1 GIARDINO - ORTO - TERRAZZO - FRUTTETO - CAMPO - VIGNETO CANTINA - BOSCO - ALLEVAMENTI - PICCOLI ANIMALI - APIARIO Poste Italiane s.p.a. - Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Verona - Contiene I.P. e I.R. 2012 SUPPLEMENTO N. 1 AL N. 1 DI VITA IN CAMPAGNA - CASELLA POSTALE 467 - 37100 VERONA - GENNAIO 2012 - ANNO 30 - ISSN 1120-3005 - MENSILE LqdNeX/WQFFIBvwZtz5h3D163kOyiyn2CYATHWRYEBAdd6zsgPUnlQ== Sullo sfondo della scena, come in un quadretto, la bufera di neve fa da contraltare al tepore della stalla. Immaginiamo che il contadino, durante una breve pausa dal lavoro, sia là, sotto il suo ombrello, che osserva il cielo e scuota il capo pensieroso. Sugli animali cheti, indifferenti agli eventi meteorici, vigila la cara immagine sacra, omaggiata dall’olivo benedetto, appesa dal nonno tanti anni fa. Giardino 5 7 8 10 11 12 Piante annuali - Piante erbacee perenni Piante acidoile Bulbose e tuberose - Rosai Arbusti e alberi Tappeto erboso Piante grasse - Piante d’appartamento Orto 19 Progetto graico di un orto di 100 metri quadrati 15 Ortaggi 22 Piante aromatiche 1 2012 GIARDINO - ORTO - TERRAZZO - FRUTTETO - CAMPO - VIGNETO CANTINA - BOSCO - ALLEVAMENTI - PICCOLI ANIMALI - APIARIO Poste Italiane s.p.a. - Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Verona - Contiene I.P. e I.R. 4 Calendari di gennaio e febbraio SUPPLEMENTO N. 1 AL N. 1 DI VITA IN CAMPAGNA - CASELLA POSTALE 467 - 37100 VERONA - GENNAIO 2012 - ANNO 30 - ISSN 1120-3005 - MENSILE Dipinto di Giuliano Paladini - Vicchio (Firenze) www.paladinigiuliano.it Terrazzo 24 Progetto graico di coltivazione di un terrazzo di 32 metri quadrati 24 Piante da frutto 25 Piante da iore 26 Ortaggi e aromatiche 26 Agrumi Cantina Bosco Allevamenti 63 Lavori nella piccola cantina per autoconsumo familiare Frutteto 67 Bosco naturale 27 Pomacee: melo, pero 31 Drupacee: pesco e nettarina, albicocco, susino, ciliegio, mandorlo 39 Agrumi 41 Altre specie importanti: actinidia, castagno, olivo 47 Piccoli frutti: lampone, mirtillo, ribes, rovo 48 Specie da frutto minori: ico, giuggiolo, kaki, nespolo comune e del Giappone, nocciòlo, noce Campo 50 51 52 50 54 54 71 Avicoli: galline ovaiole, polli da carne, faraone, tacchini, anatre, oche, colombi 73 Conigli 74 Maiale 74 Ovicaprini: capre, pecore 75 Bovini 76 Equini: cavalli, asini 77 Chiocciole Progetto graico di rotazione delle colture (Nord) Progetto graico di rotazione delle colture (Centro) Progetto graico di rotazione delle colture (Sud) Cereali vernini (frumento tenero, grano duro, orzo, farro) Colture primaverili-estive (mais, soia, girasole) Colture foraggere (erba medica, prati stabili e pascoli) Vigneto 57 Il video del bimestre: potatura della vite a cordone speronato 55 Il vigneto per la produzione di uva da vino 59 Il vigneto per la produzione di uva da tavola 62 L’uva fragola Piccoli animali 78 78 79 80 80 Cani Gatti Piccoli roditori Tartarughe Uccelli Apiario 81 Lavori 82 Prevenzione e cura 82 Laboratorio Significato dei simboli riportati nei testi Agricoltura biologica. Bio Prodotti ammessi nel biologico. Molta attenzione. Attenzione. Via libera. Sconti Carta Verde. Su Internet. Gennaio 2012 Febbraio 2012 Le ore di levata e di tramonto della luna 1 DOM. 2 LUN. 3 MAR. 4 MER. 5 GIO. 6 VEN. 7 SAB. 8 DOM. 9 LUN. 10 MAR. 11 MER. 12 GIO. 13 VEN. 14 SAB. 15 DOM. 16 LUN. 17 MAR. 18 MER. 19 GIO. 20 VEN. 21 SAB. 22 DOM. 23 LUN. 24 MAR. 25 MER. 26 GIO. 27 VEN. 28 SAB. 29 DOM. 30 LUN. 31 MAR. 11.34-00.12 07.38-16.49 12.01-01.11 07.38-16.50 12.31-02.10 07.38-16.51 13.05-03.09 07.38-16.52 13.44-04.07 07.38-16.53 14.30-05.03 07.38-16.54 15.23-05.55 07.38-16.55 16.22-06.43 07.38-16.56 17.26-07.26 07.37-16.57 Le temperature min. e max gennaio 2011 medie dall’1 al 10 Torino -0,2 +3,7=e.t. 3,9 Verona -0,9 +4,8=e.t. 5,7 Roma +5,4 +13,4=e.t. 8,0 Bari (Turi) non pervenuta Messina +10,6 +16,3=e.t. 5,7 Cagliari +6,2 +15,4=e.t. 9,2 medie dall’11 al 20 18.33-08.04 07.37-16.58 19.41-08.37 07.37-16.59 20.50-09.08 07.37-17.00 22.00-09.37 07.36-17.01 23.10-10.06 07.36-17.02 00.00-10.36 07.36-17.03 00.21-11.10 07.35-17.04 01.33-11.47 07.35-17.06 02.44-12.31 07.34-17.07 03.52-13.23 07.34-17.08 04.55-14.22 07.33-17.09 05.50-15.27 07.32-17.10 06.36-16.35 07.32-17.12 07.16-17.43 07.31-17.13 07.49-18.50 07.30-17.14 08.18-19.55 07.30-17.15 08.45-20.57 07.29-17.17 09.10-21.58 07.28-17.18 09.36-22.58 07.27-17.19 10.02-23.57 07.26-17.20 10.31-00.00 07.25-17.22 11.03-00.56 07.24-17.23 Torino -1,3 +11,0=e.t. 12,3 Verona +2,2 +5,1=e.t. 2,9 Roma +3,6 +13,1=e.t. 9,5 Bari (Turi) non pervenuta Messina +11,9 +16,7=e.t. 4,8 Cagliari +6,1 +15,0=e.t. 8,9 medie dal 21 al 31 Torino -3,1 +4,9=e.t. 8,0 Verona -1,7 +6,9=e.t. 8,6 Roma +2,6 +10,4=e.t. 7,8 Bari (Turi) +2,7 +9,0=e.t. 6,3 Messina +8,3 +13,8=e.t. 5,5 Cagliari +3,3 +12,5=e.t. 9,2 Le precipitazioni di gennaio 2011 Torino Verona Roma Bari (Turi) Messina Cagliari 17,4 mm 40,5 mm 49,2 mm 15,6 mm 123,1 mm 26,4 mm Le date importanti da ricordare 1 MER. 2 GIO. 3 VEN. 4 SAB. 5 DOM. 6 LUN. 7 MAR. 8 MER. 9 GIO. 10 VEN. 11 SAB. 12 DOM. 13 LUN. 14 MAR. 15 MER. 16 GIO. 17 VEN. 18 SAB. 19 DOM. 20 LUN. 21 MAR. 22 MER. 23 GIO. 24 VEN. 25 SAB. 26 DOM. 27 LUN. 28 MAR. 29 MER. e del sole 11.40-01.54 07.23-17.24 12.22-02.50 07.22-17.25 13.12-03.44 07.21-17.27 14.08-04.34 07.20-17.28 15.09-05.19 07.19-17.29 16.15-05.59 07.18-17.31 17.24-06.35 07.17-17.32 18.35-07.08 07.16-17.33 19.46-07.39 07.14-17.34 20.58-08.09 07.13-17.36 22.11-08.40 07.12-17.37 23.24-09.13 07.11-17.38 00.00-09.49 07.09-17.40 00.35-10.31 07.08-17.41 01.44-11.20 07.07-17.42 02.48-12.16 07.05-17.43 03.44-13.17 07.04-17.45 04.32-14.22 07.03-17.46 05.13-15.29 07.01-17.47 05.48-16.35 07.00-17.48 06.19-17.40 06.58-17.50 06.46-18.43 06.57-17.51 07.12-19.45 06.55-17.52 07.38-20.45 06.54-17.53 08.04-21.45 06.52-17.55 08.32-22.44 06.51-17.56 09.03-23.42 06.49-17.57 09.38-00.00 06.48-17.58 10.17-00.39 06.46-17.59 Le temperature min. e max febbraio 2011 medie dall’1 al 10 Torino -1,0 +14,3=e.t. 15,3 Verona -2,7 +12,2=e.t. 14,9 Roma +2,2 +15,5=e.t. 13,3 Bari (Turi) +2,3 +14,0=e.t. 11,7 Messina +9,5 +15,5=e.t. 6,0 Cagliari +4,2 +14,6=e.t. 10,4 medie dall’11 al 20 Torino +5,6 +10,4=e.t. 4,8 Verona +4,2 +11,2=e.t. 7,0 Roma +4,4 +14,7=e.t. 10,3 Bari (Turi) +5,1 +14,1=e.t. 9,0 Messina +10,1 +16,0=e.t. 5,9 Cagliari +5,5 +15,4=e.t. 9,9 medie dal 21 al 29 Torino -0,8 +6,9=e.t. 7,7 Verona +0,5 +8,3=e.t. 7,8 Roma +1,8 +11,6=e.t. 9,8 Bari (Turi) +2,9 +9,5=e.t. 6,6 Messina +7,3 +12,9=e.t. 5,6 Cagliari +4,6 +14,7=e.t. 10,1 Le precipitazioni di febbraio 2011 Torino Verona Roma Bari (Turi) Messina Cagliari 38,4 mm 52,4 mm 34,5 mm 42,2 mm 87,6 mm 40,1 mm Le date importanti da ricordare Luna. Gennaio. Luna piena: 9 gennaio. Luna nuova: 23 gennaio. Luna crescente: dall’1 all’8 e dal 24 al 31 gennaio. Luna calante: dal 10 al 22 gennaio. Febbraio. Luna piena: 7 febbraio. Luna nuova: 21 febbraio. Luna crescente: dall’1 al 6 e dal 22 al 29 febbraio. Luna calante: dall’8 al 20 febbraio. Sole. I dati della levata e del tramonto del sole, giorno per giorno, si riferiscono a Roma (ora solare). Temperature. Le temperature minime e massime riportate sono quelle rilevate negli stessi mesi dello scorso anno 2011. Sono espresse in gradi centigradi e sono medie decadiche riferite a tutti i giorni dei periodi 1-10, 11-20 e 21-ultimo del mese. L’escursione termica (differenza tra la temperatura massima e minima) è indicata con la sigla e.t. Precipitazioni. Le precipitazioni riportate sono quelle rilevate negli stessi mesi dello scorso anno 2011. Esse sono epresse in millimetri (il numero di millimetri di pioggia caduta equivale al numero di litri per metro quadrato) e riguardano le precipitazioni veriicatesi nel corso di tutto il mese. Temperature e precipitazioni sono state rilevate dal Servizio meteorologico dell’aeronautica militare. Giardino Se nei testi di questa rubrica trovate delle parole che vi riescono di dificile comprensione, utilizzate il «Vocabolario illustrato dei termini dificili» allegato al n. 2/2011. (Red) PIANTE ANNUALI Lavori Semina. Nelle regioni settentrionali la semina in piena terra non può essere effettuata prima della ine di marzo. Se si desidera anticiparla e non si ha la possibilità di utilizzare una serra riscaldata, si può ricorrere a un cassone vetrato da appoggiare contro un muro esposto al sole. Con questa semplice struttura, scegliendo specie rustiche le cui sementi per germinare non richiedono temperature particolarmente elevate – per esempio fiordaliso, cosmea (1), calendula , amaranto , girasole ornamentale (2), titonia e papavero della California – è possibile anticipare la semina di 4-5 settimane, garantendosi le prime ioriture già dalla seconda metà della primavera. Per indicazioni più dettagliate relative alla semina in cassone vetrato vedi «i Lavori» di gennaio-febbraio 2011, a pag. 5. Volendo, potete procedere anche alla produzione di piantine con pane di terra, come di seguito spiegato (vedi anche foto e didascalia qui sotto). Per operare più agevolmente ponete i semi in un contenitore, tipo la capsula di un vaso di vetro. Procuratevi quindi dei contenitori alveolati, con due o quattro alveoli; potete anche usare quelli dello scorso anno, ma in questo caso disinfettateli con varechina (2 litri per 10 litri d’acqua), sciacquateli accuratamente e fateli asciu- A 1 Interventi itosanitari Nessun intervento itosanitario è necessario in questo bimestre. PIANTE ERBACEE PERENNI Lavori 2 Piante annuali. Al Nord, se desiderate anticipare la semina di piante annuali da iore come iordaliso, cosmea (1), girasole ornamentale (2), ecc., eseguitela in un cassone vetrato B Piante annuali. La produzione di piantine con pane di terra. Riempite il contenitore con l’apposito terriccio per semine (A), quindi spianate il terriccio con la mano. Per ogni alveolo ponete un seme (B) e copritelo successivamente con un sottilissimo strato di terra SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 gare. È però possibile impiegare contenitori più grandi (cm 50x30) e con un maggior numero di alveoli, oppure vasetti. Riempite quindi il contenitore con l’apposito terriccio per semine. Dopo il riempimento del contenitore spianate il terriccio con la mano. Per ogni alveolo ponete un seme, e poi, aiutandovi con un setaccio, ricopritelo con un velo di terriccio, di spessore mai superiore alla dimensione del seme stesso. Infine inumidite il terriccio impiegando uno spruzzatore e ponete i contenitori alveolati nel cassone vetrato. Seguite i contenitori con moderate irrigazioni e quando le radici delle piantine tratterranno il pane di terra saranno pronte per essere messe a dimora, non prima però del mese di aprile. Se vi trovate al Centro-Sud procedete invece alla semina in piena terra già a partire da inizio marzo, oppure effettuatela in vasetto e/o contenitori alveolati al ine di produrre piantine con pane di terra. Pulizia. Entro ine febbraio rasate a livello del terreno i residui secchi di tutte le erbacee perenni decidue, compresi quelli delle graminacee ornamentali e delle altre essenze caratterizzate da una gradevole veste invernale. È infatti indispensabile eseguire questa operazione prima che lo sviluppo della nuova vegetazione la renda dificoltosa. Irrigazione. Anche se generalmente in pieno inverno il giardino non necessita di irrigazioni, occorre tenere presente che, quando il freddo intenso si associa a prolungata assenza di precipitazioni, possono subire gravi danni anche specie del tutto rustiche, soprattutto se sempreverdi e/o coltivate in vaso. Se in febbraio dovessero veriicarsi queste particolari condizioni, potrebbe pertanto rendersi necessaria un’irrigazione di soccorso. In tal caso operate nelle ore centrali della giornata, somministrando l’acqua lentamente e a lungo, in modo da permetterle di penetrare in profondità anche se lo strato supericiale del terreno dovesse risultare parzialmente gelato. 5 Giardino Protezione dal freddo. Al Nord lasciate i cespi delle perenni in dormienza coperti dalla pacciamatura di foglie secche (o paglia) sino a ine febbraio. Al Centro-Sud, invece, i germogli emergono dal terreno con alcune settimane di anticipo e generalmente conviene eliminare lo strato pacciamante già da metà febbraio. Concimazione. Se non l’avete fatto durante l’autunno, potete provvedere in questo periodo alla concimazione organica di aiole e bordure. Sarà suficiente spargere un po’ di stallatico pellettato o in polvere (facilmente reperibile nei consorzi agrari e garden center) intorno ai cespi in ragione di 3-4 badilate per metro quadrato, incorporandolo supericialmente al terreno con l’aiuto di una zappetta o di un rastrello. Gelate e precipitazioni di ine inverno provvederanno a sciogliere le sostanze nutritive rendendole disponibili per le piante in dalla ripresa vegetativa. Per lo più le perenni sono dotate di grande vigoria naturale: non è quindi necessario ricorrere a concimi minerali di sintesi, a meno che le vostre bordure non siano ormai troppo vecchie ed esau- Come realizzare un’aiola in giallo e blu-viola 1,75 m Ecco come potete realizzare nel vostro giardino di campagna – in una A B posizione di mezzo sole, come ad B D esempio contro un muro esposto a est C – una piccola aiola (circa tre metri B quadrati) di rustiche erbacee perenA B ni dalle ioriture gialle e blu, in iore C da maggio a giugno. C D Come specie a iori blu mettete a dimora due cespi di Lupinus perenE E nis-A (alti un metro in piena ioritura) E E E e quattro cespi di Campanula persicifolia «Telham Beauthy»-B (alte un metro in piena ioritura); come specie 1,75 m a iori gialli mettete a dimora tre cespi di Aquilegia chrysantha «Yellow Queen»-C (alti novanta centimetri in piena ioritura) e due cespi di Lupinus «Chandelier»-D (alti un metro in piena ioritura); come specie a foglie giallo-oro mettete a dimora cinque cespi di Carex oshimensis «Evergold»-E (alti 20 centimetri a pieno sviluppo). Nella piantina dell’aiola riportata qui sopra eccovi inoltre come posizionare le singole piante. Le iniorescenze contrastano intensamente sia per forma che per colore. Il giallo tenue delle aquilegie e del Lupinus «Chandelier» valorizza al meglio i blu-viola della campanula e del Lupinus perennis. Sul fronte dell’aiola i cespi vigorosi del Carex «Evergold», che ricadono a fontana, con le loro foglie persistenti intensamente variegate di giallo-oro offrono un motivo di interesse per tutto l’anno; a inizio primavera e a ine estate valorizzano inoltre il fogliame grigio-azzurro di Aquilegia chrysantha e i differenti toni di verde di quello dei lupini e delle campanule A B C 6 D E rite. In questo caso, però, la soluzione migliore sarà quella di sfruttare l’inverno per riprogettare gli spazi, in vista di nuovi impianti primaverili. Progettazione. In questo bimestre, a causa delle giornate fredde, i lavori all’aria aperta sono più che mai rarefatti. Eppure, per il giardiniere lungimirante, il lavoro non manca nemmeno... davanti al camino. La progettazione su carta sta infatti alla base di ogni angolo di giardino ben riuscito e risulta addirittura indispensabile nel caso di un’aiola o di una bordura mista di erbacee perenni. Questa tipologia di piante, infatti, muta il suo aspetto di stagione in stagione, fattore che, mentre contribuisce a determinarne il fascino, rende particolarmente complessa la progettazione. Utilizzate quindi le lunghe ore della sera, munendovi di fogli e matite colorate per gli schizzi, nonché di qualche catalogo di sementi e di vivai specializzati (di quelli che indicano con cura l’altezza raggiunta dalle piante in piena vegetazione, l’esposizione ottimale, il periodo di ioritura, ecc.) per orientarvi nella scelta delle specie e delle varietà. Tenete sempre ben presente che l’utilizzo di alcune tipologie di erbacee perenni può garantire effetti spettacolari in giardino persino in questo bimestre, il più freddo dell’anno. Ecco alcuni consigli per orientarsi nella scelta di specie e varietà caratterizzate da una veste invernale ornamentale. La maggioranza delle erbacee perenni è costituita da piante decidue, che cioè perdono completamente la vegetazione durante l’autunno e sopravvivono alla stagione invernale soltanto a livello di apparato radicale sotterraneo. Proprio per questo, le specie sempreverdi risultano particolarmente preziose. Nelle zone semiombreggiate del giardino coltivate le Heuchera, caratterizzate da un fogliame altamente decorativo anche in pieno inverno. Oggi è disponibile un gran numero di varietà, con foglie dalle colorazioni imprevedibili e spettacolari (porpora, rosso, arancione, viola, grigioargento, ecc.), ulteriormente impreziosite da vistose variegature e screziature. Accompagnatele con varietà sempreverdi di Carex, erbe ornamentali dal portamento morbido ed elegante, assai resistenti alle gelate intense. Nelle zone più soleggiate e asciutte, utilizzate invece le Festuca (per esempio Festuca glauca, dal fogliame azzurro, o Festuca amethysina, a foglia verde brillante), l’Euphorbia characias, le Kniphofia. Le graminacee ornamentali decidue mantengono un aspetto altamente decoSUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Giardino rativo per tutto l’inverno in virtù della loro vegetazione e delle loro infiorescenze secche. I loro morbidi cespi, dopo aver assunto in autunno colorazioni giallo dorate o rosso-brune, continuano a conferire movimento al giardino ondeggiando al minimo alito di vento. La brina disegna trame spettacolari sulle loro iniorescenze dalla tessitura leggera. Cercate quindi di trovare spazio in giardino per specie e varietà di Calamagrostis , Molinia , Miscanthus e Panicum, tutte piante scarsamente esigenti, adattabili e di facile coltivazione nei giardini di campagna delle diverse fasce climatiche del nostro Paese. Le varietà precoci di elleboro o rosa di Natale (Helleborus niger «Traecox») sono in iore per tutto il bimestre: coltivate questa spettacolare specie ai piedi di alberi e arbusti e in tutte le zone del giardino riparate dal pieno sole estivo. Nel riquadro riportato nella pagina precedente vi suggeriamo come realizzare un’aiola con piante dalle ioriture nelle tinte del giallo e del blu. Interventi itosanitari Nessun intervento itosanitario è necessario in questo bimestre. PIANTE ACIDOFILE Azalee, rododendri, camelie, ortensie, eriche Lavori Nei mesi di gennaio e febbraio le piante acidoile sono in riposo vegetativo e le cure colturali sono ridotte al minimo. Se non l’avete già fatto nel precedente bimestre, e soprattutto se l’andamento stagionale della vostra zona si presenta particolarmente freddo, provvedete a ripararle come indicato ne «i Lavori» di novembre-dicembre 2011, a pag. 6. In particolare dovete sempre tenere sotto controllo le acidoile in vaso, in quanto il gelo potrebbe arrivare direttamente alle radici, che costituiscono la parte più vulnerabile della pianta. Nel caso si veriichino forti abbassamenti di temperatura, posizionate i vasi sotto una tettoia (o riparo similare), anche non particolarmente luminosa, poiché in questo periodo le piante non hanno bisogno di troppa luce, e lasciateveli sino a ine inverno. Non posizionate i vasi in casa, in quanto è un ambiente troppo caldo e soprattutto privo della necessaria umidità dell’aria. SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Potatura. Da fine febbraio potete procedere alla potatura delle ortensie: le gemme si riprenderanno presto all’arrivo dei primi tepori primaverili, quindi non tardate a fare questa operazione (vedi riquadro qui sotto). Rimozione della neve. Durante questo bimestre si possono veriicare in alcune zone abbondanti nevicate che possono danneggiare le chiome delle piante acidoile. Quelle sempreverdi (Camel- lia japonica, Camellia sasanqua, rododendro, Azalea japonica, ecc.) sono particolarmente sensibili al peso della coltre nevosa: ne bastano 10 cm e intere branche possono piegarsi e spezzarsi. L’operazione che dovete effettuare è abbastanza semplice: bardatevi di tutto punto con vestiti caldi e impermeabili, guanti da sci e scopa di saggina e liberate dal peso della neve le piante. L’ideale è eseguire questa operazione man mano che la neve si accumula. Come potare le ortensie 2 1 3 Le Hydrangea macrophylla e quelle che presentano iniorescenze a palla in genere (vedi foto a lato), le più comuni nei giardini, che ioriscono sul legno dell’anno precedente, si potano tagliando i rami più deboli, quelli rivolti verso l’interno dell’arbusto e le iniorescenze secche, vedi disegno 1, tagliando sopra la penultima coppia di gemme, vedi disegno 2. Non vanno tagliati i rami cresciuti l’anno precedente, i quali portano la gemma terminale che darà origine ad un’iniorescenza. Negli esemplari vecchi occorre eliminare i fusti più vecchi, che generalmente sono molto ramiicati, tagliandoli a livello del ceppo, vedi disegno 3: in questo modo si rinnova gradualmente l’arbusto 4 5 Le Hydrangea arborescens e le Hydrangea paniculata (vedi foto a lato), che ioriscono sulla vegetazione dell’anno, si potano tagliando tutti i rami, lasciando solo due-quattro gemme, vedi disegno 4. Se invece desiderate che gli arbusti crescano in altezza, lasciateli crescere liberamente, eliminando quei rami che crescono verso l’interno dell’arbusto, le biforcazioni e le iniorescenze secche, vedi disegno 5. 7 Giardino A B Parassiti delle piante acidoile. Infezioni di bolla su foglie di azalea (A). Bottone iorale di rododendro disseccato in seguito a infezioni di Pycnostysanus azaleae Nuovi acquisti. Se acquistate o ricevete in regalo un’Azalea indica in iore, posizionatela in un luogo abbastanza fresco, dove la temperatura sia compresa tra i 5 e i 15 °C, assicurandole sempre un terriccio moderatamente umido. A ine ioritura, comunque non prima che iniscano gli ultimi freddi dell’inverno, portate l’azalea all’aperto e ponetela in un luogo luminoso ma non al sole diretto, seguendola con moderate irrigazioni. Potrebbe capitare che, in seguito a qualche giorno con temperature al di sopra della media stagionale, specie meno precoci, come narcisi, giacinti e tulipani, emergano dal terreno con alcune settimane di anticipo. Se ciò si veriicasse non preoccupatevi ed evitate di predisporre altra pacciamatura per proteggere i germogli: essi smetteranno di crescere non appena le temperature si abbasseranno. Interventi itosanitari Messa a dimora dei bulbi pregermogliati a fioritura primaverile. Se nello scorso autunno non avete avuto modo e/o tempo di mettere a dimora tulipani, giacinti, narcisi, muscari , ecc., da metà febbraio (o anche prima) potete acquistare nei garden center bulbi pregermogliati di queste specie. Questi bulbi vengono messi in commercio dopo essere stati sottoposti a processi di «raffreddamento» In febbraio, in seguito ad apprezzabili innalzamenti della temperatura accompagnati da giornate di pioggia, si possono creare le condizioni adatte allo sviluppo su azalea di infezioni di bolla (Exobasidium japonicum) (foto A). A esserne maggiormente esposte sono le piante colpite dalla malattia nella precedente stagione vegetativa. Come misura preventiva trattate le piante con bitertanolo-44,7 (non classiicato, alla dose di 5 millilitri per 10 litri d’acqua), oppure con poltiglia bordolese-20 o ossicloruro di rame-20 (bio, irritante o non classiicato in funzione della formulazione commerciale, secondo le dosi indicate in etichetta). Sulle piante di rododendro i bottoni iorali disseccati in seguito a infezioni del fungo Pycnostysanus azaleae (foto B) vanno asportati e bruciati, effettuando poi un trattamento con poltiglia bordolese-20 (bio, irritante o non classiicato) o con ossicloruro di rame-20 (bio, non classiicato), secondo le dosi indicate in etichetta. In questo bimestre sbocciano le bulbose più rustiche come aconito invernale, bucaneve, bulbocodio e croco. 8 Messa a dimora dei bulbi a ioritura tardo primaverile-estiva. Al Centro-Sud, ma anche al Nord se in zone a clima mite, procedete alla messa a dimora delle bulbose a ioritura tardo primaverile-estiva, per esempio allium ornamentali e begonie tuberose. Selezionate bulbi perfettamente integri e sani, non interessati da muffe e/o marciumi, che potrebbero pregiudicare lo sviluppo vegetativo e le ioriture. Come regola generale rispettate una profondità d’impianto pari al doppio dell’altezza del bulbo. Interventi itosanitari Nessun intervento itosanitario è necessario in questo bimestre. ROSAI BULBOSE E TUBEROSE Lavori che simulano l’inverno e che li stimolano a formare il/i fiore/i. Sono bulbi più costosi rispetto a quelli reperibili durante l’autunno, ma molto utili per riempire vuoti nelle aiole e nelle bordure e per creare vasi a «pronto effetto». Non scegliete esemplari già completamente sbocciati, in quanto durerebbero solo qualche giorno, ma acquistate bulbi con boccioli ancora ben chiusi. Tra le bulbose pregermogliate che potete reperire in commercio da metà febbraio vi sono anche i bucaneve , specie spontanea nei nostri boschi. Si tratta di una bulbosa rustica che resiste anche ai –15 °C, ideale da coltivare nei giardini di campagna con terreno ricco di humus, ben drenato, umido, di preferenza calcareo o leggermente acido. Metteteli a dimora in una posizione di mezz’ombra, in modo che durante l’estate abbiano a disposizione un terreno abbastanza fresco: solo con queste condizioni si naturalizzeranno nel vostro giardino, moltiplicandosi e tornando a sbocciare anno dopo anno. Per eseguire correttamente l’operazione, interrate il bulbo e la parte bianca delle foglie, tenendo circa 10 cm di distanza tra l’uno e l’altro. Per un effetto veramente naturale, piantate i bulbi casualmente, qua e là, evitando di disporli a ile o secondo schemi geometrici. Bulbose e tuberose. Se nello scorso autunno non avete messo a dimora bulbi di tulipani, giacinti, narcisi, muscari (vedi foto), ecc., acquistate e piantate già a febbraio bulbi pregermogliati di queste specie Lavori Le rose botaniche, ancora vestite con bacche rosso-arancio, regalano colore al giardino d’inverno sino al momento della potatura, che non va però SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Giardino iniziata troppo presto: meglio infatti rimandare questa operazione a metà-ine febbraio, quando non si temono più gelate prolungate. Potatura. Nelle zone più meridionali del Paese questo lavoro è già stato eseguito in autunno o viene eseguito ora, in pieno inverno. Nelle zone del Centro-Nord per mettersi all’opera occorre invece attendere metà-ine febbraio, cioè sino a quando non si prevedono più gelate prolungate; le potature su legno gelato possono infatti generare pericolose spaccature ai rami, con conseguente morte degli stessi e deperimento della pianta. Le potature di metà-fine febbraio vanno eseguite solo sui rosai rifiorenti; quelli a fioritura unica (che ioriscono cioè una volta l’anno) e i rosai antichi sono già stati potati a giugno dell’anno scorso ma, se i cespugli si presentano disordinati, accorciate leggermente i rami più lunghi per dare loro un aspetto ordinato o arcuateli per stimolarli a ramiicare. Ecco di seguito alcune regole generali che vanno osservate nel corso della potatura. – Eliminate i rami secchi, rotti, esili o danneggiati e quelli che si intersecano fra di loro, allo scopo di liberare il centro del cespuglio. – Rimuovete i polloni selvatici che nascono sotto il punto d’innesto. – Non eseguite mai una potatura troppo drastica, accorciando i rami a pochi centimetri dal suolo, poiché potreste causare la morte del rosaio, il risveglio del portinnesto o la crescita di pochi rami troppo vigorosi. – Sugli ibridi di Tea accorciate la vegetazione dell’anno di un terzo, intervenendo sino a 3 gemme sopra il punto di partenza di ogni ramo principale. – Nei rosai di varietà floribunda e simili eliminate un quarto dei rami che hanno iorito. – Sui rosai ad alberello effettuate la potatura secondo il tipo di rosaio che è stato innestato sul portinnesto (ibrido di Tea, loribunda, ecc.). – Sui rosai rampicanti, che hanno rami rigidi e ioriscono sul legno dell’anno precedente, accorciate i rami principali sino ai germogli nati nell’estate scorsa, che vanno legati ai sostegni il più possibile paralleli al terreno. Se un vecchio fusto non produce più nuovi germogli, tagliatelo alla base per stimolare la pianta a produrne di nuovi. – Ai rosai sarmentosi, che sono generalmente non riiorenti, sono già stati SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 L’impianto dei rosai a radice nuda c 1 a b 1-Dopo aver scavato una buca profonda almeno 60 cm, preparate il fondo con uno strato drenante di almeno 10 cm di spessore (a), quindi uno strato di letame ben maturo di circa 10 cm e inine di terra, sempre di circa 10 cm di spessore (b); formate poi un monticello di terriccio al centro (c). 2-Prima della messa a dimora, afinché le radici aderiscano per bene al terreno, immergetele in una «pappa» cremosa, composta da terra e da una manciata di concime organico allungati con acqua. 3-Sistemate il rosaio sul monticello di terriccio, stendete per bene le radici e terminate riempiendo la buca di terra arricchita con 2-3 manciate di cornunghia (concime naturale ad alto titolo di azoto, ottenuto dalla macinazione di corna e unghie, prodotti di scarto della macellazione degli animali, reperibile nei più forniti garden center e/o empori agrari); ricordate sempre di lasciare scoperto il punto d’innesto (vedi freccia) e inine irrigate eliminati nell’estate scorsa i rami che hanno portato iori; ora va unicamente risagomato il cespuglio, allevando i rami a ventaglio o a cascata, accorciandoli se troppo lunghi e disordinati. – Ai rosai botanici eliminate i rami rotti e, dal centro dell’arbusto, quelli più vecchi, tagliandoli alla base; accorciate poi i rami che danno un aspetto disordinato al cespuglio. Nuovi impianti. In previsione di questo lavoro, se non lo avete già fatto nei mesi precedenti, preparate le buche d’impianto. Tale operazione va eseguita quando il terreno non si presenta gelato, avendo cura di predisporre sul fondo della buca, soprattutto nei terreni compatti e pesanti, uno strato drenante costituito da sassi e ghiaia grossolana. Non appena la temperatura si è fatta più mite e il terreno non è più intriso d’acqua, si può procedere all’impianto, dando la precedenza ai rosai a radice nuda (vedi riquadro riportato in alto nella pagina), reperibili nei vivai specializzati e nei garden center o che avete messo in tagliola in autunno (vedi «i Lavori» di novembre-dicembre 2010, a pag. 8). Altri lavori. A gennaio limitatevi a controllare le legature ai tutori dei rosai 2 3 ad alberello e dei rosai rampicanti e rinnovate la pacciamatura o reintegratela con compost anche non ancora completamente decomposto (provvederete poi a interrarlo a marzo con una leggera sarchiatura). Evitate di togliere le protezioni invernali (riparo con terra del punto di in- Rosai. La crescita molto rigogliosa delle rose botaniche determina la formazione di cespugli molto itti, con rami molto intricati. Per questo motivo occorre eseguire ogni 2-3 anni il ringiovanimento dell’arbusto. I rami più vecchi e/o secchi, riconoscibili per la corteccia che si sfalda (vedi freccia), vanno eliminati con un taglio netto alla base 9 Giardino C D Parassiti dei rosai. Cocciniglia (2 mm) (C) e cancro corticale (D) su fusto nesto, copertura dei fusti dei rosai ad alberello, ecc.) ino a quando la temperatura non si fa più mite e non si temono più gelate. Interventi itosanitari Asportate i rami infestati dalla cocciniglia Aulacaspis rosae (foto C), oppure ripulite con cura fusto e rami stroinandoli con una spazzola di saggina. In alternativa, trattate le piante con olio bianco-80 (bio, non classificato), alla dose di 15 millilitri per litro d’acqua. Dopo la potatura trattate le piante con poltiglia bordolese-20 (bio, irritante o non classiicato) o con ossicloruro di rame-20 (bio, non classiicato) secondo le dosi indicate in etichetta, in modo da preservarle da eventuali attacchi degli agenti del cancro corticale (foto D), causati da microrganismi fungini come Coniothyrium fuckelii e Cryptosporella umbrina. ARBUSTI E ALBERI Lavori Se a gennaio arbusti e alberi si trovano in una sorta di riposo vegetativo, in febbraio si risvegliano lentamente percependo l’imminente primavera. Potatura. Nella maggior parte delle nostre regioni febbraio è il mese in cui si effettua la «potatura secca», quella cioè sui rami a riposo e privi di foglie; attendete la metà del mese e anche oltre, se le temperature si mantengono rigide. Questa operazione va eseguita tuttavia solo su determinati gruppi di piante e con modalità diverse; vediamo su quali e come intervenire. Le piante che ioriscono sulla vegetazione dell’anno (per esempio pero- 10 vskia, buddleia, Spirea bumalda e lagerstroemia) vanno potate drasticamente, lasciando su ogni ramo 1-2 gemme (o coppie di gemme), dalle quali si svilupperanno i nuovi rami ioriferi in tarda primavera-estate. Le piante che ioriscono in primavera-estate sulla vegetazione dell’anno precedente (per esempio spirea a iore bianco, iladelfo, kerria, forsizia, lillà, Prunus e Malus da iore, magnolia, ecc.) non vanno per il momento sottoposte a una vera e propria potatura, pena la perdita di una parte della ioritura; limitatevi a eliminare, se necessario, solo rami spezzati, deboli o malformati. Le piante a ioritura invernale (per esempio calicanto, amamelide, corniolo, cotogno giapponese, ecc.), che possono essere ancora in iore in questo bimestre, vanno potate al termine della ioritura, eliminando rami deboli, malformati o rotti. Se necessario si possono effettuare leggeri tagli di contenimento, accorcianArbusti e alberi. La potatura del glicine nelle specie orientali (cinesi e giapponesi) si effettua a metà-ine febbraio con il taglio di tutti i rami di un anno della chioma lasciando le prime 4-6 gemme a partire dall’inserzione sul ramo principale-a. Vanno poi eliminati i polloni che si sviluppano vicino alla base del tronco-b o se ne lascerà uno solo-c qualora si desideri allevare un nuovo tronco o ringiovanire una pianta debole. Sul tronco si trovano inoltre polloni poco vigorosi ma più ioriferi che vanno tagliati-d o potati a 3-4 gemme-e (dopo la ioritura debbono essere eliminati totalmente). Vanno poi eliminati i rami della chioma più sottili e/o spezzati-f do leggermente le estremità dei rami fuori sagoma. Sui grandi alberi a foglia caduca e su Magnolia grandiflora effettuate eventuali potature solo se strettamente necessario (rami pericolanti, eccessivo ingombro della chioma, ecc.), incaricando del lavoro personale specializzato, soprattutto per esemplari di grandi dimensioni. Potate le Magnolia grandilora aventi forma conica, asportando una parte dei getti dell’ultimo anno, sino a riportarle in sagoma. Se le piante hanno perso la forma, poiché non potate da diversi anni, è anche possibile effettuare un intervento drastico «al legno»: si accorciano cioè i rami in maniera crescente, dal basso verso l’alto, ino ad arrivare in punta all’asse centrale, conferendo alla chioma il più possibile una forma a cono. Questo taglio di ritorno favorirà l’emissione di nuovi germogli direttamente dal legno vecchio e, nell’arco di un paio di stagioni vegetative, la pianta ritornerà ad assumere l’aspetto desiderato. Irrigazione. In caso di andamento particolarmente secco e ventoso del bimestre, una volta ogni 10-15 giorni effettuate un’irrigazione di soccorso, soprattutto per le specie sempreverdi e per quelle messe a dimora nello scorso autunno. Somministrate acqua sempre nelle ore più calde della giornata, lasciando asciugare bene il terreno e controllando che non ristagni attorno al colletto. Se necessario, smuovete il terreno compattato in prossimità delle piante con una leggera zappatura. f a a a a a a a a a d b e c b Prima Dopo SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Giardino E F Parassiti di arbusti e alberi. Nido larvale di processionaria del pino (E). Bolla su foglie di pesco ornamentale (F) Ricordatevi naturalmente di effettuare irrigazioni regolari a tutte le piante coltivate in vaso, soprattutto se riparate in ricoveri invernali. Concimazione. A partire da metà-ine gennaio potete cominciare a somministrare un concime granulare a lenta cessione (per esempio cornunghia, alla dose di 80-90 grammi/metro quadrato). Questo comincerà a decomporsi, rendendosi disponibile nel momento in cui le piante iniziano a vegetare. Effettuate preventivamente una leggera zappatura, per arieggiare il terreno e favorire la penetrazione degli elementi nutritivi a livello delle radici. Nuovi impianti. Febbraio è il termine ultimo per la messa a dimora di specie a foglia caduca, come per esempio querce, aceri, platani e tigli, sia a radice nuda che in zolla; per l’esecuzione di tale lavoro, vedi il n. 7-8/2011 a pag. 16. Lavori vari. Il mese di gennaio è caratterizzato da una serie di operazioni «di sorveglianza». Controllate sostegni e legature di arbusti (anche rampicanti) e alberi, rinnovandoli e consolidandoli se necessario. Tagliate appena possibile rami spezzati e/o pericolanti. Effettuate queste operazioni in una giornata asciutta, soleggiata e senza vento. In caso dobbiate abbattere un albero perché pericolante, assicuratevi che la specie in oggetto non rientri in una categoria protetta. A riguardo, richiedete informazioni alla stazione del Corpo Forestale a voi più vicina; gli addetti, in caso di necessità, effettueranno il sopralluogo e rilasceranno l’eventuale autorizzazione all’abbattimento. Provvedete a scrollare la neve dai rami in caso di forti nevicate, come già indicato ne «i Lavori» di novembre-dicembre 2011, a pag. 8. SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Controllate l’eficacia delle protezioni (tessuto non tessuto, stuoie e cannicciati) messe in opera nel precedente bimestre e rinnovate, se necessario, lo strato di pacciamatura intorno al colletto delle piante più delicate. Può essere che in febbraio, in particolare al CentroSud, si possano avere già alcune giornate più calde, ma non fatevi ingannare e non togliete le protezioni, poiché l’inverno non è ancora inito. Provvedete anche a pulire il terreno da foglie, residui vegetali e rami caduti. Interventi itosanitari Se non avete ancora provveduto, asportate i nidi larvali della processionaria del pino (Thaumetopoea pytiocampa) (foto E). Eventualmente potete prima ricorrere a un trattamento con formulazioni commerciali di Bacillus thuringiensis var. kurstaki-6,4 (bio, non classiicato), alla dose di 10 grammi per 10 litri d’acqua; distribuite il prodotto durante le ore più calde della giornata e ripetete il trattamento qualora piova nei successivi 4-5 giorni. I nidi, anche se non ospitano più le larve, in quanto uc- Tappeto erboso. Dedicate qualche ora alla manutenzione del rasaerba, in modo da averlo perfettamente funzionante la prossima primavera; nella foto, sostituzione della candela cise da un vostro trattamento, vanno comunque in seguito asportati poiché ricchi di peli urticanti lasciati dalle larve che causano fastidiose irritazioni cutanee e lesioni oculari. Operate pertanto con la massima cautela, in assenza di vento, proteggendovi adeguatamente con cappello, tuta, guanti, maschera e occhiali. Intorno alla metà di febbraio, alla comparsa delle punte di vegetazione delle gemme apicali dei rametti dei peschi ornamentali, prevenite eventuali infezioni di bolla (Taphrina deformans) (foto F) effettuando un trattamento con bitertanolo-45,5 (non classiicato), alla dose di 5 millilitri per 10 litri d’acqua, oppure poltiglia bordolese-20 (bio, irritante o non classiicato) o ossicloruro di rame-20 (bio, non classiicato), secondo le dosi indicate in etichetta. TAPPETO ERBOSO Lavori Questo bimestre è il meno impegnativo per la gestione del tappeto erboso. In questo periodo, soprattutto dopo forti gelate e in presenza di temperature al di sotto dello zero, evitate di calpestare il tappeto erboso, così da non spezzare gli steli d’erba resi fragili dal gelo, che successivamente ingiallirebbero. Analoga precauzione va presa in caso di abbondanti piogge o dopo lo scioglimento della neve, al ine di non compattare il terreno e impedire all’aria di circolare; la carenza di ossigeno nel terreno può provocare infatti asissia e ingiallimento dell’erba. Non dimenticatevi poi di ripulire la supericie del prato da foglie, rametti e detriti eventualmente presenti: la loro presenza sottrae all’erba la già ridotta luce solare e può determinare l’insorgenza di malattie di origine fungina. Questo lavoro non va fatto però in presenza di brina, o comunque in caso di temperature inferiori allo zero, per i motivi citati poco sopra. Taglio. In questo bimestre, e soprattutto durante il mese di gennaio, la crescita del tappeto erboso è ridotta al minimo, a causa non solo delle basse temperature ma anche per la scarsa quantità di luce. L’accrescimento dell’erba è perciò praticamente nullo nelle regioni settentrionali, mentre al Centro-Sud le temperature più miti consentono che vi sia una ridotta attività vegetativa, in particolare 11 Giardino nel mese di febbraio. Nel caso si veriichi un minimo accrescimento, verso la ine di febbraio effettuate il primo taglio: operate solo con erba perfettamente asciutta e con terreno non troppo bagnato. Vi consigliamo di utilizzare un rasaerba provvisto di cestello di raccolta, in modo da non lasciare nessun residuo sul prato, residuo che potrebbe provocare l’insorgenza di marciumi vari a carico del tappeto erboso. Concimazione. Come abbiamo detto, nelle zone più miti del Centro-Sud e nella seconda metà di febbraio l’erba riprende a vegetare. Effettuate pertanto la prima concimazione della stagione, somministrando un prodotto ricco di azoto, per esempio Floranid Rasen (concime a lenta cessione, titolo NPK 20-58), alla dose di 25-30 grammi/metro quadrato. Altri lavori. In questa stagione di relativo riposo è consigliabile dedicare qualche ora alla manutenzione del rasaerba, in modo da averlo perfettamente funzionante con la ripresa di un uso regolare in primavera; vedi anche gli articoli pubblicati sui numeri 2/2011 a pag. 37 e 3/2011 a pag. 45. Effettuate anche la manutenzione e/o la riparazione degli altri attrezzi utilizzati in giardino, provvedendo a eventuali acquisti di sostituzione per non trovarvi impreparati nel momento del bisogno. Interventi itosanitari Dopo lo scioglimento della neve il tappeto erboso costituito da loietto può manifestare infezioni di marciume rosa invernale, essenzialmente a opera del fungo Microdochium nivale (foto G), che causa la comparsa di macchie circolari oppure di strisce e cerchi (i cosiddetti Piante grasse. Specie come le Hoya devono essere poste nei locali più luminosi della casa 12 basse temperature: l’importante è garantire l’assenza di umidità stagnante. Il fatto che le piante siano in un periodo di riposo non signiica che possano fare a meno delle nostre attenzioni: curate sempre la pulizia e l’igiene dei locali in cui sono ospitate; ricordate inoltre che un’attenta sorveglianza è indispensabile per prevenire molti problemi. G Parassiti del tappeto erboso. Marciume rosa invernale «cerchi delle streghe») di muffa di colore rosa o biancastro. Queste manifestazioni sono in genere precedute, nel tardo autunno e dopo periodi piovosi con successivo innalzamento della temperatura, dalla presenza di funghi con cappello di varia forma di specie diverse. Le zone colpite vanno trattate con tebuconazolo-4,35 (non classiicato), alla dose di 5 millilitri per 5 litri d’acqua, quantità suficiente a trattare 10 metri quadrati di supericie. Con l’arrivo della primavera le zone del tappeto erboso colpite dal marciume si presenteranno disseccate: vanno asportate per poi procedere, dopo una supericiale lavorazione del terreno, a una nuova semina. PIANTE GRASSE Lavori Le piante grasse in questo periodo stanno svernando al riparo e all’asciutto. Per scongiurare l’insorgenza di dannosi marciumi, assicuratevi che la ventilazione dei locali ove soggiornano sia adeguata. Veriicate anche che le specie ospitate in casa e più sensibili alle basse temperature, per esempio Euphorbia , Monadenium , Pachypodium , Epiphyllum, Hylocereus, Hoya, abbiano la giusta dose di luminosità. Ricordate inoltre che alle temperature tipiche delle abitazioni (18-23 °C) non smettono di vegetare, per cui saranno necessarie qualche rara e leggera irrigazione o più frequenti nebulizzazioni, da effettuare possibilmente con acqua piovana o distillata. Per le specie più resistenti al freddo, per esempio Echinopsis, Echinocactus, Ferocactus, Echinocereus, Trichocereus, Rebutia e Mammillaria, non si dovrà temere il perdurare di Rinvaso. Da ine gennaio si possono riprendere i rinvasi: in previsione di questo lavoro iniziate a procurarvi il materiale occorrente. Per il terriccio conviene acquistarne e/o prepararne un quantitativo abbondante, per far fronte anche a rinvasi d’emergenza. Se desiderate prepararlo da voi in casa, una miscela adatta alla maggior parte delle specie si ottiene mescolando 1/3 di sabbia di iume non calcarea, 1/3 di pozzolana o lapillo (oppure pomice) e 1/3 di terra di giardino. Le piante grasse necessitano di un terriccio ben drenante e per veriicare che la miscela che avete preparato presenti questa caratteristica, stringetene nel pugno una manciata, poi aprite la mano: se il terriccio non rimane compatto, avete fatto un ottimo lavoro. Quanto ai contenitori, è importante sceglierli tenendo conto dell’apparato radicale della pianta da rinvasare. Vanno sempre evitati vasi sovradimensionati: il nuovo contenitore deve sì contenere comodamente le radici, ma il terriccio circostante non dovrà mai occupare uno spazio superiore a 2-3 centimetri. Interventi itosanitari Nessun intervento itosanitario è necessario in questo bimestre. PIANTE D’APPARTAMENTO Lavori Siamo in pieno inverno e le nostre piante sono al riparo in casa, al caldo, ma non sempre nelle condizioni ideali. La luce è essenziale per la fotosintesi e quindi deve essere quanto meno suficiente. La posizione migliore è davanti a una inestra, ma già a 2 metri da essa la luce può non essere suficiente: in caso le nuove foglie crescono piccole, di colore verde chiaro e poi cadono; i nuovi fusti si sviluppano esili e deboli. Le piante che soffrono di più per questa situazione sono quelle che hanno bisogno di molta luce, come Cyperus alterniSUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Giardino 1 Intervenite quando il terriccio del vaso inizia ad asciugarsi, mai prima: correreste il rischio di far marcire le radici. Le Bromeliacee – come bilbergia, aechmea (1) e guzmania (2) –, che hanno la caratteristica di avere le foglie centrali riunite in una sorta di «rosetta» allo scopo di trattenere acqua, si bagnano inserendo il beccuccio dell’innafiatoio proprio all’interno della rosetta; qui l’acqua deve essere sempre presente, ma una volta al mese è bene sostituirla (per farlo, semplicemente si capovolge la pianta). Irrigate preferibilmente con acqua piovana: in questo periodo, solitamente abbastanza piovoso, la sua raccolta non dovrebbe costituire un problema. Concimazione. Al Nord sospendete le concimazioni per tutto il bimestre; nelle regioni meridionali, invece, potete riprenderle verso la fine di febbraio, quando, aumentando la luminosità, le piante saranno stimolate a riprendere la crescita. Interventi itosanitari 2 Piante d’appartamento. Piante come aechmea (1) e guzmania (2), che hanno le foglie centrali riunite in una sorta di «rosetta» allo scopo di trattenere acqua, si bagnano inserendo il beccuccio dell’innafiatoio proprio all’interno della rosetta folius , Ficus benjamina , Ficus elastica, Yucca elephantipes, ecc.: avvicinate perciò le piante, se possibile, a una inestra o aprite i tendaggi nelle ore più luminose del giorno. Tenete poi presente che le piante con foglie variegate, per esempio Croton variegatum, richiedono più luce rispetto a quelle con foglie completamente verdi: se la luce è insuficiente le variegature sbiadiscono. Anche l’umidità dell’aria è piuttosto bassa rispetto alle esigenze delle piante. Ponete quindi i classici contenitori con acqua sui termosifoni e/o nebulizzate le foglie, anche tutti i giorni, utilizzando un comune vaporizzatore con acqua a temperatura ambiente. Irrigazione. Altro elemento importante per il benessere delle piante d’appartamento è l’acqua, che in questo periodo va somministrata con parsimonia, per non provocare dannosi marciumi. SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Dopo ogni irrigazione provvedete a eliminare l’acqua che è rimasta nei sottovasi onde evitare lo sviluppo di marciumi basali causati da Rhizoctonia solani e Fusarium oxysporum. Nel caso si presentino infestazioni di cocciniglie farinose (Planococcus citri e Pseudococcus longispinus) e di cocciniglia piatta degli agrumi (Coccus hesperidum), rimuovetele con l’ausilio di un batuffolo di cotone imbevuto di acqua e sapone di Marsiglia (10 grammi di scaglie di sapone per 1 litro d’acqua) nel caso si tratti di pochi individui; se l’infestazione è più diffusa trattate le piante con formulazioni di imidacolprid-0,12 (non classiicato) pronte in contenitore a spruzzo. A cura di: Valentina Povero e Tullio Destefano - Vivaio L’erbaio della Gorra (Lavori: Piante annuali); Andrea Corneo - Società italiana della Camelia (Lavori: Piante acidoile); Francesca Trabella (Lavori: Bulbose e tuberose); Anna Furlani Pedoja (Lavori: Rosai); Francesca Moscatelli (Lavori: Siepi, Arbusti e alberi); Virgilio Piatti Fondazione Minoprio (Lavori: Tappeto erboso); Vanda Del Valli (Lavori: Piante grasse); Danilo Bitetti (Lavori: Piante d’appartamento); Aldo Pollini (Interventi itosanitari: Piante annuali - Piante acidoile - Bulbose e tuberose - Rosai Arbusti e alberi - Tappeto erboso - Piante grasse - Piante d’appartamento). 13 ECO PLUS INFORMAZIONE PUBBLICITARIA il cuore verde di BRIGGS & STRATTON Briggs & Stratton è il più grande costruttore al mondo di piccoli motori a 4 tempi raffreddati ad aria. Da oltre cento anni Briggs & Stratton fornisce i suoi motori per tosaerba, trattorini, rompizolle funzionanti a benzina. La sua attenzione si rivolge all'ambiente come priorità assoluta, a testimonianza di una grande sensibilità e rispetto verso la natura. Facendo fronte alle nuove esigenze espresse dagli utilizzatori, Briggs & Stratton ha introdotto sul mercato europeo la nuova linea di motori ECO PLUS TECHNOLOGY, a ridotto impatto ambientale, appositamente studiata per abbattere le emissioni nocive ben al di sotto di quanto stabilito dalle normative europee in vigore. I nuovi motori ECO PLUS TECHNOLOGY di Briggs & Stratton si caratterizzano per due fondamentali aspetti: • La riduzione del livello di evaporazione di benzina di oltre il 60%. • La riduzione dei gas nocivi di scarico del 25% rispetto a quanto stabilito nella normativa europea European Standard 97/68/EC e 2004/26/EC. Questa importante novità è disponibile nei motori ad albero verticale per rasaerba della nuova E-series, per i modelli 550EX, 650EX, 750EX e 850EX. La tecnologia ECO PLUS consiste in serbatoi, linee di alimentazione e tappi benzina studiati in maniera specifica per limitare le evaporazioni di benzina. Ne derivano motori di assoluto ridotto impatto ambientale, e a sempre maggiore tutela della salute dell'utilizzatore. Ma anche l'utilizzatore può contribuire alla riduzione delle emissioni attraverso la corretta manutenzione e l'utilizzo di ricambi originali Briggs & Stratton, per mantenere inalterate le prestazioni del motore in termini di emissioni e potenza e per garantirgli maggiore longevità. Una volta effettuata la regolare manutenzione a fine stagione, alcuni semplici accorgimenti si possono rivelare molto utili per proteggere il tuo rasaerba dal freddo e dal lungo riposo invernale. Ecco la checklist di Briggs & Stratton per non avere brutte sorprese in Primavera. Benzina e olio • Riempi il serbatoio di carburante prima di mettere a riposo la macchina: questo preverrà condense di umidità, ruggine e depositi. • Prima di riempire il serbatoio aggiungi al carburante «l'additivo Benzina Briggs & Stratton» (Fuel Fit), poi accendi il motore per un paio di minuti per permettere all’additivo di circolare per il carburatore. Lo stabilizzatore di benzina preverrà la formazione di depositi nel sistema di carburazione. • Cambia l’olio e il filtro olio, se presente, quando il motore è ancora caldo. Batteria • Disconnetti il cavo positivo e negativo dai terminali della batteria, quindi rimuovi la batteria e mantienila in un luogo fresco e secco. • Pulisci i terminali della batteria e ricoprili con l’apposita protezione. Pulizia • Non dimenticare di pulire il motore ed il tuo rasaerba dai detriti prima di metterlo a riposo. • Una volta staccata la pipetta della candela dal motore, utilizza una gomma da giardino per eliminare tutti i residui di erba dalla chiocciola del rasaerba. Un impegno, quello di Briggs & Stratton per l’ambiente, che rappresenta il cardine di tutta la filosofia aziendale Orto Se nei testi di questa rubrica trovate delle parole che vi riescono di dificile comprensione, utilizzate il «Vocabolario illustrato dei termini dificili» allegato al n. 2/2011. (Red) ORTAGGI Lavori In gennaio i lavori nell’orto, almeno nell’Italia settentrionale e in diverse zone del Centro e del Sud (collina e montagna), sono fermi o quasi perché di solito le condizioni del tempo sono sfavorevoli a qualsiasi attività e perché il terreno si presenta eccessivamente bagnato e/o gelato oppure coperto di neve. Solo se l’andamento stagionale lo consente, procedete alla concimazione organica e alla vangatura delle aiole non ancora lavorate, specialmente se avete terreni pesanti e/o compatti; per distribuire il letame impiegate una forca a tre punte, per il compost un badile. Per la vangatura utilizzate una vanga adatta al vostro tipo di terreno: a cuore se pesante, a lama rettangolare se tendente allo sciolto. Se avete un suolo particolarmente compatto o di dificile lavorazione (sassoso), può risultare molto utile l’uso dell’apposito forcone. Concimate con letame o compost le aiole in cui avete terminato la raccolta, riservandole poi a colture che meglio lo sfruttano, come anguria, cetriolo, melanzana, melone, peperone, pomodoro, zucca e zucchino. Adoperate solamente letame o compost ben maturi e, come regola generale, non lasciateli in supericie, ma interrateli nello strato lavorabile del suolo. Non disponendo di letame o compost potete impiegare quello concentrato-es- Vangatura delle aiole. Se le condizioni metereologiche lo permettono, procedete alla concimazione organica e alla vangatura delle aiole siccato, che si trova facilmente confezionato in sacchi presso empori agrari e garden center. Proseguite la raccolta di ortaggi resistenti al freddo caratteristici del periodo, come cavoli, radicchi e porri. Completate il piano di attività per l’annata produttiva che si sta aprendo: per rendere più razionale l’utilizzo della supericie dell’orto prevedete le colture da attuare sia in primo che in secondo raccolto aiutandovi con un progetto su carta. Se non lo avete già fatto, acquistate le sementi di cui avete bisogno presso i rivenditori più forniti della vostra zona e/o per corrispondenza da ditte di provata professionalità. Ultimate i lavori di riordino e manutenzione di attrezzi e materiali, in modo da avviare la nuova stagione di coltivazione con tutte le attrezzature necessarie in perfetta eficienza. Controllate con frequenza gli ortaggi conservati in magazzino (patate, cipolle, aglio, zucche) così da eliminare prontamente quelli guasti o avariati, dato che i marciumi potrebbero diffondersi anche a quelli sani. Da febbraio iniziate invece l’attività vera e propria perché molte colture a raccolta primaverile-estiva prendono l’avvio durante questo mese anche in piena aria (in Pianura Padana le semine in pieno campo in genere iniziano con metà di febbraio). Dovete perciò impegnarvi con sempre maggiore assiduità, specialmente per preparare il terreno dove eseguirete le semine e alcuni trapianti. Per i lavori di sistemazione degli strati supericiali del suolo adoperate zappe per rompere le zolle più grosse, mentre per riinire le aiole usate il rastrello, che deve avere denti robusti se il terreno è pesante. Molto utile per sminuzzare il suolo risulta essere l’estirpatore, che potete usare prima di impiegare il rastrello. Durante il mese di febbraio però è quasi una regola che vi sia un andamento climatico alterno, cioè con periodi freddi a cui possono seguire diverse giornate serene, soleggiate e non di rado ventose. Qualora il tempo fosse poco favorevole, rinviate semine e trapianti per non correre il rischio che le colture falliscano già dall’inizio e si debbano quindi ripetere le operazioni sprecando tempo e denaro. Se alla ine dei lavori di preparazione del terreno minacciasse di piovere, rico- Come preparare le aiole per la semina A B C D A-Rompete le zolle con una zappa. B-Riinite gli strati più supericiali del terreno a mezzo di ripetute rastrellature. C-Se volete una supericie più liscia e piana ripassate il suolo con il dorso di un rastrello. D-Per seminare a righe con maggior precisione impiegate un segnarighe SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 15 Orto Aglio. Da ine febbraio riprendete il trapianto dei piccoli bulbi. Pulite e concimate le aiole nelle quali avete trapiantato in autunno questo ortaggio. Con una zappa o con un piccolo estirpatore rompete la crosta superficiale del terreno formatasi durante il periodo invernale. Anguria (cocomero). Verso la metà di febbraio, o anche prima, seminate l’anguria in vasetti o contenitori alveola- ti, da collocare in un ambiente luminoso riscaldato o in una doppia inestra, per ottenere piantine con pane di terra da trapiantare sotto ampi tunnel a ine marzo-primi di aprile. Per colture precoci vengono impiegate varietà tipo Sugar Baby e Asahi miyako, quest’ultima a frutto striato. Si stanno diffondendo anche varietà con frutti di piccole dimensioni (1,5-2,5 kg, come per esempio Yellow cutie a polpa gialla) e con piante di sviluppo più contenuto, adatte anche alla coltura protetta. Asparago. In gennaio, se coltivate l’asparago bianco, iniziate in pieno campo la formazione delle aiole sopraelevate (cumuli), ma solo se il terreno è asciutto e l’andamento stagionale lo permette. Per sminuzzare gli strati più supericiali del suolo impiegate un estirpatore oppure una zappa: operate con delicatezza per non ferire le zampe. Quando predisponete i cumuli, dato che dovete spostare molta terra, adoperate invece un badile; per la riinitura dei cumuli usate il rastrello. Tanto per l’asparago verde quanto per quello bianco coprite eventualmente le colture, o parte di esse, con tunnel di piccole dimensioni (1-1,20 m di larghezza per 1-1,20 m di altezza) verso la ine di gennaio-primi giorni di febbraio, o prima nelle zone in cui le probabilità di nevicate sono scarse. Se prima di installare i tunnel non siete riusciti a preparare il terreno, fatelo asciugare, arieggiando il più possibile le protezioni, e solo poi procedete alla formazione delle aiole. In febbraio, terminata la preparazione delle aiole, predisponete sulle colture di asparago bianco la pacciamatura con teli plastici neri (dello spessore di almeno 0,10 mm) per diminuire il numero delle raccolte (quindi razionalizzare questo Ortaggi sotto tunnel. Durante il mese di febbraio eseguite i primi trapianti di lattuga a cappuccio utilizzando piantine con pane di terra Aglio. Da ine febbraio riprendete il trapianto dei piccoli bulbi. Per eseguire razionalmente questo lavoro utilizzate un listello di legno Ne «i Lavori» e nei calendari in genere che vengono pubblicati su Vita in Campagna ci si riferisce al clima della Pianura Padana (0). Orientativamente i lettori delle zone a clima più mite possono anticipare le pratiche colturali ino a 25-30 giorni (Sicilia –25/30). In ogni caso queste indicazioni vanno prese in modo molto elastico; per esempio il pisello che in Pianura Padana si può seminare da metà febbraio, in tutte le zone miti del Meridione può venir messo a dimora anche in pieno inverno prite le aiole con teli di materiale plastico; le scoprirete subito prima di eseguire semine e trapianti. Per agevolare la germinazione e, in seguito, proteggere le piantine appena nate o nelle prime fasi di sviluppo, potete stendere sulle aiole un velo di tessuto non tessuto: è un’operazione senza dubbio da raccomandare. In febbraio, in Pianura Padana, proseguite la raccolta in pieno campo di cavoli (soprattutto verza), porri e radicchi tardivi. Ortaggi sotto tunnel. In gennaio aprite le protezioni nelle ore più calde delle giornate soleggiate, in modo che la vegetazione si asciughi e non vi sia uno sbalzo troppo forte tra le temperature del giorno e quelle della notte. Qualora fosse necessario irrigare, è opportuno adoperare acqua a temperatura ambiente (tenete sotto le protezioni dei contenitori sempre pieni) e in quantità molto limitate. Sotto le protezioni non riscaldate effettuate le semine come indicato nella tabella di pag. 18 e iniziate i lavori di sistemazione delle aiole in cui eseguirete i trapianti di febbraio e di marzo. Se nevicasse sgomberate il più presto possibile la neve dalle protezioni per evitare danni alle strutture, ai teli di copertura e agli ortaggi. In febbraio controllate di continuo le colture aumentando gli arieggiamenti man mano che aumentano le ore di luce e le temperature giornaliere. Irrigate più di frequente rispetto a gennaio, adoperando sempre però acqua a temperatura ambiente e in modeste quantità. 16 (Turin Garden - Vietti) Le fasce climatiche del nostro Paese Continuate i lavori di preparazione delle aiole ed eseguite i primi trapianti (lattuga a cappuccio) utilizzando piantine con pane di terra. Iniziate o continuate la raccolta di lattuga da taglio, radicchio da taglio e da cogliere, valerianella e rucola. Se a settembre-ottobre dello scorso anno avete seminato e protetto il prezzemolo, potete raccoglierlo purché sia sufficientemente sviluppato. SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Orto lavoro) e ottenere turioni completamente bianchi. Se volete mettere a dimora una nuova asparagiaia potete iniziare gli impianti da ine febbraio utilizzando zampe, o aspettare metà maggio se preferite ricorrere a piantine con pane di terra, prenotandole in da ora presso i vivaisti più riforniti (vedi anche gli articoli pubblicati sui n. 9, 10 e 11/2001). Bietola da coste e da orto. Da metà febbraio in poi seminate in piena aria, possibilmente a righe. Carciofo. Nelle regioni più calde del Sud, dove generalmente si coltivano le varietà precoci del tipo «Catanese» e dove viene praticata la forzatura (cioè il risveglio anticipato della carciofaia mediante regolari irrigazioni), nel mese di gennaio la raccolta dei capolini principali è terminata. In questo periodo vengono raccolti i cosiddetti «carcioini», propriamente detti carcioi di corona o di terzo e quarto taglio, destinati quasi sempre alla preparazione di conserve. Nelle carciofaie non sottoposte alla pratica della «forzatura» e in quelle situate nelle zone più fredde è possibile raccogliere i capolini principali. Nelle coltivazioni che interessano piccole superici la raccolta si esegue a mano quando il gambo si è notevolmente allungato, i carcioi hanno raggiunto le dimensioni tipiche della varietà e le brattee (foglie modiicate) risultano ben chiuse. Ritardando il taglio dei capolini si assiste a un aumento della loro dimensione; di contro le brattee esterne tendono ad aprirsi, mentre quelle interne, oltre a virare dal giallo paglierino al violetto, iniziano a emettere le spine; col passare del tempo inizia a differenziarsi il pappo (iniorescenza) e il ricettacolo da concavo diventa convesso, assumendo la for- Carciofo. A gennaio raccogliete i cosiddetti «carcioini» (carcioi di corona o di terzo e quarto taglio) e destinateli alla preparazione di conserve SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Come attirare gli insetti utili nell’orto Al ine di limitare, per quanto possibile, gli interventi itosanitari, attiriamo nell’orto insetti che, per le loro abitudini alimentari, si dimostrano utili nel tenere sotto controllo i parassiti animali degli ortaggi. Ecco come fare. Lasciate nell’orto alcune piante di cavolo broccolo e di cavoliore, anche nel caso abbiate già raccolto le «teste». Dal moncone rimasto in campo si svilupperà comunque un’iniorescenza che attirerà nel mese di aprile coccinelle, siridi e parassitoidi degli aidi (vedi anche i nn. 4, 5 e 7-8/2011); per un orto di 100 metri quadrati A di supericie sono suficienti 5-6 piante. Nel caso abbiate bisogno di coltivare l’aiola nella quale si trovano, raccogliete le piante con abbondante pane di terra e spostatele in un angolo dove non vi siano d’impiccio. In alternativa a ine febbraio seminate bordure di rafano (A) o di senape bianca (B) che, iorendo tra aprile e maggio, svolgeranno la stessa funzione. Entrambe le operazioni sono utili per contrastare i primi attacchi di aidi su zucchino, peperone, melanzana, patata, cetriolo, melone, anguria e zucca, che normalmente si veriiB cano tra aprile e maggio. (Luca Conte) ma di un fungo. Per la raccolta si ricorda di eseguire un taglio obliquo («a becco di flauto») asportando 5-10 cm di gambo, in modo da lasciare sulla pianta le foglie più giovani; i capolini secondari, invece, è preferibile raccoglierli senza gambo, eseguendo un taglio nel punto di inserzione del carciofo sullo stelo. Nelle carciofaie costituite da varietà tardive del tipo «Romanesco», non entrate ancora in produzione, occorre rimuovere supericialmente il terreno in prossimità delle piante, servendosi di una zappa o di un erpice a seconda della supericie da lavorare. Questa operazione si deve effettuare quando il terreno presenta il giusto grado di umidità, per evitare di compattarlo in prossimità delle radici delle piante. Tale lavorazione supericiale serve a eliminare le erbe infestanti che si sviluppano in autunno-inverno e a interrare il concime. Infatti a ine febbraio si esegue la concimazione distribuendo la terza dose d’azoto (la prima e la seconda dose sono state somministrate rispettivamente in agosto e in settembre) sotto forma di nitrato ammonico-26, nella quantità di 10 grammi per metro quadrato. A partire da metà febbraio si può eseguire la scarducciatura (eliminazione dei carducci superlui) di ine inverno. Generalmente, alla base di ogni pianta, vengono lasciati solo i carducci più vigorosi (non più di 3-4) in relazione alla fertilità del terreno e al sesto d’impianto: distanze maggiori di un metro sulle ile permettono di allevare un maggior numero di carducci. Per procedere all’eliminazione dei carducci si rende necessaria un’operazione preliminare che consiste nel liberare il pedale (base) della pianta dalla terra, in modo che il rizoma (fusto rizomatoso, comunemente detto ceppaia o ceppo) sul quale si inseriscono i carducci venga a trovarsi a ior di terra. Con un coltello afilato, o una piccola zappa, si eliminano i carducci, badando che a quelli destinati a un nuovo impianto rimanga attaccato un frammento della pianta madre (tallone). I carducci eliminati possono avere diversi utilizzi a seconda delle esigenze: quelli migliori si possono usare per l’impianto di una nuova carciofaia (in questo caso si consiglia di posticipare l’operazione di scarducciatura al mese di marzo, in modo da garantire un migliore attecchimento delle piantine), mentre quelli meno vigorosi, o malformati, si possono impiegare in cucina utilizzando la parte centrale della foglia e scartando la lamina (la parte verde). Carota. Da metà febbraio seminate in pieno campo. È consigliabile che seminiate a righe, perché in seguito sarete facilitati nell’esecuzione di tutti i lavori di coltivazione. Catalogna. Nelle zone più miti potete iniziare o continuare la raccolta di que- 17 Orto sto ortaggio seminato in autunno ed eventualmente protetto nei precedenti mesi. Cavolfiore. Sia in gennaio che in febbraio raccogliete questo cavolo, ma solo in località a clima mite. Cavolo broccolo. Sia in gennaio che in febbraio procedete alla raccolta delle varietà invernali. Cavolo cappuccio. Sia in gennaio che in febbraio raccogliete questo cavolo, ma solo in località a clima mite. Cipolla. A ine febbraio mettete a dimora le piantine ottenute dai semenzai autunnali Le semine di gennaio e febbraio in coltura protetta (in Pianura Padana, per le altre zone d’Italia si veda la cartina a pag. 16) Durata Quantità Periodo Ortaggio di seme della coltura giorni [1] g/m2 Mese di gennaio Cetriolo (n. semi/vasetto) [2] [4] Seconda Melone precoce (n. semi/vasetto) [2] [4] metà del mese Pomodoro [3] [4] Basilico [3] [4] Tutto Cicoria da taglio il mese 1-2 1-2 0,8-1,2 70-110 (150) 80-115 80-130 (180) 0,5 7-8 0,3-0,4 8-10 1,2-1,5 1,5-2,0 1,5-2,5 0,5-1,0 1,5-2,0 60-120 (150) 60-80 (150) 70-100 50-80 150-240 170-240 25-40 (70) 40-70 (90) 70-90 (150) Pomodoro [3] [4] Sedano [3] [4] 0,5 1,2-1,5 1,5-2,0 0,8-1,2 0,2-0,3 60-120 (150) 150-240 170-240 80-130 (180) 90-130 (150) Seconda metà del mese Basilico [3] Lattuga a cappuccio primaverile [3] Melanzana [3] Peperone [3] Pomodoro [3] Sedano [3] 0,5 0,3-0,4 1,2-1,5 1,5-2,0 0,8-1,2 0,2-0,3 60-120 (150) 70-100 150-240 170-240 80-130 (180) 90-130 (150) Tutto il mese Anguria (cocomero) (n. semi/vasetto) [2] [4] Cetriolo (n. semi/vasetto) [2] [4] Melone (n. semi/vasetto) [2] [4] Zucchino (n. semi/vasetto) [2] [4] 1-2 1-2 1-2 1-2 90-120 70-110 (150) 80-115 60-70 (90) Lattuga a cappuccio [3] [4] Lattuga da taglio Melanzana [3] [4] Peperone [3] [4] Ravanello Rucola Valerianella Mese di febbraio Basilico [3] [4] Prima Melanzana [3] [4] metà del mese Peperone [3] [4] [1] Numero approssimativo di giorni che vanno dalla semina (germinazione del seme) alla raccolta. I dati tra parentesi riguardano specialmente le colture che si attuano in condizioni non ottimali o che devono trascorrere nel terreno la stagione autunno-invernale. [2] Quantitativo per semine in cassettine di polistirolo di 30x50 cm circa. Si può eseguire la semina direttamente in contenitore alveolato (basilico: 5-8 semi per alveolo; lattuga, melanzana, peperone, pomodoro: 1 seme per alveolo oppure 2 tenendo, dopo la germinazione, la piantina migliore) senza poi effettuare il trapianto (rimpiolatura) nei contenitori stessi. Per il sedano invece, data la dimensione dei semi, è più conveniente la semina in cassettina e il successivo trapianto in contenitore. [3] Semina in vasetti o contenitori simili. [4] Vasetti o contenitori alveolati da porre in un ambiente luminoso riscaldato o in una doppia inestra. 18 Nella seconda quindicina di febbraio seminate varietà primaverili-estive in contenitori alveolati da riparare con tessuto non tessuto per produrre piantine con il pane di terra. Cavolo di Bruxelles. Sia in gennaio che in febbraio procedete alla raccolta delle varietà invernali. Cavolo verza. Tanto in gennaio che in febbraio raccogliete le varietà invernali di questo ortaggio. Cetriolo. Verso la ine di gennaio seminate questo ortaggio in vasetti o contenitori alveolati – da collocare in un ambiente luminoso riscaldato o in una doppia inestra – per ottenere piantine con pane di terra da trapiantare sotto ampi tunnel a ine marzo. Varietà adatte alla coltura protetta sono Tastygreen, Saladin, Southern delight. Cicoria. Fino a metà gennaio seminate le varietà da taglio e da cogliere solo sotto protezione; nelle seconda metà del mese iniziate le semine in pieno campo. Anche in questo caso potete aiutare e accelerare la germinazione stendendo sulle aiole veli di tessuto non tessuto. Iniziate o continuate l’utilizzo delle varietà da taglio e da cogliere seminate in pieno autunno e protette in precedenza. Cipolla. Da metà febbraio potete seminare tanto in semenzaio, o in contenitore alveolato, che in pieno campo sia la cipolla bianca che colorata (varietà estive). A fine mese mettete a dimora le piantine ottenute dai semenzai autunnali (soprattutto varietà precoci di cipolla bianca per la raccolta a ine primaverainizio estate). Pulite e concimate in copertura le aiole nelle quali avete trapiantato in autunno. Con una zappa o con un piccolo estirpatore rompete la crosta supericiale del terreno che si fosse formata durante il periodo invernale. Cipolline. Dalla seconda metà di febbraio potete iniziare la semina in pieno campo pure delle cipolline; anche in questo caso è consigliabile la semina a righe. Se per dare l’avvio alle colture impiegate piccoli bulbi, iniziate con cautela il loro trapianto; rinviate la messa a dimora in caso di andamento stagionale freddo. Fragola. In questo periodo pulite le piante dalle foglie vecchie e dagli stoloni (cioè i fusti striscianti che produce la pianta). Diradate i germogli, specialmente sulle piante di due o tre anni, laciandone al massimo 3, altrimenti la ioritura sarà troppo abbondante e i frutti che si formeranno non solo non raggiungeranno le dimensioni caratteristiche della varietà coltivata, ma le loro qualità SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Orto Progetto di coltivazione di un orto familiare di circa 100 m2 a cura di Alberto Locatelli Vi proponiamo il progetto di coltivazione di un orto familiare di circa 100 m2, adatto alle esigenze di una famiglia di quattro persone. Ogni bimestre aggiorneremo il progetto indicando in quale fase si trovano le colture considerate. Questo progetto riguarda il primo anno di una rotazione triennale (2012-2013-2014). L’orto è formato da 10 aiole e la situazione di riferimento è la Pianura Padana; per le altre zone d’Italia si veda la cartina geograica riportata a pag. 16 Per le possibili alternative consultate le tabelle delle semine e dei trapianti nonché i testi delle singole colture. E N Come si presenta l’orto a fine gennaio S 1 1 Lattuga - radicchio da taglio - rucola 2 Porro 2 Cipolla bianca 43 Aglio Porro Cipolla bianca 3 Aglio 4 Cipolla colorata da coste 4 Bietola e da orto Fragola Fragola 5 m 11,80 5 7 m 1,00 Valerianella - Rucola 6 Ravanello Cavolo verza Lattuga e radicchio da taglio Valerianella - Rucola 6 Ravanello Carota 7 Pisello 8 Lattuga e radicchio da taglio m 0,20 8 Come si presenta l’orto a fine febbraio O 9 Spinacio Radicchio da cespo 10 9 10 m 8,00 m 8,00 Stadio prevalente della coltura. = semina; = trapianto; = in fase di raccolta; = ortaggio in coltura protetta; = aiola libera in attesa di coltivazione. I disegni a colori rappresentano i singoli ortaggi in fase di coltivazione gustative potranno risultare deludenti. Togliete le piante infestanti che si fossero sviluppate nei fori praticati nella pacciamatura realizzata con teli plastici scuri (in alternativa si può usare paglia). SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Potete già installare piccoli tunnel almeno su una parte della supericie coltivata per ottenere produzioni più precoci e avere quindi un periodo di raccolta più lungo. Nelle località in cui nevica spes- so valutate se è opportuno o meno ricoprire molto anticipatamente le aiole con i tunnel. In ogni caso, se nevicasse, sgomberate rapidamente le protezioni dalla neve. Solo per prova potete copri- 19 Orto Le semine di febbraio in piena aria (in Pianura Padana, per le altre zone d’Italia si veda la cartina a pag. 16) Durata Quantità Periodo Ortaggio di seme della coltura giorni [1] g/m2 Mese di febbraio Bietola da costa Seconda Bietola da orto metà del mese Carota Cavoli cappucci primaverili-estivi [2] Cicoria da taglio Cipolla bianca (pieno campo) Cipolla colorata (semenzaio) [3] Cipolla colorata (pieno campo) Cipolline Lattuga da taglio Pisello Prezzemolo Ravanello Rucola Spinacio Valerianella 1,5-2,5 60-80 (210) 1,5-2,5 70-110 0,5-1,0 100-140 (240) 1,5-2,5 100-120 6-8 60-80 (150) 0,5-1,0 120-210 (240) 3,5-5,0 140-180 0,5-1,0 140-180 4-8 (10) 120-150 6-10 50-80 10-20 60-150 2,5-3,5 70-110 (210) 1,5-2,0 25-40 (70) 0,5-1,0 40-70 (90) 2-4 70-90 (180-210) 1,0-1,5 70-90 (150) [1] Numero approssimativo di giorni che vanno dalla semina (germinazione del seme) alla raccolta. I dati tra parentesi riguardano specialmente le colture che si attuano in condizioni non ottimali o che devono trascorrere nel terreno la stagione invernale. [2] Quantitativo per semine in cassettine di polistirolo di 30x50 cm circa. Si può eseguire la semina direttamente in contenitore alveolato collocando 2 semi per alveolo e tenendo, dopo la germinazione, la piantina migliore. [3] Pur essendo ancora valida la produzione di piantine di cipolle e porri in semenzaio, per semplicità è consigliabile seminare in contenitore alveolato come indicato per il cavolo cappuccio re una parte delle aiole con tessuto non tessuto per veriicare la sua validità anche su questa coltura. Se non lo avete già fatto in precedenza, lavorate il terreno qualora abbiate intenzione di eseguire impianti già da ine inverno (di solito varietà riiorenti). Pulite anche aiole e piante di fragola a frutto piccolo (D’ogni mese, fragoline di bosco, ecc.). Lattuga a cappuccio. Seminate in gennaio in vasetto o contenitori alveolati – da collocare in un ambiente luminoso riscaldato o in una doppia inestra – per ottenere piantine con pane di terra da mettere a dimora in febbraio sotto tunnel non riscaldato. Orientatevi su tipi che non formano un cespo compatto, ma che si possono adattare egregiamente alla coltivazione sotto tunnel di limitate dimensioni e che si coltivano con tecnica simile a quella della lattuga a cappuccio. Tra tutte è da preferire la Gentilina (a foglie verdi), ma sono interessanti pure Salad bowl, Lollo bionda (a foglie verdi), Red salad bowl, Lollo rossa (foglie rosse). Tutte queste varietà e loro selezioni vengono impiegate sia come tipi «da taglio» che «da cogliere» (si raccoglie cioè completamente la pianta in varie fasi di crescita). 20 Seminate in febbraio le varietà primaverili in contenitori alveolati da porre sotto piccoli tunnel, al ine di ottenere piantine con pane di terra da trapiantare in pieno campo. Lattuga da taglio. Seminate da gennaio a metà febbraio solo sotto protezione. Non eseguite le semine se la stagione si presenta particolarmente fredda e perturbata. Da metà febbraio iniziate a seminare in pieno campo se il tempo lo consente. Proteggete le aiole seminate con veli di tessuto non tessuto. Raccogliete sotto tunnel. Melanzana. Seminate in gennaio in vasetto o contenitori alveolati – da collocare in un ambiente luminoso riscaldato o in una doppia inestra – per ottenere piantine con pane di terra da trapiantare sotto tunnel freddo. Alcune varietà adatte a questo tipo di coltivazione sono: Sicilia, Adusta, Miranda, Claudia (lunghe); Murena (ovale), Primato (tondo-ovale); tipo Violetta di Firenze (Purpura, Beatrice) (tonde). Melone. Iniziate a fine gennaio e proseguite per tutto febbraio le semine in vasetto o contenitori alveolati – da collocare in un ambiente luminoso riscaldato o in una doppia inestra – per ottenere piantine con pane di terra da mettere a dimora sotto tunnel freddi di ampie dimensioni. Varietà di melone dotate di buona precocità e adatte alla coltivazione sotto tunnel appartengono al tipo Charentais (a frutto liscio) e Pepito (a frutto retato). Verso la ine del mese potete impiegare varietà un po’ meno precoci, come Supermarket per produrre piantine da mettere a dimora sotto tunnel di piccole dimensioni (0,80-1 metro di altezza x 11,20 metri di larghezza) nei primi venti giorni di aprile. In queste colture le raccolte inizieranno in media nella seconda metà di giugno; una varietà valida per questo tipo di coltivazione è Baggio. Patata. A gennaio prenotate i tuberiseme per gli imminenti impianti e in febbraio ritirateli dai rivenditori. Potete, volendo, mettere le patate a pregermogliare quattro settimane prima della semina in un locale molto luminoso e con una temperatura di 12-15 °C. Iniziate la preparazione del terreno per la messa a dimora eseguendo zappature e/o estirpature del suolo già vangato. Per tutto il bimestre continuate i controlli dei tuberi immagazzinati, eliminando quelli che si fossero eventualmente guastati. Peperone. In gennaio iniziate o proseguite le semine in vasetto o contenitori alveolati – da collocare in un ambiente luminoso riscaldato o in una doppia inestra – per ottenere piantine con pane di terra da mettere a dimora a partire da metà marzo in poi. Tra le varietà adatte alla coltura protetta citiamo: – Jolly giallo e Kerala (frutti gialli), Jolly rosso (rosso) a frutto quadrato; – Mogador (giallo) e Hytower (rosso) a frutto mezzo lungo; Patata. Iniziate a preparare il terreno per l’imminente messa a dimora, anche in aiole pacciamate, dei tuberi-seme SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Orto – Zebo (giallo), Lamuyo, Mayata e Romeo (rossi) a frutto allungato. Pisello. Da metà febbraio seminate a righe in pieno campo tanto varietà nane che mezza-rama e rampicanti. Pomodoro. All’inizio della seconda metà di gennaio iniziate le semine in vasetto o contenitori alveolati, da collocare in un ambiente luminoso riscaldato o in una doppia inestra, per ottenere piantine con pane di terra da mettere a dimora sotto tunnel freddi verso la metà di marzo. Se desiderate una produzione particolarmente precoce potete seminare una selezione o un ibrido che si richiama al tipo Marmande. Altre varietà da prendere in considerazione sono le seguenti: – Hobby, Optima e Ben Hur a frutto grosso e medio-grosso; – Horus e Bonny a frutto di media grossezza a grappolo per raccolta al rosso; – tipo Cencara con frutto un po’ allungato sodo e resistente; – Pepe, Chipano, Ciliegia e Suncherry con frutto ciliegino. Sempre presso i vivaisti più riforniti potete reperire al momento dei trapianti anche il pomodoro a frutto piccolo e allungato, che si sta diffondendo molto in questi ultimi anni, chiamato genericamente «datterino». Porro. In gennaio raccogliete le piante più sviluppate, ma solamente se il terreno non è gelato. In febbraio lavorate in supericie il suolo come indicato per la cipolla. Concimate con moderazione le piante trapiantate a ine estate-inizio autunno. Se il terreno lo consente eseguite la rincalzatura per imbianchire le piante. Prezzemolo. Dalla metà di febbraio potete iniziare le semine in pieno campo procedendo possibilmente a righe. Per facilitare e rendere più omogenea la germinazione, coprite le aiole con un velo di tessuto non tessuto. Se le aiole seminate a ine estate sono state protette, è possibile effettuare qualche raccolta. Radicchio. In gennaio continuate a porre in bianco il radicchio di Treviso (o trevigiano) tardivo, di Castelfranco e anche il veronese. A febbraio ultimate la messa in bianco del radicchio trevigiano tardivo e del veronese. Continuate la raccolta del Chioggiotto e di varietà e selezioni tardive invernali del tipo Lusia. Ravanello. Nel mese di gennaio seminate, di preferenza a righe, sempre però in coltura protetta. Dalla metà di febbraio seminate in pieno campo (anche in questo caso ricoprite le aiole con tessuto non tessuto) e iniziate o proseguite le raccolte sotto protezione specialmente nelle zone a clima mite. SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Pomodoro. Da metà gennaio iniziate le semine in vasetto (o contenitori alveolati); tra le numerose varietà, da considerare anche il tipo Cencara Radicchio. In gennaio continuate a porre in bianco il radicchio di Treviso (o trevigiano) tardivo; l’operazione si completa nel mese di febbraio Rucola. In entrambi i mesi, più spesso in febbraio, potete procedere sotto tunnel alla raccolta di colture seminate durante l’autunno. Fino a circa metà febbraio seminate sotto tunnel; nella seconda metà del mese iniziate le semine in pieno campo, coprendo preferibilmente le aiole con tessuto non tessuto. Scalogno. Da ine febbraio mettete a dimora i piccoli bulbi, sempre che l’andamento stagionale non si presenti freddo e perturbato. Sedano. In febbraio seminate in vasetto o contenitori alveolati – da collocare in un ambiente luminoso riscaldato o in una doppia finestra – per ottenere piantine con pane di terra, da mettere a dimora in pieno campo a partire da ine marzo, ma soprattutto da aprile. Spinacio. Attorno a metà febbraio iniziate la semina in pieno campo di varietà tipo Lorelay. Pulite le aiole dalle piante infestanti e rompete la crosta supericiale eventualmente formatasi durante i mesi freddi. Eseguite questi lavori impiegando una piccola zappa o un estirpatore. Raccogliete quando le piante sono suficientemente sviluppate (semine autunnali). Valerianella. In entrambi i mesi, più spesso in febbraio, potete procedere sotto tunnel alla raccolta di colture seminate durante l’autunno. Alla ine di febbraio spesso è possibile raccogliere questo ortaggio anche in pieno campo. Zucchino. Attorno alla metà di febbraio, anche un po’ prima, seminate in vasetto o contenitori alveolati – da collocare in un ambiente luminoso riscal- I trapianti di febbraio in coltura protetta (in Pianura Padana, per le altre zone d’Italia si veda la cartina a pag. 16) Periodo Ortaggio Mese di febbraio Lattughe da cespo Prima metà del mese Distanze d’impianto (cm) tra le file sulla fila 25-35 25-35 I trapianti di febbraio in piena aria (in Pianura Padana, per le altre zone d’Italia si veda la cartina a pag. 16) Periodo Ortaggio Mese di febbraio Aglio Seconda metà Cipolla (da semenzaio o contenitore) del mese Cipolla (piccoli bulbi) Distanze d’impianto (cm) tra le file sulla fila 25-40 15-25 (40) 15-25 (40) 10-15 15-25 15-25 21 Orto dato o in una doppia inestra – per ottenere piantine con pane di terra da trapiantare sotto ampi tunnel verso metà marzo. Varietà adatte alla coltura protetta sono: Diamant, Greyzini, President. Ve ne sono poi di recenti, come Soia, da tenere presenti per la loro tolleranza ad alcuni virus. Per le varietà a frutto tondo (tipo Tondo Verde chiaro di Nizza) prendete in considerazione Baby round. Interventi itosanitari Nessun intervento itosanitario risulta necessario in questo bimestre. PIANTE AROMATICHE Rosmarino, salvia, origano, timo, basilico e maggiorana Inizia un nuovo anno di lavoro e anche se in questo bimestre, soprattutto in gennaio, le piante aromatiche si trovano in una sorta di riposo vegetativo, è tempo di rimettersi con entusiasmo a programmare la loro coltivazione. Se avete tenuto un diario dell’annata appena trascorsa, sarà molto utile rileggerlo ripercorrendo successi e dificoltà, tempi di raccolta, operazioni colturali, ecc. Oltre a salvia, rosmarino, origano e timo, piante già presenti nel nostro orto delle aromatiche, introduciamo quest’anno altre due specie, basilico (1) e maggiorana (2), al ine di aumentare in questo modo la varietà di profumi e di aromi disponibili per la cucina. Lavori Gennaio è di norma il mese più freddo dell’anno: il suo andamento risulta Zucchino. Attorno alla metà di febbraio, o anche un po’ prima, seminate in vasetto (o contenitori alveolati) per ottenere piantine con pane di terra generalmente regolare, con scarse precipitazioni e giornate che iniziano via via ad allungarsi. Il principale lavoro di questo mese consiste nel preparare il terreno delle due aiole che ospiteranno le nuove aromatiche; quindi, se non l’avete già fatto, intervenite immediatamente approittando di una giornata soleggiata. Dopo aver distribuito sulla supericie del terreno un abbondante strato di concime organico (3-5 kg per metro quadrato di letame bovino ben maturo o, in alternativa 0,3 -0,5 kg di letame essiccato), iniziate la vangatura procedendo a ritroso e rivoltando completamente le zolle. Cercate di far penetrare per bene l’attrezzo nel terreno con tutta la sua parte tagliente, in modo da interrare il letame più profondamente possibile. Per ultimo afinate la supericie del suolo usando un rastrello di ferro e, a lavoro terminato, provvedete a eseguire una leggera baulatura delle aiole, in modo da favorire il rapido sgrondo dell’acqua piovana. Nelle aiole coltivate eliminate le eventuali piante infestanti presenti e controllate l’eficienza delle protezioni poste nel precedente bimestre a riparo delle specie aromatiche più sensibili alle basse temperature. A partire dalla seconda metà di febbraio potete seminare basilico e maggiorana per produrre piantine con pane di terra. Utilizzate possibilmente vasetti o contenitori alveolati in polistirolo (o in plastica) e terriccio da semina, reperibile in commercio nei consorzi agrari e nei garden center. Dopo aver disposto il terriccio nei contenitori, livellatene la supericie. A questo punto ponete 2-3 semi in ogni vasetto (o alveolo) e, terminata la semina, aiutandovi con un vaglio cospargete la supericie con un velo di terriccio, quindi pressate leggermente. Per ultimo irrigate con cautela; al ine di ottimizzare questa operazione disponete sulla supericie un foglio di carta, meglio se di giornale, sopra il quale verserete l’acqua che, permeando lentamente il foglio, bagnerà perfettamente il terriccio senza scalzare i semi. Ponete i contenitori di semina in un ambiente luminoso riscaldato (anche tra i doppi vetri di una inestra) e mantenete moderatamente umido il terriccio; non appena i semi germoglieranno eliminate il foglio di carta di copertura. Quando i germogli avranno raggiunto l’altezza di circa 7-8 cm lasciate in ogni vasetto, o alveolo, solo la piantina più robusta, destinando agli impieghi di cucina quelle eliminate. Solo quando le radici tratterranno bene il terriccio e le piantine avranno raggiunto i 12-15 cm si potrà procedere alla messa a dimora in piena terra, all’incirca verso la metà di aprile. Osservate una distanza d’impianto di circa 25 cm tra una pianta e l’altra e di 40-50 cm tra una ila e l’altra nel caso del basilico e di 30-35 cm tra le piante e di 50-60 cm tra le ile nel caso della maggiorana. Seguite le aiole con moderate irrigazioni e, in caso di ritorno di freddo, copritele con un velo di tessuto non tessuto. Interventi itosanitari Se notate morie di piantine intervenite con prodotti anticrittogamici come Previcur (non classiicato), alla dose di 0,5 millilitri ogni litro d’acqua, da nebulizzare su tutta la vegetazione. 1 2 Piante aromatiche. Quest’anno, nell’orto delle piante aromatiche, introduciamo anche basilico (1) e maggiorana (2), due specie molto utilizzate in cucina per aromatizzare diverse pietanze 22 A cura di: Alberto Locatelli (Lavori: Ortaggi); Sandra Iacovone (Lavori: Carciofo); Aldo Pollini (Interventi itosanitari: Ortaggi); Lorenzo Roccabruna (Lavori e interventi itosanitari: Piante aromatiche). SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Terrazzo Se nei testi di questa rubrica trovate delle parole che vi riescono di dificile comprensione, utilizzate il «Vocabolario illustrato dei termini dificili» allegato al n. 2/2011. (Red) A partire da questo numero de «i Lavori» vi proponiamo una nuova rubrica, dedicata alla coltivazione in vaso di piante da frutto, da iore, ortaggi, aromatiche e agrumi, prendendo come esempio lo spazio loro dedicato su un terrazzo di 32 metri quadrati (8x4 metri). Le piante da frutto, due meli (1) e (2) (rispettivamente a frutto giallo e a frutto rosso) e un pero (3), sono coltivati in vasi di terracotta posti sul lato sinistro del terrazzo, a ianco della porta-inestra; si tratta di piante di 3-4 anni di vita, già pronte per la produzione. Per quel che riguarda la scelta delle piante da frutto da coltivare in vaso vi invitiamo a consultare anche l’articolo pubblicato sul n. 1/2011, a pag. 29. Il terrazzo ospita poi 14 contenitori rettangolari (per esempio di 80x40 cm), nei quali trovano o troveranno posto nel corso dell’anno piante da iore (4), (5) e (6), ortaggi (7), (8), (9), (10), (11), (12), (13) e (14) e aromatiche (15), (16) e (17). Gli agrumi – un limone (18) e un kumquat (19) – trovano invece posto sul lato destro del terrazzo, ora non visibili sui progetti del mese di gennaio e di febbraio poiché ricoverati in un ambiente protetto. Come le piante da frutto, anche gli agrumi sono coltivati in vasi di terracotta. PIANTE DA FRUTTO Lavori a cura di Alberto Locatelli Protezione dal gelo. Durante il mese di gennaio, se l’andamento stagionale si presenta particolarmente rigido, conviene scaldamento della casa inluisce sulla temperatura dell’aria nell’«ambiente terrazzo», aumentandola di qualche grado, ma potrebbe comunque essere opportuno avvolgere il vaso con 3-4 giri (non troppo serrati) di tessuto non tessuto, da chiudere nella parte superiore con una legatura alla base del tronco. Concimazione. A ine febbraio effettuate la prima concimazione della stagione utilizzando un concime che contenga azoto, fosforo, potassio e magnesio, per esempio un prodotto con formulazione NPK 15-9-15+2MgO (reperibile negli empori agrari e garden center), da usare alle dosi consigliate in etichetta a seconda delle dimensioni del vaso. Potatura. Quando è sicuramente scongiurato un ritorno del gelo, procedete con la potatura, che dovrà inevitabilmente essere un po’ più energica di quella che si effettua sulle piante da frutto in piena terra, al ine di contenere la dimensione della chioma. Effettuate prima di tutto un diradamento dei rami, eliminando quelli deboli e/o rovinati; accorciate quelli troppo lunghi, al ine di evitare che vengano a crearsi eccessivi ombreggiamenti. In pratica: diradate le lamburde delle zampe di gallo (a); tagliate alla base i rami che sono stati piegati dal peso dei frutti dello scorso anno (b); effettuate tagli di ritorno per contenere lo sviluppo in altezza e in larghezza della pianta (c) (le lettere fanno riferimento ai disegni di pag. 25, in alto). Piante da frutto. In questi ultimi anni i vivaisti hanno utilizzato dei portinnesti speciali che hanno consentito di ottenere piante da frutto di sviluppo molto contenuto. Ci riferiamo ai cosiddetti fruttiferi nani, ideali da coltivare in vaso e in grado di produrre buona frutta tanto quanto le varietà coltivate in piena terra. Nella foto, melo nano, che raggiunge un’altezza circa 2-2,5 metri proteggere l’apparato radicale delle piante (quindi il vaso). Di questo è opportuno tener conto soprattutto nelle regioni settentrionali e nelle località di collina e di montagna, per evitare che abbassamenti sensibili della temperatura possano in qualche misura minare la sopravvivenza o la funzionalità delle radici. È vero che il ri- Rinvaso. Se necessario, prima della ripresa vegetativa primaverile provvedete al rinvaso. In genere conviene trasferire le piante in un contenitore con diametro maggiore non più di 10 cm rispetto al precedente. Progetto di coltivazione di piante da frutto, da iore, 1 2 Come si presenta il terrazzo a ine gennaio 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Porta-inestra 24 14 15 16 17 18 19 13 SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Terrazzo c c c c b a a a b Prima Dopo Prima Piante da frutto. Potatura di melo, vedi testo a pag. 24 Al momento del rinvaso procuratevi del buon terriccio e un contenitore di dimensioni più grandi: se il vecchio vaso ha un diametro di 30 centimetri, quello nuovo deve essere di 40 centimetri. Predisponete sul foro di sgrondo del vaso dei cocci e aggiungetevi uno strato drenante costituito da 3-4 centimetri di argilla espansa. A questo punto aggiungete terriccio mischiato con un paio di pugni di cornunghia (che fornisce sostanza organica e NPK a lenta cessione) ino a raggiungere il livello richiesto per la posa della vecchia zolla, la cui supericie non dovrà essere coperta da nuovo terriccio. Ora estraete la pianta dal vecchio vaso come di seguito indicato. Sdraiate su un ianco il vaso, con la mano sinistra impugnate il tronco e, con la destra, date dei colpi su tutta la supericie del contenitore, facendolo ruotare. A questo punto – sempre tenendo il tronco con la mano sinistra – tirate verso di voi la pianta e con la mano destra spingete il vaso in senso opposto, sino a quando la zolla sarà uscita dal vaso. A questo punto posizionate la pianta nel nuovo contenitore e riempite Dopo Piante da frutto. Potatura di pero, vedi testo a pag. 24 con il terriccio, cercando di non lasciare spazi vuoti tra il vaso e la zolla. Irrigate e dopo aggiungete, se necessario, altro terriccio ai lati della zolla. PIANTE DA FIORE Lavori I tre contenitori contrassegnati con i numeri (4), (5) e (6) sono riservati alla coltivazione di gerani, surinie e lantane. In questo bimestre (gennaio-febbraio) i vasi si presentano vuoti perché non è ancora il momento di mettere a dimora le piante sopra citate; nei prossimi supplementi de «i Lavori» vi indicheremo come e quando piantarle, irrigarle e concimarle per averle sempre belle e iorite. Per chi di voi, invece, ha messo al riparo gerani, surinie e lantane dell’anno scorso, ecco i lavori da eseguire in questo bimestre per mantenerli in buono stato. Cura delle piante ricoverate. Le piante perenni da iore in questo bime- stre sono in completo riposo vegetativo. Per questo dovete mantenerle a temperature basse: 3-4 °C sono più che suficienti per i gerani e tutte le altre piante che avete deciso di «traghettare» alla prossima stagione primaverile-estiva. Mantenete il locale di svernamento sempre ben arieggiato, evitando le correnti d’aria, sempre dannose. Le piante in questo bimestre non devono crescere, ma solo mantenersi vive. È normale osservare una leggera crescita dei germogli, che ovviamente a causa della bassa luminosità saranno esili. Se ciò avvenisse lasciateli crescere, ma cercate di ridurre la temperatura dell’ambiente e le irrigazioni. Irrigazione. Ricordate che troppa acqua rende i fusti teneri ed estremamente sensibili ai repentini abbassamenti di temperatura. È buona norma controllare le piante tutte le settimane per veriicare la necessità di eventuali irrigazioni. I gerani, per esempio, sono piante da climi caldi ed asciutti per cui in inverno resistono meglio se bagnati poco: avranno una ricre- ortaggi, aromatiche e agrumi su un terrazzo di 32 metri quadrati 1 2 Come si presenta il terrazzo a ine febbraio 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Porta-inestra SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 14 15 16 17 18 19 13 25 Terrazzo AGRUMI Lavori Piante da fiore. I gerani sono tra le piante da iore che non possono mancare su un terrazzo; se li avete protetti, si trovano in completo riposo vegetativo Ortaggi e aromatiche. Il ravanello, che si semina da metà febbraio, è uno dei numerosi ortaggi che riescono bene anche coltivati in vaso scita limitata e saranno meno soggetti alle malattie. Controllate attentamente il terriccio prima di irrigare: talvolta solo lo strato più supericiale può apparire secco, per cui potete essere indotti a bagnare senza bisogno. In caso di dubbio sollevate il vasi: dal peso riuscirete a valutare se il terriccio è asciutto completamente o solo in parte. Se serve date poca acqua: basta un bicchiere per ogni pianta. Usate acqua a temperatura ambiente: troppo fredda può provocare marciumi, troppo calda può risvegliare le radici e indurre una crescita inopportuna. Semina. Entro i primi giorni di febbraio inite, se non l’avete già fatto, la preparazione dei contenitori per semine e/o trapianti. Dalla metà del mese potete iniziare la semina di rucola (7), cicoria da taglio (8) e lattuga da taglio (9), prezzemolo (10) e ravanello (14). Proteggendo i contenitori con tessuto non tessuto renderete più facile la germinazione dei semi e li difenderete al contempo dal freddo. Siate molto prudenti con gli apporti d’acqua, che potrebbero essere più frequenti, ma sempre assai limitati anche in presenza di un andamento stagionale poco umido. A metà-ine febbraio smuovete il terriccio dei contenitori in cui si coltivano salvia (16) e rosmarino (17). Concimazione. Nel bimestre gennaio-febbraio è sufficiente nutrire le piante una sola volta, con un prodotto speciico per piante da iore, utilizzando metà della dose indicata in etichetta. ORTAGGI E AROMATICHE Lavori Durante il mese di gennaio preparate i contenitori con del terriccio (adatto alla coltura degli ortaggi, reperibile nei garden center e negli empori agrari più forniti) in vista delle semine e/o dei trapianti primaverili. Per facilitare lo sgrondo dell’acqua, distribuite sul fondo dei contenitori uno strato di 3-4 cm di argilla espansa. Se ne avete modo preparatevelo da soli; per un terriccio idoneo alla coltivazione di ortaggi e aromatiche in vaso si miscela il 70-80% di terriccio universale, il 10-15% di buon terreno di orto e il 5-15% di argilla espansa o di sabbia. Inine procuratevi le sementi necessarie per dare l’avvio alle colture già dal prossimo mese. 26 Raccolta e irrigazione. In questo bimestre le raccolte sono limitate soprattutto a qualche rametto di rosmarino (17). Se necessario irrigate rosmarino e salvia con quantità d’acqua molto ridotte, al ine di mantenere il terriccio del contenitore appena umido. Agrumi. Il limone, assieme al kumquat (vedi foto), è tra gli agrumi più facili da coltivare in vaso Nei primi due mesi dell’anno gli agrumi sono in riposo vegetativo, ricoverati in un ambiente protetto, e quindi per il momento non trovano spazio sul terrazzo. Controllate che nel locale di svernamento vi sia sempre un suficiente ricambio d’aria, al fine di evitare l’insorgenza di pericolose malattie fungine (per esempio mal secco); allo scopo aprite porte e inestre nelle ore più calde della giornata. Durante l’inverno è normale che le piante perdano qualche foglia; in questo periodo, infatti, gli agrumi «eliminano» quelle vecchie per prepararsi alla nuova stagione. Al ine di non incorrere nella caduta totale delle foglie, evitate che la temperatura del locale di svernamento scenda sotto di 5 °C. Se vi sono molti frutti maturi, raccoglietene alcuni per diminuire lo sforzo che la pianta dovrebbe effettuare per mantenerli tutti sino a primavera. Irrigazione. È l’unico lavoro da effettuare sia in gennaio che in febbraio poiché, come tutte le piante sempreverdi, anche gli agrumi richiedono una certa quantità d’acqua durante l’inverno. Il metodo più eficace per riconoscere quando una pianta coltivata in un vaso di cotto ha bisogno d’acqua consistere nel batterlo delicatamente con un martelletto sulla parete esterna, se il suono risulta aperto («tac-tac»), irrigate senza bagnare le foglie; se il suono risulta invece chiuso («toc-toc»), signiica il terriccio è suficientemente umido e che perciò la pianta non va irrigata. Per le piante coltivate in vasi di plastica controllate soltanto lo strato più supericiale del terreno e, a seconda di quanto è più o meno secco, procedete di conseguenza. Per non danneggiare l’apparato radicale dei vostri agrumi fate attenzione a irrigare nelle ore più calde del giorno. Se vi è possibile, mantenete una scorta di acqua in un contenitore all’interno dell’ambiente di svernamento e utilizzatela quando serve irrigare, in quanto sarà alla stessa temperatura del terriccio nei vasi ed eviterà un brusco abbassamento della temperatura delle radici. A cura di: Giorgio Bargioni (Lavori: Piante da frutto); Luigi Vasarri - Azienda Lazzeri (Lavori: Piante da iore); Alberto Locatelli (Lavori: Ortaggi e aromatiche); Stefano Bolognesi (Lavori: Agrumi). SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Frutteto Se nei testi di questa rubrica trovate delle parole che vi riescono di dificile comprensione, utilizzate il «Vocabolario illustrato dei termini dificili» allegato al n. 2/2011. (Red) POMACEE In questo bimestre, con riferimento al Nord Italia, le pomacee si trovano nella fase vegetativa di «gemma ferma»; al Centro e al Sud l’anticipo è in media di 15-30 giorni e, pertanto, a ine bimestre le piante potranno trovarsi nelle successive fasi di «rottura gemme» e «punte verdi». giorni prima della piantagione, onde evitare la disidratazione delle radici con conseguente dificoltà di attecchimento. Questo inconveniente, infatti, si può veriicare con condizioni meteorologiche caratterizzate da freddo e bassa umidità relativa dell’aria, condizioni tutt’altro che rare in molti ambienti sia di pianura che di montagna. Potatura di produzione. Si interviene preferibilmente quando la temperatura è sopra lo zero. Nelle zone soggette a freddo intenso, come le vallate alpine, è quindi meglio potare tra ine febbraio e marzo, quando Lavori Melo Nel bimestre di pieno inverno i meli sono in riposo vegetativo e solo verso ine febbraio nelle aree meno fredde vi può essere un primo accenno di rigoniamento delle gemme. I lavori più importanti di questi mesi sono la messa a dimora dei nuovi impianti e la potatura di produzione. Oltre a ciò si possono completare i lavori indicati per lo scorso bimestre e non ancora terminati, come il riordino del frutteto (per esempio la sistemazione dei dissesti supericiali del terreno e della palatura di sostegno) e gli estirpi degli alberi a ine ciclo. Tutti questi lavori vanno fatti quando il terreno non è particolarmente bagnato, per evitare il compattamento causato dalle attrezzature meccaniche pesanti necessarie per queste operazioni; nelle zone soggette a forti geli invernali occorrerà ovviamente attendere anche che il terreno non sia più gelato. Nuovi impianti. La messa a dimora degli astoni va eseguita con le modalità descritte ne «i Lavori» di novembre-dicembre 2011, a pag. 24. Per la messa a dimora di poche piante con impianto a buche si veda il riquadro a pag. 30. Raccomandiamo ancora di non esporre all’aria gli astoni a radice nuda per molti SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Pomacee. La potatura di produzione è il lavoro più importante del periodo: intervenite quando la temperatura è sopra lo zero per evitare danni da freddo, che si veriicano più facilmente sulle piante potate 1 le temperature si addolciscono un po’ e permettono di evitare i danni da freddo, danni che si veriicano maggiormente su meli che hanno subito interventi di taglio. Questi danni si possono veriicare quando la temperatura scende indicativamente oltre i –12-15 °C. Tale limite non è assoluto poiché, oltre al semplice dato della temperatura, vi sono anche altri fattori che possono accentuare o diminuire i danni: l’umidità dell’aria e del terreno, la velocità dell’abbassamento termico e la sua durata, nonché le condizioni agronomiche delle piante (età, portinnesto, vigoria, tipo di terreno). Gli interventi di potatura vanno fatti in condizioni di sicurezza, poiché il rischio di infortuni durante questo lavoro è tutt’altro che trascurabile. Occorre usare scale e cavalletti ben solidi, scarpe con suola non scivolosa, guanti da lavoro, occhiali antinfortunistici e quant’altro serva a preservare da incidenti di qualsiasi genere. Un’altra raccomandazione: gli attrezzi da taglio devono essere ben afilati per fare poco sforzo nel taglio dei rami. La potatura consente di osservare da vicino tutti i rami dell’albero per cui, con un po’ di attenzione, ci si può accorgere della presenza di determinati parassiti che svernano sul legno. Per il melo i più comuni di essi sono i seguenti: – oidio del melo (vedi foto A, a pag. 29), che si localizza sugli apici dei rami infetti ricoprendoli di un feltro biancastro; – cancri rameali (vedi foto B, a pag. 29), cioè rigoniamenti cancerosi causati dal fungo Nectria galligena, visibili sia su rami giovani che su grosse branche; – rodilegno giallo (vedi foto C, a pag. 29), le cui gallerie sono presenti sui rami 2 Melo. Il forte gelo invernale può causare fessurazioni della corteccia (1) e l’imbrunimento del legno sottostante (2). A questo livello di danno solitamente non si ha la morte della pianta, ma solo una ripresa vegetativa più stentata e irregolare rispetto alla norma 27 Rovo senza spine Ribes Mirtillo Lampone unifero e nero Lampone bifero Olivo Castagno Actinidia Mandarino Limone Clementine Arancio Mandorlo Ciliegio Susino Albicocco Pesco e nettarina Pero Melo ●[2] ● ● ● ● ● ● gen. ● ●[2] ● ● ● ● ● ● feb. ●[3] ● ● ●[1] ●[1] ●[1] ●[1] gen. ● ● ● ● ● gen. ● ● ● ● ● ● ● ● ● ● ● ● feb. Interventi itosanitari ●[3] ●[3] ● ● ● ●[1] ●[1] ●[1] ●[1] feb. Concimazioni gen. ● ● ● ● ● ● ● feb. Innesti ● ● ● ● ● ● ● ● feb. ●[4] ●[4] ●[5] ●[5] ●[5] ●[5] ●[5] ● ● ● ● gen. Potatura gen. feb. Diradamento dei frutti [1] Concimazioni organica e concimazione fogliare. [2] Negli ambienti del Centro e del Sud. [3] Se non effettuate in autunno. [4] Dove non ci siano to stagionale lo consente. Piccoli frutti Altre specie importanti Agrumi Drupacee Pomacee Specie Nuovi impianti a cura di Silvio Caltran FRUTTETO. Operazioni colturali in corso (●) nei mesi di gennaio e febbraio per le pr Frutteto 10 Poste Italiane s.p.a. - Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Verona - Contiene I.P. e I.R. 2011 giovani e ospitano la larva di colore giallo punteggiata di nero; esternamente è visibile il foro di entrata della galleria (da 3 a 8 mm di diametro); – sesia (vedi foto D), le cui larve biancastre scavano gallerie sotto corteccia prevalentemente in cancri rameali, punti d’innesto e bozzi (deiniti anche «burr knots», cioè escrescenze più o meno sviluppate visibili su grossi rami e sui portinnesti); all’esterno, in corrispondenza delle gallerie, è visibile la rosura lasciata dalle larve; – aide lanigero (vedi foto F), sverna in colonie ricoperte dei tipici filamenti biancastri, soprattutto in prossimità del terreno o dentro i vecchi cancri rameali e sui «burr knots»; – cocciniglia di S. Josè (vedi foto G), i cui scudetti grigiastri si possono trovare su tutti i rami. Durante la potatura è possibile risanare gli alberi colpiti da questi parassiti. Più precisamente si interviene eliminando i rami colpiti da oidio e cancri rameali, mentre si effettua un’energica spazzolatura dei punti colpiti da aide lanigero o larve di sesia. Le larve di rodilegno giallo si uccidono introducendo un ilo di ferro dentro la galleria. Anche per rimuovere la cocciniglia di S. Josè andrebbe bene una spazzolatura, ma passare tutti i rami colpiti rischia di diventare quanto mai laborioso. Durante la potatura è sufficiente individuare e quantiicare la presenza del parassita, così da applicare una opportuna difesa itosanitaria alla ripresa vegetativa (in marzo-aprile). Per quel che riguarda la tecnica di potatura da adottare si rimanda alla recente «Guida illustrata alla potatura delle piante da frutto: pomacee e drupacee» supplemento al n. 10/2011. Chi non fosse in possesso della Guida può acquistarla contattando il nostro Servizio abbonamenti (Tel. 045 8009480 - Fax 045 8012980 - e-mail: edizioni@informa toreagrario.it). Melo. Nel corso dell’inverno eliminate i polloni radicali (rami che sorgono dalle radici) che non avete rimosso durante la stagione vegetativa. Il lavoro di pulizia sarà ora molto più impegnativo rispetto all’estate poiché i polloni sono più grossi, ligniicati e tenacemente ancorati alle radici ne non potrebbero sminuzzare suficientemente. Il trinciato va uniformemente distribuito sul terreno dove lentamente si trasformerà in humus a beneicio della fertilità del suolo. La trinciatura non è consigliabile nei frutteti che presentano attacchi di cancro rameale o, peggio ancora, di Erwinia amylovora, il pericoloso colpo di fuoco batterico. In questi casi è consigliata la bruciatura dei rami malati. Se non si dispone di trinciasarmenti la ramaglia, sia grossa che piccola, può essere recuperata come legna da ardere oppure smaltita negli appositi centri di raccolta per materiale organico. Se non avete nessuna possibilità di disfarvi dei residui con questi mezzi non rimane che la bruciatura, sempre che i regolamenti locali del vostro Comune non lo vietino espressamente. Tale pratica crea molto fumo e va quindi fatta lontano dalle abitazioni, dopo aver accatastato e fatto seccare per alcune settimane la massa di rami. Danni da arvicole. Nel periodo invernale le arvicole (piccoli topi di campagna) costituiscono un pericolo costante per le giovani piante del frutteto. La cosa riguarda in modo particolare quelle innestate sui portinnesti deboli EM 9 ed EM 26: la spessa corteccia delle radici è un nutrimento prelibato per i roditori, che la divorano lasciando il solo moncone legnoso del ittone radicale. A parte la presenza delle tane, in inverno non vi sono altri sintomi che de- A B C D E F 1ª PARTE DEDICATA A: MELO - PERO - PESCO E NETTARINA ALBICOCCO - SUSINO - CILIEGIO SUPPLEMENTO N. 1 AL N. 10 DI VITA IN CAMPAGNA - CASELLA POSTALE 467 - 37100 VERONA - OTTOBRE 2011 - ANNO XXIX - ISSN 1120-3005 - MENSILE Gestione dei residui di potatura. Al termine della potatura secca, sarà necessario liberare il frutteto dalla legna di risulta. Disponendo di un trinciasarmenti (o agganciato al trattore o autonomo) è possibile trinciare sul posto la ramaglia minuta dopo aver recuperato i pezzi di legno più grossi che le macchiSUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Pomacee. Durante la potatura fate attenzione alla presenza di sintomi di malattie o attacchi di insetti parassiti: gemma terminale colpita da oidio (A); cancro rameale causato dal fungo Nectria galligena (B); larva di rodilegno giallo (C); danni e larva (vedi freccia) di sesia (D); colonia di aide lanigero (E); scudetti della cocciniglia di S. Josè (F); ramo colpito dal colpo di fuoco batterico (G). In caso intervenite eliminando le parti colpite con la potatura stessa, o preventivate un G successivo trattamento antiparassitario 29 Frutteto notano l’avvenuto danno, poiché le piante sono in riposo vegetativo e, quindi, non evidenziano deperimenti vegetativi causati dalla distruzione dell’apparato radicale. Il danno si renderà purtroppo ben evidente alla ripresa vegetativa. Come consigliato lo scorso bimestre, per evitare sorprese, si tiene la base degli alberi libera dall’erba e il terreno regolarmente sotto controllo: appena si rinvengono le prime tane, mettete prontamente in atto le misure di lotta indicate ne «i Lavori» di novembre-dicembre, a pag. 23. Ricordate che le arvicole sono più pericolose nei terreni sabbiosi rispetto a quelli argillosi e gli attacchi spesso si concentrano in vicinanza di fossi e scoline. Per questo motivo nei frutteti commerciali generalmente non si impiantano meli sui cigli di queste strutture idrauliche, ma piuttosto peri, che sono meno soggetti a danni. Tale consiglio è valido anche per il piccolo produttore. Cernite di magazzino. La vostra produzione di mele in magazzino va consumata regolarmente poiché più passano le settimane più le caratteristiche gustative degradano progressivamente: la Golden Delicious ha ormai perso croccantezza, assumendo via via il sapore dolciastro di fermentato; le Delicious rosse e la Morgenduft hanno la polpa 1 scenda sotto i – 5-6 °C, i frutti possono andare incontro al congelamento della polpa deteriorandosi irrimediabilmente. Melo. Sui grossi rami e sul portinnesto delle piante adulte si possono formare frequentemente queste escrescenze (chiamate «burr knots»), specialmente nelle varietà del gruppo Gala. Esse non creano problemi particolari, se non quello di ospitare spesso larve di sesia e colonie di aide lanigero farinosa e insipida. Sono invece ancora suficientemente buone da mangiare Granny Smith e Fuji. La produzione conservata in cella frigorifera con idonei parametri di temperatura e umidità, invece, rimane croccante e succosa per tutto il bimestre e anche oltre. Se l’inverno è molto freddo, conservate le mele in un locale riparato dal gelo: qualora al suo interno la temperatura 2 3 Innesto a triangolo. Questo tipo di innesto è fra i più praticati sul melo, assieme agli innesti a corona, a gemma dormiente e a scheggia. Richiede una buona pratica ed è quindi riservato a chi ha suficiente esperienza; se non si possiede la necessaria dimestichezza, conviene optare per l’innesto a corona, più facile da eseguire. Per questo tipo di innesto (valido per tutte le piante da frutto) non si ricorre a marze conservate, ma si prelevano direttamente dalle piante di cui si desidera propagare la varietà. Per l’innesto a triangolo si procede dalla ine di febbraio al rigoniamento delle gemme, cioè verso metà marzo. È adatto sia alle piante adulte che a portinnesti di un anno. Nelle piante adulte serve per cambiare la varietà. Si esegue direttamente sul fusto all’altezza in cui si vuole impalcare la nuova struttura scheletrica, generalmente tra 50 e 100 cm da terra, oppure (negli alberi più grandi, di oltre 8-10 anni) su tutte le branche più grosse. Le piante destinate al reinnesto devono essere capitozzate 30-40 cm sopra il punto previsto dell’innesto qualche settimana prima del lavoro. Il giorno del- 4 letame maturo Messa a dimora di una pianta da frutto con impianto a buche. 1-Per la piantagione, in un terreno con buon drenaggio, si scava una buca larga circa 50x50 cm e profonda 50 cm, mantenendo separata la terra dei primi 20 cm circa da quella sottostante. 2-Al momento di porre a dimora l’astone, se volete assicurarlo a un paletto tutore (indispensabile per le pomacee), piantate questo sul fondo della buca, pressappoco nel punto in cui dovrà cadere la pianta. Quindi rimettete nella buca la terra dello strato più basso, disgregandola bene. Poi cominciate a disporre su di essa, più o meno a cono, la terra, bene sminuzzata, dello strato superiore. Ogni tanto appoggiate l’apparato radicale sul piccolo cumulo ino a che, aggiungendo o togliendo terra, vedete che la pianta si colloca più o meno al livello che aveva in vivaio. In ogni caso il punto di innesto dovrà risultare circa 20 cm sopra il livello medio del terreno circostante. Coprite l’apparato radicale con la rimanente terra scavata dai primi 20 cm, portandola ino quasi ai margini superiori della buca, in modo che, se ne avete, possiate disporre ai margini della buca stessa qualche forcata di letame maturo, come mostra il disegno; attenti però che il letame non vada a contatto con le radici. 3-Innafiate ora con una decina di litri di acqua per favorire l’assestamento della terra e la sua adesione alle radici. 4-Completate il riempimento della buca formando un piccolo cumulo che, fatto con la terra asciutta, impedirà la perdita per evaporazione dell’umidità sottostante 30 SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Frutteto Sul nostro sito Internet è stato inserito un breve ilmato, visibile gratuitamente, nel quale viene descritta l’esecuzione dell’innesto a triangolo. Cliccate su: www.vitaincampagna.it/ rdVic/video13.asp Pomacee. Verso ine bimestre si può innestare a triangolo. Come si vede nella foto, con tale innesto si può intervenire anche su piante adulte, con risultati molto soddisfacenti se tutto viene fatto a regola d’arte l’innesto si raccorciano i rami al punto voluto e si procede prontamente all’operazione. Sul soggetto si prepara un incavo triangolare (va fatto con maestria, usando un coltello molto afilato) e in esso si inserisce la marza costituita da una porzione di ramo di un anno con 2-3 gemme, marza che va prelevata direttamente dalla pianta madre. In ogni punto di innesto si inseriscono da 2 a 4 marze a seconda del diametro del ramo. Per avere spazio suficiente per predisporre l’incavo, i portinnesti di un anno devono avere diametro di 1,5-2 cm, e quindi essere un po’ più grossi rispetto a quelli che ad agosto si innestano a gemma dormiente. Tra l’altro, l’innesto a triangolo va bene anche per reinnestare eventuali fallanze dell’innesto a gemma dormiente eseguito nell’agosto precedente. I portinnesti deboli EM 9 ed EM 26 vanno innestati 15-20 cm fuori terra per poter espletare la loro funzione nanizzante, mentre su quelli più vigorosi volendo si può innestare anche più in basso. I soggetti da innestare possono essere già a dimora dall’anno prima nel vivaio o nel frutteto, ed essere quindi innestati in loco; oppure possono essere acquistati, innestati al banco e poi subito impiantati. Appena eseguito l’innesto, occorre legare strettamente la parte con una fettuccia di plastica, per immobilizzare la marza nell’incavo, e ricoprire tutta la legatura e i tagli delle parti interessate con mastice da innesti. SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Altri innesti. In previsione di eseguire innesti a corona nel prossimo bimestre, a gennaio è bene prelevare dalla pianta madre i rami di un anno da cui ricavare le marze. Si avvolgono poi strettamente con ilm di plastica o nailon, che li preservi dalla disidratazione, e si ripongono in frigorifero (va bene anche quello da cucina) a qualche grado sopra zero. Si ricorda ancora una volta che il prelievo delle marze in fase di riposo vegetativo va fatto su alberi di cui siete certi delle caratteristiche varietali e sanitarie. Pero In gennaio il pero è in pieno riposo vegetativo. Verso la ine di febbraio, invece, con qualche giorno di anticipo rispetto al melo inizia la fase di rigoniamento delle gemme. I lavori del bimestre sono gli stessi indicati per il melo e vanno eseguiti con le medesime modalità; vi sono solo due precisazioni da fare al riguardo. La prima riguarda i parassiti da tenere sotto osservazione durante la potatura: tra di essi non vi sono l’aide lanigero e l’oidio, che colpiscono solo il melo, mentre è necessario porre molta più attenzione agli attacchi di Erwinia amylovora, il ben noto colpo di fuoco batterico (vedi foto G). Inoltre, facciamo presente che le arvicole sono meno dannose su pero che su melo e quindi l’attenzione verso questi roditori può essere meno pressante. presa vegetativa, le nuove infezioni si diffondano nel frutteto (si parla in genere di «riduzione dell’inoculo»). In pratica asportando e portando fuori dal frutteto gli organi infetti, si eliminano con essi anche le malattie che stanno svernando al loro interno, riducendo di molto la loro capacità di infezione. Viceversa, e questo è vero in particolare per il colpo di fuoco, se non si eliminano completamente durante l’inverno gli organi colpiti, sarà molto dificile riuscire a contenere le nuove infezioni che, a partire dalla ripresa vegetativa, avranno origine da quegli organi. Si asportano quindi tutti i rami che presentano cancri rameali (vedi foto B) e quelli eventualmente colpiti dal colpo di fuoco batterico (vedi foto G). Questi ultimi si distinguono, oltre che per i cancri sul legno, anche per la presenza di foglie annerite, ancora attaccate alla vegetazione. Si interviene tagliando ad almeno 70 cm dal sintomo. I rami asportati vanno poi immediatamente bruciati. Nei frutteti colpiti poi è sempre buona norma raccogliere tutti i residui di potatura, non solo i rami infetti, e portarli al di fuori del frutteto, sempre nell’ottica di ridurre il potenziale di inoculo di eventuali malattie. Sempre durante la potatura, se si nota sui rami la presenza di scudetti di cocciniglia, è bene effettuare un intervento speciico nel mese di marzo, come indicheremo nel prossimo bimestre. DRUPACEE Interventi itosanitari per le pomacee Durante i mesi invernali il frutteto si trova nella fase di riposo vegetativo. Le operazioni di potatura sono un’ottima occasione per effettuare accurati controlli sulle piante, cercando di individuare i sintomi di varie avversità (vedi anche a pag. 27 e 29). I microrganismi che sono causa dei diverse malattie, come per esempio i cancri rameali e il colpo di fuoco batterico, «superano l’inverno» annidati sulle piante. Se con la potatura si riescono a eliminare le parti colpite da queste avversità, si riduce di molto la possibilità che, alla ri- In questo bimestre, con riferimento al Nord Italia, le drupacee si trovano nella fase vegetativa di «gemma d’inverno»; al Centro e al Sud l’anticipo è mediamente di 15-30 giorni e pertanto a ine bimestre le piante potranno trovarsi nelle successive fasi di «rottura gemme», «bottoni rosa» e «ioritura». Lavori In questo bimestre si può sistemare il terreno, porre a dimora le piante, effettuare o controllare gli impianti di irrigazio- 31 Frutteto ne, seminare l’eventuale prato nell’interfilare, proseguire nella potatura delle piante. A febbraio, dopo i grandi geli, si può effettuare l’innesto a triangolo. Pesco. Prima della messa a dimora occorre stabilire le distanze di impianto, in relazione alla forma di allevamento, al portinnesto, al tipo di terreno, alla disponibilità di acqua d’irrigazione, all’altitudine, ecc. Foto: Silvio Caltran Preparazione del terreno. Se non si è potuto procedere alla sistemazione del terreno in autunno, lo si fa ora, dopo i grandi geli, purché il suolo sia asciutto anche in profondità. È infatti importante procedere solo se vi sono tali condizioni, altrimenti difficilmente si avranno dei buoni attecchimenti e belle vegetazioni non solo nel primo anno, ma per tutta la fase di allevamento. Se le condizioni del terreno sono avverse, è meglio rimandare il lavoro al prossimo autunno. Per coloro che si apprestano a effettuare nuovi impianti di una discreta dimensione è sempre conveniente far eseguire un’analisi del terreno. Per quanto concerne quest’ultima e la preparazione del terreno, da effettuare prima della messa a dimora, si veda quanto indicato ne «i Lavori» di novembre-dicembre 2011, alle pagg. 27 e seguenti. Innesto a triangolo. Terminati i grandi geli invernali, a febbraio-marzo si può procedere all’innesto a triangolo (si veda quanto indicato per il melo a pag. 30). Cure agli innesti a gemma. In febbraio si tolgono le protezioni di carta agli innesti a gemma dormiente effettuati in autunno; liberateli anche dalle legature e da eventuali formazioni di gomma in corrispondenza delle gemme. Se le gemme sono attecchite, eliminate il tratto di ramo sopra di esse lasciando però un mozzicone («garretto») lungo circa 20 cm a cui legherete i germogli che da esse si svilupperanno. Se invece le gemme non fossero attecchite troncate poco sopra di esse e ripetete il tentativo effettuando ora un innesto a triangolo. Pesco e nettarina Distanze di impianto e forme di allevamento. Prima di procedere alla messa a dimora occorre stabilire le distanze di impianto, che variano in relazione alla forma di allevamento, al portinnesto, al tipo di terreno, alla possibilità o meno di irrigare, all’altitudine, ecc. Prima di effettuare un impianto, anche se di pochi alberi, conviene quindi disegnare un progetto vero e proprio sul quale, tenendo conto dei diversi fattori sopra elenca- 32 Pesco. Astone dopo la messa a dimora: per i nuovi impianti preferite piante di uno o due anni a radice nuda ti, isserete, a seconda della forma di allevamento, lo spazio che occuperà ogni singola pianta quando sarà entrata in piena produzione. Le forme di allevamento del pesco sono molteplici: palmetta regolare, palmetta irregolare, fusetto, asse centrale, ipsilon, vaso catalano e vaso. Citiamo in particolare la forma di allevamento a vaso (nella recente «Guida illustrata alla potatura delle piante da frutto: pomacee e drupacee», supplemento al n. 10/2011, viene descritta la potatura del pesco allevato in questa forma). Con questo termine si intende una pianta formata da un fusto, dal quale, all’altezza di circa 70 cm da terra, si dipartono tre branche, lunghe 3-4 metri, che formano tra loro angoli di circa 120° e che sono inclinate di 30-40° rispetto alla verticale. In questa forma di allevamento è necessario prevedere uno spazio di circa 20 metri quadrati per pianta, in posizione ben soleggiata e lontano da piante di alto fusto. Con questa forma è possibile effettuare tutte le operazioni colturali da terra (potatura secca e verde, diradamento, raccolta), è più facile la difesa itosanitaria e si ottengono produzioni elevate (circa 50 kg per albero) e di buona qualità; inoltre non servono strutture di sostegno. Tra gli svantaggi si possono annoverare i possibili danni da gelate – maggiori che nelle altre forme –, che colpiscono in modo particolare le parti basse della chioma. Scelta delle piante. Al momento dell’acquisto ci si orienti su esemplari di uno o due anni a radice nuda, con diametro alla base di circa 2 cm e altezza intorno ai 2 metri. Le piante eccessivamente forti (oltre i 2 metri di altezza e con diametro alla base di 4-5 cm) hanno poche sostanze di riserva, avendo vegetato più a lungo, per cui sono più sensibili ai geli, presentano dificoltà di radicamento e vegetazione difforme alla ripresa vegetativa. Anche le piante eccessivamente deboli (di altezza inferiore al metro e con diametro alla base di 1-1,5 cm) hanno le stesse dificoltà. Una pianta sana e ben sviluppata può avere un costo d’acquisto leggermente superiore, ma, se ben conservata e messa a dimora correttamente, darà origine in dal primo anno a una vegetazione abbondante, presupposto di una rapida entrata in produzione e di una lunga vita produttiva. I coltivatori professionisti impiegano sempre piante a radice nuda di un anno che, al terzo anno dall’impianto, già forniscono circa 20 kg di frutti per albero, entrando in piena produzione al quarto anno, con 40-50 kg per pianta. Inoltre questo tipo di piante al terzo-quarto anno si riveste di una vegetazione particolarmente rigogliosa ed elegante. Controllo della sanità. Al momento dell’acquisto si deve controllare attentamente sia l’apparato radicale che aereo delle giovani piante. Sulle radici, in particolare, si possono annidare malattie che possono mettere in pericolo la vita della pianta. È il caso dei tumori radicali (Agrobacteriun tumafaciens) che si manifestaSUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Frutteto no con ingrossamenti a forma di patata dall’aspetto rugoso e di colore scuro, localizzati nella zona del colletto o sulle grosse radici. Se queste infezioni si trovano sul colletto, la pianta è sicuramente destinata alla morte nel giro di poco tempo; se invece sono sulle radici la pianta può sopravvivere per alcuni anni. Spesso però il vivaista taglia le radici infette durante l’estirpo, per cui diffidate sempre degli esemplari che hanno un apparato radicale eccessivamente potato. Altre malattie delle radici sono i marciumi radicali (Armillaria mellea e Rosellinia necatrix); questi funghi attaccano una parte o l’intero apparato radicale, disgregandone i tessuti, e si manifestano con una muffetta biancastra. Stroinando le parti ammalate con le mani si sente un forte odore di fungo. Ricordiamo tuttavia che sulle radici delle piante conservate a lungo nei magazzini può comparire, in prossimità del colletto, una muffa biancastra molto leggera e inodore, che non ha niente a che vedere con le malattie sopra descritte e che non serve eliminare. Le radici possono marcire anche per asissia radicale, specialmente in quei vivai dove si è veriicato un ristagno delle acque. In questo caso la radice presenta un forte odore di fogna. Normalmente però le piante prodotte da bravi vivaisti – che ogni anno rinnovano il terreno dei loro vivai e pongono particolare attenzione allo sgrondo delle acque – non presentano questi problemi. Altro riscontro da fare riguarda la presenza di nematodi galligeni, piccoli vermi non visibili a occhio nudo che Pesco. Astone dopo la potatura della parte radicale: limitatevi ad asportare le radici rotte e a riilare quelle strappate SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 1 2 3 Pesco. Al momento dell’acquisto controllate la sanità delle piante. 1-Veriicate che non siano presenti tumori sulle radici e nella zona del colletto: nel giro di qualche anno questa grave malattia porterebbe la pianta a forti indebolimenti o alla morte. 2-Controllate anche l’assenza di marciumi radicali da Armillaria: questa malattia si espande nei frutteti a macchia d’olio, colpendo e portando rapidamente a morte le piante. 3-Osservate la parte aerea e scartate gli astoni che presentano infestazioni di cocciniglie pungendo le giovani radici formano delle galle di qualche millimetro di diametro, entro le quali si nutrono e si moltiplicano. Se sulle radici il numero delle galle è molto abbondante viene compromessa la vitalità della pianta, portandola in alcuni casi alla morte. Di solito gli esemplari infestati da nematodi sono prodotti da vivaisti poco accorti o allevati negli orti, laddove in precedenza era presente l’infestazione sulle radici degli ortaggi. Per accertarvi della presenza o meno di nematodi in un terreno di cui non sapete nulla, andate alla ricerca dell’erba morella (Solanun nigra) e osservate il suo apparato radicale: questa specie, infatti, è un ottimo indicatore della presenza di nematodi galligeni. Controllate attentamente anche la parte aerea delle piante, scartando quelle che presentano sul fusto infestazioni di cocciniglie, come la cocciniglia bianca (Diaspis pentagona) o quella di S. Josè (Quadraspidiotus perniciosus). La prima si cela sotto scudetti di colore biancastro e del diametro di circa 3 mm, mentre gli scudetti della cocciniglia di S. Josè sono di diametro più piccolo (circa 2 mm), di colore grigiastro e sfuggono facilmente a un occhio poco attento o non avvezzo al riconoscimento; nel caso di una sua presenza sarà però suficiente sollevare la corteccia con un coltello per notare un leggero arrossamento del legno sottostante. Le giovani piante colpite dalle cocciniglie devono essere scartate poiché sicuramente provengono da un vivaio poco curato, oppure sono particolarmente recettive a queste infestazioni; pur trattandosi di attacchi parassitari risolvibili con adatti trattamenti insetticidi, dificilmente le piante provenienti da vivaio che ne sono colpite sono risanabili. Messa a dimora. Le modalità con cui si opera sono molto importanti, poiché da esse dipendono l’attecchimento, la vigoria e la produttività della pianta nei prossimi anni. Per la preparazione del suolo raccomandiamo, dove possibile, di smuovere il terreno dell’intero appezzamento con il ripuntatore, attrezzo che lavora ino a 70 cm di profondità senza portare alla supericie lo strato sottostante (si vedano «i Lavori» di settembre-ottobre 2011, a pag. 32, e «i Lavori» di novembre-dicembre 2011, a pag. 27). Chi deve mettere a dimora poche piante e non ha la possibilità di procedere come sopra indicato deve aprire delle buche molto grandi per consentire alle giovani radici di espandersi rapidamente. In un terreno sciolto, cioè tendenzialmente sabbioso o ricco di scheletro (sassi), la dimensione delle buche deve essere di circa 50×50 cm × 50 cm di profondità; nei terreni argillosi e pesanti la dimensione delle buche deve essere aumentata a 70×70 cm × 50 cm di profondità. Dopo aver completato la buca è opportuno smuovere ulteriormente il terreno sul fondo con alcuni colpi di piccone. Nei terreni argillosi le buche si devono realizzare su un leggero dosso, allo scopo di evitare che, in caso di piogge abbondanti, diventino dei contenitori di acqua. In terreni di questa tipologia ponete sul fondo delle buche dei sassi o delle pietre (evitate però di usare materiali di demolizione) per garantire il drenaggio; nei terreni sciolti (sabbiosi o ghiaiosi), invece, questa operazione non è necessaria. Quando preparate le buche, mettete da una parte il terreno dei primi 20 cm poiché, alla ine dell’impianto, questo deve tornare nella stessa posizione di partenza. Questo strato supericia- 33 Frutteto le del terreno – dove si localizzano la maggior parte delle radici – è infatti particolarmente ricco di microrganismi, utili poiché trasformano le sostanze insolubili in elementi nutritivi assorbibili dalle piante. Una volta realizzate le buche, rimettete nelle stesse il terreno che si trovava sul fondo, sistemandolo a cono. Quando siete prossimi all’altezza ideale a cui va posizionato l’apparato radicale, spargete sul cumulo parte del terreno che si trovava in supericie, formando uno strato di qualche centimetro. Ricordate che la giusta posizione dell’apparato radicale è quella che la pianta aveva in vivaio, data da madre natura e cioè con il colletto (punto di inserzione delle radici sul fusto) posto 2 cm sotto il livello del terreno. Molto spesso i coltivatori hobbisti ritengono che le piante messe a dimora in profondità soffrano meno la siccità: nulla di più sbagliato! Le piante poste a dimora con le radici troppo in profondità tendono a non attecchire o a fornire una vegetazione molto debole. Prima della messa a dimora, dopo aver attentamente controllato la sanità dell’apparato radicale, è possibile che si renda necessario tagliare le radici lesionate. In linea generale non si dovrebbe potare l’apparato radicale, per non correre il rischio di togliere alla pianta la possibilità di nutrirsi in modo rapido, compromettendo l’attecchimento. Eliminate quindi solo le radici rotte e cimate quelle che si sono strappate durante l’estirpo in vivaio o nel trasporto. Se le radici fossero molto lunghe, non accor- 34 Foto: Silvio Caltran Pesco. Dopo la messa a dimora somministrate una decina di litri di acqua allo scopo di far aderire la terra alle radici, favorendone così l’attecchimento ciatele bensì ingrandite la buca. Sistemate l’apparato radicale della pianta sul cono di terra alla giusta altezza ricoprendolo, sempre a cono, con il terreno che si trovava in supericie. Quando la pianta posta sul cumulo avrà tutte le radici coperte da uno strato di terra di 1-2 cm, distribuite del letame maturo (812 mesi) alla periferia della buca, nei suoi quattro angoli, in ragione di circa 20 kg per pianta. Ricordiamo che, se il letame venisse posizionato sotto le radici, anche se miscelato al terreno, nel giro di qualche mese perderebbe volume, trascinando la pianta verso il basso e compromettendo così il suo attecchimento. Per questa concimazione d’impianto si può utilizzare letame bovino, equino, di coniglio e ovino, mentre è da evitare il letame degli avicoli (pollina) poiché troppo ricco di azoto ureico che potrebbe causare ustioni all’apparato radicale. Quest’ultimo tipo di letame può essere usato solo se opportunamente miscelato agli altri e lasciato maturare con gli stessi per circa 12 mesi. Chi non ha la possibilità di impiegare del letame maturo può ricorrere all’uso di compost, in ragione di 10 kg circa per pianta; oppure si possono utilizzare concimi organici essiccati reperibili presso le rivendite di prodotti per l’agricoltura; in questo caso la quantità da impiegare è di 1-2 kg per pianta. Da evitare invece l’impiego di qualsiasi concime chimico, anche in piccole quantità, poiché si correrebbe il rischio di ustionare le radici. La concimazione chimica andrà effettuata quando la vegetazione avrà una lunghezza di circa 20 cm (alla fine di maggio), prevalentemente con concimi azotati. Dopo la distribuzione della sostanza organica, si riempie la buca di terra, ma senza schiacciarla poi con i piedi. È infatti un errore cercare di far aderire la terra alle radici al termine della messa a dimora, perché si corre il rischio di rompere i numerosi peli radicali che sono preposti all’assorbimento delle sostanze nutritive. L’operazione si conclude lasciando invece una leggera conca tutt’intorno alla base della pianta, entro la quale versare una decina di litri di acqua: percolando questa farà aderire la terra alle radici senza causare danni all’apparato radicale. Questa irrigazione va effettuata sempre, anche se il tempo minaccia pioggia o gelo; infatti gli apparati radicali risentono molto della siccità e del gelo se restano esposti all’aria. Dopo coprite con del terreno asciutto: si evita così che l’acqua evapori. Al termine della messa a dimora si deve provvedere alla potatura della parte aerea (vedi «Guida illustrata alla potatura delle piante da frutto: pomacee e drupacee», supplemento al n. 10/2011, a pagina 16). Controllo delle erbe infestanti. La pacciamatura è una tecnica colturale che impedisce lo sviluppo di erbe infestanti alla base della pianta, evitando così un’eventuale competizione con la pianta stessa. Essa può essere effettuata con materiale plastico o organico. Soprattutto i frutticoltori professionisti impiegano film di plastica nera dello spessore di 0,10 mm e della larghezza di 120 cm. La posa in opera avviene subito dopo l’impianto, praticando nel ilm tagli longitudinali in corrispondenza delle piante (che devono essere già potate), quindi posizionandolo lungo il ilare e issandolo lateralmente con della terra. Sotto il telo pacciamante si può prima stendere una manichetta per l’irrigazione. L’apparato radicale che si sviluppa sotto il telo risulta molto espanso e ine, soprattutto nello strato supericiale del terreno, e provoca nelle piante un grande sviluppo. Ciò è determinato dal riscaldamento del terreno in seguito alla Pesco. La pacciamatura impedisce lo sviluppo di erbe infestanti alla base delle giovani piante. Si possono impiegare ilm di plastica nera posti in opera subito dopo l’impianto SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Foto: Silvio Caltran Frutteto Pesco. La potatura è il lavoro più importante di questo periodo: nella recente «Guida illustrata alla potatura delle piante da frutto: pomacee e drupacee», supplemento al n. 10/2011, viene descritta la potatura di allevamento e di produzione del pesco nella forma a vaso copertura con ilm di colore nero, il quale attrae calore stimolando lo sviluppo delle radici e quindi dell’intera pianta. La durata nel tempo del ilm plastico, se non viene calpestato continuamente, è molto lunga (8-10 anni). La pacciamatura può essere effettuata anche con l’erba trinciata (per esempio quella del giardino), che va posizionata attorno al fusto. Questa soluzione favorisce la vita dei lombrichi i quali, oltre ad arieggiare il terreno con le loro gallerie, trasformano l’erba in humus, importante riserva di elementi nutritivi per le piante. Per avere un effetto pacciamante duraturo, si deve integrare l’erba della pacciamatura ad ogni sfalcio: in questo modo i semi delle infestanti non riescono a germinare. Questa tecnica colturale non presenta controindicazioni per il pesco e le drupacee in genere, mentre per melo, pero e actinidia la pacciamatura, sia d’erba che con il ilm di plastica, può essere pericolosa perché durante il periodo invernale richiama le arvicole (piccoli topi di campagna) che, sotto questa, scavano delle gallerie e rodono le radici. La pratica della lavorazione del terreno in prossimità del fusto per contrasrtare le infestanti è caduta in disuso ormai da molti anni, poiché causa più problemi che beneici. Infatti le lavorazioni, anche se supericiali, provocano sempre delle lesioni all’apparato radicale che SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 può essere colpito da malattie fungine (marciumi da Armillaria o buona famigliola), batteriche (tumori radicali) o da insetto (nematodi). Se si prevede di effettuare degli interventi diserbanti durante il periodo estivo conviene applicare in d’ora delle protezioni di materiale plastico alla base delle giovani piante: bottiglie di plastica, tipo quelle dell’acqua minerale, opportunamente tagliate e private del fondo e del collo, o apposite protezioni in vendita presso i rivenditori di prodotti per l’agricoltura. Buona pratica sarebbe quella di effettuare un diserbo subito dopo l’impianto impiegando un prodotto antigerminello, cioè in grado di impedire la germinazione dei semi delle erbe infestanti senza però causare danni alle giovani piantine. Si può impiegare un prodotto a base di oxadiazon (Gallery o Ronstar FL) alla dose di 100 grammi per 1.000 metri quadrati di supericie trattata. Per avere un buon effetto il diserbo deve essere seguito, nel giro di qualche giorno, da una leggera bagnatura che penetri per qualche centimetro nel terreno. Potatura di allevamento e di produzione. Per queste operazioni rimandiamo alla recente «Guida illustrata alla potatura delle piante da frutto: pomacee e drupacee», supplemento al n. 10/2011, nella quale viene descritta la potatura di allevamento e di produzione del pesco nella forma a vaso. Albicocco Nuovi impianti. Per quanto concerne le modalità di impianto, la preparazione delle buche, la messa a dimora, il Albicocco. Per la pacciamatura, al ine di impedire la nascita di infestanti, può essere impiegata anche l’erba sfalciata controllo della sanità e la potatura delle giovani piante al primo anno si devono seguire le indicazioni date per il pesco (vedi pag. 32 e seguenti). Gli astoni di albicocco di norma hanno un diametro maggiore di quelli del pesco, sono ben rivestiti di gemme lungo il loro asse e di solito non vi è il pericolo di germogliamenti irregolari: alla ripresa vegetativa i germogli sono molto numerosi, per cui non si avrà alcuna dificoltà a scegliere quelli che dovranno formare la struttura dell’albero. Potatura di allevamento e di produzione. Per queste operazioni rimandiamo alla recente «Guida illustrata alla potatura delle piante da frutto: pomacee e drupacee», supplemento al n. 10/2011, nella quale viene descritta la potatura di allevamento e di produzione dell’albicocco nella forma a vaso. Susino Nuovi impianti. Per quanto concerne le modalità di impianto, la preparazione delle buche, la messa a dimora, il controllo della sanità e la potatura delle giovani piante al primo anno si devono seguire le indicazioni date per il pesco (vedi pag. 32 e seguenti). Potatura di allevamento e di produzione. Per queste operazioni rimandiamo alla recente «Guida illustrata alla potatura delle piante da frutto: pomacee e drupacee», supplemento al n. 10/2011, nella quale viene descritta la potatura di allevamento e di produzione del susino nella forma a vaso. Ciliegio Nuovi impianti. Per coloro che decidono in questo periodo di acquistare ciliegi da porre a dimora, ricordiamo quelle varietà che dimostrano un buon comportamento nei vari ambienti, elencandole in ordine di maturazione: Burlat (dando preferenza alla selezione Burlat C1), Giorgia, Grace Star (la sola autofertile di questo gruppo), Van, Ferrovia. A queste, per le fresche vallate alpine e prealpine, si aggiungono Kordia e Regina che, nell’ordine, maturano dopo Ferrovia. Tutte si impollinano reciprocamente. Inine, chi si trova in ambiente in cui le piogge frequenti possono provocare facilmente spaccature sui frutti, può preferire Adriana, che per ora risulta la va- 35 Frutteto Ciliegio. Epoca media di maturazione delle varietà più diffuse Prealpi piemontesi, lombarde e venete Pianura e bassa collina di Veneto, Emilia-Romagna e Marche Italia meridionale e insulare 1-Burlat 5-10 giugno 25-30 maggio 20-25 maggio 2-Giorgia 15-20 giugno 6-11 giugno 28 maggio-2 giugno 3-Grace Star 17-22 giugno 8-13 giugno 31 maggio-5 giugno 4-Van 24-29 giugno 11-16 giugno 4-9 giugno 5-Ferrovia 27 giugno-2 luglio 18-23 giugno 11-16 giugno 6-Kordia 27 giugno-2 luglio 15-20 giugno 11-16 giugno 7-Regina 3-8 luglio 24-29 giugno 20-25 giugno Varietà 1 5 2 3 6 rietà più resistente a tale danno. È una varietà autosterile, ben impollinata da Giorgia e Burlat C1, un po’ lenta nell’entrare in produzione ma ben produttiva quando la pianta è adulta poiché fruttiica anche sui rami di un anno. Per questa sua caratteristica deve essere attentamente potata per rinnovare frequentemente le ramiicazioni. La raccolta di Adriana ha inizio all’incirca 12-14 giorni dopo Burlat C1, ma le sue ciliegie resistono molto bene sulla pianta. È da tenere presente però che in ogni regione esistono varietà tradizionali di altrettanto buon comportamento a cui molti coltivatori e consumatori sono affezionati. Così, per esempio, in Campania sono diffuse Malizia, Del Monte e Della Recca che, rispetto a Burlat C1, maturano rispettivamente all’incirca dopo 12 giorni, 17 giorni e 19 giorni. Malizia è impollinata da Giorgia e Ferrovia; Del Monte e Della Recca possono essere impollinate da una varietà au- 36 4 7 tofertile. Nel Veronese sono note Mora dalla Punta e Mora di Cazzano, che maturano circa 16 giorni dopo Burlat; non si impollinano fra loro ma sono impollinate da Giorgia. In Emilia-Romagna sono da ricordare in particolare Anellone e Durone Secondo di Vignola (ambedue impollinati da Grace Star); il primo matura più o meno con Ferrovia e il secondo 3-4 giorni dopo; e poi quella che gli emiliani chiamano la «ciliegia» (distinguendola dai Duroni) e cioè la dolcissima e produttiva Mora (o Moretta) di Vignola, che matura poco dopo Burlat ed è impollinata da questa e dal Durone Secondo. Potatura. Pur ricordando che il periodo più adatto per la potatura invernale cade dopo che sono passati i forti freddi, parliamo di questa operazione in da ora pensando a coloro che, in ambienti con clima mite, possono cominciare a inter- venire già a ine febbraio. Ricordiamo ancora che la potatura invernale è la più conveniente per i ciliegi innestati su portinnesti deboli o comunque per quelli di scarso vigore; infatti il taglio di rami in fase di riposo ne stimola poi la vegetazione. È altrettanto conveniente quando si devono effettuare tagli di grossi rami o branche su alberi vigorosi, su i quali la potatura normale deve essere invece eseguita in estate dopo la raccolta, per tenere a freno lo sviluppo della pianta. A proposito di interventi su grosse branche, per esempio nel caso di consistenti tagli di ritorno per abbassare la chioma, si tenga presente che si lasciano esposte ai raggi solari le parti inferiori dello scheletro, le quali ino a quel momento erano ombreggiate dalla vegetazione soprastante. Per evitare che la insolazione determini essiccazione della corteccia e insorgenza di cancri pericolosi, verniciate di bianco (con latte di calce) il tronco e le branche rimaste. Il colore bianco infatti rilette i raggi solari, e quindi il loro calore, impedendo la scottatura della corteccia. Nella «Guida illustrata alla potatura piante da frutto: pomacee e drupacee», supplemento al n. 10/2011, avete trovato le indicazioni per l’allevamento e la potatura di produzione di ciliegi a fusetto. Riteniamo però opportuno dare qualche indicazione supplementare nel caso abbiate di fronte alberi che mostrano comportamento diverso da quello schematizzato nella Guida suddetta, come quelle delle foto nella pagina successiva. Concimazioni. Per questo lavoro occorre distinguere tra piante in allevamento e piante in produzione, tenendo conto del portinnesto. Piante in allevamento su portinnesti vigorosi. Per i ciliegi in allevamento su portinnesti vigorosi – per esempio franco e malebbo (o Santa Lucia) – se per caso non avevate fatto la concimazione fosfo-potassica autunnale, si può distribuire un concime composto del tipo NPK 12-12-12 se il terreno ha fertilità media, oppure del tipo NPK 20-10-10 se ha fertilità scarsa. Dell’uno o dell’altro ne darete circa 300 grammi a una pianta di due anni per arrivare a 500 grammi circa per una pianta di cinque anni. Piante in allevamento su portinnesti deboli. Per i ciliegi in allevamento su portinnesti deboli (Gisela, Weiroot, CAB) conviene stimolare lo sviluppo vegetativo dell’albero per evitare che una precoce entrata in produzione lo SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Frutteto iacchi limitandone le crescita (e la produzione) nel terzo-quarto anno. Per queste piante, sempre nel caso che non abbiate provveduto in autunno e tenendo conto della fertilità del terreno, le quantità dei concimi sopraindicati dovranno essere aumentate di circa un terzo. Piante in produzione. Anche per i ciliegi in produzione ci si dovrà basare sul portinnesto. Con un portinnesto tradizionale (malebbo o franco o Colt) un ciliegio per uso famigliare può dare buone e costanti produzioni anche senza concimi, a meno che il terreno non sia di fertilità proprio scarsa. Gli può essere se mai utile un po’ di irrigazione nel periodo che va dall’invaiatura alla raccolta. Diversa considerazione deve essere fatta per un ciliegio innestato su un portinnesto debole che presenta un apparato radicale meno esteso. In questo caso bisogna evitare, come prima detto, che un’eventuale scarsa attività vegetativa si ripercuota negativamente sulla produttività dell’albero e sulla dimensione dei frutti. Pertanto nel caso che non si sia effettuata la concimazione fosfo-potassica autunnale, conviene impiegare un concime composto NPK del tipo 24-8-16 in quantità di 600-700 grammi per albero; se invece quella era stata eseguita, si somministri ora nitrato ammonico-26 in dose, anche in questo caso, di 600-700 grammi per albero. Innesti. Chi dovesse effettuare innesti, tenga presente che febbraio è il mese adatto per ricorrere all’innesto a triangolo (vedi pag. 30). a a a a 1 2 Ciliegio. In una pianta di medio vigore all’inizio del quarto anno molto carica di gemme a iore occorre un alleggerimento generale di rami (a) per evitare che un’elevata allegagione freni il rinnovo vegetativo, specialmente se si tratta di una varietà autofertile. Nelle foto, l’albero prima (1) e dopo (2) la potatura Foto: Gino Bassi Mandorlo Tra gennaio e febbraio ioriscono diverse varietà di mandorlo. Le varietà che vanno in ioritura prima del 20 gennaio sono dette a fioritura precoce, mentre sono rispettivamente a ioritura medioprecoce, media e medio-tardiva le varietà che ioriscono nell’ultima decade di gennaio, nella prima decade di febbraio e nella seconda decade di febbraio. Se si osservano i rami dei mandorli a a a a 1 2 Ciliegio. 1-Pianta molto vigorosa in cui è necessario eseguire tagli di ritorno relativamente energici (a). 2-La stessa pianta dopo la potatura Foto: Gino Bassi SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 prima della ioritura si potranno distinguere le gemme a iore da quelle a legno. Le prime hanno forma tondeggiante, le seconde invece sono sottili e terminano a punta. Prima che inizi la ioritura è bene effettuare la potatura delle piante. In generale possiamo parlare di due tipi di potatura, quella che si fa nelle piante giovani, detta potatura di allevamento, e quella da effettuare sulle piante adulte, cioè la potatura di produzione. La potatura di allevamento consiste nell’accorciare le branche a circa 1/3 della loro lunghezza, lasciando alla ine della branca una gemma rivolta verso l’esterno, in modo da predisporre la pianta a espandere la chioma. La seconda mira a dare equilibrio alla parte produttiva della pianta rispetto a quella vegetativa. Una buona potatura di produzione evita che, più in là nella stagione, la parte interna della chioma sia affollata di rami che impedirebbero la corretta penetrazione della luce e una buona circolazione dell’aria. La potatura va effettuata tutti gli anni e non deve essere mai esasperata. Se sono sovrabbondanti vanno sfoltiti i rami misti, cioè quelli che portano sia gemme a iore che a legno. Vanno sempre eliminati i rami secchi e quelli malati. Se in azienda si dispone di trinciasarmenti o trinciastocchi, è buona cosa triturare i residui della potatura e poi utilizzare il materiale ottenuto per prepara- 37 Frutteto Mandorlo. Tra gennaio e febbraio iorisce la maggior parte delle varietà re del compost utile poi come fertilizzante del terreno. Qualora ciò non sia possibile, i residui della potatura vanno allontanati dal frutteto e bruciati, per evitare la formazione di focolai di parassiti della pianta. Sempre vanno bruciati i rami malati e secchi. Ricordiamo che nella recente «Guida illustrata alla potatura delle piante da frutto: pomacee e drupacee», supplemento al n. 10/2011, è stata illustrata la potatura di allevamento e di produzione nella forma a vaso, largamente adottata per le tutte le drupacee, mandorlo compreso. In questo bimestre si può effettuare anche la concimazione. Allo scopo, se c’è la possibilità di reperire del buon letame maturo (possibilmente bovino), lo si utilizza alla dose di 30 kg per pianta. In alternativa si ricorre a concimi chimici ternari, cioè dotati di azoto, fosforo e potassio (simboli N, P, K), elementi indispensabili per la vita della pianta. Per esempio si può utilizzare un concime NPK 10-10-10 da distribuire alle dosi di 2 kg per pianta se giovane o di 3 kg per pianta se adulta. Prima di procedere alla concimazione sarebbe sempre bene conoscere la dotazione di elementi nutritivi del proprio terreno. Ricordate comunque di effettuare la distribuzione del concime H I sulla superficie corrispondente alla proiezione della chioma sul terreno, che è la zona esplorata dalle radici. Dopo l’operazione va effettuata una lavorazione del terreno al ine di interrare i concimi stessi. Si faccia attenzione a non scendere con gli attrezzi di lavoro al di sotto di 15 cm di profondità, altrimenti si corre il rischio di danneggiare le radici supericiali delle piante. A cavallo tra la ine di febbraio e l’inizio di marzo, si possono invece eseguire gli innesti a marza, a spacco sulle piante più piccole e a corona su quelle adulte. Le temperature miti dell’Italia meridionale consentono di anticipare di una decina di giorni le operazione di innesto. Interventi itosanitari per le drupacee Durante l’inverno le piante si trovano nella fase di riposo vegetativo. È quindi il momento di procedere alla potatura secca che, oltre a essere operazione indispensabile per evidenti motivi agronomici, è utile per individuare ed eliminare parti di pianta colpite da alcune malattie. È il caso per esempio delle «mummie», frutti che sono stati attaccati durante l’estate dalla monilia (vedi foto H) e che si sono disseccati restando appesi ai rami. Da questi frutti, se lasciati sulla pianta, a primavera partiranno le nuove infezioni di monilia. Quindi vanno asportati e bruciati o interrati. Se notate sui rami la presenza di cocciniglia, ricordate di effettuare uno speciico intervento durante il mese di marzo, come indicato nel prossimo numero de «i Lavori». Per pesco e nettarina, quando la temperatura media giornaliera si aggira intorno ai 7-8 °C (cioè in genere nella prima metà di febbraio), in corrispondenza della rottura della gemme a legno apicali si effettua il primo intervento contro la bolla del pesco (vedi foto I) L Mandorlo. Tra la ine di febbraio e l’inizio di marzo, si possono invece eseguire gli innesti a marza, a spacco e a corona. Nella foto: innesto a triangolo e il corineo (vedi foto L). Questo trattamento, insieme a quello effettuato lo scorso autunno durante la caduta delle foglie, rappresenta la base per la difesa contro tali avversità. Trattate con ossicloruro di rame-20 (bio, irritante) alla dose di 800 grammi per 100 litri di acqua (rispettate comunque le dosi di etichetta). Lo stesso intervento, effettuato sempre alla rottura delle gemme su susino, albicocco e ciliegio sarà utile per il controllo del corineo (vedi foto L) e della batteriosi (vedi foto M). Le indicazioni sopra riportate valgono anche per il mandorlo, per il quale è buona norma effettuare un trattamento con prodotti a base di prodotti rameici dopo la potatura per disinfettare le ferite provocate dagli attrezzi da taglio (forbici, seghetti, ecc.) ed evitare l’insorgere di malattie di origine fungina (bolla e corineo). M Drupacee. H-Le «mummie» dei frutti attaccati dalla monilia vanno asportate ed eliminate. I e L-Nella prima metà di febbraio è necessario effettuare il primo trattamento con prodotti a base di rame contro la bolla (I) e il corineo (L). M-Il medesimo trattamento è utile per il controllo del cancro batterico (Pseudomonas syringae). Nella foto: branca di albicocco deformata dall’infezione batterica; le ferite causate dai tagli di potatura sono state protette con mastice 38 SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Frutteto AGRUMI Lavori Raccolta. La maggior parte degli agrumi italiani si raccoglie in questo bimestre. Si prevede una campagna di raccolta molto lunga, soprattutto per quelli a polpa rossa, che si esaurirà nel mese di maggio e che evidenzierà un aumento di produzione del 15-20% rispetto al 2010-2011. I frutti vanno raccolti quando sono perfettamente asciutti e vanno posti nelle cassette di raccolta evitando gli urti. La corretta manipolazione evita lesioni alla buccia, la penetrazione di acqua e lo sviluppo di marciumi. È buona norma, come regola generale, ridurre al minimo i tempi della loro permanenza nei contenitori prima della vendita: il miglior modo per conservare i frutti di agrume è quello di lasciarli attaccati alla pianta. Entro gennaio potete ancora intervenire con l’unico fitoregolatore anticascola autorizzato su agrumi, il Maxim della ditta Gobbi, non classiicato, dimezzando le dosi consigliate (quindi mezza pillola per 100 litri d’acqua), allo scopo di prolungare la raccolta dei frutti di due mesi rispetto alla norma. Il trattamento deve però essere fatto entro gennaio, pena una riduzione della produzione dell’anno prossimo e una scarsa eficacia anticascola. Negli ultimi anni è aumentata enormemente l’attenzione al rispetto delle norme igieniche in fase di raccolta; è importante infatti prevenire la contaminazione dei frutti da parte di microrganismi dannosi per l’uomo per mezzo di forbici, tute, guanti o contenitori per la raccolta. I frutti caduti o che sono rimasti a contatto con il terreno, anche solo per un breve periodo, è quindi preferibile che non siano destinati al consumo. Le cassette per la raccolta devono essere igienicamente sicure: non vanno utilizzate per altri scopi e prima dell’uso occorre lavarle accuratamente con pompe Agrumi. Frutto di pompelmo danneggiato dal gelo: questa specie, insieme al limone, è la più sensibile al freddo SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Agrumi. La maggior parte degli agrumi si raccoglie in questo bimestre: i frutti vanno staccati quando sono asciutti e riposti nelle cassette evitando gli urti e lesioni alla buccia Agrumi. La cascola dei frutti è un fenomeno isiologico, se ne può rallentare il processo mediante l’uso di itoregolatori ad acqua ad alta pressione e detersivi. Fate attenzione agli animali domestici e selvatici: è bene allontanarli dagli agrumeti nel periodo della raccolta. Prima di iniziare la raccolta è importante annotare gli eventuali problemi itosanitari presenti, per esempio i danni da infestazioni di insetti, eseguendo una mappatura delle piante più infestate, allo scopo di programmare in primavera l’esecuzione di lanci di insetti utili in modo preventivo e mirato. Sempre prima della raccolta, segnate con un pennello i tronchi delle piante che mostrano naturale tendenza a mutazioni degenerative che sono peggiorative della qualità dei frutti: in primavera, quando non sarebbe più possibile riconoscere una pianta mutata da una normale, saranno facilmente individuabili grazie al segno lasciato e si provvederà alla loro sostituzione con piantine certiicate. Gestione del suolo. La copertura erbosa del terreno nel periodo invernale va in genere salvaguardata, perché utile alla buona gestione dell’agrumeto e, se non supera i 20 cm di altezza, non compete nell’assorbimento dell’acqua. Inol- tre, in caso di piogge battenti, la copertura erbosa riduce notevolmente la quantità di schizzi d’acqua, che possono trasportare spore di itoftora sui frutti vicini al terreno. Agevola, inine, il passaggio dei mezzi meccanici. Nelle aree maggiormente soggette alle gelate, invece, è opportuno ridurre a zero la copertura vegetale mediante una lavorazione del terreno: la lora spontanea, infatti, riduce l’assorbimento dei raggi solari da parte del terreno, aumentando il rischio di danni da gelo. Gli sfalci della lora spontanea a ciclo autunno-invernale vanno effettuati a ine inverno, perché hanno un effetto «pacciamante» che riduce la nascita e lo sviluppo di quella a ciclo primaverile-estivo, la meno desiderata perché entra in competizione con gli agrumi per l’acqua e gli elementi nutritivi. In tal caso è utile effettuare la concimazione tramite l’impianto irriguo in primavera, se necessario, per allungare il periodo di permanenza della «pacciamatura» naturale. Fate attenzione a non ferire le piante durante le lavorazioni meccaniche, per evitare il diffondersi di funghi del genere Fusarium, agenti del marciume secco; segnaliamo però che l’esatta causa di questa malattia non è ancora stata determinata. Queste infezioni sono più frequenti sui nuovi portinnesti citrange, nel complesso più tolleranti però al virus della «Tristeza». La malattia si manifesta anche in concomitanza di infezioni da itoftora e di danni da tossicità per eccessive dosi di fertilizzanti e diserbanti. Nessun trattamento chimico è eficace. Potatura e concimazione. Poiché gli agrumi sono piante sempreverdi, ricordiamo che la potatura e la concimazione minerale effettuati adesso provocherebbero un anticipo dell’attività vegetativa, con un conseguente aumento di eventuali danni da gelo, nelle aree soggette a tale rischio, e di malsecco del limone. È utile in questo periodo alzare con forcelle di legno le ramificazioni più basse, che per il peso dei frutti tendono a strisciare sul suolo, anche per ridurre le infezioni di allupatura o marciume bruno dei frutti. In questo periodo è invece possibile effettuare la concimazione organica. Utilizzando letame maturo, alla dose di qualche decina di quintali per ettaro, si otterrà un aumento della massa delle radici assorbenti e una riduzione dei danni da tripidi, perché la sostanza organica favorisce la proliferazione dei loro predatori nel terreno. 39 Frutteto Inine, se non siete in zone a rischio di gelo e non coltivate limone, una o due concimazioni fogliari invernali a base di urea tecnica, alla dose di 0,5-1 kg per 100 litri d’acqua, si sono dimostrate eficaci nello stimolare la produzione dei iori (riducendo quindi l’eventuale alternanza di produzione) e nell’aumentare la salute generale delle piante. Le concimazioni fogliari integrano bene la concimazione organica, che inevitabilmente ritarda e riduce la disponibilità di azoto nel terreno nei periodi invernali più freddi. Grazie all’integrazione di queste tecniche i frutti miglioreranno in quantità e in qualità. Prima di concimare giovani piantine appena impiantate, aspettate almeno sei settimane o che stiano vegetando, segno che sono attecchite. Agrumi. Nel periodo invernale la copertura erbosa del terreno agevola il passaggio dei mezzi meccanici. Inoltre in caso di piogge battenti riduce la quantità degli schizzi d’acqua che possono trasportare spore di itoftora sui frutti Interventi itosanitari per gli agrumi I marciumi radicali e le infezioni da itoftora (vedi foto N) si presentano con lesioni alla corteccia, che si solleva, e fuoriuscita di sostanze gommose dalla parte basale del tronco. La pianta può subire gravi danni su fusto e radici che ne compromettono lo stato di salute generale, ino anche alla morte. Per una diagnosi precoce, il primo sintomo cui dovete prestare attenzione è l’ingiallimento accentuato delle foglie, compresa la nervatura centrale; successivamente le foglie cadono e i rametti disseccano. Sulle radici più piccole si possono riscontrare lesioni dette a «occhio di rana». La cura prevede la rimozione dello strato supericiale del terreno, in modo da scoprire le radici principali, quindi la distribuzione sulla parte basale del tronco di abbondanti quantitativi di prodotti a base di rame, per esempio ossicloruro di rame-20 (bio, non classiicato) alla dose di 500 kg per 100 litri di acqua. È poi N1 N2 Agrumi. L’eliminazione della flora spontanea mediante una lavorazione del terreno è necessaria nelle aree maggiormente soggette alle gelate. L’erba riduce infatti l’assorbimento dei raggi solari da parte del terreno, aumentando il rischio di danni da gelo sicuramente utile ricoprire il piccolo scavo alla base del tronco con del pietrisco sottile, che garantisca per molti anni ottimali condizioni di aerazione. Le piante morte vanno estirpate in questo periodo e rimpiazzate in primavera. Una malattia collegata ai marciumi ra- dicali è l’allupatura o marciume bruno dei frutti (vedi foto O), che si presenta maggiormente nelle annate piovose e che rende i frutti assolutamente non idonei alla commercializzazione. I sintomi compaiono principalmente sui frutti maturi o quasi maturi; inizialmente la buccia mostra delle lesioni color cuoio che sembrano impregnate d’acqua, ma ben presto i frutti diventano morbidi, con un colore tra il marrone chiaro e marrone oliva e un odore pungente. I frutti colpiti cadono e occasionalmente anche rametti, foglie e iori infetti mostrano un imbrunimento. Il malsecco dei limoni (vedi foto P) è favorito dalle ferite causate da grandinate o forte vento, frequenti in questo periodo invernale. Limone, cedro e bergamotto sono le specie più sensibili; i primi sintomi si manifestano sulle foglie presenti nella parte terminale di rami che mostrano decolorazioni e ingiallimenti, soprattutto in corrispondenza delle nervature; con il tempo si ha caduta delle foglie e il disseccamento dei rametti. Nel caso di infezioni della parte aerea il decorso della malattia è lento e si ha l’emissione di numerosi polloni; se invece l’infezione prende avvio dalle radici, si ha la morte della pianta in breve tempo. Altro sintomo è costituito dalla tipica colorazione salmone che assume il legno infetto. In questo bimestre freddo e umido si possono sviluppare anche infezioni del batterio Pseudomonas syringae. Di solito iniziano con lesioni nerastre nel picciolo delle foglie e progrediscono sino alla loro inserzione; a seguito dell’infezione si può seccare l’intero rametto. Il danno è più marcato sul lato della pianta più esposto al vento invernale prevalente. Sui frutti possono apparire piccole macchie. Per tutte le avversità sopra elencate, all’evidenziarsi dei sintomi irrorate con poltiglia bordolese-20 (bio, non classiicato o irritante, tempo di sicurezza 20 giorni) alla dose di 750 grammi per 100 litri di acqua. O Agrumi. N-Il primo sintomo di un attacco di itoftora è l’ingiallimento delle foglie (1), nervatura centrale compresa, che successivamente cadono, e il disseccamento dei rametti. Sulle radici più piccole si possono riscontrare lesioni cosiddette a «occhio di rana» (2). O-Frutto di limone con i sintomi dell’allupatura. P-Il malsecco del limone (vedi freccia) è favorito dalle ferite causate da grandinate o forte vento 40 P SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Frutteto ALTRE SPECIE IMPORTANTI Actinidia «Guida illustrata alla potatura delle piante da frutto»: con il numero di febbraio è in arrivo la seconda parte Ricordiamo che con il prossimo numero di febbraio verrà pubblicata anche la seconda parte della «Guida illustrata alla potatura delle piante da frutto» nella quale i nostri esperti vi forniranno le indicazioni di base per la potatura di allevamento e di produzione di actinidia, olivo, castagno, nocciòlo, piccoli frutti, kaki, ico, noce, nespolo comune e nespolo del Giappone. In questo bimestre, con riferimento al Nord Italia, l’actinidia si trova nella fase di «riposo invernale»; al Centro e al Sud l’anticipo è mediamente di 15-30 giorni e pertanto a ine bimestre le piante potranno trovarsi nelle successive fasi di «ingrossamento gemme» e «schiusura gemme». Lavori Preparazione del terreno e nuovi impianti. Prima di trattare l’argomento ricordiamo che, a causa del diffondersi della batteriosi (o cancro batterico o psa, vedi a pag. 42), alcune Regioni (ad esempio il Veneto e la Lombardia) hanno decretato il divieto di attuare nuovi impianti di actinidia ino al 31 dicembre 2012: poiché il problema è in rapida evoluzione veriicate se vi sono divieti in vigore anche nella vostra zona, informandovi presso i Servizi itosanitari della Regione. Per quanto concerne la preparazione del terreno valgono le indicazioni fornite ne «i Lavori» di novembre-dicembre 2011, a pag. 33. L’actinidia è una pianta che necessita di molta acqua, la quale però non deve ristagnare per non creare problemi di asissia radicale o malattie tipo armillaria o itoftora. I terreni migliori sono quelli sciolti o ricchi di scheletro, con una percentuale di sostanza organica di oltre il 2,5% e un basso contenuto di calcare attivo. Questa specie mal sopporta i terreni con un contenuto di calcare attivo di oltre il 4%; al di sopra di questo valore le piante faticano ad assorbire il ferro e ciò è causa di vistosi ingiallimenti della vegetazione (cloriosi ferrica), con frutti che presentano una polpa giallognola, che non si prestano alla conservazione e che hanno un gusto pessimo. I forti ingiallimenti della vegetazione sono costosi e dificili da curare. Se operate in un terreno argilloso ponete a dimora le piante su un leggero dosSUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 so, per favorire lo sgrondo delle acque, ampliate di molto la dimensione delle buche e ponete sul fondo di esse dei sassi. L’apparato radicale dell’actinidia non si espande molto né in profondità né in larghezza, ma in compenso è molto itto. Le radici formano delle «spazzole» che esplorano gli strati supericiali (primi 2030 cm) del terreno, con qualche radice che scende oltre il metro, suolo permettendo. Lo sviluppo dell’apparato radicale nei primi anni è rapidissimo (basta osservare le radici di una pianta al primo o secondo anno quando la si acquista), per cui è bene preparare delle buche capienti. La messa a dimora si deve effettuare dopo i grandi freddi, per evitare danni da gelo, ma prima che inizi il «pianto» Actinidia. Radici di actinidia attaccate da nematodi galligeni. Le piante colpite vegetano stentatamente fornendo produzioni di scarsa qualità Actinidia. Potatura di produzione di piante allevate a pergola semplice (perdita di linfa nel punto di taglio), quindi, indicativamente entro metà febbraio. Nella scelta delle piante preferite quelle a radice nuda di uno o due anni, con apparato radicale folto e sano, cioè esente da attacchi di nematodi (vermi parassiti piccolissimi, non visibili a occhio nudo) che deformano le radici con rigoniamenti di forma allungata, grandi qualche millimetro, che le portano ad assumere un andamento a zig-zag. Queste infestazioni sono molto pericolose e dificili da debellare. Se non avete la possibilità di acquistare piante a radice nuda potete ricorrere a esemplari, possibilmente di un anno, venduti in contenitori di oltre 20 cm di diametro. In questo caso, prima della messa a dimora dovete rompere il pane di terra sgrovigliando le radici esterne. Subito dopo l’impianto tagliate la parte aerea a 30-50 cm da terra e afiancate subito alla piantina un tutore, che può anche essere uno spago. Prima di effettuare l’impianto stabilite quale forma di allevamento darete alle vostre piante. Nel caso della pergola semplice o doppia la distanza di impianto da adottare è di 2,5-3 metri tra le piante sulla ila; le pergole semplici potranno avere un tetto di 3-4 metri e le doppie di 2-3 metri per ogni falda. Se pensate di ridurre le distanze di impianto, perché non disponete di spazio, avete già sbagliato in partenza: otterrete delle piante che produrranno solo legno e non frutta. Tenete presente che, per produrre, l’impianto abbisogna di piante maschili: per avere un ottimo risultato il rapporto deve essere di almeno 1 pianta maschile ogni 5 piante femminili. Forme di allevamento. Nella pergola semplice la pianta è costituita da un fusto alto circa 2 metri che prosegue sul tetto della pergola ino all’estremità di questa; la parte di fusto che prosegue sulla pergola è chiamata «cordone permanente». Nelle piante adulte, dopo la potatura, il cordone permanente presenta dei tralci («capi a frutto») che partono o direttamente da esso o nel punto di curvatura di 41 Frutteto un ramo dell’anno precedente. La lunghezza dei capi a frutto è di circa 150-200 cm, con 15-20 gemme. Questi tralci, distanziati tra loro 30 cm sia a destra che a sinistra del cordone, vanno legati perpendicolarmente a esso in modo da formare un angolo di circa 90°. A potatura inita la pianta presenta quindi un cordone rivestito di tralci, a guisa di una lisca di pesce. Se il tetto della pergola è lungo 4 metri potete tenere una decina di tralci a destra e una decina a sinistra. I ili che formano il tetto della pergola devono essere distanziati tra loro 40-50 cm. Nella pergola doppia si possono allevare due cordoni, uno a destra e uno a sinistra dei due tetti della pergola; la potatura si esegue come per le pergole semplici. Al Centro Italia la forma di allevamento più usata è il tendone: le piante hanno un fusto alto 2,2 metri che termina con 4 «bracci»; su ognuno di questi vengono allevati 4-5 capi a frutto di circa 15 gemme. Anche per questa forma di allevamento è prevista l’installazione di pali e di un reticolo di ili a sostegno delle piante e della produzione. Potatura. La potatura di allevamento e di produzione sarà descritta nella seconda parte della «Guida illustrata alla potatura delle piante da frutto», che verrà allegata al n. 2/2012. Potatura delle piante con problemi di carie. Nel 2011 sono comparsi all’interno di diversi actinidieti infezioni di carie, con ampi disseccamenti fogliari e cascola prematura di foglie. La carie è una malattia causata da diversi funghi lignicoli che, attraverso i tagli di potatura, penetrano all’interno delle branche e dei fusti, infettandoli. La 1 Actinidia. Filare di piante allevate a pergoletta doppia, dopo la potatura pianta colpita deperisce nel corso di qualche anno, tende a ridurre lo sviluppo della chioma e viene portata alla morte. Per questa malattia non si conoscono rimedi chimici; occorre quindi adottare solo interventi di difesa agronomica. Inizialmente la malattia colpisce alcune branche o parte del cordone permanente, lasciando il fusto sano per qualche anno; prima che anche questo venga infettato, è opportuno scegliere un succhione nella sua parte bassa e allevarlo per rinnovare la pianta. Non appena il getto sostitutivo ha sviluppo adeguato, si procede a tagliare il vecchio fusto poco sopra; se al taglio non si riscontrano macchie necrotiche all’interno del legno, si otterrà una pianta risanata che nel giro di 2-3 anni potrà produrre regolarmente. Qualora invece il legno sia macchiato la pianta andrà persa nel giro di qualche anno. Interventi itosanitari per l’actinidia Negli impianti colpiti dalla batteriosi (o cancro batterico o psa, dal nome latino del batterio che ne è la causa Pseudo- 2 Actinidia. 1-Sintomi della carie: le foglie manifestano delle aree necrotiche (cioè con i tessuti morti) che possono conluire e interessare l’intera lamina (vedi frecce). Questa malattia è causata da diversi funghi lignicoli e colpisce branche e fusti impedendo il regolare percorso della linfa. Nei casi più gravi si ha la caduta anticipata delle foglie e dei frutti. 2-La malattia penetra attraverso i grossi tagli di potatura facendo marcire i mozziconi di legno; questi cedono anche in seguito a una leggera pressione e diventa visibile il legno cariato sottostante 42 monas syringae pv actinidiae, vedi foto Q a pag. 43), o comunque nelle zone in cui questa terribile malattia è presente, sarà opportuno effettuare controlli accurati per cogliere prontamente eventuali sintomi, come tralci disseccati o rami con cancri (peraltro non facili da individuare). Le parti colpite andranno asportate tagliando ad almeno 100 cm dal sintomo e bruciate. Le forbici di potatura devono essere disinfettate con benzalconio cloruro (reperibile nelle rivendite di prodotti per l’agricoltura), alla dose di 1 grammo per litro d’acqua. Per ridurre le infezioni causate da questo batterio è una buona norma potare le piante durante il pieno inverno, prima del «pianto», periodo in cui la possibile diffusione delle infezione con i tagli di potatura sono minori. Se potete, cioè se non avete molte piante, scegliete giornate di freddo secco, senza nebbia, perché in queste condizioni la diffusione del batterio è più limitata. Al termine della potatura effettuate un intervento con prodotti a base di rame (ossicloruro, poltiglia bordolese), utilizzando quelli autorizzati per l’actinidia alle dosi di etichetta. Anche in caso di gelate, che causano ferite attraverso le quali può avvenire la penetrazione del patogeno, sarà utile trattare subito dopo con prodotti rameici alle stesse dosi di etichetta. Castagno Lavori La stagione appena trascorsa si è segnalata per le molte dificoltà del comparto castanicolo. La produzione di castagne ha mostrato una forte contrazione delle quantità commerciabili e una disaffezione dei consumatori per la qualità, spesso scadente, del frutto. È necessaria una rapida valutazione delle cause di questi fenomeni allo scopo di deinire gli eventuali interventi necessari a migliorare la produttività. In molte regioni italiane la produttività delle piante è stata notevolmente ridotta per effetto della massiccia presenza del cinipide galligeno. L’infestazione ha raggiunto una fase espansiva tale da generare una contrazione della produzione superiore al 60-70% rispetto alle quantità mediamente attese. Va fatto notare che la riduzione della quantità di frutti prodotti è la caratteristica saliente della presenza del cinipide: non sono per nulla veritiere le affermazioni che l’insetto determini la morte SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Frutteto Q1 Q2 Q3 Actinidia. Q-La batteriosi è una nuova malattia causata dal batterio Pseudomonas syringae pv actinidie che colpisce le piante in autunno, durante la caduta delle foglie; la malattia si manifesta sulle gemme, nel punto di distacco delle foglie, con l’emissione di una mucillaggine biancastra (1). Con l’avanzare della malattia il legno dell’annata imbrunisce e sotto la corteccia compaiono degli arrossamenti con un essudato mucillaginoso (2). I sintomi possono essere presenti anche sui rami di più anni o sui fusti (3). La pianta è destinata a morire nel giro di poco tempo. Per il momento non esistono prodotti in grado di fermare la malattia, è possibile solo effettuare trattamenti preventivi con prodotti a base di rame nelle fasi di caduta foglie e inizio germogliamento, nonché subito dopo gli interventi di potatura della pianta. Non c’è, allo stato attuale, nessuna evidenza che ciò avvenga. Per quanto riguarda la lotta a questo parassita, non vi è alcuna azione che il castanicoltore possa adottare singolarmente. Non serve a nulla rimuovere le sue galle (rigoniamenti sferici che compaiono sulle gemme e sulle foglie): ve ne saranno altre negli ambienti circostanti che manterranno l’infestazione. Allo stesso modo, non è utile la rimozione degli esemplari infetti se nell’area persistono altre piante di castagno. Non esistono principi attivi (insetticidi) in grado di fermare la diffusione dell’insetto. L’unica lotta possibile ed eficace si basa sull’introduzione nel castagneto del suo antagonista naturale, l’imenottero Torymus sinensis. Tale introduzione deve essere effettuata dai Servizi itosanitari delle singole Regioni e deve essere costantemente monitorata negli anni seguenti per valutare la reale eficacia del rilascio del Torymus, predatore del cinipide. L’esecuzione di trattamenti per la lotta agli insetti che si nutrono dei frutti (cidia e balanino) va sospesa in tutte le aree in cui si è provveduto o si provvederà al rilascio del Torymus. L’uso degli insetticidi, infatti, seppure ineficace nei confronti del cinipide, può limitare fortemente l’espansione dell’insetto utile predatore. La causa principale della scarsa o modesta produzione di castagne risiede più frequentemente nelle dificili condizioni climatiche che hanno contraddistinto la passata stagione vegetativa. Periodi di prolungata siccità (soprattutto in primavera e in fase di raccolta), uniti a consistenti abbassamenti termici avutosi in corso di ioritura, hanno compromesso la produzione di castagne un po’ ovunque. Nel mese di luglio l’alternanza di SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 basse e alte temperature, associata all’elevata umidità relativa dell’aria, ha determinato la presenza di frutti marci o non commestibili alla raccolta (con percentuali ino al 70%). L’agente principale del marciume del frutto è il fungo Gnomoniopsis pascoe, che determina piccole macchie scure all’interno della polpa che interessano via via tutto il frutto, il quale assume un colore grigio scuro. La consistenza della polpa è gessosa e l’odore estremamente sgradevole. Spesso nemmeno un’accurata cernita dei frutti raccolti si è dimostrata suficiente a eliminare quelli affetti da marciume a causa della presenza asintomatica del parassita (la buccia non mostrava alterazioni evidenti nel colore). Il problema legato al marciume dei frutti non costituisce una novità essendo stato segnalato da una decina d’anni in diverse aree castanicole. Le condizioni climatiche anomale dell’annata trascorsa hanno ampliicato il danno rendendo non commerciabile e non gradita ai consumatori una larga fetta della produzione. 1 2 Il danno procurato dalla raccolta di notevoli quantità di frutti non idonei al consumo perché marci è da ritenersi superiore a quello determinato dalla presenza del cinipide. Infatti, mentre il danno prodotto da quest’ultimo causa una diminuzione della quantità dei frutti e non comporta costi aggiuntivi, il fatto di non poter distinguere i frutti marci da quelli sani implica comunque la raccolta totale dei frutti con i relativi oneri e costi, senza che vi sia un ricavo adeguato dalla vendita del prodotto. Per quanto riguarda la possibilità di intervenire con prodotti fungicidi nei confronti del marciume da Gnomoniopsis se ne darà conto ne «i Lavori» di maggio-giugno. Le condizioni climatiche determinano difficoltà nel gestire il castagneto perché lo rendono più sensibile agli attacchi di malattie letali per la pianta, con particolare riferimento al cancro corticale e al marciume radicale provocato da funghi del genere Phythphtora. Nuovi impianti. Nei nuovi impianti la preparazione del terreno non deve avvenire in modo affrettato e casuale: sistemazione del suolo, concimazione di fondo, aratura e lavori di affinamento sono fondamentali per la riuscita del frutteto di castagno. Il castagno va considerato pianta da frutto a tutti gli effetti. Come tale se ne sconsiglia la coltivazione nei suoli che non dispongono di irrigazione. Non è infatti possibile afidare la crescita della pianta al solo apporto idrico offerto dalle precipitazioni piovose. Concimazione. Il castagno necessita di interventi di fertilizzazione costanti. La fertilizzazione è una pratica annuale e deve rispettare le esigenze di crescita e produzione delle piante (vedi «i Lavori» di novembre-dicembre, a pag. 35). Molto importante è la fertilizzazione 3 Castagno. 1-Galla causata dal cinipide galligeno. 2-Il cinipide galligeno del castagno (Dryocosmus kuriphilus, 1,5 mm) è originario della Cina ed è comparso in Italia nel 2002. La sua diffusione si è estesa e intensiicata in questi ultimi anni. 3L’unica lotta possibile ed eficace si basa sull’introduzione nel castagneto dell’antagonista naturale del cinipide, l’imenottero Torymus sinensis (2,5 mm) 43 Frutteto minerale che deve essere eseguita annualmente. Un castagneto al quale venga somministrata regolarmente un’integrazione di concimi minerali mostra percentuali signiicativamente inferiori di mortalità delle piante e di frutti colpiti dal marciume. La concimazione deve avvenire tramite l’apporto dei tre macroelementi (azoto, fosforo e potassio) con l’integrazione di calcio in forma facilmente disponibile per la pianta. Il calcio può essere fornito sotto forma di litotamnio, prodotto biologico contenente il 40% di calcio e il 5% di magnesio ottenuto dalla micronizzazione delle alghe marine, alla dose di 250 kg per ettaro. La fertilizzazione organica a base di letame maturo o compost deve avere cadenza biennale o triennale. Interventi itosanitari per il castagno Nessun trattamento antiparassitario è previsto in questo periodo. Olivo In questo bimestre, con riferimento al Nord Italia, l’olivo si trova nella fase di «riposo vegetativo»; al Centro e al Sud l’anticipo è mediamente di 15-30 giorni e pertanto a ine bimestre le piante potranno trovarsi nella successiva fase di «schiusura gemme». Lavori Potatura. Chi volesse dare inizio alla potatura dell’olivo prima della ine di questo bimestre, si ricordi del pericolo rappresentato da forti abbassamenti della temperatura che avvengano poco tempo dopo l’esecuzione della potatura stessa. Nel dubbio, è meglio rimandare gli interventi al bimestre successivo. Fin da ora comunque è opportuno spiegare i criteri che devono essere seguiti per avere piante giovani che entrano presto in produzione e piante adulte sulle quali tutte le operazioni (raccolta, potatura, difesa contro i parassiti) possano essere compiute facilmente e rapidamente. 44 La potatura dei giovani olivi deve essere ridotta al minimo: lasciare sulla pianta numerosi rami (e quindi foglie che elaborano nutrimento) accelera lo sviluppo dell’apparato radicale; da ciò deriva, di riflesso, un’accentuata formazione di nuovi rami. Si raggiunge così rapidamente l’equilibrio tra gli ormoni prodotti dalle radici e quelli prodotti dalle foglie, il che si traduce in una facile formazione di gemme a iore sui rami di un anno. Naturalmente potatura minima non signiica avere un bosco al posto della chioma. Dopo aver lasciato intatta la chioma stessa nel primo anno (ed eventualmente anche nel secondo), si interviene eliminando i succhioni (appena sorgono), i rametti cresciuti in ombra verticalmente verso il basso (si riconoscono perché hanno le foglie rigirate in su), ed eventuali rami che risultano concorrenti con quelli che si scelgono per formare l’impalcatura. Si elimineranno anche, alla ine di ogni anno, i rami eventualmente sorti al di sotto di 50-60 cm da terra. Così operando, con varietà molto produttive al terzo anno si possono già raccogliere alcuni ettogrammi di olive. Con la potatura degli olivi in produzione si deve cercare di mantenere la metà inferiore della chioma ricca di vegetazione, mentre la metà superiore dovrà risultare sempre più diradata, a mano a mano che si procede verso l’alto. In questo modo, qualunque sia la forma di allevamento adottata, da un lato si favorisce l’illuminazione anche della vegetazione più bassa, mantenendole uno sviluppo sempre attivo, dall’altro si otterrà una chioma non eccessivamente alta e facile da affrontare per tutte le operazioni colturali, in primo luogo la raccolta. Concimazione. Chi non avesse ancora provveduto a effettuare, se necessaria, la concimazione con sostanza organica, e fosforo e potassio, potrà provve- 1 Olivo. In questo bimestre è possibile effettuare la potatura solo laddove non vi siano pericoli di successivi forti abbassamenti della temperatura dere ora, magari anche ricorrendo a un concime composto del tipo NPK 15-915, che contenga cioè anche l’azoto (N) che sarà necessario a partire dalla ine dell’inverno. Chi ha già provveduto alla concimazione organica, non dimentichi le quantità somministrate poiché, con la prossima distribuzione di azoto a ine inverno, dovrà tener conto di quanto ne ha già apportato, per esempio con il letame. Ricordiamo infatti che un quintale di buon letame bovino maturo contiene dai 400 ai 600 grammi di azoto e che un eccesso di questa sostanza nutritiva favorisce la sensibilità dell’olivo al freddo e la suscettibilità agli attacchi di cocciniglia (come spesso ricordiamo nel capitolo dedicato agli interventi itosanitari). Ricordiamo anche che se si usa letame ricco di paglia, cioè non maturo, molto del suo azoto va perduto a causa del consumo che ne fanno i microrganismi del terreno per «distruggere» la paglia. La distribuzione di qualunque concime (letame o prodotto chimico) deve sempre interessare il terreno corrispondente alla proiezione della chioma, e non essere a ridosso del pedale. 2 Olivo. 1-Danni da gelo: fessurazioni della corteccia di un giovane ramo. 2-Per proteggere le piante dal freddo si può rivestire il fusto con paglia o con tubi o manicotti di polistirolo SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Frutteto Protezione contro il freddo. Un’eficace protezione contro il freddo invernale può essere ottenuta rivestendo il fusto con paglia (così come si fa per l’actinidia), oppure anche con tubi o manicotti di polistirolo, rincalzando bene con la terra la parte basale e chiudendo altrettanto bene con carta grossolana l’estremità superiore. Ricordate che pericoli di danni da freddo possono derivare anche dalle gelate tardive, che son tanto più pericolose quanto più risultano vicine alla ripresa vegetativa. In seguito a queste gelate viene di solito colpita più facilmente la parte del fusto vicina a terra e orientata a estsud-est. Anche per questa eventualità la migliore difesa si ottiene con l’applicazione delle protezioni ricordate prima. Un metodo di difesa semplice ed eficace in caso di freddi non particolarmente intensi è rappresentato dalla verniciatura con latte di calce, in modo da rendere bianco il fusto. Siccome infatti il danno può derivare dal rapido riscaldamento del fusto da parte del sole del primo mattino dopo una nottata con temperature sotto zero, ecco che il bianco, rilettendo i raggi solari, evita o limita l’allessamento (scottatura) dei tessuti. Acquisto delle piante per i nuovi impianti. Nella maggior parte degli ambienti la piantagione di nuovi olivi viene effettuata a ine inverno, ma è consigliabile prenotare al più presto le piante da acquistare per evitare di doversi accontentare di eventuali rimanenze. Ricordate che ogni pianta deve essere munita di etichetta con indicazione della varietà. Ecco i consigli per chi deve acquistare nuove piante. Sono da preferire piantine giovani, di 18-20 mesi, possibilmente provenienti da talea. Avrete così olivi uniformi, di solito più rapidi nell’entrare in produzione; se poi per caso in futuro dovessero soccombere per un forte freddo, i polloni che si utilizzeranno per ricostituire l’albero non avranno bisogno di essere innestati. Se invece la pianta è provvista di portinnesto, è probabile che i polloni nascano da esso e dovranno quindi essere poi innestati. È vero d’altra parte che esistono alcune varietà che male rispondono alla propagazione per talea e quindi bisogna per forza acquistare piante innestate. Tuttavia basterà che queste piante vengano poste in terra a profondità leggermente maggiori, in modo che il punto di innesto venga a trovarsi 5-7 cm sotto terra dopo l’assestamento del terreno. In queste condizioni il giovane olivo emetterà • • SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 dizioni pedologiche e climatiche locali; in particolare se il terreno d’impianto è sito in una zona che gode di un riconoscimento di denominazione d’origine, è conveniente acquistare varietà previste dal disciplinare di produzione che lo riguarda, anche se non prevedete di approfittare subito dei benefici che potrebbero derivarne. Ricordate inine che la maggior parte delle varietà di olivo sono autosterili e hanno quindi necessità dell’impollinazione incrociata. Vedete a questo proposito, più avanti, il paragrafo «Consociazione varietale per l’impollinazione». In attesa di provvedere alla messa a dimora, conservate le piante in un ambiente protetto e luminoso, e non dimenticate di annafiarle frequentemente. L’olivo infatti, essendo sempreverde, continua in questi mesi la sua attività vegetativa pur se in forma ridotta, e la traspirazione delle foglie determina sempre una certa perdita di acqua, che va reintegrata. Inine, tenendo conto che ogni pianta dovrà essere afiancata da un robusto palo di sostegno, pensate per tempo a procurarne la quantità necessaria. • Olivo. Per i nuovi impianti è preferibile acquistare piante in vasetto perché il loro attecchimento risulta di solito più facile facilmente nuove radici sopra il punto di innesto e quindi, dopo un certo numero di anni, l’olivo risulterà su proprie radici anziché su quelle del portinnesto, e avrà quindi tutte le caratteristiche di una pianta ottenuta da talea. È preferibile acquistare le piante in vasetto perché il loro attecchimento risulta di solito più facile. Inoltre rendono possibile dilazionare la messa a dimora se qualche evenienza impedisce di farla al momento stabilito; l’importante è mantenerle con una suficiente umidità. Bisogna però assicurarsi, al momento dell’acquisto, che il vaso sia di dimensioni proporzionate all’età della pianta; per farlo estraete l’olivo dal contenitore e veriicate che dal pane di terra afiorino solo poche radici. Se al contrario il pane di terra è completamente invaso di radici, può essere segno che la pianta è rimasta troppo a lungo in un contenitore non proporzionato al suo sviluppo: le radici così aggrovigliate determineranno un attecchimento stentato e una ripresa post trapianto lenta. Preferite sempre le varietà tipiche della zona, perché più adattate alle con- • • Preparazione del terreno. Se non avete ancora predisposto l’appezzamento per la piantagione e dovete aprire delle buche, tenete presente che qualora il terreno sia molto povero le distanze da lasciare potranno anche ridursi a 4-5 metri sulla ila e a 5-6 metri fra le ile. Diversamente conviene adottare un sesto d’impianto di 5×6 metri o 5×7 metri se il terreno è di media o buona fertilità; dovete infatti tenere conto del fatto che, se gli olivi sono troppo vicini fra loro, si fanno reciprocamente ombra e, quindi, la vegetazione viene stimolata a svilupparsi verso l’alto. Un orientamento utile per giudicare le distanze convenienti può esservi dato Olivo. Nei terreni poveri (come per esempio quelli pietrosi e di modesto spessore) le distanze di impianto sono di 4-5 metri sulla ila e di 5-6 metri fra le ile, mentre nei terreni di media o buona fertilità si adotterà un sesto d’impianto di 5×6 metri o 5×7 metri. La consociazione di piante di varietà diverse, al ine di favorire l’impollinazione incrociata, è sempre utile ed è indispensabile in caso di impianto di una varietà autosterile, alla quale si deve afiancare almeno un 7-8% di olivi di un’altra varietà con ioritura contemporanea (in colore verde più scuro) 45 Frutteto dall’osservazione delle dimensioni di olivi adulti ben coltivati in qualche appezzamento vicino. Ricordate che l’olivo teme molto l’umidità del terreno; se l’acqua non scola bene, ne soffrono non solo le radici ma tutta la pianta, in qualunque stagione. Pertanto, se temete che il vostro terreno non lasci scendere facilmente l’acqua in profondità, preparatelo in modo da colmarlo (rialzarlo) lungo la ila destinata agli olivi, creando così una supericie inclinata verso il centro dell’interilare: in caso di forti piogge, l’acqua in eccesso si allontanerà più facilmente dalla massa dell’apparato radicale. Consociazione varietale per l’impollinazione. La consociazione di piante di varietà diverse, che assicura l’impollinazione incrociata a tutte le varietà, è sempre utile ai ini di un’elevata produzione; questo vale anche per le varietà autofertili, i cui iori possono essere comunque fecondati dal polline che essi stessi producono. Se l’appezzamento è circondato su ogni lato da altri olivi, non ci sono di solito problemi, dato che il polline dell’olivo è trasportato dal vento. Chi però avesse intenzione di piantare olivi in una zona isolata, a una varietà autosterile deve affiancare almeno un’altra varietà, con ioritura contemporanea o quasi a quella della varietà principale, così che possa avvenire l’impollinazione incrociata. Questo peraltro vale anche per un impianto ai margini di una zona olivata, se la brezza durante la ioritura spira soltanto in una direzione. In genere si ritiene suficiente avere una percentuale di esemplari impollinatori pari al 7-8% del totale, uniformemente distribuiti. Occorre d’altra parte considerare che la consociazione può creare problemi qualora si abbia intenzione di produrre olio di una sola varietà (olio monovarietale): la mescolanza di varietà differenti determina notevoli perdite di tempo per S T R Olivo. R-Pianta sottoposta a slupatura per l’eliminazione del legno colpito dalla carie eseguire una raccolta separata. In questi casi conviene costituire gruppi omogenei di piante, tollerando che in certe annate si possano eventualmente avere produzioni inferiori alla media. Interventi itosanitari per l’olivo In questo periodo, là dove è terminata la raccolta, si procede alla concimazione e verso febbraio si inizia la potatura. Ne «i Lavori» dello scorso bimestre si è accennato a come entrambe queste operazioni colturali possano inluenzare la diffusione di alcune malattie dell’olivo. Infatti, a seconda di come le si gestisce, si può intervenire decisamente nel favorire o limitare lo sviluppo di un parassita. Con la potatura si può: – curare una malattia (carie del legno); – limitare la diffusione dei parassiti (insetti lignicoli come il rodilegno giallo, il leotribo o l’ilesino); – ostacolare o favorire lo sviluppo dei parassiti (cocciniglia mezzo grano di pepe, rogna). U Olivo. S-Cocciniglia mezzo grano di pepe (1,5-5 mm). T-Ramo di olivo con i sintomi della rogna. U-Rami-esca con rosure causate dal leotribo (nel particolare, 2 mm) 46 La concimazione, soprattutto se abbondante e ricca in azoto, può favorire lo sviluppo della cocciniglia e della fumaggine. Nel caso della carie del legno (vedi foto R) la potatura può essere l’elemento che contribuisce all’insediamento dei funghi che determinano questa avversità, ma soprattutto ne è la cura: la «slupatura» è infatti l’unico mezzo per curarla. La carie del legno è un marciume secco che colpisce il legno del tronco e/ o delle branche principali di piante adulte, soprattutto vecchie. Gli agenti di questa malattia sono un complesso di funghi lignicoli che nel tempo penetrano dai tagli di potatura, soprattutto se fatti al tronco o alle branche di grosse dimensioni, non eseguiti a regola d’arte (per cui l’acqua vi ristagna sopra) e protetti con mastici o pasta bordolese. Un olivo che ne è affetto, presenta delle zone sia del fusto che delle branche più o meno ampie, in cui il legno è morto, ha una consistenza friabile, è secco e si decompone. La parte della chioma corrispondente alla zona del tronco e delle branche colpite da carie si presenta con scarsa vegetazione; le foglie sono clorotiche (ingiallite) e cadono precocemente; le branche colpite possono anche disseccare; la produzione è scarsa. I potatori riconoscono un albero cariato, oltre che dall’aspetto della vegetazione, anche e soprattutto dal suono emesso dal tronco, corrispondente alla parte di chioma debilitata, quando viene battuto con il dorso di una accetta: il legno malato trasmette un suono sordo, come quello di un recipiente vuoto, poiché presenta cavità interne createsi a causa allo sfaldamento del legno per azione dei funghi innanzi citati; il legno sano dà invece un suono cupo, come quello di un recipiente pieno. Come dicevamo, la pianta affetta da carie può essere recuperata solo ricorrendo alla slupatura. In Puglia è comune osservare olivi che vegetano e producono seppure con i tronchi scavati, contorti e ridotti nel loro diametro, proprio perché negli anni hanno subìto interventi di slupatura. Per eseguirla è necessaria manodopera specializzata, attrezzata con accette, scalpelli ecc. afilati per eliminare alla perfezione tutto il legno cariato sino a giungere a quello sano; le pareti della cavità che si forma con questa pulizia devono essere rese perfettamente lisce e inclinate in modo da evitare ristagni di acqua. Dopo aver eliminato completamente il legno marcio, la ferita deve essere fatSUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Frutteto ta asciugare e in seguito la supericie deve essere protetta tramite spennellature con poltiglia bordolese industriale-20 (bio, irritante o non classiicato, alla dose 1 kg per 100 litri di acqua), o ossicloruro di rame-20 (bio, non classiicato, alla dose di 500 grammi per 100 litri acqua), e quindi ricoperta con mastici cicatrizzanti presenti in commercio. La disinfezione del legno può essere fatta anche con il fuoco, utilizzando cannelli a iamma di tipo hobbistico: questo metodo è ancora più eficace nell’eliminare completamente i residui dei funghi. Per evitare che si insedino gli agenti della carie la potatura deve essere effettuata a regola d’arte, con tagli precisi, inclinati in modo tale da favorire il delusso dell’acqua e protetti con mastici. È bene poi spennellare con prodotti a base di rame e/o con mastici cicatrizzanti i grossi tagli che interessano il tronco o le branche principali, soprattutto se eseguiti su piante giovani. Un oliveto fortemente infestato da cocciniglia mezzo grano di pepe (vedi foto S), con vegetazione annerita dalla fumaggine (muffe dovute allo sviluppo di funghi sulla melata, la sostanza zuccherina prodotta dalla cocciniglia), può trarre giovamento da una potatura che favorisca l’arieggiamento e la penetrazione della luce all’interno della chioma (condizioni sfavorevoli al proliferare della cocciniglia) ed elimini i rami maggiormente infestati. Per contrastare questo parassita occorre anche garantire una concimazione equilibrata, poiché la cocciniglia è favorita dagli eccessi di azoto in quanto stimolano l’aumento del rigoglio vegetativo come conseguenza di una maggiore produzione di linfa circolante, di cui la cocciniglia si alimenta; determinano, inine, lo sviluppo di chiome poco arieggiate e illuminate. La potatura è utile anche in caso di olivi colpiti dalla rogna (vedi foto T). Il sintomo più caratteristico di questa malattia, causata da batteri, sono i tubercoli di varie dimensioni che si formano sui rami. L’entità dei danni dipende dalla quantità di rami infetti: in caso di forti attacchi si hanno defogliazioni, disseccamenti della parte terminale dei rametti colpiti e anche riduzione della produzione. I batteri che provocano la rogna fanno parte della lora microbica abitualmente presente sulla chioma dell’olivo; essi penetrano nei tessuti attraverso piccole lesioni (per esempio quelle dovute alla caduta delle foglie in inverno) oppure ferite provocate dalle gelate tardive, dalle grandinate o dalle operazioni di raccolta effettuate mediante battitura SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 con l’ausilio di verghe. Per la lotta alla rogna si effettuano trattamenti con prodotti rameici quali: poltiglia bordolese industriale-20 (bio, irritante o non classiicato) alla dose di 1 kg per 100 litri di acqua; idrossido di rame-25 (bio, irritante) alla dose di 350 grammi per 100 litri di acqua; ossicloruro di rame-20 (bio, non classiicato) alla dose di 500 grammi per 100 litri di acqua. Le piante vanno trattate con tempestività subito dopo il veriicarsi di eventi traumatici come gelate o grandinate. Con la potatura si eliminano i rami infetti, che vanno allontanati e bruciati. Gli insetti lignicoli come il leotribo (vedi foto U) o l’ilesino sono abbastanza comuni negli oliveti. Per limitarne la diffusione, si utilizzano rami tagliati con la potatura come esca: lasciandoli nell’oliveto, se gli insetti sono presenti, nel giro di alcuni giorni si noteranno le rosure sui rametti; in tal caso si procederà alla bruciatura dei rami. Contro questi insetti i trattamenti chimici in genere sono poco eficaci, in quanto si insediano in profondità nei rami ed è dificile individuare il momento preciso in cui intervenire chimicamente. Da ultimo, la solita ma non scontata raccomandazione: in caso di nuovi impianti, per il buon esito della coltivazione è fondamentale mettere a dimora piante di sicura provenienza e garantite. Rifornitevi quindi da vivaisti di iducia che producono e/o vendono materiale rispondente ai requisiti di qualità previsti dalla normativa vigente. Assicuratevi che le piante abbiano il «do- a c a b a c cumento di commercializzazione», attestante la categoria C.A.C. (Conformità Agricola Comunitaria), con il quale il vivaista garantisce che la pianta commercializzata possiede le caratteristiche agronomiche, varietali e fitosanitarie previste dalla normativa vigente. Dal punto di vista itosanitario una pianta di olivo che esce dal vivaio non deve presentare sintomi di rogna, verticillosi, cocciniglie e occhio di pavone. Ulteriore garanzia di qualità è l’acquisto di piante di olivo certiicate dotate di cartellino azzurro che attesta, oltre alla corrispondenza varietale, anche lo stato sanitario di virus esente (VE) e virus controllato (VC) e l’assenza di tutti gli altri organismi nocivi e malattie riportate in precedenza. Al momento questa garanzia è possibile solo per alcune varietà. PICCOLI FRUTTI Lavori Nelle zone montane e collinari del Nord e del Centro-nord le diverse specie di piccoli frutti coltivati a un’altitudine superiore ai 600-700 metri risultano talvolta coperte da una coltre di neve che impedisce le operazioni di potatura. La potatura di allevamento e di produzione del lampone, del mirtillo e del rovo senza spine sarà descritta nella seconda parte della «Guida illustrata alla potatura delle piante da frutto» che verrà allegata al n. 2/2012. c c b c c c c a a a b 1 b 2 Ribes. Pianta allevata a cespuglio prima (1) e dopo (2) la potatura; sono state eseguiti tagli di ritorno (a) sulle branche di due, tre e quattro anni; sono state eliminate a livello del ceppo le branche che hanno superato i 5 anni (b) e in loro sostituzione sono stati scelti dei rami di un anno di buon vigore sviluppatisi dalla base del ceppo (c). Alla ine il cespuglio presenta 3-4 branche di tre, quattro o cinque anni, 2-3 rami di due anni e 1-2 rami di un anno 47 Frutteto SPECIE DA FRUTTO MINORI. Operazioni colturali in corso (●) nei mesi di gennaio e febbraio asdasdfasdf Raccolta Irrigazione Trinciatura dell’erba Potatura Innesti Interventi itosanitari Nuovi impianti Specie Concimazioni a cura di Silvio Caltran gen. feb. gen. feb. gen. feb. gen. feb. gen. feb. gen. feb. gen. feb. gen. feb. Fico ●[1] Giuggiolo Kaki Nespolo comune Nespolo del Giappone Nocciòlo Noce ● ● ● ●[2] ● ● ●[3] [1] Concimazione fosfo-potassica se non già effettuata in precedenza. [2] Al termine della ioritura femminile. [3] Lavorazione/i del terreno al Sud se non fatte nei mesi precedenti. Le specie indicate con il nome in colore azzurro di norma non richiedono trattamenti antiparassitari o ne richiedono pochissimi. Ribes (rosso, rosa, bianco, nero). Dove l’andamento stagio- nale lo consente potete procedere alla potatura. Le piante di ribes possono essere allevate a spalliera oppure a cespuglio (questa è la forma più diffusa). Allo scopo di evitare l’invecchiamento precoce della chioma e mantenere costanti qualità e produttività della pianta si deve operare con le seguenti modalità: – eseguire tagli di ritorno sulle branche di due, tre o quattro anni. L’operazione consiste nel ridurre la lunghezza delle branche effettuando il taglio al di sopra di un ramo laterale ben sviluppato posto in posizione mediana. Il ramo laterale prescelto verrà mantenuto intero; – eliminare gradualmente a livello del ceppo le branche che hanno superato i 5 anni, dato che dopo il quinto anno la loro produttività è decrescente; – scegliere, in sostituzione alle branche eliminate, rami di un anno di buon vigore che si siano sviluppati dalla base del ceppo. Se la potatura viene eseguita in modo razionale, un cespuglio di ribes dopo l’intervento dovrebbe presentare 3-4 branche di tre, quattro o cinque anni, 23 rami di due anni e 1-2 rami di un anno. Operando in questo modo si rinnova con continuità la chioma e la si mantiene costantemente produttiva. I rami attaccati dalle larve di sesia (lepidotteri che scavano gallerie nella zona midollare del fusto) vanno eliminati alla base e bruciati. 48 Interventi itosanitari per i piccoli frutti Nessun trattamento antiparassitario è previsto in questo periodo. SPECIE DA FRUTTO MINORI Lavori Fico. Non ci sono particolari in- terventi da fare in questo bimestre. Giuggiolo. Non vi sono partico- lari lavori, a meno che non abbiate avuto modo di provvedere a quelli suggeriti per il bimestre precedente; in questo caso non tardate a eseguirli. Kaki. È bene non disturbare le piante che sono ora in pieno riposo. In ogni caso ricordate che la loro potatura dovrà essere eseguita solo dopo la ine dei freddi. Nespolo comune e del Giappone. Il nespolo comune produce i frutti all’estremità dei rami; con la potatura si dovrà pertanto stimolare nuova vegetazione con tagli di ritorno. È anche necessario spuntare una parte dei rami di un anno per stimolare il sorgere di nuovi germogli e preparare la produzione per l’anno successivo. Se dovete mettere a dimora nuove piante, al momento dell’acquisto tenete presente che i portinnesti comunemente usati dai vivaisti per questa specie sono il cotogno e il biancospino. Per capire quale preferire, ricordate che il cotogno esige terreno con pH neutro (valore 7) e che non contenga più del 4% di calcare attivo, mentre al biancospino andrà bene qualunque terreno, purché ben drenato. Per quel che riguarda il Nespolo del Giappone non c’è da fare alcunché, ma solo sperare che i freddi precoci non abbiano ostacolato del tutto la fecondazione dei iori da parte degli insetti. Se dovete mettere a dimora nuove piante, al momento dell’acquisto orientatevi preferibilmente su quelle innestate su cotogno, tenendo però conto di quanto detto per il nespolo comune a proposito del terreno in cui andranno piantate. Nocciòlo. Neve e ghiaccio della prima parte dell’inverno sono lo scenario in cui gli amenti («gatin» in dialetto piemontese, «zanzali» in quello salentino) – infiorescenze pendule a grappolo che raggruppano ciascuna dai 100 ai 300 iori maschili di nocciòlo – manifestano prima un rinnovato turgore e poi un’intensa variazione cromatica, dal verde al giallo oro, che evidenzia la completa maturazione del polline. Il polline maturo viene quindi diffuso nell’ambiente dal vento (impollinazione anemoila) e viene intercettato dagli stimmi, sottili porzioni terminali dei pistilli dei iori femminili, facilmente individuabili in quanto di un bel colore rosso vivo. Nelle aree corilicole del Nord e del Sud della Penisola è stata segnalata una SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Frutteto presenza di amenti più contenuta in seguito a una cascola anticipata di queste iniorescenze avutasi in ottobre-novembre dell’anno scorso. L’evento, già localmente e sporadicamente veriicatosi nel 2003 e 2004, non dovrebbe destare preoccupazioni di sorta in quanto i noccioleti interessati non hanno evidenziato, nelle annate indicate, particolari decrementi produttivi; inoltre il fenomeno non dovrebbe essere di origine parassitaria – cioè fungina e/o batterica –, ma solo rappresentare una «reazione» della pianta al particolare andamento climatico riscontrato nel corso dell’annata. A riprova di quanto sostenuto si pre- Nocciòlo. All’inizio dell’inverno avviene la ioritura: il colore degli amenti (a) vira dal verde al giallo oro e il polline maturo, diffuso dal vento, viene intercettato dagli stimmi dei iori femminili (b), facilmente individuabili in quanto di un bel colore rosso vivo Nocciòlo. Nelle aree corilicole del Nord e del Sud, in ottobre-novembre scorsi si è veriicata una cascola anticipata degli amenti. Questo fenomenno non dovrebbe destare preoccupazioni in quanto dovuto al particolare andamento climatico riscontrato nel corso dell’annata SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 cisa che la cascola ha interessato in egual modo sia i noccioleti in cui sono stati attuati gli interventi di prevenzione consigliati per contenere le principali avversità fungine e batteriche del nocciòlo – gleosporiosi (vedi «i Lavori» di settembre-ottobre, a pag. 49), cancri rameali (vedi «i Lavori» di novembre-dicembre, a pag. 43) – sia in quelli in cui non si è provveduto ad alcun tipo di intervento antiparassitario autunnale. Il nocciòlo è soggetto a un’elevata autosterilità, cioè i iori maschili non sono in grado di impollinare i iori femminili presenti sulla stessa pianta e sulle piante della stessa varietà. Per questo motivo occorre un’impollinazione incrociata con altre varietà o con piante spontanee e selvatiche di nocciòlo (selvaggiole locali). Per ragguagli sull’argomento si rimanda a «i Lavori» di novembre-dicembre 2011, pag. 42. Se non realizzata prima (vedi «i Lavori» di novembre-dicembre 2011, pag. 42), nei terreni calcarei e in quelli alluvionali leggeri del Nord Italia si effettui la concimazione potassica apportando 25-30 kg di solfato di potassio-50 per 1.000 metri quadrati. In Centro e Sud Italia, data la composizione media dei terreni – pesanti e ben dotati di potassio e sostanza organica quelli del Lazio; di medio impasto, buona dotazione in fosforo e potassio (in quanto derivanti dalla disgregazione di rocce di origine vulcanica), ma di norma scarsi in sostanza organica e azoto, quelli di Campania e Sicilia – consigliamo, a ine bimestre, la distribuzione di 35-40 kg per 1.000 metri quadrati di noccioleto di concime composto ternario NPK 20-10-10. L’integrazione dell’azoto verrà invece realizzata, secondo l’andamento climatico e lo sviluppo vegetativo raggiunto dalle coltivazioni, a cavallo tra aprile e maggio. La cronica carenza di sostanza organica consiglia, tempo permettendo, al Sud Italia la realizzazione in questo bimestre (nel resto della Penisola nel bimestre successivo) di una semina a spaglio di una coltura da sovescio (generalmente leguminose tipo fava, favino, pisello proteico o veccia). Per ridurre i costi dell’operazione è consigliato l’impiego di 20-30 kg ogni 1.000 metri quadrati di noccioleto di granella di leguminose non selezionate, utilizzate per l’alimentazione zootecnica (35-40 euro al quintale). Per incorporare al terreno il seme distribuito a spaglio è suficiente una fresatura o una discatura supericiale. Le leguminose verranno poi sovesciate (incorporate al terreno tramite una fresatura) in piena ioritura. Questa antica pratica agricola consente, a costi contenuti, di apportare al terreno fra i 4 e i 5 kg di azoto «a lenta cessione» ogni 1.000 metri quadrati di supericie (la metà, circa, del quantitativo che viene distribuito ai nocciòli in produzione), e un importante quantitativo di sostanza organica. Inoltre, negli impianti in allevamento e in quelli che iniziano a produrre, oppure in quelli potati, costituisce un metodo alternativo per il contenimento delle infestanti: le leguminose, infatti, se trovano quantitativi suficienti di umidità e illuminazione crescono molto più rapidamente delle infestanti e quindi ne «ostacolano» la crescita. Per quanto riguarda la potatura si rimanda alla seconda parte della «Guida illustrata alla potatura delle piante da frutto» che verrà allegata al n. 2/2012. Noce. Non ci sono interventi particolari da compiere in questo periodo. Interventi itosanitari per le specie da frutto minori Nessun trattamento antiparassitario è previsto in questo periodo per le specie da frutto minori. Per quanto riguarda il nocciòlo, sul inire del bimestre, limitatamente al Sud, delimitate gli appezzamenti che utilizzerete per verificare la migrazione dell’erioide del nocciòlo. A cura di: Giovanni Comerlati (Lavori: Pomacee); Giovanni Rigo (Lavori: Pesco e nettarina-Albicocco-Susino-Actinidia); Guido Bassi (Lavori e Interventi itosanitari: Castagno; Lavori: Piccoli frutti); Giorgio Bargioni (Lavori: Olivo-Ciliegio-Fico-Giuggiolo-Kaki-Nespolo comune e del Giappone-Noce); Paolo Solmi (Interventi itosanitari: Pomacee-Drupacee-Actinidia-Fico-Kaki-Nespolo comune e del Giappone-Noce-Piccoli frutti); Riccardo Tumminelli - Servizio interventi in materia vivaistica e di difesa itosanitaria di Acireale - Catania (Lavori e Interventi itosanitari: Agrumi); Anna Percoco (Interventi itosanitari: Olivo); Massimo Brucato (Lavori e Interventi itosanitari: Mandorlo); Claudio Sonnati (Lavori e Interventi itosanitari: Nocciòlo). Ricordiamo le classi di tossicità attribuite agli antiparassitari, nell’ordine dal massimo al minimo: molto tossico - tossico nocivo - irritante - non classiicato. L’aggiunta di bio, signiica che l’antiparassitario è ammesso nell’agricoltura biologica. 49 Campo Se nei testi di questa rubrica trovate delle parole che vi riescono di dificile comprensione, utilizzate il «Vocabolario illustrato dei termini dificili» allegato al n. 2/2011. (Red) CEREALI VERNINI Frumento tenero In gennaio il frumento è in riposo vegetativo; in febbraio, quando la temperatura inizia ad aumentare, riprende l’attività vegetativa con la formazione di nuovi culmi alla base della pianta (accestimento). In questa fase e in quelle successive è importante garantire alla coltura una adeguata disponibilità di azoto, dalla quale dipendono la produzione e la qualità della granella (contenuto in proteine). Più precisamente, il frumento tenero richiede 120-150 kg per ettaro di azoto per produzioni medio-alte (60-70 quintali di granella per ettaro) e 70-80 kg per ettaro per produzioni basse (3040 quintali di granella per ettaro). Essendo l’azoto un elemento nutritivo non trattenuto dal terreno, e quindi soggetto a perdite per dilavamento con conseguente danno per la coltura e per l’ambiente, con i concimi tradizionali (nitrato ammonico, urea, ecc.) sarebbe Cereali vernini. Tra la metà di gennaio e la metà di febbraio effettuate la prima concimazione azotata in copertura necessario frazionare le dosi complessive di azoto sopra indicate in più interventi tra la fase di accestimento (gennaio-febbraio) e quella di spigatura (aprile-maggio). Ciò comporterebbe un aumento dei costi e dei danni alla coltura e al terreno per i frequenti passaggi con il trattore e lo spandiconcime. Questo problema può essere evitato frazionando le dosi di azoto sopra indi- cate in due interventi, di cui il primo va effettuato con concimi «a lento effetto» (Entec, Azoplus, ecc.). Tali concimi rilasciano infatti l’azoto gradualmente, limitando così il rischio di perdite; ciò è inoltre più confacente alle esigenze della coltura che, ino all’inizio della levata (febbraio-marzo), richiede modeste quantità di azoto ma in maniera continuativa. Nella periodo che va dalla metà di gennaio (Sud) alla metà di febbraio (Nord) effettuate quindi la prima concimazione azotata in copertura con concimi «a lento effetto», apportando il 50% delle dosi complessive di azoto sopra indicate. Per esempio si possono distribuire da 150 kg per ettaro (per produzioni basse) a 300 kg per ettaro (per produzioni medio-alte) di Entec-26 della ditta K+S Nitrogen, in funzione delle produzioni ottenibili. In ogni caso, se la coltura presenta uno sviluppo avanzato e un colore verde intenso, situazione probabile in inverni miti e siccitosi, va evitata questa prima concimazione. Per limitare il compattamento del terreno dovuto al passaggio del trattore con lo spandiconcime, i concimi vanno distribuiti quando il terreno è asciutto o, se umido, quando è gelato (nelle prime ore del mattino di giornate molto fredde). Si consiglia inoltre di Esempio di rotazione quadriennale (Nord Italia) a cura di Umberto Grigolo In questo progetto graico è riportata una rotazione quadriennale delle colture erbacee più diffuse nel Nord Italia. L’applicazione di queste rotazioni comporta in pratica la successione, nel 2012 e nei tre anni successivi, sullo stesso appezzamento di terreno, delle diverse colture seguendo nel tempo l’ordine orizzontale in cui sono qui sotto elencate. Non è necessario partire al primo anno (2012) con la prima coltura; l’importante è rispettare l’ordine con cui sono elencate. Se in un appezzamento nel 2012 si coltiva la soia (vedi es. 1), nel 2013 si coltiverà sullo stesso appezzamento il mais, nel 2014 il frumento tenero e nel 2015 il mais. Se invece nel 2012 si coltiva il mais (vedi es. 2), nel 2013 si coltiverà sullo stesso appezzamento il frumento tenero, nel 2014 il mais e nel 2015 la soia. La situazione nel gennaio 2012 La situazione nel febbraio 2012 2013 2014 2015 Soia Soia 1 mais 1 frumento t. 1 mais Mais Mais 2 frumento t. 2 mais. 2 soia Mais Mais 3 soia 3 mais 3 frumento t. p 1 appezzamento che verrà coltivato a soia esempio con semina nella primavera 2012 p 2 appezzamento che verrà coltivato a mais esempio con semina nella primavera 2012 p 3 appezzamento che verrà coltivato a mais esempio con semina nella primavera 2012 Note. N Nelle zone meno fertili o più siccitose si consiglia di sostituire la soia con il girasole o con il pisello proteico, il frumento con l’orzo, il m mais con il sorgo. Legenda: 50 = terreno in attesa di semina = coltura in atto SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Campo usare trattori leggeri e con pneumatici a larga sezione. Con l’aumento della temperatura riprende anche la nascita e lo sviluppo delle erbe infestanti. Se è stata rispettata la rotazione le infestazioni sono limitate e, con buona probabilità, non richiedono il diserbo. In ogni caso, dalla fase di accestimento (gennaio-febbraio) a quella di inizio della levata (febbraio-marzo) controllate periodicamente la coltura e, se necessario, intervenite con un trattamento diserbante (diserbo in post-emergenza). I prodotti utilizzabili sono molti; alcuni (Granstar Ultra SX, Logran, ecc.) sono efficaci sulle infestanti «a foglia larga» (dicotiledoni), altri (Axial, Traxos, ecc.) su quelle «a foglia stretta» (graminacee) e altri ancora (Atlantis WG, Puma Gold EC, ecc.) sia sulle une che sulle altre. I diserbanti vanno quindi scelti, con l’aiuto di un tecnico esperto, in funzione delle specie infestanti presenti, della fase di sviluppo della coltura, della temperatura dell’aria e del rischio di gelate, privilegiando i prodotti a bassa tossicità (irritante o non classiicato). Si evidenzia l’importanza di intervenire quando le infestanti sono nelle prime fasi di sviluppo, per limitare l’effetto competitivo e quindi il danno alla coltura. Se verso la ine dell’inverno il terreno risulta molto sofice, situazione riscon- Cereali vernini. Dalla fase di accestimento a quella di inizio della levata controllate le colture e, se necessario, intervenite con un trattamento diserbante in post-emergenza trabile soprattutto sui suoli argillosi e precedentemente coltivati a prato (erba medica, trifogli, ecc.), si consiglia di effettuare una rullatura per favorire l’adesione delle radici al terreno. Questa operazione va effettuata quando il terreno è asciutto e prima della fase di levata. Se non è stato possibile seminare il frumento in autunno, come è successo in alcune zone nel 2010, si può ricorrere alla semina primaverile. Questa va effettuata tra la metà di febbraio e la metà di marzo al Nord, mentre al Centro e al Sud va anticipata rispettivamente di 10-15 e di 20-30 giorni; nell’ambito della stessa zona, in collina la semina va posticipata di 8-10 giorni rispetto alla pianura. Nel rispetto delle epoche sopra indicate per le diverse zone, la semina primaverile va comunque effettuata appena è possibile entrare in campo: più si ritarda e più si riduce la produzione rispetto alla semina autunnale, differenza che raggiunge il 30% circa quando ci si avvicina alla ine delle epoche sopra indicate. La tecnica di coltivazione del frumento primaverile è la stessa di quello autunnale (vedi «i Lavori» di settembreottobre, a pag. 50). In questo caso vanno però utilizzate esclusivamente varietà «alternative» (dette anche «primaverili») come, per esempio, Albachiara e Blasco, le quali, a differenza di quelle «non alternative» (dette anche «invernali»), non hanno bisogno di un periodo di freddo per la formazione della spiga. Si consiglia inoltre di aumentare del 1015% la dose di semente rispetto a quella indicata per la semina autunnale. Un’adeguata nutrizione azotata del frumento è importante anche per le coltivazioni condotte con il metodo biologico; questo non solo per garantire una produzione soddisfacente, ma anche per la qualità (contenuto in proteine) dei prodotti destinati alla paniicazione che dipende soprattutto dalla disponibilità di azoto. In agricoltura biologica la fertilità del Esempio di rotazione quadriennale (Centro Italia) a cura di Umberto Grigolo In questo progetto graico è riportata una rotazione quadriennale delle colture erbacee più diffuse nel Centro Italia. L’applicazione di queste rotazioni comporta in pratica la successione, nel 2012 e nei tre anni successivi, sullo stesso appezzamento di terreno, delle diverse colture seguendo nel tempo l’ordine orizzontale in cui sono qui sotto elencate. Non è necessario partire al primo anno (2012) con la prima coltura; l’importante è rispettare l’ordine con cui sono elencate. Se in un appezzamento nel 2012 si coltiva il grano duro (vedi es. 1), nel 2013 si coltiverà sullo stesso appezzamento il mais, nel 2014 il grano duro e nel 2015 il girasole. Se invece nel 2012 si coltiva il mais (vedi es. 2), nel 2013 si coltiverà sullo stesso appezzamento il grano duro, nel 2014 il girasole e nel 2015 il grano duro. La situazione nel gennaio 2012 La situazione nel febbraio 2012 2013 2014 2015 Grano duro Grano duro 1 mais 1 grano duro 1 girasole Mais Mais 2 grano duro 2 girasole 2 grano duro Grano duro Grano duro 3 girasole 3 grano duro 3 mais p 1 esempio p 2 appezzamento che verrà coltivato a mais esempio con semina nella primavera 2012 p 3 esempio Note. N Nelle zone meno fertili o più siccitose si consiglia di sostituire il girasole con il colza, il grano duro con l’orzo, il mais con il sorgo o co con la fava. In alternativa al grano duro possono inoltre essere coltivati il frumento tenero e l’avena. Legenda: = terreno in attesa di semina SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 = coltura in atto concimazione azotata = in copertura 51 Campo terreno va mantenuta a buoni livelli, innanzitutto con la rotazione, il sovescio e l’apporto di letame (o di altri efluenti di allevamento) o di compost. In ogni caso, se la coltura presenta uno sviluppo stentato e un colore verde chiaro, nella fase di accestimento (gennaio-febbraio) va effettuata una concimazione azotata in copertura con un prodotto ammesso in agricoltura biologica. Più precisamente, in questa fase vanno utilizzati concimi il cui azoto si renda disponibile per la coltura in tempi medio-brevi (pollina essiccata, borlanda essiccata, ecc.) [1]. Il concime va distribuito seguendo le modalità descritte per le coltivazioni convenzionali e interrato con l’erpice strigliatore. Si ricorre all’erpice strigliatore anche per il controllo delle erbe infestanti; in genere sono necessari 2-3 passaggi, distanziati di 15-20 giorni, da effettuarsi nel periodo che va dalla metà di gennaio alla metà di marzo. Le strigliature sono eficaci quando le infestanti sono ai primi stadi di sviluppo e il terreno è asciutto in supericie (non gelato); si consiglia inoltre di usare trattori leggeri e con pneumatici a larga sezione per limitare i danni alla coltura e il compattamento del terreno. Per la rullatura e la semina primaverile si rimanda a quanto sopra detto per le coltivazioni condotte con il metodo convenzionale. Cereali vernini. Se non è stato possibile seminare in autunno, per frumento tenero, orzo e farro si può procedere in questo periodo Grano duro Anche quest’anno le piogge molto intense in alcune zone del Nord-ovest, della Toscana e del Sud hanno comportato allagamenti con conseguenti problemi di semina; il successivo andamento climatico ha determinato condizioni di coltura molto differenti nei diversi areali. In molte zone adriatiche centrali e meridionali le semine tardive sono risultate migliori di quelle precoci, poiché favorite da più miti precipitazioni e da temperature ottimali che hanno determinato uno sviluppo migliore della coltura. È da tenere presente che in questo periodo l’attività vegetativa del grano è molto ridotta e riprenderà con l’innalzamento della temperatura del suolo dopo la prima quindicina di febbraio. Dove si sono avuti sviluppi stentati e il grano si presenta sofferente, procedete rapidamente a effettuare una concimazione azotata di copertura, al ine di riequilibrare le piante, di favorire l’accestimento e uniformare la coltura. Empiricamente potete considerare necessari per il completo sviluppo circa 120160 kg per ettaro di azoto, che potete ridurre a 20-30 kg per ettaro qualora la coltivazione segua a una leguminosa. Questa quantità è determinata considerando che per produrre 1 quintale di granella sono necessari circa 3 kg di azoto. Pertanto, se non avete utilizzato azoto alla semina, effettuate un primo intervento a ine gennaio, dopo l’emissione della terza foglia e in concomitanza con l’inizio della fase di accestimento (utilizzerete circa il 20% dell’azoto totale, pari a 30 kg per ettaro); un secondo intervento va fatto verso il 20 febbraio, alla ine dell’accestimento e in concomitanza con la formazione della spighetta e l’inizio della levata (utilizzerete circa il 35%, pari a circa 50 kg per ettaro); inine, un terzo intervento si effettua nel mese di mar- Esempio di rotazione quadriennale (Sud Italia) a cura di Umberto Grigolo In questo progetto graico è riportata una rotazione quadriennale delle colture erbacee più diffuse nel Sud Italia. L’applicazione di queste rotazioni comporta in pratica la successione, nel 2012 e nei tre anni successivi, sullo stesso appezzamento di terreno, delle diverse colture seguendo nel tempo l’ordine orizzontale in cui sono qui sotto elencate. Non è necessario partire al primo anno (2012) con la prima coltura; l’importante è rispettare l’ordine con cui sono elencate. Se in un appezzamento nel 2012 si coltiva il grano duro (vedi es. 1), nel 2013 si coltiverà sullo stesso appezzamento il colza, nel 2014 il grano duro e nel 2015 la fava. Se invece nel 2012 si coltiva il colza (vedi es. 2), nel 2013 si coltiverà sullo stesso appezzamento il grano duro, nel 2014 la fava e nel 2015 il grano duro. La situazione nel gennaio 2012 La situazione nel febbraio 2012 2013 2014 2015 Grano duro Grano duro 1 colza 1 grano duro 1 fava Colza Colza 2 grano duro 2 fava 2 grano duro Grano duro Grano duro 3 fava 3 grano duro 3 colza p 1 esempio p 2 esempio p 3 esempio Note. L La fava può essere sostituita dal cece, il grano duro da quello tenero, dall’orzo e dall’avena. Legenda: 52 = terreno in attesa di semina = coltura in atto concimazione azotata = in copertura = sarchiatura SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Campo zo, quando il cereale ha quasi ultimato la levata e prima dell’emissione dell’ultima foglia, chiamata «foglia bandiera». Utilizzate quindi in totale 2-3 quintali per ettaro di urea-46, o 3,5-4 quintali per ettaro di nitrato ammonico-26, frazionando la quantità di concime in due o tre interventi: il primo da effettuare verso la ine di gennaio se non avete concimato alla semina, il secondo a metà di febbraio e il terzo dopo circa 30-40 giorni in marzo. Lo spargimento del concime deve essere effettuato quando il terreno è asciutto, utilizzando una trattrice leggera al ine di ridurre al minimo il compattamento del suolo. In questo periodo va effettuato un controllo in campo delle erbe infestanti, che ci sarà molto utile per deinire una strategia di diserbo (ne parleremo in dettaglio ne «i Lavori» di marzo-aprile). Le aziende biologiche in febbraio possono effettuare una concimazione con prodotti autorizzati per l’agricoltura biologica. Utilizzerete dai 3 ai 6 quintali per ettaro di un fertilizzante ad alto titolo di azoto, per esempio: Organdieci (Euro Bio Fert); Guanito, Duetto, Phenix (Italpollina); Super 7 (Distillerie Bonollo); prodotti a base di cornunghia torrefatta come Azocor 105 (Fomet); prodotti a base di cornunghia, pelli e carniccio come Grenagro (Grena); prodotti a base di cuoio torrefatto come Bioilsa (Ilsa), Ecolenergy (Sala); la pollina essiccata prodotta da molte ditte. È opportuno che tali concimi siano pellettati per facilitarne la distribuzione con un normale spandiconcime e può essere utile effettuare un intervento di strigliatura per interrarli e iniziare un azione di estirpazione delle malerbe. Foto: Sis-Società italiana sementi Cereali vernini. Orzo della varietà a seme «nudo» Rondo; la sua granella (nel particolare) è destinata all’alimentazione umana (gennaio-febbraio) a quella di inizio della levata (febbraio-marzo) controllate la coltura e, se necessario, intervenite con un trattamento diserbante (diserbo in post-emergenza). Particolare attenzione va posta nella scelta dei prodotti diserbanti, perché non tutti quelli autorizzati per il frumento lo sono anche per l’orzo (soprattutto i graminicidi). Se non è stato possibile seminare l’orzo in autunno, si può ricorrere alla semina primaverile. Nelle zone più fredde (Nord e alta collina) questa pratica rappresenta la prassi per le varietà di orzo a seme «nudo» (Priora, Rondo, ecc.), il cui prodotto è destinato all’alimentazione umana. Farro Orzo L’orzo richiede gli stessi interventi colturali indicati per il frumento tenero, con le seguenti varianti. Per quanto riguarda la concimazione azotata in copertura vanno ridotte del 20-30% le dosi di concime, avendo l’orzo una maggiore capacità di sfruttare la fertilità del terreno (la cosiddetta «forza vecchia») ed essendo più sensibile ai danni dovuti ad un eccesso di azoto (allettamento della coltura). Per quanto riguarda il controllo delle erbe infestanti va considerato che l’orzo ha una maggiore capacità competitiva rispetto al frumento e quindi, in molti casi, non richiede il diserbo, soprattutto se è stata rispettata la rotazione. In ogni caso, dalla fase di accestimento SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 La semina primaverile va effettuata tra la metà di febbraio e la metà di marzo al Nord, mentre al Centro e al Sud va anticipata rispettivamente di 10-15 e di 20-30 giorni; nell’ambito della stessa zona, in collina la semina va posticipata di 8-10 giorni rispetto alla pianura. Nel rispetto delle epoche sopra indicate per le diverse zone, la semina primaverile va comunque effettuata appena è possibile entrare in campo; più si ritarda e più si riduce la produzione rispetto alla semina autunnale, differenza che raggiunge il 40% circa quando ci si avvicina alla ine delle epoche sopra indicate (metà di marzo al Nord, ine di febbraio al Centro e inizio delle stesso mese al Sud). La tecnica di coltivazione dell’orzo primaverile è la stessa di quello autunnale (vedi «i Lavori» di settembre-ottobre, a pag. 54). In questo caso vanno però utilizzate esclusivamente varietà «alternative» (dette anche «primaverili») come, per esempio, Cometa e Marjorie, le quali, a differenza di quelle «non alternative» (dette anche «invernali»), non hanno bisogno di un periodo di freddo per la formazione della spiga. Si consiglia inoltre di aumentare del 10-15% la dose di semente rispetto a quella indicata per la semina autunnale. L’orzo coltivato con il metodo biologico richiede gli stessi interventi indicati per il frumento tenero bio. Cereali vernini. Nelle coltivazioni biologiche, per il controllo delle erbe infestanti è necessario il ricorso all’erpice strigliatore Nei mesi di gennaio e febbraio la coltura del farro non necessita di alcun intervento colturale in quanto, specialmente in montagna, a causa della temperatura la vegetazione è sostanzialmente ferma. Solo in alcune zone più calde, esposte a sud, dove i terreni sono più scuri, dalla metà di febbraio la pianta riprende la propria attività iniziando a sviluppare alla base dei nuovi getti (accestimento). Tutti i cereali hanno la caratteristica di «accestire», ma con differente intensità e il farro e tra quelli che accestiscono di più: gli Le macchine e le attrezzature per le lavorazioni del terreno, la coltivazione e la raccolta delle colture in pieno campo sono in genere costose e di dificile gestione da parte di un piccolo produttore. Tuttavia in tutte le aree agricole del Paese sono presenti imprese agromeccaniche che effettuano ogni tipo di lavoro per conto terzi. Molte di queste imprese aderiscono ad associazioni provinciali, a loro volta riunite in due grandi associazioni nazionali: l’Unima (Tel. 06 8549595 - www. unima.it) e la Confai (Tel. 0376 321664 - www.confai.it). Rivolgendovi a queste associazioni, o informandovi presso gli agricoltori della zona, potete ottenere i recapiti dei contoterzisti operanti nella vostra provincia. 53 Campo spazi vuoti tra pianta e pianta vengono rapidamente coperti dai nuovi getti e inizia una naturale competizione nei confronti delle malerbe. Riguardo quest’ultime, sarà necessario intervenire per contenerle solo in caso di forte infestazione. Il controllo delle infestanti può essere fatto con un intervento meccanico o con un diserbo chimico che verrà programmato, se necessario, in una fase successiva. La pratica del diserbo non può comunque essere effettuata nelle aziende biologiche ed è sconsigliabile per piccole superici. Il metodo meccanico è quello della strigliatura effettuata con un erpice strigliatore. Potrete ottenere un buon risultato solo se interverrete su infestanti al primo stadio di sviluppo, con un apparato radicale poco sviluppato, e su terreni sostanzialmente sciolti. Sui terreni argillosi i risultati sono minori e sarà quindi necessario effettuare più di un passaggio. Lo strigliatore è comunque utilissimo per ridurre l’effetto negativo della crosta che si forma con le piogge battenti e, muovendo lo strato supericiale del terreno, facilita l’accestimento. Anche per il farro si può effettuare la semina primaverile. A riguardo si devono utilizzare varietà locali con caratteristiche primaverili («alternative»), le quali possono essere seminate indifferentemente sia in autunno che in primavera. La semina primaverile riduce comunque la produttività di circa il 20%, ma consente di coltivare il cereale laddove vi sia pericolo di gelate che ne potrebbero compromettere la produzione. COLTURE PRIMAVERILI-ESTIVE Mais Se non si è già intervenuti nei mesi scorsi, in questo periodo vanno effettuate la manutenzione o realizzazione delle opere per la regimazione delle acque, la concimazione organica e la lavorazione del terreno, seguendo le modalità descritte ne «i Lavori» di novembredicembre, a pag. 48. preparazione del suolo, che deve assicurare un elevato spessore dello strato lavorato per consentire alle radici di scendere in profondità. COLTURE FORAGGERE Erba medica Girasole. In questo periodo si provvede a effettuare le operazioni di ripasso del terreno, al ine di eliminare le erbe infestanti e preparare il letto di semina ri» di novembre-dicembre, a pag. 49. Si ricorda che la soia non trae beneicio dalla concimazione organica, che anzi può determinare uno sviluppo vegetativo eccessivo e i conseguenti allettamento della coltura e ritardo nella maturazione. Se si dispone di letame o di altri efluenti di allevamento (liquame e pollina), è quindi preferibile destinarli ad altre colture (al mais in particolare). Girasole Il girasole si adatta a tutti i tipi di terreno e non ha particolari esigenze climatiche; l’unico limite produttivo è rappresentato dalla disponibilità di acqua. La germinazione avviene ad una temperatura di circa 10 °C e le giovani piante possono subire gravi danni dall’abbassamento della temperatura. La semina quindi si effettua nei primi giorni di marzo al Centro e al Sud e dopo la metà del mese al Nord. In questo periodo provvederete a effettuare le operazioni di ripasso del terreno al ine di eliminare le erbe infestanti e renderlo più minuto. La riuscita della coltura dipenderà molto dalla buona 54 Prati stabili Nelle zone montane in questo periodo i prati sono in riposo vegetativo e, con buona probabilità, ricoperti dalla neve. Non sono pertanto previsti interventi colturali. Nelle zone collinari e di pianura effettuate la concimazione organica con letame o con altri efluenti di allevamento (liquame e pollina), se tali prodotti sono disponibili in azienda e se non si è già provveduto nei mesi scorsi, secondo le modalità descritte ne «i Lavori» di novembre-dicembre, a pag. 49. Pascoli In questo periodo i pascoli sono in riposo vegetativo e, quelli ad alta quota, con buona probabilità sono ricoperti dalla neve; non sono quindi utilizzabili dagli animali. Fanno eccezione i pascoli delle zone più calde del Sud e quelli a bassa quota, che possono essere utilizzati anche in questo periodo da animali rustici (ovini, alcune razze di bovini da carne, ecc.). A cura di: Pietro Fiore (Grano duro - Farro - Girasole - Erba Medica); Umberto Grigolo (Frumento tenero - Orzo - Mais Soia - Prati stabili - Pascoli). Soia Se non si è già intervenuti nei mesi scorsi, in questo periodo vanno effettuate la manutenzione o la realizzazione delle opere per la regimazione delle acque e la lavorazione del terreno, secondo le modalità descritte ne «i Lavo- In questo periodo la medica non necessita di cure particolari. Se il medicaio si trova al secondo anno di impianto può essere utile una concimazione di copertura, per la quale distribuirete 4 quintali per ettaro di perfosfato minerale-19 e, se il terreno è carente di potassio, 1 quintale per ettaro di solfato di potassio-50. Tenete presente che nel medicaio, specialmente se è giovane, si trovano molte graminacee spontanee che contribuiranno alla produzione del primo taglio. Per questo motivo può essere utile intervenire anche con dell’azoto, somministrando 2-3 quintali per ettaro di solfato ammonico-20. Prati stabili. Se non è stato fatto già nei mesi scorsi, eseguite ora la concimazione organica con letame, liquame o pollina [1] Per approfondimenti sulla concimazione in agricoltura biologica, vi rimandiamo al n. 4/2010, pag. 45. SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Se nei testi di questa rubrica trovate delle parole che vi riescono di dificile comprensione, utilizzate il «Vocabolario illustrato dei termini dificili» allegato al n. 2/2011. (Red) Nel bimestre, con riferimento al Nord Italia, la vite si trova nella fase vegetativa di «gemma d’inverno»; al Centro e al Sud l’anticipo è mediamente di 15-30 giorni e pertanto a ine bimestre le piante potranno già trovarsi nelle successive fasi di «gemma cotonosa» e «punte verdi». IL VIGNETO PER LA PRODUZIONE DI UVA DA VINO Lavori Dopo l’impegno dei lavori legati alla vendemmia il lungo periodo del riposo vegetativo invernale viene occupato dalla potatura. Essa rappresenta un impegno di fondamentale importanza, sia dal punto di vista economico, sia da quello tecnico. Un terzo delle spese di gestione del vigneto, infatti, è rappresentato dagli interventi annuali di potatura secca (un altro terzo da tutta la gestione della stagione, trattamenti compresi, e l’ultimo terzo dalla vendemmia); con essi il viticoltore determina la produzione, poiché utili a impostare la qualità e la quantità della futura vendemmia. Un lavoro invernale straordinario, invece, è la potatura di allevamento nei vigneti di nuovo impianto. I tagli e le legature che consentiranno di formare la struttura delle giovani piante si rilettono sull’intera carriera produttiva del vigneto, così come un razionale progetto di impianto consente una corretta gestione per l’intero arco produttivo dell’impianto. In questo periodo, inine, è opportuno effettuare anche le manutenzioni alle strutture del vigneto. Potatura di allevamento. Contempla interventi da effettuare nei primi 2-3 anni di vita del vigneto e ha lo scopo di consentire il robusto accrescimento delle giovani piante e di formarne la futura SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Vigneto pale verticalmente sul tutore e in orizzontale lungo il ilo di ferro, prestando attenzione afinché le gemme siano posizionate verso l’alto. I legacci devono assicurare la perfetta aderenza del tralcio al tutore e la corretta disposizione rettilinea del cordone sul ilo. La curvatura di passaggio dal tutore al ilo di ferro orizzontale deve essere morbida, per evitare la strozzatura del tralcio. Dal cordone orizzontale si svilupperanno poi i tralci destinati alla produzione dell’anno successivo. Pergole e tendoni: il tralcio viene legato verticalmente lungo i tutori e poi prolungato sui sostegni orizzontali in funzione della vigoria. Il tralcio va cimato quando il diametro è inferiore a quello di una sigaretta (7-8 mm). Il taglio di ritorno può essere ripetuto anche al secondo inverno se la bassa vigoria della pianta lo richiede, oppure se avversità di varia natura (grandinate in particolar modo) hanno danneggiato in maniera signiicativa il tralcio. struttura permanente. Fine del primo anno di vegetazione. Qualsiasi sia la forma di allevamento prescelta, asportate la gran parte del legno prodotto, lasciando 2-3 gemme per pianta al disopra del punto di innesto; dovrete tenere solo lo sperone meglio indirizzato verso l’alto, eliminando le gemme in soprannumero. Questo taglio di ritorno consente alla pianta di rafforzarsi, creando un adeguato apparato radicale. Solo nei vigneti molto vigorosi potete lasciare 4-5 gemme sul tralcio principale, per ottenere così qualche grappolo, che ridurrà l’eccesso di vegetazione nella prossima stagione. Al termine del taglio la pianta deve essere ben legata al tutore, qualora non sia ancora stato fatto; il peso della futura vegetazione, infatti, potrebbe piegarla e danneggiarla. Fine del secondo anno di vegetazione. Il comportamento da tenere nei confronti delle piante al secondo anno varia in funzione della forma di allevamento prescelta. Guyot, capovolto e doppio capovolto: legate strettamente il tralcio principale al tutore, cimatelo 10-15 cm sotto il ilo di ferro principale per il Guyot, mentre per il capovolto o doppio capovolto poco sopra lo stesso ilo. Otterrete quindi un unico tralcio verticale, da cui si svilupperanno 2-3 tralci. L’anno successivo questi tralci forniranno la prima produzione e si utilizzeranno per ottenere i tipici «archetti» nell’inverno successivo. Cordone speronato, cortina semplice, Casarsa e Sylvoz: legate il tralcio princi- Potatura di produzione. Questo intervento, con cui si imposta la forma della pianta e il numero di gemme produttive per la stagione successiva, inluisce in modo diretto sulla qualità e quantità della produzione. Essa comprende tutte le operazioni di taglio che si effettuano ogni inverno per regolare il rapporto tra produzione e vegetazione. È un momento importantissimo nel ciclo produttivo del vigneto, poiché con essa si determina: – la quantità della produzione, mediante la scelta del numero di gemme per pianta, quindi del numero di grappoli Potatura di produzione in un vigneto allevato a Casarsa: per produzioni di qualità è preferibile lasciare i tralci più corti possibile, aumentandone eventualmente il numero Per la potatura secca nei vigneti in produzione, utilizzate forbici robuste e sicure. In ogni caso, limitate il più possibile i tagli grossi che comporterebbero maggiori rischi per le malattie del legno Con il riempimento degli spazi assegnati a ogni singola pianta e con l’entrata in produzione del vigneto si considera conclusa la fase di allevamento. 55 Vigneto Dopo Prima Potatura di produzione di una vite allevata a cordone speronato. Vengono lasciati degli speroni di una-tre gemme (vedi foto qui a lato), privilegiando quelli presenti nella parte superiore del cordone ed eliminando i tralci eventualmente sviluppatisi nella parte inferiore. Gli speroni si ottengono dai tralci più bassi originatisi dagli speroni lasciati con la potatura dell’anno precedente che si andrà a produrre; – la vigoria della pianta, regolando la lunghezza dei tralci e così il numero di gemme che si svilupperanno; – la sanità delle piante, poiché tagli di potatura troppo consistenti possono causare l’ingresso di varie malattie, in particolare del mal dell’esca; – la sanità della produzione, infatti quella dei grappoli è determinata dalla disposizione dei tralci; per esempio grappoli ben arieggiati e ben esposti sono meno attaccati dalle malattie fungine e sono raggiunti più facilmente dai trattamenti; – il livello qualitativo delle uve, mediante la disposizione dei grappoli, poiché nei grappoli delle uve rosse più esposti al sole avviene l’accumulo di polifenoli e antociani. La vite forma le gemme che daranno i iori su tralci dell’anno originati dal legno dell’anno precedente. È importante quindi che: – i tralci che hanno già prodotto siano eliminati; – i tralci sviluppatisi nell’annata trascorsa siano destinati alla successiva produzione. Esistono due differenti approcci nella potatura, a seconda della lunghezza del tralcio che viene lasciato per la produzione: potatura lunga e potatura corta. La scelta di quale applicare è condizionata dalla capacità della varietà di produrre grappoli sulle gemme basali (quelle più vicine al punto di innesto del tralcio sul legno vecchio) e dalla quantità di uva che si vuole ottenere. 56 Il taglio che lascia uno sperone di 12 gemme è detto «potatura corta». Si potrà applicare solo a quelle varietà che possiedono buona fertilità basale, cioè producono grappoli sui tralci dell’anno sviluppati dalle gemme basali. È molto importante non considerare nel conto delle gemme quelle del cercine basale (cioè quelle gemme che si originano dal punto di innesto dello sperone sul legno vecchio), che servono unicamente per il rinnovo dello sperone nell’anno successivo e non portano produzione. La formazione di uno sperone con più di due gemme, però, impedisce il germogliamento delle gemme basali; la vite, infatti, preferisce garantire l’accrescimento delle 2-3 gemme apicali e non ha l’energia suficiente a consentire anche lo svi- Con le potature sulle spalliere, in particolare per il tipo a Guyot nei giovani vigneti, cercate di lasciare i tralci alla giusta lunghezza luppo di quelle basali, necessarie a rinnovare lo sperone l’anno successivo. Sul nostro sito Internet abbiamo inserito un breve ilmato, che si può visionare gratuitamente, nel quale si illustra la potatura della vite allevata a cordone speronato (vedi riquadro a pag. 57). Per le varietà a bassa fertilità basale, invece, sarà necessario utilizzare una «potatura lunga» (oltre le 4-5 gemme) e di conseguenza adeguate forme di allevamento (Sylvoz, Casarsa, Guyot, capovolto, ecc.). Anche in questi casi, però, sarà preferibile lasciare i tralci più corti possibile, aumentandone eventualmente il numero, poiché la potatura corta produce uve di migliore qualità. Nel Casarsa e nel Sylvoz i tralci non utilizzati per la produzione non devono essere «rasati» a livello del legno vecchio, ma vanno potati ad una gemma, per garantire il rinnovo nell’anno seguente ed evitare che il cordone si spogli di gemme nel corso degli anni. Oltretutto, il taglio raso crea delle ferite che costituiscono vie di ingresso nel tempo di svariati patogeni del legno. Nel Guyot, invece, il rinnovo è assicurato da uno sperone che accompagna alla base il tralcio produttivo. In quasi tutte le forme di allevamento che prevedono tralci lunghi, questi devono essere legati in posizione adeguata. In alcune controspalliere (Sylvoz, capovolto, doppio capovolto) questi tralci sono piegati verso il basso per limitarne la vigoria e incrementare la produzione e vengono deiniti «archetti», mentre nel Guyot il tralcio di produzione viene portato orizzontalmente sul ilo di ferro. Sul nostro sito Internet è stato inserito un breve ilmato, visibile gratuitamente, nel quale viene descritta la potatura della vite allevata a Guyot. Cliccate su: www.vitaincampagna.it/RdVic/ video6.asp La carica di gemme, cioè il numero di gemme da lasciare per ogni pianta, è fortemente correlata alla forma di allevamento e al sesto di impianto, pertanto le indicazioni vengono espresse normalmente in numero di gemme per pianta per le pergole e i tendoni e in numero di gemme per metro lineare di ilare per le forme di allevamento Guyot, capovolto, doppio capovolto, alberello o a cordone permanente (cordone speronato, cortina semplice, Sylvoz, Casarsa, ecc.). Una carica media indicativa è di 25-35 gemme per pianta nelle pergole semplici, 40-60 gemme per pianta nelle pergole doppie e nei tendoni e 12-15 gemme per metro lineare di ilare nelle altre forme di allevamento (ma nelle produzioni di alta SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Vigneto qualità si arriva a 4-5 gemme per metro per le varietà a grappolo più grosso). Ovviamente potrete variare il numero di gemme a seconda del peso medio dei grappoli delle vostre varietà e in funzione della quantità e della qualità che volete ottenere: indicativamente, per vigneti a media densità (5.000 ceppi per ettaro) e per ottenere uve di alta qualità non si devono superare produzioni d’uva di 1,5-2 kg per ceppo. Poiché la produzione di uva riduce in maniera proporzionale il numero e la dimensione dei tralci, lascerete meno gemme nelle piante più deboli, mentre potrete utilizzare una potatura più ricca in quelle più vigorose. Il posizionamento dei tralci o degli speroni lungo il cordone deve consentire l’armonico sviluppo dei tralci nello spazio assegnato, senza sovrapposizioni, garantendo l’arieggiamento della chioma e una migliore ricezione della luce da parte delle foglie e dei grappoli. Di conseguenza si prestano meglio le forme di allevamento che hanno cordone permanente o tralcio produttivo orizzontali e vegetazione ascendente (cordone speronato e Guyot). Tali forme consentono la separazione fra la zona produttiva e quella della vegetazione, evitando sovrapposizioni che costringerebbero a continui tagli a verde o che creerebbero ristagni di umidità nella chioma e nei grappoli. I residui di potatura vanno lasciati in loco e triturati con un trinciasarmenti, poiché contribuiscono a mantenere alto il tenore di sostanza organica nel terreno. Solo nel caso ci sia notevole presenza di malattie del legno, quali eutipiosi o mal dell’esca, i tralci vanno allontanati e bruciati. Terminate le operazioni di potatura, nelle forme di allevamento che richiedono il posizionamento obbligato dei tralIn un video la potatura della vite allevata a cordone speronato Collegandovi al nostro sito Internet potete vedere gratuitamente un ilmato della durata di circa due minuti. In esso il nostro esperto vi dà indicazioni circa le modalità di esecuzione della potatura della vite nella forma di allevamento a cordone speronato. Cliccate su www.vi taincampagna.it/rdVic/ video18.asp SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Ultimata la potatura nelle forme di allevamento che lo richiedono procedete alla legatura dei tralci ci (Guyot, Sylvoz, pergole, tendoni, ecc.), potete iniziare la legatura degli archetti o dei tralci; se l’archetto ha la curva molto accentuata attendete di procedere nelle giornate più umide o a ridosso del germogliamento, quando il legno è più lessibile e non rischia di spezzarsi al momento della piegatura. Ricordiamo che sui numeri 12/2008, a pag. 26, e 1/2009, a pag. 31, sono stati pubblicati due articoli che illustrano le regole generali della potatura secca della vite e descrivono gli interventi di potatura nelle principali forme di allevamento. Nuovi impianti. Una volta decisa la forma di allevamento, che è condizionata anche dalle caratteristiche di fertilità basale o meno della varietà, prima di procedere con la messa a dimora delle barbatelle occorre considerare: – la densità d’impianto (cioè il numero di piante per ettaro); – il sesto d’impianto (cioè la distanza tra le piante sulla ila e tra le ile). Riguardo la densità di impianto, a parità di forma di allevamento, sono le alte densità che danno una migliore qualità globale: ridotte distanze tra le file consentono alle piante di distribuire meglio le radici, esplorando razionalmente tutto il terreno; inoltre la maggior densità, riducendo la vigoria, comporta una relativa diminuzione del peso dei grappoli e delle bacche e questo favorisce l’aumento del rapporto buccia/polpa. È tuttavia evidente che l’optimum nel numero di ceppi per ettaro non è costante: dipende in primo luogo dal clima, ma anche dagli obiettivi enologici. A parità di ambiente deve essere più elevato nei vitigni rossi che nei bianchi (viti leggermente più espanse), più elevato al Nord che al Sud; si preferisce una densità maggiore per i vini da dessert (ad alta gradazione zuccherina) e minore per gli spumanti. Il sesto d’impianto, a sua volta, va considerato in relazione all’altezza delle piante; nelle controspalliere (cordone speronato, Guyot, capovolti, Sylvoz e Casarsa) il rapporto tra larghezza dell’interila e altezza dei pali deve essere circa di 1:1, per evitare l’ombreggiamento dei ilari da parte di quelli contigui. In pratica, al restringimento dell’interila deve corrispondere un adeguato abbassamento della struttura. L’altezza da terra è strettamente legata al sistema di allevamento. Per esempio il Guyot e il cordone speronato richiedono un’altezza da terra di 70-90 cm. Anche nelle zone più umide i cordoni speronati e i Guyot possono essere previsti a 90 cm da terra, poiché la vegetazione che si sviluppa in verticale garantisce comunque una fascia di arieggiamento tra il suolo e il cordone priva di vegetazione. Il Sylvoz, la cortina pendente, il capovolto e il doppio capovolto, che prevedono invece archetti rivolti verso il basso, devono essere impalcati ad una altezza di 120-140 cm. In generale, una pianta compatta e non troppo espansa garantisce un migliore equilibrio vegetativo e una risposta migliore alle avversità climatiche (siccità in particolare). Completata la preparazione del terreno (vedi «i Lavori» di settembre-ottobre e novembre-dicembre 2011), potete iniziare il tracciamento del nuovo vigneto, posizionando i picchetti di riferimento per i pali e le viti. Il miglior orientamento dei filari è quello nord-sud, il quale assicura la maggior insolazione. Poiché però si è fortemente inluenzati dalla forma dell’appezzamento, si prende in considerazione l’orientamento che dia la massima lunghezza dei ilari, per una migliore meccanizzazione delle operazioni colturali. Assicurate un’adeguata larghezza delle cappezzagne e dei ilari, per consentire il passaggio delle macchine e delle attrezzature, soprattutto nei vigneti in collina. Tenete presente che tanto più stretto è lo spazio tra i ilari, tanto più larga deve risultare la cappezzagna, poiché le macchine operatrici che per- 57 Vigneto corrono i ilari dovranno uscire completamente dal vigneto per iniziare le operazioni di voltata. Superato il periodo più freddo dell’inverno, in genere inizia la messa a dimora delle nuove piante di vite. Le barbatelle, prenotate per tempo presso i vivaisti, devono essere ritirate poco prima dell’impianto, per evitare di commettere errori nella conservazione: se le barbatelle sono sciolte e non confezionate, devono essere conservate sotto sabbia umida e in luogo fresco ino al momento della messa a dimora. Anche le barbatelle parafinate, che ormai sono le più diffuse, vanno conservate in luogo fresco, ma la loro idratazione è assicurata dalle confezioni con cui vengono commercializzate. La preparazione delle barbatelle consiste nell’accorciare le radici a circa 1015 cm. Al momento dell’impianto veriicate che il terreno sia suficientemente umido, così da assicurare un’adeguata idratazione alle barbatelle. In caso contrario, immergete le barbatelle in acqua per circa mezz’ora per una prima reidratazione e successivamente intervenite con una leggera irrigazione localizzata. Evitate accuratamente di porre a contatto delle radici i fertilizzanti chimici o organici che avete previsto di utilizzare, poiché potrebbero compromettere la vitalità delle piantine, perché la salinità di certi concimi può disidratare le radici. Se avete in progetto l’impianto di un nuovo vigneto nell’inverno del prossimo anno, può essere vantaggioso prenotare già ora le barbatelle presso i vivaisti, soprattutto se utilizzerete varietà e/o portinnesti poco diffusi; in questo caso il vivaista potrà procedere subito all’innesto da voi indicato e avrete la certezza della disponibilità del materiale al momento dell’impianto. Superato il periodo più freddo si può procedere all’impianto del nuovo vigneto Per la messa a dimora le barbatelle devono essere adeguatamente preparate accorciando le radici a circa 10-15 cm In genere le strutture di sostegno vengono installate successivamente all’impianto, ma devono essere completate prima della ripresa vegetativa delle Vigneto per uva da vino. Operazioni colturali in corso ( ) nei mesi di gennaio e febbraio ● a cura di Silvio Caltran piante, per evitare di danneggiare i fragili germogli. La scelta riguardo l’utilizzo dei pali di legno, di cemento, di plastica riciclata o di ferro è legato a: la durata, l’elasticità, la reperibilità, i vincoli paesaggistici e il prezzo. Per ciascuna barbatella, fatta esclusione per quelle poste in prossimità dei pali di sostegno, dovrete posizionare un tutore che la sostenga nei primi anni di sviluppo. Si sta diffondendo l’uso di tondini di ferro per l’edilizia (diametro 6, 8, 10 mm, a seconda dell’altezza necessaria) in sostituzione dei tutori in legno; essi sono praticamente indistruttibili e possono essere facilmente riciclati una volta inito il loro compito, hanno il vantaggio di avere un basso costo e resistono molto bene alle sollecitazioni dei tastatori delle macchine operatrici. Anche per i ili di ferro il mercato offre un’ampia gamma di prodotti, ma tutte le soluzioni vanno prima veriicate in base alle offerte del mercato. Manutenzioni. Una volta terminato il taglio della vegetazione è consigliabile procedere alla manutenzione delle strutture del vigneto. Controllate le legature del legno vecchio, curando che non si creino strozzature e che il cordone non si letta per il peso della produzione. I materiali che si possono utilizzare per le legature sono numerosi. I tradizionali legacci di vimini sono sempre più frequentemente sostituiti dai tubetti e nastri in plastica, da appositi ganci e cambrette metalliche. Sono disponibili sul mercato anche delle piccole legatrici portatili a batteria. Veriicate anche che i pali e i ili di ferro non abbiano ceduto sotto il peso della vegetazione e della produzione nella stagione trascorsa. Vigneto per uva da tavola. Operazioni colturali in corso ( ) nei mesi di gennaio e febbraio ● a cura di Silvio Caltran Operazioni gennaio febbraio Operazioni gennaio Nuovi impianti Potatura [1] Concimazione Falciatura erba Trattamenti antiparassitari Irrigazione Vendemmia ● ● ● ● Nuovi impianti Potatura [1] Concimazione Falciatura erba Trattamenti antiparassitari Irrigazione Vendemmia ● ● [1] Potatura secca. 58 febbraio ● ● ● [2] ● [1] Potatura secca. [2] Concimazione azotata. SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Vigneto Interventi itosanitari Se durante la scorsa estate avete contrassegnato le piante eventualmente colpite dal mal dell’esca, è questo il periodo buono per il taglio delle piante nel tentativo di risanarle. La capitozzatura andrà effettuata asportando tutto il legno malato (in pratica il legno che presenta carie). Gli attrezzi utilizzati andranno disinfettati con ipoclorito di sodio (la comune varechina) per evitare di trasmettere l’infezione da una pianta all’altra. I tagli di capitozzatura vanno poi disinfettati e protetti con pasta cicatrizzante, tipo Baumbalsamo della ditta L. Gobbi. IL VIGNETO PER LA PRODUZIONE DI UVA DA TAVOLA Lavori Le operazioni riguardanti la potatura secca, sia di allevamento che di produzione e la preparazione per un nuovo impianto viticolo, quindi la riinitura del terreno, il ritiro, la conservazione e la messa dimora delle barbatelle, differiscono poco da quanto descritto per l’uva da vino. Diverse sono invece le indicazioni tecniche sulla scelta delle strutture di sostegno per i nuovi vigneti, per la messa a dimora delle barbatelle e per la manutenzione, viste le differenze produttive (quantitative in particolare) e considerata la scelta di forme di allevamento espanse (tendone e pergola), quali soluzioni diffuse per la produzione di uva da tavola, anche per il piccolo vigneto familiare. Buona attenzione va posta per l’eficace controllo delle infestanti, avvalendovi di soluzioni non troppo costose e di limitato impatto ambientale. Se si ricerca l’anticipo della maturazione, in particolare per le varietà precoci, vanno rapidamente ultimate le operazioni invernali di potatura, manutenzione delle strutture di sostegno, legatura dei tralci e va programmata per questo periodo la copertura delle piante. Inine, anche le concimazioni vanno impostate con l’obiettivo di ottenere buoni risultati produttivi, ma col contemporaneo controllo della vigoria, la quale predispone le piante a maggiori attacchi parassitari e può compromettere la qualità e la conservabilità della produzione. Potatura di produzione. La potatura secca poggia sugli stessi principi riportati per la viticoltura da vino, in particolare per gli impianti a Guyot. Fa eccezione la SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 2 1 lunghezza dei tralci, quindi la carica di gemme per ceppo, standardizzata secondo le impostazioni della forma di allevamento, a tendone o a pergola; di solito risulta poi maggiore per alcune varietà, quali la Regular Superior seedless (o Sugraone), caratterizzate da buona vigoria e da limitata fertilità delle gemme basali. Su tendone e su pergola, infatti, la potatura prevede la completa sostituzione del capo a frutto e dei relativi tralci che hanno prodotto l’anno precedente tramite un tralcio ripreso da dietro, posizionato in vicinanza del fusto e preferibilmente ottenuto sullo speroncino di rinnovo lasciato l’anno prima. Inoltre, al disotto del tralcio di sostituzione vanno lasciati uno o due speroncini, alla lunghezza di uno-due gemme visibili, allo scopo di ottenere robusti tralci per la potatura dell’anno successivo. In ogni caso anche l’uva da tavola richiede che i futuri grappoli e, soprattutto, le foglie ad essi vicine siano ben esposti al sole e arieggiati. Per le forme a tetto orizzontale o obliquo, quali appunto tendone e pergole, sin dalla potatura secca dovrete pertanto lasciare spazi aperti e regolari, posizionati al centro dell’interilare, allo scopo di permettere l’entrata primaverile ed estiva di aria e di luce, fattori fondamentali per la migliore maturazione dell’uva e per la prevenzione degli attacchi parassitari. Per viti allevate a spalliera, con potatura a Guyot, se possibile utilizzate tralci di sostituzione di media vigoria e, se la distanza tra le piante lungo la ila è superiore a un metro, valutate anche la possibilità d’impostare la potatura a Guyot bilaterale, orizzontale o capovolto, stendendo un tralcio per lato ino a incrociare i tralci della viti adiacenti, lasciando alla loro base sempre uno o due corti 1-Le strutture di sostegno del vigneto vanno installate dopo l’impianto e completate prima della ripresa vegetativa. Nella foto: palificazione in cemento. 2-Ogni barbatella (ad esclusione di quelle in prossimità dei pali di sostegno) va dotata di un tutore; diffuso è il ricorso ai tondini di ferro per l’edilizia, indistruttibili, riciclabili e di costo accettabile speroncini con funzioni di rinnovo. Potete effettuare la potatura e la stralciatura o eliminazione della ramaglia inutile manualmente oppure con l’ausilio di comode forbici elettriche o pneumatiche. Terminata la potatura, procedete alla trinciatura dei tralci con una macchina trinciasarmenti, oppure all’asportazione degli stessi con successiva bruciatura, nel caso siano presenti gravi malattie del legno, prima fra tutte il mal dell’esca. Naturalmente, le piante colpite da mal dell’esca avrebbero dovuto essere segnate nel corso dell’estate precedente per essere ora potate separatamente, disinfettando le forbici alla ine dell’intervento. Con danni intensi su vecchie viti conviene estirpare l’intera pianta e bruciarla in luogo adatto, mentre si può tentare di recuperare viti ancora giovani tramite la capitozzatura, da effettuarsi ad altezza tale da non notare più i classici sintomi d’imbrunimento del legno causati dalla malattia. Manutenzioni. Dopo i tagli, eseguite la legatura dei tralci. Allo scopo potete avvalervi dei tradizionali vimini o, meglio, dei moderni legacci sintetici quali i tubetti in pvc, interessanti per la resistenza e per la buona elasticità; oppure utilizzate i ili in plastica con anima metallica, applicabili anche con semplici macchinette manuali. Se la supericie del vigneto è elevata, per la legatura potete anche utilizzare le macchine legatrici elettriche in grado di stendere e di avvolgere rapidamente il ilo di plastica, riducendo notevolmente il tempi. In caso di necessità di manutenzione alle strutture di sostegno, prima di eseguire le legature dei tralci, anche per il vigneto di uva da tavola, vanno sostitui- 59 Vigneto Se durante la scorsa estate avete contrassegnato le piante eventualmente colpite dal mal dell’esca, è questo il periodo per eseguire la capitozzatura nel tentativo di risanarle ti i pali o i tutori danneggiati e i ili rotti. Vanno inoltre ricontrollate le tensioni di ancoraggi e ili, al ine di disporre di strutture eficienti e sicure. Controllo delle infestanti. Per quanto riguarda gli interventi invernali, ricordiamo che anche negli ambienti mediterranei essi devono essere contenuti, sia nella frequenza che per la profondità; pertanto, sono da effettuarsi solo in presenza di erbe infestanti ben sviluppate. Se disponete di terreni in pendio, quindi soggetti all’erosione supericiale, conviene addirittura evitare le lavorazioni almeno ino a inizio primavera, allo scopo di mantenere una buona copertura d’erba spontanea oppure di cereale (grano) o leguminose (veccia, favino) appositamente seminate l’autunno scorso. Se lo sviluppo di queste risultasse esagerato, conviene intervenire col semplice taglio avvalendovi, se ne disponete, anche di una macchina trinciasarmenti. Lungo la fila, se avete effettuato il controllo delle infestanti a ine autunno con un erbicida ad azione sistemica, avrete ora la supericie ancora pulita; quindi non serve alcun intervento. Viceversa, al Sud in particolare, da ine gennaio e per tutto febbraio è possibile distribuire un erbicida ad azione sistemica (che penetra all’interno dei tessuti e, attraverso la linfa, si diffonde in tutta la pianta) a base di glifosate (per esempio Roundup e numerosi altri), eventualmente integrato da lazasulfuron (per esempio Chikara) che, lentamente ma a colpo sicuro, vi permetterà il controllo delle infestanti ino a primavera inoltrata. Nuovi impianti. Per l’uva da tavola, da tempo comparata al settore frutticolo, non è necessaria l’autorizzazione al reimpianto rilasciata dagli ufici regionali o 60 provinciali preposti; pertanto potete procedere tranquillamente alla progettazione e alle realizzazione del nuovo impianto. Per ottenere un buon risultato, vi ricordiamo anzitutto l’importanza di disporre di un terreno razionalmente concimato, arato ed eventualmente anche ripuntato a giusta profondità, senza rischi di ristagno d’acqua, ripulito dai sassi, afinato con estirpatori o erpici o motozappe e ben tracciato, al ine di collocare regolarmente sia le barbatelle sia i pali e le ancore. Di solito, sia la fase progettuale sia quella preparatoria vengono attuate nel corso dell’estate precedente o al massimo dopo la vendemmia. Qualora non sia stato possibile prima, dopo aver individuato l’appezzamento, meglio se regolare e ben posizionato, veriicate ora la sua sistemazione supericiale (al ine di facilitare il successivo passaggio delle macchine operatrici) e gli eventuali rischi di ristagno di acqua. Con pendenze di un certo rilievo e con terreni non facilmente soggetti all’erosione superficiale o addirittura a frane, al posto delle costose sistemazioni a terrazzi o a ciglioni, preferite quella a rittochino, cioè l’impostazione dei ilari nel senso della massima pendenza. Si tratta di una soluzione che facilita il passaggio delle macchine operatrici, in particolare delle trattrici a quattro ruote motrici o cingolate, senza rischi di ribaltamento laterale. In terreni soggetti a eventuali ristagni d’acqua predisponete opportuni drenaggi, a giusta profondità, utilizzando anche speciici tubi perforati che, se ben protetti, garantiscono una lunga attività. Subito dopo, se il terreno si presenta in tempera, cioè con giusta umidità, procedete all’aratura di fondo. Con terreno non troppo fertile, potrete contemporaneamente interrare anche una buona quantità di concime organico (almeno 700-800 quintali per ettaro di buon letame, oppure almeno 40-50 quintali per ettaro di ammendanti organici essiccati). Lavorando il terreno a una profondità di almeno 40-50 cm per mezzo di un buon aratro, al quale potrà seguire nei terreni più argillosi una ripuntatura con passaggi ogni 100-120 cm di distanza e alla profondità di circa 80-90 cm, creerete i presupposti per immagazzinare una quantità ottimale di acqua piovana, favorendo lo sviluppo radicale e consentendo alle piante di resistere il più possibile alla siccità. Nello stesso tempo (ma sarebbe stato meglio almeno un anno prima dell’impianto) richiedete le barbatelle al vivaista o al rivenditore di iducia con la migliore combinazione d’innesto, cioè portinnesto, vitigno ed eventuale clone, in grado di fornirvi buoni risultati qualitativi e, nello stesso tempo, una buona resistenza alla siccità, alla salinità e alla scarsa fertilità del terreno. La scelta della varietà dipende soprattutto dalle caratteristiche del vostro ambiente pedoclimatico e dagli obiettivi produttivi che intendete raggiungere. Di regola afidatevi alle varietà più diffuse in Italia e probabilmente anche nella vostra zona (tale diffusione è segno che esse maturano bene e che hanno anche un riscontro positivo sul mercato): Matilde, Regina, Victoria e Italia tra le bianche con seme; Black magic, Cardinal, Michele Palieri e Red Globe tra le varietà a bacca rossa con seme; Regular Superior seedless (o Sugraone), Crimson seedless e Supernova seedless, rispettivamente bianca, rossa e rosata, tra le apirene (senza seme). Nel limite del possibile, vanno però considerate alcune piante di varietà tradizionali, quali Baresana e Pizzutello bianco, che meritano di essere salvaguardate, così come è bene provare alcuni ceppi di nuove varietà quali Autumn seedless, Paula, Summer royal, Blush Con i vigneti per uva da tavola coperti in gennaio al ine di anticipare la raccolta, già a febbraio si avrà il germogliamento SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Vigneto 1 2 seedless e Autumn royal (bianche le prima due, rosse le altre e tutte apirene) che la ricerca ci ha messo a disposizione. La scelta del portinnesto è legata ai requisiti di resistenza alla siccità (per questo vanno bene il 140 Ruggeri, il 1103 Paulsen, il 110 Richter), alla salinità (ottimo il 1103 Paulsen) e alla scarsa fertilità del terreno (bene il 140 Ruggeri, il 1103 Paulsen, il 779 Paulsen, il K5BB e l’SO4). In alcuni ambienti viene richiesta anche una buona resistenza al calcare attivo del terreno e a questo scopo, oltre al 140 Ruggeri e al 1103 Paulsen, si presta bene anche il 41 B. In tutti i casi, scegliete materiale vivaistico garantito: il mazzetto di barbatelle deve essere dotato di etichetta gialla (che indica materiale standard, cioè con selezione massale) o, meglio, di etichetta blu (che indica materiale certificato frutto della selezione clonale), a garanzia della sanità del materiale e del buon grado di selezione sia per il portinnesto che per la varietà di uva da tavola. La struttura di sostegno di un vigneto di uva da tavola allevato a tendone o a pergola deve essere molto robusta. Da decenni si usano i pali di cemento armato, meglio se precompressi, alternati o non con pali in legno di castagno; il tutto assicurato con una itta rete di ili di acciaio zincato e con robuste corde d’acciaio le quali, issate lungo il perimetro dell’appezzamento, ne formano lo scheletro portante. Ai quattro angoli ci si avvale poi del sostegno di altrettante robustissime colonne metalliche o di pali di cemento armato ben ancorati. Più semplice sarebbe la soluzione con forme d’allevamento a pergoletta doppia – la quale può esser impostata anche con filari indipendenti, seppur saldamente ancorati alle testate – e con la spalliera, Guyot e cordone speronato (da scegliere solo per le varietà con buona fertilità basale), per le quali valgono le indicazioni tecniche descritte per la viticoltura da vino. SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Per i piccoli impianti di uva da tavola prendete in considerazione anche varietà tradizionali, quali Baresana (1) e Pizzutello bianco (2), che meritano di essere salvaguardate Con quest’ultime non si raggiungono di certo le forti produzioni del tendone o delle pergole tradizionali, ma la qualità dell’uva e soprattutto la maggiore semplicità di gestione le fanno preferire in tutti i piccoli vigneti familiari. Copertura per anticipare germogliamento e maturazione. Per la viticoltura da tavola sarà possibile anticipare la raccolta anche di un mese se a ine gennaioinizio febbraio le piante verranno coperte interamente con la stesura di un telo bianco in pvc, su apposita struttura portante. Si tratta di una pratica diffusa in Sicilia, in particolare nel comprensorio di Vittoria (Ragusa), dove la possibilità di porre sul mercato grappoli di Matilde, di Black magic e, soprattutto, di Victoria già a inizio di giugno, consente remunerazioni anche molto interessanti. In quell’area, grazie alla copertura e ai terreni molto sabbiosi, il germogliamento inizierà già ai primi di febbraio e le viti di varietà precoci saranno in ioritura già nella seconda metà di marzo. Naturalmente, i risultati saranno più tardivi con i terreni argillosi e man mano che ci si sposta più a nord o in alta collina. Concimazioni. Anche per i vigneti di uva da tavola, ci si regola secondo i principi riportati ne «i Lavori» di novembre-dicembre 2011. Riguardo alle dosi, ponete la massima attenzione alla quota azotata, la quale deve essere inalizzata alla produzione di uve sane e perfettamente mature. Per quanto riguarda l’epoca di distribuzione, vi ricordiamo che le concimazioni azotate in particolare, alla dose media di 50-60 kg per ettaro (pari a 22,3 quintali per ettaro di nitrato ammonico-26), devono essere anticipate alla ine di febbraio-inizio marzo, salvo condizioni climatiche che non prevedano piogge abbastanza imminenti. In tal modo saranno rapidamente interrate con le lavorazioni o con le piogge di ine inverno e saranno a disposizione delle piante sin dalla fase di germogliamento. Se necessario, una seconda dose di concimi azotati, potrà essere distribuita a metà primavera, ma di questo parleremo più avanti. Per gli altri elementi (potassio, fosforo, magnesio, ferro), per i quali non esiste il rischio di perdite per volatilizzazione e per gli ammendanti organici, vale quanto riportato ne «i Lavori» di novembre-dicembre 2011, alle pagg. 52-53. Interventi itosanitari Nei mesi di gennaio e febbraio le piante sono in riposo vegetativo e quindi non vanno eseguiti i trattamenti antiparassitari. Tuttavia il viticoltore dovrà comunque svolgere operazioni tendenti a eliminare le fonti di diffusione delle infezioni di parassiti dell’anno precedente. È stato più volte suggerito di segnare durante i mesi di maggior sviluppo delle piante, per le varietà precoci a luglio e per le altre ad agosto, le piante malate di virosi, mal dell’esca, marciumi radicali e cocciniglie. Per quest’ultimi insetti, in caso di forti attacchi, è consigliabile eliminare la corteccia del tronco delle viti per impedire che le cocciniglie vi si nascondino e per migliorare l’eficacia dei trattamenti. Durante il mese di gennaio si esegue ancora la potatura secca. Questa operazione ha la inalità di selezionare i tralci Vite della varietà da tavola Crimson a cui è stata eliminata la corteccia per evitare che le cocciniglie (nel particolare) vi trovino rifugio 61 Vigneto NOVITÀ VITE SISTEMI di ALLEVAMENTO Guida alla scelta e alla gestione di Riccardo Castaldi VITE - SISTEMI DI ALLEVAMENTO Guida alla scelta e alla gestione di Riccardo Castaldi 168 PAGINE - OLTRE 100 ILLUSTRAZIONI Prezzo di copertina € 24,00 EDIZIONI L’INFORMATORE AGRARIO Per i nostri abbonati sconto del 10% € 21,60 Dall’esperienza pluriennale di Riccardo Castaldi il primo manuale completo che descrive i sistemi di allevamento della vite fornendo utili consigli per l’impianto, l’allevamento e la gestione. Illustrato da immagini e disegni, corredato da tabelle e con un testo chiaro e ricco di esempi, il libro costituisce un punto di riferimento per il viticoltore moderno. Il testo documenta i sistemi di allevamento tradizionali e quelli moderni più razionali, oltre a quelli di recente sperimentazione e ne suggerisce la scelta considerando una serie di elementi: dalle caratteristiche del vitigno a quelle di suolo e clima, dal livello produttivo al grado di meccanizzazione e all’impiego di manodopera, dai costi di impianto alle indicazioni nei disciplinari delle denominazioni di origine fino alla conservazione del paesaggio viticolo. Garanzia di riservatezza: tutte le informazioni riportate nel presente modulo sono assolutamente riservate e trattate secondo quanto previsto dal D.lgs 30/06/03 n. 196 (Codice della Privacy) Desidero ricevere il seguente volume ◻ 303-3 - Vite - Sistemi di allevamento Per i nostri abbonati (sconto 10%) ◻ 303-3 - Vite - Sistemi di allevamento Copie Importo € 24,00 € 21,60 Se desidera la spedizione per POSTA aggiunga € 3,50 € 5,50 Se desidera la spedizione per CORRIERE aggiunga TOTALE EURO Modalità di pagamento (barrare la casella interessata ◻) ◻ allego assegno non trasferibile intestato a Edizioni L’Informatore Agrario ◻ allego fotocopia del versamento sul conto corrente postale n. 11484375 intestato a Edizioni L’Informatore Agrario ◻ Vi autorizzo ad addebitare l’importo sulla carta di credito ◻ Visa ◻ Eurocard-Mastercard ◻ American Express N. Scadenza intestata a Data Firma ◻ Pagherò in contrassegno l’importo di € più € 1,50 per spese al ricevimento del libro (solo per l’Italia) Cognome Nome Via CAP Tel. E-mail: L’UVA FRAGOLA Lavori Le varietà di vite Isabella nera o «uva fragola nera» e Noah o «uva fragola bianca», la cui coltivazione era autorizzata solo per l’autoconsumo familiare, dopo l’avvenuta iscrizione al Catalogo nazionale delle varietà e limitatamente alle Province che ne hanno fatto richiesta, possono essere regolarmente coltivate per la produzione e la vendita, sia per il consumo fresco sia per la produzione di distillati. Resta invece ancora vigente il divieto per la loro viniicazione, data la nota tendenza di quest’uva a produrre eccessive quantità di alcol metilico, o metanolo, nel corso della fermentazione alcolica. Per quanto riguarda la potatura secca vale quanto indicato per l’uva da vino e da tavola. Tenete presente, però, che le piante di uva fragola bianca e nera presentano normalmente un vigore elevato e, pertanto, richiedono l’adozione di forme di allevamento a sviluppo orizzontale, tipo pergola semplice o doppia, tendone, Guyot bilaterali, ecc. Interventi itosanitari N. Prov. Località Fax @ Tagliando (o fotocopia) da inviare per posta o fax a: Edizioni L’Informatore Agrario Via Bencivenga Biondani, 16 - 37133 Verona Tel. 045 8057511 - Fax 045 8012980 - [email protected] infolibri e ordini online: www.libreriaverde.it 62 da lasciare sulle piante per la produzione dell’anno, ma anche di eliminare quelli non completamente maturi, con evidente attacchi di oidio, muffe, peronospora, cocciniglia, ecc. Sia le piante totalmente malate che i tralci andrebbero bruciati per evitare la presenza nel vigneto di fonti di infezioni. Per il mal dell’esca occorre eliminare e bruciare le viti segnate e irrecuperabili a causa dell’eccessiva diffusione della malattia. Nei casi di parziale infezione, occorre eliminare soltanto la porzione di vite infettata. È possibile fare un tentativo di ricostruzione della pianta, lasciando i tralci sani o facendo sviluppare, alla ripresa vegetativa, un nuovo germoglio dalla base: questo getto andrà a formare il nuovo fusto, dopo l’eliminazione di quello infettato. Per l’uva fragola non sono necessari trattamenti antiparassitari. A cura di: Filippo Giannone (Lavori: Il vigneto per la produzione di uva da vino); Enzo Corazzina (Lavori: Il vigneto per la produzione di uva da tavola - L’uva fragola); Paolo Solmi (Interventi fitosanitari: Uva da vino); Mario Colapietra (Interventi itosanitari: Uva da tavola). SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Se nei testi di questa rubrica trovate delle parole che vi riescono di dificile comprensione, utilizzate il «Vocabolario illustrato dei termini dificili» allegato al n. 2/2011. (Red) I vini dell’annata 2011 sono organoletticamente di buona qualità, in particolare i vini rossi. Quest’ultimi, favoriti da un periodo autunnale caldo e asciutto, hanno un’ottima intensità di colore, tannini morbidi e note olfattive molto fruttate e sono adatti all’afinamento in legno. Prima di introdurre i lavori da eseguire nei mesi invernali, raccomandiamo di controllare il valore di acidità totale, che potrebbe essere inferiore ai valori di norma consigliati, cioè di 5-6,5 grammi per litro per i vini bianchi e 4,5-5,5 grammi per litro per i vini rossi. Se il valore è inferiore o alla degustazione i vini risultano molli, sarà necessario eseguire un’acidiicazione come consigliato ne «i Lavori» di novembre-dicembre 2011. A questo proposito dobbiamo far presente che nella stesura del testo de «i Lavori» di novembre-dicembre 2011, relativamente alla dose di impiego dell’acido malico, siamo incorsi in un Cantina errore: come per tutti i prodotti enologici, infatti, essa è sempre espressa in grammi per ettolitro, e non in grammi per litro come erroneamente riportato a pag. 58. Le cantine con partita Iva che commercializzano il vino, prima di eseguire la prima operazione di acidificazione, devono informare l’Ispettorato controllo qualità e repressione delle frodi (Icqrf) competente del territorio e annotare l’operazione sull’apposito Registro dei trattamenti enologici. I lavori da eseguire in cantina in questo periodo sono: il taglio, il travaso, la stabilizzazione dalle precipitazioni tartariche, la chiariica e/o la iltrazione. IL TAGLIO DI VINI Il taglio dei vini è una pratica che si esegue nelle cantine per rendere omogenea la qualità del prodotto, per aumenta- Prima di effettuare l’operazione di taglio dei vini, conviene eseguire una prova preliminare (prova in piccolo) in un bicchiere o cilindro. Si preleva, con una pipetta, una quantità uguale di vino per ogni botte e ultimato il taglio nel bicchiere si assaggia per veriicarne la qualità del risultato ottenuto re o diminuire alcuni parametri chimici (gradazione alcolica, acidità) e per aumentare l’intensità del colore con l’aggiunta di vini da taglio (vini «rossissimi»). Viene impiegata anche per correggere o attenuare anomalie olfattive e/o al gusto, ma raccomandiamo di fare molta attenzione nel procedere per non rovinare l’intera massa. Infatti, quantità esigue di un vino difettoso (per spunto, girato, ossidazione, ecc.) possono rovinare tutta la quantità di vino impiegato nel taglio. Prima di eseguire il taglio è buona norma fare una prova in piccolo, impiegando un cilindro graduato o un bicchiere come unità di misura. Facciamo un esempio: se si vogliono assemblare tre damigiane di cabernet, due di sangiovese e una di lambrusco, per eseguire una prova in piccolo si tagliano in una caraffa tre bicchieri di cabernet, due di sangiovese e uno di lambrusco; si mescolano e si esegue l’assaggio e/o l’analisi chimica. Nel caso in cui il risultato soddisi le attese, si potrà eseguire il taglio; se invece non si è raggiunta la gradevolezza desiderata, si modiicano le proporzioni ino a ottenere il risultato voluto. I TRAVASI Le operazioni di travaso dalle fecce di fermentazione si eseguono solo dopo che alla prova all’aria i vini risultano stabili (non cambiano cioè colore); molta attenzione deve inoltre essere fatta per non esagerare con i travasi per illimpidire il vino. Normalmente, dopo il primo travaso dalle fecce di fermentazione sono necessari al massimo altri tre travasi. Travasando di continuo nei mesi invernali, il vino si satura di ossigeno assorbito dall’aria che ne causerà l’ossidazione repentina nel periodo primaverileestivo. A temperature basse (valori inferiori a 10-12 °C) l’ossigeno è infatti poco reattivo con le sostanze del vino, ma I lavori di gennaio-febbraio nella piccola cantina a cura di Giuseppe Carcereri de Prati Vini rossi chiariica travaso SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Vini bianchi iltrazione chiariica travaso iltrazione 63 Cantina all’aumentare della temperatura (valori superiori ai 20 °C) la sua presenza è tra le possibili cause di ossidazione e alterazioni batteriche. Mediamente in un travaso «al chiuso» il vino assorbe da 1 a 3 millilitri per litro di ossigeno, mentre in un travaso «all’aria» ne assorbe da 5 a 9 millilitri per litro; tali quantità di ossigeno ossidano rispettivamente da 4 a 13 milligrammi per litro e da 20 a 40 milligrammi per litro di anidride solforosa libera. Per questo motivo raccomandiamo di eseguire alla ine di febbraio, o dopo 1520 giorni dall’ultimo travaso, un controllo dei valori dell’anidride solforosa, del pH e dell’acidità totale. Nei vini dell’annata 2011 consigliamo di mantenere il valore di anidride solforosa libera a 2030 milligrammi per litro (4-6 grammi per ettolitro di metabisolito di potassio) per i bianchi, e a 20-25 milligrammi per litro (4-5 grammi per ettolitro di metabisolito di potassio) per i rossi. Nel caso di piccole produzioni è suficiente eseguire solamente il trattamento di chiariica la quale, se eseguita correttamente, consente di avere un prodotto limpido e stabile in poche settimane. Per le aziende che vendono il prodotto o imbottigliano consigliamo invece di eseguire, dopo la chiariica, una iltrazione per eliminare velocemente tutte le particelle in sospensione che potrebbero causare depositi in bottiglia. Nei travasi, se non si hanno recipienti a suficienza, si può utilizzare un mastello come «polmone». Questa operazione permetterà di lavare il serbatoio con un detergente alcalino e ritornare a riempierlo con il vino travasato LA STABILIZZAZIONE TARTARICA Altra operazione importante da eseguire in questo periodo è la stabilizzazione tartarica dei vini, in modo da favorire la precipitazione dei tartrati, che sono la causa dei depositi di cristalli biancastri sul fondo delle bottiglie. Normalmente per stabilizzare il vino dalle precipitazioni tartariche è necessario raffreddarlo a circa –5/6 °C per una settimana impiegando un impianto frigorifero. Considerato che le piccole cantine famigliari dificilmente possiedono un impianto di refrigerazione, consigliamo di aprire le inestre della cantina o di trasferire all’esterno i contenitori di vino da stabilizzare in modo da sfruttare il freddo invernale. LE OPERAZIONI DI ILLIMPIDIMENTO Le tecniche per la pulizia e l’illimpidimento dei vini sono due: la chiariica e la iltrazione. Il trattamento di chiarifica prevede l’aggiunta al vino di prodotti enologici, i quali precipitando assorbono e trascinano le sostanze intorbidanti, eliminando anche quelle che possono in futuro determinare eventuali velature. La filtrazione consente invece di eliminare le sostanze in sospensione che determinano l’intorbidamento senza però risolverne la causa, quindi con effetto a volte temporaneo. 64 La corretta conservazione dei vini inizia con il mantenere pulizia e ordine in cantina. Nella foto: una cantina familiare, correttamente gestita, con i recipienti tenuti colmi utilizzando un tappo colmatore Chiarifica. In commercio esistono chiariicanti di natura organica, di origine animale o vegetale, e inorganica, di origine minerale o chimica (vedi tabella qui sotto). I chiariicanti di origine organica – albumina, caseinato di potassio, gelatina e chiara d’uovo – sono in grado di combinarsi con i tannini diminuendo l’astringenza nei vini rossi ed eliminando o prevenendo le ossidazioni in quelli bianchi. I chiarificanti di origine minerale – bentonite e polivinilpolipirrolidone (PVPP) – assorbono le proteine presenti naturalmente, facilitando l’illimpidimento o assorbendo quelle formatesi dalle muffe dell’uva (botrite) che sono causa della «casse ossidasica», alterazione che determina rapidi cambiamenti del colore del vino (passa dal giallo o rosso ad un colore simile a quello del brodo di castagna) e anche del suo sapore e odore (odore di castagne bollite). La chiariica deve essere eseguita seguendo uno schema ben deinito e differente a seconda che sia applicata ai vini bianchi o rossi. La chiariica dei vini bianchi inizia aggiungendo del metabisolito di potassio alla dose di 2-6 grammi per ettolitro, per proteggere il vino dalle ossidazioni. Successivamente si aggiunge il caseinato di potassio alla dose di 5-30 grammi per ettolitro (la dose massima del caseinato è consigliata in presenza di vini ossidati o molto carichi di colore), che as- Prodotti e dosi per la chiariicazione Vini bianchi Prodotto Vini rossi Dose per ettolitro [1] Prodotto Dose per ettolitro [1] Caseinato di potassio 10-40 grammi Albumina d’uovo PVPP [2] 5-40 grammi Chiara d’uovo (albume) Albumina d’uovo 2-5 grammi Gelatina 5-20 grammi 20-50 grammi Bentonite 10-30 grammi Bentonite 5-20 grammi 1-3 albumi [1] Le dosi minime si impiegano quando il vino è nella norma; quelle massime si impiegano quando i vini hanno problemi di casse o presenza di tannini allappanti. [2] Polivinilpolipirrolidone. SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Cantina sorbirà eventuali sostanze tanniche estratte durante la viniicazione. Da ultimo si utilizza della bentonite alla dose di 10-50 grammi per ettolitro, per assorbire le proteine e facilitare la sedimentazione. Si ricorre alla dose massima quando i vini hanno problemi di casse, quando si impiegano le dosi massime di chiariicanti organici (potassio caseinato, gelatina) o per evitare l’eventuale deposito di proteine sul fondo della bottiglia (vini imbottigliati venduti con l’etichetta). Per sempliicare l’operazione è possibile impiegare un unico chiariicante misto per vini bianchi. I chiariicanti misti forniscono un’inferiore qualità della chiarifica e alcuni preparati non rispettano completamente le qualità del vino, ma hanno il vantaggio della facilità e velocità d’impiego. Per la dose di impiego e le modalità d’uso seguite le indicazioni riportate sulla confezione del prodotto. La chiariica dei vini rossi segue lo stesso schema di quella dei vini bianchi, ma si deve sostituire il caseinato di potassio con gelatina, nella dose di 5-20 grammi per ettolitro, o con 1-3 chiare d’uovo, sempre per ettolitro. Anche in questo caso impiegando chiarificanti misti per vini rossi è possibile eseguire una chiariica in un’unica operazione. Terminata l’operazione è necessario attendere da 7 a 10 giorni prima di travasare o iltrare il vino dalle fecce di chiariica. Filtrazione. È una tecnica d’illimpidimento che consiste nel far passare il vino attraverso una supericie iltrante, su cui le impurità in sospensione si depositano. Le aziende di piccole dimen- 1 Nelle piccole aziende la iltrazione con gli strati iltranti (vedi freccia) è la più semplice da eseguire; cambiando la porosità degli strati consente di effettuare iltrazioni sgrossanti, chiariicanti, brillantanti e sterilizzanti Gli strati iltranti presentano una supericie ruvida (a sinistra), che corrisponde all’entrata del vino da iltrare, e una liscia (a destra), da dove esce il vino iltrato A cura di: Giuseppe Carcereri de Prati. Si ringrazia per la collaborazione la ditta «Enologia la Dama» di Caldiero-Verona. 2 Esecuzione della iltrazione con iltro a strati iltranti. Collegato il iltro al contenitore e avvinata la pompa si raccomanda di regolare la pressione del iltro chiudendo leggermente la valvola (1) (vedi freccia) per mantenere la pressione iniziale tra 0,5 e 1,5 bar (2). Quando la pressione aumenta gli strati possono lasciare trailare il vino (3) e la quantità di vino iltrato si riduce ino a cessare. Questo accade quando la pressione supera la pressione di 2,5-3 bar per l’intasamento degli starti. In questo caso si consiglia di sostituire gli strati e riprendere la iltrazione SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 sioni possono impiegare due tecniche di iltrazione: con gli strati iltranti o con la farina fossile. La iltrazione con strati iltranti richiede l’impiego di un iltro a piastre per supportare gli strati iltranti. È il sistema di iltrazione più utilizzato dall’hobbista (produzioni di vino inferiore ai 10 ettolitri), anche se il costo per litro della iltrazione è maggiore rispetto al sistema a farina fossile, in quanto ha il vantaggio della facilità d’impiego, si riesce a iltrare tutto il vino e sono iltri di facile reperibilità. Per la iltrazione con farina fossile si impiegano i residui minerali di alghe microscopiche fossili accumulatisi in antichissimi giacimenti. La farina fossile è una polvere molto leggera, di colore bianco e rosa; presenta una vasta gamma di porosità che permette di variare la iltrazione dei vini in funzione della loro velatura; esistono farine fossili sgrossanti o chiariicanti per la iltrazione dei vini velati, e brillantanti per la iltrazione di vini limpidi da preparare per la vendita o l’imbottigliamento. Per l’utilizzo della farina fossile possono essere impiegati dei iltri a sacco (in tela, di forma conica o a manica tipo «iltro olandese») o dei iltri di acciaio inossidabili chiamati «ad alluvionaggio continuo». Si sconsiglia la iltrazione con iltro in tela di forma conica o a manica, perché favorisce i fenomeni di ossidazione del vino. 3 65 Bosco Se nei testi di questa rubrica trovate delle parole che vi riescono di dificile comprensione, utilizzate il «Vocabolario illustrato dei termini dificili» allegato al n. 2/2011. (Red) Questo bimestre è il più freddo dell’anno; molto spesso i boschi sono ricoperti di neve e la possibilità di eseguire tagli di abbattimento è legata alle sole zone di pianura e collina. Già la presenza di una coltre di neve di oltre 2030 cm di spessore rappresenta un impedimento e, quindi, nelle zone montane o al di sopra dei 600- 800 metri di quota gennaio e febbraio trascorrono senza signiicativi interventi forestali. Questo non è un problema, in quanto la «stagione silvana» (ovvero il periodo entro il quale è consentito il taglio) si prolunga ino al 15-30 aprile, o addirittura al 15 maggio per i boschi localizzati sopra i 1.000 metri di altitudine. Se possedete un bosco in queste zone state quindi tranquilli e dedicatevi ad altre attività in attesa di poter procedere al taglio nei prossimi mesi. In tutti gli altri casi invece, se le condizioni meteo lo permettono, procedete pure con gli abbattimenti secondo le indicazioni fornite ne «i Lavori» di novembre-dicembre 2011. Pur non essendoci a riguardo studi scientiici o dati inequivocabili e concordi sull’argomento, facciamo presente che il taglio in luna calante – dal 10 gennaio al 23 gennaio e dal 9 febbraio al 22 febbraio – permette di ottenere del legname con una ridotta presenza di linfa nei tessuti del legno. È infatti innegabile che la luna abbia un inlusso tale da far sollevare le maree e non stupisce quindi che questo fenomeno si ripercuota anche sulla linfa che scorre nelle piante arboree. In luna calante la marea si abbassa e, analogamente, la linfa si «ritira» nelle radici. Per procedere in modo corretto al ta- glio occorre fare una fondamentale distinzione nella forma di governo del bosco, imparando a riconoscere il ceduo dalla fustaia. Se il vostro bosco è una fustaia (costituito cioè solo da piante ad alto fusto), allora potete intervenire con le modalità di gestione di seguito descritte. Taglio successivo. Questo tipo di taglio (vedi disegni qui sotto) prevede l’ab- 1 2012 2 2018 3 Fustaia. Rappresentazione graica del taglio successivo: 1-stadio di partenza di fustaia matura; 2-taglio di sementazione, da localizzare scegliendo l’anno giusto di abbondante 4 produzione di seme; 3-dopo un taglio secondario inizia la crescita del novellame; 4-ulteriore taglio secondario che favorisce l’inittimento e lo sviluppo del novellame; 5-dopo il taglio di sgombero il novelleto è pronto a dare avvio al nuovo ciclo in cui si susseguono 5 perticaia, fustaia adulta e fustaia matura SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 IL TAGLIO DEI BOSCHI GOVERNATI A FUSTAIA 2026 2032 67 Bosco prima del taglio b Lavori di gennaio-febbraio A cura di Niccolò Mapelli a Taglio del legname c 1 dopo del taglio 2 anni successivi 3 Fustaia. Rappresentazione graica del taglio saltuario: 1-situazione prima del taglio, in cui con le lettere a, b e c sono evidenziate le piante che si prevede di tagliare; 2-fase immediatamente successiva al taglio; 3-evoluzione nel tempo del popolamento forestale. Negli spazi vuoti creati dal taglio è necessario intervenire con tagli che liberino le piante che si stanno affermando (che sono cioè nate da poco tempo) e quelle dell’anno precedente, non ancora perfettamente emerse dalla vegetazione; questi interventi sono da effettuare a mano, con roncola, decespugliatore o piccola motosega, selezionando una ad una le giovani piante a cui si intende dare sviluppo e futuro 68 Diradamenti battimento progressivo degli alberi, in modo da favorire il loro naturale rinnovo. A differenza dei due tagli precedenti, con questa tecnica si tende a garantire la protezione del suolo da eccessiva illuminazione. La graduale scopertura del suolo deve avvenire con una precisa sequenza di tagli ovvero, nell’ordine: – taglio di sementazione, che ha l’obiettivo di creare le condizioni migliori per favorire la nascita di nuove piantine nell’area interessata (facendo arrivare al suolo luce, acqua, semi ecc.); – tagli secondari, che si rendono necessari per favorire progressivamente una maggiore illuminazione della zona, lasciando più spazio alle piante che sono nate dopo il taglio di sementazione. Di tagli secondari se ne possono fare anche un paio; – taglio di sgombero, che si esegue per togliere le ultime piante ormai mature e per lasciare spazio deinitivamente alle giovani piante (dette anche «novellame»). Questo susseguirsi di abbattimenti si deve veriicare in un lasso di tempo che va dai 10 ai 20 anni, in funzione delle caratteristiche del sito in cui vi trovate e delle specie da rinnovare. Taglio saltuario. Questo tipo di taglio (vedi disegni qui a ianco), conosciuto anche come «taglio a scelta», si applica nelle fustaie che sono composte da piante di età diverse (disetanee), fustaie che generalmente hanno una supericie di poche centinaia di metri quadri. Nelle aree di taglio si procede all’abbattimento di poche piante mature e vicine tra loro. L’obiettivo può essere comunque anche il singolo albero. Taglio a strisce. Il bosco da utilizzare non viene eliminato contemporaneamente, ma suddiviso in strisce adiacenti o alternate, che si sviluppano in genere lungo le curve di livello (cioè le linee curve che uniscono idealmente tutti i punti di uguale quota rispetto al livello del mare) e in direzione contraria a quella del vento dominante. SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Bosco i casi in cui è consentita tale operazione. Informatevi quindi leggendo attentamente le «Prescrizioni di massima e di polizia forestale» della vostra zona. Con il termine fustaia non si intende solo la classica «pineta» di conifere, ma anche boschi di latifoglie ad alto fusto, come per esempio questo bosco di faggio in ambiente appenninico Taglio a buche. Si procede al taglio di tutte le piante di una determinata zona, ino a creare una «buca» o una radura nel bosco. È un’operazione colturale per favorire il rinnovo (o rinnovazione) delle specie amanti della luce, il cui sviluppo necessita, in dall’inizio, di particolari condizioni di illuminazione e scopertura del suolo. Questo tipo di intervento può risultare particolarmente opportuno quando si deve favorire il rinnovo delle querce (farnia o rovere). In questo caso, e in assenza di specie invadenti (per esempio la robinia o il castagno), l’apertura della buca può raggiungere i 600-800 metri quadrati. Sfolli o diradamenti. Prima di giungere a maturità, le fustaie necessitano di interventi colturali detti anche «intercalari», che possono essere di due tipi: – sfollo, cioè taglio intercalare di sfoltimento applicato alle fustaie giovani, entro il quindicesimo o ventesimo anno di età; – diradamento, cioè taglio di alcune piante in fase adulta, con lo scopo di favorire l’accrescimento in grandezza e con forma migliore di quelle che stanno nelle immediate vicinanze. Ceduo semplice. Si interviene con il taglio a raso (vedi disegno qui sotto), che consiste nell’abbattimento di tutti i polloni presenti sulla supericie destinata al taglio ed è applicabile solo a specie piuttosto rustiche (per esempio ontano, nocciòlo, salice, pioppo, robinia) e solo rispettando i limiti imposti dalle norme regionali, le quali deiniscono le superici massime e Ceduo matricinato. È la modalità di di utilizzazione più diffusa e consigliata. Durante il taglio dovete risparmiare un certo numero di esemplari, detti «matricine» o «allievi» (vedi disegno in basso nella pagina), che hanno la medesima età dei polloni eliminati e che rimangono in piedi ino al turno successivo ed eventualmente oltre. Si parla appunto, in questo caso, di bosco «ceduo matricinato». Le matricine dovrebbero avere origine da seme, anche se spesso sono costituite da polloni con fusto eretto e chioma ben sviluppata e simmetrica. La loro funzione principale è quella di sostituire le vecchie ceppaie e di produrre seme per ottenere nuovi allievi il turno successivo. Si lasciano dalle 50 alle 90 matricine per ettaro, a seconda delle specie e dei regolamenti locali. Ceduo semplice: è costituito solo da polloni che si sono formati a seguito del taglio periodico di tutte le piante presenti (taglio a raso) prima del taglio dopo del taglio m m m Tenete conto che intervenire in una fustaia è molto più complesso che nel bosco ceduo e, quindi, afidatevi ad un bravo tecnico che vi segua nella scelta e nella gestione operativa dei lavori. IL TAGLIO DEI BOSCHI GOVERNATI A CEDUO Se il vostro bosco è un ceduo, con o senza la presenza di alberi porta-seme (detti anche «matricine»), allora potete intervenire con le modalità di gestione di seguito indicate. SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 prima del taglio dopo del taglio Ceduo matricinato: è costituito da alberi a ceppaia e da matricine (m) di età massima pari a due volte il turno del ceduo 69 Bosco 10 10 10 10 20 20 10 10 10 20 30 ceppaia prima del taglio 10 10 10 20 20 10 10 20 prima del taglio 10 10 10 10 20 20 30 10 20 30 20 dopo il taglio 30 prima del taglio 20 dopo il taglio 10 10 10 10 20 dopo il taglio Ceduo a sterzo. Schema esempliicativo del taglio «a sterzo», con un turno issato in 10 anni. L’illustrazione va letta da sinistra a destra e dall’alto al basso, e rappresenta l’evoluzione della stessa ceppaia nell’arco dei 20 anni. I numeri indicano l’età dei polloni; il disegno a sinistra rafigura la ceppaia prima del taglio e a destra la stessa dopo il taglio. Nel 2012 si taglia un pollone di 30 anni, uno di 20 e uno di 10. Nel 2022 si potrà prelevare il pollone di 30 anni, ovvero l’unico che era stato lasciato nel 2012 con età di 20 e così via. Sulla ceppaia si avrà quindi sempre la simultanea presenza di polloni di 10, 20 e 30 anni adatti per assortimenti e utilizzi diversi in campagna o a casa, dalla legna da ardere al palo per la vite, alla trave di sostegno o al manico per gli attrezzi m m m prima del taglio dopo del taglio Ceduo composto: è costituito da alberi a ceppaia e da matricine (m) d’alto fusto di età massima pari a tre volte il turno del ceduo In questo bosco governato a ceduo composto le querce rappresentano la parte gestita a fustaia, mentre il castagno e la robinia sono gestiti a ceduo 70 Ceduo a sterzo. Questa forma di trattamento assicura la presenza di polloni di età diversa su ogni ceppaia (vedi disegno qui a ianco). I vantaggi rispetto al taglio raso sono la continuità della vegetazione della ceppaia e il mantenimento della copertura del suolo contro erosione e frane. Le condizioni per effettuare tale pratica sono: turno minimo per il taglio pari a 10 anni e polloni di maggiori dimensioni con diametro di almeno 15 cm; il taglio a sterzo (o sterzatura) può interessare al massimo il 50% dei polloni di diametro inferiore a 15 cm. IL TAGLIO DEI BOSCHI MISTI (CEDUI COMPOSTI) Se invece nel vostro bosco ci sono sia piante governate ad alto fusto che a ceduo, allora vi trovate molto probabilmente nella condizione di «ceduo composto» o «ceduo sotto fustaia» (vedi disegno a centro pagina). In questo caso le matricine sono più dense che nei cedui matricinati e la loro età è per un terzo la stessa del turno in atto (da 0 a 10-20 anni), per un terzo di 2 turni (20-40 anni) e per un terzo di 3 turni (40-60 anni). La gestione di questi boschi misti non è di semplice applicazione in quanto va conservata una forma in cui siano presenti sia gruppi di piante gestite a ceduo sia alberi da destinare alla produzione di seme. Queste riserve devono essere rilasciate per gruppi, piuttosto che in esemplari singoli distanziati tra di loro. In sostanza si avrà uno strato basso gestito a ceduo e uno più alto composto dalle chiome degli alberi d’alto fusto. Per ottenere le future matricine occorre intervenire sulla ceppaia favorendo un avviamento all’alto fusto, ovvero selezionando il pollone migliore e ben radicato e tagliando tutti gli altri. CONSIGLI FINALI Organizzate una conduzione ordinata e proporzionata (in termini di estensione della supericie da tagliare) alla vostra forza lavoro e delimitate l’area di pericolo di caduta tronchi, soprattutto se in corrispondenza di strade, sentieri e passaggio di persone. In ultimo gli inviti, spesso ripetitivi ma sempre necessari, per l’attenzione da porre di fronte ai molti rischi e pericoli legati all’attività del boscaiolo. A cura di: Niccolò Mapelli. SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Se nei testi di questa rubrica trovate delle parole che vi riescono di dificile comprensione, utilizzate il «Vocabolario illustrato dei termini dificili» allegato al n. 2/2011. (Red) Allevamenti AVICOLI Questi sono i mesi in cui si dà inizio all’incubazione delle uova e all’allevamento dei pulcini delle diverse specie. Si devono quindi pulire e mettere a punto incubatrici e lampade per il riscaldamento, in modo che tutto sia in ordine e pronto. Il periodo è caratterizzato da temperature molto basse che possono creare dei problemi per la distribuzione dell’acqua di abbeverata. L’esigenza che l’acqua sia pulita e sempre disponibile è particolarmente sentita nei volatili domestici che, a differenza di altri animali, sono soliti bere ripetutamente piccoli quantitativi d’acqua. Un’eventuale insuficiente disponibilità di acqua comporta quindi una diminuzione dello stato di benessere degli animali e del loro accrescimento, oltre che della deposizione di uova. Chi possiede un sistema di abbeveratoi automatici deve provvedere per tempo a proteggere le condutture dal gelo con un’idonea imbottitura isolante (per esempio di lana di vetro). Chi invece distribuisce l’acqua manualmente deve rifornirla più volte al giorno, in modo che gli animali non soffrano la sete. Nell’allevamento degli avicoli è sempre opportuno integrare l’alimentazione con gli scarti dell’orto e del frutteto. In questi mesi sono disponibili soprattutto broccoli, cicorie, lattughe, verze, radicchi, porro, sedano, spinaci. È possibile utilizzare come aggiunta alla razione il pane domestico, anche se questo alimento è carente di proteine, sali minerali e vitamine. Galline ovaiole. Per evitare inutili competizioni tra i maschi e mantenere l’armonia all’interno del pollaio, curate il corretto rapporto tra galli e galline (un gallo ogni 10-12 galline) SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 stribuite anche un adeguato mangime per galline ovaiole, oppure una miscela con mangime per pulcini al 23% di proteine e cereali così composto: mangime per pulcini 50%, cereali aziendali (mais, grano, orzo, ecc.) 35%, crusca di frumento 8%, gusci d’ostrica 7%; alla razione aggiungete sale da cucina in misura di 20 grammi ogni 10 kg di miscela. Prevenzione e cura In questa stagione si possono instaurare più che altro problemi di tipo respiratorio. Le galline possono presentare colpi di tosse, respirazione difficoltosa a becco aperto, lacrimazione oculare e deposizione di uova di guscio chiaro (sintomo di bronchite). Cercate di evitare nel pollaio le correnti d’aria e pulite periodicamente gli spurghi oculari degli animali con del cotone idroilo imbevuto di acido borico al 3%. Se non riscontrate miglioramenti contattate il veterinario. Avicoli. Questi mesi sono caratterizzati dalle basse temperature: chi distribuisce l’acqua manualmente deve ricordarsi di fornirla più volte al giorno, in modo che gli animali non soffrano la sete a causa dell’acqua ghiacciata Galline ovaiole Lavori In gennaio-febbraio è più difficile mantenere asciutta e sana la lettiera del pollaio. Per risolvere questo problema vi consigliamo di seguire queste semplici regole recuperate dalle nostre tradizioni: allevate non più di quattro galline per metro quadrato di pollaio; organizzate un sufficiente sistema di ventilazione (nelle giornate di sole prive di vento, per esempio, aprite porte e inestre del pollaio per qualche ora, eliminando così l’eccesso di umidità); rivoltate spesso la lettiera permanente rinnovando quella umida in vicinanza degli abbeveratoi. Mantenete inoltre un rapporto corretto tra galli e galline (un gallo ogni 10-12 galline) per evitare inutili competizioni tra i maschi. Alimentazione. In questi mesi è frequente la produzione di uova con guscio sottile, a causa dell’insuficienza di calcio e di vitamina D (dovuta anche alla diminuzione delle ore di sole). Per ovviare all’inconveniente introducete nel pollaio una mangiatoia con pezzetti di calcinaccio o conchiglie spezzate e consentite il libero pascolo alle galline. Di- Polli da carne Lavori Già in gennaio vi consigliamo di avviare un nuovo ciclo di allevamento con una cinquantina di polli. Allo scopo predisponete il ricovero dotandolo di lettiera di paglia o truciolo di legno (10-15 cm), posatoi, mangiatoie e abbeveratoi. Per i primi due mesi di vita, per il gruppo di 50 capi che vi abbiamo suggerito, è necessaria una mangiatoia lineare di circa un metro, oppure una mangiatoia a tramoggia con piatto di 40 cm di diametro. Ricordate che se somministrate una miscela aziendale, o un mangime sbriciolato composto da diverse materie pri- Polli da carne. Vi consigliamo di acquistare animali di poche settimane, in quanto sono più rustici e raggiungono prima il peso adatto al consumo 71 Allevamenti me, i polli si trovano di fronte un miscuglio multicolore e, spinti dal loro istinto di ricerca, vanno a beccare prima i «pezzi» che trovano più attraenti in base al colore, cercandoli anche sul fondo della mangiatoia. Questa ricerca, messa in atto con un continuo movimento della testa e con il rimescolamento della miscela, può provocare un discreto spreco di alimento che, cadendo a terra, va in parte perso. Per evitare che ciò succeda vi consigliamo l’impiego di mangiatoie provviste di sbarrette antispreco. Vi consigliamo di acquistare animali di poche settimane (che necessitano comunque ancora di un breve periodo di allevamento in ambienti chiusi), in quanto sono più rustici e raggiungono prima il peso adatto al consumo. Veriicate, però, che siano state eseguite le principali vaccinazioni contro la malattia di Marek e la pseudopeste. Alimentazione. Agli animali deve essere distribuito a volontà un buon mangime per pulcini al 22-23% di proteine o, in alternativa, una miscela aziendale la cui composizione vari a seconda della fase di crescita. Durante il primo mese di vita la miscela prevederà: mais spezzato 50%, soia integrale spezzata 25%, pisello proteico spezzato 10%, glutine di mais sbriciolato 10%, riso di grana verde spezzato 5%. Dal secondo mese di vita la miscela sarà di: mais spezzato 60%, soia integrale spezzata 20%, pisello proteico spezzato 8%, glutine di mais sbriciolato 8%, riso di grana verde spezzato 4%. Prevenzione e cura Si veda quanto indicato per le galline ovaiole. Quando i pulcini hanno circa 3 settimane di vita, diluite nell’acqua di bevanda per cinque giorni il 3% di aceto. Questo accorgimento consente di prevenire molte malattie e mantenere in buona salute gli animali in crescita, perché l’aceto, abbassando il pH del tratto intestinale, rende sfavorevole l’ambiente ad alcuni batteri (per esempio Escherichia coli). Faraone Lavori Verso la fine di febbraio iniziate il nuovo ciclo di allevamento con una cinquantina di capi. Per faraone di 1-3 giorni è necessario predisporre un ricovero riscaldato con una lampada a raggi infrarossi. Per ambienti con temperatura ambientale media di circa 5 °C, tipica di 72 Faraone. Per le faraone di 1-3 giorni predisponete un ricovero riscaldato con una lampada a raggi infrarossi Tacchini. I tacchini di razze locali e di taglia non eccessivamente grande si adattano meglio all’allevamento rurale ricoveri chiusi non riscaldati, è sufficiente una lampada da 250 watt. Per evitare che nelle prime due settimane di vita i pulcini si trovino in zone poco riscaldate, limitate la supericie di movimento degli animali utilizzando un anello di cartone o faesite del diametro di 100-120 cm, alto 30-50 cm. Dalla terza settimana l’anello va tolto e gli animali possono occupare tutto il ricovero. Alimentazione. La faraona è un animale molto esigente e necessita di alimento molto proteico: ideale è un mangime per fagiani o selvatici al 26-27% di proteine. Durante le prime quattro settimane di vita il mangime deve essere somministrato a volontà integrandolo, a partire dalla terza settimana, con erbe e verdure fresche. da un metro o due da 50 cm). Per quanto riguarda le mangiatoie, per le prime tre settimane di vita vi consigliamo una mangiatoia lineare da 25 cm, oppure 23 mangiatoie a tramoggia con piatto del diametro di 40 cm; dalla quarta settimana in poi è invece da preferire una mangiatoia lineare da 50 cm. Alimentazione. I tacchinotti devono essere alimentati a volontà con un mangime commerciale per fagiani o selvatici al 26-27% di proteine. Dalla loro quarta settimana di vita mettete a disposizione nella rastrelliera verdure da foglia tritate. Prevenzione e cura Si veda quanto indicato per i polli. Tacchini Lavori In febbraio avviate un nuovo ciclo di allevamento di 25 capi. Preferite tacchini di razze locali e di taglia non eccessivamente grande, che meglio si adattano all’allevamento rurale. Prima dell’acquisto degli animali predisponete un ricovero idoneo (per 25 capi sono suficienti 6 metri quadrati di pavimento) con lettiera di paglia tritata o truciolo di legno, dotato di mangiatoia, abbeveratoi e posatoi, oltre che della rastrelliera per erbe e foraggi. Nelle prime tre settimane di vita vi consigliamo di usare un paio di abbeveratoi a sifone della capacità di 1-2 litri. Dalla quarta settimana sono invece da preferire abbeveratoi lineari (un unico Prevenzione e cura Si veda quanto indicato per i polli. Anatre Lavori Già dal mese di gennaio è possibile iniziare l’allevamento delle anatre comuni, animali che si adattano molto bene all’allevamento nel periodo invernale. Per una quarantina di anatroccoli è suficiente un piccolo ricovero di 6 metri quadrati da utilizzare nel primo periodo. Già in febbraio le giovani anatre possono usufruire del pascolo che deve avere una supericie non inferiore a 500600 metri quadrati. Prima di aver libero accesso al pascolo, vanno però abituate gradualmente alle temperature esterne, permettendo loro di frequentare per 3-4 giorni un piccolo recinto (di una decina di metri quadrati) adiacente al ricovero. In ogni caso il ricovero viene usato dagli animali per il riposo notturno sia in questa fase che in seguito. Alimentazione. Per quanto riguarda la razione alimentare ricordate che le SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Allevamenti anatre non si adattano ai mangimi sfarinati che, oltre a essere di dificile prensione per il loro becco, possono irritare le loro vie respiratorie. Utilizzate pertanto dei pastoni, oppure alimenti sbriciolati: mais aziendale spezzato 50%; soia integrale spezzata 25%; pisello proteico spezzato 10%; glutine di mais pellettato e sbriciolato 10%; riso grana verde spezzato 5%. L’alimento deve essere distribuito a volontà. Prevenzione e cura Si veda quanto indicato per i polli. Oche Lavori In febbraio avviate un nuovo ciclo di allevamento di una quindicina di oche di un giorno o di poche settimane di vita. Prima dell’arrivo degli animali predisponete il ricovero destinato a ospitarli. Ricordate che le oche sono molto rustiche e per il loro allevamento non richiedono posatoi, ma solo una lettiera abbondante (uno strato di 10-15 cm) e asciutta costituita da paglia tritata o truciolo di legno. Prima di introdurre le ochette accertatevi che la lampada e raggi infrarossi da 250 watt riscaldi la lettiera in modo adeguato (circa 30-32 °C nei primi giorni, successivamente con una diminuzione di 3 °C alla settimana). Alimentazione. Nelle prime tre settimane di vita, dato il notevole accrescimento degli animali, la razione deve contenere almeno il 20-22% di proteine. La miscela è costituita da mangime per pulcini (90%) Colombi. Fate in modo che la colombaia sia riparata dal freddo e dalle correnti d’aria per evitare che i nati soccombano. Nella foto: piccioncini di una settimana di vita SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Anatre. In febbraio le giovani anatre possono usufruire del pascolo; quest’ultimo deve avere una supericie non inferiore a 500-600 metri quadrati Oche. Le oche sono molto rustiche e per il loro allevamento non richiedono posatoi, ma solo una lettiera abbondante e asciutta e da mais aziendale franto (10%). Già dalla seconda settimana di vita non fate mai mancare erba tritata nella rastrelliera. Per aumentarne la digeribilità, bagnate la razione con acqua calda sino a ottenere un pastone. Per questo motivo è necessario pulire con una certa frequenza le mangiatoie, in modo da liberarle da eventuali avanzi che possono provocare muffe e fermentazioni dannose. L’alimento viene somministrato a volontà. Colombi Alimentazione. Nelle colombaie ricavate in vecchi ediici la temperatura generalmente non scende al di sotto dello zero e l’acqua è sempre a disposizione degli animali. Nelle voliere esterne, invece, le ciotole con l’acqua devono essere periodicamente controllate, per evitare che i colombi non riescano a bere per la presenza di ghiaccio (eventualmente scioglietelo con acqua calda). Per quanto riguarda la distribuzione di granaglie, preferite le mangiatoie a scomparti separati («a cafeteria»), in modo che i colombi possano nutrirsi dei semi preferiti, oppure somministrate una miscela di semi così costituita: mais 35-40%, piselli 20-22%, frumento 1930%, sorgo 15-19%. Lavori Prevenzione e cura Dedicate il bimestre alla pulizia e manutenzione della colombaia. Rimandando i lavori ai prossimi mesi, rischiereste di disturbare le coppie in riproduzione, soprattutto se avete adottato la separazione delle coppie («vedovanza invernale») che dovete riunire in questo bimestre. Nel caso, invece, i colombi siano già in riproduzione, effettuate i lavori in modo da arrecare il minor disturbo possibile alle coppie in cova. Fate in modo che la colombaia sia riparata dal freddo e dalle correnti d’aria. Ricordate, infatti, che alla nascita i piccioncini sono coperti di scarso piumino e sono molto delicati. Mettete a disposizione dei colombi piccoli contenitori con il materiale necessario per l’imbottitura delle ciotole-nido (paglia, ieno, ecc.), in modo da facilitarne la piena ripresa dell’attività riproduttiva (ricordiamo che sul n. 12/2011, a pag. 49, abbiamo illustrato le modalità di costruzione di una ciotola-nido «usa e getta» di cartapesta). Nessun intervento è previsto in questo bimestre. Prevenzione e cura Si veda quanto indicato per i polli. CONIGLI Lavori In questo bimestre i conigli allevati in gabbie tradizionali all’aperto sono in attività riproduttiva e occorre organizzare gli accoppiamenti e controllare i parti. Approittatene per individuate le femmine migliori, dalle quali ottenere i soggetti con cui sostituire in autunno le femmine poco produttive. In questo periodo, caratterizzato da basse temperature, lo svezzamento è sicuramente la fase più delicata. Eventuali errori di conduzione in questa fase possono causare la morte dei coniglietti e l’irrimediabile diminuzione di produttività dell’allevamento. Ricordate che al momento della nascita i coniglietti sono inetti, cioè totalmente dipendenti dalle 73 Allevamenti condizioni ambientali create artiicialmente dalla madre. La realizzazione di un nido bene imbottito di pelo è pertanto una delle prime condizioni che dovete controllare, provvedendo ad aggiungerne (ricavandolo dal petto della coniglia semplicemente strappandolo a piccoli ciufi) in caso di necessità. Se le coniglie sono al primo parto controllate che questo avvenga nel nido e, in caso contrario, provvedete voi stessi a spostare i nati nel nido, avendo l’accortezza di passare prima le mani con dell’erba, in modo da non trasmettere il vostro odore ai coniglietti, nel qual caso rischiano di essere abbandonati dalla madre. Alimentazione. Il fabbisogno d’acqua dei conigli è molto variabile, a seconda della loro età e del periodo isiologico. Il quantitativo necessario può essere influenzato anche dal tipo di alimentazione somministrata: i foraggi freschi, per esempio, che contengono dall’80 al 90% d’acqua, fanno sicuramente diminuire il consumo di acqua di bevanda rispetto ad alimenti secchi o mangimi. Prestate comunque attenzione alla temperatura dell’acqua: non deve mai essere troppo fredda, perché può provocare iniammazioni dell’intestino. Per quanto riguarda l’alimentazione, oltre alla distribuzione di un buon mangime commerciale, in questi mesi vi consigliamo di effettuare abbondanti somministrazioni serali di ieno nelle rastrelliere. Le carote (una per coniglio) sono una ghiottoneria gradita. ciente disporre di un’arca mobile e di un ampio pascolo (circa 700 metri quadrati per capo). Alimentazione. La miscela alimentare per i suinetti è costituita da mais mescolato in parti uguali con un nucleo per lattoni al 27% di proteine. Prevenzione e cura Nessun intervento è previsto in questo bimestre. OVICAPRINI Conigli. I conigli allevati in gabbie tradizionali all’aperto sono già in attività riproduttiva e occorre organizzare gli accoppiamenti e controllare i parti Maiale. Procuratevi in questi mesi due-tre suinetti di 25-30 kg di peso da destinare all’ingrasso Capre Lavori In questo bimestre si veriicano i parti. Solitamente le capre partoriscono entro mezzogiorno (più raramente nel pomeriggio o la sera). Preparate la stalla creando un ambiente confortevole per le capre che devono partorire e per i loro futuri capretti. Curate che la lettiera sia bene impagliata, in modo che non si formino zone umide (che favoriscono lo sviluppo di coccidi). Al bisogno aggiungete nuova paglia, senza mai asportare quella vecchia, in modo che si inneschi una corretta fermentazione utile per inattivare i parassiti eventualmente presenti e produrre calore per il benessere degli animali. Prevenzione e cura In questo periodo va seguita con molta attenzione la fase di svezzamento. Per non stressare i coniglietti più del dovuto, determinando un calo delle loro difese immunitarie, separateli dalla madre togliendo la fattrice: in questo modo rimarranno in un ambiente conosciuto. Nelle mangiatoie somministrate solo ieno, poiché i pericolosi goniori che si veriicano in questo periodo, e che spesso portano a morte coniglietti sani, sono dovuti soprattutto a indigestioni di mangime. MAIALE Lavori Se intendete allevare maiali per autoconsumo o per la vendita procuratevi in questi mesi due-tre suinetti di 2530 kg di peso da destinare all’ingrasso. Per questo tipo di allevamento è sufi- 74 a 1 Capre. 1-Ricavate in stalla un ambiente confortevole per le capre che devono partorire e per i loro capretti. 2-Se le doglie si prolungano oltre i 30 minuti veriicate con le dita la posizione del feto: presentazioni corrette sono gli arti anteriori seguiti dal muso (a), oppure gli arti posteriori (presentazione podalica) (b) b 2 SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Allevamenti Curate anche la circolazione dell’aria nella stalla, in quanto gli animali più che il freddo temono le correnti d’aria, le quali possono innescare gravi malanni respiratori. Nei momenti precedenti il parto la capra si apparta, si mostra irrequieta, inizia a scavare la lettiera con gli arti anteriori per crearsi una sorta di cuccia e presenta fuoriuscita di muco biancogiallo dalla vulva. In questo periodo le visite in stalla devono essere più frequenti del solito per monitorare costantemente l’andamento dei parti. Veriicate di avere a disposizione tutto l’occorrente per assistere le capre partorienti: paglia, asciugamani (per asciugare i capretti dai liquidi fetali), tintura di iodio (per disinfettare il cordone ombelicale dei capretti), lampade per il riscaldamento, biberon (sono necessari anche in caso di svezzamento naturale, nell’eventualità di dificile adozione da parte della madre). Tenete presente che per le capre l’assistenza al parto non è quasi mai necessaria. Qualora però notiate che le doglie si prolungano più del normale (oltre i 30 minuti), veriicate con le dita la posizione del feto: sono presentazioni corrette gli arti anteriori seguiti dal muso, oppure gli arti posteriori (presentazione podalica). In caso di presentazioni diverse contattate il veterinario. Una volta che il capretto è nato, liberategli le vie respiratorie dai liquidi fetali, pulendogli il muso con un asciugamano, e disinfettate il cordone ombelicale con tintura di iodio. Mettete poi a disposizione della madre un secchio di acqua tiepida che è spesso gradito dall’animale. Veriicate che nelle 12-24 ore successive al parto avvenga la corretta espulsione della placenta. Se lasciate i capretti con la madre, limitatevi a veriicare che assumano il colostro entro le due ore successive alla nascita. Per il resto è la madre che provvede ai loro bisogni. Se l’adozione vi sembra dificoltosa (per esempio, la capra non lascia poppare il piccolo), isolateli in un box di circa un metro quadrato, provando ad avvicinare voi stessi il capretto alle mammelle. Nel frattempo verificate che le mammelle non denotino problemi da mastite (nel qual caso occorre consultare il veterinario) o siano troppo voluminose per l’eccessiva quantità di latte. In quest’ultimo caso eliminate qualche schizzo di latte manualmente, quindi provate ad attaccare subito il piccolo. Alimentazione. Verso ine gestazione le capre devono avere a disposizione il SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 miglior ieno aziendale. A causa della ridotta capacità ingestiva dovuta alla presenza dei feti, somministrate foraggio di secondo-terzo taglio (più nutriente) con l’integrazione di alimenti concentrati (mais, orzo e soia), in ragione di circa 400-500 grammi per capo al giorno. Dopo il parto somministrate ieno a volontà e concentrati in dose gradualmente crescente fino a raggiungere gli 800 grammi per capo al giorno. Prevenzione e cura Valutate con il veterinario l’opportunità di vaccinare contro i clostridi. Ricordatevi però che anche la razionale gestione dell’allevamento per quanto riguarda igiene e alimentazione è altrettanto importante ai ini della prevenzione. Pecore Lavori Anche nell’allevamento ovino è periodo di parti e quindi i consigli dati più sopra per le capre valgono anche per le pecore. Se possibile, nei giorni precedenti il parto, quando la pecora presenta il ventre particolarmente ingrossato e la mammella turgida di latte, isolatela dal resto del gregge in un box singolo (di almeno 1,20×1,20), assicurandole cibo e acqua a volontà. In questo modo la pecora partorisce indisturbata e l’adozione degli agnelli avviene con minori dificoltà. Accertatevi che l’agnello assuma entro le prime ore di vita il colostro (il primo latte) che garantisce gli anticorpi contro diverse malattie. Nel caso in cui si veriichi dificoltà di adozione, a causa di una mammella troppo gonia o per uno scarso senso materno, occorre intervenire: nel primo caso basta far uscire i primi schizzi di latte, così che l’agnello abbia minori dificoltà nel prendere in bocca il capezzolo; nel secondo caso mungete a mano delicatamente, inumidendo testa e dorso dell’agnello con il latte materno e distribuendoci sopra del sale. La madre, attratta dal sapore del sale, rimane vicina all’agnello per leccarlo e questo ne approitta per iniziare a poppare. Quando l’allattamento è bene avviato, madre e agnello possono essere riuniti con il gregge. Nel caso di parti gemellari ricordatevi che, se malauguratamente un agnello dovesse morire, è necessario, nei giorni seguenti, verificare le mammelle della madre. Gli agnelli, infatti, tendono a suggere sempre dalla stessa Pecore. Quando gli agnelli hanno trequattro settimane di vita, ricavate all’interno della stalla un’area accessibile solo a loro, dotata di mangiatoia parte, e di conseguenza quello sopravvissuto dificilmente svuota entrambe le mammelle, con conseguenti problemi per la madre; se necessario, provvedete a svuotare la mammella manualmente. Quando gli agnelli hanno tre-quattro settimane di vita ricavate all’interno della stalla un’area accessibile solo a loro dotata di mangiatoia. Tale area garantisce ai piccoli di alimentarsi di foraggio e concentrati senza la competizione delle pecore adulte, anche se l’alimentazione di base rimane il latte materno. Alimentazione. In questo periodo l’apporto alimentare del pascolo è molto scarso, ma se le condizioni atmosferiche lo permettono è sempre molto importante consentire agli animali di accedervi. Provvedete alla somministrazione a volontà di foraggio di buona qualità e a un’integrazione con concentrati (orzo e crusca), soprattutto per le pecore che devono svezzare più agnelli. Prevenzione e cura Si veda quanto indicato per le capre. Nel caso in cui si veriicasse qualche aborto, consultate il veterinario e in ogni caso conservate feto e placenta per l’invio all’Istituto zooproilattico di zona, così da risalire alla causa dell’aborto. BOVINI Lavori A conclusione de «i Lavori» 2011, i cui diversi interventi sono stati dedicati all’allevamento di una bovina con il suo vitello, ricordiamo che a metà gennaio inizia il periodo di asciutta (la vacca non produce latte), in attesa del momen- 75 Allevamenti Bovini. Per attuare l’ingrasso di due vitelle acquistate nei primi giorni di gennaio scegliete bovine di razze da carne italiane. Nella foto: razza Piemontese to del nuovo parto che avverrà in marzo. Chi fosse interessato a proseguire anche per quest’anno lo stesso tipo di allevamento, consigliamo di avvalersi dei consigli pubblicati nel corso del 2011. Ne «i Lavori» 2012 seguiremo invece l’ingrasso di due vitelle acquistate nei primi giorni di gennaio, a 5-6 mesi di vita, del peso di circa 200 kg. Vi consigliamo di scegliere bovine di razze da carne italiane (Piemontese, Marchigiana, Romagnola, Maremmana, Podolica). In alternativa potete richiedere vitelle agli allevatori di bovine da latte della vostra zona. In questo caso, il più delle volte, sono disponibili incroci di razze da latte con razze da carne straniere. Prima dell’arrivo delle bovine in azienda pulite la stalla con cura e aggiungete circa 20 cm di paglia sulla vecchia lettiera. Fate inoltre già da ora scorta di ieno e mangime da ingrasso. Assicuratevi poi che l’abbeveratoio, le rastrelliere autocatturanti e tutte le attrezzature dell’allevamento funzionino in maniera adeguata. A questo riguardo rimandiamo all’articolo pubblicato sul n. 1/2010 a pag. 53, nel quale è illustrato e descritto il recupero di una vecchia stalla per l’allevamento di due vitelle all’ingrasso. Ricordate che all’arrivo in azienda le bovine devono essere accompagnate dal Modello 4 (documento di trasporto) e dal passaporto (documento per l’anagrafe bovina), oltre che avere marche su entrambi i padiglioni auricolari (per l’identiicazione). Per legge è poi necessario aggiornare il Registro di carico/scarico aziendale ed effettuare la registrazione degli animali alla Banca dati nazionale (per informazioni rivolgetevi all’Uficio 76 veterinario dell’Azienda sanitaria locale di zona). Allo scarico in azienda degli animali assicuratevi che non presentino ferite, traumi da trasporto, gravi forme di parassitosi della pelle o comportamento aggressivo nei confronti delle persone. Durante i primi due mesi e mezzo in azienda le vitelle vengono allevate esclusivamente in stalla. Occorre quindi provvedere alla pulizia del ricovero una volta alla settimana, con aggiunta quotidiana di paglia pulita. Sfruttate questo periodo per assicurarvi che anche le strutture del pascolo siano in buono stato e funzionanti: in particolare le recinzioni esterne e l’abbeveratoio. Alimentazione. L’obiettivo dell’allevamento delle bovine all’ingrasso è ottenere un incremento giornaliero del peso di circa 600-650 grammi, in modo da arrivare al peso vivo di 450 kg circa a 1516 mesi di vita (a ine dicembre). Durante il periodo di allevamento in stalla alimentate le bovine con ieno di graminacee (prato poliita) e di erba medica in abbondanza. Al foraggio aggiugete del mangime complementare che può essere somministrato in pellet (seguite le indicazioni fornite dalla ditta produttrice) oppure sotto forma di una miscela di materie prime. In quest’ultimo caso una miscela adeguata può essere così composta: farina di mais 60%, farina d’orzo 10%, farina di estrazione di soia 30%; alla razione si aggiungono circa 150 grammi di integratore vitamino-minerale. La dose giornaliera di mangime è di circa 1,5 kg per le prime settimane, per poi salire a 2 kg al giorno dalla metà del mese di febbraio (continuate con questa dose fino all’apertura dell’accesso al pascolo). Ricordate che lo stoccaggio degli alimenti deve essere estremamente accurato per evitare la formazione di muffe nocive alla salute degli animali. In particolare il ieno (solitamente in rotoballe) deve essere immagazzinato in un luogo asciutto e ventilato e il mangime (meglio se in sacchi o in un piccolo silo) anch’esso in un luogo asciutto e pulito, possibilmente al riparo dai roditori. EQUINI Cavalli Lavori Come regola generale, vi ricordiamo la necessità di garantire ai cavalli presenti in azienda il movimento quotidiano, anche per quelli che vivono prevalentemente in scuderia. A tale scopo i recinti dovrebbero essere i più ampi possibile (almeno 200-250 metri quadrati per capo). All’interno dei recinti controllate lo stato del riparo utilizzato dagli animali in caso di intemperie. Oltre a garantire un’adeguata protezione dalla pioggia e dalla neve, deve proteggere anche dal vento, che nei freddi mesi invernali è il fattore che maggiormente predispone a malattie dell’apparato respiratorio. Vi consigliamo dunque di progettare un riparo che sia chiuso su tre lati, fatto di legno o altri materiali facilmente lavabili e che non presenti sporgenze pericolose per gli animali. Deve essere di facile accesso sia per gli animali che per eventuali mezzi impiegati per la pulizia della lettiera. Quest’ultima, preferibilmente di paglia, deve essere rinnovata periodicamente, con frequenza maggiore se le precipitazioni sono abbondanti e soprattutto nel caso in cui i recinti siano particolarmente fangosi. Una lettiera asciutta e pulita consente agli animali di avere a disposizione un posto accogliente dove sdraiarsi. Controllate quotidianamente che l’acqua degli abbeveratoi e degli impianti di abbeverata non ghiacci a causa delle basse temperature. In questo periodo si sconsiglia la tosatura del mantello dei cavalli che non svolgono un’intensa attività lavorativa o agonistica, poiché il pelo è la migliore Prevenzione e cura All’arrivo delle vitelle in azienda consultate il veterinario per effettuare un eventuale trattamento antiparassitario. Veriicate inoltre la regolare assunzione di alimento da parte delle bovine, in quanto il poco appetito è il primo sintomo della presenza di malattie. Cavalli e asini. Come regola generale, vi ricordiamo la necessità di garantire a cavalli e asini presenti in azienda il movimento quotidiano SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Allevamenti somministra alle fattrici al quinto mese di gestazione, la seconda dose al settimo mese e la terza dose al nono mese. Riguardo all’anemia infettiva, malattia virale che colpisce gli equini, precisiamo che il test di Coggins (che consente di diagnosticare i soggetti sieropositivi) è obbligatorio ogni 24 mesi, a eccezione degli animali allevati nelle regioni Abruzzo, Lazio, Molise e Umbria e degli allevamenti di tutto il territorio nazionale dove siano presenti anche i muli, per i quali il controllo deve essere annuale. Cavalli e asini. In questo periodo è consigliabile lasciare il ieno sempre a disposizione degli animali protezione naturale contro il freddo. Ricordiamo che i soggetti tosati necessitano di coperte anche durante il giorno. Alimentazione. I cavalli trascorrono diverse ore della loro giornata assumendo alimento. Il fabbisogno alimentare dipende dall’età, dalla razza, dalla mole e dall’attività del soggetto. In condizioni normali, ovvero per animali che non svolgono una particolare attività lavorativa o sportiva, è suficiente un’alimentazione a base di ieno di buona qualità. Il più adatto è un ieno misto, che contenga un 50% di graminacee e un 50% di leguminose o altre essenze foraggere. Vi consigliamo di lasciare il ieno sempre a disposizione degli animali in comode mangiatoie sollevate dal suolo, comuni a più individui. In alternativa è possibile il razionamento dell’alimentazione, che deve essere costituita da 1,5-2 kg di ieno ogni 100 kg di peso corporeo al giorno, sia nel cavallo che nell’asino. Per i soggetti che lavorano aumentate la dose a 2,5-3 kg ogni 100 kg di peso. La razione di ieno deve essere suddivisa in almeno due somministrazioni al giorno. Per la salute degli animali non somministrate alimento di scarsa qualità o ammufito e non effettuate improvvise variazioni della dieta. In particolari condizioni, come per esempio in animali denutriti, a ine gravidanza o in allattamento, vi consigliamo di un’integrazione giornaliera con 0,5 kg di avena ogni 100 kg di peso. Prevenzione e cura In questo periodo può essere effettuata la vaccinazione contro la rinopolmonite, malattia virale che tra l’altro può causare aborto nell’ultimo trimestre di gravidanza. Previa consultazione del veterinario, la prima dose di vaccino si SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Asini Lavori Per i lavori vi rimandiamo a quanto indicato per i cavalli. Ricordiamo che, data la natura sociale degli Equidi, è possibile creare situazioni promiscue in cui cavalli e asini convivano assieme formando un piccolo gruppo. In alcune circostanze, però, come nel caso in cui si possiedano animali particolarmente dominanti, gli asini possono venire sottomessi dai cavalli ed esclusi dall’approvvigionamento del cibo. In queste situazioni conviene mettere a disposizione più mangiatoie. Alimentazione. Si veda quanto indicato per i cavalli. Prevenzione e cura Anche per gli asini può essere facoltativamente effettuata la vaccinazione contro la rinopolmonite. Per il resto si veda quanto indicato per i cavalli. CHIOCCIOLE Lavori In questo periodo le chiocciole sono in letargo, interrate, e potete dedicarvi ai lavori di manutenzione generale dell’allevamento, cercando di eliminare eventuali problemi sorti e riscontrati nella gestione dell’anno precedente. Veriicate pertanto il corretto funzionamento dell’impianto di irrigazione. Provvedete ai lavori di costruzione dei nuovi recinti di ingrasso e, se necessario, di ripristino dei vecchi recinti di riproduzione che hanno esaurito la loro funzione e devono essere preparati per la nuova annata (naturalmente solo se vuoti di molluschi). I recinti di ingrasso sono quelli che accoglieranno in primavera le chioccioline nate l’anno precedente. Verso la i- Chiocciole. In questi mesi i recinti devono essere seminati con un miscuglio di cavolo e bietola bianca, al quale si possono aggiungere dei semi di girasole ne di febbraio seminate all’interno delle zone appositamente predisposte nel periodo autunnale, in modo da averle pronte per la stagione entrante. Ricordate che la zona di riproduzione costituisce il 35% dell’intero allevamento, mentre quella d’ingrasso arriva al 65%. Quindi più spazio darete alle zone con vegetazione tenera e giovane in grado di accogliere le chioccioline, migliori e soprattutto più veloci saranno i risultati che otterrete nell’ingrasso dei molluschi. Questi recinti devono essere seminati con un miscuglio di cavolo e bietola bianca, al quale potete aggiungere dei semi di girasole (le cui piantine verranno voracemente consumate appena nate). Se il clima è ancora troppo freddo (nelle regioni del Nord), coprite le zone seminate con veli di tessuto non tessuto, che tra l’altro con la loro azione protettiva contribuiscono a far germogliare più velocemente i semi, anticipando il trasferimento delle chioccioline. Procedete inine alla pulizia e al diserbo manuale (o a mezzo di erbicidi del commercio) dei passaggi tra i recinti. Prevenzione e cura Ricordate che in questo periodo i topi sono molto attivi nell’allevamento ed è quindi necessario incrementare l’attività di derattizzazione dell’impianto, spargendo tra i recinti speciiche esche avvelenate e resistenti all’umidità. A cura di: Maurizio Arduin (Lavori Avicoli - Conigli - Maiale); Marcello Volanti (Lavori Capre - Pecore. Prevenzione e cura Avicoli - Conigli - Maiale Capre - Pecore); Federico Rossi (Lavori e Prevenzione e cura Bovini); Angelica Crisci (Lavori e Prevenzione e cura Equini); Giovanni Avagnina (Lavori e Prevenzione e cura Chiocciole). 77 Se nei testi di questa rubrica trovate delle parole che vi riescono di dificile comprensione, utilizzate il «Vocabolario illustrato dei termini dificili» allegato al n. 2/2011. (Red) Piccoli animali CANI Lavori I cani che trascorrono all’aperto la maggior parte della giornata, o che vivono stabilmente all’esterno, devono poter contare su un riparo caldo e confortevole per affrontare al meglio il periodo più freddo dell’anno. Se non è possibile riservare a essi un giaciglio all’interno di una costruzione riparata (stalla, ienile, locale caldaia, ricovero attrezzi, ecc.) è necessario provvedere a una cuccia. In commercio esistono valide cucce in multistrato di legno o materiale plastico associati a pannelli isolanti. Si possono però anche realizzare artigianalmente ottime cucce utilizzando pannelli di legno in doppio strato fra cui inserire del materiale isolante (per esempio un foglio di polistirolo di circa 5 mm di spessore, uno strato di moquette o di lana di vetro, ecc.). Non è consigliabile applicare semplicemente lo strato isolante all’interno e all’esterno della cuccia perché molti cani, soprattutto cuccioli, per noia o per gioco si dedicherebbero a demolirlo con denti e unghie, ingerendone i frammenti con grave rischio per la loro salute. Ricordate che qualunque sia la cuccia, il giaciglio interno deve essere asciutto e morbido: si può utilizzare un vecchio cuscino, una coperta, un ritaglio di moquette, oppure predisporre uno strato di materiale naturale come paglia, ieno, fogliame secco, da rinnovare in ogni caso assai frequentemente. Alimentazione. Per i cani alloggiati all’aperto la razione deve essere sostanziosa, composta cioè da cibi di buon valore nutritivo (carne fresca e riso, pasta o verdure nel caso di dieta casalinga, lattine o crocchette di qualità se preferite un mangime commerciale). Per i cani che conducono vita sedentaria, in casa, non bisogna eccedere nei quantitativi di cibo. Fate inoltre attenzione nel controllare che l’acqua di bevanda nelle ciotole all’esterno non ghiacci. Prevenzione e cura Nei cani alloggiati stabilmente all’aperto in inverno si formano calli da decubito sui gomiti, ai lati delle ginocchia e 78 Cani. La permanenza su di un suolo duro provoca a lungo andare la formazione di calli da decubito, in particolare nei cani pesanti (nella foto pastore tedesco), principalmente a livello di garretti e gomiti (nel particolare) sui garretti a causa della lunga permanenza in cuccia, soprattutto se il pavimento della stessa è privo di un giaciglio morbido come precedentemente spiegato. Questa affezione, di per sé banale, può complicarsi per la facilità con cui la pelle delle callosità si screpola, complice anche il freddo, permettendo l’ingresso di germi che provocano iniammazioni e infezioni molto lente a guarire (piaghe). Per prevenire la formazione dei calli da decubito occorre fornire la cuccia di un’idonea «imbottitura» ed evitare che il cane vi trascorra quasi tutta la giornata, per esempio portandolo un po’ più frequentemente a passeggio. In presenza di callosità iniammate e/o con croste occorre invece consultare il veterinario. perdere il micio a causa di un investimento. Valutate quindi con il vostro veterinario l’opportunità di sottoporre l’animale a sterilizzazione, intervento che fa diminuire sensibilmente la sua smania di uscire all’aperto. Alimentazione. Non vi sono cibi particolari da somministrare nella stagione invernale, ma bisogna adeguare la razione quotidiana ai reali fabbisogni nutritivi. Si abbonderà quindi un poco per quelle destinate ai soggetti che vivono all’aperto e, al contrario, ci si limiterà nella quantità da fornire ai gatti adulti di casa, che effettuano poco movimento. Come per i cani, occorre veriicare quotidianamente che l’acqua da bere posta nelle ciotole all’aperto non ghiacci. Prevenzione e cura L’andirivieni dentro e fuori casa può causare lievi irritazioni respiratorie dovute ai bruschi sbalzi di temperatura, in particolare in quei soggetti che amano starsene a dormire sdraiati sul davanzale interno delle finestre, sopra i caloriferi, dove l’aria si fa particolarmente calda e secca. I sintomi sono essenzialmente crisi di starnuti che si esauriscono spontaneamente nel giro di due o tre giorni, ma se si associano intensa lacrimazione degli occhi, scolo nasale e inappetenza va senz’altro consultato il veterinario, anche per scongiurare altre malattie più pericolose. GATTI Lavori Sia pur in maniera impercettibile, le giornate iniziano ad allungarsi e i gatti, sensibilissimi a questo segnale che preannuncia il mutare della stagione, si mostrano un poco più irrequieti, chiedendo di uscire di casa più spesso. Una volta fuori sarà facile che i maschi intraprendano le prime zuffe, indotte dai primi calori delle gatte. Se vivete in campagna, lasciar uscire liberamente il gatto può non essere un problema, ma in un traficato ambiente urbano ciò potrebbe signiicare Gatti. Forme lievi di raffreddore sono comuni nei gatti che nel periodo invernale soggiornano nei pressi dei caloriferi. Se non si risolvono spontaneamente nel giro di due o tre giorni, o se si complicano con lacrimazione degli occhi (come nell’esemplare in foto), vanno sottoposte al giudizio del veterinario SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Piccoli animali seguite a somministrare ogni giorno verdure fresche e agrumi, se graditi, in modo che le bestiole assumano la vitamina C e le ibre necessarie al loro benessere. Prevenzione e cura 1 2 Piccoli roditori. Esempio di vaschetta angolare (1) che si può collocare all’interno delle gabbie dei conigli per indurli a recarvisi per i loro bisogni. Le cavie (2) non scelgono di norma un angolo della gabbia per depositare i propri bisogni e tendono a riempire di materiale di lettiera le ciotole del cibo e dell’acqua. Per questo motivo è importante un’assidua pulizia della loro gabbia PICCOLI RODITORI Lavori Conigli nani. L’incombenza maggiore in questo bimestre di pieno inverno, in cui la vita della maggior parte dei piccoli roditori da compagnia si svolge in casa, è il mantenimento della massima igiene delle gabbie, con particolare riferimento alle lettiere che non appena si impregnano di escrementi e urine emanano un odore pungente e assai sgradevole. Per fortuna la maggior parte dei coniglietti nani sceglie un particolare angolo della gabbia per depositarvi i suoi bisogni, il che facilita le operazioni di pulizia, soprattutto se vi si colloca un’apposita vaschetta angolare. Per ottenere questo risultato coninate in gabbia i coniglietti di nuovo acquisto per almeno 15 giorni, in modo che stabiliscano un forte legame territoriale con questo ambiente circoscritto da sbarre, dopo di che le bestiole si potranno far gradualmente uscire nell’ambiente domestico. Alimentazione. Oltre al mangime pellettato di base, da offrire sempre comunque in quantità modeste, occorre mettere a disposizione del buon ieno e, nei soggetti abituati a nutrirsene, verdure preferibilmente ibrose (carciofi, catalogna, cicorie, sedano, ecc.). Criceti. Non vi sono in questo periodo incombenze particolari che riguardino queste bestiole. Alimentazione. Cercate di invogliare i vostri criceti ad alimentarsi con piccoli pezzetti di frutta e verdura fresche, oltre che con il consueto miscuglio di semi. Cavie. Per accudirle al meglio occorre non solo assicurare una buona igiene della lettiera, ma anche ripulire molto frequentemente mangiatoie e abbeveratoi. Queste bestiole, infatti, non solo depositano ovunSUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 que i loro escrementi, ma li calpestano in continuazione, imbrattandosi le zampe con le quali poi si appoggiano sui bordi delle vaschette contenenti cibo e acqua. Per questa ragione gli abbeveratoi andrebbero sempre scelti fra i modelli a goccia, da appendere all’esterno della gabbia (tipo «biberon»), così che l’acqua a disposizione delle bestiole risulti sempre pulita. Alimentazione. Finché non sarà nuovamente disponibile erba di pascolo, pro- Conigli nani. Accade spesso che i soggetti lasciati liberi di scorrazzare ogni tanto per casa si infortunino seriamente, procurandosi fratture alle ossa degli arti o alle vertebre della schiena a causa dei pavimenti lisci (quindi scivolosi). Le lesioni degli arti possono guarire, a volte ricorrendo a delicati e costosi interventi chirurgici, mentre quelle delle vertebre purtroppo causano spesso una paralisi permanente che porta alla necessità di sopprimere la povera bestiola. Per limitare questi rischi vi consigliamo di collocare sui pavimenti di casa delle passatoie ruvide (tipo stuoie) lungo i tragitti percorsi solitamente dal coniglietto durante le sue uscite. Criceti. Controllate che gli animali mostrino una normale vitalità e un buon appetito se vengono tenuti in casa al caldo. Il permanere nella casetta all’interno della gabbia anche nelle ore serali o not- L’idea in più. Ecco come evitare che i coniglietti nani e le cavie tenuti in casa spargano fuori dalla gabbia il materiale della lettiera, a causa dei loro repentini movimenti. Tagliate quattro pannelli in plexiglass trasparente, di lunghezza corrispondente i lati interni della gabbia e alti circa 20 cm. Basterà poi forarli opportunamente con un piccolo trapano e fermare i pannelli alla griglia della gabbia con del il di ferro. Questa sorta di barriera sarà anche utile a evitare che le bestiole, come spesso fanno, addentino in continuazione le sbarre della gabbia come passatempo, con il frequente risultato di spezzarsi gli incisivi. Come si fa. Per accorciare le unghie troppo cresciute di canarini, pappagalli e piccoli esotici conviene utilizzare un tronchesino. Prima di tagliare osservare bene l’unghia in controluce (se è di colore chiaro) per individuare dove intervenire: il taglio non deve interessare la parte di unghia rosata attraversata dal piccolo vaso sanguigno presente alla base, in modo che la bestiola non senta dolore e di evitare sanguinamenti. Se le unghie sono scure SÌ o comunque non vi sentite di accorciarle, fate effettuaNO re questa operazione a una persona esperta. Da visitare. Ad Almeria (in Andalusia, Spagna) dal 20 al 22 gennaio 2012 si svolge il 60° Campionato mondiale di ornitologia, la più importante manifestazione per appassionati allevatori di ogni specie e razza di volatili ornamentali. Informazioni sul sito Internet www.mundialalmeria2012.com o sul sito della Federazione ornicoltori italiani www.foi.it A Rho (Milano) il 14 e il 15 gennaio si tiene un’importante Esposizione internazionale canina. Informazioni sul sito Internet www.enci.it A Castellanza (Varese), sempre il 14 e il 15 gennaio, si tiene una doppia esposizione: Internazionale felina organizzata dalla Fiaf (Federazione italiana associazioni feline) e Reptilia expo, mostra di rettili. Informazioni sul sito www.expofelina.it 79 Piccoli animali turne e il consumare poco cibo sono indici di sofferenza che va sottoposta al giudizio del veterinario. Cavie. Non vi sono interventi sanitari particolari da segnalare. TARTARUGHE Lavori Tartarughe terrestri. In questo bimestre dovete occuparvi dei soggetti non in letargo, quindi in genere di giovani tartarughe di pochi mesi o di poco più di un anno (al loro secondo inverno) mantenute in terrario al caldo. Vanno seguite regolando l’accensione delle lampade e di altri eventuali dispositivi riscaldanti, in modo che la temperatura non sia comunque eccessiva (per le specie più comuni non dovrebbe salire sopra i 31 °C, quella ideale è 27-28 °C). Alimentazione. Variate il più possibile la composizione della dieta delle tartarughe tenute sveglie durante l’inverno, facendo largo impiego di verdure di stagione. Non fate mai mancare acqua pulita da bere, che sovente nei terrari evapora rapidamente dalle ciotole data la temperatura elevata. Tartarughe acquatiche. Curate l’igiene e la pulizia dell’acqua delle vasche, soprattutto se si tratta di esemplari di discrete dimensioni che sporcano molto. Se le vasche non dispongono di iltro di depurazione, l’acqua va cambiata totalmente (se la vasca contiene pochi litri di acqua) o parzialmente (almeno il 6570% se è di medie o grandi dimensioni) ogni giorno. L’acqua pulita va preparata dalla sera prima entro recipienti aperti (grossi secchi, catini o vasche in plastica per il bucato), così da favorire l’evaporazione del cloro. Se invece la vasca possiede un iltro di depurazione, questo va pulito almeno una volta alla settimana. Alimentazione. Per completare la dieta offrite alle tartarughe acquatiche pezzettini di pesce fresco, oltre a verdure e al mangime commerciale. Tartarughe. In questo periodo occorre occuparsi attivamente solo delle tartarughe che non si trovano in letargo (i soggetti molto giovani tenuti in terrario) fegato e nelle verdure di colore rosso). Le affezioni degli occhi e ogni piccola ferita si infettano facilmente con i germi presenti nell’acqua, tanto più se questa non è mantenuta costantemente pulita. In caso si veriichi qualche infezione occorre provvedere al miglioramento delle condizioni ambientali e rivolgersi tempestivamente al veterinario. UCCELLI Lavori Canarini. Per evitare che la gabbia emani odori sgradevoli badate a tenere sempre pulito il fondo della stessa, asportando eventuali avanzi di cibo fresco (frutta e verdura) e sostituendo il materiale assorbente almeno una volta alla settimana. Tale materiale può essere sabbia «grit», lettiera vegetale (truciolo, pellettato di legno o paglia, tutolo di mais, ecc.) o granulato di carta riciclata, mentre sono da evitare i fogli di giornale o comunque di carta stampata (depliant, riviste, ecc.), poiché contengono sostanze potenzialmente tossiche (inchiostri). Prevenzione e cura Tartarughe terrestri. Non vi sono interventi sanitari particolari da segnalare per questo bimestre. Tartarughe acquatiche. Affezioni comuni, come il rigonfiamento delle palpebre e l’opacamento della cornea (la superficie esterna dell’occhio), sono dovuti spesso a una assunzione insuficiente di alimenti ricchi di vitamina A (contenuta, per esempio, nel 80 Uccelli. Le unghie delle zampe dei piccoli volatili in età adulta possono mostrarsi eccessivamente lunghe e vanno accorciate per evitare che la bestiola si impigli nei posatoi o nelle sbarre della gabbia Alimentazione. Raccomandiamo di non esagerare con i cibi ingrassanti (pastoncino e biscotto all’uovo) nella razione dei soggetti tenuti in ambiente caldo, soprattutto se si intende farli riprodurre questa primavera. Pappagallini. Le raccomandazioni fatte a proposito della scelta del materiale assorbente da collocare sul fondo delle gabbie dei canarini valgono anche per i pappagalli, per i quali i rischi di intossicazione per ingestione di sostanze tossiche sono maggiori, dato che questi volatili tendono a distruggere ogni cosa sia alla portata del loro becco. Alimentazione. I pappagalli sono di regola molto restii a nutrirsi di frutta e verdura, ma occorre sempre insistere nell’offrirgliela, soprattutto in questo periodo invernale in cui la scarsità di cibi freschi può più facilmente indurre delle carenze vitaminiche. Piccoli esotici. Per mantenere al meglio in questa stagione i piccoli esotici è bene collocarli in gabbie ampie all’interno di un locale riscaldato dove non si veriichino grossi sbalzi di temperatura. Per proteggerli da colpi d’aria fredda, spostate momentaneamente le loro gabbie in un diverso locale quando la stanza in cui si trovano abitualmente viene arieggiata per le faccende domestiche; oppure, se ciò non è possibile, copritele temporaneamente con un telo di protezione. Alimentazione. Si veda quanto indicato per i canarini. Prevenzione e cura Canarini. Negli esemplari anziani (sopra i 5-6 anni di età) controllate la lunghezza delle unghie, che sovente crescono eccessivamente attorcigliandosi e facendo sì che l’uccellino si impigli facilmente nei posatoi e fra le sbarre, con il rischio di gravi fratture. Per accorciare le unghie troppo cresciute è utile servirsi di un piccolo tronchesino (vedi riquadro a pag. 79). Se nel tagliare un’unghia malauguratamente la fate sanguinare, tenete premuto con una garza il moncone per qualche minuto, stringendolo fra pollice e indice. Una volta arrestata la piccola emorragia, disinfettate la parte con una goccia di soluzione a base di iodio. Pappagallini. I pappagalli raramente richiedono l’accorciamento delle unghie. Se tuttavia ciò dovesse rendersi necessario valgono i suggerimenti forniti a proposito dei canarini. Piccoli esotici. Si veda quanto indicato per i pappagalli. A cura di: Daniela Perniceni. SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Se nei testi di questa rubrica trovate delle parole che vi riescono di dificile comprensione, utilizzate il «Vocabolario illustrato dei termini dificili» allegato al n. 2/2011. (Red) Apiario LAVORI L’osservazione esterna degli alveari. In questo inizio d’anno l’entità dei voli delle api davanti a ogni alveare e la qualità delle loro feci possono fornire utili indicazioni sullo stato di salute delle famiglie. In particolare le deiezioni, sotto forma di macchiette circolari visibili sui coperchi degli alveari, se giallastre sono indice di buona salute della colonia; se sono iliformi e di colore arancione scuro evidenziano, al contrario, diarrea o malattie in corso (vedi quanto detto nel capitolo Prevenzione e cura). Con la ioritura del nocciòlo, che in alcune zone può avvenire già in gennaio, le bottinatrici iniziano a importare polline. La loro presenza, tra l’altro, è segno che in quella colonia la regina è eficiente e ha ripreso la deposizione delle uova. In vista di questa prima ioritura, effettuate subito eventuali spostamenti degli alveari per non disorientare e perdere le bottinatrici che escono in volo. Trasportando le arnie evitate gli scossoni violenti, in quanto le api che cadono dal glomere sul fondo dell’arnia sono destinate a morire di freddo. Un volo anomalo davanti all’arnia, con api che sbattono forte- Per veriicare lo stato dei telaini occupati dalle api e capire l’entità delle scorte alimentari senza aprire le arnie, esaminate i residui caduti nei vassoi del fondo antivarroa, in corrispondenza dello spazio tra un telaino e l’altro. Nel particolare: le strisce di residui scuri (in alto a destra) indicano i telaini occupati dalla colonia svernante SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 Con la ioritura del nocciòlo le bottinatrici iniziano a rientrare nell’arnia con le cestelle cariche di polline (vedi freccia) mente le ali sollevando la parte terminale dell’addome è segno di orfanità; in questo periodo l’unica soluzione è riunire la colonia orfana con un’altra dotata di regina. Per veriicare lo stato dei telaini occupati dalle api e per capire l’entità delle scorte alimentari senza aprire le arnie, esaminate i residui caduti nei vassoi del fondo antivarroa, in corrispondenza dello spazio tra un telaino e l’altro: – residui di colore scuro, che derivano dagli opercoli delle cellette contenenti covata, segnalano che vi è stato lo sfarfallamento di api, cioè ne sono nate di nuove, pronte a portare avanti le attività della colonia; – residui di colore chiaro, che derivano dal lavoro di disopercolazione delle cellette contenenti scorte di miele, segnalano che le api si stanno nutrendo regolarmente; strisce di residui chiari ai lati esterni del vassoio possono essere segno di saccheggio latente. – poche strisce di residui densi, presenti prevalentemente nella zona centrale del vassoio, segnalano che la famiglia è in ottime condizioni. Strisce di residui densi anche nelle parti laterali del vassoio segnalano invece che si stanno esaurendo le scorte, in quanto la colonia sta consumando il miele immagazzinato nei favi più esterni; – la presenza di qualche granello di polline indica che è iniziata la ioritura del nocciolo e che la regina ha cominciato a deporre. Potete anche soppesare gli alveari per valutare, in base all’esperienza acquisita negli anni precedenti, la quantità di scorte presenti. Ricordate che, in caso di bisogno, l’alimentazione artiiciale deve essere fornita sotto forma solida mediante candito (per le modalità di preparazione si veda nel capitolo Laboratorio), oppure introducendo favi di miele provenienti da famiglie di api sane. Per capire lo stato di salute della colonia senza aprire l’arnia potete ascoltare il brusio prodotto dalle api all’interno dell’alveare. A questo scopo appoggiate l’orecchio a una parete dell’arnia e battete quella parte con le nocche della mano: il brusio di risposta deve essere forte e deciso (ronzii isolati intermittenti oppure collettivi e continui sono invece segnali anomali, dovuti a insuficienza di scorte di cibo e/o mancanza dell’ape regina). Altri interventi di inizio stagione. Veriicate l’eficienza delle protezioni dal freddo e il corretto posizionamento delle porticine o delle griglie davanti all’ingresso di ogni colonia. Se presenti, eliminate eventuali api morte dal predellino di volo, così come dal fondo dell’arnia (sollevate la griglia di protezione e pulite con l’apposita spazzola). Dopo un lungo periodo di freddo, e quindi di vita obbligata nell’alveare, in una giornata con temperatura mite può veriicarsi il cosiddetto «volo di puriicazione», durante il quale le api escono Principaliasdasdfasdf lavori del bimestre nell’apiario a cura di Alessandro Pistoia Lavori Visita alveari Osservaz. fondo antivarroa Nutrizione artiiciale Impiego del telaino TIT [1] Gen. Feb. ● ● ● ● Controllo sciamatura Controllo saccheggio Posa melario Smielatura Invasettamento miele Recupero cera Invernamento alveari Manutenzione attrezzature ● ● Interventi sanitari [1] Telaino Indicatore Trappola per la lotta alla varroa 81 Apiario per svuotare l’ampolla rettale dai residui che hanno accumulato durante la clausura. A riguardo valutate l’opportunità di avvisare i vicini di casa, per evitare che si ritrovino gli eventuali panni stesi imbrattati da macchioline scure. La prima visita interna degli alveari. Se in qualche colonia non notate volo di api, oppure se il volo è scarso, accertatevi delle condizioni della famiglia aprendo l’alveare nelle ore più calde della giornata. Colonie poco numerose, che occupano meno di quattro telaini, sicuramente hanno anche poche scorte di cibo, in quanto il consumo di miele è stato più elevato per poter mantenere costante la temperatura di un glomere con poche api. In questo caso intervenite con l’alimentazione integrativa, fornendo alla famiglia favi con miele parzialmente disopercolato. Per agevolare le osservazioni spostate con delicatezza i favi laterali, in modo da poter esaminare bene quelli centrali presidiati dalle api, e veriicare la presenza di covata, indice della presenza di una regina sana e attiva. Come abbiamo scritto poco sopra, l’eventuale integrazione delle scorte può avvenire mediante candito o l’introduzione di un favo conservato in magazzino. In questo caso disopercolate leggermente le cellette contenenti le scorte in prossimità del glomere per favorire il pronto consumo di alimento. PREVENZIONE E CURA Osservando l’andamento del cosiddetto «volo di puriicazione» potreste notare api che cadono a terra e si rialzano a fatica. In questo caso è facile che le loro Principaliasdasdfasdf ioriture di interesse apistico del bimestre a cura di Alessandro Pistoia Specie Gen. Feb. Corniolo Erica Mandorlo Nespolo del Giappone Nocciòlo ● ● Salice Veronica Viburno ● ● ● ● ● ● ● ● ● ● Le epoche di ioritura si riferiscono alle zone di pianura dell’Italia settentrionale 82 VITA IN CAMPAGNA Il mensile di agricoltura part-time con la maggior diffusione pagata in Italia (certificazione ADS) Fondato da Alberto Rizzotti Direttore Responsabile: Giorgio Vincenzi Il candito viene somministrato alle api nell’apposito contenitore o in un sacchettino di plastica da porre sopra i favi deiezioni, in forma di macchioline di colore arancione scuro, siano conseguenza di una diarrea dovuta al consumo di scorte di miele o di polline alterati. Ricordiamo anche che sono ancora diffusi casi di spopolamento totale degli alveari dovuti a diverse concause tra cui la varroa e le virosi. In entrambi i casi sopra citati contattate un esperto dell’Associazione apicoltori oppure il Servizio veterinario locale. LABORATORIO In questi mesi di relativa tranquillità procedete al riordino del magazzino, alla manutenzione delle arnie e alla raschiatura della propoli dalle varie attrezzature. Preparate inoltre i telaini con il ilo zigrinato pronto per l’inserimento del foglio cereo e avviate alla fusione la cera, in modo da rendere più rapidi i lavori della prossima primavera. Un lavoro che potete fare in questo periodo è la preparazione del candito per la nutrizione da somministrare alle colonie a ine inverno. Occorre avere a disposizione un’impastatrice meccanica o uno degli elettrodomestici che si impiegano per impastare i dolci. Per circa 1 kg di candito si impastano: 750 grammi di zucchero a velo (ricavato anche macinando zucchero comune in un macinacaffè); 250 grammi del vostro miele (luido o reso luido riscaldandolo a bagnomaria); succo di limone (1 bicchierino da liquore); poche gocce d’acqua ovvero quanta ne basta per favorire la formazione di un impasto omogeneo e compatto, non appiccicoso, da mettere nell’apposito contenitore. A cura di: Alessandro Pistoia. Prodotti e attrezzature citati nell’articolo sono reperibili presso i negozi specializzati in articoli per l’apicoltura. Redazione: Giuseppe Cipriani, Silvio Caltran, Alberto Locatelli Segreteria di redazione: Laura Modenini, Elisa Guarinon, Cristina Campanini, Silvana Franconeri Indirizzo: Via Bencivenga/Biondani, 16 - 37133 Verona - Tel. 045 8057511 - Fax 045 8009240 E-mail: [email protected] Internet: www.vitaincampagna.it Editore: Edizioni L’Informatore Agrario srl Via Bencivenga/Biondani, 16 - 37133 Verona Presidente: Elena Rizzotti Presidente onorario: Alberto Rizzotti Amministratore delegato: Giuseppe Reali Direttore commerciale: Luciano Grilli Abbonamenti: C. P. 467 - 37100 Verona Tel. 045 8009480 - Fax 045 8012980 Internet: www.vitaincampagna.it/faq Abbonamento annuale 2012 per l’Italia: Vita in Campagna euro 46,00 (11 numeri + 11 supplementi); Vita in Campagna + Vivere La Casa euro 53,00 (11 numeri + 11 supplementi + 4 fascicoli Vivere La Casa) Sono previste speciali quote di abbonamento per studenti di ogni ordine e grado Una copia euro 4,50, arretrata il doppio, per gli abbonati euro 6,00 più spese postali Conto corrente postale n. 11024379 Pubblicità: Via Bencivenga/Biondani, 16 37133 Verona - Tel. 045 8057523 Fax 045 8009378 Stampa: Mediagraf spa Noventa Padovana (Padova) Registrazione Tribunale Verona n. 552 del 3-11-1982 - Poste Italiane s.p.a. Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Verona - Contiene I.P. e I.R. Copyright © 2012 Vita in Campagna di Edizioni L’Informatore Agrario srl Vietata la riproduzione parziale o totale di testi e illustrazioni - ISSN 1120-3005. Accertamenti Diffusione Stampa Certiicato n. 7149 del 14/12/2011 Unione Stampa Periodica Italiana Vita in Campagna non è in edicola. Viene inviata solo in abbonamento La tiratura del presente numero è stata di 205.000 copie SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012 N ov i t à Husqvarna 562 XP®, 560 XP®, 555. La nuova era delle motoseghe . Husqvarna 562 XP®, 560 XP® e 555 rappresentano la più grande innovazione in materia di motoseghe degli ultimi 50 anni. Si tratta di tre modelli all’avanguardia, nati da un concetto completamente nuovo e dotati di tutte le conquiste tecnologiche Husqvarna. Le nuove motoseghe gestiscono la carburazione in maniera completamente automatica: l’operatore risparmia tempo e carburante aumentando la produttività del proprio lavoro. Massima potenza ed efficienza, manovrabilità ed ergonomia rivoluzionarie, senza alcun compromesso. 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