RETI PARENTALI E COMUNITA’ RELIGIOSA IN MIGRAZIONE: PROCESSI DI IDENTIFICAZIONE. L’intervento è basato su una ricerca etnografica da me condotta tra il 2004 e il 2005 presso la comunità di Sikh residenti nella provincia di Reggio Emilia. Linea guida dello studio è stato il desiderio di comprendere se e in che modo le relazioni parentali risultassero coinvolte nell’intero processo migratorio e quali prospettive di identificazione si aprivano in un secondo momento al migrante a partire dalla propria appartenenza familiare e religiosa. L’insieme dei legami familiari e parentali non rappresenta solo il contesto preliminare al progetto migratorio ma, attraverso catene migratorie, ricongiungimenti e matrimoni, si propone anche come spazio sociale e simbolico di ridefinizioni identitarie. D’altra parte, anche l’appartenenza religiosa assume nuove sfumature e significati più densi se, come nel caso dei Sikh a Novellara, la comunità migrante consolida la propria presenza sul territorio attraverso la costruzione di un tempio religioso. La ricerca ha inoltre evidenziato come nella comprensione di fenomeni complessi quali l’adattamento ad un nuova realtà socio culturale e la riarticolazione di un universo identitario, la realtà di riferimento sia estremamente sfaccettata e non rimandi ad un’unica compatta dimensione socio-geografica né ad una semplice relazione biunivoca madrepatria e paese di approdo. La ricerca di appartenenze e identificazioni del migrante è stata pertanto considerata in una prospettiva transnazionale, sia nell’analisi della costruzione di spazi identitari nel tempio religioso che nell’analisi di ciò che il processo migratorio comporta ad una dimensione più domestica e familiare. Lo sguardo si è inoltre concentrato sull’appartenenza di genere per comprendere se e in che modo essa possa rivestire un ruolo nello sviluppare nuove, o mantenere, identitificazioni in migrazione. L’essere uomo o donna può comportare diverse esperienze migratorie, nuove prospettive familiari, anche diversi modi anche di essere sikh e quindi di essere parte della comunità religiosa. Lo spazio domestico e lo spazio pubblico della comunità religiosa forgiano entrambi identità, offrono stimoli, modelli, continuità e rotture. I due spazi dialogano tra loro, a volte anche in modo conflittuale, ma non sono da intendersi come due entità separate dal momento che la dimensione domestica “entra” nello spazio pubblico religioso del tempio e quest’ultimo a sua volta fa parte anche della dimensione familiare. Ogni migrante è inserito in tale rete di corrispondenze, ne subisce l’influsso, ma ogni migrante è anche artefice e promotore di personali strategie. Silvia Sai è laureata in Antropologia Culturale all’Università di Bologna. Ha condotto due ricerche etnografiche rispettivamente a Berlino (5 mesi), sulle strategie identitarie elaborate dalle associazioni di immigrati turchi, e nella provincia di Reggio Emilia (15 mesi), presso la comunità di indiani Sikh nell’ambito del progetto di tesi di laurea dal titolo “Reti parentali e famiglie transnazionali. Il caso dei Sikh a Novellara”. Si interessa di processi migratori, gruppi diasporici, costruzioni identitarie, religione e genere.