confronti dello stesso.
67
LIEB, Ungerechtfertigte Bereicherung, cit., 88; contra KLINGER, Rückabwicklung, cit., 269
s., il quale fa notare che l’autorizzazione al pagamento sarebbe in realtà dipendente dal
rapporto di valuta, tale per cui se il beneficiario consegna alla propria banca il modulo di
addebito, ciò non basta a creare un diritto che non trova fondamento nel rapporto di
valuta medesimo e che non potrà quindi esser fatto valere nei confronti del debitore. La
conseguenza di ciò è, sempre secondo Klinger, che il solo rilascio dell’autorizzazione da
parte del debitore al beneficiario non è sufficiente per far sorgere la titolarità di
un’azione di ripetizione in capo al primo verso il secondo soggetto: ricostruzione, quella
del citato a., da respingere, in quanto richiede un presupposto ulteriore all’esistenza di
un valido rapporto di valuta per poter esercitare una condictio; soluzione del tutto arbitraria e tendente a modificare i principi generali in tema di indebito. L’impostazione di
Lieb e di Kupisch (richiamata nelle note precedenti) è particolarmente bankfreundlich e
ha il pregio di far sì che le controversie relative al rapporto di valuta non vengano trasferite in una lite tra una delle due banche coinvolte (nella fattispecie, quella del debitore)
e il beneficiario. Sul problema relativo al verificarsi del fallimento del debitore ci si occuperà nel capitolo successivo. Per la spettanza della condictio in capo al debitore in base
al rapporto di valuta, v. anche DE STASIO, Operazione di pagamento, op. loc. cit.
68
REUTER/MARTINEK, Ungerechtfertigte Bereicherung, Tübingen, 1983, § 11, IV, 3 c.
— 149 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
quest’ultimo esiste sì, ma è rinvenibile esclusivamente nell’ambito del
rapporto di mandato, per quanto riguarda il secondo non si può essere d’accordo se si tiene presente che il rapporto fondamentale cui riferirsi per inquadrare la catena di prestazioni, è proprio quello di valuta
intercorrente tra debitore e beneficiario. Lo schema applicato dalla
dottrina citata è certamente rispettoso della separazione dei rapporti
giuridici nel meccanismo del Lastschrift; più che altro la critica che potrebbe esser mossa a questo tipo di soluzione è che la distinzione tra
addebito su iniziativa del debitore e addebito su iniziativa del creditore
verrebbe a sfumare. Ciò, in quanto detta teoria sostiene che le banche
dovrebbero pagare le somme addebitate soltanto nel momento in cui
viene loro presentato il documento col quale il debitore le autorizza al
pagamento: ma questo contraddice al massimo lo scopo dell’addebito
diretto, che consente al creditore di fruire di un servizio di pagamento
anche senza previa autorizzazione del debitore, il quale – nel caso sia
su iniziativa del creditore – la potrà rilasciare anche in un momento
successivo. Questo meccanismo, come è noto, è stato ora ripreso e
confermato dalla direttiva 2007/64/CE poi recepita anche in Italia col
d. lgs. 11/2010 (art. 5, comma 3°).
Anche l’argomentazione relativa alla presentazione del documento
quale condizione necessaria per il pagamento non è assolutamente sostenibile: le banche – e tutto lascia presupporre che funzionerà allo
stesso modo anche per gli istituti di pagamento – pagano senza alcun
documento, in quanto nella prassi bancaria si ritiene a ciò bastevole
l’ordine di addebito69.
Tuttavia, il tentativo di tener fuori la banca del debitore dalle controversie relative al rapporto sottostante, evitando che essa debba rapportarsi col beneficiario, e si possa invece rivalere sulla banca di
quest’ultimo, appare rispettoso di Sinn und Zweck dell’addebito diretto,
nel quale la scomposizione della catena di prestazioni rende evidente
la presenza di un rapporto sottostante debitore-creditore e di un rapporto interbancario tra gli istituti di credito dei due soggetti del rapporto principale, oltre ovviamente ai rapporti che ciascuno di questi
ha con la propria banca. Ecco allora che, sulla scorta della teoria sopra
citata, adattata alla nuova normativa europea, il cercare la soluzione
nell’ambito del rapporto interbancario risolverebbe in radice molti
problemi relativi al rapporto tra le banche e rispettivamente tra queste
e le parti con le quali esse non hanno alcun legame giuridico: si pensi
69
Cfr. OSTERRIED, Einzugsermächtigungsverfahren, cit., 42 s., la quale parla di “rari casi”
di Lastschrift con documentazione allegata.
— 150 —
L’ADDEBITO DIRETTO
al rapporto tra banca del debitore e beneficiario, e banca del beneficiario e debitore. Le nuove norme di cui al d. lgs. 11/2010 consentono
oltretutto, per eventuali azioni risarcitorie, la configurazione di una
disciplina meno rigida per gli istituti di credito e di pagamento (più
genericamente, i prestatori di servizi delle parti del rapporto principale), in quanto il già richiamato art. 26, rubricato Risarcimento dei danni
ulteriori, stabilisce la possibilità di concordare ulteriori risarcimenti rispetto a quelli previsti dalla stessa legge, conformemente alla disciplina
applicabile al contratto concluso tra l’utilizzatore e il prestatore di servizi di pagamento. Al momento, per quanto riguarda la sola regolamentazione interbancaria in Germania, soggetta agli accordi di cui al
LSA del 2012, non è consentito alla banca del debitore di chiedere a
quella del beneficiario il risarcimento di eventuali danni conseguenti
all’addebito effettuato dietro ordine di quest’ultimo, se l’addebito stesso risulta legittimo.
Va comunque precisato che, allo stato, non pare possibile una soluzione che veda sempre quale legittimato passivo della condictio la banca
del beneficiario, e questo poiché, come già esposto, non si può prescindere dall’esistenza di un illegittimo ordine di addebito proveniente da quest’ultimo, tale per cui, ove detto ordine sia presente,
l’imputazione della prestazione andrà comunque riferita al beneficiario stesso e non alla sua banca (anche nel caso in cui egli sia titolare di
un conto passivo e non si arricchisca direttamente dalla prestazione
effettuata dalla banca del debitore). E, questo, nei casi in cui manchi
uno jussum del debitore, di tal ché non sia possibile ricondurre a
quest’ultimo la prestazione effettuata dalla sua banca, che quindi sarà
legittimata attiva nella condictio. Dei casi in cui sia presente lo jussum
del debitore già s’è dato conto. Si può quindi dire che, per tutti gli altri casi (nei quali non sia presente un illegittimo ordine di addebito
del beneficiario), la soluzione auspicabile è quella di una condictio
esercitata entro il perimetro del rapporto interbancario, che veda quali legittimate attiva e passiva rispettivamente la banca del debitore e
quella del beneficiario, con la possibilità di ulteriori azioni risarcitorie
in capo alla prima contro la seconda per eventuali danni subiti
dall’attuazione del procedimento.
Ultima questione è quella relativa all’ordine di addebito (non illegittimo, ma) inesatto proveniente dal beneficiario. Qualora alla banca
del debitore giunga un ordine di questo tipo ovvero eccedente i limiti
previsti nel contratto base, essa non sarà tenuta a darvi seguito sul conto del debitore; ove invece decidesse ugualmente di pagare, sarà titolata ad esperire un’azione di ripetizione nei confronti dello stesso bene— 151 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
ficiario a cui sia giunto l’accredito (senza peraltro poter conteggiare il
pagamento al debitore): infatti è questi che si è arricchito ai danni della banca (fatta eccezione per il caso in cui egli sia titolare di un conto
passivo, e ovviamente per i soli limiti eccedenti la somma prevista dal
rapporto di valuta). La circostanza in base alla quale il debitore ha
conferito alla propria banca, mediante apposito accordo quadro,
l’incarico di eseguire addebiti provenienti dal beneficiario, non legittima quest’ultimo ad invocare una tutela dell’affidamento derivante da
un contegno del debitore stesso, che sia in grado di giustificare l’invio
di addebiti errati o eccedenti la somma prevista nel contratto base.
Il beneficiario non potrà quindi evitare una rivalsa da parte della
banca del debitore nei propri confronti, ma dovrà anzi garantire il ristoro delle somme da questa impiegate: il fatto che l’iniziativa
dell’addebito sia eventualmente partita dal debitore (per questa fattispecie v. il prossimo paragrafo) non significa automaticamente che
l’errore sia imputabile a questi, potendo essere attribuibile alla propria
banca. Tornando all’addebito su iniziativa del creditore, l’accordo
quadro di addebito conferisce alla banca del pagatore l’incarico a pagare tutte le volte che il beneficiario presenterà l’ordine di addebito:
errori materiali o relativi all’importo non potranno quindi che essere
risolti con azione di ripetizione tra banca del debitore e beneficiario.
Nell’ambito del procedimento di addebito diretto di quest’ultimo
tipo, resteranno confinate nei loro rapporti interni eventuali questioni
insorte tra beneficiario e banca di questi, che si porranno nel momento in cui essa sia impossibilitata ad esercitare un’azione di rivalsa verso
il proprio cliente, ad esempio perché questi è divenuto insolvente, e si
troverà quindi esposta alla condictio da parte della banca del debitore70.
9. L’azione restitutoria nell’addebito su iniziativa del debitore.
In questo modello di addebito, il debitore riconosce e legittima sin
dal principio tutti i futuri procedimenti di pagamento che si instaurano per il tramite del beneficiario, onde un ritorno allo status quo ante
(Rückabwicklung) diventa necessario se già quel riconoscimento iniziale
ovvero un singolo ordine di pagamento sono in qualche modo viziati:
bisognerà ora proseguire con la ripartizione del rischio finora analizzata, e vederne gli effetti nell’ambito dell’indebito.
70
Cfr. per la prassi antecedente alla PSD, LANGENBUCHER, Die Risikozuordnung, cit.,
239, testo e nt. 1080; WERNER, Die Lastschrift, cit., Rdn. 11, 259.
— 152 —
L’ADDEBITO DIRETTO
a) La tutela della banca del debitore
Il rischio di accettare un addebito dovuto ad incarico affetto da vizi,
sia esso un singolo ordine, ovvero discendente da un accordo quadro,
ricade necessariamente sulla banca del debitore. A tale addebito potrebbe essere ascrivibile quindi una sorta di finzione giuridica, avallata
dalla banca stessa: si parla in questo caso di vizi della volontà ovvero di
incapacità legale, ovvero ancora di mancanza di poteri rappresentativi,
vizi nella procura, falso documentale. Le somme così accreditate al
beneficiario in presenza di tali vizi potranno essere ripetute, verso
quest’ultimo, dalla banca del debitore, non potendosi mai ricondurre
la prestazione ad uno jussum validamente conferito71. In questa particolare forma di addebito diretto bisogna tener presente che non è
ammesso il rimborso entro le otto settimane dall’addebito stesso (Abschnitt III, Nr. 1 LSA, e art. 13, comma 1°, d. lgs. 11/2010), in quanto
l’iniziativa proviene dal debitore stesso e quindi il meccanismo diventa
molto somigliante a quello del bonifico.
Un eventuale rischio per il debitore potrebbe consistere anche
nell’essere danneggiato dal procedimento affetto da vizi, ove la sua
banca agisse in regresso verso di lui per le somme indebitamente pagate al beneficiario. L’onere di agire in ripetizione potrebbe inoltre spettare allo stesso debitore nei casi in cui lo jussum sia sussistente, salvi i
casi di frode o errore palese della banca.
Va poi tenuto presente che un ordine di pagamento viziato non
comporta necessariamente un indebito. Se appunto il beneficiario è
creditore di una obbligazione esigibile verso il debitore,
l’adempimento di questa richiede quantomeno la volontà consapevole
e riconducibile (al debitore) a degli effetti solutori. Nei casi analizzati
di procedimenti di addebito viziati, a mancare o a essere affetta da vizi
è spesso l’autorizzazione del debitore, ma ciò non significa necessariamente che il pagamento non fosse dovuto. Conseguenza di ciò nel
rapporto con la propria banca, è che questa dovrà attendere prima di
agire in regresso verso il debitore, almeno fino a quando non sia
emerso che il pagamento non era dovuto: in tal caso la banca potrà
agire verso il beneficiario, altrimenti cercherà di cooperare col proprio
debitore per correggere eventuali errori nell’ordine di addebito e far
71
BAUMBACH/HOPT, Handelsgeseztbuch, cit., D/19; CANARIS, Der Bereicherungsausgleich,
cit., 360; cfr. invece REUTER/MARTINEK, Ungerechtfertigte Bereicherung, cit., § 11, IV, 3b, per
l’esercizio della condictio nei confronti della banca del beneficiario, in luogo dell’azione
diretta verso quest’ultimo.
— 153 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
sì che la procedura vada a buon fine (e conseguentemente agirà in regresso verso il proprio cliente).
b) La tutela del beneficiario
Nel caso di addebito su iniziativa del debitore, la mancanza
dell’autorizzazione comporta che, in linea di principio, viene a mancare il diritto del beneficiario alla prestazione di scrittura di addebito da
parte del pagatore (pur restando eventualmente esistente il credito del
primo nei suoi confronti derivante dal rapporto di valuta), con la conseguenza che il beneficiario non potrà invocare – se non in base al
contratto quadro: ma difficilmente esso obbligherà il debitore al rilascio di una nuova autorizzazione – un’azione ai danni della banca del
debitore per ricevere la prestazione, e la banca stessa, qualora abbia
già pagato, non potrà esercitare alcun diritto di regresso nei confronti
del suo cliente, proprio per via della mancanza di autorizzazione da
parte di quest’ultimo. Per ovviare a questa serie di circostanze, dottrina
e giurisprudenza di lingua tedesca hanno concluso per un obbligo di
restituzione del beneficiario verso la banca del pagatore, non diversamente da quanto visto supra nei casi di mancanza di jussum del debitore nell’addebito su iniziativa del beneficiario72.
72
CANARIS, Der Bereicherungsausgleich, cit., 361; ID., Bankvertragsrecht, cit., Rdn. 626; van
GELDER, Bankrecht, cit., I, § 58, Rdn. 63; GÖßMANN, Die Lastschrift, cit., Rdn. 189; per la tesi
della cessione dell’azione di arricchimento (ben sapendo che in Italia ciò si tradurrebbe
con la cessione dell’azione di ripetizione) al debitore/pagatore da parte della propria
banca, cfr. HEYMANN/HORN, Handelsgeseztbuch, cit., § 372, Rdn. 77. In giurisprudenza cfr.
OLG Brandenburg, 20 settembre 2006, in www.brandenburg.de, per un caso di mancato
ordine di addebito e conseguente mancata autorizzazione. Cfr., per l’ipotesi di avvenuto
accreditamento a Caio in forza di un ordine non imputabile a Tizio (a prescindere dalla
qualificazione dell’operazione come addebito diretto), e parimenti per quelle di accreditamento per errore di operazione inesistente, perché mai avvenuta nemmeno nel rapporto interbancario, le lucide considerazioni di DE STASIO, Operazione di pagamento, cit.,
cap. III, par. 6, il quale richiama la necessità di «tenere presente i limiti specifici
dell’astrattezza dell’operazione di pagamento, che comunque rimandano all’esecuzione
di un ordine di pagamento che, quale fattispecie generativa, determina come effetto
l’accreditamento finale del cliente. Si reputa, cioè, che il cliente beneficiario, nel rapporto con il suo PSP, non possa essere esposto al suo potere di fatto per ciò che concerne
l’esistenza o la validità del consenso del pagatore allo svolgimento dell’operazione di pagamento concretamente effettuata: tuttavia l’accreditamento del conto di pagamento
dell’accipiens non è una vicenda isolata, bensì costituisce l’effetto di una fattispecie che
si configura nel momento in cui un ordine di pagamento è stato eseguito. Se manca
l’esecuzione dell’ordine di pagamento (l’“operazione di pagamento”) o il trasferimento
di fondi non è sorretto da un ordine di pagamento (del pagatore o del beneficiario),
allora non potrebbe trovare tutela “possessoria” un affidamento basato su una erronea
percezione da parte del cliente della realtà dell’operazione di pagamento in suo favore,
— 154 —
L’ADDEBITO DIRETTO
Questa soluzione tuttavia, non tutela in alcun modo il beneficiario
che vanti realmente un diritto verso il debitore. Si avverte quindi la
necessità di una maggior tutela del beneficiario stesso, ossia del soggetto che più di ogni altro dovrebbe essere garantito del buon fine della
procedura.
A tale proposito, nel caso (che è il caso standard) in cui il beneficiario/creditore abbia fatto affidamento sull’addebito da parte della banca del debitore, considerandolo alla stregua di adempimento di una
prestazione effettuata in esecuzione di un rapporto sottostante, si è
cercata una soluzione che consentisse di imputare tale prestazione al
debitore, nonostante egli non avesse autorizzato l’addebito. Questo
sulla base del principio dell’affidamento applicabile ai pagamenti non
in contanti73; il beneficiario dovrà però risultare titolare di un credito
realmente esistente ed esigibile nei confronti dell’ordinante-debitore,
per l’adempimento del quale sia stato concordato quale mezzo di pagamento l’addebito diretto. Il debitore a sua volta, dovrà avergli
espressamente comunicato l’avvenuto invio alla propria banca del modulo di addebito, trattandosi appunto di un addebito per iniziativa dello stesso debitore. Una volta quindi che il beneficiario abbia dato seguito alla procedura di addebito, confidando sul fatto che il debitore
abbia autorizzato la sua banca anche ove ciò non sia poi avvenuto o sia
avvenuto in modo inefficace, questo suo affidamento dovrà trovare
adeguata tutela.
Pur essendosi svolta in base ad un ordine (l’autorizzazione del debitore) inefficace o inesistente, la procedura così conclusasi avrebbe effetti solutori, se ed in quanto la finzione giuridica così congegnata sia
in grado, come accennato, di creare i presupposti per essere imputata
al debitore: egli infatti – questo è il ragionamento – deve aver contribuito al formarsi mediante il suo contegno, ad un affidamento in buona fede del beneficiario. In questo caso va anche tenuto presente il fatche viceversa non è mai esistita. Mancando la fattispecie dell’operazione di pagamento,
l’atto di accreditamento – quanto meno in un ordinamento come quello italiano, ove
non si ravvisa l’efficacia novativa della Saldoanerkenntnis – non è idoneo a determinare il
sorgere di un diritto svincolato dalla sua fattispecie. Ad accedere al contrario orientamento, dovrebbe predicarsi che l’astrazione non è dell’operazione di pagamento (che
manca), bensì dell’annotazione in conto, e dunque il diritto del cliente a non vedersi
stornata la partita di accredito troverebbe la sua fonte nell’astratta annotazione in conto,
che sarebbe dunque l’effettiva (e unica) fattispecie cui riportare l’effetto della disponibilità della somma per il cliente».
73
BAUMBACH/HOPT, ult. op. cit., D/20; CANARIS, Der Bereicherungsausgleich, cit., 360;
ID., Bankvertragsrecht, cit., Rdn. 622; SCHWINTOWSKI/SCHÄFER, Bankrecht, cit., Rdn. 259;
REUTER/MARTINEK, Ungerechtfertigte Bereicherung, cit., § 11, IV, 3b.
— 155 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
to già menzionato, in base al quale il debitore stipula col suo creditore
un accordo in base al quale l’adempimento può, o deve, avvenire mediante addebito diretto74. Qualora il debitore revocasse (non entro le
otto settimane, bensì non oltre la fine della giornata operativa precedente il giorno concordato per l’addebito dei fondi: art. 17, comma 3°,
d. lgs. 11/2010) l’ordine di addebito nei confronti della propria banca, ma lasciasse intatto l’accordo sul pagamento mediante addebito,
potrebbe crearsi una situazione ambigua che il beneficiario potrebbe
interpretare in suo favore confidando nell’adempimento, ove il debitore non provvedesse a comunicargli tempestivamente l’avvenuta revoca. A ben vedere però, siccome l’obbligo di tale comunicazione grava
sulla banca del debitore che deve inoltrarla a quella del beneficiario
(cfr. il già citato comma 3°, parte seconda, art. 17), è difficilmente
immaginabile che quest’ultimo provveda all’addebito, salvo il caso di
grave negligenza in capo alla banca del debitore che non comunicasse
l’avvenuta revoca, banca che allora sarebbe responsabile di un eventuale danno in capo al suo cliente e potrebbe agire in ripetizione verso
il beneficiario senza alcun regresso verso il debitore.
Nel caso invece di mancata revoca (che, come si è visto, deve essere
tempestiva) da parte del debitore, se il beneficiario ha potuto confidare sull’esistenza di una obbligazione sottostante, egli, in base alla ricostruzione poc’anzi operata, non dovrebbe essere soggetto a ripetizione
da parte della banca del debitore stesso, in quanto ha ottenuto il pagamento mediante una prestazione di quest’ultimo (sia pur nel difetto
dell’ordine di addebito), che ha comunque trovato giustificazione nella controprestazione effettuata (o da effettuarsi) dal beneficiario nel
rapporto di valuta. La banca del debitore si potrà quindi rivolgere in
regresso al proprio cliente, il quale ha comunque subito uno spostamento patrimoniale giustificato e, salvo si sia trattato di una prestazione a titolo gratuito, ha visto equilibrare la propria situazione patrimoniale mediante lo scambio sinallagmatico che lo vede controparte del
beneficiario nel rapporto di valuta. Il tutto, grazie ad una prestazione
della sua banca, che ha appunto effettuato il pagamento per adempiere ad una obbligazione verso il beneficiario75. È evidente che, laddove
l’obbligazione sottostante sia inesistente o soggetta a possibili azioni di
nullità o annullamento, il ragionamento qui sviluppato non potrebbe
più applicarsi e il debitore ben potrebbe rifiutarsi di rifondere alla
74
Vedi supra, cap. I.
Contra REUTER/MARTINEK, Ungerechtfertigte Bereicherung, cit., § 11, IV, 3b, che negano
questa ricostruzione.
75
— 156 —
L’ADDEBITO DIRETTO
propria banca la somma da questa illegittimamente versata al beneficiario. In questo caso è comunque salva l’applicazione del comma 7°
dell’art. 17 d. lgs. 11/2010, che lascia intatta la possibilità di rimborso
al pagatore della somma addebitata nonostante il pagamento sia divenuto irrevocabile ai sensi del comma 1° dello stesso articolo 17, qualora appunto insorgano controversie tra pagatore e beneficiario.
Laddove manchino i presupposti poc’anzi elencati per una adeguata tutela dell’affidamento del beneficiario, resta da richiamare il caso,
segnalato da un’attenta dottrina, in cui quest’ultimo sia titolare di un
conto passivo e si veda accreditare erroneamente una somma dalla
banca del debitore, “sul fondamento di un’autorizzazione che, procedimentalmente riscontrata, sia cionondimeno negozialmente inesistente”, (assimilabile ad uno jussum viziato): in questo caso, la condictio
sarà esperibile da parte del debitore nei confronti dello stesso beneficiario (salvo il caso in cui questi abbia tempestivamente rifiutato
l’accredito)76.
76
Il riferimento è a DE STASIO, Operazione di pagamento, cit., cap. III, par. 8: la frase
virgolettata nel testo è dell’Autore.
— 157 —
CAPITOLO 4
ADDEBITO DIRETTO E FALLIMENTO
SOMMARIO: 1. Schema delegatorio dell’addebito diretto e fallimento. – 2. La posizione
del curatore fallimentare. – 3. Il rischio dell’insolvenza in capo ai soggetti coinvolti nel
procedimento di addebito. – 4. Fallimento del debitore, “revoca” e tutela del beneficiario. – 5. Fallimento del beneficiario o della propria banca. Proposta di clausole contrattuali finalizzate ad evitare il rischio dell’insolvenza.
1. Schema delegatorio dell’addebito diretto e fallimento.
Fino a questo momento si è dato conto delle problematiche relative
al pagamento mediante addebito diretto considerato nel suo normale
svolgimento nascente da un rapporto di valuta e sviluppantesi tramite
un necessario rapporto interbancario. L’ultima parte di questo lavoro
prenderà in considerazione quei particolari casi, per nulla infrequenti
nella prassi (specialmente dei Paesi ove l’addebito diretto ha avuto
maggiore sviluppo), che vedono il fallimento del debitore – o di un altro dei soggetti della Leistungskette – e dunque il subentro di un nuovo
soggetto, il curatore fallimentare, incaricato di curare gli interessi dei
creditori all’interno della procedura concorsuale1.
Si cercherà ora, anche alla luce di quanto accennato supra in tema
di schema delegatorio2, di tener conto delle dovute considerazioni di
ordine sistematico anche in riferimento ai rapporti tra addebito diretto e fallimento. Il pagamento mediante addebito diretto, come si è potuto vedere si presenta astratto, quantomeno nella sua veste esteriore,
allo stesso modo di come si presenta un pagamento su delega. Il fatto
che la banca del debitore si assuma il debito del suo cliente come proprio (così come oltretutto avviene nel credito documentario, strumento con funzione di pagamento analogo all’addebito diretto: v. supra,
cap. II, par. 2) non toglie efficacia alla possibilità di applicare ad esso
anche le considerazioni relative al pagamento su delega, che si presen1
Riguardo al fallimento del debitore, si segnala sin d’ora l’art. 6 del d. lgs. 11/2010,
il quale dispone al suo secondo comma che il contratto quadro possa prevedere il diritto
del prestatore di servizi di pagamento di bloccare l’utilizzo di uno strumento di pagamento per alcuni precisi motivi, tra i quali è elencato, alla lettera c), “un significativo
aumento del rischio che il pagatore non sia in grado di ottemperare ai propri obblighi di
pagamento”.
2
Cfr. cap. II e III.
— 159 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
ta allo stesso modo astratto. L’ordine di pagamento del debitore alla
propria banca, quando sussiste, non contempla sostanzialmente mai la
menzione del rapporto di valuta, allo stesso modo che nel pagamento
su delega.
Il pagamento su delega quindi può essere assimilato, per le considerazioni che seguiranno, a quello mediante addebito diretto. Esso si
presenta astratto, rispetto non solo ai rapporti causali, ma anche al jussum delegatorio (l’ordine di pagamento nel Lastschrift). La nullità o
inefficacia di quest’ultimo non è, di per sé sola, causa di instabilità dello spostamento patrimoniale realizzato, benché, impedendo il meccanismo del conteggio al delegante, esso sia in grado di mutare la legittimazione attiva alla condictio qualora si accompagni alla nullità di uno
o di entrambi i rapporti causali3. In definitiva, può dirsi che il pagamento del delegato, nel rapporto tra costui e il delegatario, sia astratto
sia dai rapporti causali che dal jussum delegatorio. Questa prima considerazione consentirebbe, nel caso di fallimento del debitore e di revoca di uno o più addebiti diretti da parte del curatore, di precludere
alla banca del debitore-pagatore una eventuale insinuazione al passivo
di quest’ultimo, mantenendo tuttavia la possibilità di un’azione diretta
verso la banca del beneficiario, in virtù del rapporto interbancario, che
resterebbe l’unica via percorribile. Questa soluzione probabilmente
sarebbe preferita dalle stesse banche, alle quali sarebbe evitata la via
dell’insinuazione al passivo, che si rivela spesso infruttuosa.
A conclusioni parzialmente diverse, sia pure per quanto riguarda lo
specifico aspetto qui considerato e cioè l’insinuazione al passivo da
parte della banca del debitore in caso di fallimento di quest’ultimo, si
giunge con riguardo al caso in cui si dimostri che, analogamente a
quanto avviene nella delegazione promissoria, la promissio del delegato
(: la banca del debitore) è sì astratta rispetto ai sottostanti rapporti
causali, ma non rispetto allo jussum delegatorio. È possibile quindi dimostrare che l’inefficacia, lato sensu, dell’ordine delegatorio, ma non
quella dei rapporti di base, comporta l’inefficacia dell’obbligazione assunta dalla banca delegata nei confronti del delegatario4. In questo
3
SCHLESINGER, Il pagamento al terzo, Milano, 1961, 86 ss., e v. ampiamente anche supra,
cap. III, par. 2.
4
Cfr. sul punto LA PORTA, L’assunzione, cit., 304 ss., il quale per sostenere l’astrattezza
dell’obbligazione delegatoria rispetto ai rapporti di base, si richiama all’art. 1271 c.c., là
dove esso prevede la normale inopponibilità, nella relazione tra delegato e delegatario,
delle eccezioni relative ai rapporti di base. Per altro verso, la stessa norma dell’art. 1271
c.c., ammettendo la valida assunzione dell’obbligazione del delegato anche in assenza di
qualunque riferimento alla provvista e/o alla valuta, induce a ritenere causa sufficiente
— 160 —
L’ADDEBITO DIRETTO
senso, un addebito non autorizzato ovvero con autorizzazione inefficace, che si innestasse su un rapporto di valuta comunque valido, comporterebbe una prestazione a sua volta inefficace tra la banca del debitore e il beneficiario, con la conseguenza che la prima potrebbe insinuarsi al passivo del fallimento del proprio cliente, proprio perché
l’inefficacia dell’autorizzazione non gli permetterebbe altro rimedio
restitutorio se non quello, appunto, della condictio verso il debitore, qui
mediata dal meccanismo dell’insinuazione dovuta all’instaurarsi della
procedura concorsuale.
Una insinuazione al passivo del debitore, da parte della di lui banca
sarebbe in ogni caso esclusa, anche ove per errore questi abbia rilasciato l’autorizzazione ad effettuare l’addebito medesimo, ovvero venga
accertato in un momento successivo che il rapporto di valuta è inesistente o affetto da altri vizi. In questo caso non rileverebbero difetti del
rapporto di delega tali da consentire alla banca una propria autonoma
iniziativa. L’astrattezza dell’operazione potrebbe, peraltro, essere messa in dubbio argomentando dalla fattispecie in base alla quale la banca
del debitore, accettando di pagare a richiesta del beneficiario, determini, in concorso con la volontà di quest’ultimo, la liberazione del debitore e, dunque, l’estinzione del rapporto di valuta (analogamente a
quanto avviene per la delegazione ex art. 1268 c.c.). Infatti, riconducendo l’effetto estintivo della prior obligatio del delegante nell’ambito
della novazione del rapporto obbligatorio5, si potrebbe ritenere applidel contratto tra delegato e delegatario il riferimento all’incarico delegatorio, dall’autore
identificato con un contratto di mandato, e come peraltro si verifica nell’addebito diretto tra pagatore e propria banca.
5
Peraltro, a tal fine, è necessaria la presenza di un non equivoco animus novandi, in
mancanza del quale deve ritenersi che la delegazione, e nello specifico l’addebito diretto, realizzino successione nel debito, di tipo privativo, quando c’è liberazione del vecchio
debitore, ovvero di tipo cumulativo, quando la responsabilità del nuovo debitore si affianca a quella del debitore originario. A ben vedere, infatti, proprio l’effetto cumulativo
previsto dall’art. 1268 c.c. conduce a ritenere che, in assenza di volontà contraria, la delegazione sia idonea a determinare un fenomeno di successione nel debito: l’effetto cumulativo, infatti, risulta compatibile con la successione, ma non con il fenomeno della
novazione, il quale ultimo presuppone necessariamente l’estinzione della vecchia obbligazione. In tal senso LA PORTA, L’assunzione, cit., 346 ss., ripreso da ABATANGELO, Intermediazione, cit., 309. In definitiva, quindi, qualora la delegazione, e per quel che qui ci interessa, l’addebito diretto, siano utilizzati al fine di assumere il debito altrui, in assenza di
un animus novandi, si produce la sostituzione, rispetto all’interesse primario del creditore, del vecchio debitore con il nuovo. A riprova di ciò può farsi valere la circostanza che
l’obbligazione del debitore originario degrada a sussidiaria: il creditore-delegatariobeneficiario, accettando il delegato quale suo obbligato principale, senza rinunciare al
debitore precedente, accetta che la soddisfazione del suo originario interesse provenga
— 161 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
cabile alla delegazione promissoria la norma dell’art. 1234 c.c., secondo cui, appunto, la novazione è senza effetto se non esisteva
l’obbligazione novanda6. A tal proposito occorre, però, chiedersi, se
davvero l’assunzione dell’obbligazione da parte del delegato, accompagnata dalla “liberazione” del debitore-delegante, produca novazione
del rapporto obbligatorio costituente la valuta7. La facoltà concessa al
debitore di chiedere il rimborso dell’operazione non risulta compatibile quantomeno ad una immediata liberazione del debitore stesso, la
richiesta del quale andrebbe ad incidere su di un rapporto già estinto,
ma che tale non può appunto ancora essere, finché il debitore possa
esercitare detta richiesta.
Pare più opportuno, per la comprensione degli effetti del fallimento del debitore nell’addebito diretto, riferirsi ad autorevoli studi condotti in tema di delegazione nel rapporto cambiario8. L’accostamento
dell’addebito diretto al credito documentario, operato supra, non deve
far pensare che non sia possibile condurre un’analisi di altri istituti
giuridici che presentano aspetti molto simili alla delegazione, in quanto ne riproducono lo schema.
dall’attività esecutiva del nuovo debitore, intervenuto a modificare, dal lato passivo, il
profilo soggettivo del rapporto originario di debito-credito.
6
Cfr. PERLINGIERI, Della novazione, in Comm. Scialoja-Branca, sub artt. 1230-1259, Bologna-Roma, 1975, 166 s., il quale, sul presupposto che il mutamento del soggetto debitore
possa influire sull’oggetto dell’obbligazione determinando, in tal modo, una novazione
oggettiva, afferma: “mentre il mutamento del soggetto creditore riguarda prevalentemente l’istituto della cessione del credito ed investe l’ampia e diversa tematica della successione, particolare o universale, nel credito, il mutamento del soggetto debitore ora si
traduce in un fatto direttamente concernente il contenuto stesso dell’obbligazione, dando luogo in realtà ad una novazione oggettiva, ora interessa soltanto come fenomeno di
successione nel debito, mediante gli strumenti della delegazione, dell’espromissione e
dell’accollo”.
7
CICALA, ne L’adempimento indiretto del debito altrui, disposizione “novativa” del credito ed
estinzione dell’obbligazione nella teoria del negozio, Napoli, 1968, 28, ritiene che la causalità
propria della delegazione promissoria, consistente nel c.d. effetto del “conteggio”, impedisca di porre la delegazione liberatoria sullo stesso piano delle altre figure di assunzione
del debito altrui in funzione novativa. In altri termini, la funzione della delegazione liberatoria non sarebbe quella di novare il rapporto di valuta.
8
Ci si riferisce qui a PELLIZZI, Fallimento del delegante e successiva esecuzione del “iussum”,
in Riv. dir. civ., 1963, II, 552 ss.: in questo scritto, il Maestro commentava due sentenze,
Trib. Firenze 14 gennaio 1957, e Trib. Bologna, 14 maggio 1957, le quali si occuparono
della questione se il curatore del fallimento di un delegante di una cambiale tratta che
abbia emesso il jussum prima della sentenza dichiarativa possa ripetere dal delegatario
quanto costui abbia ricevuto dal delegato non accettante dopo l’apertura della procedura concorsuale.
— 162 —
L’ADDEBITO DIRETTO
Infatti, così come lo schema delegatorio applicato alla fattispecie
della cambiale tratta ripropone il problema degli effetti del fallimento
del delegante sulla delegazione non accettata, allo stesso modo detti
effetti si potrebbero presentare nel caso dell’addebito diretto, quantomeno nella sua variante di operazione su iniziativa del creditore e
autorizzata successivamente alla sua esecuzione. Il delegante, traente
della cambiale, fallisce ma il delegatario (portatore) viene ugualmente
soddisfatto, mentre il delegato (banca trattaria) rimane, almeno apparentemente, fuori causa: in questo quadro si inserisce la pretesa del
curatore di ripetere la somma versata dal delegato al delegatario.
All’epoca, quando fu oggetto di decisioni giurisprudenziali, detta pretesa del curatore fu respinta, in quanto si ritenne il pagamento effettuato dal delegato non accettante, dopo la dichiarazione di fallimento
del delegante, inefficace nei confronti della massa (e andrebbe quindi
rinnovato nelle mani del curatore), ma per ottenere il nuovo pagamento, il curatore avrebbe dovuto rivolgersi solamente al delegato,
che è il soggetto passivo del credito causale invocato, e non al delegatario, che tale non è. Dinanzi alla replica della curatela, in base alla
quale il delegatario ha ricevuto un pagamento inefficace e deve perciò
restituirlo, una soluzione sarebbe stata quella di attribuire al solvens,
ossia al delegato (banca), la titolarità della condictio, e non al fallito o al
curatore, che non lo hanno effettuato9.
Detta soluzione partiva dal presupposto in base al quale il sopravvenuto fallimento del delegante estinguesse la delegazione10; per ammettere la ripetibilità da parte del curatore si dovrebbe semmai sostenere
9
In breve: se si invoca il credito causale originario del delegante verso il delegato, allora legittimato passivo non può essere che il delegato, e non il delegatario. La differenza con l’addebito diretto è qui del tutto evidente, a meno che non si voglia inquadrare il
pagamento del debitore alla propria banca come una delegazione, là dove l’incarico del
primo a quest’ultima sia visto come modalità di compensazione di un precedente saldo
passivo di conto corrente. Se invece si fa valere un diritto di ripetizione verso il delegatario, legittimato attivo non potrà essere che il solvens, ossia il delegato, anziché il fallimento del delegante. La sentenza fiorentina di cui alla nota precedente aveva ammesso il fallimento del delegante a rivolgersi al delegatario surrogandosi al delegato, chiamando in
causa, perciò, anche quest’ultimo.
10
Cfr. BIGIAVI, La delegazione, cit., 209 nota 70, e 210 nota 74, il quale richiamava la
vecchia dottrina germanica che in maggioranza negava invece che il fallimento del delegante estinguesse il jussum emesso prima dell’apertura della procedura concorsuale; v.
anche PELLIZZI, Fallimento, cit., 553 ss., testo e in particolare nota 5. Per riferimenti
all’attuale normativa italiana e tedesca v. supra, l’incipit di questo capitolo.
— 163 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
quale premessa proprio il contrario, ossia il sopravvivere della delegazione al fallimento11.
Il problema della riferibilità della prestazione al delegante-debitore
inteso esclusivamente come la persona del fallito, sta nel fatto che, inquadrando l’addebito diretto nello schema delegatorio, si avrebbe che
il pagamento sarebbe inefficace in entrambi i rapporti di base, a norma rispettivamente del secondo e del primo comma dell’art. 44 l. fall.,
come ricevuto dal fallito (nel rapporto di provvista) e come proveniente dal fallito (nel rapporto di valuta). Se invece si vogliano riferire alla
massa gli effetti delegatori ritenuti sopravviventi, si potrebbe riconoscere l’efficacia del pagamento nel rapporto di provvista, ma la si dovrebbe ugualmente escludere nel rapporto di valuta, consentendo al
curatore la ripetizione, perché non si può ammettere – e, se compiuto,
è ripetibile – un pagamento considerato come proveniente dal curatore e diretto a un solo creditore concorsuale, in deroga alla par condicio.
Quest’ultima soluzione appare, alla luce di quanto sin qui detto in materia di addebito diretto, la più ragionevole: la possibilità per il curatore medesimo di revocare l’autorizzazione al pagamento eventualmente
concessa dal debitore eviterebbe inoltre l’esercizio di una condictio. In
tale caso, appare in linea di principio del tutto inopportuno negare al
curatore di poter conseguire direttamente presso il beneficiario quanto questi dovrebbe comunque restituire alla banca del debitore fallito,
e addossare alla massa il rischio dell’insolvenza di quest’ultimo, anziché consentire ad essa l’alternativa dell’azione verso il beneficiario,
che ha incassato la somma derogando alla regola della par condicio12.
11
È ciò che fu a suo tempo sostenuto da App. Bologna, 17 luglio 1958, in Banca, borsa, tit. cred., 1958, II, 309, ed è anche la soluzione più in linea, se non addirittura consequenziale con quanto avanzato all’inizio di questo capitolo in riferimento all’addebito
diretto.
12
La soluzione che postula il “sopravvivere” della delegazione al fallimento del delegante, là dove il permanere degli effetti delegatori si intenda riferito alla massa anziché
al fallito, porterebbe alla conseguenza del tutto inaccettabile di un obbligo in capo alla
banca di quest’ultimo di dover pagare, anche se a conoscenza del fallimento del suo
cliente: si arriverebbe persino all’eventualità di un delegato (banca) non debitore del
fallito, il quale abbia eseguito il pagamento dopo l’apertura del fallimento, che acquisterebbe addirittura un credito verso la massa: conclusioni da respingere in toto, sia pur dovendo fare menzione della risalente e autorevole dottrina che le sostenne, ossia MOSSA,
Lo check nel fallimento del traente, in Riv. dir. comm., 1916, I, 545 ss., ID., Lo check e l’assegno
circolare, Milano, 1939, 316 s., il quale non ammetteva neppure, per l’assegno bancario,
che il curatore potesse efficacemente, entro il termine di presentazione, revocare il jussum, e ne traeva la conseguenza che il trattario, anche ove sapesse dell’intervenuto fallimento, e anche ove avesse ricevuto una revoca dal curatore, non solo avrebbe pagato
efficacemente al portatore, ma persino si sarebbe esposto a responsabilità se avesse
— 164 —
L’ADDEBITO DIRETTO
La sopravvivenza dell’ordine di addebito, o per rimanere in termini
generali, dello jussum al fallimento in realtà deriva da una questione di
carattere più generale, la quale si pone da tempi ormai risalenti, ossia
quella, peraltro già accennata supra, degli effetti del fallimento sui
rapporti preesistenti13. Il punto è stabilire, riguardo alla delegazione e
al caso specifico dell’addebito diretto, se in mancanza di una precedente accettazione, e quindi in mancanza di un’autorizzazione rilasciata dal debitore alla propria banca, possa davvero preesistere
all’apertura del fallimento un rapporto delegatorio, laddove questa
premessa non sembra invece ammissibile. Infatti, non si può parlare di
rapporto delegatorio, e quindi di rapporto in grado di dar vita ad un
addebito diretto, perché quest’ultima fattispecie presuppone un fallimento che preceda la manifestazione degli ultimi consensi (autorizzazione del debitore) o la reale esecuzione del jussum (pagamento) da
parte della banca delegata, che cioè preceda quella che si considera la
conclusione del negozio delegatorio. Nemmeno si potrebbe considerare preesistente al fallimento un rapporto delegatorio visto nella sua
unità, in quanto secondo tale visione, un rapporto del genere non si
crea né prima né dopo la stessa esecuzione del jussum14.
Per quanto riguarda gli effetti del fallimento del delegante (nel
rapporto di provvista) sull’addebito diretto, sarà utile tener presente
entrambe le possibili configurazioni del jussum, ossia autorizzazione e
omesso il pagamento per la sola ragione del fallimento.
13
Cfr. infatti BIGIAVI, La delegazione, cit., 209 ss., il quale, pur negando l’estinzione
dello jussum, sosteneva che la ragione della non conteggiabilità alla massa dell’effettuata
prestazione risiedesse soltanto in un “principio generale di diritto fallimentare” che “esige (salve le eccezioni) che dopo la dichiarazione di fallimento la massa non possa risultare obbligata se non da un atto del curatore” (213).
14
La visione citata è quella della c.d. teoria atomistica, sostenuta anzitutto da BIGIAVI,
La delegazione, cit., 377 ss., e alla quale aderirono successivamente DALMARTELLO, nella
Recensione alla suddetta opera, in Riv. dir. civ., 1943, 114 ss., e PELLIZZI, Fallimento, cit., 563
s., le cui riflessioni paiono illuminanti per la disamina e la soluzione delle attuali problematiche relative all’addebito diretto, in particolare la necessità, espressa dall’A., di
“esaminare invece in ciascuno dei tre tipici rapporti delegatori, ed esclusivamente secondo i principi che a ciascuno di essi sono propri, gli effetti del fallimento del delegante”. Ancora, v. SCIARRONE ALIBRANDI, L’interposizione, cit., 257 ss., per analisi sulla validità
dello jussum e sue conseguenze sul piano della ripetibilità della prestazione del delegato
verso il delegatario. Considerazioni analoghe relative all’Anweisung in diritto tedesco
svolgono MÜHL-HADDING, Ungerechtfertigte Bereicherung, in Soergel, Kommentar zum BGB,
12. Auflage, 2007, Stuttgart, Rdn. 50 ss., 1079 ss., riprese e ulteriormente sviluppate da
HEERMANN, Geld und Geldgeschäfte, cit., Rdn. 64-65, 261 s., relativamente all’impossibilità di
ricondurre ad unità lo schema negoziale trilatero sotteso al Lastschrift.
— 165 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
mandato, presupponendo la mancata accettazione fino all’apertura
della procedura concorsuale.
Il problema è distinto da quello della sorte del rapporto contrattuale di base tra delegante e delegato (nell’addebito diretto: tra debitorepagatore e banca di quest’ultimo) al quale la delegazione eventualmente inerisca15, rapporto che il fallimento del delegante può lasciar
continuare o estinguere secondo le regole comuni. Se anche però continuasse tra banca delegata e fallimento un rapporto che di per sé
comporti emissione di delegazioni, sulla banca delegata a conoscenza
del fallimento incomberebbe ugualmente, in base al principio di buona fede, l’obbligo di accertare, prima di dar corso a una delegazione (:
autorizzazione all’addebito) precedente l’apertura del concorso, che il
curatore, anche nella mutata situazione, la ritenga opportuna: infatti il
rapporto di provvista rappresenta un solo aspetto della vicenda, tale
per cui occorre verificare se anche nel rapporto di valuta sussista un
interesse della massa al compimento dell’operazione.
Non paiono esservi problemi invece – anche rispetto al rapporto tra
banca delegata e debitore delegante – quando a sopravvivere alla procedura concorsuale, con efficacia verso la massa, sia il rapporto tra delegante (fallito) e delegatario, cosicché quanto la banca del debitore
abbia pagato al beneficiario (delegatario), le risulti dovuto dal curatore: se invece, nonostante la sopravvivenza in astratto del rapporto di
valuta, ne emergesse un vizio che escluda in concreto il debito della
massa verso il delegatario, la banca del debitore non sarebbe liberata,
in quanto la sua liberazione è condizionata all’effettivo arricchimento
della massa (v. infra, nel testo).
La questione più interessante è però, fuori dalle ipotesi particolari
appena accennate, quella relativa all’atto autorizzatorio del debitore
verso la propria banca, inquadrato nello schema “puro” dell’atto delegatorio: quello cioè, al quale non apporti variazioni il sopravvivere con
efficacia verso il fallimento di uno o dell’altro dei rapporti di base. E
rispetto a tale schema puro, se la prestazione della banca delegata
debba considerarsi come ricevuta dal delegante, secondo la teoria
dell’autorizzazione, sembra inevitabile la conclusione che la banca delegata non possa in nessun caso, anche se incolpevolmente ignara del
sopravvenuto fallimento, conteggiare alla massa l’esborso compiuto.
Accertata infatti l’inesistenza di un rapporto delegatorio unitario, che
possa continuare con la sostituzione del curatore al fallito,
15
TINI,
Si pensi al caso del conto corrente bancario, che il fallimento estingue: v. già SANIl bancogiro, Bologna, 1948, 154.
— 166 —
L’ADDEBITO DIRETTO
l’autorizzazione emessa da quest’ultimo, solamente a quest’ultimo rimarrebbe imputabile: il pagamento al beneficiario-delegatario sarebbe
altrettanto inefficace verso la massa quanto un pagamento al fallito.
Questa configurazione è pacificamente e da lungo tempo ammessa
in Germania, dove il pagamento delegatorio viene considerato alla
stregua di un pagamento al fallito16. Solo che nel diritto tedesco, anche
per il pagamento al fallito (se inteso a estinguere un credito di
quest’ultimo), vige la regola che l’ignoranza del fallimento da parte
del debitore determina l’estinzione dell’obbligazione pur nei confronti della massa, per cui si afferma generalmente che il delegato (banca)
ignaro dell’apertura del fallimento consegue, col pagamento, la propria liberazione17.
In Italia una norma del genere non esiste, ma ciò non ha impedito
a diversi autorevoli scrittori, sia pure risalenti, di sostenere l’efficacia
del pagamento del delegato che paghi incolpevolmente, ignaro
dell’avvenuta apertura del fallimento18. La prima e più efficace dimostrazione fondata sul diritto positivo a sostegno di questa soluzione, fu
fornita da Bigiavi, il quale però si riferì ad una norma che non regola
l’autorizzazione ma il mandato19: l’intuizione dell’illustre Autore non è
per nulla peregrina in tema di addebito diretto, in quanto si ispira alla
tutela di un soggetto, come la banca del debitore, vincolato
all’esecuzione di un incarico, più che a quella di un soggetto autorizzato ad agire nel proprio interesse. La norma di cui all’art. 1729 c.c. in
tema di mandato è stata ritenuta applicabile anche al caso nel quale
causa di estinzione del rapporto sia il fallimento del mandante20: secondo tale impostazione, i crediti che il mandatario incolpevolmente
ignaro acquistasse verso il mandante per atti compiuti dopo il fallimento di quest’ultimo potrebbero essere soddisfatti solo in moneta fallimentare. Supponendo poi che il mandatario sia debitore di uguale
16
Ex multis: KÖHLER, Lastschriftverfahren, cit., 184.
§§ 82 Insolvenzordung tedesca (legge 5 ottobre 1994 poi modificata dall’art. 19, legge 20 dicembre 2011), ma v. anche § 3, comma 2°, Konkursordung austriaca (legge 10 dicembre 1914 poi modificata con legge del 1° luglio 2010).
18
In primis BIGIAVI, La delegazione, cit., 213 s.; SANTINI, Il bancogiro, cit., 154 s., il quale
ritiene però esclusa la buona fede dalla pubblicazione della sentenza dichiarativa del fallimento.
19
BIGIAVI, La delegazione, cit., 214 nota 81: la norma che l’A. citava è l’art. 1762 del c.c.
abrogato, trasfusa poi, per la parte che qui interessa, (ossia per quanto riguarda il rapporto fra mandante e mandatario), nell’attuale art. 1729 c.c. ai sensi del quale “gli atti
che il mandatario ha compiuto prima di conoscere l’estinzione del mandato sono validi
nei confronti del mandante o dei suoi eredi”.
20
Cfr. MINERVINI, Il mandato, la commissione, la spedizione, Torino, 1952, 221 s.
17
— 167 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
somma verso il mandante (eventualità tutt’altro che remota, sol che si
pensi ad un rapporto di conto corrente nel quale il debitore-delegante
abbia ottenuto un’apertura di credito dalla propria banca delegata), il
credito concorsuale del mandatario potrebbe, in base all’art. 56 l. fall.,
compensarsi con il preesistente suo debito verso il fallito, producendone l’integrale estinzione21.
Nei casi in cui l’esecuzione della delegazione possa, nel rapporto
tra delegante e delegato, configurarsi come esecuzione di un mandato
– e questa è senz’altro la fattispecie dell’addebito diretto –, si dovrebbe
dunque affermare che il delegato (banca del debitore-pagatore) che
incolpevolmente ignori l’apertura del fallimento del delegante (debitore-pagatore), sia liberato integralmente anche nei confronti della
massa, qualora in veste di debitore paghi al delegatario. Se non debitore, può rivalersi in moneta fallimentare22.
Quanto al delegato sciente o colpevolmente ignaro, non sarà liberato da un eventuale debito, né, ove fosse debitore, potrà rivalersi ex
mandato dell’esborso compiuto: gli spetterà tuttavia un’azione di arricchimento, che, nel caso di assenza di un preesistente debito, verrà praticamente a equiparare la posizione del delegato sciente a quella del
delegato ignaro.
Il tema del fallimento del delegante acquista rilevanza anche di
fronte all’analisi del rapporto tra delegato (banca del debitoredelegante) e delegatario (creditore-beneficiario), rapporto che, come
si è più volte specificato, non è regolamentato da alcuna norma se non
proprio da quelle sulla delegazione, in quanto i due soggetti non hanno rapporti giuridici che li legano, oltre a quello ovviamente, della delegazione pura. A proposito di quest’ultima, è stato detto che ad attribuire causa a questo rapporto sarebbe proprio lo jussum23; il delegato
21
In diritto tedesco, in base al § 674 BGB, si concepisce il perdurare a favore del
mandatario in buona fede degli effetti del mandato estinto, ma potrebbe concepirsi anche in Italia, come un caso di inopponibilità della causa estintiva; per questo il credito
acquistato dal mandatario è regolato come un credito sorto verso il mandante prima del
fallimento, e perciò se ne dovrebbe ammettere, coerentemente, la compensabilità: v. ancora MINERVINI, Il mandato, cit., 222.
22
BIGIAVI, La delegazione, cit., 213 note 80-81; PELLIZZI, Fallimento, cit., 574, testo e nota
62, il quale riteneva questo tipo di soluzione applicabile alla delegazione inerente a un
conto corrente bancario.
23
BIGIAVI, La delegazione, cit., 349 ss., all’apposito capitolo XI intitolato “La causalità
della delegazione pura”; v. anche MARTINO, L’expressio causae, cit., 199 s., il quale fa notare come “nelle ipotesi di delegazione (…) l’obbligarsi del terzo verso il creditore (…)
trova definitiva giustificazione causale in un rapporto esterno, senza che questo ne infici
immediatamente la validità, ma solo il regime delle eccezioni. L’aggettivo “titolato” ovve— 168 —
L’ADDEBITO DIRETTO
(banca) si obbliga a pagare o paga al delegatario unicamente nel presupposto che detto jussum esista, e sia efficace: cioè nel presupposto di
poter legittimamente “conteggiare” al delegante quanto promette e
paga. Per il caso in cui si scopra l’inesistenza dello jussum, che in caso
di addebito diretto significherebbe una mancanza a monte
dell’accordo quadro tra debitore-pagatore e sua banca, ovvero, con
maggiori probabilità pratiche, mancata autorizzazione del debitore
all’addebito, è un dato ormai acquisito che verrebbe a cadere anche il
rapporto tra delegato e delegatario. Questa soluzione è stata estesa da
autorevole dottrina anche ai casi di jussum annullabile, valevole anche
per i casi di fallimento24.
Ogniqualvolta emerga un motivo che escluda la conteggiabilità
dell’esecuzione dello jussum al delegante, il rapporto tra delegato e delegatario cesserà di avere una causa, e sarà perciò invalido.
L’astrazione delegatoria25 consiste infatti, in base all’art. 1271 c.c.,
nell’inopponibilità da parte del delegato delle eccezioni che egli potrebbe opporre al delegante o questi al delegatario; non esclude invece che il delegato possa opporre al delegatario le eccezioni che il delegante potrebbe opporre verso di lui, ossia ogni eccezione che comporti un’impossibilità giuridica di conteggiare l’esecuzione dello jussum al
patrimonio dello stesso delegante (debitore). Il caso però del fallimenro “puro”, “astratto”, è infatti senz’altro riferito alla presenza o assenza di expressio causae
nel corpo della promessa, intesa qui in termini di indicazione del rapporto fondamentale nell’ambito del quale l’obbligazione del delegato (…) trova giustificazione definitiva”;
cfr. anche ABATANGELO, Intermediazione, cit., 213 ss., per una profonda disamina del pagamento delegatorio quale prestazione composta da due distinti rapporti giuridici; v.
anche G.F. CAMPOBASSO, Bancogiro e moneta scritturale, Bari, 1979, 183 ss., secondo il quale,
diversamente da quanto previsto in via generale per la delegazione di pagamento, si può
riconoscere al beneficiario di un bancogiro un diritto propedeutico rispetto a quello nascente dall’annotazione contabile a credito del suo conto, che si concreta nel diritto a
che la banca presti la propria cooperazione nell’esecuzione dell’operazione; diritto a cui
corrisponde un obbligo di fare ex mandato della banca e la cui violazione è fonte di responsabilità per danni.
24
PELLIZZI, Fallimento, cit., 577, testo e nota 76, il quale dichiara di prescindere dal
problema della natura dello jussum, richiamando anche l’ipotesi in base alla quale esso
sia “un atto o un fatto che è racchiuso nel negozio relativo al rapporto di base (autorizzazione, ordine, ecc.)”.
25
A prescindere dall’interpretazione che della delegazione è stata data e di cui si è
dato conto in particolare al cap. II, par. 1: là si è aderito all’impostazione “destrutturante” di essa, che consente di non aderire alla soluzione che vede il delegato assumersi necessariamente un debito altrui. Quanto si dirà tra poco nel testo può benissimo essere
trasposto allo schema delegatorio che vede la banca delegata assumersi comunque un
debito proprio e non altrui.
— 169 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
to di quest’ultimo, come si dirà tra breve, non rientra nel novero delle
situazioni anzidette: esso sottrae, almeno provvisoriamente, il patrimonio del delegante alla responsabilità derivante da jussum.
Così, la banca delegata potrà opporre al beneficiario-delegatario
l’annullabilità dell’atto o negozio dal quale lo jussum (ordine di addebito) promana: nel caso oggetto del presente studio, la banca del debitore potrà opporre al beneficiario l’annullabilità del contratto di conto
corrente che la lega al debitore fallito e ogni altro atto dal quale discenda l’obbligo di esecuzione dello jussum. Evidentemente ciò avverrà
nel momento in cui il debitore-delegante abbia fatto valere tale eccezione verso di lei (banca delegata). Al contrario, per giungere – o meglio, tornare – al tema che qui interessa, essa potrà opporre il fallimento anteriore all’esecuzione dello jussum nei limiti in cui esso escluda la
conteggiabilità di quest’ultima al patrimonio del delegante-fallito26. La
banca delegata che abbia ricevuto l’autorizzazione ovvero abbia accettato la delegazione dopo il fallimento potrà dunque sottrarsi al pagamento27, e quella che abbia pagato potrà ripetere la prestazione: trattandosi di nullità che incide oggettivamente sulla causa del rapporto,
la buona o mala fede sia del delegato sia del delegatario al momento
in cui il rapporto inizia appaiono di per sé irrilevanti.
Come ultimo rapporto giuridico parte della Leistungskette di cui si
compone l’addebito diretto, resta da analizzare quello di valuta tra debitore-delegante e creditore-delegatario, in particolare nell’ipotesi in
cui sia avvenuto il pagamento della somma oggetto di addebito, in favore del delegatario, dopo il fallimento del delegante, in seguito ad
autorizzazione ricevuta dalla banca (delegato) dopo l’apertura del fallimento. Siccome l’effetto tipico della delegazione, e nello specifico,
dell’addebito diretto, è quello di collegare alla prestazione del terzo le
stesse conseguenze che avrebbe sul rapporto di base la prestazione del
delegante-debitore, non vi sarà ostacolo ad ammettere un’immediata
efficacia del pagamento della banca del debitore sul rapporto di base
26
In questo caso si potrà parlare di estinzione dello jussum, e quindi dell’ordine impartito dal debitore-delegante alla banca delegata, nel senso che detto ordine, pur esistente (factum infectum fieri nequit), cesserà di costituire una causa che possa giustificare il
sorgere del rapporto finale.
27
Eccetto il caso, che non riguarda comunque l’addebito diretto, di accettazione
cambiaria, per il quale la legge espressamente esclude la rilevanza del fallimento del delegante (traente): art. 33, comma 3°, l. camb., sul quale v. PAVONE LA ROSA, La cambiale2,
in Tratt. dir. civ. e comm.2, già diretto da Cicu-Messineo e continuato da Mengoni, Milano,
1994, 191, 219 ss., 224 s.; in generale sull'accettazione cambiaria cfr. BRIOLINI, Cambiale,
in Banca, borsa, tit. cred., 2010, I, 426 s.
— 170 —
L’ADDEBITO DIRETTO
stesso, come se esso provenisse dal debitore medesimo: per questo motivo, il curatore del fallimento del debitore-pagatore potrà ripeterla
presso il delegatario-beneficiario, in quanto inefficacemente attribuita.
Volendo riassumere le situazioni sinora esaminate ed inquadrate
nello schema delegatorio, si può quindi concludere che:
 nel caso di autorizzazione all’addebito precedente il fallimento del
debitore-pagatore, e ove sia già trascorso il termine perché il curatore possa chiedere il rimborso, la banca del debitore rimane obbligata verso il beneficiario-creditore (o meglio, verso la banca di questi), e potrà insinuare il proprio credito nel fallimento, restando a
suo carico l’insolvenza sopravvenuta del proprio cliente al quale ha
concesso credito. La banca del beneficiario-creditore riceverà quindi la prestazione da quella del debitore fallito e si regolerà poi nei
suoi rapporti col beneficiario-creditore, il quale a sua volta potrà essere oggetto di revocatoria da parte del curatore fallimentare;
 qualora al momento della dichiarazione di fallimento l’addebito
non sia stato ancora autorizzato, il curatore lo potrà senza dubbio
revocare (: potrà chiederne il rimborso), e ove la banca abbia ciononostante eseguito il pagamento prima del fallimento, potrà rivolgersi direttamente alla banca del beneficiario in ripetizione (non in
revocatoria, in quanto la richiesta di rimborso gli consente appunto
di ripetere il pagamento già effettuato dalla banca senza autorizzazione). Se il pagamento è avvenuto dopo il fallimento ma
nell’ignoranza di quest’ultimo da parte della banca del debitore,
questa potrà agire in ripetizione per ottenere la restituzione delle
somme pagate al beneficiario28;
 la banca del debitore fallito che abbia volontariamente scelto di pagare le somme oggetto di addebito, dopo l’apertura del fallimento
e nella consapevolezza di questo, e nonostante la revoca
dell’addebito effettuata dal curatore, potrà comunque agire in ripetizione verso il beneficiario-creditore (in realtà tecnicamente agirà
con semplice richiesta di rimborso nei confronti della banca di
quest’ultimo)29. Il fallimento però, dal canto suo, ove il curatore
28
In base al § 82 InsO tedesco, già richiamato supra, la banca che abbia pagato
nell’ignoranza del fallimento e che vanti un saldo attivo nel conto del debitore, potrà
compensare il credito ex mandato che vanta nei confronti della massa, in questo caso però, il curatore fallimentare dovrà aver autorizzato l’addebito: BORK, Zahlungsverkehr, cit.,
135; van GELDER, Bankrecht, cit., § 59 Rdn. 15d; OBERMÜLLER, Insolvenzrecht, cit., Rdn.
3/473.
29
Cfr. KÖHLER, Lastschriftverfahren, cit., 204, il quale fa inoltre presente (209) che
— 171 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
abbia scelto di non revocare l’addebito, potrà chiederne
l’esecuzione alla banca del debitore fallito, e, qualora la banca abbia già pagato, potrà a sua volta agire in ripetizione verso il beneficiario, ove non si trovi già preceduto, in tale azione, dalla stessa
banca del debitore.
In un eventuale giudizio30, la somma che il beneficiario, a prescindere dal suo stato soggettivo, dovrebbe in ogni modo restituire31, sarà
attribuita al fallimento o alla banca del debitore, a seconda che
quest’ultima fosse o meno debitrice del fallito, operando anche qui i
principi dell’arricchimento. La banca del debitore, delegata al pagamento verso il beneficiario tramite il procedimento di addebito, sarà
debitrice verso il fallito, suo cliente, in tutti i casi nei quali vi sia un
rapporto di conto corrente e la banca stessa si sia ad esempio obbligata
alla corresponsione di un mutuo: la banca potrà comunque insinuare
al passivo il proprio credito ex mandato, e agire al tempo stesso in ripetizione verso il beneficiario-delegatario, salva la restituzione a
quest’ultimo di quanto essa riceva dal fallimento, qualora venga accertato che il credito del beneficiario era legittimo32.
2. La posizione del curatore fallimentare.
Il curatore fallimentare si troverà spesso a dover gestire addebiti diretti, siano essi autorizzati o meno dal debitore che, a procedura di
addebito già iniziata, venga dichiarato fallito.
l’addebito su iniziativa del debitore stesso (Abbuchungsauftragsverfahren) non presenta inconvenienti particolari e può essere conteggiato dalla banca al proprio cliente, nel cui
fallimento la medesima banca potrà insinuarsi; van GELDER, Bankrecht, cit., § 59, Rdn.
15d.
30
Molto probabilmente con tre soggetti: il beneficiario quale legittimato passivo e il
fallimento del debitore assieme alla banca di quest’ultimo come legittimati attivi.
31
In una eventuale fattispecie di indebito soggettivo ex latere solventis di cui all’art.
2036 c.c., il beneficiario potrebbe usufruire della protezione offerta dalla norma contenuta al comma 2°, che distingue tra buona e mala fede del percipiente in ordine
all’obbligo di restituzione dei frutti e degli interessi: v. sul punto MOSCATI, La ripetizione,
cit., 418 ss.; SCIARRONE ALIBRANDI, L’interposizione, cit., 262 ss., testo e spec. nota 87, anche
con riferimenti a giurisprudenza pratica e teorica tedesca in materia di bonifico.
32
Cfr. PELLIZZI, Fallimento, cit., 580 e 590 s., testo e nota 126; in Germania v. KÖHLER,
Lastschriftverfahren, cit., 196, il quale si esprime anche per la irrilevanza della conoscenza
in capo alla banca del debitore dello stato di insolvenza di quest’ultimo, ovvero della
domanda di fallimento presentata al tribunale.
— 172 —
L’ADDEBITO DIRETTO
La questione centrale è quella della possibilità per il curatore stesso
di revocare l’addebito (rectius: di chiederne il rimborso), e riguarda
anzitutto il solo addebito su iniziativa del creditore, ossia quello di
gran lunga più utilizzato, in quanto l’altro tipo di addebito, su iniziativa del debitore, come già visto non comprende in sé la facoltà di rimborso (cfr. art. 13, comma 1°, d. lgs. 11/2010, il quale prevede il rimborso per le sole operazioni di pagamento disposte dal beneficiario).
Supra si è visto come il debitore che revochi un addebito diretto o
ne chieda il rimborso senza alcun valido motivo, si esponga al rischio
del risarcimento del danno. Il dibattito assai vivace che si è sviluppato
nella giurisprudenza teorica e pratica tedesca concerne anzitutto la
possibilità che tale rischio si trasferisca direttamente in capo al curatore fallimentare33, anche se la questione, dopo l’approvazione della disciplina europea, è cambiata quantomeno per l’avvenuta parificazione
della disciplina degli addebiti non autorizzati a quelli autorizzati, con
la conseguenza che, ora, una richiesta di rimborso esercitata entro le
otto settimane dall’addebito, anche se è illegittima, è in linea di principio legalmente valida, in special modo anche per gli addebiti del secondo tipo. In secondo luogo, va tenuto presente che il curatore agisce sempre nell’interesse dei creditori, cercando di rispettare il principio della par condicio tra gli stessi. Un eventuale giudizio risarcitorio nei
suoi confronti dovrebbe più che altro partire da questa considerazione, piuttosto che soffermarsi sull’interesse del singolo creditore che si
ritenga leso da una richiesta di rimborso dello stesso curatore.
Ciò premesso, si pone quindi il quesito se il curatore fallimentare
possa chiedere il rimborso di addebiti non ancora autorizzati dal debitore che venga dichiarato fallito dopo l’avvenuto addebito34. Dopo
33
KÖHLER, Lastschriftverfahren, cit., 23 ss.; FISCHER, Der Widerruf von Lastschriften in der
Insolvenz natürlicher Personen, Frankfurt a.M., 2010; HIEBERT, Der Lastschriftenwiderspruch im
Insolvenzverfahren, Baden-Baden, 2010; REUTERSHAN, Die Insolvenz des Lastschriftschuldners
im Einzugsermächtigungsverfahren, Hamburg, 2011; KALOMIRIS, Zahlungsverkehr und Insolvenz, in LANGENBUCHER/BLIESENER/SPINDLER, Bankrechts-Kommentar, München, 2013, 596
ss., 9. Kapitel, Rnn. 32-37; OBERMÜLLER, Insolvenzrecht in der Bankpraxis, Köln, 2007, Rdn.
3/447; D’AVOINE, Haftung des schwachen vorläufigen Insolvenzverwalters als faktischer Geschäftsführer für Lohnsteuern nach Lastschriftwiderspruch?, in ZIP, 2006, 1433 s.; DAHL, Anmerkung zu BGH, 4.11.2004, in NZI, 2005, 102; van GELDER, Bankrecht, cit., § 59 Rdn. 5; BORK,
Zahlungsverkehr in der Insolvenz, Köln, 2002, 110 ss.; SKROZTKI, Lastschriftverfahren und Insolvenz, in KTS, 1974, 136 ss.
34
VALLENDER, Die Entwicklung des Regelinsolvenzverfahrens im Jahre 2011, in NJW , 2012,
1634 s.; MEDER, Sonderstellung, cit., 1089; RATTUNDE-BERNER, Widerruf von Blanklastschrifteinzügen durch den Insolvenzverwalter, in DZWIR , 2003, 185 ss. e spec. 190; SCHMIDT, Lastschfirtwiderruf in der Insolvenz – Verwalterautonomie versus Banken-AGB, in ZinsO, 2006, 1236.
— 173 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
l’approvazione della disciplina europea il quesito si porrà allo stesso
modo anche per addebiti autorizzati. In Germania la legge sulle procedure concorsuali (Insolvenzordnung) contiene al § 103 una norma
simile a quella di cui all’art. 72, comma 1°, della legge fallimentare italiana, e attribuisce al curatore la facoltà di adempiere o meno alle obbligazioni derivanti da contratti ancora efficaci al momento
dell’apertura della procedura concorsuale, ove egli lo ritenga opportuno. Si consideri che le obbligazioni contrattuali sottostanti a una
procedura di addebito diretto scaturiscono sempre (eccetto il caso
dell’addebito una tantum) da contratti di durata con prestazioni corrispettive, tali che la limitazione della norma in questione prevista per la
sua applicazione – ossia il fatto che entrambe le parti debbano ancora
adempiere – risulta, sia pure in linea teorica, rispettata, ovviamente
per le obbligazioni future. In realtà nella prassi accade non di rado che
il creditore presenti il modulo di addebito alla banca del debitore solo
nel momento in cui quest’ultimo ha già ottenuto la prestazione della
controparte, e la propria è divenuta perciò esigibile35: questa circostanza fa sì che il succitato § 103 non possa trovare applicazione, con la
conseguenza che se il curatore sceglie di adempiere la prestazione del
debitore, gli potrà essere imputata la violazione della par condicio creditorum, posto che dal momento della dichiarazione di fallimento, il credito del beneficiario dovrà essere insinuato al passivo secondo la procedura ordinaria. Laddove invece la prestazione del creditorebeneficiario non sia stata ancora eseguita, il problema resta aperto: si
pensi ad esempio ad un contratto di vendita (o di somministrazione)
di un bene ancora non consegnato al debitore-pagatore. In un caso
come questo, non v’è dubbio che i diritti di quest’ultimo, non ancora
esercitati, vengano trasferiti in capo al curatore36 e la prestazione non
eseguita faccia sorgere il corrispondente diritto di credito in capo alla
massa.
La prassi mostra però anche rapporti contrattuali con prestazioni
continuate nel tempo, che difficilmente vedono il creditore nella situazione da ultimo descritta. Al rapporto di valuta si accosta l’accordo
di addebito, che consente al creditore di usufruire della procedura di
35
Gli esempi sono molteplici: bollette telefoniche, per il gas o l’elettricità, ma anche
il canone radiotelevisivo, ovvero ancora l’abbonamento a fitness studio e simili; per tutte
questi contratti, il creditore del pagamento presenta il modulo di addebito di norma
quando la prestazione caratteristica è già stata erogata, e il debitore, che ne ha già usufruito, deve ancora saldare.
36
Cfr. BGH, 4 novembre 2004, in BGHZ, 161, 49 ss., spec. 55, in WM, 2004, 2482, e in
NJW, 2005, 675.
— 174 —
L’ADDEBITO DIRETTO
cui al Lastschriftverfahren. Fintantoché la prestazione del creditorebeneficiario non sia eseguita, il debitore-pagatore non può essere considerato obbligato alla controprestazione, bensì alla mera autorizzazione al pagamento ovvero al rifiuto di essa. Il problema, che dalla visuale del beneficiario può senz’altro essere considerato come un vantaggio patrimoniale, è quello relativo alla immediata disponibilità che
della somma accreditata quest’ultimo gode, dal momento che come si
è ampiamente visto nei capitoli precedenti, la banca del debitore effettua il versamento senza applicare alcun controllo sulla legittimità
dell’addebito medesimo, potendo poi il suo cliente rifiutarlo in un
momento successivo. Di questa somma il beneficiario può disporre liberamente, semplicemente restandone obbligato alla restituzione qualora emerga l’esistenza di un indebito.
In che misura allora l’accordo di addebito tra debitore-pagatore e
creditore-beneficiario vincola anche il curatore? Il § 80 dell’InsO fornisce una valida soluzione al problema, stabilendo che il diritto
all’amministrazione e alla disposizione del patrimonio del fallito, in
virtù della conclamata insolvenza (cfr. art. 5 l.f.) ossia Zahlungsunfähigkeit, si trasferisce da quest’ultimo al curatore stesso. Il
contratto di conto corrente bancario, in diritto tedesco così come in
diritto italiano, si estingue col fallimento di una delle due parti, e questo è senz’altro un punto fermo anche per la definizione degli accordi
tra debitore e creditore. A essere più precisi, i §§ 115 e 116 InsO stabiliscono l’estinzione di tutti negozi di commissione esistenti tra il fallito e
il proprio istituto di credito. Ecco perché il quesito, se al curatore sia
concessa la possibilità di chiedere il rimborso di addebiti eseguiti dalla
banca del fallito, acquista una portata di non poco momento, sol che si
consideri l’immediata indisponibilità di diritti e obblighi discendenti
dai negozi di commissione e di conto corrente tra debitore-pagatore e
il suo istituto di credito.
Fino alla decisione del tribunale federale tedesco del 4 novembre
2004, già citata in nota, la giurisprudenza teorica e pratica propendevano per la negazione del diritto in capo al debitore – e quindi anche
in capo al curatore fallimentare – di revocare (nel senso di widersprechen, ossia rendere inefficaci e chiedere il rimborso di) addebiti diretti
legittimamente inoltrati37, pena la possibile classificazione del suo atto
37
Per la giurisprudenza teorica v. BUCK, Der Widerspruch des Konkursverwalters gegen
Lastschriften, die im Einzugsermächtigungsverfahren eingezogen wurden, in KTS, 1980, 100;
ROTTNAUER, Widerspruchsmöglichkeit gegen Einzugsermächtigungslastschriften in Konkurs- oder
Vergleichverfahren des Schuldners?, in WM, 1995, 280; HEGEL, Der Missbrauch des Widerspruchsrechts beim Lastschriftverfahren in Fallgruppen, in Die Bank, 1982, 79; HESS, in Hess-Weis— 175 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
come illecito extracontrattuale. Questo orientamento cercava di tutelare maggiormente il beneficiario evitando un automatismo in capo al
curatore, riducendo al minimo le possibilità di richieste di rimborso
ingiustificate, e sostenendo che come motivo di giustificazione non bastava il fatto in sé dell’apertura della procedura concorsuale. Ove una
richiesta di rimborso avesse avuto comunque seguito, avrebbe potuto
condurre, secondo tale ricostruzione, a un obbligo risarcitorio della
massa e del curatore fallimentare personalmente, verso il beneficiario38. In ogni caso, la legittimità di una richiesta di rimborso del curatore sarebbe stata sottoposta al medesimo vaglio al quale è sottoposta
quella del debitore39.
A partire dalle tre sentenze del tribunale federale tedesco dell’anno
2004, si configura poi una sorta di facoltà generale di chiedere il rimborso in capo al curatore fallimentare; l’organo tedesco di ultima
istanza prende le mosse dalla Genehmigungstheorie, in base alla quale,
come ampiamente esposto supra, il debito principale non è adempiuto, e il diritto al rimborso delle spese della banca del debitore non è
ancora sorto, fintantoché quest’ultimo non ha concesso-autorizzato
l’addebito sul proprio conto. In base a questa ricostruzione, il creditore-beneficiario, fino al momento dell’autorizzazione all’addebito da
parte del debitore, non guadagnerebbe alcuna posizione privilegiata
rispetto alla massa fallimentare, tale per cui se il curatore scegliesse di
darvi seguito, potrebbe violare la par condicio creditorum40.
Wienberg (a cura di), Kommentar zur Insolvenzordnung mit EGInsO, Band I, II ed., Heidelberg, 2001, §§ 115-116, Rdn. 56; contra SKROZTKI, Lastschriftverfahren, cit., 137; nella giurisprudenza pratica si ricorda OLG Hamm, 22 gennaio 1985, in NJW, 1985, 865, che risulta
essere l’organo giudiziario di grado più elevato ad essersi pronunciato sul punto, fino al
2004; l’Oberlandesgericht Hamm ebbe modo di sentenziare:“Das Widerspruchsrecht
steht im Falle des Konkurses der Lastschriftschuldners dem Konkursverwalter zu, aber
nur in dem Umfange, in dem es der (Gemein-)Schuldner bei der Konkurseröffnung
hatte. Dies folge daraus, dass der Konkursverwalter, der mit der Übernahme des Amtes
in die Rechte und Pflichten des Gemeinschuldners eintritt, grundsätzlich für die Masse
nicht mehr und keine anderen Rechte beanspruchen kann, als sie dem Schuldner zustehen”.
38
KÖHLER, Lastschriftverfahren, cit., 56; OBERMÜLLER, Insolvenzrecht, cit., Rdn. 3.451; ancora l’OLG Hamm, 11 dicembre 2003, in ZIP, 2004, 814 s., ribadiva che il principio della
par condicio creditorum non può consentire un utilizzo illegittimo del potere di revoca da
parte del curatore fallimentare, al quale non vengono concessi più diritti di quelli originariamente spettanti al debitore poi fallito: allo stesso modo argomentava il XI Senat del
BGH, con sentenza del 10 giugno 2008, in BGHZ, 177, 76 s.
39
Così van GELDER, Bankrecht, cit., § 59, Rdn. 5.
40
BGH, 4 novembre 2004, cit.; nonché diverse pronunce di merito quali LG Berlin, 27
gennaio 2004, in DZWir, 2004, 255 (che ha constatato l’esistenza di un vero e proprio ob— 176 —
L’ADDEBITO DIRETTO
Riguardo poi all’accordo quadro tra creditore e debitore sulla modalità di pagamento tramite Lastschrift, si è affermato che esso dispiega
i propri effetti anche nei confronti del curatore fallimentare41; questo
assunto va però coordinato con il fatto che, una volta aperta la procedura concorsuale, il credito del beneficiario non è assistito da privilegi
per la sola esistenza dell’accordo di addebito, e dunque andrà insinuato al passivo come ogni altro credito, per non violare la par condicio creditorum.
Alcuni autori, per evitare che al curatore fosse concesso un potere
illimitato di revocare addebiti effettuati dal fallito, hanno proposto
una ricostruzione che vede come adempiuta, ma sottoposta a condizione risolutiva, l’obbligazione nel rapporto principale, già al momento dell’incasso delle somme addebitate al debitore-pagatore, e accreditate sul conto del creditore-beneficiario42. In tal modo non vi sarebbe
più spazio per una facoltà di revoca in capo al curatore fallimentare, in
quanto il debito sarebbe già adempiuto, fatta salva ovviamente la possibilità di effettuare l’azione revocatoria fallimentare qualora ne sussistano i presupposti.
In realtà questa affermazione, a prima vista suggestiva, non tiene
conto di diverse obiezioni. La prima poggia sull’incertezza di una classificazione dell’adempimento del debitore come risolutivamente condizionato (tutt’al più, potrebbe essere sottoposto alla condizione sospensiva della richiesta di rimborso); la seconda invece fa leva sul fatto
che il debitore, potendo revocare (ex art. 13, comma 1°, d. lgs.
11/2010) l’addebito fino al momento dell’autorizzazione, sarebbe in
grado di annullare completamente la pretesa del creditore, pretesa
che quindi non sarebbe maggiormente tutelabile in sede concorsuale
di quanto già non lo sia di per sé, ragion per cui il curatore potrebbe
bligo di Widerspruch in capo al curatore); AG Charlottenburg, 19 ottobre 2004, ivi, 2005,
39 s.; KG Berlin, 23 novembre 2004, in ZINSO, 2004, 1361; OLG Dresden, 27 ottobre 2005,
ivi, 2005, 1272 s.
41
Per tutti: OTT-VUIA, in Münchener Kommentar zur Insolvenzordnung2, Band I, München, 2007, § 80, Rdn. 32; v. però BGH, 25 ottobre 2007, in NJW, 2008, 63 ss., il quale ha in
linea di principio affermato l’inconferenza del Lastschriftabrede sui futuri obblighi del curatore fallimentare, trovando essi legittimazione nella stessa procedura concorsuale: su
questo, già 25 anni fa con molta chiarezza, CANARIS, Bankvertragsrecht, cit., Rdn. 661, con
la chiosa che la Genehmigungstheorie porterebbe però a risultati “intollerabili”, in quanto il
curatore fallimentare potrebbe, in forza del fatto che non è ancora sorto un obbligo di
adempimento dell’addebito non autorizzato, utilizzare la sua posizione per un ingiusto
arricchimento della massa, revocando così gli addebiti già effettuati.
42
Così, sulla scia dell’orientamento di Canaris citato alla nota precedente, OBERMÜLLER, Insolvenzrecht, cit., Rdn. 3452 b, e KREPOLD, Bankrecht, cit., Rdn. 6/507 s.
— 177 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
in ogni momento, e quindi anche dopo l’apertura del fallimento, revocare l’addebito43.
In altra decisione il tribunale federale tedesco ha chiarito che un
diritto non è tutelabile in sede fallimentare, qualora la sua attuazione
dipenda dalla volontà dell’obbligato, nel caso di condizione risolutiva
non ancora verificatasi44. In realtà, come già spiegato, non è affatto pacifica la qualificazione del diritto del beneficiario di un addebito diretto come risolutivamente condizionato, potendo esso ben essere configurato al contrario come sospensivamente condizionato. Inquadrando
infatti l’autorizzazione del debitore come una condizione sospensiva,
la quale una volta verificata, rende efficace il rapporto obbligatorio tra
pagatore e beneficiario che ha la sua fonte nell’accordo di addebito, si
ha che l’addebito, prima ancora di essere autorizzato, può essere revocato proprio perché ancora inefficace. In questo senso si spiegherebbe
maggiormente la possibilità per il curatore fallimentare di revocare gli
addebiti non ancora autorizzati, chiedendone il rimborso (la condizione sospensiva potrebbe essere ravvisata anche nella richiesta di rimborso dell’addebito, tale per cui se essa fosse avanzata dal debitore,
renderebbe inefficace l’avvenuto pagamento). Ancora, il supremo organo di giustizia federale tedesca ha fatto notare che, perché possa acquisire una posizione tutelabile nel fallimento, il diritto in questione
dovrà sussistere già prima dell’apertura di esso, cosa che non sussiste
se esso è ancora sottoposto ad autorizzazione. Ma le opinioni contrapposte paiono non tenere nella dovuta considerazione il fatto inoppugnabile che consiste nella esistenza dell’obbligazione nel rapporto di
valuta: certamente questa può sempre essere oggetto di contestazione,
ma finché ciò non avvenga, il credito va considerato esistente ed esigibile, e l’accordo di addebito nasce proprio per agevolarne l’esigibilità
da parte del beneficiario. Dunque l’angolo visuale dal quale esaminare
il problema della legittimazione del curatore va visto nell’ottica in cui
il ruolo del curatore medesimo s’inserisce, ossia il fallimento, e non
fuori di esso; il credito da Lastschrift andrà trattato alla stregua di ogni
altro credito insinuato (o da insinuare) al passivo. Di conseguenza la
possibilità per il curatore di chiederne il rimborso andrà esaminata alla luce dei principi su cui si regge la procedura concorsuale; in particolare è il principio della par condicio creditorum a poter essere invocato.
43
BGH, 25 ottobre 2007, in NJW, 2008, 63 ss.: particolarmente impegnativo se non forzato si dimostra però l’inferire, dalla circostanza del credito risolutivamente condizionato, l’affermazione che esso sarebbe dunque privo di tutela in sede fallimentare.
44
BGH, 17 novembre 2005, in NJW, 915 s.
— 178 —
L’ADDEBITO DIRETTO
Il Bundesgerichtshof ha avuto modo di chiarire, seppure in via di mero obiter dictum, che non tutte le revoche di addebiti (nel senso di richieste di rimborso) sono fonte di risarcimento del danno, anche là
dove esse non siano di immediata utilità per la massa fallimentare: ad
esempio nei casi in cui le banche del debitore abbiano pignorato o
ipotecato beni di quest’ultimo, e sarebbero quindi obbligate a liberare
le garanzie in favore del fallimento, ovvero ancora nel caso in cui non
sia chiara al curatore la reale entità del patrimonio del fallito, tale per
cui la possibilità di revocare eventuali addebiti non può essere preclusa, pena un reale danno alla massa medesima45.
Nel caso in cui non vi siano garanzie di alcun genere sui beni del
fallito, la revoca degli addebiti potrebbe portare inevitabilmente a una
sorta di vantaggio (impropriamente detto) della di lui banca. In realtà,
ove l’addebito sia già stato effettuato, ma – come avviene per i casi qui
contemplati – non sia ancora scaduto il periodo previsto per la richiesta di rimborso, la banca del beneficiario ha già acquistato un diritto,
sia pur provvisorio, all’incasso delle somme addebitate, da far valere
nei confronti della banca del debitore-pagatore: ecco perché è comunque improprio qualificare come di vantaggio la situazione che si
crea in capo a quest’ultima, la quale nella maggioranza dei casi ha già
ricevuto ed effettuato la richiesta di accredito delle somme, da parte
della banca del beneficiario. È inoltre un dato pacifico quello in base
al quale la banca del pagatore non possa far valere alcuna pretesa nei
confronti del suo cliente affinché questi eserciti la revoca
dell’addebito, dato che dimostra come essa non goda in realtà di alcuna posizione di vantaggio verso la banca del beneficiario46. Una volta
che il curatore abbia chiesto il rimborso, la banca del debitore fallito
potrà insinuare il suo credito al passivo; alla massa fallimentare sarà attratto il credito del beneficiario dell’addebito.
Come ampiamente spiegato al capitolo I, si potrà ora distinguere
tra rifiuto e revoca, in base alla normativa europea già recepita anche
in Italia col d. lgs. 11/2010: l’art. 9 di questa legge disciplina infatti il
secondo istituto, e stabilisce un ampio termine (13 mesi dalla data di
addebito o accredito) in capo all’utilizzatore per comunicare di essere
venuto a conoscenza di un’operazione di pagamento non autorizzata o
eseguita in modo inesatto, ed ottenerne quindi la rettifica. L’art. 13, lo
si è visto ampiamente, si riferisce invece al caso della richiesta di rimborso, specificando che si deve trattare comunque di un’operazione di
45
46
BGH, 4 novembre 2004, cit.
Per tutti cfr. KÖHLER, Lastschriftverfahren, cit., 97.
— 179 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
pagamento “autorizzata” disposta su iniziativa del beneficiario, e il
tempo per esercitarla è di otto settimane dalla data in cui i fondi sono
stati addebitati. La differenza che in questa sede rileva è importante
per la tempistica cui è sottoposta l’azione del curatore, nonché per i
presupposti sui quali essa si fonda: nel primo caso si tratta di operazione non autorizzata o comunque non esatta, e il curatore nella sostanziale totalità dei casi la revocherà; nel secondo invece essa è stata comunque autorizzata dal debitore, ma il curatore potrà verificare se
chiederne o meno il rimborso in favore della massa (ed ecco perché il
termine per il rimborso è ridotto rispetto a quello previsto per la revoca)47.
Il problema dell’efficacia verso il curatore dell’autorizzazione già rilasciata dal debitore non è stato in realtà risolto, in Germania, con la
già citata decisione del BGH del 2004. Dal 2008 al 2012 ne sono seguite
altre quattro, che hanno contribuito al dibattito già in corso48. Con la
prima di queste decisioni, ossia quella del giugno 2008, il tribunale federale tedesco ripercorre la storia dell’istituto del Lastschrift evidenziando come fino alla pronuncia del 2004, la convinzione diffusa in
dottrina e giurisprudenza fosse nel senso dell’impossibilità per il curatore di revocare gli addebiti già legittimamente autorizzati dal debitore
prima dell’apertura del fallimento, pena una responsabilità risarcitoria
ex § 826 BGB49. È proprio questo il punto dal quale la sentenza del 4
novembre 2004, richiamata nelle pronunce successive, più si discosta,
in quanto permette al curatore fallimentare di esercitare il rifiuto
dell’addebito, anche quando tale condotta, se messa in atto dal debitore, dovesse essere contraria a buona fede e cagionare un danno al creditore o alle banche coinvolte.
In realtà la questione non è così lineare come potrebbe sembrare.
Infatti, specialmente nei rapporti di durata (bollette telefoniche, di luce, gas, ecc.), una autorizzazione espressa difficilmente viene concessa
dal debitore, tanto che (come si è spiegato nel capitolo precedente),
47
Cfr. BGH, 22 febbraio 2011, cit., che ha deciso su di una controversia tra la banca di
un debitore-pagatore, il quale, successivamente fallito, non aveva rilasciato
l’autorizzazione all’addebito e anzi lo aveva rifiutato nel termine di sei settimane previsto
nel Lastschriftabkommen. In questo caso, la banca è stata ammessa all’azione di ripetizione
verso il beneficiario, con la precisazione che l’onere di dimostrare la mancanza di autorizzazione gravava in capo alla banca stessa.
48
BGH, 10 giugno 2008, in WM, 2008, 1963, e in ZBB, 2008, 403; BGH, 7 maggio 2009,
in ZIP, 2009, 1477; BGH, 26 luglio 2011, in WM, 2011, 1553; BGH, 3 aprile 2012, in NJW,
2012, 2507.
49
Sul punto cfr. van GELDER, Bankrecht, cit., § 59, Rdn. 15, 15d.
— 180 —
L’ADDEBITO DIRETTO
non di rado si è fatto ricorso alla c.d. Genehmigungsfiktion (letteralmente “finzione dell’autorizzazione”) in base all’art. 7, comma 3, delle
condizioni generali dei contratti bancari (AGB-Banken)50, secondo il
quale se non viene esercitata la revoca entro un determinato termine
(diverso e in genere più breve delle sei-otto settimane previsto dal Lastschriftabkommen), l’autorizzazione si ha per concessa. Il tribunale federale tedesco ha dunque stabilito che detta finzione non può essere opposta al curatore fallimentare. La sentenza del 2008, emessa dal XI Senat del BGH si discosta da questo orientamento, anzitutto per la criticata “disapplicazione” che il IX Senat nel 2004 avrebbe operato, della regola della buona fede e della correttezza, valevole anche per lo stesso
curatore fallimentare51.
Con la decisione del 2008 il Tribunale federale chiarisce inoltre altre delicate questioni. Anzitutto il rapporto tra pagamento mediante
addebito diretto e rapporto di valuta, proprio con riferimento alla revoca. Nel momento in cui essa viene esercitata dal debitore, giuridicamente non si producono effetti nel rapporto sottostante: la banca del
debitore-pagatore, se vorrà comunque, per ragioni legate alla propria
reputazione, effettuare il pagamento alla banca del creditorebeneficiario, sarà poi obbligata alla restituzione delle somme al proprio cliente, senza poter pretendere da costui il rimborso delle spese
effettuate, rimborso che le spetta solo dopo l’autorizzazione del debitore. Tutto ciò, sempre secondo il BGH, avrà effetto nell’ambito del solo rapporto di provvista che lega il debitore al suo istituto di credito:
questa a ben vedere è la soluzione scelta anche dal legislatore mediante il già più volte richiamato art. 17, comma 7°, d. lgs. 11/2010.
Il punto, per tornare alla questione della revocabilità dei pagamenti
e dell’incidenza di essa nel rapporto di valuta, consiste quindi, come
già accennato (cfr. supra, cap. III, par. 2) e come ribadito dal tribunale
federale tedesco, nello stabilire il momento esatto dell’adempimento,
50
E ripreso dal capoverso dell’art. 2.4 dell’ultimo modello negoziale predisposto
dall’Associazione banche tedesche il 31 ottobre 2009, applicabile agli addebiti diretti nazionali (Muster der Bedingungen für Zahlungen mittels Lastschrift im Einzugsermächtigungsverfahren
zwischen
Kunde
und
Bank,
reperibile
al
link
http://www.bankenverband.de/downloads/06-2010/48005-1109-lastschrifteinzugsermachtigung-muster.pdf). Il termine e la finzione in questione non vengono
applicati nel caso di addebiti diretti nell’area SEPA, in cui vige il termine di 13 mesi per
denunziare addebiti non autorizzati o inesatti (art. 9 d. lgs. 11/2010).
51
“Dem (vorläufigen) Insolvenzverwalter stehen innerhalb von Vertragsverhältnissen
nicht mehr und keine anderen Rechte zu als dem Schuldner (...). Er darf deshalb keine
Handlungen vornehmen, durch die der Schuldner eine vorsätzliche sittenwidrige Schädigung nach § 826 BGB begehen würde”.
— 181 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
tenendo presente che, così come nessun creditore è disposto a considerare il pagamento come provvisorio per mesi, allo stesso modo nessun debitore, specialmente nei rapporti di durata (ma non solo in
questi ultimi), considera il proprio avvenuto pagamento come provvisorio ancora dopo mesi52. Nel momento in cui il beneficiario accede
alla somma accreditatagli dalla banca del pagatore sul proprio conto,
ottiene ciò che è stato l’oggetto dell’accordo di addebito. I giudici federali tedeschi hanno quindi stabilito che, una volta che il pagatore
abbia concesso l’autorizzazione all’addebito, determinante ai fini del
momento dell’adempimento è non il rilascio dell’autorizzazione stessa, bensì quello dell’accredito della somma al beneficiario53: quando
l’autorizzazione sarà successiva allo stesso, si avrà un adempimento la
cui efficacia retroagisce al momento del già avvenuto accredito.
Questa soluzione è stata criticata in dottrina, in particolare perché,
unitamente all’assunto che consente al curatore di revocare addebiti
già autorizzati dal debitore, creerebbe una grossa incertezza in capo al
beneficiario, ma non solo: essa – si afferma – produrrebbe svantaggi
per tutte le parti coinvolte nel procedimento di addebito diretto54. Anzitutto, come appena detto, per il beneficiario, esposto ad una situazione di incertezza che potrebbe durare anche a lungo; in sostanza egli
dovrebbe sopportare il rischio dell’insolvenza della sua controparte
contrattuale, rischio questo, che pare comunque più ragionevole sia il
beneficiario a dover affrontare, piuttosto che uno dei due istituti di
credito o di pagamento coinvolti. Questione invece tutt’altro che risolta è quella relativa alla responsabilità del curatore, qualora egli revochi
l’addebito senza che ne sussistano i presupposti. In questo caso, sem52
Cfr. AG München, 7 marzo 2008, in ZIP, 2008, 592 s., che da questa considerazione
trae la conseguenza di un (tacito?) accordo tra le parti del rapporto di addebito (pagatore e beneficiario) nel senso dell’avvenuto adempimento del debito.
53
Cfr. BGH, 10 giugno 2008, in ZBB, 2008, 409, con nota critica di JUNGMANN, Am Vorabend eines Paradigmenwechsels beim Lastschriftverfahren: Von der Genehmigunstheorie zur
“Erfüllungstheorie“?; a ben vedere, ora, come si esporrà tra poco nel testo, il momento
dell’esatto adempimento nell’addebito su inziativa del beneficiario è un altro, e ha a che
fare con la possibilità per il debitore di chiedere il rimborso.
54
Così JUNGMANN, Am Vorabend, cit., 412, il quale riprende gli studi di Canaris
(Bankvertragsrecht, cit.), e con riferimento al S EPA-Lastschrift afferma (417), ma senza motivazioni convincenti, che non si potrebbe applicare ad esso l’orientamento del BGH in
tema di facoltà di revoca del curatore fallimentare. Ciò che di condivisibile l’a. propone,
è la possibilità di costituire garanzie accessorie al credito del beneficiario, che possano
essere azionate qualora il pagatore effettui la revoca dell’addebito, anche se permane il
problema della sorte di tali garanzie nel momento in cui lo stesso debitore-pagatore sia
assoggettato a procedure concorsuali.
— 182 —
L’ADDEBITO DIRETTO
pre secondo il BGH non sarebbe da escludere una responsabilità extracontrattuale nei confronti del beneficiario55. Con riferimento invece
alle banche, un vero e proprio rischio per queste si concretizzerebbe
solamente nel momento in cui, per via di un obbligo di retrocessione
del pagamento effettuato, ciò dovesse condurre ad una perdita del diritto al rimborso nei confronti del beneficiario.
In realtà queste critiche sono destinate a non trovare accoglimento
nel vigore della nuova disciplina europea dell’addebito diretto: il fatto
che il curatore possa chiedere il rimborso di addebiti già autorizzati
dal debitore pare ormai fuori discussione56. Si avrebbe altrimenti una
disapplicazione dell’art. 13 del d. lgs. 11/2010. Il momento dell’esatto
adempimento coinciderà inoltre, in base a quanto visto supra (cap. III,
par. 2), con quello a partire dal quale il debitore non possa più chiedere il rimborso di operazioni, siano esse autorizzate o meno57.
Diversa è la posizione della banca del debitore-pagatore: anzitutto
essa ha, anche nelle prime otto settimane, azione di regresso verso la
banca del beneficiario, per le somme accreditate a quest’ultimo. Per il
periodo successivo la questione cambia, quantomeno dal punto di vista
dell’inquadramento giuridico della pretesa della banca del debitore
stessa: un’altra decisione del tribunale federale tedesco ha infatti stabilito che essa, nel periodo successivo a quello previsto dal Lastschriftabkommen (all’epoca della decisione, sei settimane), è titolare della condictio indebiti verso la banca del beneficiario58, anche se è ipotizzabile
che quest’ultima intenda cedere alla prima l’azione che le spetta verso
il beneficiario suo cliente.
Sempre con la decisione del giugno 2008, il Bundesgerichtshof ritorna
sulla questione dei diritti del beneficiario e stabilisce che questi è legit55
Il tribunale federale tedesco, nella decisione del 10 giugno 2008 e citata anche nel
testo, sembrerebbe avvalorare questa tesi, là dove afferma che “durch die Beantragung
eines Insolvenzverfahrens, das möglicherweise abgelehnt wird, wird sittenwidriges nicht
plötzlich zu anständigem Verhalten”.
56
Cfr. tuttavia O MLOR, Die neue Einzugsermächtigungslastschrift – Von der Genehmigungszur Einwilligungstheorie, in NJW, 2012, 2151 ss., il quale – quantomeno per diritto tedesco –
nega che il curatore possa attrarre alla massa il diritto al rimborso esercitato entro le otto
settimane previste.
57
V. OMLOR, Die neue Einzugsermächtigungslastschrift, cit., 2151, per l’opzione del
momento dell’adempimento coincidente con l’accredito, ma risolutivamente condizionato alla richiesta di rimborso del debitore; dubbioso sul punto resta HADDING,
Herkömmliche Einzugsermächtigungslastschrift – Fortbestand nach Umsetzung der EUZahlungsdiensterichtlinie oder Wegfall nach europäischem Interbankenabkommen (SEPARulebook)?, in Festschrift für Hüffner zum 70. Geburtstag, München, 2010, 291.
58
BGH, 11 aprile 2006, in ZIP, 2006, 1041, e in NJW, 2006, 1965.
— 183 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
timato a chiedere il risarcimento del danno subito da una revoca illegittima effettuata dal curatore fallimentare, e più in particolare le pretese risarcitorie possono essere indirizzate, sempre secondo il BGH, anche ai due istituti di credito coinvolti, là dove essi regoleranno le loro
pendenze nell’ambito del rapporto interbancario59. Ancora con la decisione del maggio 2009 il tribunale federale confermava tuttavia
l’orientamento restrittivo in tema di possibilità – alquanto limitate –
per il beneficiario di vedersi risarcito l’eventuale danno patito da un
revoca illegittima del curatore fallimentare60.
Per ovviare alla notevole difficoltà che in tal modo oggettivamente
si crea in capo al beneficiario, di vedere riconosciuto il proprio credito
al di fuori della massa, non è mancato chi abbia proposto di applicare
alla fattispecie la norma di cui al numero 3) del § 55, 1° comma, InsO,
che regola il caso dell’ingiustificato arricchimento della massa fallimentare, richiamando il § 812 BGB in tema di condictio indebiti61.
Altra ipotesi è quella offerta dal 3° comma del Nr. 7 delle condizioni generali delle banche tedesche (AGB-Banken), rubricato Genehmigung von Belastungen aus Lastschriften, norma che, come già accennato, prevede una fictio juris della autorizzazione che il debitore in realtà
potrebbe non aver rilasciato, stabilendo che, qualora egli non sollevi
eccezioni all’addebito entro un periodo in genere più breve di otto
settimane, l’autorizzazione si ha per rilasciata. Da questa finzione si fa
così discendere il diritto della banca del debitore al rimborso delle
spese effettuate, e allo stesso modo sarebbe così garantito il diritto del
beneficiario.
In realtà dette condizioni generali devono essere interpretate nel
senso di non vincolare il curatore fallimentare a condotte che potrebbero compromettere la par condicio creditorum (la suddetta interpretazione porterebbe invece a risultati di questo genere, in quanto il curatore non potrebbe più chiedere il rimborso dopo un periodo anche
più breve delle otto settimane dall’addebito)62. Si è anche cercato di
applicare la disciplina della finzione, mediante ricostruzioni simili ad
essa, senza ottenere risultati particolarmente ragguardevoli.
59
Sottolinea l’aspetto della pluralità dei legittimati passivi TETZLAFF, Lastschriftwiderruf
in der Insolvenz: Ist der Lastschriftgläubiger wehrlos, wenn Schuldner- und Inkassobank keinen Widerstand leisten?, in GWR, 2009, 190.
60
BGH, 7 maggio 2009, cit.
61
TETZLAFF, Lastschriftwiderruf, cit., 192; OMLOR, Die neue Einzugsermächtigungslastschrift, cit., 2151.
62
Così KÖHLER, Lastschriftverfahren, cit., 155; contra SPLIEDT, Anmerkung zu BGH, 25 Okt.
2007, in NZI, 2008, 32.
— 184 —
L’ADDEBITO DIRETTO
L’equiparazione di fattispecie negoziali alla vicenda della Genehmigungsfiktion non può infatti che portare a conclusioni forzate, come quella
di considerare analoga all’autorizzazione fittizia, la rinegoziazione altrettanto fittizia di alcune condizioni di adempimento occorsa tra debitore e creditore63, analogia che dovrebbe portare secondo i sostenitori di questa teoria, all’obbligo per il curatore di decidere entro tempi
certi se revocare o meno l’addebito, cosa che avverrebbe appunto anche nel caso appena citato della rinegoziazione (recte: sapendo che dopo un certo periodo dall’avvenuto addebito potrebbero scattare automaticamente nuove condizioni negoziali che gli impedirebbero di rifiutarlo, il curatore sarebbe così sollecitato alla conferma ovvero al rifiuto esplicito dello stesso)64. Ma il tribunale federale tedesco ha smentito questa ipotesi, con la – corretta – motivazione che lo stesso curatore non ha, se non in casi specifici, la potestà di incidere sulla massa
con autonome rinegoziazioni, per cui è ancor meno probabile ipotizzare in capo a lui una rinegoziazione fittizia con il beneficiario65.
L’applicazione di tale fictio al curatore rischierebbe quindi di vincolare
la procedura fallimentare all’assunzione di obblighi pregiudizievoli
per la massa stessa dei creditori66. Non sono tuttavia mancate occasioni, nella giurisprudena pratica, per ritenere questa disciplina applicabile anche al curatore: anzitutto quella nella quale quest’ultimo dispone di un conto bancario del fallito senza mai revocare alcun addebito67. Traendo spunto dalla disciplina di cui al § 286, comma 3°, BGB in
base al quale il debitore incorre in mora se non adempie entro trenta
giorni, si è proposto di applicare detto termine al curatore, decorso il
quale si potrà considerare come per concessa l’autorizzazione
all’addebito, qualora questa non sia ancora stata rilasciata (o, nel caso
essa sia già sussistente, il curatore non potrebbe più chiedere il rim63
KÖHLER, op. cit., 156.
Critico verso la ricostruzione proposta è KIRCHHOF, Die Rechtsstellung vorläufiger Insolvenzverwalter im Lastschriftverfahren, in WM, 2009, 337 ss.; KÖHLER, op. loc. cit., 156, propone un’applicazione “senza limitazioni” alla fattispecie in questione delle AGB-Banken,
motivandola con esigenze di certezza giuridica; per la disapplicazione della Genehmigungsfiktion al curatore fallimentare si dichiara invece KUDER, Die Zahlstelle in der Insolvenz, cit.,
70.
65
BGH, 25 ottobre 2007, IX ZR 217/06, http://lexetius.com/2007,3196.
66
Contra: OLG Stuttgart, 30 settembre 2009, in ZINSO, 2009, 2342 ss.; OLG München,
16 ottobre 2006, in NZI, 2007, 107 s.
67
OLG Koblenz, 26 novembre 2009, in NZI, 2010, 18; nella giurisprudenza federale
cfr. BGH, 25 ottobre 2007, cit., il quale ha considerato applicabile la disciplina della Genehmigungfiktion soltanto se il conto corrente sia stato oggetto di movimentazione per un
intero anno da parte del curatore, e senza alcuna revoca da parte di quest’ultimo.
64
— 185 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
borso)68. Poiché dunque il beneficiario dell’addebito ha un interesse
specifico all’autorizzazione da parte del pagatore, analogamente è stata richiamata la dottrina in materia di mora del debitore. Questa ricostruzione ha fatto leva sull’obbligo del debitore di segnalare alla banca
eventuali inesattezze contenute nell’estratto conto entro trenta giorni
(in Italia sono sessanta), tale per cui se nulla è contestato entro tale
periodo, esso si intende approvato (e dunque anche gli eventuali addebiti diretti ivi riportati). In realtà l’analogia non pare applicabile,
perché tende a far coincidere il periodo previsto per la contestazione
dell’estratto conto (norma generale) con quello previsto per gli addebiti diretti (norma speciale)69.
Il problema della Genehmigungsfiktion nelle procedure concorsuali si
è intrecciato, in un’altra – criticata – decisione del BGH, con quello della ripetizione di indebito70. In questo caso, attrice in giudizio era la
banca del debitore, che agiva appunto in ripetizione contro il creditore (un imprenditore farmaceutico), dopo che il curatore del fallimento del debitore aveva effettuato la revoca (in base al Lastschriftabkommen) di tutti gli addebiti che il beneficiario aveva presentato entro un
determinato periodo. Il curatore chiedeva quindi alla banca del debitore fallito la restituzione degli importi relativi agli addebiti presentati
dal beneficiario; successivamente tuttavia, la banca di quest’ultimo non
rimborsava alla prima banca le somme da questa anticipate come conseguenza della revoca degli addebiti. È chiaro che la banca del debitore, anticipando le somme al curatore in seguito alla revoca, diventa
creditrice di tali somme di fronte alla banca del soggetto che ha beneficiato di quegli addebiti poi revocati. Il rifiuto di rimborsare quegli
importi veniva motivato dalla banca del beneficiario con l’avvenuta
scadenza del termine delle sei settimane, previsto al n° 2 della Sezione
III del Lastschriftabkommen, per esercitare la revoca. La banca del debitore si rivolgeva così al creditore reclamando la restituzione delle
somme pagategli in esecuzione degli addebiti poi successivamente revocati dal curatore fallimentare. Il tribunale dava ragione alla banca
del debitore, e la corte d’appello confermava la sentenza di primo
grado, respingendo le ragioni del creditore, il quale proponeva ricorso
al Bundesgerichtshof, che lo riteneva invece degno di accoglimento. La
68
FISCHER, Die Genehmigung der Lastschrift im Einzugsermächtigungsverfahren, in WM,
2009, 635.
69
Così anche KÖHLER, op. loc. cit., 163, ma con la motivazione in base alla quale il curatore sarebbe anticipatamente obbligato a revocare ovvero a confermare l’addebito,
senza avere il tempo necessario per valutare quale sia la soluzione migliore.
70
BGH, 27 settembre 2011, in WM, 2011, 2041, e in ZINSO, 2011, 1980.
— 186 —
L’ADDEBITO DIRETTO
corte d’appello71 aveva stabilito che alla banca del debitore spettasse il
diritto ad agire in ripetizione verso il creditore, in base ai §§ 812 e 818
BGB, in quanto quest’ultimo si era arricchito a spese della banca, in assenza di qualsivoglia causa dell’attribuzione (kein rechtlicher Grund) e
(particolare importante che conferma quanto argomentato nelle pagine e nei capitoli precedenti in tema di titolarità della condictio in caso
di mancanza di valido jussum) senza alcuna efficace delegazione di pagamento. L’addebito sul conto corrente del debitore non era quindi
diventato efficace a causa della mancata autorizzazione di quest’ultimo
e a causa del mancato ordine di addebito del debitore indirizzato alla
propria banca, tanto da non validare ex post, come sarebbe dovuto invece succedere, l’accredito già avvenuto sul conto del beneficiario. La
norma sulla fiktion di cui al n° 7, paragrafo 3 delle AGB-Banken non è
stata considerata applicabile.
Il tribunale federale non ha tuttavia reputato chiara la fattispecie in
base alla quale la corte d’appello aveva escluso l’esistenza di una Genehmigungsfiktion, e al tempo stesso ha affermato la possibilità per il curatore fallimentare – che diventa un onere, se si vogliono evitare le
conseguenze previste dalla legge – di effettuare espressamente la revoca degli addebiti già effettuati dai creditori, ma non ancora autorizzati.
Il BGH ammette quindi che nel caso concreto non si possa negare una
konkludente Genehmigung, la quale va senz’altro ammessa in presenza di
rapporti di durata o comunque rapporti negoziali non ancora conclusi, ovvero ancora in caso di pagamenti di tributi o di contributi previdenziali. Se in presenza di una di tali fattispecie il debitore non rifiuta
alcun addebito, anche senza averlo autorizzato espressamente, la sua
banca, secondo i giudici federali, è giustificata a ritenere l’addebito
come autorizzato. Ponendo dunque tale assunto a fondamento del
rapporto esistente tra debitore e creditore beneficiario, e considerando come avvenuta l’autorizzazione dal primo verso la propria banca,
ne consegue, secondo il tribunale federale, la mancanza di qualsiasi
presupposto per l’esercizio della condictio indebiti verso il beneficiario.
La sentenza di appello è stata cassata e la decisione rinviata ad altra sezione dell’OLG Celle. Come si vedrà tra poco, questo orientamento sarà messo in discussione da una più recente decisione del BGH.
Si è accennato infatti supra ad una recente decisione emessa dal
Bundesgerichtshof il 3 aprile 2012. Detta sentenza sconfessa
l’orientamento della precedente sentenza del giugno 2008, cassando
con rinvio ad altra sezione dell’Oberlandesgericht München, che già ave71
OLG Celle, 21 ottobre 2009, in ZIP, 2010, 420.
— 187 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
va deciso in grado di appello. I giudici federali hanno stabilito, contrariamente a quanto aveva deciso l’OLG München, che la “regola” della
Genehmigungsfiktion non può valere per gli addebiti diretti che siano
rimasti pendenti al momento della nomina del curatore fallimentare
del debitore.
Con altre decisioni successive a quella del giugno 2008 il BGH ha
specificato che la autorizzazione all’addebito da parte del curatore fallimentare può avvenire soltanto con dichiarazione espressa e non per
“finzione” o per “silenzio-assenso”72, in caso contrario il curatore potrà
legittimamente esercitare la revoca. La decisione del BGH richiamata in
nota (13 ottobre 2011) è in realtà più articolata e pare opportuno darne il dovuto conto. Nel caso di specie il debitore, stando a quanto documentato dalla Corte d’Appello di Amburgo, non aveva autorizzato
gli addebiti diretti, o meglio: i giudici federali non li hanno considerati
come autorizzati, in quanto la Genehmigung era stata rilasciata dal debitore solamente nei confronti del beneficiario (probabilmente per un
errore del primo) e non quindi verso la Schuldnerbank. Soltanto per via
di questa circostanza il BGH non ha ritenuto gli addebiti autorizzati e
dunque ha considerato la revoca opposta dal curatore fallimentare
come pienamente legittima, e conseguentemente argomentato che il
beneficiario non fosse legittimato ad agire per il risarcimento del danno verso l’Insolvenzverwalter. Lo scostamento rispetto alle pronunce del
2004 è però già evidente, in quanto non si considera la possibilità per
il curatore di effettuare una revoca degli addebiti già autorizzati dal
debitore, se non per un caso particolare come quello appena esposto.
Appena pochi giorni dopo la decisione emessa il 13 ottobre 2011, il
BGH si pronunciava con altra sentenza, già citata in nota (25 ottobre
2011), nella quale affrontava nuovamente il problema della “finzione
72
BGH, 30 settembre 2010, in NJW, 2010, 8, e in WM, 2010, 2023, con la precisazione
che l’autorizzazione dovrà essere rilasciata alla Schuldnerbank e non al beneficiario: confermata poi da BGH, 13 ottobre 2011, in NJW, 2012, 146, e in WM, 2011, 2130, decisione,
questa, che si segnala per l’ampio spettro di argomenti sottoposti al vaglio del tribunale
federale, tra i quali l’irrevocabilità del rifiuto opposto dal debitore all’addebito,
l’equivalenza degli effetti della revoca sia per l’Einzugsermächtigungsverfahren, sia per
l’Abbuchungsauftragsverfahren (ma l’assunto, come si vedrà tra poco, è dovuto
all’eccezionalità del caso di specie), ma soprattutto la non legittimazione da parte del
beneficiario a chiedere il risarcimento del danno al curatore fallimentare che abbia effettuato la revoca. Nel caso di specie la particolarità consisteva nel fatto che il debitore
avesse inizialmente effettuato un addebito di propria iniziativa nei confronti del beneficiario, ma quest’ultimo aveva incassato la somma mediante Einzugsermächtigungsverfahren.
Ancora, per una decisione relativa all’efficacia della Genehmigungsfiktion, cfr. BGH, 25 ottobre 2011, in ZIP, 2011, 2398, e in WM, 2011, 2316.
— 188 —
L’ADDEBITO DIRETTO
dell’autorizzazione”, stabilendo anzitutto, con molta pragmaticità, che
il curatore fallimentare ha la possibilità di evitare gli effetti di una autorizzazione, anche “fittizia”, in primo luogo esercitando immediatamente la revoca concessa al debitore fallito. Qualora non si trovino in
questa fattispecie, i tribunali dovranno, sempre secondo le argomentazioni dei giudici federali, esaminare i rapporti tra cliente e banca, che
consentano di dedurre un comportamento concludente in capo al
primo, nel senso di autorizzare addebiti in modo inespresso ossia per
fatti concludenti73. In secondo luogo, il BGH ha stabilito che nel caso
concreto i giudici dell’appello non avevano considerato che si sarebbe
ben potuto parlare di autorizzazione, in quanto il debitore, consapevole degli addebiti che il fornitore (creditore) effettuava, aveva provveduto a garantire una provvista tramite bonifici e singoli pagamenti,
senza i quali la banca non avrebbe potuto eseguire gli addebiti. Il debitore aveva infatti concordato con la propria banca che avrebbe provveduto a tenere attivo il conto dal quale essa avrebbe tratto la provvista
necessaria per eseguire gli addebiti. La fattispecie presenta diversi
spunti interessanti anche per quanto riguarda i presupposti di fatto
necessari – secondo quanto ritenuto dal tribunale federale – per poter
affermare la conoscenza, da parte della banca, dell’insolvenza del debitore. Il curatore fallimentare, per poter revocare efficacemente gli
addebiti eseguiti, avrebbe dovuto secondo il BGH allegare il momento
nel quale la Zahlungsunfähigkeit del debitore era palesemente riconoscibile dalla banca, e ciò non è avvenuto; in particolare il curatore non
è stato in grado di affermare se tale incapacità di soddisfare le proprie
obbligazioni da parte del debitore fosse già presente con certezza prima dell’autorizzazione dell’addebito contestato, di talché gli addebiti
sono stati considerati autorizzati.
A conclusione di questa analisi va tuttavia affermata la possibilità in
capo al curatore fallimentare di chiedere il rimborso di addebiti effettuati nei confronti del debitore che sia poi dichiarato fallito, e questo,
ora, anche verso addebiti che siano dallo stesso stati autorizzati, ma per
i quali non sia trascorso il termine delle otto settimane di cui all’art.
13, comma 1°, d. lgs. 11/2010, proprio in considerazione della nuova
disciplina SEPA. L’ampia facoltà concessa al curatore corrisponde infatti a quella altrettanto ampia concessa al pagatore dalla nuova disci73
“Erhebt der Schuldner in Kenntnis eines erneuten Lastschrifteinzugs, der sich im
Rahmen des bereits genehmigten bewegt, gegen diesen nach einer angemessenen Überlegungsfrist keine Einwendungen, so kann auf Seiten der Zahlstelle die berechtigten Erwartung
entstehen, auch diese Belastungsbuchung solle Bestand haben. Dies gilt jedenfalls dann, wenn
das Konto im unternehmerischen Geschäftsverkehr geführt wird”; corsivo aggiunto.
— 189 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
plina europea: escludere la possibilità di rimborso, in capo al primo, di
addebiti autorizzati significherebbe di fatto escludere qualsiasi possibilità di recuperare somme utili al ristabilimento della par condicio creditorum. Rispetto alle fattispecie sin qui esaminate di addebiti non autorizzati e poi revocati, sottoposte al vaglio della giurisprudenza tedesca, la
facoltà in capo al curatore di chiedere il rimborso di addebiti già autorizzati potrebbe sembrare eccessiva. In realtà quelle fattispecie si riferivano alla normativa pattizia del Lastschriftabkommen, l’unica che regolamentasse il procedimento di addebito diretto, e stabiliva una diversa
disciplina per la revoca, come si è avuto modo di spiegare. La possibilità di revocare un addebito era prevista per i soli pagamenti non autorizzati ed entro sei settimane dall’addebito stesso. La disciplina europea prevede ora la possibilità di chiedere il rimborso di addebiti già
autorizzati. Ecco perché si impone una diversa soluzione anche per la
facoltà del curatore fallimentare, che quindi potrà chiedere il rimborso di addebiti già autorizzati dal debitore, in quanto non ancora definitivi74: facoltà che, come si vedrà nel paragrafo seguente, anche il
Bundesgerichtshof ha finito per ammettere nel vigore della disciplina
pattizia poc’anzi richiamata.
3. Il rischio dell’insolvenza in capo ai soggetti coinvolti nel procedimento di addebito.
Il rischio dell’insolvenza del debitore è, per la banca di
quest’ultimo, sicuramente più oneroso rispetto a quello dell’insolvenza
del creditore. Anzitutto nell’ambito del rapporto interbancario la prima banca si dovrà attivare presso la banca del beneficiario, per farsi restituire il modulo di addebito e ottenere così la restituzione delle
somme.
Nella prassi si può verificare il caso del fallimento di un debitore, il
quale abbia autorizzato addebiti sul proprio conto corrente prima
dell’intervenuto divieto di autorizzarne di ulteriori, disposto dal curatore fallimentare: ove quest’ultimo, come gli è ora consentito dalla disciplina europea, chieda il rimborso di quelli già autorizzati dal debitore-pagatore, si porrà il problema della sorte del pagamento ricevuto
dal beneficiario. Con recente sentenza, il Bundesgerichtshof ha stabilito
che esso vada restituito alla massa, e il beneficiario non potrà pretendere un nuovo pagamento che non sia in moneta fallimentare. Per regolare la perdita che in tal modo subirebbe, sempre secondo i giudici
74
Cfr. quando detto supra in tema di momento dell’adempimento: cap. III, par. 2.
— 190 —
L’ADDEBITO DIRETTO
federali, egli dovrà rivolgersi alla propria banca, in quanto l’avvenuta
inefficacia del credito vantato non è addebitabile al debitore75. Decorso il termine previsto dagli accordi interbancari (ma ora, anche dalla
legge), alla banca del debitore-pagatore non resterà che rivolgersi, secondo quanto già analizzato al capitolo 3, al beneficiario, esercitando
la condictio indebiti76; la difficoltà, per la banca del debitore, di allegare
la prova della mancata autorizzazione all’addebito (e di cui si è già dato conto al capitolo precedente), è un aspetto che la giurisprudenza
del tribunale federale tedesco continua, ad avviso di chi scrive, a sottovalutare. Una soluzione che certamente porrebbe la banca del debitore al sicuro da questo tipo di problemi, ma che appare però impraticabile poiché potrebbe facilmente cadere sotto l’azione revocatoria fallimentare del curatore, sarebbe quella di richiedere al debitore che si
stesse avvicinando allo stato d’insolvenza, di rilasciare la dichiarazione
di autorizzazione all’addebito, ma non già per impedire successivamente al curatore di revocarla (si è già visto che entro il termine previsto dalla legge, il curatore potrà ora farlo senza problemi), bensì per
far sì che la banca del debitore possa rivolgersi in rivalsa a quella del
beneficiario allegando l’avvenuta autorizzazione del debitore77. Il pro75
BGH, 28 giugno 2012, in WM, 2012, 1490, e in NJW, 2012, 2800: in realtà resta un
problema irrisolto tra creditore e banca di quest’ultimo, se si dà seguito alla ratio della
decisione del BGH, il quale esclude la possibilità per il beneficiario di richiedere l’esatto
pagamento.
76
KNEES-KRÖGER, Zum Umgang der Bank mit pauschalen Widersprüchen des (vorläufigen)
Insolvenzverwalters gegen Belastungen aufgrund Einzugsermächtigungslastschriften, in ZINSO,
2006, 397; OBERMÜLLER, Insolvenzrecht, cit., Rdn. 3452 c; JUNGMANN, Grenzen des Widerspruchsrechts des Insolvenzverwalters beim Einzugsermächtigungsverfahren, in NZI, 2005, 89; per alcune riflessioni sull’insolvenza delle banche coinvolte in operazioni di bonifico, e sulla
sopportazione del relativo rischio, si veda SCIARRONE ALIBRANDI, L’interposizione, cit., 244
ss., in particolare nt. 64, per puntuali riferimenti alla dottrina tedesca in materia di
Sphären-Theorie (teoria sulla ripartizione dei rischi relativi alla circolazione dei titoli di
credito), e 263 nt. 86, per il caso di fallimento dell’ordinante di un bonifico prima
dell’esecuzione del trasferimento di fondi. Per la giurisprudenza pratica tedesca cfr. BGH,
22 febbraio 2011, in WM, 2011, 688, e in NJW, 2011, 2130, che ha statuito su di un caso di
azione di ripetizione di indebito arricchimento, esercitata dalla banca del debitore (poi
fallito) nei confronti del beneficiario; i giudici federali hanno operato una ripartizione
dell’onere della prova, stabilendo che la banca deve allegare i presupposti
dell’arricchimento, e di conseguenza anche la mancanza dell’autorizzazione all’addebito
da parte del titolare del conto: “das Fehlen einer Genehmigung der Lastschriftbuchung
Voraussetzung dafür ist, dass zwischen Lastschriftschuldner und Lastschriftglaübiger
keine Leistungsbeziehung besteht und somit die Schuldnerbank den Lastschriftglaübiger nach § 812 Abs. Satz 1 Fall 2 BGB unmittelbar in Anspruch nehmen kann”.
77
Cfr. KLAM, Das Einzugsermächtigungsverfahren vor einem dogmatischen Wandel?, in
ZINSO, 2009, 1327 s.
— 191 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
blema infatti si pone proprio quando essa non è stata ancora rilasciata,
e il pagamento è stato ciononostante eseguito (anche questa è una fattispecie che, come si è visto anche in base alla disciplina europea, può
accadere: art. 5, comma 3°, d. lgs. 11/2010).
Talune clausole frutto dell’autonomia privata delle parti del rapporto di valuta non sono state in grado di risolvere le anzidette questioni: si pensi ad esempio a quella in base alla quale l’autorizzazione
all’addebito si intende manifestata dal debitore, qualora entro dieci
giorni da quando sia stata effettuata, egli non l’abbia revocata78. Dinanzi ad una siffatta clausola resta l’impossibilità della banca di venirne a conoscenza e comunque di pretenderne l’attuazione; inoltre resta
ferma la possibilità per quest’ultima di richiedere comunque il rimborso delle spese effettuate per l’addebito, anche se successivamente il
debitore scelga di revocarlo. Più che altro è interesse della banca del
debitore informarsi presso quest’ultimo dell’esistenza di tali patti, anche se va in ogni caso precisato che essi non potrebbero avere alcun
effetto sul rapporto interbancario e sui rapporti giuridici tra ognuna
delle due parti con le rispettive banche. Questo è il motivo per cui debitore e creditore, nel formulare determinate clausole, devono comunque riservarne l’ambito di applicazione al solo rapporto di valuta.
Non sarebbero in ogni caso pensabili clausole estensibili al rapporto di
provvista senza un previo accordo con le banche interessate.
Si potrebbe pensare ad un’altra clausola del seguente tenore: “Le
parti concordano il pagamento mediante addebito diretto. Il pagamento dell’addebito provoca l’adempimento dell’obbligazione, la quale rivive in caso di revoca dell’addebito medesimo”. Essa non coinvolge
in alcun modo gli istituti di credito delle due parti del rapporto sottostante e in tal modo il creditore sarebbe già soddisfatto per via della
reviviscenza dell’obbligazione sottostante, qualora dovesse insorgere il
fallimento del debitore. In realtà un pagamento conseguente a detta
reviviscenza resterebbe comunque esposto all’azione revocatoria fallimentare, ove rientrante nel lasso temporale prescritto dalla legge79.
78
Clausola riportata da BORK, nella Anmerkung a BGH, IX ZR 22/03, in ZIP, 2004, 2446
s.
79
In Germania invece si è fatto notare che il creditore in tal modo soddisfatto non
sarebbe più un semplice Insolvenzgläubiger che in base al § 38 InsO dovrebbe insinuare il
proprio credito assieme a quello di tutti gli altri creditori; contra GANTER, Die Rückbuchung
von Lastschriften auf Betreiben des vorläufigen Insolvenzverwalters – Bestandsaufnahme nach dem
Urteil des BGH von 4. November 2004 und Ausblick, in WM, 2005, 1562, il quale sostiene che
in ogni caso il curatore potrebbe basare la revoca dell’addebito sul principio della par
condicio creditorum; secondo KNEES-KRÖGER, Zum Umgang, cit., 396, il debitore perderebbe
— 192 —
L’ADDEBITO DIRETTO
Resta il problema della sorte di eventuali garanzie in favore del creditore, nel momento in cui l’addebito dovesse essere revocato: non si
ravvedono particolari motivi per escludere una reviviscenza anche delle garanzie medesime.
Il problema della responsabilità del curatore fallimentare, che permane irrisolto in buona parte della letteratura tedesca, si può presentare anche nel rapporto con la banca del debitore. In molti casi di insolvenza del debitore, il conto corrente che lo lega alla sua banca è già
in passivo, tale per cui il curatore non può ricavarne alcuna utilità per
la massa.
La circostanza poi, in base alla quale una revoca (ora: una richiesta
di rimborso) dell’addebito non sempre potrebbe significare un vantaggio per la massa, ha portato alcuni curatori fallimentari in Germania alla conclusione di “accordi di revoca” (Widerspruchsvereinbarungen)
o “Deals”80, mediante i quali si stabilisce che lo stesso curatore revochi
tutti gli addebiti sino a quel momento non autorizzati, e la banca del
fallito si obbliga al contempo a girare alla massa una parte delle somme che aveva anticipato e che ha ricevuto indietro per via delle revoche. Il ragionamento che sta alla base di questo tipo di accordi è il seguente: sia le banche, sia i fallimenti debbono poter trarre beneficio
dalla revoca (intesa qui in senso atecnico) dell’addebito. Essa infatti, lo
si è appena accennato, non sarebbe necessariamente vantaggiosa né
per il fallimento né per la banca del debitore: per il curatore essa deve
– o dovrebbe – portare ad una riduzione del debito, per la seconda invece la revoca potrebbe condurre ad una insinuazione tardiva, qualora
la banca medesima abbia anticipato la provvista. Mediante tale “accordo di revoca” quindi, curatore e banca del debitore-pagatore convengono che una parte delle somme addebitate potranno essere immediatamente acquisite alla massa, evitando da un lato una perdita per i
creditori, e dall’altro una violazione della par condicio che si tramutasse
eventualmente in un vantaggio ingiustificato per la banca. Per evitare
tuttavia l’estinzione di garanzie a proprio favore, la banca medesima
dovrà esaminare se ne sussistano, prima di concludere uno dei summenzionati accordi.
mediante tale clausola la possibilità di esercitare il rifiuto dell’addebito, mentre KÖHLER,
Lastschriftverfahren, cit., 168, sostiene che qualora il curatore volesse revocarlo, andrebbe
incontro ad una responsabilità extracontrattuale ex § 826 BGB , e fa presente che lo stesso
curatore si troverebbe in serie difficoltà dinanzi a questo tipo di clausole, che lo esporrebbero appunto ad un notevole Haftungsrisiko.
80
Ne riferisce BURGHARDT, Einzugsermächtigungsverfahren – Notwendigkeit eines Paradigmenwechsels?, in WM, 2006, 1892 s.
— 193 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
Un altro problema derivante dall’applicazione di tali accordi consiste nella determinazione della quota in percentuale delle somme che
dovranno essere destinate in parte alla banca, in parte alla massa.
Nemmeno la qualificazione giuridica di questo spostamento patrimoniale è di immediata soluzione: non sembra corretto né utile, quantomeno dal lato della banca, un inquadramento nella figura della donazione; piuttosto pare più consona la figura del mutuo atipico (in quanto senza interessi), altri ancora hanno parlato di “allargamento del
credito”81.
Questa serie di problematiche ha dato luogo a un nutrito dibattito
in seno alla letteratura tedesca in relazione all’ammissibilità di tali accordi; in particolare alcuni hanno visto in essi un tentativo di aggiramento del principio della par condicio creditorum82. Pronunciamenti in
materia da parte del tribunale federale a tutt’oggi non constano ancora. Di certo, anche con riferimento ad accordi tra debitore e beneficiario che prevedano ad esempio la reviviscenza dell’obbligazione sottostante, una volta che questi siano conclusi, il curatore che revocasse
unilateralmente alcuni addebiti che di essi facciano parte, potrebbe
rimanere comunque esposto ad un’azione risarcitoria dei beneficiari
di quegli stessi addebiti, qualora una eventuale azione revocatoria del
curatore investisse anche le obbligazioni tornate in vita. Il creditorebeneficiario e la sua banca, lo si è ampiamente visto, sono indubbiamente i soggetti più svantaggiati dalla revoca o richiesta di rimborso
dell’addebito da parte del curatore. Del vantaggio economico più rilevante della revoca o del rimborso gode in linea di massima la banca
del debitore-pagatore, ma non va dimenticato che essa, in caso di apertura del fallimento, sarebbe poi soggetta a revocatoria da parte del curatore, mentre se assieme a questo concludesse uno degli accordi di
cui sopra, avrebbe diritto a ricevere quantomeno una quota delle
somme oggetto degli addebiti poi rimborsati. In vista dell’apertura di
una procedura concorsuale, la banca del debitore potrebbe quindi essere spinta a concludere uno di tali accordi invece di convincere il suo
cliente, per cercare così di trasferire il rischio dell’insolvenza sulla
81
MICHEL-BIRKENBAUER, Umgang mit Widersprüchen gegen Lastschriften in der Insolvenz des
Schuldners, in Bankpraktiker, 2007, 558, sempre con la specificazione che si tratta di concessione di credito senza interessi.
82
MICHEL-BIRKENBAUER, Umgang, cit., 558; KNEES-KRÖGER, Zum Umgang der Bank, cit.,
398; KÖHLER, Lastschriftverfahren, cit., 172 s., il quale procede dalla sostanziale disuguaglianza tra la situazione della banca del debitore e quella che si presenta al curatore fallimentare, che agisce a tutela degli interessi della massa dei creditori.
— 194 —
L’ADDEBITO DIRETTO
banca del creditore e in ultima analisi su quest’ultimo, a revocare degli
addebiti anche ove essi non siano palesemente illegittimi83.
La possibilità per il curatore di esercitare l’azione revocatoria fallimentare degli addebiti effettuati dal fallito è prevista tendenzialmente
in tutti gli ordinamenti europei e quindi anche in quelli italiano e tedesco (in quest’ultimo ai §§ 129 ss. InsO). In base al § 129 della legge
sull’insolvenza, possono essere annullati tutti gli atti giuridici conclusi
prima dell’apertura del fallimento che abbiano svantaggiato i creditori. La norma parla in realtà di Rechtshandlungen, termine che ricomprende anche le trattative negoziali e in genere ogni attività volitiva
creatrice di effetti giuridici. Il § 130 si riferisce al soddisfacimento di
crediti anche mediante concessione di garanzie da parte del fallito nei
tre mesi anteriori alla presentazione dell’istanza di fallimento, termine
di riferimento per la possibilità di revocare l’atto.
Con riferimento al tema oggetto del presente lavoro, sarà facilmente risolvibile il problema di un addebito diretto che sia stato azionato
dal creditore-beneficiario nel periodo antecedente ai tre mesi citati: la
scadenza, sempre ovviamente entro i tre mesi, del termine delle otto
settimane – inferiore dunque di un mese rispetto a quello previsto nella Insolvenzordnung per la revocatoria – previste per il rimborso
dell’addebito dovrebbe impedire sia la richiesta di rimborso sia la revocatoria da parte del curatore. Egli potrà, in Italia, agire in revocatoria nei termini previsti dall’art. 67 l.f., verso la banca del debitore che
abbia agito in regresso verso quest’ultimo, poi dichiarato fallito, il quale abbia precedentemente revocato o chiesto il rimborso dell’addebito.
4. Fallimento del debitore, “revoca” e tutela del beneficiario.
In base a quanto detto sinora, la posizione del beneficiario non risulta particolarmente gravata dalla possibilità per il curatore di revocare o chiedere il rimborso dell’addebito diretto, sia esso autorizzato o
meno. La facoltà di “revoca” latu sensu intesa si trasferisce in capo a
quest’ultimo allo stesso modo di come sussisteva in capo al debitore
prima dell’apertura della procedura concorsuale, e il rischio di “revoca” di addebiti anche legittimi non cambia per via di questo fatto nuo-
83
KNEES-KRÖGER, ult. op. cit., 398, col richiamo a BGH, 15 giugno 1987 (non vidi), in
tema di illegittimità della revoca. Cfr. invece van GELDER, Bankrecht, cit., § 58 Rdn. 96 per
il riferimento alla revoca, la quale, quando avvenga nell’esclusivo interesse della banca,
deve secondo l’a. considerarsi illegittima.
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GIOVANNI B. BARILLÀ
vo. Certamente, si è affermato, il diritto di revoca in capo al curatore è
potenzialmente adatto ad accrescere la massa84.
Resta tuttavia il problema della posizione del creditore-beneficiario
rispetto alla massa: dopo la richiesta di rimborso dell’addebito ex art.
13 d. lgs. 11/2010 effettuata dal curatore, sarebbe egli titolare di un
credito privilegiato ovvero verrebbe relegato nella medesima posizione
di tutti gli altri creditori? Il problema riguarda in realtà la sola richiesta
illegittima di rimborso effettuata dal curatore: se è vero, come già argomentato supra, che al beneficiario spetta il diritto al risarcimento del
danno eventualmente cagionatogli mediante tale illegittima richiesta,
si tratta di verificare se esso possa essere fatto valere in via privilegiata.
Una condotta di tal genere del curatore porterebbe, ove accertata, ad
una responsabilità personale di quest’ultimo; al contempo sarebbe accertato che la “revoca” era illegittima e l’annullamento dell’accredito
era ingiustificato nell’ambito del rapporto di valuta. Al beneficiario
spetterà dunque, prima così come anche dopo l’apertura del fallimento, una pretesa non ricadente nel chirografo, ma solo nello specifico
caso in cui venga accertata l’illegittimità della revoca o del rimborso,
che comporti una responsabilità extracontrattuale del curatore85. Il
tribunale federale tedesco ha specificato che, ove il debitore divenga
insolvente nel lasso di tempo intercorrente tra il pagamento, da parte
della propria banca, della somma oggetto di Lastschrift, e la successiva
autorizzazione dell’addebito medesimo, il creditore verrebbe alquanto
danneggiato da una “revoca” illegittima da parte del curatore86.
La posizione espressa dal BGH costituisce senz’altro un autorevole
precedente del quale l’interprete della nuova disciplina dell’addebito
diretto non potrà non tenere nel dovuto conto. Essa parte dall’assunto
che considera l’efficacia dell’accredito sul conto del beneficiario come
sospensivamente condizionata al rilascio dell’autorizzazione da parte
del debitore-pagatore87. Al di fuori del caso considerato però, il curatore fallimentare, proprio per non violare la par condicio creditorum, sarebbe legittimato a revocare l’addebito eseguito ma non ancora autorizzato, mentre al beneficiario non spetterebbe nemmeno il risarcimento del danno subito per via dell’esercizio di quella revoca (che, si
84
LOHMANN, Die grenzüberschreitende Lastschrift, cit., 216, per il quale, di contro, la negazione del diritto di revoca in capo al curatore si tradurrebbe in un impoverimento della massa stessa.
85
OBERMÜLLER, Insolvenzrecht, cit., Rdn. 3453; LOHMANN, ult. op. cit., 217.
86
BGH, 4 novembre 2004, in WM, 2004, 2482.
87
BGH, 4 novembre 2004, cit. alla nota precedente; BGH, 21 settembre 2006, in WM,
2006, 2092.
— 196 —
L’ADDEBITO DIRETTO
ricordi, non deve essere illegittima), giustificata proprio per salvaguardare la massa fallimentare. In realtà va ribadito che, dopo il recepimento della normativa europea, il curatore fallimentare può, allo stesso modo del pagatore, chiedere il rimborso di operazioni autorizzate88
Già prima del recepimento della direttiva 2007/64/CE, la giurisprudenza del tribunale federale tedesco aveva stabilito che il curatore
fallimentare non può essere oggetto di richieste di risarcimento da
parte del beneficiario che si veda revocare un addebito non ancora autorizzato, anche qualora non vi siano i presupposti per la stessa revoca.
Questo perché il beneficiario in realtà, prima della autorizzazione,
non è titolare di un diritto definitivo.
Già nel vigore della disciplina pattizia delle banche tedesche si era
cercato, da parte della più attenta dottrina, di distinguere tra operazione di pagamento immediatamente autorizzata e poi eseguita, ed
operazione eseguita ed autorizzata in un secondo momento concordato tra il pagatore e il proprio prestatore di servizi, per differenziare anche il diverso momento dell’avvenuto adempimento della prestazione.
Qualora quest’ultima fosse stata autorizzata prima della sua stessa esecuzione, il momento dell’adempimento, quantomeno secondo una autorevole dottrina, si faceva coincidere con quest’ultima, e quindi con il
momento del pagamento della somma oggetto di addebito, che restava
tuttavia sospensivamente condizionato al mancato esercizio della revoca89.
Dal punto di vista qui analizzato, relativo alla possibilità per il curatore fallimentare di esercitare la revoca (e, ora, di chiedere il rimborso
delle somme addebitate), si era già fatto notare che il problema in
realtà non cambia. Se infatti, secondo la dottrina richiamata, si considera comunque il momento del pagamento come quello coincidente
con l’adempimento della prestazione, sebbene l’autorizzazione alla
stessa venga concessa in un momento successivo, la revoca, se esercitata, acquisterà il significato di una condizione risolutiva, mentre
l’effetto solutorio del pagamento stesso sarà sottoposto alla condizione
sospensiva dell’autorizzazione concessa dal debitore90. Il curatore potrà
quindi esercitare il diritto di revoca, nei limiti già spettanti al debitore
88
Cfr. una recente decisione del BGH, 28 giugno 2012, in NJW, 2012, 2800 ss., che ha
respinto l’insinuazione al passivo del creditore di un Lastschrift prima autorizzato e poi
revocato dal curatore fallimentare.
89
Così, ben prima della direttiva 2007/64, CANARIS, Bankvertragsrecht, cit., Rdn. 636.
90
In tal senso appunto CANARIS, ult. op. cit., Rdn. 636 ss.; LOHMANN, Die grenzüberschreitende Lastschrift, cit., 219.
— 197 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
prima dell’apertura del fallimento91; tale revoca avrà dunque effetto
risolutivo di un rapporto giuridico condizionato.
Si è obiettato che questa ricostruzione non potrebbe trovare applicazione, in quanto l’autorizzazione all’addebito, nel rapporto di provvista tra banca del debitore e quest’ultimo, non giocherebbe alcun
ruolo in riferimento all’adempimento nel rapporto di valuta, adempimento che avverrebbe al momento dell’esecuzione della prestazione;
anche di recente una pronuncia del Bundesgerichtshof ha messo in discussione l’orientamento sopra descritto con questa argomentazione92.
La problematica dell’avvenuto adempimento è stata già affrontata al
capitolo III, par. 2, e ai risultati ivi raggiunti si rinvia, in particolare là
dove si è spiegato che un pagamento non può considerarsi definitivo
per il beneficiario se non è prima decorso il termine concesso al pagatore per chiedere il rimborso. Attenendosi a tali risultati, si deve concludere che la posizione del BGH è da considerarsi ormai superata e
comunque non in grado di fornire certezza giuridica in merito alla
questione dell’avvenuto adempimento nell’ambito degli addebiti diretti.
Tale decisione del luglio 2010, citata in nota, ha consentito tuttavia
al tribunale federale tedesco di esaminare compiutamente, in un caso
di fallimento del debitore, la struttura dell’addebito introdotto dalla
normativa SEPA, con riferimento alla fattispecie dell’autorizzazione per
fatti concludenti. Appurato che un pagamento era insolvenzfest, i giudici tedeschi hanno stabilito che il diritto del debitore-pagatore di richiedere il rimborso di detto pagamento non avrebbe potuto incidere
sulla massa fallimentare in quanto l’autorizzazione del debitore sarebbe stata successiva all’esecuzione e sarebbe avvenuta, sia pure per fatti
concludenti: ciò comporta l’impossibilità per il curatore di esercitare
la revoca dell’addebito stesso. In base al § 675x BGB, che riprende il 4°
comma dell’art. 62 della Direttiva 2007/64/CE, all’addebito diretto
non si applicano le limitazioni in tema di rimborsi relativi a servizi di
pagamento attivati dal beneficiario (è la norma contenuta al comma 2°
dell’art. 13 del d. lgs. 11/2010 sulla possibilità per il pagatore di chie91
CANARIS, ult. op. cit., Rdn. 661; ROTTNAUER, Widerspruchsmöglichkeit gegen Einzugsermächtigungslastschriften, cit., 279.
92
BGH, 20 luglio 2010, in WM, 2010, 1546, e in NJW, 2010, 3510; successivamente il
BGH è intervenuto adesivamente con decisione del 30 settembre 2010, in NJW, 2010, 8, e
in WM, 2010, 2023; cfr. anche BGH, 4 novembre 2004, cit. In dottrina, LOHMANN, Die
grenzüberschreitende Lastschrift, cit., 220; contra: CANARIS, Bankvertragsrecht, cit., Rdn. 661;
ENGEL, Rechtsprobleme um das Lastschriftverfahren, cit., 54; ZSCHOCHE, Die dogmatische Einordnung, cit., 155; KREPOLD, Bankrecht, cit., Rdn. 6/360.
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L’ADDEBITO DIRETTO
dere il rimborso di operazioni autorizzate): la norma di cui al 6° comma del § 675x specifica inoltre che tale disapplicazione avviene qualora sia stata rilasciata immediata autorizzazione del pagatore al proprio
prestatore di servizi di pagamento. Dal tenore di questa disposizione, il
BGH inferisce la circostanza che l’autorizzazione è comunque successiva al rilascio della disposizione di addebito da parte del debitore al
proprio prestatore di servizi, di modo che in base alla disciplina europea (anche in base alla già più volte richiamata teoria della Vorautorisierung rilasciata dal debitore alla propria banca) non è più possibile
pensare ad una autorizzazione per fatti concludenti, cosa che invece
nel vigore della precedente disciplina accadeva spesso.
La sentenza appena richiamata non può in ogni caso essere considerata un vero e proprio precedente, in quanto ha cassato la decisione
di appello rinviando ad altra corte la decisione sul merito. Logicamente la corte che dovrà decidere si dovrà attenere ai principi di diritto
sanciti dal tribunale federale, il quale però ha avuto cura di precisare
che la situazione relativa all’autorizzazione rilasciata successivamente
per fatti concludenti (come parrebbe essersi verificato nella fattispecie
in questione) deve essere esaminata caso per caso.
In realtà, quand’anche fosse confermata, la decisione del tribunale
federale creerebbe un vulnus ingiustificato nelle prerogative del curatore, anche nei casi di autorizzazione rilasciata dal debitore, poi fallito,
successivamente alla sua esecuzione. Il periodo di otto settimane concesso al debitore si deve intendere trasferito al curatore medesimo,
che potrà scegliere se avvalersene o meno, e fino a quel momento il
pagamento non potrà, come spiegato in precedenza, considerarsi definitivo. Il rapporto di provvista che si crea tra il pagatore e la propria
banca influisce in modo determinante sul risultato finale che
l’operazione di pagamento tende a perseguire, ragion per cui la fase
autorizzatoria non può essere considerata irrilevante ai fini
dell’adempimento.
In caso quindi di fallimento del debitore-pagatore, fino a che non
sia scaduto il termine per chiedere il rimborso dell’addebito (ma anche per esercitare la revoca in base all’art. 11 d. lgs. 11/2010, sia pure
per i casi particolari di operazioni non autorizzate o inesatte), a disporne sarà il curatore, il quale potrebbe anche decidere di non avvalersene, confermando a quel punto il credito vantato dal beneficiario.
A prescindere dalla stessa questione riguardante la validità del credito vantato verso il fallito, appare chiaro che la scelta del curatore di
non chiedere il rimborso dell’addebito finisce per creare uno spostamento patrimoniale dalla massa fallimentare al patrimonio di un solo
— 199 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
creditore, e a svantaggio di tutti gli altri. Questa conseguenza finisce
per contrastare la par condicio creditorum: ciò non rientra senz’altro tra i
compiti del curatore. Si noti come in questo caso egli si trova dinanzi a
un caso di conflitto, per la verità apparente, tra l’aver assunto diritti e
obblighi del fallito, che lo dovrebbero portare a non revocare
l’addebito, e l’obbligo di non violare la par condicio, che lo dovrebbe
portare a compiere l’esatto contrario. Si è detto che il conflitto è in
realtà apparente, in quanto il curatore ha come primario obbligo quello di soddisfare i creditori nel rispetto dell’ordine stabilito dalla legge
e quindi rispettando anzitutto la par condicio stessa: in tal senso, alla luce di quanto sinora detto, va confermata la facoltà in capo al curatore
di chiedere il rimborso degli addebiti, che siano stati o meno autorizzati dal debitore prima dell’apertura della procedura concorsuale.
Laddove egli scegliesse di non chiedere alcun rimborso, potrebbe essere esposto ad una azione risarcitoria per violazione della par condicio,
intrapresa dagli altri creditori.
5. Fallimento del beneficiario o della propria banca. Proposta di clausole contrattuali finalizzate ad evitare il rischio dell’insolvenza.
Nel 1999 la federazione Bancaria Europea diede vita alla “Interfederation Working Group on Cross-border Direct Debits”, la quale richiamò l’attenzione al problema del fallimento delle banche coinvolte
in servizi di pagamento interbancari93. Gli istituti di credito e, dopo la
normativa europea, anche quelli di pagamento, si potranno trovare
nella situazione di richiedere il rimborso a quell’istituto che dopo aver
presentato la richiesta di incasso per conto del suo cliente (beneficiario), si veda revocare l’addebito nei termini di legge e di contratto e
successivamente fallisca.
Qualora sia la banca del beneficiario a fallire, resta l’impossibilità
da parte del debitore di ottenere direttamente in restituzione da essa
l’importo che egli si è visto addebitare; tale impossibilità è però dovuta
alla mancanza di rapporti giuridici diretti tra i due soggetti in questio93
EUROPEAN BANKING FEDERATION: Relazione per un possibile processo europeo di servizi di
pagamento trasnazionali, 2001, la quale a pag. 23 domandava “cosa succederebbe se il beneficiario o la sua banca fossero dichiarati insolventi, e uno o più pagatori chiedessero
legittimamente la restituzione di quanto loro versato?”; cfr. anche HEERMANN, Geld und
Geldgeschäfte, cit., § 32, 251: il rischio di insolvenza del beneficiario è sopportato dalla di
lui banca; si v. anche, per l’analisi dei problemi relativi all’opponibilità alle procedure
concorsuali di accordi compensativi di natura convenzionale, SCIARRONE ALIBRANDI,
L’interposizione, cit., 254 s.
— 200 —
L’ADDEBITO DIRETTO
ne (banca del beneficiario e debitore) e non al verificarsi di una procedura concorsuale, per cui il debitore potrà insinuarsi al passivo del
solo fallimento del beneficiario, ma non anche di quello della banca di
questi. Un recupero immediato delle somme da parte della banca del
debitore, nei confronti del beneficiario, viene invece in considerazione
soltanto ove l’atto traslativo del debitore stesso non venga qualificato
alla stregua di una prestazione in grado di originare lo spostamento
patrimoniale, il che equivale a dire che si deve essere in presenza di un
pagamento non dovuto (cfr. cap. III, par. 5). Se dunque il beneficiario
inoltrasse un addebito diretto illegittimo, verrebbe in considerazione,
in caso di insolvenza della sua banca, una condictio indebiti della banca
del debitore direttamente nei confronti del beneficiario medesimo94.
Se invece il debitore ha revocato un addebito autorizzato, un’azione
di ripetizione della banca del debitore, in caso di fallimento del beneficiario, dovrà essere esclusa, mancando i presupposti stessi
dell’indebito: in questo caso è ammessa l’insinuazione al passivo da
parte del debitore stesso al fallimento del beneficiario, mentre la banca del debitore potrà agire in rivalsa verso il proprio cliente in base al
rapporto di mandato tra loro esistente. In questo modo la banca del
debitore resterebbe fuori da una controversia nella quale non ha alcun
interesse ad entrare. Ove sia la banca del beneficiario a fallire, e
quest’ultimo non abbia ancora ricevuto l’importo oggetto
dell’addebito poi “revocato” dal debitore, si avrà che ad insinuarsi al
passivo potrà essere la banca stessa del debitore, alla quale
quest’ultimo si sarà rivolta per ottenere la somma oggetto del rimborso. Si consideri in ogni caso il tendenziale diniego delle banche di assumersi l’onere di intraprendere azioni di ripetizione: sulla scorta di
quanto già elaborato dalla dottrina nell’ambito delle garanzie autonome95, è però possibile argomentare, sempre per il caso di richiesta di
rimborso di un addebito (illegittimo), in favore di una cessione del diritto alla restituzione delle somme anticipate dalla banca del debitore
94
BGH, 4 novembre 2004, cit.; BGH, 5 novembre 2002, in WM, 2003, 14 (ripetizione di
indebito in un rapporto di delegazione); BGH, 24 aprile 2001, in NJW, 2001, 2880 s.; van
GELDER, Bankrecht, cit., § 58, Rdn. 191; NOBBE, Neuere Rechtsprechung, cit., 27 ss.; SPRAU, in
BGB Kommentar, Palandt (a cura di), 71. Aufl., München, 2012, § 812, Rdn. 51; LANGENBUCHER, Die Risikozuordnung, cit., 236 s., 239.
95
Tematica già affrontata da PORTALE, Le garanzie, cit., 42 nota 3; se ne dà di recente
conto in BARILLÀ, Contratto autonomo, cit., 114 testo e nota 286; sul problema della condictio e dell’actio mandati contraria nell’ambito del bonifico, cui si applica lo schema delegatorio, si rinvia a SCIARRONE ALIBRANDI, L’interposizione, cit., 91 ss., testo e spec. note 84 e
87, 258 ss.
— 201 —
GIOVANNI B. BARILLÀ
verso quella del beneficiario, cessione che troverebbe accoglimento
nel reticolato contrattuale che caratterizza il Lastschriftverfahren.
Mediante un accordo le parti del rapporto interbancario potrebbero infatti convenire che la pretesa restitutoria spettante alla banca del
creditore-beneficiario verso il proprio cliente venga trasferita, in caso
di insolvenza di questa, in capo alla banca del debitore-pagatore: altro
non si tratterebbe se non di una cessione di credito. La particolarità di
tale cessione sta però nel fatto che il credito in questione, ossia il diritto alla restituzione della somma accreditata al beneficiario, al momento della cessione, di norma ancora non sarà esistente, ma questo non
ne inficia la validità. In realtà la questione è un’altra: questa cessione
in linea di principio dovrà essere resa efficace nel solo caso di insolvenza della banca del beneficiario, non avendo essa altrimenti alcun
senso, in quanto negli altri casi il recupero delle somme seguirà il percorso delle azioni di rivalsa96.
La cessione, per evitare l’insorgere di controversie sull’escussione
del credito verso il beneficiario, dovrà essere pattuita con la condizione sospensiva dell’insolvenza della banca del beneficiario (anche se
non è necessario specificare la presenza dello stato d’insolvenza, potendo la banca essere impossibilitata a far fronte agli obblighi derivanti
dal rapporto interbancario anche senza essere già insolvente e quindi
probabilmente già durante lo stato di crisi). Una adeguata formulazione potrebbe essere la seguente:
“Il prestatore di servizi del beneficiario, nel caso in cui la procedura di addebito
diretto non vada a buon fine, o nel caso il pagatore avanzi una legittima pretesa
restitutoria, si obbliga a restituire al debitore il modulo di addebito e la somma in
esso indicata. Qualora il prestatore di servizi del beneficiario non adempia a tale
obbligo entro il termine pattuito, cede al prestatore di servizi del pagatore tutti i
diritti nascenti dall’instaurarsi della procedura e che egli vanta nei confronti del
proprio cliente”.
L’acquisto del diritto si realizzerebbe solamente al momento del
sorgere del credito ceduto, vale a dire, al momento del non incasso
della somma addebitata (perché la procedura per un qualsiasi motivo
non è andata a buon fine) ovvero al momento della richiesta di rimborso da parte del debitore-pagatore, là dove nel primo caso l’efficacia
96
Per un recente studio sulle soluzioni negoziali tendenti ad evitare le procedure
concorsuali si segnala BONFATTI-FALCONE (a cura di), Soluzioni negoziali e istituti «preconcorsuali» nella gestione delle crisi, Milano, 2013, nonché, per l’analisi specifica del rapporto
tra cessione di crediti e fallimento, il contributo di GUERRIERI, Cessione dei crediti d’impresa
e fallimento, Milano, 2002, passim.
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L’ADDEBITO DIRETTO
del credito del beneficiario decadrebbe automaticamente, mentre nel
secondo, contestualmente al sorgere del controcredito di restituzione
che la banca del debitore-pagatore vanta ora nei confronti di quella
del beneficiario, si verifica la condizione risolutiva del credito di
quest’ultimo, tale per cui la somma che gli sia già stata accreditata è
priva della giusta causa dell’attribuzione e deve essere restituita alla
sua banca. Per effetto tuttavia della pattuita cessione, il diritto alla restituzione si trasferisce così immediatamente in capo alla banca del
debitore-pagatore: mediante la cessione sorge il diritto al ripristino
della situazione giuridica ed economica antecedente al verificarsi degli
eventi rispettivamente estintivo o risolutivo del diritto del beneficiario97. In entrambi i casi si tratta, in base alla menzionata clausola, di un
diritto alla restituzione di somme ingiustamente percepite: nel caso di
mancato incasso da parte del beneficiario, non sussiste in realtà alcun
rapporto giuridico tra questi e la banca del debitore, tale da consentire
a quest’ultima di agire in via diretta contro il primo, e a ben vedere,
come spiegato nei capitoli precedenti, ciò avviene anche in caso di revoca. Da qui la necessità di una cessione del diritto alla restituzione
delle somme versate98.
Nel 2001, in vista della futura disciplina comunitaria, furono avanzate due proposte per cercare di porre rimedio al problema
dell’insolvenza del beneficiario di un addebito diretto relativamente al
recupero delle somme a lui versate in base a un addebito poi revocato99. Anzitutto la proposta di costituire un fondo interbancario di garanzia per questo tipo di problemi, oppure l’obbligo, in capo al sistema creditizio del Paese in cui ha sede la banca del beneficiario, di rifondere quest’ultima. Altro non si tratta se non del fondo di garanzia
già presente in ogni Stato e che in Italia è particolarmente solido. Va
peraltro tenuto presente che l’istituto di credito del beneficiario, o più
genericamente il suo prestatore di servizi, è quello che deve alfine vigilare sulla correttezza del proprio cliente nell’utilizzo dell’addebito diretto, al fine di evitare qualsiasi abuso.
Va infine segnalato un problema che è stato sollevato nella letteratura tedesca più recente100, ed è quello relativo ad un arricchimento da
97
Cfr. van GELDER, Bankrecht, cit., § 58, Rdn. 71.
OLG Brandenburg, 2 settembre 2008, in WM, 2009, 1792 s., che ha anche stabilito
l’impossibilità per il curatore fallimentare di revocare pagamenti nell’ambito di un contratto di durata.
99
Proposte della “Inter-Federation Working Group on Cross-border direct debits”,
confluite nella Relazione della EBF citata nel testo all’inizio del paragrafo.
100
NOBBE, Probleme des Lastschriftverfahrens, insbesondere in der Insolvenz des Zahlungspfli98
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GIOVANNI B. BARILLÀ
parte della massa ai danni dello stesso beneficiario di un importo di
cui essa non è mai stata creditrice verso la banca del debitore, e del
quale potrebbe poi esser chiamata a rispondere verso quest’ultima,
tutt’al più in moneta fallimentare: questa fattispecie si potrebbe presentare in caso di revoca di addebiti legittimi da parte del curatore del
fallimento del debitore.
chtigen, in WM, 2009, 1547 s., il quale sostiene oltretutto che il SEPA-Lastschrift non potrà
comunque sostituire quello interno tedesco: opinione, questa, che pare al momento suffragata dall’associazione delle banche tedesche, che come si è detto in apertura del presente lavoro, hanno scelto di non applicare il Lastschriftabkommen agli schemi Sepa Core e
B2B.
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nel mese di ottobre 2013
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GIOVANNI B. BARILLÀ
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