LINFOMI NON-HODGKIN FOLLICOLARI INDOLENTI Tra le neoplasie ematologiche, quelle che si manifestano con maggiore frequenza sono i linfomi non-Hodgkin (LNH) maligni, disordini linfoproliferativi che originano dal sistema linfatico ma che possono, successivamente, estendersi anche ad altri organi e tessuti dell’organismo. L’incidenza annua dei LNH nei paesi occidentali riguarda circa il 5% di tutti i tumori ma, in alcuni paesi, sembra essere in aumento. Anche se si tratta di una malattia ad eziologia ancora sconosciuta, sono stati comunque identificati una serie di fattori predisponenti e causali, di cui alcuni noti ed altri potenziali, quali immunodeficienze congenite, immunodeficienze acquisite, malattie autoimmuni, agenti infettivi non-HIV ed HIV, ed agenti chimici e fisici. Sulla base di caratteristiche morfologiche, immunotipizzazione, aspetti genetici e, soprattutto, della sintomatologia clinica, i LNH sono stati suddivisi in due grandi categorie: linfomi aggressivi e linfomi indolenti. Questi ultimi, anche quando non trattati, sono caratterizzati da lunghi periodi di sopravvivenza ma sono anche quelli che più scarsamente rispondono ai trattamenti con chemioterapia convenzionale. Il tipo più comune di linfoma indolente è rappresentato dal linfoma follicolare a cellule B che rappresenta circa il 22% di tutti i LNH. Si tratta di una malattia che colpisce mediamente i soggetti intorno ai 60 anni e che presenta un decorso clinico abbastanza variabile: si inizia da forme blande (indolenti) che si protraggono per molti anni, fino a giungere a forme disseminate e a rapida crescita che richiedono intervento terapeutico a causa di ingrossamenti massivi a livello dei linfonodi e di organi che provocano dolore e ostruzioni linfatiche o di organo. Recenti studi di biologia molecolare e l’evolversi delle biotecnologie hanno messo a disposizione gli anticorpi monoclonali portando l’inizio di una nuova era nella strategia terapeutica dei LNH follicolari indolenti: l’immunoterapia, basata sull’impiego di anticorpi monoclonali anti-CD20 da soli o in combinazione con chemioterapia, è stata infatti in grado di ottenere miglioramenti sostanziali in termini di aumenti di percentuali e di durata delle remissioni. Tuttavia, il traguardo più importante è stato raggiunto con la radioimmunoterapia, realizzata con il ricorso ai radioisotopi, con la quale è stato possibile potenziare la terapia immunologica attuando una radioterapia interna localizzata agli organi interessati. Più precisamente, l’anticorpo monoclonale si fissa ad un antigene del tumore portando con sé il radioisotopo: il radioimmunoconiugato 90Y-ibritumomab tiuxetano rappresenta quanto di più innovativo si possa oggi trovare in questo campo. Si tratta di un farmaco in cui l’anticorpo monoclonale murino anti-CD20 (ibritumomab) è stato coniugato con una molecola radioattiva o radioisotopo (ittrio-90) mediante un agente altamente legante (tiuxetano). Questo complesso, che unisce il target specifico dell’immunoterapia a una sorgente di radiazioni, è in grado di colpire selettivamente le cellule neoplastiche risparmiando quelle sane. Il farmaco può essere paragonato ad una “bomba intelligente” e si è dimostrato efficace nel 74% dei pazienti affetti da LNH follicolare refrattari all’immunoterapia standard con rituximab. Nelle varie sperimentazioni cliniche cui è stato sottoposto, il farmaco ha dimostrato un’elevata efficacia anche in pazienti non trattati in precedenza con rituximab, con percentuali di risposta globale pari all’80% contro il 56% per il solo rituximab. La validità di 90Y-ibritumomab tiuxetano è stata dimostrata in uno studio prospettico, randomizzato, di fase III, in cui pazienti con LNH a basso grado, follicolari o trasformati, già precedentemente trattati, sono stati assegnati a terapia con un semplice anticorpo monoclonale anti-CD20 oppure con 90Y-ibritumomab tiuxetano. I risultati hanno evidenziato l’80% di risposte nei pazienti trattati con 90Y-ibritumomab tiuxetano rispetto al 56% in quelli trattati con l’anticorpo monoclonale, e il 30% di guarigioni rispetto al 16%. 90Y-ibritumomab tiuxetano si è dimostrato un farmaco estremamente pratico e sicuro: l’intero ciclo terapeutico si completa nell’arco di una settimana e non viene ripetuto. Il trattamento non comporta misure di isolamento per il paziente e per la sua peculiarità nel colpire il bersaglio tumorale senza arrecare danni ai tessuti circostanti, 90Y-ibritumomab tiuxetano risulta un farmaco molto ben tollerato. Secondo l’ultima analisi di follow-up, la durata mediana della risposta nei pazienti trattati con questo farmaco ad azione unica si avvicina ai cinque anni, e vi sono anche risposte che permangono da oltre sei anni. Y-ibritumomab tiuxetano è indubbiamente un farmaco innovativo, il suo impiego è estremamente pratico e la compliance del paziente è superiore a quella che può avere con qualsiasi altra terapia. 90Y-ibritumomab tiuxetano ha ottenuto regolare registrazione e autorizzazione alla commercializzazione negli Stati Uniti e in Europa. 90