GIARDINO - ORTO - TERRAZZO - FRUTTETO - CAMPO

1
GIARDINO - ORTO - TERRAZZO - FRUTTETO - CAMPO - VIGNETO
CANTINA - BOSCO - ALLEVAMENTI - PICCOLI ANIMALI - APIARIO
Poste Italiane s.p.a. - Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Verona - Contiene I.P. e I.R.
2012
SUPPLEMENTO N. 1 AL N. 1 DI VITA IN CAMPAGNA - CASELLA POSTALE 467 - 37100 VERONA - GENNAIO 2012 - ANNO 30 - ISSN 1120-3005 - MENSILE
LqdNeX/WQFFIBvwZtz5h3D163kOyiyn2CYATHWRYEBAdd6zsgPUnlQ==
Sullo sfondo della scena,
come in un quadretto,
la bufera di neve fa da contraltare
al tepore della stalla.
Immaginiamo che il contadino,
durante una breve pausa dal lavoro,
sia là, sotto il suo ombrello,
che osserva il cielo
e scuota il capo pensieroso.
Sugli animali cheti,
indifferenti agli eventi meteorici,
vigila la cara immagine sacra,
omaggiata dall’olivo benedetto,
appesa dal nonno
tanti anni fa.
Giardino
5
7
8
10
11
12
Piante annuali - Piante erbacee perenni
Piante acidoile
Bulbose e tuberose - Rosai
Arbusti e alberi
Tappeto erboso
Piante grasse - Piante d’appartamento
Orto
19 Progetto graico di un orto di 100 metri quadrati
15 Ortaggi
22 Piante aromatiche
1
2012
GIARDINO - ORTO - TERRAZZO - FRUTTETO - CAMPO - VIGNETO
CANTINA - BOSCO - ALLEVAMENTI - PICCOLI ANIMALI - APIARIO
Poste Italiane s.p.a. - Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Verona - Contiene I.P. e I.R.
4 Calendari di gennaio e febbraio
SUPPLEMENTO N. 1 AL N. 1 DI VITA IN CAMPAGNA - CASELLA POSTALE 467 - 37100 VERONA - GENNAIO 2012 - ANNO 30 - ISSN 1120-3005 - MENSILE
Dipinto di Giuliano Paladini - Vicchio (Firenze)
www.paladinigiuliano.it
Terrazzo
24 Progetto graico di coltivazione di un terrazzo
di 32 metri quadrati
24 Piante da frutto
25 Piante da iore
26 Ortaggi e aromatiche
26 Agrumi
Cantina
Bosco
Allevamenti
63 Lavori nella piccola cantina per autoconsumo familiare
Frutteto
67 Bosco naturale
27 Pomacee: melo, pero
31 Drupacee: pesco e nettarina, albicocco,
susino, ciliegio, mandorlo
39 Agrumi
41 Altre specie importanti: actinidia, castagno, olivo
47 Piccoli frutti: lampone, mirtillo, ribes, rovo
48 Specie da frutto minori: ico, giuggiolo, kaki,
nespolo comune e del Giappone, nocciòlo, noce
Campo
50
51
52
50
54
54
71 Avicoli: galline ovaiole, polli da carne, faraone, tacchini,
anatre, oche, colombi
73 Conigli
74 Maiale
74 Ovicaprini: capre, pecore
75 Bovini
76 Equini: cavalli, asini
77 Chiocciole
Progetto graico di rotazione delle colture (Nord)
Progetto graico di rotazione delle colture (Centro)
Progetto graico di rotazione delle colture (Sud)
Cereali vernini (frumento tenero, grano duro, orzo, farro)
Colture primaverili-estive (mais, soia, girasole)
Colture foraggere (erba medica, prati stabili e pascoli)
Vigneto
57 Il video del bimestre:
potatura della vite a cordone speronato
55 Il vigneto per la produzione di uva da vino
59 Il vigneto per la produzione di uva da tavola
62 L’uva fragola
Piccoli animali
78
78
79
80
80
Cani
Gatti
Piccoli roditori
Tartarughe
Uccelli
Apiario
81 Lavori
82 Prevenzione e cura
82 Laboratorio
Significato dei simboli riportati nei testi
Agricoltura biologica.
Bio Prodotti ammessi nel biologico.
Molta attenzione.
Attenzione.
Via libera.
Sconti Carta Verde.
Su Internet.
Gennaio 2012
Febbraio 2012
Le ore di levata e di tramonto della luna
1 DOM.
2 LUN.
3 MAR.
4 MER.
5 GIO.
6 VEN.
7 SAB.
8 DOM.
9 LUN.
10 MAR.
11 MER.
12 GIO.
13 VEN.
14 SAB.
15 DOM.
16 LUN.
17 MAR.
18 MER.
19 GIO.
20 VEN.
21 SAB.
22 DOM.
23 LUN.
24 MAR.
25 MER.
26 GIO.
27 VEN.
28 SAB.
29 DOM.
30 LUN.
31 MAR.
11.34-00.12
07.38-16.49
12.01-01.11
07.38-16.50
12.31-02.10
07.38-16.51
13.05-03.09
07.38-16.52
13.44-04.07
07.38-16.53
14.30-05.03
07.38-16.54
15.23-05.55
07.38-16.55
16.22-06.43
07.38-16.56
17.26-07.26
07.37-16.57
Le temperature
min. e max
gennaio 2011
medie dall’1 al 10
Torino
-0,2 +3,7=e.t. 3,9
Verona
-0,9 +4,8=e.t. 5,7
Roma
+5,4 +13,4=e.t. 8,0
Bari (Turi)
non pervenuta
Messina
+10,6 +16,3=e.t. 5,7
Cagliari
+6,2 +15,4=e.t. 9,2
medie dall’11 al 20
18.33-08.04
07.37-16.58
19.41-08.37
07.37-16.59
20.50-09.08
07.37-17.00
22.00-09.37
07.36-17.01
23.10-10.06
07.36-17.02
00.00-10.36
07.36-17.03
00.21-11.10
07.35-17.04
01.33-11.47
07.35-17.06
02.44-12.31
07.34-17.07
03.52-13.23
07.34-17.08
04.55-14.22
07.33-17.09
05.50-15.27
07.32-17.10
06.36-16.35
07.32-17.12
07.16-17.43
07.31-17.13
07.49-18.50
07.30-17.14
08.18-19.55
07.30-17.15
08.45-20.57
07.29-17.17
09.10-21.58
07.28-17.18
09.36-22.58
07.27-17.19
10.02-23.57
07.26-17.20
10.31-00.00
07.25-17.22
11.03-00.56
07.24-17.23
Torino
-1,3 +11,0=e.t. 12,3
Verona
+2,2 +5,1=e.t. 2,9
Roma
+3,6 +13,1=e.t. 9,5
Bari (Turi)
non pervenuta
Messina
+11,9 +16,7=e.t. 4,8
Cagliari
+6,1 +15,0=e.t. 8,9
medie dal 21 al 31
Torino
-3,1 +4,9=e.t. 8,0
Verona
-1,7 +6,9=e.t. 8,6
Roma
+2,6 +10,4=e.t. 7,8
Bari (Turi)
+2,7 +9,0=e.t. 6,3
Messina
+8,3 +13,8=e.t. 5,5
Cagliari
+3,3 +12,5=e.t. 9,2
Le precipitazioni
di gennaio 2011
Torino
Verona
Roma
Bari (Turi)
Messina
Cagliari
17,4 mm
40,5 mm
49,2 mm
15,6 mm
123,1 mm
26,4 mm
Le date importanti
da ricordare
1 MER.
2 GIO.
3 VEN.
4 SAB.
5 DOM.
6 LUN.
7 MAR.
8 MER.
9 GIO.
10 VEN.
11 SAB.
12 DOM.
13 LUN.
14 MAR.
15 MER.
16 GIO.
17 VEN.
18 SAB.
19 DOM.
20 LUN.
21 MAR.
22 MER.
23 GIO.
24 VEN.
25 SAB.
26 DOM.
27 LUN.
28 MAR.
29 MER.
e del sole
11.40-01.54
07.23-17.24
12.22-02.50
07.22-17.25
13.12-03.44
07.21-17.27
14.08-04.34
07.20-17.28
15.09-05.19
07.19-17.29
16.15-05.59
07.18-17.31
17.24-06.35
07.17-17.32
18.35-07.08
07.16-17.33
19.46-07.39
07.14-17.34
20.58-08.09
07.13-17.36
22.11-08.40
07.12-17.37
23.24-09.13
07.11-17.38
00.00-09.49
07.09-17.40
00.35-10.31
07.08-17.41
01.44-11.20
07.07-17.42
02.48-12.16
07.05-17.43
03.44-13.17
07.04-17.45
04.32-14.22
07.03-17.46
05.13-15.29
07.01-17.47
05.48-16.35
07.00-17.48
06.19-17.40
06.58-17.50
06.46-18.43
06.57-17.51
07.12-19.45
06.55-17.52
07.38-20.45
06.54-17.53
08.04-21.45
06.52-17.55
08.32-22.44
06.51-17.56
09.03-23.42
06.49-17.57
09.38-00.00
06.48-17.58
10.17-00.39
06.46-17.59
Le temperature
min. e max
febbraio 2011
medie dall’1 al 10
Torino
-1,0 +14,3=e.t. 15,3
Verona
-2,7 +12,2=e.t. 14,9
Roma
+2,2 +15,5=e.t. 13,3
Bari (Turi)
+2,3 +14,0=e.t. 11,7
Messina
+9,5 +15,5=e.t. 6,0
Cagliari
+4,2 +14,6=e.t. 10,4
medie dall’11 al 20
Torino
+5,6 +10,4=e.t. 4,8
Verona
+4,2 +11,2=e.t. 7,0
Roma
+4,4 +14,7=e.t. 10,3
Bari (Turi)
+5,1 +14,1=e.t. 9,0
Messina
+10,1 +16,0=e.t. 5,9
Cagliari
+5,5 +15,4=e.t. 9,9
medie dal 21 al 29
Torino
-0,8 +6,9=e.t. 7,7
Verona
+0,5 +8,3=e.t. 7,8
Roma
+1,8 +11,6=e.t. 9,8
Bari (Turi)
+2,9 +9,5=e.t. 6,6
Messina
+7,3 +12,9=e.t. 5,6
Cagliari
+4,6 +14,7=e.t. 10,1
Le precipitazioni
di febbraio 2011
Torino
Verona
Roma
Bari (Turi)
Messina
Cagliari
38,4 mm
52,4 mm
34,5 mm
42,2 mm
87,6 mm
40,1 mm
Le date importanti
da ricordare
Luna. Gennaio. Luna piena: 9 gennaio. Luna nuova: 23 gennaio. Luna crescente: dall’1 all’8 e dal 24 al 31 gennaio. Luna calante:
dal 10 al 22 gennaio. Febbraio. Luna piena: 7 febbraio. Luna nuova: 21 febbraio. Luna crescente: dall’1 al 6 e dal 22 al 29 febbraio. Luna
calante: dall’8 al 20 febbraio.
Sole. I dati della levata e del tramonto del sole, giorno per giorno, si riferiscono a Roma (ora solare).
Temperature. Le temperature minime e massime riportate sono quelle rilevate negli stessi mesi dello scorso anno 2011. Sono espresse in
gradi centigradi e sono medie decadiche riferite a tutti i giorni dei periodi 1-10, 11-20 e 21-ultimo del mese. L’escursione termica (differenza tra la temperatura massima e minima) è indicata con la sigla e.t.
Precipitazioni. Le precipitazioni riportate sono quelle rilevate negli stessi mesi dello scorso anno 2011. Esse sono epresse in millimetri (il numero
di millimetri di pioggia caduta equivale al numero di litri per metro quadrato) e riguardano le precipitazioni veriicatesi nel corso di tutto il mese.
Temperature e precipitazioni sono state rilevate dal Servizio meteorologico dell’aeronautica militare.
Giardino
Se nei testi di questa rubrica trovate
delle parole che vi riescono di dificile comprensione, utilizzate il «Vocabolario illustrato dei termini dificili» allegato al n. 2/2011. (Red)
PIANTE ANNUALI
Lavori
Semina. Nelle regioni settentrionali
la semina in piena terra non può essere
effettuata prima della ine di marzo. Se
si desidera anticiparla e non si ha la possibilità di utilizzare una serra riscaldata,
si può ricorrere a un cassone vetrato da
appoggiare contro un muro esposto al
sole. Con questa semplice struttura, scegliendo specie rustiche le cui sementi
per germinare non richiedono temperature particolarmente elevate – per esempio fiordaliso, cosmea (1), calendula , amaranto , girasole ornamentale (2), titonia e papavero
della California – è possibile anticipare la semina di 4-5 settimane, garantendosi le prime ioriture già dalla seconda metà della primavera. Per indicazioni più dettagliate relative alla semina
in cassone vetrato vedi «i Lavori» di
gennaio-febbraio 2011, a pag. 5.
Volendo, potete procedere anche alla
produzione di piantine con pane di terra,
come di seguito spiegato (vedi anche foto e didascalia qui sotto). Per operare
più agevolmente ponete i semi in un
contenitore, tipo la capsula di un vaso di
vetro. Procuratevi quindi dei contenitori
alveolati, con due o quattro alveoli; potete anche usare quelli dello scorso anno, ma in questo caso disinfettateli con
varechina (2 litri per 10 litri d’acqua),
sciacquateli accuratamente e fateli asciu-
A
1
Interventi itosanitari
Nessun intervento itosanitario è necessario in questo bimestre.
PIANTE ERBACEE PERENNI
Lavori
2
Piante annuali. Al Nord, se desiderate
anticipare la semina di piante annuali
da iore come iordaliso, cosmea (1), girasole ornamentale (2), ecc., eseguitela
in un cassone vetrato
B
Piante annuali. La produzione di piantine con pane di terra. Riempite il contenitore con l’apposito terriccio per semine (A), quindi spianate il terriccio con la mano.
Per ogni alveolo ponete un seme (B) e copritelo successivamente con un sottilissimo strato di terra
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
gare. È però possibile impiegare
contenitori più grandi (cm 50x30) e
con un maggior numero di alveoli,
oppure vasetti.
Riempite quindi il contenitore
con l’apposito terriccio per semine.
Dopo il riempimento del contenitore
spianate il terriccio con la mano. Per
ogni alveolo ponete un seme, e poi, aiutandovi con un setaccio, ricopritelo con
un velo di terriccio, di spessore mai superiore alla dimensione del seme stesso.
Infine inumidite il terriccio impiegando uno spruzzatore e ponete i contenitori alveolati nel cassone vetrato. Seguite i contenitori con moderate irrigazioni e quando le radici delle piantine
tratterranno il pane di terra saranno
pronte per essere messe a dimora, non
prima però del mese di aprile.
Se vi trovate al Centro-Sud procedete
invece alla semina in piena terra già a partire da inizio marzo, oppure effettuatela in
vasetto e/o contenitori alveolati al ine di
produrre piantine con pane di terra.
Pulizia. Entro ine febbraio rasate a
livello del terreno i residui secchi di tutte le erbacee perenni decidue, compresi quelli delle graminacee ornamentali e delle altre essenze caratterizzate da
una gradevole veste invernale. È infatti
indispensabile eseguire questa operazione prima che lo sviluppo della
nuova vegetazione la renda dificoltosa.
Irrigazione. Anche se generalmente
in pieno inverno il giardino non necessita di irrigazioni, occorre tenere presente
che, quando il freddo intenso si associa
a prolungata assenza di precipitazioni,
possono subire gravi danni anche specie
del tutto rustiche, soprattutto se sempreverdi e/o coltivate in vaso.
Se in febbraio dovessero veriicarsi
queste particolari condizioni, potrebbe
pertanto rendersi necessaria un’irrigazione di soccorso. In tal caso operate
nelle ore centrali della giornata, somministrando l’acqua lentamente e a lungo,
in modo da permetterle di penetrare in
profondità anche se lo strato supericiale del terreno dovesse risultare parzialmente gelato.
5
Giardino
Protezione dal freddo. Al Nord lasciate i cespi delle perenni in dormienza
coperti dalla pacciamatura di foglie secche (o paglia) sino a ine febbraio. Al
Centro-Sud, invece, i germogli emergono dal terreno con alcune settimane di
anticipo e generalmente conviene eliminare lo strato pacciamante già da metà
febbraio.
Concimazione. Se non l’avete fatto
durante l’autunno, potete provvedere in
questo periodo alla concimazione organica di aiole e bordure. Sarà suficiente
spargere un po’ di stallatico pellettato o
in polvere (facilmente reperibile nei
consorzi agrari e garden center) intorno
ai cespi in ragione di 3-4 badilate per
metro quadrato, incorporandolo supericialmente al terreno con l’aiuto di una
zappetta o di un rastrello. Gelate e precipitazioni di ine inverno provvederanno
a sciogliere le sostanze nutritive rendendole disponibili per le piante in dalla ripresa vegetativa.
Per lo più le perenni sono dotate di
grande vigoria naturale: non è quindi
necessario ricorrere a concimi minerali
di sintesi, a meno che le vostre bordure
non siano ormai troppo vecchie ed esau-
Come realizzare un’aiola in giallo e blu-viola
1,75 m
Ecco come potete realizzare nel vostro giardino di campagna – in una
A
B
posizione di mezzo sole, come ad
B
D
esempio contro un muro esposto a est
C
– una piccola aiola (circa tre metri
B
quadrati) di rustiche erbacee perenA
B
ni dalle ioriture gialle e blu, in iore
C
da maggio a giugno.
C
D
Come specie a iori blu mettete a dimora due cespi di Lupinus perenE
E
nis-A (alti un metro in piena ioritura)
E
E
E
e quattro cespi di Campanula persicifolia «Telham Beauthy»-B (alte un
metro in piena ioritura); come specie
1,75 m
a iori gialli mettete a dimora tre cespi
di Aquilegia chrysantha «Yellow Queen»-C (alti novanta centimetri in piena ioritura) e due cespi di Lupinus «Chandelier»-D (alti un metro in piena ioritura);
come specie a foglie giallo-oro mettete a dimora cinque cespi di Carex oshimensis «Evergold»-E (alti 20 centimetri a pieno sviluppo).
Nella piantina dell’aiola riportata qui sopra eccovi inoltre come posizionare le
singole piante. Le iniorescenze contrastano intensamente sia per forma che per
colore. Il giallo tenue delle aquilegie e del Lupinus «Chandelier» valorizza al meglio i blu-viola della campanula e del Lupinus perennis. Sul fronte dell’aiola i cespi vigorosi del Carex «Evergold»,
che ricadono a fontana, con le loro
foglie persistenti intensamente variegate di giallo-oro offrono un motivo di interesse per tutto l’anno; a
inizio primavera e a ine estate valorizzano inoltre il fogliame grigio-azzurro di Aquilegia chrysantha e i differenti toni di verde di quello dei lupini e delle campanule
A
B
C
6
D
E
rite. In questo caso, però, la soluzione
migliore sarà quella di sfruttare l’inverno per riprogettare gli spazi, in vista di
nuovi impianti primaverili.
Progettazione. In questo bimestre, a
causa delle giornate fredde, i lavori all’aria aperta sono più che mai rarefatti.
Eppure, per il giardiniere lungimirante, il
lavoro non manca nemmeno... davanti al
camino. La progettazione su carta sta infatti alla base di ogni angolo di giardino
ben riuscito e risulta addirittura indispensabile nel caso di un’aiola o di una bordura mista di erbacee perenni. Questa tipologia di piante, infatti, muta il suo aspetto
di stagione in stagione, fattore che, mentre contribuisce a determinarne il fascino,
rende particolarmente complessa la progettazione. Utilizzate quindi le lunghe ore
della sera, munendovi di fogli e matite colorate per gli schizzi, nonché di qualche
catalogo di sementi e di vivai specializzati (di quelli che indicano con cura l’altezza raggiunta dalle piante in piena vegetazione, l’esposizione ottimale, il periodo di
ioritura, ecc.) per orientarvi nella scelta
delle specie e delle varietà.
Tenete sempre ben presente che l’utilizzo di alcune tipologie di erbacee perenni può garantire effetti spettacolari in
giardino persino in questo bimestre, il
più freddo dell’anno. Ecco alcuni consigli per orientarsi nella scelta di specie e
varietà caratterizzate da una veste invernale ornamentale.
La maggioranza delle erbacee perenni è costituita da piante decidue, che
cioè perdono completamente la vegetazione durante l’autunno e sopravvivono
alla stagione invernale soltanto a livello
di apparato radicale sotterraneo. Proprio
per questo, le specie sempreverdi risultano particolarmente preziose. Nelle zone semiombreggiate del giardino coltivate le Heuchera, caratterizzate da un
fogliame altamente decorativo anche in
pieno inverno. Oggi è disponibile un
gran numero di varietà, con foglie dalle
colorazioni imprevedibili e spettacolari
(porpora, rosso, arancione, viola, grigioargento, ecc.), ulteriormente impreziosite da vistose variegature e screziature.
Accompagnatele con varietà sempreverdi di Carex, erbe ornamentali dal portamento morbido ed elegante, assai resistenti alle gelate intense. Nelle zone più
soleggiate e asciutte, utilizzate invece le
Festuca (per esempio Festuca glauca,
dal fogliame azzurro, o Festuca amethysina, a foglia verde brillante), l’Euphorbia characias, le Kniphofia.
Le graminacee ornamentali decidue
mantengono un aspetto altamente decoSUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Giardino
rativo per tutto l’inverno in virtù della
loro vegetazione e delle loro infiorescenze secche. I loro morbidi cespi, dopo aver assunto in autunno colorazioni
giallo dorate o rosso-brune, continuano
a conferire movimento al giardino ondeggiando al minimo alito di vento. La
brina disegna trame spettacolari sulle loro iniorescenze dalla tessitura leggera.
Cercate quindi di trovare spazio in giardino per specie e varietà di Calamagrostis , Molinia , Miscanthus e
Panicum, tutte piante scarsamente esigenti, adattabili e di facile coltivazione
nei giardini di campagna delle diverse
fasce climatiche del nostro Paese.
Le varietà precoci di elleboro o rosa
di Natale (Helleborus niger «Traecox»)
sono in iore per tutto il bimestre: coltivate questa spettacolare specie ai piedi di
alberi e arbusti e in tutte le zone del giardino riparate dal pieno sole estivo.
Nel riquadro riportato nella pagina
precedente vi suggeriamo come realizzare un’aiola con piante dalle ioriture
nelle tinte del giallo e del blu.
Interventi itosanitari
Nessun intervento itosanitario è necessario in questo bimestre.
PIANTE ACIDOFILE
Azalee, rododendri, camelie,
ortensie, eriche
Lavori
Nei mesi di gennaio e febbraio le piante acidoile sono in riposo vegetativo e le
cure colturali sono ridotte al minimo. Se
non l’avete già fatto nel precedente bimestre, e soprattutto se l’andamento stagionale della vostra zona si presenta particolarmente freddo, provvedete a ripararle come indicato ne «i Lavori» di novembre-dicembre 2011, a pag. 6.
In particolare dovete sempre tenere
sotto controllo le acidoile in vaso, in
quanto il gelo potrebbe arrivare direttamente alle radici, che costituiscono la
parte più vulnerabile della pianta. Nel
caso si veriichino forti abbassamenti di
temperatura, posizionate i vasi sotto una
tettoia (o riparo similare), anche non
particolarmente luminosa, poiché in
questo periodo le piante non hanno bisogno di troppa luce, e lasciateveli sino a
ine inverno.
Non posizionate i vasi in casa, in
quanto è un ambiente troppo caldo
e soprattutto privo della necessaria umidità dell’aria.
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Potatura. Da fine febbraio potete
procedere alla potatura delle ortensie: le
gemme si riprenderanno presto all’arrivo dei primi tepori primaverili, quindi
non tardate a fare questa operazione (vedi riquadro qui sotto).
Rimozione della neve. Durante questo bimestre si possono veriicare in alcune zone abbondanti nevicate che possono danneggiare le chiome delle piante
acidoile. Quelle sempreverdi (Camel-
lia japonica, Camellia sasanqua,
rododendro, Azalea japonica, ecc.)
sono particolarmente sensibili al peso
della coltre nevosa: ne bastano 10 cm e
intere branche possono piegarsi e spezzarsi. L’operazione che dovete effettuare
è abbastanza semplice: bardatevi di tutto
punto con vestiti caldi e impermeabili,
guanti da sci e scopa di saggina e liberate dal peso della neve le piante. L’ideale
è eseguire questa operazione man mano
che la neve si accumula.
Come potare le ortensie
2
1
3
Le Hydrangea macrophylla e quelle che presentano iniorescenze a palla in
genere (vedi foto a lato), le più comuni nei giardini, che ioriscono sul legno
dell’anno precedente, si potano tagliando i rami più deboli, quelli rivolti verso l’interno dell’arbusto e le iniorescenze secche,
vedi disegno 1, tagliando sopra la penultima coppia di gemme, vedi disegno 2. Non vanno tagliati i rami cresciuti l’anno
precedente, i quali portano la gemma terminale che darà origine ad un’iniorescenza. Negli esemplari vecchi occorre eliminare i fusti più vecchi, che generalmente sono molto ramiicati, tagliandoli a livello del ceppo, vedi disegno 3: in questo modo si rinnova gradualmente l’arbusto
4
5
Le Hydrangea arborescens e le Hydrangea paniculata (vedi foto a lato), che ioriscono sulla vegetazione dell’anno,
si potano tagliando tutti i rami, lasciando solo due-quattro
gemme, vedi disegno 4. Se invece desiderate che gli arbusti
crescano in altezza, lasciateli crescere liberamente, eliminando quei rami che crescono verso l’interno dell’arbusto,
le biforcazioni e le iniorescenze secche, vedi disegno 5.
7
Giardino
A
B
Parassiti delle piante acidoile. Infezioni di bolla su foglie di azalea (A). Bottone
iorale di rododendro disseccato in seguito a infezioni di Pycnostysanus azaleae
Nuovi acquisti. Se acquistate o ricevete in regalo un’Azalea indica in iore, posizionatela in un luogo abbastanza
fresco, dove la temperatura sia compresa
tra i 5 e i 15 °C, assicurandole sempre un
terriccio moderatamente umido. A ine
ioritura, comunque non prima che iniscano gli ultimi freddi dell’inverno, portate l’azalea all’aperto e ponetela in un
luogo luminoso ma non al sole diretto,
seguendola con moderate irrigazioni.
Potrebbe capitare che, in seguito a
qualche giorno con temperature al di sopra della media stagionale, specie meno
precoci, come narcisi, giacinti e tulipani, emergano dal terreno con alcune settimane di anticipo. Se ciò si veriicasse non preoccupatevi ed evitate di
predisporre altra pacciamatura per proteggere i germogli: essi smetteranno di
crescere non appena le temperature si
abbasseranno.
Interventi itosanitari
Messa a dimora dei bulbi pregermogliati a fioritura primaverile. Se
nello scorso autunno non avete avuto modo e/o tempo di mettere a dimora tulipani, giacinti, narcisi, muscari , ecc., da metà febbraio (o anche prima) potete acquistare nei garden center bulbi pregermogliati di queste specie. Questi bulbi vengono messi in commercio dopo essere stati sottoposti a processi di «raffreddamento»
In febbraio, in seguito ad apprezzabili
innalzamenti della temperatura accompagnati da giornate di pioggia, si possono
creare le condizioni adatte allo sviluppo
su azalea di infezioni di bolla (Exobasidium japonicum) (foto A). A esserne
maggiormente esposte sono le piante colpite dalla malattia nella precedente stagione vegetativa. Come misura preventiva trattate le piante con bitertanolo-44,7
(non classiicato, alla dose di 5 millilitri
per 10 litri d’acqua), oppure con poltiglia
bordolese-20 o ossicloruro di rame-20
(bio, irritante o non classiicato in funzione della formulazione commerciale, secondo le dosi indicate in etichetta).
Sulle piante di rododendro i bottoni
iorali disseccati in seguito a infezioni
del fungo Pycnostysanus azaleae (foto
B) vanno asportati e bruciati, effettuando poi un trattamento con poltiglia bordolese-20 (bio, irritante o non classiicato) o con ossicloruro di rame-20 (bio,
non classiicato), secondo le dosi indicate in etichetta.
In questo bimestre sbocciano le bulbose più rustiche come aconito invernale, bucaneve, bulbocodio e croco.
8
Messa a dimora dei bulbi a ioritura tardo primaverile-estiva. Al Centro-Sud, ma anche al Nord se in zone a
clima mite, procedete alla messa a dimora delle bulbose a ioritura tardo primaverile-estiva, per esempio allium
ornamentali e begonie tuberose.
Selezionate bulbi perfettamente integri e sani, non interessati da muffe e/o
marciumi, che potrebbero pregiudicare
lo sviluppo vegetativo e le ioriture.
Come regola generale rispettate una
profondità d’impianto pari al doppio
dell’altezza del bulbo.
Interventi itosanitari
Nessun intervento itosanitario è necessario in questo bimestre.
ROSAI
BULBOSE E TUBEROSE
Lavori
che simulano l’inverno e che li stimolano a formare il/i fiore/i. Sono bulbi
più costosi rispetto a quelli reperibili durante l’autunno, ma molto utili per
riempire vuoti nelle aiole e nelle bordure e per creare vasi a «pronto effetto».
Non scegliete esemplari già completamente sbocciati, in quanto durerebbero solo qualche giorno, ma acquistate bulbi con boccioli ancora ben
chiusi.
Tra le bulbose pregermogliate che
potete reperire in commercio da metà
febbraio vi sono anche i bucaneve ,
specie spontanea nei nostri boschi. Si
tratta di una bulbosa rustica che resiste
anche ai –15 °C, ideale da coltivare nei
giardini di campagna con terreno ricco
di humus, ben drenato, umido, di preferenza calcareo o leggermente acido.
Metteteli a dimora in una posizione di
mezz’ombra, in modo che durante l’estate abbiano a disposizione un terreno abbastanza fresco: solo con queste condizioni si naturalizzeranno nel vostro giardino, moltiplicandosi e tornando a sbocciare anno dopo anno.
Per eseguire correttamente l’operazione, interrate il bulbo e la parte bianca
delle foglie, tenendo circa 10 cm di distanza tra l’uno e l’altro. Per un effetto
veramente naturale, piantate i bulbi casualmente, qua e là, evitando di disporli
a ile o secondo schemi geometrici.
Bulbose e tuberose. Se nello scorso autunno non avete messo a dimora bulbi di
tulipani, giacinti, narcisi, muscari (vedi
foto), ecc., acquistate e piantate già a
febbraio bulbi pregermogliati di queste
specie
Lavori
Le rose botaniche, ancora vestite
con bacche rosso-arancio, regalano colore al giardino d’inverno sino al momento della potatura, che non va però
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Giardino
iniziata troppo presto: meglio infatti rimandare questa operazione a metà-ine
febbraio, quando non si temono più gelate prolungate.
Potatura. Nelle zone più meridionali del Paese questo lavoro è già stato eseguito in autunno o viene eseguito ora, in
pieno inverno.
Nelle zone del Centro-Nord per mettersi all’opera occorre invece attendere
metà-ine febbraio, cioè sino a quando
non si prevedono più gelate prolungate;
le potature su legno gelato possono infatti generare pericolose spaccature
ai rami, con conseguente morte degli stessi e deperimento della pianta.
Le potature di metà-fine febbraio
vanno eseguite solo sui rosai rifiorenti; quelli a fioritura unica (che
ioriscono cioè una volta l’anno) e i rosai antichi sono già stati potati a giugno dell’anno scorso ma, se i cespugli si
presentano disordinati, accorciate leggermente i rami più lunghi per dare loro
un aspetto ordinato o arcuateli per stimolarli a ramiicare.
Ecco di seguito alcune regole generali che vanno osservate nel corso della
potatura.
– Eliminate i rami secchi, rotti, esili o
danneggiati e quelli che si intersecano
fra di loro, allo scopo di liberare il centro del cespuglio.
– Rimuovete i polloni selvatici che nascono sotto il punto d’innesto.
– Non eseguite mai una potatura troppo
drastica, accorciando i rami a pochi centimetri dal suolo, poiché potreste causare la morte del rosaio, il risveglio del
portinnesto o la crescita di pochi rami
troppo vigorosi.
– Sugli ibridi di Tea accorciate la vegetazione dell’anno di un terzo, intervenendo sino a 3 gemme sopra il punto di
partenza di ogni ramo principale.
– Nei rosai di varietà floribunda e simili eliminate un quarto dei rami che
hanno iorito.
– Sui rosai ad alberello effettuate la
potatura secondo il tipo di rosaio che è
stato innestato sul portinnesto (ibrido di
Tea, loribunda, ecc.).
– Sui rosai rampicanti, che hanno
rami rigidi e ioriscono sul legno dell’anno precedente, accorciate i rami
principali sino ai germogli nati nell’estate scorsa, che vanno legati ai sostegni il
più possibile paralleli al terreno. Se un
vecchio fusto non produce più nuovi
germogli, tagliatelo alla base per stimolare la pianta a produrne di nuovi.
– Ai rosai sarmentosi, che sono generalmente non riiorenti, sono già stati
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
L’impianto dei rosai a radice nuda
c
1
a
b
1-Dopo aver scavato una buca profonda almeno
60 cm, preparate il fondo con uno strato drenante
di almeno 10 cm di spessore (a), quindi uno strato di letame ben maturo di circa 10 cm e inine di
terra, sempre di circa 10 cm di spessore (b); formate poi un monticello di terriccio al centro (c).
2-Prima della messa a dimora, afinché le radici
aderiscano per bene al terreno, immergetele in una
«pappa» cremosa, composta da terra e da una manciata di concime organico allungati con acqua.
3-Sistemate il rosaio sul monticello di terriccio, stendete per bene le radici e terminate riempiendo la buca di terra arricchita con 2-3 manciate di
cornunghia (concime naturale ad alto titolo di azoto, ottenuto dalla macinazione
di corna e unghie, prodotti di scarto della macellazione degli animali, reperibile
nei più forniti garden center e/o empori agrari); ricordate sempre di lasciare scoperto il
punto d’innesto (vedi freccia) e inine irrigate
eliminati nell’estate scorsa i rami che
hanno portato iori; ora va unicamente
risagomato il cespuglio, allevando i rami a ventaglio o a cascata, accorciandoli se troppo lunghi e disordinati.
– Ai rosai botanici eliminate i rami
rotti e, dal centro dell’arbusto, quelli più
vecchi, tagliandoli alla base; accorciate
poi i rami che danno un aspetto disordinato al cespuglio.
Nuovi impianti. In previsione di
questo lavoro, se non lo avete già fatto
nei mesi precedenti, preparate le buche
d’impianto. Tale operazione va eseguita
quando il terreno non si presenta gelato,
avendo cura di predisporre sul fondo
della buca, soprattutto nei terreni compatti e pesanti, uno strato drenante costituito da sassi e ghiaia grossolana.
Non appena la temperatura si è fatta
più mite e il terreno non è più intriso
d’acqua, si può procedere all’impianto,
dando la precedenza ai rosai a radice
nuda (vedi riquadro riportato in alto nella pagina), reperibili nei vivai specializzati e nei garden center o che avete messo in tagliola in autunno (vedi «i Lavori»
di novembre-dicembre 2010, a pag. 8).
Altri lavori. A gennaio limitatevi a
controllare le legature ai tutori dei rosai
2
3
ad alberello e dei rosai rampicanti e rinnovate la pacciamatura o reintegratela
con compost anche non ancora completamente decomposto (provvederete poi
a interrarlo a marzo con una leggera sarchiatura).
Evitate di togliere le protezioni invernali (riparo con terra del punto di in-
Rosai. La crescita molto rigogliosa delle rose botaniche determina la formazione di cespugli molto itti, con rami
molto intricati. Per questo motivo occorre eseguire ogni 2-3 anni il ringiovanimento dell’arbusto. I rami più vecchi
e/o secchi, riconoscibili per la corteccia
che si sfalda (vedi freccia), vanno eliminati con un taglio netto alla base
9
Giardino
C
D
Parassiti dei rosai. Cocciniglia (2 mm) (C) e cancro corticale (D) su fusto
nesto, copertura dei fusti dei rosai ad
alberello, ecc.) ino a quando la temperatura non si fa più mite e non si temono più gelate.
Interventi itosanitari
Asportate i rami infestati dalla cocciniglia Aulacaspis rosae (foto C), oppure ripulite con cura fusto e rami stroinandoli con una spazzola di saggina. In
alternativa, trattate le piante con olio
bianco-80 (bio, non classificato), alla
dose di 15 millilitri per litro d’acqua.
Dopo la potatura trattate le piante
con poltiglia bordolese-20 (bio, irritante
o non classiicato) o con ossicloruro di
rame-20 (bio, non classiicato) secondo
le dosi indicate in etichetta, in modo da
preservarle da eventuali attacchi degli
agenti del cancro corticale (foto D),
causati da microrganismi fungini come
Coniothyrium fuckelii e Cryptosporella
umbrina.
ARBUSTI E ALBERI
Lavori
Se a gennaio arbusti e alberi si trovano in una sorta di riposo vegetativo, in
febbraio si risvegliano lentamente percependo l’imminente primavera.
Potatura. Nella maggior parte delle
nostre regioni febbraio è il mese in cui si
effettua la «potatura secca», quella cioè
sui rami a riposo e privi di foglie; attendete la metà del mese e anche oltre, se le
temperature si mantengono rigide. Questa operazione va eseguita tuttavia solo
su determinati gruppi di piante e con
modalità diverse; vediamo su quali e come intervenire.
Le piante che ioriscono sulla vegetazione dell’anno (per esempio pero-
10
vskia, buddleia, Spirea bumalda e lagerstroemia) vanno potate drasticamente,
lasciando su ogni ramo 1-2 gemme (o
coppie di gemme), dalle quali si svilupperanno i nuovi rami ioriferi in tarda
primavera-estate.
Le piante che ioriscono in primavera-estate sulla vegetazione dell’anno
precedente (per esempio spirea a iore
bianco, iladelfo, kerria, forsizia, lillà,
Prunus e Malus da iore, magnolia, ecc.)
non vanno per il momento sottoposte a
una vera e propria potatura, pena la perdita di una parte della ioritura; limitatevi a eliminare, se necessario, solo rami
spezzati, deboli o malformati.
Le piante a ioritura invernale (per
esempio calicanto, amamelide, corniolo,
cotogno giapponese, ecc.), che possono
essere ancora in iore in questo bimestre,
vanno potate al termine della ioritura,
eliminando rami deboli, malformati o
rotti. Se necessario si possono effettuare
leggeri tagli di contenimento, accorcianArbusti e alberi. La potatura del
glicine nelle specie orientali (cinesi e giapponesi) si effettua a
metà-ine febbraio con il taglio di
tutti i rami di un anno della chioma lasciando le prime 4-6 gemme
a partire dall’inserzione sul ramo
principale-a. Vanno poi eliminati
i polloni che si sviluppano vicino
alla base del tronco-b o se ne lascerà uno solo-c qualora si desideri allevare un nuovo tronco o
ringiovanire una pianta debole.
Sul tronco si trovano inoltre polloni poco vigorosi ma più ioriferi
che vanno tagliati-d o potati a 3-4
gemme-e (dopo la ioritura debbono essere eliminati totalmente).
Vanno poi eliminati i rami della
chioma più sottili e/o spezzati-f
do leggermente le estremità dei rami
fuori sagoma.
Sui grandi alberi a foglia caduca e
su Magnolia grandiflora effettuate
eventuali potature solo se strettamente
necessario (rami pericolanti, eccessivo
ingombro della chioma, ecc.), incaricando del lavoro personale specializzato,
soprattutto per esemplari di grandi dimensioni.
Potate le Magnolia grandilora aventi forma conica, asportando una parte dei
getti dell’ultimo anno, sino a riportarle in
sagoma. Se le piante hanno perso la forma, poiché non potate da diversi anni, è
anche possibile effettuare un intervento
drastico «al legno»: si accorciano cioè i
rami in maniera crescente, dal basso verso l’alto, ino ad arrivare in punta all’asse centrale, conferendo alla chioma il più
possibile una forma a cono. Questo taglio di ritorno favorirà l’emissione di
nuovi germogli direttamente dal legno
vecchio e, nell’arco di un paio di stagioni vegetative, la pianta ritornerà ad assumere l’aspetto desiderato.
Irrigazione. In caso di andamento
particolarmente secco e ventoso del bimestre, una volta ogni 10-15 giorni effettuate un’irrigazione di soccorso, soprattutto per le specie sempreverdi e per
quelle messe a dimora nello scorso autunno.
Somministrate acqua sempre nelle
ore più calde della giornata, lasciando
asciugare bene il terreno e controllando
che non ristagni attorno al colletto. Se
necessario, smuovete il terreno compattato in prossimità delle piante con una
leggera zappatura.
f
a
a
a
a
a
a
a
a
a
d
b
e
c
b
Prima
Dopo
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Giardino
E
F
Parassiti di arbusti e alberi. Nido larvale di processionaria del pino (E). Bolla su
foglie di pesco ornamentale (F)
Ricordatevi naturalmente di effettuare irrigazioni regolari a tutte le piante
coltivate in vaso, soprattutto se riparate
in ricoveri invernali.
Concimazione. A partire da metà-ine gennaio potete cominciare a somministrare un concime granulare a lenta
cessione (per esempio cornunghia, alla
dose di 80-90 grammi/metro quadrato).
Questo comincerà a decomporsi, rendendosi disponibile nel momento in cui
le piante iniziano a vegetare.
Effettuate preventivamente una leggera zappatura, per arieggiare il terreno
e favorire la penetrazione degli elementi nutritivi a livello delle radici.
Nuovi impianti. Febbraio è il termine
ultimo per la messa a dimora di specie a
foglia caduca, come per esempio querce, aceri, platani e tigli, sia a radice
nuda che in zolla; per l’esecuzione di tale lavoro, vedi il n. 7-8/2011 a pag. 16.
Lavori vari. Il mese di gennaio è caratterizzato da una serie di operazioni
«di sorveglianza».
Controllate sostegni e legature di arbusti (anche rampicanti) e alberi, rinnovandoli e consolidandoli se necessario.
Tagliate appena possibile rami spezzati
e/o pericolanti. Effettuate queste operazioni in una giornata asciutta, soleggiata
e senza vento.
In caso dobbiate abbattere un albero
perché pericolante, assicuratevi che la
specie in oggetto non rientri in una categoria protetta. A riguardo, richiedete informazioni alla stazione del Corpo Forestale a voi più vicina; gli addetti, in caso
di necessità, effettueranno il sopralluogo
e rilasceranno l’eventuale autorizzazione all’abbattimento.
Provvedete a scrollare la neve dai rami in caso di forti nevicate, come già indicato ne «i Lavori» di novembre-dicembre 2011, a pag. 8.
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Controllate l’eficacia delle protezioni (tessuto non tessuto, stuoie e cannicciati) messe in opera nel precedente bimestre e rinnovate, se necessario, lo
strato di pacciamatura intorno al colletto delle piante più delicate. Può essere
che in febbraio, in particolare al CentroSud, si possano avere già alcune giornate più calde, ma non fatevi ingannare e
non togliete le protezioni, poiché l’inverno non è ancora inito.
Provvedete anche a pulire il terreno
da foglie, residui vegetali e rami caduti.
Interventi itosanitari
Se non avete ancora provveduto,
asportate i nidi larvali della processionaria del pino (Thaumetopoea pytiocampa) (foto E). Eventualmente potete
prima ricorrere a un trattamento con formulazioni commerciali di Bacillus thuringiensis var. kurstaki-6,4 (bio, non
classiicato), alla dose di 10 grammi per
10 litri d’acqua; distribuite il prodotto
durante le ore più calde della giornata e
ripetete il trattamento qualora piova nei
successivi 4-5 giorni. I nidi, anche se
non ospitano più le larve, in quanto uc-
Tappeto erboso. Dedicate qualche ora
alla manutenzione del rasaerba, in modo da averlo perfettamente funzionante
la prossima primavera; nella foto, sostituzione della candela
cise da un vostro trattamento, vanno comunque in seguito asportati poiché ricchi di peli urticanti lasciati dalle larve
che causano fastidiose irritazioni cutanee e lesioni oculari. Operate pertanto
con la massima cautela, in assenza di
vento, proteggendovi adeguatamente
con cappello, tuta, guanti, maschera e
occhiali.
Intorno alla metà di febbraio, alla
comparsa delle punte di vegetazione
delle gemme apicali dei rametti dei peschi ornamentali, prevenite eventuali infezioni di bolla (Taphrina deformans)
(foto F) effettuando un trattamento con
bitertanolo-45,5 (non classiicato), alla
dose di 5 millilitri per 10 litri d’acqua,
oppure poltiglia bordolese-20 (bio, irritante o non classiicato) o ossicloruro di
rame-20 (bio, non classiicato), secondo
le dosi indicate in etichetta.
TAPPETO ERBOSO
Lavori
Questo bimestre è il meno impegnativo per la gestione del tappeto erboso.
In questo periodo, soprattutto dopo
forti gelate e in presenza di temperature al di sotto dello zero, evitate di
calpestare il tappeto erboso, così da
non spezzare gli steli d’erba resi fragili
dal gelo, che successivamente ingiallirebbero.
Analoga precauzione va presa in caso di abbondanti piogge o dopo lo scioglimento della neve, al ine di non compattare il terreno e impedire all’aria di
circolare; la carenza di ossigeno nel terreno può provocare infatti asissia e ingiallimento dell’erba.
Non dimenticatevi poi di ripulire la
supericie del prato da foglie, rametti e
detriti eventualmente presenti: la loro
presenza sottrae all’erba la già ridotta
luce solare e può determinare l’insorgenza di malattie di origine fungina.
Questo lavoro non va fatto però in presenza di brina, o comunque in caso di
temperature inferiori allo zero, per i motivi citati poco sopra.
Taglio. In questo bimestre, e soprattutto durante il mese di gennaio, la crescita del tappeto erboso è ridotta al minimo,
a causa non solo delle basse temperature
ma anche per la scarsa quantità di luce.
L’accrescimento dell’erba è perciò
praticamente nullo nelle regioni settentrionali, mentre al Centro-Sud le temperature più miti consentono che vi sia una
ridotta attività vegetativa, in particolare
11
Giardino
nel mese di febbraio. Nel caso si veriichi un minimo accrescimento, verso la
ine di febbraio effettuate il primo taglio: operate solo con erba perfettamente asciutta e con terreno non troppo bagnato. Vi consigliamo di utilizzare un
rasaerba provvisto di cestello di raccolta, in modo da non lasciare nessun residuo sul prato, residuo che potrebbe provocare l’insorgenza di marciumi vari a
carico del tappeto erboso.
Concimazione. Come abbiamo detto, nelle zone più miti del Centro-Sud e
nella seconda metà di febbraio l’erba riprende a vegetare. Effettuate pertanto la
prima concimazione della stagione,
somministrando un prodotto ricco di
azoto, per esempio Floranid Rasen (concime a lenta cessione, titolo NPK 20-58), alla dose di 25-30 grammi/metro
quadrato.
Altri lavori. In questa stagione di relativo riposo è consigliabile dedicare
qualche ora alla manutenzione del rasaerba, in modo da averlo perfettamente
funzionante con la ripresa di un uso regolare in primavera; vedi anche gli articoli pubblicati sui numeri 2/2011 a pag.
37 e 3/2011 a pag. 45.
Effettuate anche la manutenzione e/o
la riparazione degli altri attrezzi utilizzati in giardino, provvedendo a eventuali
acquisti di sostituzione per non trovarvi
impreparati nel momento del bisogno.
Interventi itosanitari
Dopo lo scioglimento della neve il
tappeto erboso costituito da loietto può
manifestare infezioni di marciume rosa
invernale, essenzialmente a opera del
fungo Microdochium nivale (foto G), che
causa la comparsa di macchie circolari
oppure di strisce e cerchi (i cosiddetti
Piante grasse. Specie come le Hoya
devono essere poste nei locali
più luminosi della casa
12
basse temperature: l’importante è garantire l’assenza di umidità stagnante.
Il fatto che le piante siano in un periodo di riposo non signiica che possano
fare a meno delle nostre attenzioni: curate sempre la pulizia e l’igiene dei locali
in cui sono ospitate; ricordate inoltre che
un’attenta sorveglianza è indispensabile
per prevenire molti problemi.
G
Parassiti del tappeto erboso.
Marciume rosa invernale
«cerchi delle streghe») di muffa di colore
rosa o biancastro. Queste manifestazioni
sono in genere precedute, nel tardo autunno e dopo periodi piovosi con successivo innalzamento della temperatura, dalla presenza di funghi con cappello di varia forma di specie diverse.
Le zone colpite vanno trattate con tebuconazolo-4,35 (non classiicato), alla
dose di 5 millilitri per 5 litri d’acqua,
quantità suficiente a trattare 10 metri
quadrati di supericie.
Con l’arrivo della primavera le zone
del tappeto erboso colpite dal marciume
si presenteranno disseccate: vanno
asportate per poi procedere, dopo una
supericiale lavorazione del terreno, a
una nuova semina.
PIANTE GRASSE
Lavori
Le piante grasse in questo periodo
stanno svernando al riparo e all’asciutto.
Per scongiurare l’insorgenza di dannosi
marciumi, assicuratevi che la ventilazione dei locali ove soggiornano sia adeguata.
Veriicate anche che le specie ospitate in casa e più sensibili alle basse temperature, per esempio Euphorbia ,
Monadenium , Pachypodium ,
Epiphyllum, Hylocereus, Hoya,
abbiano la giusta dose di luminosità. Ricordate inoltre che alle temperature tipiche delle abitazioni (18-23 °C) non
smettono di vegetare, per cui saranno
necessarie qualche rara e leggera irrigazione o più frequenti nebulizzazioni, da
effettuare possibilmente con acqua piovana o distillata.
Per le specie più resistenti al freddo,
per esempio Echinopsis, Echinocactus, Ferocactus, Echinocereus,
Trichocereus, Rebutia e Mammillaria, non si dovrà temere il perdurare di
Rinvaso. Da ine gennaio si possono
riprendere i rinvasi: in previsione di questo lavoro iniziate a procurarvi il materiale occorrente.
Per il terriccio conviene acquistarne
e/o prepararne un quantitativo abbondante, per far fronte anche a rinvasi
d’emergenza. Se desiderate prepararlo
da voi in casa, una miscela adatta alla
maggior parte delle specie si ottiene mescolando 1/3 di sabbia di iume non calcarea, 1/3 di pozzolana o lapillo (oppure
pomice) e 1/3 di terra di giardino.
Le piante grasse necessitano di un
terriccio ben drenante e per veriicare
che la miscela che avete preparato presenti questa caratteristica, stringetene
nel pugno una manciata, poi aprite la
mano: se il terriccio non rimane compatto, avete fatto un ottimo lavoro.
Quanto ai contenitori, è importante sceglierli tenendo conto dell’apparato radicale della pianta da rinvasare.
Vanno sempre evitati vasi sovradimensionati: il nuovo contenitore
deve sì contenere comodamente le radici, ma il terriccio circostante non dovrà
mai occupare uno spazio superiore a 2-3
centimetri.
Interventi itosanitari
Nessun intervento itosanitario è necessario in questo bimestre.
PIANTE D’APPARTAMENTO
Lavori
Siamo in pieno inverno e le nostre
piante sono al riparo in casa, al caldo,
ma non sempre nelle condizioni ideali.
La luce è essenziale per la fotosintesi e quindi deve essere quanto meno suficiente. La posizione migliore è davanti a una inestra, ma già a 2 metri da essa la luce può non essere suficiente: in
caso le nuove foglie crescono piccole, di
colore verde chiaro e poi cadono; i nuovi fusti si sviluppano esili e deboli. Le
piante che soffrono di più per questa situazione sono quelle che hanno bisogno
di molta luce, come Cyperus alterniSUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Giardino
1
Intervenite quando il terriccio del vaso
inizia ad asciugarsi, mai prima: correreste il rischio di far marcire le radici.
Le Bromeliacee – come bilbergia,
aechmea (1) e guzmania (2) –, che
hanno la caratteristica di avere le foglie
centrali riunite in una sorta di «rosetta» allo scopo di trattenere acqua, si bagnano
inserendo il beccuccio dell’innafiatoio
proprio all’interno della rosetta; qui l’acqua deve essere sempre presente, ma una
volta al mese è bene sostituirla (per farlo,
semplicemente si capovolge la pianta).
Irrigate preferibilmente con acqua
piovana: in questo periodo, solitamente
abbastanza piovoso, la sua raccolta non
dovrebbe costituire un problema.
Concimazione. Al Nord sospendete
le concimazioni per tutto il bimestre;
nelle regioni meridionali, invece, potete
riprenderle verso la fine di febbraio,
quando, aumentando la luminosità, le
piante saranno stimolate a riprendere la
crescita.
Interventi itosanitari
2
Piante d’appartamento. Piante come
aechmea (1) e guzmania (2), che hanno
le foglie centrali riunite in una sorta di
«rosetta» allo scopo di trattenere acqua,
si bagnano inserendo il beccuccio dell’innafiatoio proprio all’interno della
rosetta
folius , Ficus benjamina , Ficus
elastica, Yucca elephantipes, ecc.:
avvicinate perciò le piante, se possibile,
a una inestra o aprite i tendaggi nelle
ore più luminose del giorno.
Tenete poi presente che le piante con
foglie variegate, per esempio Croton
variegatum, richiedono più luce rispetto a quelle con foglie completamente verdi: se la luce è insuficiente le variegature sbiadiscono.
Anche l’umidità dell’aria è piuttosto
bassa rispetto alle esigenze delle piante.
Ponete quindi i classici contenitori con
acqua sui termosifoni e/o nebulizzate le
foglie, anche tutti i giorni, utilizzando
un comune vaporizzatore con acqua a
temperatura ambiente.
Irrigazione. Altro elemento importante per il benessere delle piante d’appartamento è l’acqua, che in questo periodo va somministrata con parsimonia,
per non provocare dannosi marciumi.
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Dopo ogni irrigazione provvedete a
eliminare l’acqua che è rimasta nei sottovasi onde evitare lo sviluppo di marciumi basali causati da Rhizoctonia solani e Fusarium oxysporum.
Nel caso si presentino infestazioni di
cocciniglie farinose (Planococcus citri
e Pseudococcus longispinus) e di cocciniglia piatta degli agrumi (Coccus hesperidum), rimuovetele con l’ausilio di
un batuffolo di cotone imbevuto di acqua e sapone di Marsiglia (10 grammi di
scaglie di sapone per 1 litro d’acqua) nel
caso si tratti di pochi individui; se l’infestazione è più diffusa trattate le piante
con formulazioni di imidacolprid-0,12
(non classiicato) pronte in contenitore a
spruzzo.
A cura di: Valentina Povero e Tullio
Destefano - Vivaio L’erbaio della Gorra (Lavori: Piante annuali); Andrea
Corneo - Società italiana della Camelia (Lavori: Piante acidoile); Francesca Trabella (Lavori: Bulbose e tuberose); Anna Furlani Pedoja (Lavori:
Rosai); Francesca Moscatelli (Lavori:
Siepi, Arbusti e alberi); Virgilio Piatti Fondazione Minoprio (Lavori: Tappeto
erboso); Vanda Del Valli (Lavori: Piante grasse); Danilo Bitetti (Lavori: Piante d’appartamento); Aldo Pollini (Interventi itosanitari: Piante annuali - Piante
acidoile - Bulbose e tuberose - Rosai Arbusti e alberi - Tappeto erboso - Piante grasse - Piante d’appartamento).
13
ECO PLUS
INFORMAZIONE PUBBLICITARIA
il cuore verde
di BRIGGS
& STRATTON
Briggs & Stratton è il più grande costruttore al mondo di piccoli motori a 4 tempi
raffreddati ad aria. Da oltre cento anni Briggs & Stratton fornisce i suoi motori per
tosaerba, trattorini, rompizolle funzionanti a benzina.
La sua attenzione si rivolge all'ambiente come priorità assoluta, a testimonianza di
una grande sensibilità e rispetto verso la natura.
Facendo fronte alle nuove esigenze espresse dagli utilizzatori, Briggs & Stratton ha
introdotto sul mercato europeo la nuova linea di motori ECO PLUS TECHNOLOGY, a
ridotto impatto ambientale, appositamente studiata per abbattere le emissioni nocive
ben al di sotto di quanto stabilito dalle normative europee in vigore.
I nuovi motori ECO PLUS TECHNOLOGY di Briggs & Stratton
si caratterizzano per due fondamentali aspetti:
• La riduzione del livello di evaporazione di benzina di oltre il 60%.
• La riduzione dei gas nocivi di scarico del 25% rispetto a quanto stabilito nella normativa
europea European Standard 97/68/EC e 2004/26/EC.
Questa importante novità è disponibile nei motori ad albero verticale per rasaerba della nuova E-series,
per i modelli 550EX, 650EX, 750EX e 850EX.
La tecnologia ECO PLUS consiste in serbatoi, linee di alimentazione e tappi
benzina studiati in maniera specifica per limitare le evaporazioni di benzina. Ne
derivano motori di assoluto ridotto impatto ambientale, e a sempre maggiore
tutela della salute dell'utilizzatore.
Ma anche l'utilizzatore può contribuire alla riduzione delle emissioni attraverso
la corretta manutenzione e l'utilizzo di ricambi originali Briggs & Stratton, per
mantenere inalterate le prestazioni del motore in termini di emissioni e potenza e
per garantirgli maggiore longevità.
Una volta effettuata la regolare manutenzione a fine stagione, alcuni semplici
accorgimenti si possono rivelare molto utili per proteggere il tuo rasaerba dal
freddo e dal lungo riposo invernale.
Ecco la checklist di Briggs & Stratton per non avere brutte sorprese in Primavera.
Benzina e olio
• Riempi il serbatoio di carburante prima di mettere a riposo la macchina: questo preverrà condense di umidità,
ruggine e depositi.
• Prima di riempire il serbatoio aggiungi al carburante «l'additivo Benzina Briggs & Stratton» (Fuel Fit), poi accendi
il motore per un paio di minuti per permettere all’additivo di circolare per il carburatore.
Lo stabilizzatore di benzina preverrà la formazione di depositi nel sistema di carburazione.
• Cambia l’olio e il filtro olio, se presente, quando il motore è ancora caldo.
Batteria
• Disconnetti il cavo positivo e negativo dai terminali della batteria, quindi rimuovi la batteria e mantienila
in un luogo fresco e secco.
• Pulisci i terminali della batteria e ricoprili con l’apposita protezione.
Pulizia
• Non dimenticare di pulire il motore ed il tuo rasaerba dai detriti prima di metterlo a riposo.
• Una volta staccata la pipetta della candela dal motore, utilizza una gomma da giardino per eliminare
tutti i residui di erba dalla chiocciola del rasaerba.
Un impegno, quello di Briggs & Stratton
per l’ambiente, che rappresenta il cardine
di tutta la filosofia aziendale
Orto
Se nei testi di questa rubrica trovate
delle parole che vi riescono di dificile comprensione, utilizzate il «Vocabolario illustrato dei termini dificili» allegato al n. 2/2011. (Red)
ORTAGGI
Lavori
In gennaio i lavori nell’orto, almeno
nell’Italia settentrionale e in diverse zone del Centro e del Sud (collina e montagna), sono fermi o quasi perché di solito le condizioni del tempo sono sfavorevoli a qualsiasi attività e perché il terreno si presenta eccessivamente bagnato
e/o gelato oppure coperto di neve.
Solo se l’andamento stagionale lo
consente, procedete alla concimazione
organica e alla vangatura delle aiole
non ancora lavorate, specialmente se
avete terreni pesanti e/o compatti; per
distribuire il letame impiegate una forca
a tre punte, per il compost un badile. Per
la vangatura utilizzate una vanga adatta
al vostro tipo di terreno: a cuore se pesante, a lama rettangolare se tendente allo sciolto. Se avete un suolo particolarmente compatto o di dificile lavorazione (sassoso), può risultare molto utile
l’uso dell’apposito forcone.
Concimate con letame o compost le
aiole in cui avete terminato la raccolta,
riservandole poi a colture che meglio lo
sfruttano, come anguria, cetriolo, melanzana, melone, peperone, pomodoro,
zucca e zucchino. Adoperate solamente
letame o compost ben maturi e, come regola generale, non lasciateli in supericie, ma interrateli nello strato lavorabile
del suolo.
Non disponendo di letame o compost
potete impiegare quello concentrato-es-
Vangatura delle aiole. Se le condizioni
metereologiche lo permettono, procedete alla concimazione organica e alla
vangatura delle aiole
siccato, che si trova facilmente confezionato in sacchi presso empori agrari e garden center.
Proseguite la raccolta di ortaggi resistenti al freddo caratteristici del periodo,
come cavoli, radicchi e porri.
Completate il piano di attività per
l’annata produttiva che si sta aprendo:
per rendere più razionale l’utilizzo della
supericie dell’orto prevedete le colture
da attuare sia in primo che in secondo
raccolto aiutandovi con un progetto su
carta.
Se non lo avete già fatto, acquistate
le sementi di cui avete bisogno presso i
rivenditori più forniti della vostra zona
e/o per corrispondenza da ditte di
provata professionalità.
Ultimate i lavori di riordino e
manutenzione di attrezzi e materiali,
in modo da avviare la nuova stagione
di coltivazione con tutte le attrezzature necessarie in perfetta eficienza.
Controllate con frequenza gli ortaggi conservati in magazzino (patate, cipolle, aglio, zucche) così da eliminare
prontamente quelli guasti o avariati, dato che i marciumi potrebbero diffondersi anche a quelli sani.
Da febbraio iniziate invece l’attività
vera e propria perché molte colture a
raccolta primaverile-estiva prendono
l’avvio durante questo mese anche in
piena aria (in Pianura Padana le semine
in pieno campo in genere iniziano con
metà di febbraio). Dovete perciò impegnarvi con sempre maggiore assiduità,
specialmente per preparare il terreno dove eseguirete le semine e alcuni trapianti. Per i lavori di sistemazione degli strati supericiali del suolo adoperate zappe per rompere le zolle più grosse, mentre per riinire le aiole usate il rastrello, che deve avere denti robusti se il
terreno è pesante. Molto utile per sminuzzare il suolo risulta essere l’estirpatore, che potete usare prima di impiegare il rastrello.
Durante il mese di febbraio però è
quasi una regola che vi sia un andamento climatico alterno, cioè con periodi freddi a cui possono seguire diverse
giornate serene, soleggiate e non di rado ventose. Qualora il tempo fosse poco favorevole, rinviate semine e trapianti
per non correre il rischio che le colture falliscano già dall’inizio e si
debbano quindi ripetere le operazioni
sprecando tempo e denaro.
Se alla ine dei lavori di preparazione
del terreno minacciasse di piovere, rico-
Come preparare le aiole per la semina
A
B
C
D
A-Rompete le zolle con una zappa. B-Riinite gli strati più supericiali del terreno a mezzo di ripetute rastrellature. C-Se
volete una supericie più liscia e piana ripassate il suolo con il dorso di un rastrello. D-Per seminare a righe con maggior
precisione impiegate un segnarighe
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
15
Orto
Aglio. Da ine febbraio riprendete il
trapianto dei piccoli bulbi. Pulite e concimate le aiole nelle quali avete trapiantato in autunno questo ortaggio. Con una
zappa o con un piccolo estirpatore rompete la crosta superficiale del terreno
formatasi durante il periodo invernale.
Anguria (cocomero). Verso la metà
di febbraio, o anche prima, seminate
l’anguria in vasetti o contenitori alveola-
ti, da collocare in un ambiente luminoso
riscaldato o in una doppia inestra, per
ottenere piantine con pane di terra da
trapiantare sotto ampi tunnel a ine marzo-primi di aprile.
Per colture precoci vengono impiegate varietà tipo Sugar Baby e Asahi miyako, quest’ultima a frutto striato. Si
stanno diffondendo anche varietà con
frutti di piccole dimensioni (1,5-2,5 kg,
come per esempio Yellow cutie a polpa
gialla) e con piante di sviluppo più contenuto, adatte anche alla coltura protetta.
Asparago. In gennaio, se coltivate
l’asparago bianco, iniziate in pieno campo la formazione delle aiole sopraelevate
(cumuli), ma solo se il terreno è asciutto
e l’andamento stagionale lo permette. Per
sminuzzare gli strati più supericiali del
suolo impiegate un estirpatore oppure
una zappa: operate con delicatezza per
non ferire le zampe. Quando predisponete i cumuli, dato che dovete spostare molta terra, adoperate invece un badile; per la
riinitura dei cumuli usate il rastrello.
Tanto per l’asparago verde quanto
per quello bianco coprite eventualmente le colture, o parte di esse, con tunnel
di piccole dimensioni (1-1,20 m di larghezza per 1-1,20 m di altezza) verso la
ine di gennaio-primi giorni di febbraio,
o prima nelle zone in cui le probabilità
di nevicate sono scarse. Se prima di
installare i tunnel non siete riusciti
a preparare il terreno, fatelo asciugare, arieggiando il più possibile le protezioni, e solo poi procedete alla formazione delle aiole.
In febbraio, terminata la preparazione
delle aiole, predisponete sulle colture di
asparago bianco la pacciamatura con teli plastici neri (dello spessore di almeno
0,10 mm) per diminuire il numero delle raccolte (quindi razionalizzare questo
Ortaggi sotto tunnel. Durante il mese di
febbraio eseguite i primi trapianti di lattuga a cappuccio utilizzando piantine
con pane di terra
Aglio. Da ine febbraio riprendete il trapianto dei piccoli bulbi. Per eseguire razionalmente questo lavoro utilizzate un
listello di legno
Ne «i Lavori» e nei calendari in
genere che vengono pubblicati
su Vita in Campagna ci si riferisce al clima della Pianura Padana (0). Orientativamente i lettori
delle zone a clima più mite possono anticipare le pratiche colturali ino a 25-30 giorni (Sicilia
–25/30).
In ogni caso queste indicazioni
vanno prese in modo molto elastico; per esempio il pisello che
in Pianura Padana si può seminare da metà febbraio, in tutte le
zone miti del Meridione può venir messo a dimora anche in pieno inverno
prite le aiole con teli di materiale plastico; le scoprirete subito prima di eseguire semine e trapianti.
Per agevolare la germinazione e, in
seguito, proteggere le piantine appena nate o nelle prime fasi di sviluppo,
potete stendere sulle aiole un velo di tessuto non tessuto: è un’operazione senza
dubbio da raccomandare.
In febbraio, in Pianura Padana, proseguite la raccolta in pieno campo di
cavoli (soprattutto verza), porri e radicchi tardivi.
Ortaggi sotto tunnel. In gennaio
aprite le protezioni nelle ore più calde
delle giornate soleggiate, in modo che la
vegetazione si asciughi e non vi sia uno
sbalzo troppo forte tra le temperature
del giorno e quelle della notte.
Qualora fosse necessario irrigare, è
opportuno adoperare acqua a temperatura ambiente (tenete sotto le protezioni
dei contenitori sempre pieni) e in quantità molto limitate.
Sotto le protezioni non riscaldate effettuate le semine come indicato nella
tabella di pag. 18 e iniziate i lavori di sistemazione delle aiole in cui eseguirete
i trapianti di febbraio e di marzo.
Se nevicasse sgomberate il più presto
possibile la neve dalle protezioni per
evitare danni alle strutture, ai teli di copertura e agli ortaggi.
In febbraio controllate di continuo le
colture aumentando gli arieggiamenti
man mano che aumentano le ore di luce
e le temperature giornaliere.
Irrigate più di frequente rispetto a
gennaio, adoperando sempre però acqua a temperatura ambiente e in modeste quantità.
16
(Turin Garden - Vietti)
Le fasce climatiche del nostro Paese
Continuate i lavori di preparazione
delle aiole ed eseguite i primi trapianti
(lattuga a cappuccio) utilizzando piantine con pane di terra.
Iniziate o continuate la raccolta di
lattuga da taglio, radicchio da taglio e da
cogliere, valerianella e rucola. Se a settembre-ottobre dello scorso anno avete
seminato e protetto il prezzemolo, potete raccoglierlo purché sia sufficientemente sviluppato.
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Orto
lavoro) e ottenere turioni completamente bianchi.
Se volete mettere a dimora una nuova asparagiaia potete iniziare gli impianti da ine febbraio utilizzando zampe, o aspettare metà maggio se preferite
ricorrere a piantine con pane di terra,
prenotandole in da ora presso i vivaisti
più riforniti (vedi anche gli articoli pubblicati sui n. 9, 10 e 11/2001).
Bietola da coste e da orto. Da metà febbraio in poi seminate in piena aria,
possibilmente a righe.
Carciofo. Nelle regioni più calde del
Sud, dove generalmente si coltivano le
varietà precoci del tipo «Catanese» e dove viene praticata la forzatura (cioè il risveglio anticipato della carciofaia mediante regolari irrigazioni), nel mese di
gennaio la raccolta dei capolini principali è terminata. In questo periodo vengono
raccolti i cosiddetti «carcioini», propriamente detti carcioi di corona o di terzo e
quarto taglio, destinati quasi sempre alla
preparazione di conserve.
Nelle carciofaie non sottoposte alla
pratica della «forzatura» e in quelle situate nelle zone più fredde è possibile
raccogliere i capolini principali. Nelle
coltivazioni che interessano piccole superici la raccolta si esegue a mano quando il gambo si è notevolmente allungato,
i carcioi hanno raggiunto le dimensioni
tipiche della varietà e le brattee (foglie
modiicate) risultano ben chiuse. Ritardando il taglio dei capolini si assiste a
un aumento della loro dimensione; di
contro le brattee esterne tendono ad
aprirsi, mentre quelle interne, oltre a virare dal giallo paglierino al violetto, iniziano a emettere le spine; col passare del
tempo inizia a differenziarsi il pappo
(iniorescenza) e il ricettacolo da concavo diventa convesso, assumendo la for-
Carciofo. A gennaio raccogliete i cosiddetti «carcioini» (carcioi di corona o di
terzo e quarto taglio) e destinateli alla
preparazione di conserve
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Come attirare gli insetti utili nell’orto
Al ine di limitare, per quanto possibile, gli interventi itosanitari, attiriamo nell’orto insetti che,
per le loro abitudini alimentari, si dimostrano utili nel tenere sotto controllo i parassiti animali degli ortaggi. Ecco come fare. Lasciate nell’orto alcune piante di cavolo broccolo e di cavoliore,
anche nel caso abbiate già raccolto le «teste». Dal
moncone rimasto in campo si svilupperà comunque un’iniorescenza che attirerà nel mese di aprile coccinelle, siridi e parassitoidi degli aidi (vedi
anche i nn. 4, 5 e 7-8/2011); per un orto di 100
metri quadrati A
di supericie sono suficienti 5-6 piante. Nel caso
abbiate bisogno di coltivare l’aiola nella quale si
trovano, raccogliete le piante con abbondante pane di terra e spostatele in un angolo dove non vi
siano d’impiccio. In alternativa a ine febbraio seminate bordure di rafano (A) o di senape bianca
(B) che, iorendo tra aprile e maggio, svolgeranno
la stessa funzione. Entrambe le operazioni sono
utili per contrastare i primi attacchi di aidi su zucchino, peperone, melanzana, patata, cetriolo, melone, anguria e zucca, che normalmente si veriiB
cano tra aprile e maggio. (Luca Conte)
ma di un fungo. Per la raccolta si ricorda di eseguire un taglio obliquo («a becco di flauto») asportando 5-10 cm di
gambo, in modo da lasciare sulla pianta
le foglie più giovani; i capolini secondari, invece, è preferibile raccoglierli
senza gambo, eseguendo un taglio nel
punto di inserzione del carciofo sullo
stelo.
Nelle carciofaie costituite da varietà
tardive del tipo «Romanesco», non entrate ancora in produzione, occorre rimuovere supericialmente il terreno in prossimità delle piante, servendosi di una zappa o di un erpice a seconda della supericie da lavorare. Questa operazione si deve effettuare quando il terreno presenta il
giusto grado di umidità, per evitare di
compattarlo in prossimità delle radici
delle piante. Tale lavorazione supericiale serve a eliminare le erbe infestanti che
si sviluppano in autunno-inverno e a interrare il concime. Infatti a ine febbraio
si esegue la concimazione distribuendo la
terza dose d’azoto (la prima e la seconda
dose sono state somministrate rispettivamente in agosto e in settembre) sotto forma di nitrato ammonico-26, nella quantità di 10 grammi per metro quadrato.
A partire da metà febbraio si può eseguire la scarducciatura (eliminazione
dei carducci superlui) di ine inverno.
Generalmente, alla base di ogni pianta,
vengono lasciati solo i carducci più vigorosi (non più di 3-4) in relazione alla
fertilità del terreno e al sesto d’impianto: distanze maggiori di un metro sulle
ile permettono di allevare un maggior
numero di carducci. Per procedere all’eliminazione dei carducci si rende necessaria un’operazione preliminare che
consiste nel liberare il pedale (base) della pianta dalla terra, in modo che il rizoma (fusto rizomatoso, comunemente
detto ceppaia o ceppo) sul quale si inseriscono i carducci venga a trovarsi a ior
di terra. Con un coltello afilato, o una
piccola zappa, si eliminano i carducci,
badando che a quelli destinati a un nuovo impianto rimanga attaccato un frammento della pianta madre (tallone).
I carducci eliminati possono avere diversi utilizzi a seconda delle esigenze:
quelli migliori si possono usare per l’impianto di una nuova carciofaia (in questo
caso si consiglia di posticipare l’operazione di scarducciatura al mese di marzo, in modo da garantire un migliore
attecchimento delle piantine), mentre
quelli meno vigorosi, o malformati, si
possono impiegare in cucina utilizzando
la parte centrale della foglia e scartando
la lamina (la parte verde).
Carota. Da metà febbraio seminate
in pieno campo. È consigliabile che seminiate a righe, perché in seguito sarete
facilitati nell’esecuzione di tutti i lavori
di coltivazione.
Catalogna. Nelle zone più miti potete iniziare o continuare la raccolta di que-
17
Orto
sto ortaggio seminato in autunno ed eventualmente protetto nei precedenti mesi.
Cavolfiore. Sia in gennaio che in
febbraio raccogliete questo cavolo, ma
solo in località a clima mite.
Cavolo broccolo. Sia in gennaio che
in febbraio procedete alla raccolta delle
varietà invernali.
Cavolo cappuccio. Sia in gennaio
che in febbraio raccogliete questo cavolo, ma solo in località a clima mite.
Cipolla. A ine febbraio mettete
a dimora le piantine ottenute
dai semenzai autunnali
Le semine di gennaio e febbraio in coltura protetta
(in Pianura Padana, per le altre zone d’Italia si veda la cartina a pag. 16)
Durata
Quantità
Periodo
Ortaggio
di seme della coltura
giorni [1]
g/m2
Mese di gennaio
Cetriolo (n. semi/vasetto) [2] [4]
Seconda
Melone precoce (n. semi/vasetto) [2] [4]
metà
del mese Pomodoro [3] [4]
Basilico [3] [4]
Tutto
Cicoria da taglio
il mese
1-2
1-2
0,8-1,2
70-110 (150)
80-115
80-130 (180)
0,5
7-8
0,3-0,4
8-10
1,2-1,5
1,5-2,0
1,5-2,5
0,5-1,0
1,5-2,0
60-120 (150)
60-80 (150)
70-100
50-80
150-240
170-240
25-40 (70)
40-70 (90)
70-90 (150)
Pomodoro [3] [4]
Sedano [3] [4]
0,5
1,2-1,5
1,5-2,0
0,8-1,2
0,2-0,3
60-120 (150)
150-240
170-240
80-130 (180)
90-130 (150)
Seconda
metà
del mese
Basilico [3]
Lattuga a cappuccio primaverile [3]
Melanzana [3]
Peperone [3]
Pomodoro [3]
Sedano [3]
0,5
0,3-0,4
1,2-1,5
1,5-2,0
0,8-1,2
0,2-0,3
60-120 (150)
70-100
150-240
170-240
80-130 (180)
90-130 (150)
Tutto
il mese
Anguria (cocomero) (n. semi/vasetto) [2] [4]
Cetriolo (n. semi/vasetto) [2] [4]
Melone (n. semi/vasetto) [2] [4]
Zucchino (n. semi/vasetto) [2] [4]
1-2
1-2
1-2
1-2
90-120
70-110 (150)
80-115
60-70 (90)
Lattuga a cappuccio [3] [4]
Lattuga da taglio
Melanzana [3] [4]
Peperone [3] [4]
Ravanello
Rucola
Valerianella
Mese di febbraio
Basilico [3] [4]
Prima
Melanzana [3] [4]
metà
del mese Peperone [3] [4]
[1] Numero approssimativo di giorni che vanno dalla semina (germinazione del seme) alla raccolta. I dati tra parentesi riguardano specialmente le colture che si attuano in condizioni non ottimali o che devono trascorrere nel terreno la stagione autunno-invernale.
[2] Quantitativo per semine in cassettine di polistirolo di 30x50 cm circa. Si può eseguire la semina direttamente in contenitore alveolato (basilico: 5-8 semi per alveolo; lattuga, melanzana, peperone, pomodoro: 1 seme per alveolo oppure 2 tenendo, dopo la germinazione, la piantina migliore) senza poi effettuare il trapianto (rimpiolatura) nei contenitori stessi. Per il sedano invece, data la dimensione dei semi, è più conveniente la semina in cassettina e il successivo trapianto in contenitore. [3] Semina in vasetti o contenitori simili. [4] Vasetti o contenitori alveolati da porre in un ambiente luminoso riscaldato o
in una doppia inestra.
18
Nella seconda quindicina di febbraio
seminate varietà primaverili-estive in
contenitori alveolati da riparare con tessuto non tessuto per produrre piantine
con il pane di terra.
Cavolo di Bruxelles. Sia in gennaio
che in febbraio procedete alla raccolta
delle varietà invernali.
Cavolo verza. Tanto in gennaio che
in febbraio raccogliete le varietà invernali di questo ortaggio.
Cetriolo. Verso la ine di gennaio seminate questo ortaggio in vasetti o contenitori alveolati – da collocare in un
ambiente luminoso riscaldato o in una
doppia inestra – per ottenere piantine
con pane di terra da trapiantare sotto
ampi tunnel a ine marzo. Varietà adatte
alla coltura protetta sono Tastygreen,
Saladin, Southern delight.
Cicoria. Fino a metà gennaio seminate le varietà da taglio e da cogliere solo sotto protezione; nelle seconda metà
del mese iniziate le semine in pieno
campo. Anche in questo caso potete aiutare e accelerare la germinazione stendendo sulle aiole veli di tessuto non tessuto. Iniziate o continuate l’utilizzo delle varietà da taglio e da cogliere seminate in pieno autunno e protette in precedenza.
Cipolla. Da metà febbraio potete seminare tanto in semenzaio, o in contenitore alveolato, che in pieno campo sia la
cipolla bianca che colorata (varietà estive). A fine mese mettete a dimora le
piantine ottenute dai semenzai autunnali (soprattutto varietà precoci di cipolla
bianca per la raccolta a ine primaverainizio estate).
Pulite e concimate in copertura le
aiole nelle quali avete trapiantato in autunno. Con una zappa o con un piccolo
estirpatore rompete la crosta supericiale del terreno che si fosse formata durante il periodo invernale.
Cipolline. Dalla seconda metà di febbraio potete iniziare la semina in pieno
campo pure delle cipolline; anche in questo caso è consigliabile la semina a righe.
Se per dare l’avvio alle colture impiegate piccoli bulbi, iniziate con cautela il
loro trapianto; rinviate la messa a dimora
in caso di andamento stagionale freddo.
Fragola. In questo periodo pulite le
piante dalle foglie vecchie e dagli stoloni (cioè i fusti striscianti che produce la
pianta). Diradate i germogli, specialmente sulle piante di due o tre anni, laciandone al massimo 3, altrimenti la ioritura sarà troppo abbondante e i frutti
che si formeranno non solo non raggiungeranno le dimensioni caratteristiche
della varietà coltivata, ma le loro qualità
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Orto
Progetto di coltivazione di un orto familiare di circa 100 m2
a cura di Alberto Locatelli
Vi proponiamo il progetto di coltivazione di un orto familiare di circa 100 m2, adatto alle esigenze di una famiglia
di quattro persone. Ogni bimestre aggiorneremo il progetto indicando in quale fase si trovano le colture considerate.
Questo progetto riguarda il primo anno di una rotazione triennale (2012-2013-2014).
L’orto è formato da 10 aiole e la situazione di riferimento è la Pianura Padana;
per le altre zone d’Italia si veda la cartina geograica riportata a pag. 16
Per le possibili alternative consultate le tabelle delle semine e dei trapianti nonché i testi delle singole colture.
E
N
Come si presenta l’orto a fine gennaio
S
1
1 Lattuga - radicchio da taglio - rucola
2
Porro
2
Cipolla
bianca
43 Aglio
Porro
Cipolla
bianca
3 Aglio
4
Cipolla
colorata
da coste
4 Bietola
e da orto
Fragola
Fragola
5
m 11,80
5
7
m 1,00
Valerianella - Rucola
6 Ravanello
Cavolo verza
Lattuga e radicchio da taglio
Valerianella - Rucola
6 Ravanello
Carota
7 Pisello
8
Lattuga e radicchio da taglio
m 0,20
8
Come si presenta l’orto a fine febbraio
O
9 Spinacio
Radicchio da cespo
10
9
10
m 8,00
m 8,00
Stadio prevalente della coltura.
= semina;
= trapianto;
= in fase di raccolta;
= ortaggio in coltura protetta;
= aiola libera in attesa di coltivazione.
I disegni a colori rappresentano i singoli ortaggi in fase di coltivazione
gustative potranno risultare deludenti.
Togliete le piante infestanti che si fossero sviluppate nei fori praticati nella
pacciamatura realizzata con teli plastici
scuri (in alternativa si può usare paglia).
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Potete già installare piccoli tunnel almeno su una parte della supericie coltivata per ottenere produzioni più precoci
e avere quindi un periodo di raccolta più
lungo. Nelle località in cui nevica spes-
so valutate se è opportuno o meno ricoprire molto anticipatamente le aiole con
i tunnel. In ogni caso, se nevicasse,
sgomberate rapidamente le protezioni
dalla neve. Solo per prova potete copri-
19
Orto
Le semine di febbraio in piena aria
(in Pianura Padana, per le altre zone d’Italia si veda la cartina a pag. 16)
Durata
Quantità
Periodo
Ortaggio
di seme della coltura
giorni [1]
g/m2
Mese di febbraio
Bietola da costa
Seconda
Bietola da orto
metà
del mese Carota
Cavoli cappucci primaverili-estivi [2]
Cicoria da taglio
Cipolla bianca (pieno campo)
Cipolla colorata (semenzaio) [3]
Cipolla colorata (pieno campo)
Cipolline
Lattuga da taglio
Pisello
Prezzemolo
Ravanello
Rucola
Spinacio
Valerianella
1,5-2,5
60-80 (210)
1,5-2,5
70-110
0,5-1,0 100-140 (240)
1,5-2,5
100-120
6-8
60-80 (150)
0,5-1,0 120-210 (240)
3,5-5,0
140-180
0,5-1,0
140-180
4-8 (10)
120-150
6-10
50-80
10-20
60-150
2,5-3,5
70-110 (210)
1,5-2,0
25-40 (70)
0,5-1,0
40-70 (90)
2-4
70-90 (180-210)
1,0-1,5
70-90 (150)
[1] Numero approssimativo di giorni che vanno dalla semina (germinazione del seme) alla raccolta. I dati tra parentesi riguardano specialmente le colture che si attuano in condizioni non ottimali o che devono trascorrere nel terreno la stagione invernale. [2] Quantitativo per semine in cassettine di polistirolo di 30x50 cm circa. Si può eseguire la semina direttamente in contenitore alveolato collocando 2 semi per alveolo e tenendo, dopo la
germinazione, la piantina migliore. [3] Pur essendo ancora valida la produzione di piantine di cipolle e porri in semenzaio, per semplicità è consigliabile seminare in contenitore
alveolato come indicato per il cavolo cappuccio
re una parte delle aiole con tessuto non
tessuto per veriicare la sua validità anche su questa coltura.
Se non lo avete già fatto in precedenza, lavorate il terreno qualora abbiate intenzione di eseguire impianti già da ine
inverno (di solito varietà riiorenti). Pulite anche aiole e piante di fragola a frutto piccolo (D’ogni mese, fragoline di
bosco, ecc.).
Lattuga a cappuccio. Seminate in
gennaio in vasetto o contenitori alveolati – da collocare in un ambiente luminoso riscaldato o in una doppia inestra
– per ottenere piantine con pane di terra
da mettere a dimora in febbraio sotto tunnel non riscaldato.
Orientatevi su tipi che non formano
un cespo compatto, ma che si possono
adattare egregiamente alla coltivazione
sotto tunnel di limitate dimensioni e che
si coltivano con tecnica simile a quella
della lattuga a cappuccio. Tra tutte è da
preferire la Gentilina (a foglie verdi), ma
sono interessanti pure Salad bowl, Lollo
bionda (a foglie verdi), Red salad bowl,
Lollo rossa (foglie rosse). Tutte queste
varietà e loro selezioni vengono impiegate sia come tipi «da taglio» che «da cogliere» (si raccoglie cioè completamente
la pianta in varie fasi di crescita).
20
Seminate in febbraio le varietà primaverili in contenitori alveolati da porre sotto piccoli tunnel, al ine di ottenere
piantine con pane di terra da trapiantare
in pieno campo.
Lattuga da taglio. Seminate da gennaio a metà febbraio solo sotto protezione. Non eseguite le semine se la stagione
si presenta particolarmente fredda e perturbata. Da metà febbraio iniziate a seminare in pieno campo se il tempo lo
consente. Proteggete le aiole seminate
con veli di tessuto non tessuto. Raccogliete sotto tunnel.
Melanzana. Seminate in gennaio in
vasetto o contenitori alveolati – da collocare in un ambiente luminoso riscaldato o in una doppia inestra – per ottenere piantine con pane di terra da trapiantare sotto tunnel freddo. Alcune varietà adatte a questo tipo di coltivazione
sono: Sicilia, Adusta, Miranda, Claudia
(lunghe); Murena (ovale), Primato (tondo-ovale); tipo Violetta di Firenze (Purpura, Beatrice) (tonde).
Melone. Iniziate a fine gennaio e
proseguite per tutto febbraio le semine
in vasetto o contenitori alveolati – da
collocare in un ambiente luminoso riscaldato o in una doppia inestra – per
ottenere piantine con pane di terra da
mettere a dimora sotto tunnel freddi di
ampie dimensioni.
Varietà di melone dotate di buona precocità e adatte alla coltivazione sotto tunnel appartengono al tipo Charentais (a
frutto liscio) e Pepito (a frutto retato).
Verso la ine del mese potete impiegare varietà un po’ meno precoci, come
Supermarket per produrre piantine da
mettere a dimora sotto tunnel di piccole
dimensioni (0,80-1 metro di altezza x 11,20 metri di larghezza) nei primi venti
giorni di aprile. In queste colture le raccolte inizieranno in media nella seconda
metà di giugno; una varietà valida per
questo tipo di coltivazione è Baggio.
Patata. A gennaio prenotate i tuberiseme per gli imminenti impianti e in
febbraio ritirateli dai rivenditori. Potete,
volendo, mettere le patate a pregermogliare quattro settimane prima della semina in un locale molto luminoso e con
una temperatura di 12-15 °C.
Iniziate la preparazione del terreno
per la messa a dimora eseguendo zappature e/o estirpature del suolo già vangato.
Per tutto il bimestre continuate i controlli dei tuberi immagazzinati, eliminando quelli che si fossero eventualmente guastati.
Peperone. In gennaio iniziate o proseguite le semine in vasetto o contenitori alveolati – da collocare in un ambiente luminoso riscaldato o in una doppia
inestra – per ottenere piantine con pane
di terra da mettere a dimora a partire da
metà marzo in poi. Tra le varietà adatte
alla coltura protetta citiamo:
– Jolly giallo e Kerala (frutti gialli), Jolly rosso (rosso) a frutto quadrato;
– Mogador (giallo) e Hytower (rosso) a
frutto mezzo lungo;
Patata. Iniziate a preparare il terreno
per l’imminente messa a dimora, anche
in aiole pacciamate, dei tuberi-seme
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Orto
– Zebo (giallo), Lamuyo, Mayata e Romeo (rossi) a frutto allungato.
Pisello. Da metà febbraio seminate a
righe in pieno campo tanto varietà nane
che mezza-rama e rampicanti.
Pomodoro. All’inizio della seconda
metà di gennaio iniziate le semine in vasetto o contenitori alveolati, da collocare
in un ambiente luminoso riscaldato o in
una doppia inestra, per ottenere piantine
con pane di terra da mettere a dimora sotto tunnel freddi verso la metà di marzo.
Se desiderate una produzione particolarmente precoce potete seminare una selezione o un ibrido che si richiama al tipo
Marmande. Altre varietà da prendere in
considerazione sono le seguenti:
– Hobby, Optima e Ben Hur a frutto
grosso e medio-grosso;
– Horus e Bonny a frutto di media grossezza a grappolo per raccolta al rosso;
– tipo Cencara con frutto un po’ allungato sodo e resistente;
– Pepe, Chipano, Ciliegia e Suncherry
con frutto ciliegino.
Sempre presso i vivaisti più riforniti
potete reperire al momento dei trapianti
anche il pomodoro a frutto piccolo e allungato, che si sta diffondendo molto in
questi ultimi anni, chiamato genericamente «datterino».
Porro. In gennaio raccogliete le
piante più sviluppate, ma solamente se il
terreno non è gelato. In febbraio lavorate in supericie il suolo come indicato
per la cipolla.
Concimate con moderazione le piante trapiantate a ine estate-inizio autunno. Se il terreno lo consente eseguite la
rincalzatura per imbianchire le piante.
Prezzemolo. Dalla metà di febbraio
potete iniziare le semine in pieno campo
procedendo possibilmente a righe. Per
facilitare e rendere più omogenea la germinazione, coprite le aiole con un velo
di tessuto non tessuto. Se le aiole seminate a ine estate sono state protette, è
possibile effettuare qualche raccolta.
Radicchio. In gennaio continuate a
porre in bianco il radicchio di Treviso (o
trevigiano) tardivo, di Castelfranco e anche il veronese. A febbraio ultimate la
messa in bianco del radicchio trevigiano
tardivo e del veronese. Continuate la raccolta del Chioggiotto e di varietà e selezioni tardive invernali del tipo Lusia.
Ravanello. Nel mese di gennaio seminate, di preferenza a righe, sempre
però in coltura protetta. Dalla metà di
febbraio seminate in pieno campo (anche in questo caso ricoprite le aiole con
tessuto non tessuto) e iniziate o proseguite le raccolte sotto protezione specialmente nelle zone a clima mite.
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Pomodoro. Da metà gennaio iniziate le
semine in vasetto (o contenitori alveolati); tra le numerose varietà, da considerare anche il tipo Cencara
Radicchio. In gennaio continuate a porre in bianco il radicchio di Treviso (o
trevigiano) tardivo; l’operazione si completa nel mese di febbraio
Rucola. In entrambi i mesi, più spesso in febbraio, potete procedere sotto
tunnel alla raccolta di colture seminate
durante l’autunno. Fino a circa metà
febbraio seminate sotto tunnel; nella seconda metà del mese iniziate le semine
in pieno campo, coprendo preferibilmente le aiole con tessuto non tessuto.
Scalogno. Da ine febbraio mettete a
dimora i piccoli bulbi, sempre che l’andamento stagionale non si presenti freddo e perturbato.
Sedano. In febbraio seminate in vasetto o contenitori alveolati – da collocare in un ambiente luminoso riscaldato o
in una doppia finestra – per ottenere
piantine con pane di terra, da mettere a
dimora in pieno campo a partire da ine
marzo, ma soprattutto da aprile.
Spinacio. Attorno a metà febbraio
iniziate la semina in pieno campo di varietà tipo Lorelay. Pulite le aiole dalle
piante infestanti e rompete la crosta supericiale eventualmente formatasi durante i mesi freddi. Eseguite questi lavori impiegando una piccola zappa o un
estirpatore. Raccogliete quando le piante sono suficientemente sviluppate (semine autunnali).
Valerianella. In entrambi i mesi, più
spesso in febbraio, potete procedere sotto tunnel alla raccolta di colture seminate durante l’autunno. Alla ine di febbraio spesso è possibile raccogliere questo ortaggio anche in pieno campo.
Zucchino. Attorno alla metà di febbraio, anche un po’ prima, seminate in
vasetto o contenitori alveolati – da collocare in un ambiente luminoso riscal-
I trapianti di febbraio in coltura protetta
(in Pianura Padana, per le altre zone d’Italia si veda la cartina a pag. 16)
Periodo
Ortaggio
Mese di febbraio
Lattughe da cespo
Prima metà
del mese
Distanze d’impianto (cm)
tra le file
sulla fila
25-35
25-35
I trapianti di febbraio in piena aria
(in Pianura Padana, per le altre zone d’Italia si veda la cartina a pag. 16)
Periodo
Ortaggio
Mese di febbraio
Aglio
Seconda metà
Cipolla (da semenzaio o contenitore)
del mese
Cipolla (piccoli bulbi)
Distanze d’impianto (cm)
tra le file
sulla fila
25-40
15-25 (40)
15-25 (40)
10-15
15-25
15-25
21
Orto
dato o in una doppia inestra – per ottenere piantine con pane di terra da trapiantare sotto ampi tunnel verso metà
marzo. Varietà adatte alla coltura protetta sono: Diamant, Greyzini, President.
Ve ne sono poi di recenti, come Soia, da
tenere presenti per la loro tolleranza ad
alcuni virus. Per le varietà a frutto tondo
(tipo Tondo Verde chiaro di Nizza) prendete in considerazione Baby round.
Interventi itosanitari
Nessun intervento itosanitario risulta necessario in questo bimestre.
PIANTE AROMATICHE
Rosmarino, salvia, origano, timo,
basilico e maggiorana
Inizia un nuovo anno di lavoro e anche se in questo bimestre, soprattutto in
gennaio, le piante aromatiche si trovano
in una sorta di riposo vegetativo, è tempo di rimettersi con entusiasmo a programmare la loro coltivazione.
Se avete tenuto un diario dell’annata appena trascorsa, sarà molto utile rileggerlo ripercorrendo successi e dificoltà, tempi di raccolta, operazioni colturali, ecc.
Oltre a salvia, rosmarino, origano e
timo, piante già presenti nel nostro orto
delle aromatiche, introduciamo quest’anno altre due specie, basilico (1) e
maggiorana (2), al ine di aumentare in
questo modo la varietà di profumi e di
aromi disponibili per la cucina.
Lavori
Gennaio è di norma il mese più freddo dell’anno: il suo andamento risulta
Zucchino. Attorno alla metà di febbraio, o anche un po’ prima, seminate in
vasetto (o contenitori alveolati) per ottenere piantine con pane di terra
generalmente regolare, con scarse precipitazioni e giornate che iniziano via via
ad allungarsi.
Il principale lavoro di questo mese
consiste nel preparare il terreno delle
due aiole che ospiteranno le nuove aromatiche; quindi, se non l’avete già fatto,
intervenite immediatamente approittando di una giornata soleggiata. Dopo aver
distribuito sulla supericie del terreno un
abbondante strato di concime organico
(3-5 kg per metro quadrato di letame bovino ben maturo o, in alternativa 0,3 -0,5
kg di letame essiccato), iniziate la vangatura procedendo a ritroso e rivoltando
completamente le zolle. Cercate di far
penetrare per bene l’attrezzo nel terreno
con tutta la sua parte tagliente, in modo
da interrare il letame più profondamente possibile. Per ultimo afinate la supericie del suolo usando un rastrello di ferro e, a lavoro terminato, provvedete a
eseguire una leggera baulatura delle aiole, in modo da favorire il rapido sgrondo
dell’acqua piovana.
Nelle aiole coltivate eliminate le
eventuali piante infestanti presenti e
controllate l’eficienza delle protezioni
poste nel precedente bimestre a riparo
delle specie aromatiche più sensibili alle basse temperature.
A partire dalla seconda metà di febbraio potete seminare basilico e maggiorana per produrre piantine con pane
di terra. Utilizzate possibilmente vasetti
o contenitori alveolati in polistirolo (o in
plastica) e terriccio da semina, reperibile in commercio nei consorzi agrari e nei
garden center. Dopo aver disposto il terriccio nei contenitori, livellatene la supericie. A questo punto ponete 2-3 semi
in ogni vasetto (o alveolo) e, terminata
la semina, aiutandovi con un vaglio cospargete la supericie con un velo di terriccio, quindi pressate leggermente. Per
ultimo irrigate con cautela; al ine di ottimizzare questa operazione disponete
sulla supericie un foglio di carta, meglio se di giornale, sopra il quale verserete l’acqua che, permeando lentamente
il foglio, bagnerà perfettamente il terriccio senza scalzare i semi.
Ponete i contenitori di semina in un
ambiente luminoso riscaldato (anche tra
i doppi vetri di una inestra) e mantenete moderatamente umido il terriccio;
non appena i semi germoglieranno eliminate il foglio di carta di copertura.
Quando i germogli avranno raggiunto
l’altezza di circa 7-8 cm lasciate in ogni
vasetto, o alveolo, solo la piantina più
robusta, destinando agli impieghi di cucina quelle eliminate.
Solo quando le radici tratterranno bene il terriccio e le piantine avranno raggiunto i 12-15 cm si potrà procedere alla messa a dimora in piena terra, all’incirca verso la metà di aprile. Osservate
una distanza d’impianto di circa 25 cm
tra una pianta e l’altra e di 40-50 cm tra
una ila e l’altra nel caso del basilico e di
30-35 cm tra le piante e di 50-60 cm tra
le ile nel caso della maggiorana. Seguite le aiole con moderate irrigazioni e, in
caso di ritorno di freddo, copritele con
un velo di tessuto non tessuto.
Interventi itosanitari
Se notate morie di piantine intervenite con prodotti anticrittogamici come
Previcur (non classiicato), alla dose di
0,5 millilitri ogni litro d’acqua, da nebulizzare su tutta la vegetazione.
1
2
Piante aromatiche. Quest’anno, nell’orto delle piante aromatiche, introduciamo
anche basilico (1) e maggiorana (2), due specie molto utilizzate in cucina per aromatizzare diverse pietanze
22
A cura di: Alberto Locatelli (Lavori:
Ortaggi); Sandra Iacovone (Lavori:
Carciofo); Aldo Pollini (Interventi itosanitari: Ortaggi); Lorenzo Roccabruna
(Lavori e interventi itosanitari: Piante
aromatiche).
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Terrazzo
Se nei testi di questa rubrica trovate
delle parole che vi riescono di dificile comprensione, utilizzate il «Vocabolario illustrato dei termini dificili» allegato al n. 2/2011. (Red)
A partire da questo numero de «i Lavori» vi proponiamo una nuova rubrica, dedicata alla coltivazione in vaso di
piante da frutto, da iore, ortaggi, aromatiche e agrumi, prendendo come esempio lo spazio loro dedicato su un terrazzo di 32 metri quadrati (8x4 metri).
Le piante da frutto, due meli (1) e (2)
(rispettivamente a frutto giallo e a frutto
rosso) e un pero (3), sono coltivati in vasi
di terracotta posti sul lato sinistro del terrazzo, a ianco della porta-inestra; si tratta di piante di 3-4 anni di vita, già pronte
per la produzione. Per quel che riguarda la
scelta delle piante da frutto da coltivare in
vaso vi invitiamo a consultare anche l’articolo pubblicato sul n. 1/2011, a pag. 29.
Il terrazzo ospita poi 14 contenitori rettangolari (per esempio di 80x40 cm), nei
quali trovano o troveranno posto nel corso
dell’anno piante da iore (4), (5) e (6), ortaggi (7), (8), (9), (10), (11), (12), (13) e
(14) e aromatiche (15), (16) e (17).
Gli agrumi – un limone (18) e un kumquat (19) – trovano invece posto sul lato
destro del terrazzo, ora non visibili sui
progetti del mese di gennaio e di febbraio
poiché ricoverati in un ambiente protetto.
Come le piante da frutto, anche gli agrumi
sono coltivati in vasi di terracotta.
PIANTE DA FRUTTO
Lavori
a cura di Alberto Locatelli
Protezione dal gelo. Durante il mese
di gennaio, se l’andamento stagionale si
presenta particolarmente rigido, conviene
scaldamento della casa inluisce sulla
temperatura dell’aria nell’«ambiente
terrazzo», aumentandola di qualche
grado, ma potrebbe comunque essere opportuno avvolgere il vaso con
3-4 giri (non troppo serrati) di tessuto
non tessuto, da chiudere nella parte superiore con una legatura alla base del tronco.
Concimazione. A ine febbraio effettuate la prima concimazione della stagione utilizzando un concime che contenga
azoto, fosforo, potassio e magnesio, per
esempio un prodotto con formulazione
NPK 15-9-15+2MgO (reperibile negli
empori agrari e garden center), da usare
alle dosi consigliate in etichetta a seconda delle dimensioni del vaso.
Potatura. Quando è sicuramente
scongiurato un ritorno del gelo, procedete con la potatura, che dovrà inevitabilmente essere un po’ più energica di
quella che si effettua sulle piante da frutto in piena terra, al ine di contenere la
dimensione della chioma.
Effettuate prima di tutto un diradamento dei rami, eliminando quelli deboli
e/o rovinati; accorciate quelli troppo lunghi, al ine di evitare che vengano a crearsi eccessivi ombreggiamenti. In pratica:
diradate le lamburde delle zampe di gallo
(a); tagliate alla base i rami che sono stati piegati dal peso dei frutti dello scorso
anno (b); effettuate tagli di ritorno per
contenere lo sviluppo in altezza e in larghezza della pianta (c) (le lettere fanno riferimento ai disegni di pag. 25, in alto).
Piante da frutto. In questi ultimi anni i
vivaisti hanno utilizzato dei portinnesti
speciali che hanno consentito di ottenere piante da frutto di sviluppo molto
contenuto. Ci riferiamo ai cosiddetti
fruttiferi nani, ideali da coltivare in vaso e in grado di produrre buona frutta
tanto quanto le varietà coltivate in piena terra. Nella foto, melo nano, che raggiunge un’altezza circa 2-2,5 metri
proteggere l’apparato radicale delle piante
(quindi il vaso). Di questo è opportuno tener conto soprattutto nelle regioni settentrionali e nelle località di collina e di montagna, per evitare che abbassamenti sensibili della temperatura possano in qualche misura minare la sopravvivenza o la
funzionalità delle radici. È vero che il ri-
Rinvaso. Se necessario, prima della
ripresa vegetativa primaverile provvedete al rinvaso. In genere conviene trasferire le piante in un contenitore con diametro maggiore non più di 10 cm rispetto al precedente.
Progetto di coltivazione di piante da frutto, da iore,
1
2
Come si presenta il terrazzo a ine gennaio
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
Porta-inestra
24
14
15
16
17
18
19
13
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Terrazzo
c
c
c
c
b
a
a
a
b
Prima
Dopo
Prima
Piante da frutto. Potatura di melo, vedi testo a pag. 24
Al momento del rinvaso procuratevi
del buon terriccio e un contenitore di dimensioni più grandi: se il vecchio vaso ha
un diametro di 30 centimetri, quello nuovo deve essere di 40 centimetri. Predisponete sul foro di sgrondo del vaso dei cocci e aggiungetevi uno strato drenante costituito da 3-4 centimetri di argilla espansa. A questo punto aggiungete terriccio
mischiato con un paio di pugni di cornunghia (che fornisce sostanza organica e
NPK a lenta cessione) ino a raggiungere
il livello richiesto per la posa della vecchia zolla, la cui supericie non dovrà essere coperta da nuovo terriccio.
Ora estraete la pianta dal vecchio vaso
come di seguito indicato. Sdraiate su un
ianco il vaso, con la mano sinistra impugnate il tronco e, con la destra, date dei
colpi su tutta la supericie del contenitore, facendolo ruotare. A questo punto –
sempre tenendo il tronco con la mano sinistra – tirate verso di voi la pianta e con
la mano destra spingete il vaso in senso
opposto, sino a quando la zolla sarà uscita dal vaso. A questo punto posizionate la
pianta nel nuovo contenitore e riempite
Dopo
Piante da frutto. Potatura di pero, vedi testo a pag. 24
con il terriccio, cercando di non lasciare
spazi vuoti tra il vaso e la zolla. Irrigate e
dopo aggiungete, se necessario, altro terriccio ai lati della zolla.
PIANTE DA FIORE
Lavori
I tre contenitori contrassegnati con i
numeri (4), (5) e (6) sono riservati alla
coltivazione di gerani, surinie e lantane. In questo bimestre (gennaio-febbraio)
i vasi si presentano vuoti perché non è ancora il momento di mettere a dimora le
piante sopra citate; nei prossimi supplementi de «i Lavori» vi indicheremo come
e quando piantarle, irrigarle e concimarle
per averle sempre belle e iorite.
Per chi di voi, invece, ha messo al riparo gerani, surinie e lantane dell’anno
scorso, ecco i lavori da eseguire in questo
bimestre per mantenerli in buono stato.
Cura delle piante ricoverate. Le
piante perenni da iore in questo bime-
stre sono in completo riposo vegetativo.
Per questo dovete mantenerle a temperature basse: 3-4 °C sono più che suficienti per i gerani e tutte le altre piante
che avete deciso di «traghettare» alla
prossima stagione primaverile-estiva.
Mantenete il locale di svernamento
sempre ben arieggiato, evitando le correnti d’aria, sempre dannose. Le piante in
questo bimestre non devono crescere, ma
solo mantenersi vive. È normale osservare una leggera crescita dei germogli, che
ovviamente a causa della bassa luminosità saranno esili. Se ciò avvenisse lasciateli crescere, ma cercate di ridurre la temperatura dell’ambiente e le irrigazioni.
Irrigazione. Ricordate che troppa
acqua rende i fusti teneri ed estremamente sensibili ai repentini abbassamenti di temperatura.
È buona norma controllare le piante
tutte le settimane per veriicare la necessità di eventuali irrigazioni. I gerani, per
esempio, sono piante da climi caldi ed
asciutti per cui in inverno resistono meglio se bagnati poco: avranno una ricre-
ortaggi, aromatiche e agrumi su un terrazzo di 32 metri quadrati
1
2
Come si presenta il terrazzo a ine febbraio
3
4
5
6
7
8
9
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11
12
Porta-inestra
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
14
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16
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18
19
13
25
Terrazzo
AGRUMI
Lavori
Piante da fiore. I gerani sono tra le
piante da iore che non possono mancare su un terrazzo; se li avete protetti, si
trovano in completo riposo vegetativo
Ortaggi e aromatiche. Il ravanello, che
si semina da metà febbraio, è uno dei
numerosi ortaggi che riescono bene anche coltivati in vaso
scita limitata e saranno meno soggetti
alle malattie.
Controllate attentamente il terriccio
prima di irrigare: talvolta solo lo
strato più supericiale può apparire secco,
per cui potete essere indotti a bagnare
senza bisogno. In caso di dubbio sollevate il vasi: dal peso riuscirete a valutare se
il terriccio è asciutto completamente o solo in parte.
Se serve date poca acqua: basta un
bicchiere per ogni pianta. Usate acqua a
temperatura ambiente: troppo fredda può
provocare marciumi, troppo calda può risvegliare le radici e indurre una crescita
inopportuna.
Semina. Entro i primi giorni di febbraio inite, se non l’avete già fatto, la
preparazione dei contenitori per semine
e/o trapianti. Dalla metà del mese potete iniziare la semina di rucola (7), cicoria da taglio (8) e lattuga da taglio (9),
prezzemolo (10) e ravanello (14).
Proteggendo i contenitori con tessuto
non tessuto renderete più facile la germinazione dei semi e li difenderete al
contempo dal freddo. Siate molto prudenti con gli apporti d’acqua, che potrebbero essere più frequenti, ma sempre
assai limitati anche in presenza di un andamento stagionale poco umido.
A metà-ine febbraio smuovete il terriccio dei contenitori in cui si coltivano
salvia (16) e rosmarino (17).
Concimazione. Nel bimestre gennaio-febbraio è sufficiente nutrire le
piante una sola volta, con un prodotto
speciico per piante da iore, utilizzando
metà della dose indicata in etichetta.
ORTAGGI E AROMATICHE
Lavori
Durante il mese di gennaio preparate i contenitori con del terriccio (adatto
alla coltura degli ortaggi, reperibile nei
garden center e negli empori agrari più
forniti) in vista delle semine e/o dei trapianti primaverili.
Per facilitare lo sgrondo dell’acqua,
distribuite sul fondo dei contenitori uno
strato di 3-4 cm di argilla espansa.
Se ne avete modo preparatevelo da
soli; per un terriccio idoneo alla coltivazione di ortaggi e aromatiche in vaso si
miscela il 70-80% di terriccio universale, il 10-15% di buon terreno di orto e
il 5-15% di argilla espansa o di sabbia.
Inine procuratevi le sementi necessarie per dare l’avvio alle colture già dal
prossimo mese.
26
Raccolta e irrigazione. In questo bimestre le raccolte sono limitate soprattutto a qualche rametto di rosmarino (17).
Se necessario irrigate rosmarino e
salvia con quantità d’acqua molto ridotte, al ine di mantenere il terriccio del
contenitore appena umido.
Agrumi. Il limone, assieme al kumquat
(vedi foto), è tra gli agrumi più facili
da coltivare in vaso
Nei primi due mesi dell’anno gli
agrumi sono in riposo vegetativo, ricoverati in un ambiente protetto, e quindi
per il momento non trovano spazio sul
terrazzo. Controllate che nel locale di
svernamento vi sia sempre un suficiente ricambio d’aria, al fine di evitare
l’insorgenza di pericolose malattie fungine (per esempio mal secco); allo scopo aprite porte e inestre nelle ore più
calde della giornata.
Durante l’inverno è normale che le
piante perdano qualche foglia; in questo
periodo, infatti, gli agrumi «eliminano»
quelle vecchie per prepararsi alla nuova
stagione. Al ine di non incorrere
nella caduta totale delle foglie, evitate che la temperatura del locale di svernamento scenda sotto di 5 °C.
Se vi sono molti frutti maturi, raccoglietene alcuni per diminuire lo sforzo
che la pianta dovrebbe effettuare per
mantenerli tutti sino a primavera.
Irrigazione. È l’unico lavoro da effettuare sia in gennaio che in febbraio poiché, come tutte le piante sempreverdi, anche gli agrumi richiedono una certa quantità d’acqua durante l’inverno.
Il metodo più eficace per riconoscere quando una pianta coltivata in un vaso di cotto ha bisogno d’acqua consistere nel batterlo delicatamente con un
martelletto sulla parete esterna, se il
suono risulta aperto («tac-tac»), irrigate
senza bagnare le foglie; se il suono risulta invece chiuso («toc-toc»), signiica il
terriccio è suficientemente umido e che
perciò la pianta non va irrigata.
Per le piante coltivate in vasi di plastica controllate soltanto lo strato più
supericiale del terreno e, a seconda di
quanto è più o meno secco, procedete di
conseguenza.
Per non danneggiare l’apparato radicale dei vostri agrumi fate attenzione a
irrigare nelle ore più calde del giorno.
Se vi è possibile, mantenete una
scorta di acqua in un contenitore all’interno dell’ambiente di svernamento e
utilizzatela quando serve irrigare, in quanto sarà alla stessa temperatura del terriccio nei vasi ed eviterà un brusco abbassamento della temperatura delle radici.
A cura di: Giorgio Bargioni (Lavori:
Piante da frutto); Luigi Vasarri - Azienda
Lazzeri (Lavori: Piante da iore); Alberto
Locatelli (Lavori: Ortaggi e aromatiche);
Stefano Bolognesi (Lavori: Agrumi).
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Frutteto
Se nei testi di questa rubrica trovate
delle parole che vi riescono di dificile comprensione, utilizzate il «Vocabolario illustrato dei termini dificili» allegato al n. 2/2011. (Red)
POMACEE
In questo bimestre, con riferimento al
Nord Italia, le pomacee si trovano nella fase vegetativa di «gemma ferma»; al
Centro e al Sud l’anticipo è in media di
15-30 giorni e, pertanto, a ine bimestre le
piante potranno trovarsi nelle successive
fasi di «rottura gemme» e «punte verdi».
giorni prima della piantagione, onde
evitare la disidratazione delle radici con
conseguente dificoltà di attecchimento.
Questo inconveniente, infatti, si può veriicare con condizioni meteorologiche
caratterizzate da freddo e bassa umidità
relativa dell’aria, condizioni tutt’altro
che rare in molti ambienti sia di pianura
che di montagna.
Potatura di produzione. Si interviene preferibilmente quando la temperatura è sopra lo zero.
Nelle zone soggette a freddo intenso,
come le vallate alpine, è quindi meglio
potare tra ine febbraio e marzo, quando
Lavori
Melo
Nel bimestre di pieno inverno i meli
sono in riposo vegetativo e solo verso ine febbraio nelle aree meno fredde vi
può essere un primo accenno di rigoniamento delle gemme.
I lavori più importanti di questi mesi
sono la messa a dimora dei nuovi impianti e la potatura di produzione. Oltre
a ciò si possono completare i lavori indicati per lo scorso bimestre e non ancora
terminati, come il riordino del frutteto
(per esempio la sistemazione dei dissesti supericiali del terreno e della palatura di sostegno) e gli estirpi degli alberi
a ine ciclo.
Tutti questi lavori vanno fatti quando
il terreno non è particolarmente bagnato, per evitare il compattamento causato
dalle attrezzature meccaniche pesanti
necessarie per queste operazioni; nelle
zone soggette a forti geli invernali occorrerà ovviamente attendere anche che
il terreno non sia più gelato.
Nuovi impianti. La messa a dimora
degli astoni va eseguita con le modalità
descritte ne «i Lavori» di novembre-dicembre 2011, a pag. 24. Per la messa a
dimora di poche piante con impianto a
buche si veda il riquadro a pag. 30. Raccomandiamo ancora di non esporre all’aria gli astoni a radice nuda per molti
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Pomacee. La potatura di produzione è
il lavoro più importante del periodo: intervenite quando la temperatura è sopra lo zero per evitare danni da freddo, che si veriicano più facilmente sulle piante potate
1
le temperature si addolciscono un
po’ e permettono di evitare i danni
da freddo, danni che si veriicano
maggiormente su meli che hanno
subito interventi di taglio.
Questi danni si possono veriicare
quando la temperatura scende indicativamente oltre i –12-15 °C. Tale limite
non è assoluto poiché, oltre al semplice
dato della temperatura, vi sono anche altri fattori che possono accentuare o diminuire i danni: l’umidità dell’aria e del
terreno, la velocità dell’abbassamento
termico e la sua durata, nonché le condizioni agronomiche delle piante (età, portinnesto, vigoria, tipo di terreno).
Gli interventi di potatura vanno fatti in condizioni di sicurezza, poiché il rischio di infortuni durante questo
lavoro è tutt’altro che trascurabile. Occorre usare scale e cavalletti ben solidi,
scarpe con suola non scivolosa, guanti
da lavoro, occhiali antinfortunistici e
quant’altro serva a preservare da incidenti di qualsiasi genere.
Un’altra raccomandazione: gli attrezzi da taglio devono essere ben afilati
per fare poco sforzo nel taglio dei rami.
La potatura consente di osservare da
vicino tutti i rami dell’albero per cui,
con un po’ di attenzione, ci si può accorgere della presenza di determinati parassiti che svernano sul legno. Per il melo i
più comuni di essi sono i seguenti:
– oidio del melo (vedi foto A, a pag. 29),
che si localizza sugli apici dei rami infetti ricoprendoli di un feltro biancastro;
– cancri rameali (vedi foto B, a pag.
29), cioè rigoniamenti cancerosi causati dal fungo Nectria galligena, visibili sia
su rami giovani che su grosse branche;
– rodilegno giallo (vedi foto C, a pag.
29), le cui gallerie sono presenti sui rami
2
Melo. Il forte gelo invernale può causare fessurazioni della corteccia (1) e l’imbrunimento del legno sottostante (2). A questo livello di danno solitamente non si ha la
morte della pianta, ma solo una ripresa vegetativa più stentata e irregolare rispetto alla norma
27
Rovo senza spine
Ribes
Mirtillo
Lampone unifero e nero
Lampone bifero
Olivo
Castagno
Actinidia
Mandarino
Limone
Clementine
Arancio
Mandorlo
Ciliegio
Susino
Albicocco
Pesco e nettarina
Pero
Melo
●[2]
●
●
●
●
●
●
gen.
●
●[2]
●
●
●
●
●
●
feb.
●[3]
●
●
●[1]
●[1]
●[1]
●[1]
gen.
●
●
●
●
●
gen.
●
●
●
●
●
●
●
●
●
●
●
●
feb.
Interventi
itosanitari
●[3]
●[3] ●
●
●
●[1]
●[1]
●[1]
●[1]
feb.
Concimazioni
gen.
●
●
●
●
●
●
●
feb.
Innesti
●
●
●
●
●
●
●
●
feb.
●[4] ●[4]
●[5]
●[5]
●[5]
●[5]
●[5]
●
●
●
●
gen.
Potatura
gen.
feb.
Diradamento
dei frutti
[1] Concimazioni organica e concimazione fogliare. [2] Negli ambienti del Centro e del Sud. [3] Se non effettuate in autunno. [4] Dove non ci siano
to stagionale lo consente.
Piccoli frutti
Altre specie
importanti
Agrumi
Drupacee
Pomacee
Specie
Nuovi
impianti
a cura di Silvio Caltran
FRUTTETO. Operazioni colturali in corso (●) nei mesi di gennaio e febbraio per le pr
Frutteto
10
Poste Italiane s.p.a. - Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Verona - Contiene I.P. e I.R.
2011
giovani e ospitano la larva di colore giallo punteggiata di nero; esternamente è visibile il foro di entrata della galleria (da 3
a 8 mm di diametro);
– sesia (vedi foto D), le cui larve biancastre scavano gallerie sotto corteccia prevalentemente in cancri rameali, punti
d’innesto e bozzi (deiniti anche «burr
knots», cioè escrescenze più o meno sviluppate visibili su grossi rami e sui portinnesti); all’esterno, in corrispondenza
delle gallerie, è visibile la rosura lasciata dalle larve;
– aide lanigero (vedi foto F), sverna in
colonie ricoperte dei tipici filamenti
biancastri, soprattutto in prossimità del
terreno o dentro i vecchi cancri rameali
e sui «burr knots»;
– cocciniglia di S. Josè (vedi foto G), i
cui scudetti grigiastri si possono trovare
su tutti i rami.
Durante la potatura è possibile risanare gli alberi colpiti da questi parassiti.
Più precisamente si interviene eliminando i rami colpiti da oidio e cancri rameali, mentre si effettua un’energica spazzolatura dei punti colpiti da aide lanigero o larve di sesia. Le larve di rodilegno
giallo si uccidono introducendo un ilo
di ferro dentro la galleria.
Anche per rimuovere la cocciniglia di
S. Josè andrebbe bene una spazzolatura,
ma passare tutti i rami colpiti rischia di
diventare quanto mai laborioso. Durante
la potatura è sufficiente individuare e
quantiicare la presenza del parassita, così da applicare una opportuna difesa itosanitaria alla ripresa vegetativa (in marzo-aprile).
Per quel che riguarda la tecnica di
potatura da adottare si rimanda alla recente «Guida illustrata alla potatura delle piante da frutto:
pomacee e drupacee» supplemento al
n. 10/2011. Chi non
fosse in possesso
della Guida può acquistarla contattando
il nostro Servizio abbonamenti (Tel. 045
8009480 - Fax 045
8012980 - e-mail:
edizioni@informa
toreagrario.it).
Melo. Nel corso dell’inverno eliminate i polloni radicali (rami che sorgono
dalle radici) che non avete rimosso durante la stagione vegetativa. Il lavoro di
pulizia sarà ora molto più impegnativo
rispetto all’estate poiché i polloni sono
più grossi, ligniicati e tenacemente ancorati alle radici
ne non potrebbero sminuzzare suficientemente. Il trinciato va uniformemente
distribuito sul terreno dove lentamente
si trasformerà in humus a beneicio della fertilità del suolo.
La trinciatura non è consigliabile
nei frutteti che presentano attacchi
di cancro rameale o, peggio ancora, di
Erwinia amylovora, il pericoloso colpo
di fuoco batterico. In questi casi è consigliata la bruciatura dei rami malati.
Se non si dispone di trinciasarmenti
la ramaglia, sia grossa che piccola,
può essere recuperata come legna da ardere oppure smaltita negli appositi centri
di raccolta per materiale organico.
Se non avete nessuna possibilità di
disfarvi dei residui con questi mezzi non
rimane che la bruciatura, sempre che i
regolamenti locali del vostro Comune
non lo vietino espressamente. Tale pratica crea molto fumo e va quindi fatta lontano dalle abitazioni, dopo aver accatastato e fatto seccare per alcune settimane la massa di rami.
Danni da arvicole. Nel periodo invernale le arvicole (piccoli topi di campagna) costituiscono un pericolo costante per le giovani piante del frutteto. La
cosa riguarda in modo particolare quelle innestate sui portinnesti deboli EM 9
ed EM 26: la spessa corteccia delle radici è un nutrimento prelibato per i roditori, che la divorano lasciando il solo moncone legnoso del ittone radicale.
A parte la presenza delle tane, in inverno non vi sono altri sintomi che de-
A
B
C
D
E
F
1ª PARTE DEDICATA A: MELO - PERO - PESCO E NETTARINA
ALBICOCCO - SUSINO - CILIEGIO
SUPPLEMENTO N. 1 AL N. 10 DI VITA IN CAMPAGNA - CASELLA POSTALE 467 - 37100 VERONA - OTTOBRE 2011 - ANNO XXIX - ISSN 1120-3005 - MENSILE
Gestione dei residui di potatura. Al
termine della potatura secca, sarà necessario liberare il frutteto dalla legna di
risulta. Disponendo di un trinciasarmenti (o agganciato al trattore o autonomo) è possibile trinciare sul posto la ramaglia minuta dopo aver recuperato i
pezzi di legno più grossi che le macchiSUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Pomacee. Durante la potatura fate attenzione alla presenza di sintomi di malattie o attacchi di insetti parassiti: gemma terminale colpita da oidio (A); cancro rameale causato dal fungo Nectria galligena (B); larva
di rodilegno giallo (C); danni e larva (vedi freccia) di
sesia (D); colonia di aide lanigero (E); scudetti della cocciniglia di S. Josè (F); ramo colpito dal colpo di
fuoco batterico (G). In caso intervenite eliminando le
parti colpite con la potatura stessa, o preventivate un
G
successivo trattamento antiparassitario
29
Frutteto
notano l’avvenuto danno, poiché le piante sono in riposo vegetativo e, quindi,
non evidenziano deperimenti vegetativi
causati dalla distruzione dell’apparato
radicale. Il danno si renderà purtroppo
ben evidente alla ripresa vegetativa.
Come consigliato lo scorso bimestre,
per evitare sorprese, si tiene la base degli alberi libera dall’erba e il terreno regolarmente sotto controllo: appena si
rinvengono le prime tane, mettete
prontamente in atto le misure di
lotta indicate ne «i Lavori» di novembre-dicembre, a pag. 23.
Ricordate che le arvicole sono più
pericolose nei terreni sabbiosi rispetto a
quelli argillosi e gli attacchi spesso si
concentrano in vicinanza di fossi e scoline. Per questo motivo nei frutteti commerciali generalmente non si impiantano meli sui cigli di queste strutture idrauliche, ma piuttosto peri, che sono meno
soggetti a danni. Tale consiglio è valido
anche per il piccolo produttore.
Cernite di magazzino. La vostra produzione di mele in magazzino va consumata regolarmente poiché più passano le settimane più le caratteristiche gustative degradano progressivamente: la
Golden Delicious ha ormai perso croccantezza, assumendo via via il sapore
dolciastro di fermentato; le Delicious
rosse e la Morgenduft hanno la polpa
1
scenda sotto i – 5-6 °C, i frutti possono
andare incontro al congelamento della
polpa deteriorandosi irrimediabilmente.
Melo. Sui grossi rami e sul portinnesto
delle piante adulte si possono formare
frequentemente queste escrescenze (chiamate «burr knots»), specialmente nelle
varietà del gruppo Gala. Esse non creano problemi particolari, se non quello di
ospitare spesso larve di sesia e colonie
di aide lanigero
farinosa e insipida. Sono invece ancora suficientemente buone da mangiare
Granny Smith e Fuji.
La produzione conservata in cella frigorifera con idonei parametri di temperatura e umidità, invece, rimane croccante e succosa per tutto il bimestre e
anche oltre.
Se l’inverno è molto freddo, conservate le mele in un locale riparato dal gelo: qualora al suo interno la temperatura
2
3
Innesto a triangolo. Questo tipo di
innesto è fra i più praticati sul melo, assieme agli innesti a corona, a gemma
dormiente e a scheggia. Richiede una
buona pratica ed è quindi riservato a chi
ha suficiente esperienza; se non si possiede la necessaria dimestichezza, conviene optare per l’innesto a corona, più
facile da eseguire.
Per questo tipo di innesto (valido per
tutte le piante da frutto) non si ricorre a
marze conservate, ma si prelevano direttamente dalle piante di cui si desidera
propagare la varietà.
Per l’innesto a triangolo si procede
dalla ine di febbraio al rigoniamento
delle gemme, cioè verso metà marzo. È
adatto sia alle piante adulte che a portinnesti di un anno.
Nelle piante adulte serve per cambiare la varietà. Si esegue direttamente
sul fusto all’altezza in cui si vuole impalcare la nuova struttura scheletrica, generalmente tra 50 e 100 cm da terra, oppure (negli alberi più grandi, di oltre 8-10
anni) su tutte le branche più grosse.
Le piante destinate al reinnesto devono essere capitozzate 30-40 cm sopra il
punto previsto dell’innesto qualche settimana prima del lavoro. Il giorno del-
4
letame
maturo
Messa a dimora di una pianta da frutto con impianto a buche. 1-Per la piantagione, in un terreno con buon drenaggio,
si scava una buca larga circa 50x50 cm e profonda 50 cm, mantenendo separata la terra dei primi 20 cm circa da quella
sottostante. 2-Al momento di porre a dimora l’astone, se volete assicurarlo a un paletto tutore (indispensabile per le pomacee), piantate questo sul fondo della buca, pressappoco nel punto in cui dovrà cadere la pianta. Quindi rimettete nella buca la terra dello strato più basso, disgregandola bene. Poi cominciate a disporre su di essa, più o meno a cono, la
terra, bene sminuzzata, dello strato superiore. Ogni tanto appoggiate l’apparato radicale sul piccolo cumulo ino a che,
aggiungendo o togliendo terra, vedete che la pianta si colloca più o meno al livello che aveva in vivaio. In ogni caso il
punto di innesto dovrà risultare circa 20 cm sopra il livello medio del terreno circostante. Coprite l’apparato radicale con
la rimanente terra scavata dai primi 20 cm, portandola ino quasi ai margini superiori della buca, in modo che, se ne avete, possiate disporre ai margini della buca stessa qualche forcata di letame maturo, come mostra il disegno; attenti però
che il letame non vada a contatto con le radici. 3-Innafiate ora con una decina di litri di acqua per favorire l’assestamento della terra e la sua adesione alle radici. 4-Completate il riempimento della buca formando un piccolo cumulo che, fatto con la terra asciutta, impedirà la perdita per evaporazione dell’umidità sottostante
30
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Frutteto
Sul nostro sito Internet è stato inserito un breve ilmato, visibile gratuitamente, nel quale viene descritta
l’esecuzione dell’innesto a triangolo.
Cliccate su: www.vitaincampagna.it/
rdVic/video13.asp
Pomacee. Verso ine bimestre si può innestare a triangolo. Come si vede nella
foto, con tale innesto si può intervenire
anche su piante adulte, con risultati
molto soddisfacenti se tutto viene fatto a
regola d’arte
l’innesto si raccorciano i rami al punto voluto e si procede prontamente all’operazione.
Sul soggetto si prepara un incavo
triangolare (va fatto con maestria, usando un coltello molto afilato) e in esso si
inserisce la marza costituita da una porzione di ramo di un anno con 2-3 gemme, marza che va prelevata direttamente
dalla pianta madre. In ogni punto di innesto si inseriscono da 2 a 4 marze a seconda del diametro del ramo.
Per avere spazio suficiente per predisporre l’incavo, i portinnesti di un
anno devono avere diametro di 1,5-2
cm, e quindi essere un po’ più grossi rispetto a quelli che ad agosto si innestano a gemma dormiente.
Tra l’altro, l’innesto a triangolo va
bene anche per reinnestare eventuali fallanze dell’innesto a gemma dormiente
eseguito nell’agosto precedente.
I portinnesti deboli EM 9 ed EM 26
vanno innestati 15-20 cm fuori terra per
poter espletare la loro funzione nanizzante, mentre su quelli più vigorosi volendo
si può innestare anche più in basso.
I soggetti da innestare possono essere
già a dimora dall’anno prima nel vivaio o
nel frutteto, ed essere quindi innestati in
loco; oppure possono essere acquistati,
innestati al banco e poi subito impiantati.
Appena eseguito l’innesto, occorre legare strettamente la parte con una fettuccia di plastica, per immobilizzare la marza nell’incavo, e ricoprire tutta la legatura e i tagli delle parti interessate con mastice da innesti.
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Altri innesti. In previsione di eseguire innesti a corona nel prossimo bimestre, a gennaio è bene prelevare dalla
pianta madre i rami di un anno da cui ricavare le marze. Si avvolgono poi strettamente con ilm di plastica o nailon, che li
preservi dalla disidratazione, e si ripongono in frigorifero (va bene anche quello
da cucina) a qualche grado sopra zero.
Si ricorda ancora una volta che il
prelievo delle marze in fase di riposo vegetativo va fatto su alberi di cui siete certi delle caratteristiche varietali e
sanitarie.
Pero
In gennaio il pero è in pieno riposo
vegetativo. Verso la ine di febbraio, invece, con qualche giorno di anticipo rispetto al melo inizia la fase di rigoniamento delle gemme.
I lavori del bimestre sono gli stessi
indicati per il melo e vanno eseguiti
con le medesime modalità; vi sono solo
due precisazioni da fare al riguardo.
La prima riguarda i parassiti da tenere sotto osservazione durante la potatura: tra di essi non vi sono l’aide lanigero e l’oidio, che colpiscono solo il melo,
mentre è necessario porre molta più
attenzione agli attacchi di Erwinia
amylovora, il ben noto colpo di
fuoco batterico (vedi foto G).
Inoltre, facciamo presente che le arvicole sono meno dannose su pero che
su melo e quindi l’attenzione verso questi roditori può essere meno pressante.
presa vegetativa, le nuove infezioni si diffondano nel frutteto (si parla in genere di
«riduzione dell’inoculo»).
In pratica asportando e portando fuori dal frutteto gli organi infetti, si eliminano con essi anche le malattie che stanno svernando al loro interno, riducendo
di molto la loro capacità di infezione.
Viceversa, e questo è vero in particolare
per il colpo di fuoco, se non si eliminano completamente durante l’inverno gli
organi colpiti, sarà molto dificile riuscire a contenere le nuove infezioni che, a
partire dalla ripresa vegetativa, avranno
origine da quegli organi.
Si asportano quindi tutti i rami che
presentano cancri rameali (vedi foto B)
e quelli eventualmente colpiti dal colpo
di fuoco batterico (vedi foto G). Questi
ultimi si distinguono, oltre che per i cancri sul legno, anche per la presenza di
foglie annerite, ancora attaccate alla vegetazione. Si interviene tagliando ad almeno 70 cm dal sintomo. I rami asportati vanno poi immediatamente bruciati.
Nei frutteti colpiti poi è sempre buona norma raccogliere tutti i residui di
potatura, non solo i rami infetti, e portarli al di fuori del frutteto, sempre nell’ottica di ridurre il potenziale di inoculo di
eventuali malattie.
Sempre durante la potatura, se si nota sui rami la presenza di scudetti di cocciniglia, è bene effettuare un intervento
speciico nel mese di marzo, come indicheremo nel prossimo bimestre.
DRUPACEE
Interventi itosanitari
per le pomacee
Durante i mesi invernali il frutteto si
trova nella fase di riposo vegetativo. Le
operazioni di potatura sono un’ottima
occasione per effettuare accurati controlli sulle piante, cercando di individuare i sintomi di varie avversità (vedi anche a pag. 27 e 29).
I microrganismi che sono causa dei diverse malattie, come per esempio i cancri
rameali e il colpo di fuoco batterico, «superano l’inverno» annidati sulle piante.
Se con la potatura si riescono a eliminare
le parti colpite da queste avversità, si riduce di molto la possibilità che, alla ri-
In questo bimestre, con riferimento al
Nord Italia, le drupacee si trovano nella fase vegetativa di «gemma d’inverno»; al Centro e al Sud l’anticipo è mediamente di 15-30 giorni e pertanto a ine bimestre le piante potranno trovarsi nelle successive fasi di «rottura gemme», «bottoni rosa» e «ioritura».
Lavori
In questo bimestre si può sistemare il
terreno, porre a dimora le piante, effettuare o controllare gli impianti di irrigazio-
31
Frutteto
ne, seminare l’eventuale prato nell’interfilare, proseguire nella potatura delle
piante. A febbraio, dopo i grandi geli, si
può effettuare l’innesto a triangolo.
Pesco. Prima della messa a dimora occorre stabilire le distanze di impianto, in
relazione alla forma di allevamento, al
portinnesto, al tipo di terreno, alla disponibilità di acqua d’irrigazione, all’altitudine, ecc.
Foto: Silvio Caltran
Preparazione del terreno. Se non si
è potuto procedere alla sistemazione del
terreno in autunno, lo si fa ora, dopo i
grandi geli, purché il suolo sia asciutto
anche in profondità. È infatti importante
procedere solo se vi sono tali condizioni, altrimenti difficilmente si avranno
dei buoni attecchimenti e belle vegetazioni non solo nel primo anno, ma per
tutta la fase di allevamento.
Se le condizioni del terreno sono avverse, è meglio rimandare il lavoro al
prossimo autunno.
Per coloro che si apprestano a effettuare nuovi impianti di una discreta dimensione è sempre conveniente far eseguire un’analisi del terreno.
Per quanto concerne quest’ultima e la
preparazione del terreno, da effettuare
prima della messa a dimora, si veda quanto indicato ne «i Lavori» di novembre-dicembre 2011, alle pagg. 27 e seguenti.
Innesto a triangolo. Terminati i
grandi geli invernali, a febbraio-marzo
si può procedere all’innesto a triangolo
(si veda quanto indicato per il melo a
pag. 30).
Cure agli innesti a gemma. In febbraio si tolgono le protezioni di carta
agli innesti a gemma dormiente effettuati in autunno; liberateli anche dalle legature e da eventuali formazioni di gomma
in corrispondenza delle gemme.
Se le gemme sono attecchite, eliminate il tratto di ramo sopra di esse lasciando però un mozzicone («garretto»)
lungo circa 20 cm a cui legherete i germogli che da esse si svilupperanno.
Se invece le gemme non fossero attecchite troncate poco sopra di esse e ripetete il tentativo effettuando ora un innesto a triangolo.
Pesco e nettarina
Distanze di impianto e forme di allevamento. Prima di procedere alla messa a dimora occorre stabilire le distanze
di impianto, che variano in relazione alla forma di allevamento, al portinnesto,
al tipo di terreno, alla possibilità o meno
di irrigare, all’altitudine, ecc. Prima di
effettuare un impianto, anche se di pochi
alberi, conviene quindi disegnare un
progetto vero e proprio sul quale, tenendo conto dei diversi fattori sopra elenca-
32
Pesco. Astone dopo la messa a dimora:
per i nuovi impianti preferite piante
di uno o due anni a radice nuda
ti, isserete, a seconda della forma di allevamento, lo spazio che occuperà ogni
singola pianta quando sarà entrata in
piena produzione.
Le forme di allevamento del pesco
sono molteplici: palmetta regolare, palmetta irregolare, fusetto, asse centrale,
ipsilon, vaso catalano e vaso.
Citiamo in particolare la forma di allevamento a vaso (nella recente «Guida
illustrata alla potatura delle piante da
frutto: pomacee e drupacee», supplemento al n. 10/2011, viene descritta la potatura del pesco allevato in questa forma).
Con questo termine si intende una
pianta formata da un fusto, dal quale, all’altezza di circa 70 cm da terra, si dipartono tre branche, lunghe 3-4 metri, che
formano tra loro angoli di circa 120° e
che sono inclinate di 30-40° rispetto alla verticale.
In questa forma di allevamento è necessario prevedere uno spazio di circa
20 metri quadrati per pianta, in posizione ben soleggiata e lontano da piante di
alto fusto.
Con questa forma è possibile effettuare tutte le operazioni colturali da terra (potatura secca e verde, diradamento,
raccolta), è più facile la difesa itosanitaria e si ottengono produzioni elevate
(circa 50 kg per albero) e di buona qualità; inoltre non servono strutture di sostegno.
Tra gli svantaggi si possono annoverare i possibili danni da gelate – maggiori che nelle altre forme –, che colpiscono in modo particolare le parti basse della chioma.
Scelta delle piante. Al momento dell’acquisto ci si orienti su esemplari di
uno o due anni a radice nuda, con diametro alla base di circa 2 cm e altezza
intorno ai 2 metri.
Le piante eccessivamente forti (oltre
i 2 metri di altezza e con diametro alla
base di 4-5 cm) hanno poche sostanze di
riserva, avendo vegetato più a lungo, per
cui sono più sensibili ai geli, presentano
dificoltà di radicamento e vegetazione
difforme alla ripresa vegetativa. Anche
le piante eccessivamente deboli (di altezza inferiore al metro e con diametro
alla base di 1-1,5 cm) hanno le stesse
dificoltà.
Una pianta sana e ben sviluppata può
avere un costo d’acquisto leggermente
superiore, ma, se ben conservata e messa a dimora correttamente, darà origine
in dal primo anno a una vegetazione abbondante, presupposto di una rapida entrata in produzione e di una lunga vita
produttiva.
I coltivatori professionisti impiegano
sempre piante a radice nuda di un anno
che, al terzo anno dall’impianto, già forniscono circa 20 kg di frutti per albero,
entrando in piena produzione al quarto
anno, con 40-50 kg per pianta. Inoltre
questo tipo di piante al terzo-quarto anno
si riveste di una vegetazione particolarmente rigogliosa ed elegante.
Controllo della sanità. Al momento
dell’acquisto si deve controllare attentamente sia l’apparato radicale che aereo
delle giovani piante.
Sulle radici, in particolare, si possono annidare malattie che possono mettere in pericolo la vita della pianta.
È il caso dei tumori radicali (Agrobacteriun tumafaciens) che si manifestaSUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Frutteto
no con ingrossamenti a forma di patata
dall’aspetto rugoso e di colore scuro, localizzati nella zona del colletto o sulle
grosse radici. Se queste infezioni si trovano sul colletto, la pianta è sicuramente
destinata alla morte nel giro di poco tempo; se invece sono sulle radici la pianta
può sopravvivere per alcuni anni.
Spesso però il vivaista taglia le radici infette durante l’estirpo, per cui
diffidate sempre degli esemplari che
hanno un apparato radicale eccessivamente potato.
Altre malattie delle radici sono i marciumi radicali (Armillaria mellea e Rosellinia necatrix); questi funghi attaccano una parte o l’intero apparato radicale,
disgregandone i tessuti, e si manifestano
con una muffetta biancastra. Stroinando
le parti ammalate con le mani si sente un
forte odore di fungo.
Ricordiamo tuttavia che sulle radici
delle piante conservate a lungo nei magazzini può comparire, in prossimità del
colletto, una muffa biancastra molto leggera e inodore, che non ha niente a che
vedere con le malattie sopra descritte e
che non serve eliminare.
Le radici possono marcire anche per
asissia radicale, specialmente in quei
vivai dove si è veriicato un ristagno delle acque. In questo caso la radice presenta un forte odore di fogna.
Normalmente però le piante prodotte da bravi vivaisti – che ogni
anno rinnovano il terreno dei loro vivai
e pongono particolare attenzione allo
sgrondo delle acque – non presentano
questi problemi.
Altro riscontro da fare riguarda la
presenza di nematodi galligeni, piccoli
vermi non visibili a occhio nudo che
Pesco. Astone dopo la potatura della
parte radicale: limitatevi ad asportare le
radici rotte e a riilare quelle strappate
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
1
2
3
Pesco. Al momento dell’acquisto controllate la sanità delle piante. 1-Veriicate che
non siano presenti tumori sulle radici e nella zona del colletto: nel giro di qualche
anno questa grave malattia porterebbe la pianta a forti indebolimenti o alla morte.
2-Controllate anche l’assenza di marciumi radicali da Armillaria: questa malattia
si espande nei frutteti a macchia d’olio, colpendo e portando rapidamente a morte
le piante. 3-Osservate la parte aerea e scartate gli astoni che presentano infestazioni di cocciniglie
pungendo le giovani radici formano delle galle di qualche millimetro di diametro, entro le quali si nutrono e si moltiplicano. Se sulle radici il numero delle
galle è molto abbondante viene compromessa la vitalità della pianta, portandola
in alcuni casi alla morte.
Di solito gli esemplari infestati da
nematodi sono prodotti da vivaisti poco accorti o allevati negli orti, laddove
in precedenza era presente l’infestazione sulle radici degli ortaggi. Per accertarvi della presenza o meno di nematodi
in un terreno di cui non sapete nulla, andate alla ricerca dell’erba morella (Solanun nigra) e osservate il suo apparato
radicale: questa specie, infatti, è un ottimo indicatore della presenza di nematodi galligeni.
Controllate attentamente anche la
parte aerea delle piante, scartando quelle che presentano sul fusto infestazioni
di cocciniglie, come la cocciniglia bianca (Diaspis pentagona) o quella di S. Josè (Quadraspidiotus perniciosus). La
prima si cela sotto scudetti di colore
biancastro e del diametro di circa 3 mm,
mentre gli scudetti della cocciniglia di
S. Josè sono di diametro più piccolo
(circa 2 mm), di colore grigiastro e sfuggono facilmente a un occhio poco attento o non avvezzo al riconoscimento; nel
caso di una sua presenza sarà però suficiente sollevare la corteccia con un coltello per notare un leggero arrossamento
del legno sottostante.
Le giovani piante colpite dalle cocciniglie devono essere scartate poiché sicuramente provengono da un vivaio poco curato, oppure sono particolarmente
recettive a queste infestazioni; pur trattandosi di attacchi parassitari risolvibili
con adatti trattamenti insetticidi, dificilmente le piante provenienti da vivaio
che ne sono colpite sono risanabili.
Messa a dimora. Le modalità con
cui si opera sono molto importanti, poiché da esse dipendono l’attecchimento,
la vigoria e la produttività della pianta
nei prossimi anni.
Per la preparazione del suolo raccomandiamo, dove possibile, di smuovere
il terreno dell’intero appezzamento
con il ripuntatore, attrezzo che lavora ino a 70 cm di profondità senza portare
alla supericie lo strato sottostante (si
vedano «i Lavori» di settembre-ottobre
2011, a pag. 32, e «i Lavori» di novembre-dicembre 2011, a pag. 27).
Chi deve mettere a dimora poche piante e non ha la possibilità di procedere come sopra indicato deve aprire delle buche molto grandi per consentire alle giovani radici di espandersi rapidamente. In
un terreno sciolto, cioè tendenzialmente
sabbioso o ricco di scheletro (sassi), la dimensione delle buche deve essere di circa 50×50 cm × 50 cm di profondità; nei
terreni argillosi e pesanti la dimensione
delle buche deve essere aumentata a
70×70 cm × 50 cm di profondità. Dopo
aver completato la buca è opportuno
smuovere ulteriormente il terreno sul
fondo con alcuni colpi di piccone.
Nei terreni argillosi le buche si devono realizzare su un leggero dosso, allo
scopo di evitare che, in caso di piogge
abbondanti, diventino dei contenitori di
acqua. In terreni di questa tipologia ponete sul fondo delle buche dei sassi o
delle pietre (evitate però di usare materiali di demolizione) per garantire il drenaggio; nei terreni sciolti (sabbiosi o
ghiaiosi), invece, questa operazione non
è necessaria.
Quando preparate le buche, mettete da una parte il terreno dei primi
20 cm poiché, alla ine dell’impianto,
questo deve tornare nella stessa posizione di partenza. Questo strato supericia-
33
Frutteto
le del terreno – dove si localizzano la
maggior parte delle radici – è infatti particolarmente ricco di microrganismi,
utili poiché trasformano le sostanze insolubili in elementi nutritivi assorbibili
dalle piante.
Una volta realizzate le buche, rimettete nelle stesse il terreno che si trovava
sul fondo, sistemandolo a cono. Quando
siete prossimi all’altezza ideale a cui va
posizionato l’apparato radicale, spargete sul cumulo parte del terreno che si
trovava in supericie, formando uno strato di qualche centimetro.
Ricordate che la giusta posizione dell’apparato radicale è quella che la pianta aveva in vivaio, data da madre natura
e cioè con il colletto (punto di inserzione delle radici sul fusto) posto 2 cm sotto il livello del terreno. Molto spesso i
coltivatori hobbisti ritengono che le
piante messe a dimora in profondità soffrano meno la siccità: nulla di più sbagliato! Le piante poste a dimora con le
radici troppo in profondità tendono
a non attecchire o a fornire una vegetazione molto debole.
Prima della messa a dimora, dopo
aver attentamente controllato la sanità
dell’apparato radicale, è possibile che si
renda necessario tagliare le radici lesionate. In linea generale non si dovrebbe
potare l’apparato radicale, per non correre il rischio di togliere alla pianta la
possibilità di nutrirsi in modo rapido,
compromettendo l’attecchimento. Eliminate quindi solo le radici rotte e cimate quelle che si sono strappate durante
l’estirpo in vivaio o nel trasporto. Se le
radici fossero molto lunghe, non accor-
34
Foto: Silvio Caltran
Pesco. Dopo la messa a dimora somministrate una decina di litri di acqua allo
scopo di far aderire la terra alle radici,
favorendone così l’attecchimento
ciatele bensì ingrandite la buca.
Sistemate l’apparato radicale della
pianta sul cono di terra alla giusta altezza ricoprendolo, sempre a cono, con il
terreno che si trovava in supericie. Quando la pianta posta sul cumulo avrà tutte
le radici coperte da uno strato di terra di
1-2 cm, distribuite del letame maturo (812 mesi) alla periferia della buca, nei
suoi quattro angoli, in ragione di circa
20 kg per pianta.
Ricordiamo che, se il letame venisse posizionato sotto le radici, anche
se miscelato al terreno, nel giro di qualche mese perderebbe volume, trascinando la pianta verso il basso e compromettendo così il suo attecchimento.
Per questa concimazione d’impianto
si può utilizzare letame bovino, equino,
di coniglio e ovino, mentre è da evitare
il letame degli avicoli (pollina) poiché
troppo ricco di azoto ureico che potrebbe causare ustioni all’apparato radicale.
Quest’ultimo tipo di letame può essere
usato solo se opportunamente miscelato
agli altri e lasciato maturare con gli stessi per circa 12 mesi.
Chi non ha la possibilità di impiegare del letame maturo può ricorrere all’uso di compost, in ragione di 10 kg circa per pianta; oppure si possono utilizzare concimi organici essiccati reperibili presso le rivendite di prodotti per
l’agricoltura; in questo caso la quantità
da impiegare è di 1-2 kg per pianta.
Da evitare invece l’impiego di qualsiasi concime chimico, anche in piccole
quantità, poiché si correrebbe il rischio
di ustionare le radici. La concimazione
chimica andrà effettuata quando la vegetazione avrà una lunghezza di circa 20
cm (alla fine di maggio), prevalentemente con concimi azotati.
Dopo la distribuzione della sostanza
organica, si riempie la buca di terra, ma
senza schiacciarla poi con i piedi. È
infatti un errore cercare di far aderire la terra alle radici al termine
della messa a dimora, perché si corre il
rischio di rompere i numerosi peli radicali che sono preposti all’assorbimento
delle sostanze nutritive.
L’operazione si conclude lasciando invece una leggera conca tutt’intorno alla
base della pianta, entro la quale versare
una decina di litri di acqua: percolando
questa farà aderire la terra alle radici senza causare danni all’apparato radicale.
Questa irrigazione va effettuata sempre, anche se il tempo minaccia
pioggia o gelo; infatti gli apparati radicali risentono molto della siccità e del gelo
se restano esposti all’aria. Dopo coprite
con del terreno asciutto: si evita così che
l’acqua evapori.
Al termine della messa a dimora si
deve provvedere alla potatura della parte
aerea (vedi «Guida illustrata alla potatura delle piante da frutto: pomacee e drupacee», supplemento al n. 10/2011, a pagina 16).
Controllo delle erbe infestanti. La
pacciamatura è una tecnica colturale
che impedisce lo sviluppo di erbe infestanti alla base della pianta, evitando così un’eventuale competizione con la
pianta stessa. Essa può essere effettuata
con materiale plastico o organico.
Soprattutto i frutticoltori professionisti
impiegano film di plastica nera dello
spessore di 0,10 mm e della larghezza di
120 cm. La posa in opera avviene subito
dopo l’impianto, praticando nel ilm tagli
longitudinali in corrispondenza delle
piante (che devono essere già potate),
quindi posizionandolo lungo il ilare e issandolo lateralmente con della terra. Sotto il telo pacciamante si può prima stendere una manichetta per l’irrigazione.
L’apparato radicale che si sviluppa
sotto il telo risulta molto espanso e ine,
soprattutto nello strato supericiale del
terreno, e provoca nelle piante un grande sviluppo. Ciò è determinato dal riscaldamento del terreno in seguito alla
Pesco.
La pacciamatura
impedisce
lo sviluppo
di erbe infestanti
alla base delle
giovani piante.
Si possono
impiegare ilm
di plastica nera
posti in opera
subito dopo
l’impianto
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Foto: Silvio Caltran
Frutteto
Pesco. La potatura è il lavoro più importante di questo periodo: nella recente
«Guida illustrata alla potatura delle
piante da frutto: pomacee e drupacee»,
supplemento al n. 10/2011, viene descritta la potatura di allevamento e di produzione del pesco nella forma a vaso
copertura con ilm di colore nero, il quale attrae calore stimolando lo sviluppo
delle radici e quindi dell’intera pianta.
La durata nel tempo del ilm plastico,
se non viene calpestato continuamente,
è molto lunga (8-10 anni).
La pacciamatura può essere effettuata anche con l’erba trinciata (per esempio quella del giardino), che va posizionata attorno al fusto. Questa soluzione
favorisce la vita dei lombrichi i quali, oltre ad arieggiare il terreno con le loro
gallerie, trasformano l’erba in humus,
importante riserva di elementi nutritivi
per le piante. Per avere un effetto pacciamante duraturo, si deve integrare l’erba della pacciamatura ad ogni sfalcio: in
questo modo i semi delle infestanti non
riescono a germinare.
Questa tecnica colturale non presenta controindicazioni per il pesco e le
drupacee in genere, mentre per melo,
pero e actinidia la pacciamatura, sia
d’erba che con il ilm di plastica, può essere pericolosa perché durante il periodo
invernale richiama le arvicole (piccoli
topi di campagna) che, sotto questa, scavano delle gallerie e rodono le radici.
La pratica della lavorazione del terreno in prossimità del fusto per contrasrtare le infestanti è caduta in disuso ormai da molti anni, poiché causa più problemi che beneici. Infatti le lavorazioni,
anche se supericiali, provocano sempre
delle lesioni all’apparato radicale che
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
può essere colpito da malattie fungine
(marciumi da Armillaria o buona famigliola), batteriche (tumori radicali) o da
insetto (nematodi).
Se si prevede di effettuare degli interventi diserbanti durante il periodo
estivo conviene applicare in d’ora delle
protezioni di materiale plastico alla base
delle giovani piante: bottiglie di plastica, tipo quelle dell’acqua minerale, opportunamente tagliate e private del fondo e del collo, o apposite protezioni in
vendita presso i rivenditori di prodotti
per l’agricoltura.
Buona pratica sarebbe quella di effettuare un diserbo subito dopo l’impianto
impiegando un prodotto antigerminello, cioè in grado di impedire la germinazione dei semi delle erbe infestanti senza però causare danni alle giovani piantine. Si può impiegare un prodotto a base di oxadiazon (Gallery o Ronstar FL)
alla dose di 100 grammi per 1.000 metri
quadrati di supericie trattata.
Per avere un buon effetto il diserbo
deve essere seguito, nel giro di qualche
giorno, da una leggera bagnatura che penetri per qualche centimetro nel terreno.
Potatura di allevamento e di produzione. Per queste operazioni rimandiamo alla recente «Guida illustrata alla
potatura delle piante da frutto: pomacee
e drupacee», supplemento al n. 10/2011,
nella quale viene descritta la potatura di
allevamento e di produzione del pesco
nella forma a vaso.
Albicocco
Nuovi impianti. Per quanto concerne le modalità di impianto, la preparazione delle buche, la messa a dimora, il
Albicocco. Per la pacciamatura, al ine
di impedire la nascita di infestanti, può
essere impiegata anche l’erba sfalciata
controllo della sanità e la potatura delle
giovani piante al primo anno si devono
seguire le indicazioni date per il pesco
(vedi pag. 32 e seguenti).
Gli astoni di albicocco di norma hanno un diametro maggiore di quelli del
pesco, sono ben rivestiti di gemme lungo il loro asse e di solito non vi è il pericolo di germogliamenti irregolari: alla
ripresa vegetativa i germogli sono molto
numerosi, per cui non si avrà alcuna dificoltà a scegliere quelli che dovranno
formare la struttura dell’albero.
Potatura di allevamento e di produzione. Per queste operazioni rimandiamo alla recente «Guida illustrata alla
potatura delle piante da frutto: pomacee
e drupacee», supplemento al n. 10/2011,
nella quale viene descritta la potatura di
allevamento e di produzione dell’albicocco nella forma a vaso.
Susino
Nuovi impianti. Per quanto concerne le modalità di impianto, la preparazione delle buche, la messa a dimora, il
controllo della sanità e la potatura delle
giovani piante al primo anno si devono
seguire le indicazioni date per il pesco
(vedi pag. 32 e seguenti).
Potatura di allevamento e di produzione. Per queste operazioni rimandiamo alla recente «Guida illustrata alla
potatura delle piante da frutto: pomacee
e drupacee», supplemento al n. 10/2011,
nella quale viene descritta la potatura di
allevamento e di produzione del susino
nella forma a vaso.
Ciliegio
Nuovi impianti. Per coloro che decidono in questo periodo di acquistare ciliegi da porre a dimora, ricordiamo quelle varietà che dimostrano un buon comportamento nei vari ambienti, elencandole in ordine di maturazione: Burlat
(dando preferenza alla selezione Burlat
C1), Giorgia, Grace Star (la sola autofertile di questo gruppo), Van, Ferrovia.
A queste, per le fresche vallate alpine
e prealpine, si aggiungono Kordia e Regina che, nell’ordine, maturano dopo
Ferrovia. Tutte si impollinano reciprocamente.
Inine, chi si trova in ambiente in cui
le piogge frequenti possono provocare
facilmente spaccature sui frutti, può preferire Adriana, che per ora risulta la va-
35
Frutteto
Ciliegio. Epoca media di maturazione delle varietà più diffuse
Prealpi
piemontesi,
lombarde e venete
Pianura
e bassa collina di Veneto,
Emilia-Romagna e Marche
Italia
meridionale
e insulare
1-Burlat
5-10 giugno
25-30 maggio
20-25 maggio
2-Giorgia
15-20 giugno
6-11 giugno
28 maggio-2 giugno
3-Grace Star
17-22 giugno
8-13 giugno
31 maggio-5 giugno
4-Van
24-29 giugno
11-16 giugno
4-9 giugno
5-Ferrovia
27 giugno-2 luglio
18-23 giugno
11-16 giugno
6-Kordia
27 giugno-2 luglio
15-20 giugno
11-16 giugno
7-Regina
3-8 luglio
24-29 giugno
20-25 giugno
Varietà
1
5
2
3
6
rietà più resistente a tale danno. È una
varietà autosterile, ben impollinata da
Giorgia e Burlat C1, un po’ lenta nell’entrare in produzione ma ben produttiva quando la pianta è adulta poiché fruttiica anche sui rami di un anno. Per questa sua caratteristica deve essere attentamente potata per rinnovare frequentemente le ramiicazioni. La raccolta di
Adriana ha inizio all’incirca 12-14 giorni dopo Burlat C1, ma le sue ciliegie resistono molto bene sulla pianta.
È da tenere presente però che in ogni
regione esistono varietà tradizionali di
altrettanto buon comportamento a cui
molti coltivatori e consumatori sono affezionati. Così, per esempio, in Campania sono diffuse Malizia, Del Monte e Della Recca che, rispetto a Burlat
C1, maturano rispettivamente all’incirca dopo 12 giorni, 17 giorni e 19 giorni.
Malizia è impollinata da Giorgia e Ferrovia; Del Monte e Della Recca possono essere impollinate da una varietà au-
36
4
7
tofertile.
Nel Veronese sono note Mora dalla Punta e Mora di Cazzano, che maturano circa 16 giorni dopo Burlat; non si
impollinano fra loro ma sono impollinate da Giorgia.
In Emilia-Romagna sono da ricordare in particolare Anellone e Durone Secondo di Vignola (ambedue impollinati da Grace Star); il primo matura più
o meno con Ferrovia e il secondo 3-4
giorni dopo; e poi quella che gli emiliani chiamano la «ciliegia» (distinguendola dai Duroni) e cioè la dolcissima e produttiva Mora (o Moretta) di Vignola, che
matura poco dopo Burlat ed è impollinata da questa e dal Durone Secondo.
Potatura. Pur ricordando che il periodo più adatto per la potatura invernale
cade dopo che sono passati i forti freddi,
parliamo di questa operazione in da ora
pensando a coloro che, in ambienti con
clima mite, possono cominciare a inter-
venire già a ine febbraio.
Ricordiamo ancora che la potatura
invernale è la più conveniente per i ciliegi innestati su portinnesti deboli o comunque per quelli di scarso vigore; infatti il taglio di rami in fase di riposo ne
stimola poi la vegetazione. È altrettanto
conveniente quando si devono effettuare tagli di grossi rami o branche su alberi vigorosi, su i quali la potatura normale
deve essere invece eseguita in estate dopo la raccolta, per tenere a freno lo sviluppo della pianta.
A proposito di interventi su grosse
branche, per esempio nel caso di consistenti tagli di ritorno per abbassare la
chioma, si tenga presente che si lasciano esposte ai raggi solari le parti inferiori dello scheletro, le quali ino a quel
momento erano ombreggiate dalla vegetazione soprastante. Per evitare che la
insolazione determini essiccazione della corteccia e insorgenza di
cancri pericolosi, verniciate di bianco
(con latte di calce) il tronco e le branche rimaste.
Il colore bianco infatti rilette i raggi
solari, e quindi il loro calore, impedendo la scottatura della corteccia.
Nella «Guida illustrata alla potatura
piante da frutto: pomacee e drupacee»,
supplemento al n. 10/2011, avete trovato
le indicazioni per l’allevamento e la potatura di produzione di ciliegi a fusetto.
Riteniamo però opportuno dare qualche
indicazione supplementare nel caso abbiate di fronte alberi che mostrano comportamento diverso da quello schematizzato nella Guida suddetta, come quelle delle foto nella pagina successiva.
Concimazioni. Per questo lavoro occorre distinguere tra piante in allevamento e piante in produzione, tenendo
conto del portinnesto.
Piante in allevamento su portinnesti
vigorosi. Per i ciliegi in allevamento su
portinnesti vigorosi – per esempio franco e malebbo (o Santa Lucia) – se per
caso non avevate fatto la concimazione fosfo-potassica autunnale, si può distribuire un concime composto del tipo
NPK 12-12-12 se il terreno ha fertilità
media, oppure del tipo NPK 20-10-10 se
ha fertilità scarsa. Dell’uno o dell’altro
ne darete circa 300 grammi a una pianta di due anni per arrivare a 500 grammi
circa per una pianta di cinque anni.
Piante in allevamento su portinnesti deboli. Per i ciliegi in allevamento su portinnesti deboli (Gisela, Weiroot, CAB) conviene stimolare lo sviluppo vegetativo dell’albero per evitare
che una precoce entrata in produzione lo
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Frutteto
iacchi limitandone le crescita (e la produzione) nel terzo-quarto anno. Per queste piante, sempre nel caso che non abbiate provveduto in autunno e tenendo
conto della fertilità del terreno, le quantità dei concimi sopraindicati dovranno
essere aumentate di circa un terzo.
Piante in produzione. Anche per i ciliegi in produzione ci si dovrà basare sul
portinnesto. Con un portinnesto tradizionale (malebbo o franco o Colt) un ciliegio per uso famigliare può dare buone
e costanti produzioni anche senza concimi, a meno che il terreno non sia di fertilità proprio scarsa. Gli può essere se mai
utile un po’ di irrigazione nel periodo
che va dall’invaiatura alla raccolta.
Diversa considerazione deve essere
fatta per un ciliegio innestato su un portinnesto debole che presenta un apparato radicale meno esteso. In questo caso
bisogna evitare, come prima detto, che
un’eventuale scarsa attività vegetativa si
ripercuota negativamente sulla produttività dell’albero e sulla dimensione dei
frutti. Pertanto nel caso che non si sia effettuata la concimazione fosfo-potassica
autunnale, conviene impiegare un concime composto NPK del tipo 24-8-16
in quantità di 600-700 grammi per albero; se invece quella era stata eseguita, si
somministri ora nitrato ammonico-26 in
dose, anche in questo caso, di 600-700
grammi per albero.
Innesti. Chi dovesse effettuare innesti, tenga presente che febbraio è il mese
adatto per ricorrere all’innesto a triangolo (vedi pag. 30).
a
a
a
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1
2
Ciliegio. In una pianta di medio vigore all’inizio del quarto anno molto carica di
gemme a iore occorre un alleggerimento generale di rami (a) per evitare che un’elevata allegagione freni il rinnovo vegetativo, specialmente se si tratta di una varietà
autofertile. Nelle foto, l’albero prima (1) e dopo (2) la potatura
Foto: Gino Bassi
Mandorlo
Tra gennaio e febbraio ioriscono diverse varietà di mandorlo. Le varietà che
vanno in ioritura prima del 20 gennaio
sono dette a fioritura precoce, mentre
sono rispettivamente a ioritura medioprecoce, media e medio-tardiva le varietà che ioriscono nell’ultima decade di
gennaio, nella prima decade di febbraio
e nella seconda decade di febbraio.
Se si osservano i rami dei mandorli
a
a
a
a
1
2
Ciliegio. 1-Pianta molto vigorosa in cui è necessario eseguire tagli di ritorno relativamente energici (a). 2-La stessa pianta dopo la potatura
Foto: Gino Bassi
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
prima della ioritura si potranno distinguere le gemme a iore da quelle a legno. Le prime hanno forma tondeggiante, le seconde invece sono sottili e terminano a punta.
Prima che inizi la ioritura è bene effettuare la potatura delle piante. In generale possiamo parlare di due tipi di
potatura, quella che si fa nelle piante
giovani, detta potatura di allevamento, e
quella da effettuare sulle piante adulte,
cioè la potatura di produzione.
La potatura di allevamento consiste
nell’accorciare le branche a circa 1/3
della loro lunghezza, lasciando alla ine
della branca una gemma rivolta verso
l’esterno, in modo da predisporre la
pianta a espandere la chioma. La seconda mira a dare equilibrio alla parte produttiva della pianta rispetto a quella vegetativa.
Una buona potatura di produzione
evita che, più in là nella stagione, la parte interna della chioma sia affollata di
rami che impedirebbero la corretta penetrazione della luce e una buona circolazione dell’aria.
La potatura va effettuata tutti gli anni
e non deve essere mai esasperata. Se sono sovrabbondanti vanno sfoltiti i rami
misti, cioè quelli che portano sia gemme
a iore che a legno. Vanno sempre eliminati i rami secchi e quelli malati.
Se in azienda si dispone di trinciasarmenti o trinciastocchi, è buona cosa triturare i residui della potatura e poi utilizzare il materiale ottenuto per prepara-
37
Frutteto
Mandorlo. Tra gennaio e febbraio
iorisce la maggior parte delle varietà
re del compost utile poi come fertilizzante del terreno. Qualora ciò non sia
possibile, i residui della potatura
vanno allontanati dal frutteto e bruciati, per evitare la formazione di focolai di parassiti della pianta. Sempre vanno bruciati i rami malati e secchi.
Ricordiamo che nella recente «Guida
illustrata alla potatura delle piante da
frutto: pomacee e drupacee», supplemento al n. 10/2011, è stata illustrata la potatura di allevamento e di produzione nella
forma a vaso, largamente adottata per le
tutte le drupacee, mandorlo compreso.
In questo bimestre si può effettuare
anche la concimazione. Allo scopo, se
c’è la possibilità di reperire del buon letame maturo (possibilmente bovino), lo
si utilizza alla dose di 30 kg per pianta.
In alternativa si ricorre a concimi chimici ternari, cioè dotati di azoto, fosforo e
potassio (simboli N, P, K), elementi indispensabili per la vita della pianta. Per
esempio si può utilizzare un concime
NPK 10-10-10 da distribuire alle dosi di
2 kg per pianta se giovane o di 3 kg per
pianta se adulta.
Prima di procedere alla concimazione sarebbe sempre bene conoscere la
dotazione di elementi nutritivi del proprio terreno. Ricordate comunque di effettuare la distribuzione del concime
H
I
sulla superficie corrispondente alla
proiezione della chioma sul terreno, che
è la zona esplorata dalle radici.
Dopo l’operazione va effettuata una
lavorazione del terreno al ine di interrare i concimi stessi. Si faccia attenzione a non scendere con gli attrezzi di lavoro al di sotto di 15 cm di profondità,
altrimenti si corre il rischio di danneggiare le radici supericiali delle piante.
A cavallo tra la ine di febbraio e l’inizio di marzo, si possono invece eseguire
gli innesti a marza, a spacco sulle piante più piccole e a corona su quelle adulte.
Le temperature miti dell’Italia meridionale consentono di anticipare di una decina di giorni le operazione di innesto.
Interventi itosanitari
per le drupacee
Durante l’inverno le piante si trovano
nella fase di riposo vegetativo. È quindi il
momento di procedere alla potatura secca che, oltre a essere operazione indispensabile per evidenti motivi agronomici, è utile per individuare ed eliminare
parti di pianta colpite da alcune malattie.
È il caso per esempio delle «mummie», frutti che sono stati attaccati durante l’estate dalla monilia (vedi foto H)
e che si sono disseccati restando appesi
ai rami. Da questi frutti, se lasciati sulla
pianta, a primavera partiranno le nuove
infezioni di monilia. Quindi vanno
asportati e bruciati o interrati.
Se notate sui rami la presenza di cocciniglia, ricordate di effettuare uno speciico intervento durante il mese di marzo, come indicato nel prossimo numero
de «i Lavori».
Per pesco e nettarina, quando la
temperatura media giornaliera si aggira intorno ai 7-8 °C (cioè in genere nella prima metà di febbraio), in corrispondenza della rottura della gemme a legno apicali si effettua il primo intervento contro la bolla del pesco (vedi foto I)
L
Mandorlo. Tra la ine di febbraio e l’inizio di marzo, si possono invece eseguire
gli innesti a marza, a spacco e a corona.
Nella foto: innesto a triangolo
e il corineo (vedi foto L). Questo trattamento, insieme a quello effettuato lo
scorso autunno durante la caduta delle
foglie, rappresenta la base per la difesa
contro tali avversità.
Trattate con ossicloruro di rame-20
(bio, irritante) alla dose di 800 grammi
per 100 litri di acqua (rispettate comunque le dosi di etichetta).
Lo stesso intervento, effettuato sempre alla rottura delle gemme su susino,
albicocco e ciliegio sarà utile per il
controllo del corineo (vedi foto L) e della batteriosi (vedi foto M).
Le indicazioni sopra riportate valgono anche per il mandorlo, per il quale
è buona norma effettuare un trattamento
con prodotti a base di prodotti rameici
dopo la potatura per disinfettare le ferite
provocate dagli attrezzi da taglio (forbici, seghetti, ecc.) ed evitare l’insorgere
di malattie di origine fungina (bolla e
corineo).
M
Drupacee. H-Le «mummie» dei frutti attaccati dalla monilia vanno asportate ed eliminate. I e L-Nella prima metà di febbraio
è necessario effettuare il primo trattamento con prodotti a base di rame contro la bolla (I) e il corineo (L). M-Il medesimo
trattamento è utile per il controllo del cancro batterico (Pseudomonas syringae). Nella foto: branca di albicocco deformata
dall’infezione batterica; le ferite causate dai tagli di potatura sono state protette con mastice
38
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Frutteto
AGRUMI
Lavori
Raccolta. La maggior parte degli agrumi italiani si raccoglie in questo bimestre.
Si prevede una campagna di raccolta molto lunga, soprattutto per quelli a polpa
rossa, che si esaurirà nel mese di maggio
e che evidenzierà un aumento di produzione del 15-20% rispetto al 2010-2011.
I frutti vanno raccolti quando sono
perfettamente asciutti e vanno posti nelle cassette di raccolta evitando gli urti.
La corretta manipolazione evita lesioni
alla buccia, la penetrazione di acqua e lo
sviluppo di marciumi. È buona norma,
come regola generale, ridurre al minimo
i tempi della loro permanenza nei contenitori prima della vendita: il miglior modo per conservare i frutti di agrume è
quello di lasciarli attaccati alla pianta.
Entro gennaio potete ancora intervenire con l’unico fitoregolatore anticascola autorizzato su agrumi, il Maxim
della ditta Gobbi, non classiicato, dimezzando le dosi consigliate (quindi
mezza pillola per 100 litri d’acqua), allo
scopo di prolungare la raccolta dei frutti di due mesi rispetto alla norma.
Il trattamento deve però essere fatto entro gennaio, pena una riduzione della produzione dell’anno prossimo
e una scarsa eficacia anticascola.
Negli ultimi anni è aumentata enormemente l’attenzione al rispetto delle
norme igieniche in fase di raccolta; è
importante infatti prevenire la contaminazione dei frutti da parte di microrganismi dannosi per l’uomo per mezzo di
forbici, tute, guanti o contenitori per la
raccolta. I frutti caduti o che sono rimasti a contatto con il terreno, anche solo
per un breve periodo, è quindi preferibile che non siano destinati al consumo.
Le cassette per la raccolta devono essere igienicamente sicure: non vanno utilizzate per altri scopi e prima dell’uso occorre lavarle accuratamente con pompe
Agrumi. Frutto di pompelmo danneggiato dal gelo: questa specie, insieme al limone, è la più sensibile al freddo
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Agrumi. La maggior parte degli agrumi
si raccoglie in questo bimestre: i frutti
vanno staccati quando sono asciutti e
riposti nelle cassette evitando gli urti e
lesioni alla buccia
Agrumi. La cascola dei frutti è un fenomeno isiologico, se ne può rallentare il
processo mediante l’uso di itoregolatori
ad acqua ad alta pressione e detersivi.
Fate attenzione agli animali domestici e selvatici: è bene allontanarli dagli
agrumeti nel periodo della raccolta.
Prima di iniziare la raccolta è importante annotare gli eventuali problemi itosanitari presenti, per esempio i danni
da infestazioni di insetti, eseguendo una
mappatura delle piante più infestate, allo scopo di programmare in primavera
l’esecuzione di lanci di insetti utili in
modo preventivo e mirato.
Sempre prima della raccolta, segnate
con un pennello i tronchi delle piante che
mostrano naturale tendenza a mutazioni
degenerative che sono peggiorative della
qualità dei frutti: in primavera, quando
non sarebbe più possibile riconoscere
una pianta mutata da una normale, saranno facilmente individuabili grazie al segno lasciato e si provvederà alla loro sostituzione con piantine certiicate.
Gestione del suolo. La copertura
erbosa del terreno nel periodo invernale
va in genere salvaguardata, perché utile
alla buona gestione dell’agrumeto e, se
non supera i 20 cm di altezza, non compete nell’assorbimento dell’acqua. Inol-
tre, in caso di piogge battenti, la copertura erbosa riduce notevolmente la quantità di schizzi d’acqua, che possono trasportare spore di itoftora sui frutti vicini al terreno. Agevola, inine, il passaggio dei mezzi meccanici.
Nelle aree maggiormente soggette alle gelate, invece, è opportuno ridurre a
zero la copertura vegetale mediante una
lavorazione del terreno: la lora spontanea, infatti, riduce l’assorbimento dei
raggi solari da parte del terreno, aumentando il rischio di danni da gelo.
Gli sfalci della lora spontanea a ciclo
autunno-invernale vanno effettuati a ine
inverno, perché hanno un effetto «pacciamante» che riduce la nascita e lo sviluppo di quella a ciclo primaverile-estivo, la meno desiderata perché entra in
competizione con gli agrumi per l’acqua
e gli elementi nutritivi.
In tal caso è utile effettuare la concimazione tramite l’impianto irriguo in
primavera, se necessario, per allungare
il periodo di permanenza della «pacciamatura» naturale.
Fate attenzione a non ferire le piante
durante le lavorazioni meccaniche, per
evitare il diffondersi di funghi del genere
Fusarium, agenti del marciume secco; segnaliamo però che l’esatta causa di questa
malattia non è ancora stata determinata.
Queste infezioni sono più frequenti
sui nuovi portinnesti citrange, nel complesso più tolleranti però al virus della
«Tristeza». La malattia si manifesta anche in concomitanza di infezioni da itoftora e di danni da tossicità per eccessive dosi di fertilizzanti e diserbanti.
Nessun trattamento chimico è eficace.
Potatura e concimazione. Poiché gli
agrumi sono piante sempreverdi, ricordiamo che la potatura e la concimazione minerale effettuati adesso provocherebbero un anticipo dell’attività vegetativa, con un conseguente aumento di
eventuali danni da gelo, nelle aree soggette a tale rischio, e di malsecco del limone.
È utile in questo periodo alzare con
forcelle di legno le ramificazioni più
basse, che per il peso dei frutti tendono
a strisciare sul suolo, anche per ridurre
le infezioni di allupatura o marciume
bruno dei frutti.
In questo periodo è invece possibile
effettuare la concimazione organica.
Utilizzando letame maturo, alla dose di
qualche decina di quintali per ettaro, si
otterrà un aumento della massa delle radici assorbenti e una riduzione dei danni da tripidi, perché la sostanza organica
favorisce la proliferazione dei loro predatori nel terreno.
39
Frutteto
Inine, se non siete in zone a rischio
di gelo e non coltivate limone, una o due
concimazioni fogliari invernali a base
di urea tecnica, alla dose di 0,5-1 kg per
100 litri d’acqua, si sono dimostrate eficaci nello stimolare la produzione dei
iori (riducendo quindi l’eventuale alternanza di produzione) e nell’aumentare
la salute generale delle piante.
Le concimazioni fogliari integrano
bene la concimazione organica, che
inevitabilmente ritarda e riduce la disponibilità di azoto nel terreno nei periodi invernali più freddi. Grazie all’integrazione
di queste tecniche i frutti miglioreranno
in quantità e in qualità.
Prima di concimare giovani piantine
appena impiantate, aspettate almeno sei
settimane o che stiano vegetando, segno
che sono attecchite.
Agrumi. Nel periodo invernale la copertura erbosa del terreno agevola il passaggio dei mezzi meccanici. Inoltre in caso di piogge battenti riduce la quantità
degli schizzi d’acqua che possono trasportare spore di itoftora sui frutti
Interventi itosanitari
per gli agrumi
I marciumi radicali e le infezioni da
itoftora (vedi foto N) si presentano con
lesioni alla corteccia, che si solleva, e
fuoriuscita di sostanze gommose dalla
parte basale del tronco. La pianta può subire gravi danni su fusto e radici che ne
compromettono lo stato di salute generale, ino anche alla morte.
Per una diagnosi precoce, il primo
sintomo cui dovete prestare attenzione è
l’ingiallimento accentuato delle foglie,
compresa la nervatura centrale; successivamente le foglie cadono e i rametti
disseccano. Sulle radici più piccole si
possono riscontrare lesioni dette a «occhio di rana».
La cura prevede la rimozione dello
strato supericiale del terreno, in modo
da scoprire le radici principali, quindi la
distribuzione sulla parte basale del tronco di abbondanti quantitativi di prodotti
a base di rame, per esempio ossicloruro
di rame-20 (bio, non classiicato) alla dose di 500 kg per 100 litri di acqua. È poi
N1
N2
Agrumi. L’eliminazione della flora
spontanea mediante una lavorazione del
terreno è necessaria nelle aree maggiormente soggette alle gelate. L’erba riduce infatti l’assorbimento dei raggi solari da parte del terreno, aumentando il
rischio di danni da gelo
sicuramente utile ricoprire il piccolo
scavo alla base del tronco con del pietrisco sottile, che garantisca per molti anni
ottimali condizioni di aerazione.
Le piante morte vanno estirpate in questo periodo e rimpiazzate in primavera.
Una malattia collegata ai marciumi ra-
dicali è l’allupatura o marciume bruno
dei frutti (vedi foto O), che si presenta
maggiormente nelle annate piovose e che
rende i frutti assolutamente non idonei alla commercializzazione. I sintomi compaiono principalmente sui frutti maturi o
quasi maturi; inizialmente la buccia mostra delle lesioni color cuoio che sembrano impregnate d’acqua, ma ben presto i
frutti diventano morbidi, con un colore
tra il marrone chiaro e marrone oliva e un
odore pungente. I frutti colpiti cadono e
occasionalmente anche rametti, foglie e
iori infetti mostrano un imbrunimento.
Il malsecco dei limoni (vedi foto P) è
favorito dalle ferite causate da grandinate
o forte vento, frequenti in questo periodo
invernale. Limone, cedro e bergamotto
sono le specie più sensibili; i primi sintomi si manifestano sulle foglie presenti
nella parte terminale di rami che mostrano decolorazioni e ingiallimenti, soprattutto in corrispondenza delle nervature;
con il tempo si ha caduta delle foglie e il
disseccamento dei rametti. Nel caso di
infezioni della parte aerea il decorso della malattia è lento e si ha l’emissione di
numerosi polloni; se invece l’infezione
prende avvio dalle radici, si ha la morte
della pianta in breve tempo. Altro sintomo è costituito dalla tipica colorazione
salmone che assume il legno infetto.
In questo bimestre freddo e umido si
possono sviluppare anche infezioni del
batterio Pseudomonas syringae. Di solito iniziano con lesioni nerastre nel picciolo delle foglie e progrediscono sino alla loro inserzione; a seguito dell’infezione si può seccare l’intero rametto. Il danno è più marcato sul lato della pianta più
esposto al vento invernale prevalente. Sui
frutti possono apparire piccole macchie.
Per tutte le avversità sopra elencate,
all’evidenziarsi dei sintomi irrorate con
poltiglia bordolese-20 (bio, non classiicato o irritante, tempo di sicurezza 20
giorni) alla dose di 750 grammi per 100
litri di acqua.
O
Agrumi. N-Il primo sintomo di un attacco di itoftora è l’ingiallimento delle foglie (1),
nervatura centrale compresa, che successivamente cadono, e il disseccamento dei rametti. Sulle radici più piccole si possono riscontrare lesioni cosiddette a «occhio di rana» (2).
O-Frutto di limone con i sintomi dell’allupatura. P-Il malsecco del limone (vedi freccia)
è favorito dalle ferite causate da grandinate o forte vento
40
P
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Frutteto
ALTRE SPECIE IMPORTANTI
Actinidia
«Guida illustrata alla potatura delle piante da frutto»:
con il numero di febbraio è in arrivo la seconda parte
Ricordiamo che con il prossimo numero di febbraio verrà pubblicata anche la
seconda parte della «Guida illustrata alla potatura delle piante da frutto» nella quale i nostri esperti vi forniranno le indicazioni di base per la potatura di allevamento e di produzione di actinidia, olivo, castagno, nocciòlo, piccoli frutti,
kaki, ico, noce, nespolo comune e nespolo del Giappone.
In questo bimestre, con riferimento al
Nord Italia, l’actinidia si trova nella fase di «riposo invernale»; al Centro e al
Sud l’anticipo è mediamente di 15-30
giorni e pertanto a ine bimestre le piante potranno trovarsi nelle successive fasi di «ingrossamento gemme» e «schiusura gemme».
Lavori
Preparazione del terreno e nuovi
impianti. Prima di trattare l’argomento
ricordiamo che, a causa del diffondersi della batteriosi (o cancro batterico o psa, vedi a pag. 42), alcune Regioni (ad esempio il Veneto e la Lombardia) hanno decretato il divieto di attuare nuovi impianti di actinidia ino al
31 dicembre 2012: poiché il problema è
in rapida evoluzione veriicate se vi sono divieti in vigore anche nella vostra
zona, informandovi presso i Servizi itosanitari della Regione.
Per quanto concerne la preparazione
del terreno valgono le indicazioni fornite ne «i Lavori» di novembre-dicembre
2011, a pag. 33.
L’actinidia è una pianta che necessita
di molta acqua, la quale però non deve ristagnare per non creare problemi di asissia radicale o malattie tipo armillaria o itoftora. I terreni migliori sono quelli sciolti o ricchi di scheletro, con una percentuale di sostanza organica di oltre il 2,5% e
un basso contenuto di calcare attivo.
Questa specie mal sopporta i terreni
con un contenuto di calcare attivo di oltre il 4%; al di sopra di questo valore le
piante faticano ad assorbire il ferro e
ciò è causa di vistosi ingiallimenti
della vegetazione (cloriosi ferrica),
con frutti che presentano una polpa giallognola, che non si prestano alla conservazione e che hanno un gusto pessimo. I
forti ingiallimenti della vegetazione sono costosi e dificili da curare.
Se operate in un terreno argilloso ponete a dimora le piante su un leggero dosSUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
so, per favorire lo sgrondo delle acque,
ampliate di molto la dimensione delle buche e ponete sul fondo di esse dei sassi.
L’apparato radicale dell’actinidia non
si espande molto né in profondità né in
larghezza, ma in compenso è molto itto.
Le radici formano delle «spazzole» che
esplorano gli strati supericiali (primi 2030 cm) del terreno, con qualche radice
che scende oltre il metro, suolo permettendo. Lo sviluppo dell’apparato radicale
nei primi anni è rapidissimo (basta osservare le radici di una pianta al primo o secondo anno quando la si acquista), per cui
è bene preparare delle buche capienti.
La messa a dimora si deve effettuare dopo i grandi freddi, per evitare danni
da gelo, ma prima che inizi il «pianto»
Actinidia. Radici di actinidia attaccate
da nematodi galligeni. Le piante colpite
vegetano stentatamente fornendo produzioni di scarsa qualità
Actinidia. Potatura di produzione
di piante allevate a pergola semplice
(perdita di linfa nel punto di taglio), quindi, indicativamente entro metà febbraio.
Nella scelta delle piante preferite
quelle a radice nuda di uno o due anni,
con apparato radicale folto e sano, cioè
esente da attacchi di nematodi (vermi
parassiti piccolissimi, non visibili a occhio nudo) che deformano le radici con
rigoniamenti di forma allungata, grandi
qualche millimetro, che le portano ad
assumere un andamento a zig-zag. Queste infestazioni sono molto pericolose e
dificili da debellare.
Se non avete la possibilità di acquistare piante a radice nuda potete ricorrere a esemplari, possibilmente di un anno, venduti in contenitori di oltre 20 cm
di diametro. In questo caso, prima della
messa a dimora dovete rompere il pane
di terra sgrovigliando le radici esterne.
Subito dopo l’impianto tagliate la
parte aerea a 30-50 cm da terra e afiancate subito alla piantina un tutore, che
può anche essere uno spago.
Prima di effettuare l’impianto stabilite quale forma di allevamento darete alle vostre piante. Nel caso della pergola
semplice o doppia la distanza di impianto da adottare è di 2,5-3 metri tra le
piante sulla ila; le pergole semplici potranno avere un tetto di 3-4 metri e le
doppie di 2-3 metri per ogni falda.
Se pensate di ridurre le distanze di
impianto, perché non disponete di
spazio, avete già sbagliato in partenza:
otterrete delle piante che produrranno
solo legno e non frutta.
Tenete presente che, per produrre,
l’impianto abbisogna di piante maschili: per avere un ottimo risultato il rapporto deve essere di almeno 1 pianta maschile ogni 5 piante femminili.
Forme di allevamento. Nella pergola
semplice la pianta è costituita da un fusto
alto circa 2 metri che prosegue sul tetto
della pergola ino all’estremità di questa;
la parte di fusto che prosegue sulla pergola è chiamata «cordone permanente».
Nelle piante adulte, dopo la potatura,
il cordone permanente presenta dei tralci
(«capi a frutto») che partono o direttamente da esso o nel punto di curvatura di
41
Frutteto
un ramo dell’anno precedente. La lunghezza dei capi a frutto è di circa 150-200
cm, con 15-20 gemme. Questi tralci, distanziati tra loro 30 cm sia a destra che a
sinistra del cordone, vanno legati perpendicolarmente a esso in modo da formare
un angolo di circa 90°. A potatura inita la
pianta presenta quindi un cordone rivestito di tralci, a guisa di una lisca di pesce.
Se il tetto della pergola è lungo 4 metri potete tenere una decina di tralci a destra e una decina a sinistra. I ili che formano il tetto della pergola devono essere distanziati tra loro 40-50 cm.
Nella pergola doppia si possono allevare due cordoni, uno a destra e uno a
sinistra dei due tetti della pergola; la potatura si esegue come per le pergole
semplici.
Al Centro Italia la forma di allevamento più usata è il tendone: le piante
hanno un fusto alto 2,2 metri che termina con 4 «bracci»; su ognuno di questi
vengono allevati 4-5 capi a frutto di circa 15 gemme. Anche per questa forma
di allevamento è prevista l’installazione
di pali e di un reticolo di ili a sostegno
delle piante e della produzione.
Potatura. La potatura di allevamento e di produzione sarà descritta nella seconda parte della «Guida illustrata alla
potatura delle piante da frutto», che verrà allegata al n. 2/2012.
Potatura delle piante con problemi
di carie. Nel 2011 sono comparsi all’interno di diversi actinidieti infezioni di
carie, con ampi disseccamenti fogliari e
cascola prematura di foglie.
La carie è una malattia causata da diversi funghi lignicoli che, attraverso i tagli di potatura, penetrano all’interno
delle branche e dei fusti, infettandoli. La
1
Actinidia. Filare di piante allevate
a pergoletta doppia, dopo la potatura
pianta colpita deperisce nel corso di
qualche anno, tende a ridurre lo sviluppo della chioma e viene portata alla morte. Per questa malattia non si conoscono
rimedi chimici; occorre quindi adottare
solo interventi di difesa agronomica.
Inizialmente la malattia colpisce alcune branche o parte del cordone permanente, lasciando il fusto sano per qualche anno; prima che anche questo venga infettato, è opportuno scegliere un succhione
nella sua parte bassa e allevarlo per rinnovare la pianta. Non appena il getto sostitutivo ha sviluppo adeguato, si procede a
tagliare il vecchio fusto poco sopra; se al
taglio non si riscontrano macchie necrotiche all’interno del legno, si otterrà una
pianta risanata che nel giro di 2-3 anni potrà produrre regolarmente. Qualora invece il legno sia macchiato la pianta andrà
persa nel giro di qualche anno.
Interventi itosanitari
per l’actinidia
Negli impianti colpiti dalla batteriosi
(o cancro batterico o psa, dal nome latino del batterio che ne è la causa Pseudo-
2
Actinidia. 1-Sintomi della carie: le foglie manifestano delle aree necrotiche (cioè
con i tessuti morti) che possono conluire e interessare l’intera lamina (vedi frecce). Questa malattia è causata da diversi funghi lignicoli e colpisce branche e fusti
impedendo il regolare percorso della linfa. Nei casi più gravi si ha la caduta anticipata delle foglie e dei frutti. 2-La malattia penetra attraverso i grossi tagli di potatura facendo marcire i mozziconi di legno; questi cedono anche in seguito a una
leggera pressione e diventa visibile il legno cariato sottostante
42
monas syringae pv actinidiae, vedi foto Q
a pag. 43), o comunque nelle zone in cui
questa terribile malattia è presente, sarà
opportuno effettuare controlli accurati per
cogliere prontamente eventuali sintomi,
come tralci disseccati o rami con cancri
(peraltro non facili da individuare).
Le parti colpite andranno asportate
tagliando ad almeno 100 cm dal sintomo
e bruciate. Le forbici di potatura devono
essere disinfettate con benzalconio cloruro (reperibile nelle rivendite di prodotti per l’agricoltura), alla dose di 1 grammo per litro d’acqua.
Per ridurre le infezioni causate da
questo batterio è una buona norma potare le piante durante il pieno inverno, prima del «pianto», periodo in cui la possibile diffusione delle infezione con i tagli
di potatura sono minori. Se potete, cioè
se non avete molte piante, scegliete giornate di freddo secco, senza nebbia, perché in queste condizioni la diffusione
del batterio è più limitata.
Al termine della potatura effettuate
un intervento con prodotti a base di rame (ossicloruro, poltiglia bordolese),
utilizzando quelli autorizzati per l’actinidia alle dosi di etichetta. Anche in caso di gelate, che causano ferite attraverso le quali può avvenire la penetrazione
del patogeno, sarà utile trattare subito
dopo con prodotti rameici alle stesse dosi di etichetta.
Castagno
Lavori
La stagione appena trascorsa si è segnalata per le molte dificoltà del comparto castanicolo. La produzione di castagne ha mostrato una forte contrazione delle quantità commerciabili e una
disaffezione dei consumatori per la qualità, spesso scadente, del frutto.
È necessaria una rapida valutazione
delle cause di questi fenomeni allo scopo di deinire gli eventuali interventi necessari a migliorare la produttività.
In molte regioni italiane la produttività delle piante è stata notevolmente ridotta per effetto della massiccia presenza del cinipide galligeno. L’infestazione
ha raggiunto una fase espansiva tale da
generare una contrazione della produzione superiore al 60-70% rispetto alle
quantità mediamente attese.
Va fatto notare che la riduzione della
quantità di frutti prodotti è la caratteristica saliente della presenza del cinipide: non sono per nulla veritiere le affermazioni che l’insetto determini la morte
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Frutteto
Q1
Q2
Q3
Actinidia. Q-La batteriosi è una nuova malattia causata dal batterio Pseudomonas
syringae pv actinidie che colpisce le piante in autunno, durante la caduta delle foglie; la malattia si manifesta sulle gemme, nel punto di distacco delle foglie, con
l’emissione di una mucillaggine biancastra (1). Con l’avanzare della malattia il legno dell’annata imbrunisce e sotto la corteccia compaiono degli arrossamenti con
un essudato mucillaginoso (2). I sintomi possono essere presenti anche sui rami di
più anni o sui fusti (3). La pianta è destinata a morire nel giro di poco tempo. Per
il momento non esistono prodotti in grado di fermare la malattia, è possibile solo
effettuare trattamenti preventivi con prodotti a base di rame nelle fasi di caduta foglie e inizio germogliamento, nonché subito dopo gli interventi di potatura
della pianta. Non c’è, allo stato attuale,
nessuna evidenza che ciò avvenga.
Per quanto riguarda la lotta a questo
parassita, non vi è alcuna azione che il
castanicoltore possa adottare singolarmente. Non serve a nulla rimuovere le
sue galle (rigoniamenti sferici che compaiono sulle gemme e sulle foglie): ve ne
saranno altre negli ambienti circostanti
che manterranno l’infestazione. Allo
stesso modo, non è utile la rimozione degli esemplari infetti se nell’area persistono altre piante di castagno. Non esistono
principi attivi (insetticidi) in grado di fermare la diffusione dell’insetto.
L’unica lotta possibile ed eficace si
basa sull’introduzione nel castagneto del
suo antagonista naturale, l’imenottero Torymus sinensis. Tale introduzione deve essere effettuata dai Servizi itosanitari delle singole Regioni e deve essere costantemente monitorata negli anni seguenti per
valutare la reale eficacia del rilascio del
Torymus, predatore del cinipide.
L’esecuzione di trattamenti per la lotta
agli insetti che si nutrono dei frutti (cidia
e balanino) va sospesa in tutte le aree in
cui si è provveduto o si provvederà al rilascio del Torymus. L’uso degli insetticidi,
infatti, seppure ineficace nei confronti
del cinipide, può limitare fortemente
l’espansione dell’insetto utile predatore.
La causa principale della scarsa o modesta produzione di castagne risiede più
frequentemente nelle dificili condizioni
climatiche che hanno contraddistinto la
passata stagione vegetativa. Periodi di
prolungata siccità (soprattutto in primavera e in fase di raccolta), uniti a consistenti abbassamenti termici avutosi in
corso di ioritura, hanno compromesso la
produzione di castagne un po’ ovunque.
Nel mese di luglio l’alternanza di
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
basse e alte temperature, associata all’elevata umidità relativa dell’aria, ha
determinato la presenza di frutti marci o
non commestibili alla raccolta (con percentuali ino al 70%). L’agente principale del marciume del frutto è il fungo
Gnomoniopsis pascoe, che determina
piccole macchie scure all’interno della
polpa che interessano via via tutto il
frutto, il quale assume un colore grigio
scuro. La consistenza della polpa è gessosa e l’odore estremamente sgradevole.
Spesso nemmeno un’accurata cernita
dei frutti raccolti si è dimostrata suficiente a eliminare quelli affetti da marciume a causa della presenza asintomatica del parassita (la buccia non mostrava alterazioni evidenti nel colore).
Il problema legato al marciume dei
frutti non costituisce una novità essendo
stato segnalato da una decina d’anni in
diverse aree castanicole.
Le condizioni climatiche anomale
dell’annata trascorsa hanno ampliicato
il danno rendendo non commerciabile e
non gradita ai consumatori una larga fetta della produzione.
1
2
Il danno procurato dalla raccolta di
notevoli quantità di frutti non idonei al consumo perché marci è da ritenersi superiore a quello determinato dalla presenza del cinipide. Infatti, mentre
il danno prodotto da quest’ultimo causa
una diminuzione della quantità dei frutti e non comporta costi aggiuntivi, il fatto di non poter distinguere i frutti marci
da quelli sani implica comunque la raccolta totale dei frutti con i relativi oneri
e costi, senza che vi sia un ricavo adeguato dalla vendita del prodotto.
Per quanto riguarda la possibilità di
intervenire con prodotti fungicidi nei
confronti del marciume da Gnomoniopsis se ne darà conto ne «i Lavori» di maggio-giugno.
Le condizioni climatiche determinano difficoltà nel gestire il castagneto
perché lo rendono più sensibile agli attacchi di malattie letali per la pianta, con
particolare riferimento al cancro corticale e al marciume radicale provocato da
funghi del genere Phythphtora.
Nuovi impianti. Nei nuovi impianti
la preparazione del terreno non deve avvenire in modo affrettato e casuale: sistemazione del suolo, concimazione di
fondo, aratura e lavori di affinamento
sono fondamentali per la riuscita del
frutteto di castagno.
Il castagno va considerato pianta da
frutto a tutti gli effetti. Come tale se ne
sconsiglia la coltivazione nei suoli
che non dispongono di irrigazione.
Non è infatti possibile afidare la crescita della pianta al solo apporto idrico offerto dalle precipitazioni piovose.
Concimazione. Il castagno necessita
di interventi di fertilizzazione costanti.
La fertilizzazione è una pratica annuale
e deve rispettare le esigenze di crescita e
produzione delle piante (vedi «i Lavori»
di novembre-dicembre, a pag. 35).
Molto importante è la fertilizzazione
3
Castagno. 1-Galla causata dal cinipide galligeno. 2-Il cinipide galligeno del castagno (Dryocosmus kuriphilus, 1,5 mm) è originario della Cina ed è comparso in Italia nel 2002. La sua diffusione si è estesa e intensiicata in questi ultimi anni. 3L’unica lotta possibile ed eficace si basa sull’introduzione nel castagneto dell’antagonista naturale del cinipide, l’imenottero Torymus sinensis (2,5 mm)
43
Frutteto
minerale che deve essere eseguita annualmente. Un castagneto al quale venga somministrata regolarmente un’integrazione di concimi minerali mostra
percentuali signiicativamente inferiori
di mortalità delle piante e di frutti colpiti dal marciume. La concimazione deve
avvenire tramite l’apporto dei tre macroelementi (azoto, fosforo e potassio)
con l’integrazione di calcio in forma facilmente disponibile per la pianta. Il calcio può essere fornito sotto forma di litotamnio, prodotto biologico contenente
il 40% di calcio e il 5% di magnesio ottenuto dalla micronizzazione delle alghe
marine, alla dose di 250 kg per ettaro.
La fertilizzazione organica a base di
letame maturo o compost deve avere cadenza biennale o triennale.
Interventi itosanitari
per il castagno
Nessun trattamento antiparassitario è
previsto in questo periodo.
Olivo
In questo bimestre, con riferimento al
Nord Italia, l’olivo si trova nella fase di
«riposo vegetativo»; al Centro e al Sud
l’anticipo è mediamente di 15-30 giorni
e pertanto a ine bimestre le piante potranno trovarsi nella successiva fase di
«schiusura gemme».
Lavori
Potatura. Chi volesse dare inizio alla potatura dell’olivo prima della ine di
questo bimestre, si ricordi del pericolo
rappresentato da forti abbassamenti della temperatura che avvengano poco tempo dopo l’esecuzione della potatura stessa. Nel dubbio, è meglio rimandare gli
interventi al bimestre successivo.
Fin da ora comunque è opportuno
spiegare i criteri che devono essere seguiti per avere piante giovani che entrano
presto in produzione e piante adulte sulle
quali tutte le operazioni (raccolta, potatura, difesa contro i parassiti) possano essere compiute facilmente e rapidamente.
44
La potatura dei giovani olivi deve essere ridotta al minimo: lasciare sulla pianta numerosi rami (e quindi foglie che elaborano nutrimento) accelera lo sviluppo
dell’apparato radicale; da ciò deriva, di
riflesso, un’accentuata formazione di
nuovi rami. Si raggiunge così rapidamente l’equilibrio tra gli ormoni prodotti dalle radici e quelli prodotti dalle foglie, il
che si traduce in una facile formazione di
gemme a iore sui rami di un anno.
Naturalmente potatura minima non signiica avere un bosco al posto della chioma. Dopo aver lasciato intatta la chioma
stessa nel primo anno (ed eventualmente
anche nel secondo), si interviene eliminando i succhioni (appena sorgono), i rametti cresciuti in ombra verticalmente
verso il basso (si riconoscono perché
hanno le foglie rigirate in su), ed eventuali rami che risultano concorrenti con quelli che si scelgono per formare l’impalcatura. Si elimineranno anche, alla ine di
ogni anno, i rami eventualmente sorti al
di sotto di 50-60 cm da terra.
Così operando, con varietà molto
produttive al terzo anno si possono già
raccogliere alcuni ettogrammi di olive.
Con la potatura degli olivi in produzione si deve cercare di mantenere la metà inferiore della chioma ricca di vegetazione, mentre la metà superiore dovrà risultare sempre più diradata, a mano a mano che si procede verso l’alto. In questo
modo, qualunque sia la forma di allevamento adottata, da un lato si favorisce
l’illuminazione anche della vegetazione
più bassa, mantenendole uno sviluppo
sempre attivo, dall’altro si otterrà una
chioma non eccessivamente alta e facile
da affrontare per tutte le operazioni colturali, in primo luogo la raccolta.
Concimazione. Chi non avesse ancora provveduto a effettuare, se necessaria, la concimazione con sostanza organica, e fosforo e potassio, potrà provve-
1
Olivo. In questo bimestre è possibile effettuare la potatura solo laddove non vi
siano pericoli di successivi forti abbassamenti della temperatura
dere ora, magari anche ricorrendo a un
concime composto del tipo NPK 15-915, che contenga cioè anche l’azoto (N)
che sarà necessario a partire dalla ine
dell’inverno.
Chi ha già provveduto alla concimazione organica, non dimentichi le quantità somministrate poiché, con la prossima distribuzione di azoto a ine inverno,
dovrà tener conto di quanto ne ha già apportato, per esempio con il letame. Ricordiamo infatti che un quintale di buon
letame bovino maturo contiene dai 400
ai 600 grammi di azoto e che un eccesso
di questa sostanza nutritiva favorisce la
sensibilità dell’olivo al freddo e la suscettibilità agli attacchi di cocciniglia
(come spesso ricordiamo nel capitolo
dedicato agli interventi itosanitari).
Ricordiamo anche che se si usa letame
ricco di paglia, cioè non maturo, molto
del suo azoto va perduto a causa del consumo che ne fanno i microrganismi del
terreno per «distruggere» la paglia.
La distribuzione di qualunque concime (letame o prodotto chimico)
deve sempre interessare il terreno corrispondente alla proiezione della chioma,
e non essere a ridosso del pedale.
2
Olivo. 1-Danni da gelo: fessurazioni della corteccia di un giovane ramo. 2-Per proteggere le piante dal freddo si può rivestire il fusto con paglia o con tubi o manicotti di polistirolo
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Frutteto
Protezione contro il freddo. Un’eficace protezione contro il freddo invernale può essere ottenuta rivestendo il fusto con paglia (così come si fa per l’actinidia), oppure anche con tubi o manicotti di polistirolo, rincalzando bene
con la terra la parte basale e chiudendo
altrettanto bene con carta grossolana
l’estremità superiore.
Ricordate che pericoli di danni da
freddo possono derivare anche dalle gelate tardive, che son tanto più pericolose
quanto più risultano vicine alla ripresa
vegetativa. In seguito a queste gelate viene di solito colpita più facilmente la parte del fusto vicina a terra e orientata a estsud-est. Anche per questa eventualità la
migliore difesa si ottiene con l’applicazione delle protezioni ricordate prima.
Un metodo di difesa semplice ed eficace in caso di freddi non particolarmente intensi è rappresentato dalla verniciatura con latte di calce, in modo da
rendere bianco il fusto. Siccome infatti
il danno può derivare dal rapido riscaldamento del fusto da parte del sole del
primo mattino dopo una nottata con temperature sotto zero, ecco che il bianco,
rilettendo i raggi solari, evita o limita
l’allessamento (scottatura) dei tessuti.
Acquisto delle piante per i nuovi
impianti. Nella maggior parte degli ambienti la piantagione di nuovi olivi viene
effettuata a ine inverno, ma è consigliabile prenotare al più presto le piante da
acquistare per evitare di doversi accontentare di eventuali rimanenze. Ricordate che ogni pianta deve essere munita di
etichetta con indicazione della varietà.
Ecco i consigli per chi deve acquistare nuove piante.
Sono da preferire piantine giovani, di
18-20 mesi, possibilmente provenienti
da talea. Avrete così olivi uniformi, di
solito più rapidi nell’entrare in produzione; se poi per caso in futuro dovessero soccombere per un forte freddo, i polloni che si utilizzeranno per ricostituire
l’albero non avranno bisogno di essere
innestati. Se invece la pianta è provvista
di portinnesto, è probabile che i polloni
nascano da esso e dovranno quindi essere poi innestati.
È vero d’altra parte che esistono alcune varietà che male rispondono alla propagazione per talea e quindi bisogna per
forza acquistare piante innestate. Tuttavia basterà che queste piante vengano
poste in terra a profondità leggermente
maggiori, in modo che il punto di innesto venga a trovarsi 5-7 cm sotto terra
dopo l’assestamento del terreno. In queste condizioni il giovane olivo emetterà
•
•
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
dizioni pedologiche e climatiche locali;
in particolare se il terreno d’impianto è
sito in una zona che gode di un riconoscimento di denominazione d’origine, è
conveniente acquistare varietà previste dal disciplinare di produzione
che lo riguarda, anche se non prevedete
di approfittare subito dei benefici che
potrebbero derivarne.
Ricordate inine che la maggior parte
delle varietà di olivo sono autosterili e
hanno quindi necessità dell’impollinazione incrociata. Vedete a questo proposito, più avanti, il paragrafo «Consociazione varietale per l’impollinazione».
In attesa di provvedere alla messa a dimora, conservate le piante in un ambiente
protetto e luminoso, e non dimenticate di
annafiarle frequentemente. L’olivo infatti, essendo sempreverde, continua in questi mesi la sua attività vegetativa pur se in
forma ridotta, e la traspirazione delle foglie determina sempre una certa perdita di
acqua, che va reintegrata.
Inine, tenendo conto che ogni pianta
dovrà essere afiancata da un robusto palo di sostegno, pensate per tempo a procurarne la quantità necessaria.
•
Olivo. Per i nuovi impianti è preferibile
acquistare piante in vasetto perché il loro
attecchimento risulta di solito più facile
facilmente nuove radici sopra il punto di
innesto e quindi, dopo un certo numero
di anni, l’olivo risulterà su proprie radici anziché su quelle del portinnesto, e
avrà quindi tutte le caratteristiche di una
pianta ottenuta da talea.
È preferibile acquistare le piante in
vasetto perché il loro attecchimento risulta di solito più facile. Inoltre rendono possibile dilazionare la messa a dimora se qualche evenienza impedisce di
farla al momento stabilito; l’importante
è mantenerle con una suficiente umidità. Bisogna però assicurarsi, al momento
dell’acquisto, che il vaso sia di dimensioni proporzionate all’età della pianta;
per farlo estraete l’olivo dal contenitore
e veriicate che dal pane di terra afiorino solo poche radici. Se al contrario il
pane di terra è completamente invaso di radici, può essere segno che
la pianta è rimasta troppo a lungo in un
contenitore non proporzionato al suo
sviluppo: le radici così aggrovigliate determineranno un attecchimento stentato
e una ripresa post trapianto lenta.
Preferite sempre le varietà tipiche
della zona, perché più adattate alle con-
•
•
Preparazione del terreno. Se non
avete ancora predisposto l’appezzamento
per la piantagione e dovete aprire delle
buche, tenete presente che qualora il terreno sia molto povero le distanze da lasciare potranno anche ridursi a 4-5 metri sulla ila e a 5-6 metri fra le ile. Diversamente conviene adottare un sesto d’impianto
di 5×6 metri o 5×7 metri se il terreno è di
media o buona fertilità; dovete infatti tenere conto del fatto che, se gli olivi sono
troppo vicini fra loro, si fanno reciprocamente ombra e, quindi, la vegetazione
viene stimolata a svilupparsi verso l’alto.
Un orientamento utile per giudicare
le distanze convenienti può esservi dato
Olivo. Nei terreni poveri (come
per esempio quelli
pietrosi e di
modesto
spessore) le
distanze di
impianto sono di
4-5 metri sulla ila e
di 5-6 metri fra le ile,
mentre nei terreni di media o
buona fertilità si adotterà un sesto
d’impianto di 5×6 metri o 5×7 metri.
La consociazione di piante di varietà diverse, al ine di favorire l’impollinazione
incrociata, è sempre utile ed è indispensabile in caso di impianto di una varietà
autosterile, alla quale si deve afiancare almeno un 7-8% di olivi di un’altra
varietà con ioritura contemporanea (in colore verde più scuro)
45
Frutteto
dall’osservazione delle dimensioni di
olivi adulti ben coltivati in qualche appezzamento vicino.
Ricordate che l’olivo teme molto
l’umidità del terreno; se l’acqua non
scola bene, ne soffrono non solo le radici
ma tutta la pianta, in qualunque stagione.
Pertanto, se temete che il vostro terreno
non lasci scendere facilmente l’acqua in
profondità, preparatelo in modo da colmarlo (rialzarlo) lungo la ila destinata
agli olivi, creando così una supericie inclinata verso il centro dell’interilare: in
caso di forti piogge, l’acqua in eccesso si
allontanerà più facilmente dalla massa
dell’apparato radicale.
Consociazione varietale per l’impollinazione. La consociazione di piante di varietà diverse, che assicura l’impollinazione incrociata a tutte le varietà,
è sempre utile ai ini di un’elevata produzione; questo vale anche per le varietà autofertili, i cui iori possono essere
comunque fecondati dal polline che essi
stessi producono.
Se l’appezzamento è circondato su
ogni lato da altri olivi, non ci sono di solito problemi, dato che il polline dell’olivo è trasportato dal vento. Chi però
avesse intenzione di piantare olivi in una
zona isolata, a una varietà autosterile deve affiancare almeno un’altra varietà,
con ioritura contemporanea o quasi a
quella della varietà principale, così che
possa avvenire l’impollinazione incrociata. Questo peraltro vale anche per un
impianto ai margini di una zona olivata,
se la brezza durante la ioritura spira soltanto in una direzione.
In genere si ritiene suficiente avere
una percentuale di esemplari impollinatori pari al 7-8% del totale, uniformemente distribuiti.
Occorre d’altra parte considerare che
la consociazione può creare problemi
qualora si abbia intenzione di produrre
olio di una sola varietà (olio monovarietale): la mescolanza di varietà differenti
determina notevoli perdite di tempo per
S
T
R
Olivo. R-Pianta sottoposta a slupatura
per l’eliminazione del legno
colpito dalla carie
eseguire una raccolta separata. In questi
casi conviene costituire gruppi omogenei di piante, tollerando che in certe annate si possano eventualmente avere
produzioni inferiori alla media.
Interventi itosanitari
per l’olivo
In questo periodo, là dove è terminata
la raccolta, si procede alla concimazione
e verso febbraio si inizia la potatura. Ne
«i Lavori» dello scorso bimestre si è accennato a come entrambe queste operazioni colturali possano inluenzare la diffusione di alcune malattie dell’olivo. Infatti, a seconda di come le si gestisce, si
può intervenire decisamente nel favorire
o limitare lo sviluppo di un parassita.
Con la potatura si può:
– curare una malattia (carie del legno);
– limitare la diffusione dei parassiti (insetti lignicoli come il rodilegno giallo, il
leotribo o l’ilesino);
– ostacolare o favorire lo
sviluppo dei parassiti (cocciniglia mezzo grano di pepe, rogna).
U
Olivo. S-Cocciniglia mezzo grano di pepe (1,5-5 mm). T-Ramo di olivo con i sintomi
della rogna. U-Rami-esca con rosure causate dal leotribo (nel particolare, 2 mm)
46
La concimazione, soprattutto se abbondante e ricca in azoto, può favorire
lo sviluppo della cocciniglia e della fumaggine.
Nel caso della carie del legno (vedi
foto R) la potatura può essere l’elemento che contribuisce all’insediamento dei
funghi che determinano questa avversità,
ma soprattutto ne è la cura: la «slupatura» è infatti l’unico mezzo per curarla.
La carie del legno è un marciume
secco che colpisce il legno del tronco e/
o delle branche principali di piante adulte, soprattutto vecchie. Gli agenti di questa malattia sono un complesso di funghi lignicoli che nel tempo penetrano
dai tagli di potatura, soprattutto se fatti
al tronco o alle branche di grosse dimensioni, non eseguiti a regola d’arte (per
cui l’acqua vi ristagna sopra) e protetti
con mastici o pasta bordolese.
Un olivo che ne è affetto, presenta
delle zone sia del fusto che delle branche
più o meno ampie, in cui il legno è morto, ha una consistenza friabile, è secco e
si decompone. La parte della chioma corrispondente alla zona del tronco e delle
branche colpite da carie si presenta con
scarsa vegetazione; le foglie sono clorotiche (ingiallite) e cadono precocemente;
le branche colpite possono anche disseccare; la produzione è scarsa.
I potatori riconoscono un albero cariato, oltre che dall’aspetto della vegetazione, anche e soprattutto dal suono
emesso dal tronco, corrispondente alla
parte di chioma debilitata, quando viene
battuto con il dorso di una accetta: il legno malato trasmette un suono sordo,
come quello di un recipiente vuoto, poiché presenta cavità interne createsi a
causa allo sfaldamento del legno per
azione dei funghi innanzi citati; il legno
sano dà invece un suono cupo, come
quello di un recipiente pieno.
Come dicevamo, la pianta affetta da
carie può essere recuperata solo
ricorrendo alla slupatura. In Puglia è comune osservare olivi che
vegetano e producono seppure
con i tronchi scavati, contorti e ridotti nel loro diametro, proprio
perché negli anni hanno subìto interventi di slupatura. Per eseguirla è necessaria manodopera specializzata, attrezzata con accette, scalpelli ecc. afilati per eliminare alla perfezione tutto il legno cariato sino a giungere a quello sano; le pareti della cavità
che si forma con questa pulizia devono
essere rese perfettamente lisce e inclinate in modo da evitare ristagni di acqua.
Dopo aver eliminato completamente
il legno marcio, la ferita deve essere fatSUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Frutteto
ta asciugare e in seguito la supericie deve essere protetta tramite spennellature
con poltiglia bordolese industriale-20
(bio, irritante o non classiicato, alla dose 1 kg per 100 litri di acqua), o ossicloruro di rame-20 (bio, non classiicato,
alla dose di 500 grammi per 100 litri acqua), e quindi ricoperta con mastici cicatrizzanti presenti in commercio.
La disinfezione del legno può essere
fatta anche con il fuoco, utilizzando cannelli a iamma di tipo hobbistico: questo
metodo è ancora più eficace nell’eliminare completamente i residui dei funghi.
Per evitare che si insedino gli agenti
della carie la potatura deve essere effettuata a regola d’arte, con tagli precisi,
inclinati in modo tale da favorire il delusso dell’acqua e protetti con mastici.
È bene poi spennellare con prodotti a
base di rame e/o con mastici cicatrizzanti i grossi tagli che interessano il tronco
o le branche principali, soprattutto se
eseguiti su piante giovani.
Un oliveto fortemente infestato da
cocciniglia mezzo grano di pepe (vedi
foto S), con vegetazione annerita dalla
fumaggine (muffe dovute allo sviluppo
di funghi sulla melata, la sostanza zuccherina prodotta dalla cocciniglia), può
trarre giovamento da una potatura che
favorisca l’arieggiamento e la penetrazione della luce all’interno della chioma
(condizioni sfavorevoli al proliferare
della cocciniglia) ed elimini i rami maggiormente infestati. Per contrastare questo parassita occorre anche garantire una
concimazione equilibrata, poiché la cocciniglia è favorita dagli eccessi di azoto
in quanto stimolano l’aumento del rigoglio vegetativo come conseguenza di
una maggiore produzione di linfa circolante, di cui la cocciniglia si alimenta;
determinano, inine, lo sviluppo di chiome poco arieggiate e illuminate. La potatura è utile anche in caso di olivi colpiti dalla rogna (vedi foto T). Il sintomo
più caratteristico di questa malattia, causata da batteri, sono i tubercoli di varie
dimensioni che si formano sui rami.
L’entità dei danni dipende dalla quantità
di rami infetti: in caso di forti attacchi si
hanno defogliazioni, disseccamenti della parte terminale dei rametti colpiti e
anche riduzione della produzione.
I batteri che provocano la rogna fanno parte della lora microbica abitualmente presente sulla chioma dell’olivo;
essi penetrano nei tessuti attraverso piccole lesioni (per esempio quelle dovute
alla caduta delle foglie in inverno) oppure ferite provocate dalle gelate tardive,
dalle grandinate o dalle operazioni di
raccolta effettuate mediante battitura
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
con l’ausilio di verghe.
Per la lotta alla rogna si effettuano
trattamenti con prodotti rameici quali:
poltiglia bordolese industriale-20 (bio,
irritante o non classiicato) alla dose di 1
kg per 100 litri di acqua; idrossido di rame-25 (bio, irritante) alla dose di 350
grammi per 100 litri di acqua; ossicloruro di rame-20 (bio, non classiicato) alla
dose di 500 grammi per 100 litri di acqua. Le piante vanno trattate con tempestività subito dopo il veriicarsi di eventi traumatici come gelate o grandinate.
Con la potatura si eliminano i rami infetti, che vanno allontanati e bruciati.
Gli insetti lignicoli come il leotribo
(vedi foto U) o l’ilesino sono abbastanza comuni negli oliveti. Per limitarne la
diffusione, si utilizzano rami tagliati con
la potatura come esca: lasciandoli nell’oliveto, se gli insetti sono presenti, nel
giro di alcuni giorni si noteranno le rosure sui rametti; in tal caso si procederà
alla bruciatura dei rami. Contro questi
insetti i trattamenti chimici in genere sono poco eficaci, in quanto si insediano
in profondità nei rami ed è dificile individuare il momento preciso in cui intervenire chimicamente.
Da ultimo, la solita ma non scontata raccomandazione: in caso di
nuovi impianti, per il buon esito della
coltivazione è fondamentale mettere a
dimora piante di sicura provenienza e
garantite. Rifornitevi quindi da vivaisti
di iducia che producono e/o vendono
materiale rispondente ai requisiti di qualità previsti dalla normativa vigente. Assicuratevi che le piante abbiano il «do-
a
c
a
b
a c
cumento di commercializzazione», attestante la categoria C.A.C. (Conformità
Agricola Comunitaria), con il quale il
vivaista garantisce che la pianta commercializzata possiede le caratteristiche
agronomiche, varietali e fitosanitarie
previste dalla normativa vigente.
Dal punto di vista itosanitario una
pianta di olivo che esce dal vivaio non
deve presentare sintomi di rogna, verticillosi, cocciniglie e occhio di pavone.
Ulteriore garanzia di qualità è l’acquisto di piante di olivo certiicate
dotate di cartellino azzurro che attesta,
oltre alla corrispondenza varietale, anche lo stato sanitario di virus esente
(VE) e virus controllato (VC) e l’assenza di tutti gli altri organismi nocivi e malattie riportate in precedenza. Al momento questa garanzia è possibile solo
per alcune varietà.
PICCOLI FRUTTI
Lavori
Nelle zone montane e collinari del
Nord e del Centro-nord le diverse specie
di piccoli frutti coltivati a un’altitudine
superiore ai 600-700 metri risultano talvolta coperte da una coltre di neve che
impedisce le operazioni di potatura.
La potatura di allevamento e di produzione del lampone, del mirtillo e
del rovo senza spine sarà descritta
nella seconda parte della «Guida illustrata alla potatura delle piante da frutto» che verrà allegata al n. 2/2012.
c
c
b
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c
c
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a
a
a
b
1
b
2
Ribes. Pianta allevata a cespuglio prima (1) e dopo (2) la potatura; sono state
eseguiti tagli di ritorno (a) sulle branche di due, tre e quattro anni; sono state
eliminate a livello del ceppo le branche che hanno superato i 5 anni (b) e in loro sostituzione sono stati scelti dei rami di un anno di buon vigore sviluppatisi
dalla base del ceppo (c). Alla ine il cespuglio presenta 3-4 branche di tre, quattro o cinque anni, 2-3 rami di due anni e 1-2 rami di un anno
47
Frutteto
SPECIE DA FRUTTO MINORI. Operazioni
colturali in corso (●) nei mesi di gennaio e febbraio
asdasdfasdf
Raccolta
Irrigazione
Trinciatura
dell’erba
Potatura
Innesti
Interventi
itosanitari
Nuovi
impianti
Specie
Concimazioni
a cura di Silvio Caltran
gen. feb. gen. feb. gen. feb. gen. feb. gen. feb. gen. feb. gen. feb. gen. feb.
Fico
●[1]
Giuggiolo
Kaki
Nespolo comune
Nespolo del Giappone
Nocciòlo
Noce
●
●
●
●[2]
● ●
●[3]
[1] Concimazione fosfo-potassica se non già effettuata in precedenza. [2] Al termine della ioritura femminile. [3] Lavorazione/i del
terreno al Sud se non fatte nei mesi precedenti.
Le specie indicate con il nome in colore azzurro di norma non richiedono trattamenti antiparassitari o ne richiedono pochissimi.
Ribes (rosso, rosa, bianco,
nero). Dove l’andamento stagio-
nale lo consente potete procedere alla
potatura. Le piante di ribes possono essere allevate a spalliera oppure a cespuglio (questa è la forma più diffusa).
Allo scopo di evitare l’invecchiamento precoce della chioma e mantenere costanti qualità e produttività della pianta si deve operare con le seguenti modalità:
– eseguire tagli di ritorno sulle branche
di due, tre o quattro anni. L’operazione
consiste nel ridurre la lunghezza delle
branche effettuando il taglio al di sopra
di un ramo laterale ben sviluppato posto
in posizione mediana. Il ramo laterale
prescelto verrà mantenuto intero;
– eliminare gradualmente a livello del
ceppo le branche che hanno superato i 5
anni, dato che dopo il quinto anno la loro produttività è decrescente;
– scegliere, in sostituzione alle branche
eliminate, rami di un anno di buon vigore che si siano sviluppati dalla base
del ceppo.
Se la potatura viene eseguita in modo
razionale, un cespuglio di ribes dopo
l’intervento dovrebbe presentare 3-4
branche di tre, quattro o cinque anni, 23 rami di due anni e 1-2 rami di un anno.
Operando in questo modo si rinnova con
continuità la chioma e la si mantiene costantemente produttiva.
I rami attaccati dalle larve di sesia
(lepidotteri che scavano gallerie
nella zona midollare del fusto) vanno
eliminati alla base e bruciati.
48
Interventi itosanitari
per i piccoli frutti
Nessun trattamento antiparassitario è
previsto in questo periodo.
SPECIE DA FRUTTO MINORI
Lavori
Fico. Non ci sono particolari in-
terventi da fare in questo bimestre.
Giuggiolo. Non vi sono partico-
lari lavori, a meno che non abbiate
avuto modo di provvedere a quelli suggeriti per il bimestre precedente; in questo
caso non tardate a eseguirli.
Kaki. È bene non disturbare le
piante che sono ora in pieno riposo. In ogni caso ricordate che la loro potatura dovrà essere eseguita solo dopo la
ine dei freddi.
Nespolo comune e del Giappone. Il nespolo comune
produce i frutti all’estremità dei
rami; con la potatura si dovrà pertanto
stimolare nuova vegetazione con tagli di
ritorno. È anche necessario spuntare una
parte dei rami di un anno per stimolare il
sorgere di nuovi germogli e preparare la
produzione per l’anno successivo.
Se dovete mettere a dimora nuove
piante, al momento dell’acquisto tenete
presente che i portinnesti comunemente
usati dai vivaisti per questa specie sono il
cotogno e il biancospino. Per capire quale preferire, ricordate che il cotogno esige terreno con pH neutro (valore 7) e che
non contenga più del 4% di calcare attivo, mentre al biancospino andrà bene
qualunque terreno, purché ben drenato.
Per quel che riguarda il Nespolo del
Giappone non c’è da fare alcunché, ma
solo sperare che i freddi precoci non abbiano ostacolato del tutto la fecondazione
dei iori da parte degli insetti.
Se dovete mettere a dimora nuove
piante, al momento dell’acquisto orientatevi preferibilmente su quelle innestate
su cotogno, tenendo però conto di quanto
detto per il nespolo comune a proposito
del terreno in cui andranno piantate.
Nocciòlo. Neve e ghiaccio della
prima parte dell’inverno sono lo
scenario in cui gli amenti («gatin» in
dialetto piemontese, «zanzali» in quello
salentino) – infiorescenze pendule a
grappolo che raggruppano ciascuna dai
100 ai 300 iori maschili di nocciòlo –
manifestano prima un rinnovato turgore
e poi un’intensa variazione cromatica,
dal verde al giallo oro, che evidenzia la
completa maturazione del polline.
Il polline maturo viene quindi diffuso
nell’ambiente dal vento (impollinazione
anemoila) e viene intercettato dagli stimmi, sottili porzioni terminali dei pistilli
dei iori femminili, facilmente individuabili in quanto di un bel colore rosso vivo.
Nelle aree corilicole del Nord e del
Sud della Penisola è stata segnalata una
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Frutteto
presenza di amenti più contenuta in seguito a una cascola anticipata di queste
iniorescenze avutasi in ottobre-novembre dell’anno scorso. L’evento, già localmente e sporadicamente veriicatosi
nel 2003 e 2004, non dovrebbe destare
preoccupazioni di sorta in quanto i noccioleti interessati non hanno evidenziato, nelle annate indicate, particolari decrementi produttivi; inoltre il fenomeno
non dovrebbe essere di origine parassitaria – cioè fungina e/o batterica –, ma
solo rappresentare una «reazione» della
pianta al particolare andamento climatico riscontrato nel corso dell’annata.
A riprova di quanto sostenuto si pre-
Nocciòlo. All’inizio dell’inverno avviene la ioritura: il colore degli amenti (a)
vira dal verde al giallo oro e il polline
maturo, diffuso dal vento, viene intercettato dagli stimmi dei iori femminili (b),
facilmente individuabili in quanto di un
bel colore rosso vivo
Nocciòlo. Nelle aree corilicole del Nord
e del Sud, in ottobre-novembre scorsi si
è veriicata una cascola anticipata degli
amenti. Questo fenomenno non dovrebbe destare preoccupazioni in quanto dovuto al particolare andamento climatico
riscontrato nel corso dell’annata
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
cisa che la cascola ha interessato in
egual modo sia i noccioleti in cui sono
stati attuati gli interventi di prevenzione
consigliati per contenere le principali
avversità fungine e batteriche del nocciòlo – gleosporiosi (vedi «i Lavori» di
settembre-ottobre, a pag. 49), cancri rameali (vedi «i Lavori» di novembre-dicembre, a pag. 43) – sia in quelli in cui
non si è provveduto ad alcun tipo di intervento antiparassitario autunnale.
Il nocciòlo è soggetto a un’elevata
autosterilità, cioè i iori maschili non
sono in grado di impollinare i iori femminili presenti sulla stessa pianta e sulle
piante della stessa varietà. Per questo
motivo occorre un’impollinazione incrociata con altre varietà o con piante
spontanee e selvatiche di nocciòlo (selvaggiole locali). Per ragguagli sull’argomento si rimanda a «i Lavori» di novembre-dicembre 2011, pag. 42.
Se non realizzata prima (vedi «i Lavori» di novembre-dicembre 2011, pag.
42), nei terreni calcarei e in quelli alluvionali leggeri del Nord Italia si effettui
la concimazione potassica apportando
25-30 kg di solfato di potassio-50 per
1.000 metri quadrati.
In Centro e Sud Italia, data la composizione media dei terreni – pesanti e ben
dotati di potassio e sostanza organica
quelli del Lazio; di medio impasto, buona
dotazione in fosforo e potassio (in quanto
derivanti dalla disgregazione di rocce di
origine vulcanica), ma di norma scarsi in
sostanza organica e azoto, quelli di Campania e Sicilia – consigliamo, a ine bimestre, la distribuzione di 35-40 kg per 1.000
metri quadrati di noccioleto di concime
composto ternario NPK 20-10-10.
L’integrazione dell’azoto verrà invece realizzata, secondo l’andamento climatico e lo sviluppo vegetativo raggiunto dalle coltivazioni, a cavallo tra aprile
e maggio.
La cronica carenza di sostanza organica consiglia, tempo permettendo, al
Sud Italia la realizzazione in questo bimestre (nel resto della Penisola nel bimestre successivo) di una semina a spaglio di una coltura da sovescio (generalmente leguminose tipo fava, favino, pisello proteico o veccia).
Per ridurre i costi dell’operazione è
consigliato l’impiego di 20-30 kg ogni
1.000 metri quadrati di noccioleto di granella di leguminose non selezionate, utilizzate per l’alimentazione zootecnica
(35-40 euro al quintale). Per incorporare
al terreno il seme distribuito a spaglio è
suficiente una fresatura o una discatura
supericiale. Le leguminose verranno poi
sovesciate (incorporate al terreno tramite
una fresatura) in piena ioritura.
Questa antica pratica agricola consente, a costi contenuti, di apportare al terreno fra i 4 e i 5 kg di azoto «a lenta cessione» ogni 1.000 metri quadrati di supericie (la metà, circa, del quantitativo che
viene distribuito ai nocciòli in produzione), e un importante quantitativo di sostanza organica. Inoltre, negli impianti in
allevamento e in quelli che iniziano a
produrre, oppure in quelli potati, costituisce un metodo alternativo per il contenimento delle infestanti: le leguminose, infatti, se trovano quantitativi suficienti di
umidità e illuminazione crescono molto
più rapidamente delle infestanti e quindi
ne «ostacolano» la crescita.
Per quanto riguarda la potatura si rimanda alla seconda parte della «Guida
illustrata alla potatura delle piante da
frutto» che verrà allegata al n. 2/2012.
Noce. Non ci sono interventi
particolari da compiere in questo
periodo.
Interventi itosanitari
per le specie da frutto minori
Nessun trattamento antiparassitario è
previsto in questo periodo per le specie
da frutto minori.
Per quanto riguarda il nocciòlo, sul
inire del bimestre, limitatamente al Sud,
delimitate gli appezzamenti che utilizzerete per verificare la migrazione dell’erioide del nocciòlo.
A cura di: Giovanni Comerlati (Lavori:
Pomacee); Giovanni Rigo (Lavori: Pesco e nettarina-Albicocco-Susino-Actinidia); Guido Bassi (Lavori e Interventi itosanitari: Castagno; Lavori: Piccoli frutti); Giorgio Bargioni (Lavori: Olivo-Ciliegio-Fico-Giuggiolo-Kaki-Nespolo comune e del Giappone-Noce); Paolo Solmi
(Interventi itosanitari: Pomacee-Drupacee-Actinidia-Fico-Kaki-Nespolo comune e del Giappone-Noce-Piccoli frutti);
Riccardo Tumminelli - Servizio interventi in materia vivaistica e di difesa itosanitaria di Acireale - Catania (Lavori e Interventi itosanitari: Agrumi); Anna Percoco
(Interventi itosanitari: Olivo); Massimo
Brucato (Lavori e Interventi itosanitari:
Mandorlo); Claudio Sonnati (Lavori e
Interventi itosanitari: Nocciòlo).
Ricordiamo le classi di tossicità attribuite
agli antiparassitari, nell’ordine dal massimo al minimo: molto tossico - tossico nocivo - irritante - non classiicato. L’aggiunta di bio, signiica che l’antiparassitario è ammesso nell’agricoltura biologica.
49
Campo
Se nei testi di questa rubrica trovate
delle parole che vi riescono di dificile comprensione, utilizzate il «Vocabolario illustrato dei termini dificili» allegato al n. 2/2011. (Red)
CEREALI VERNINI
Frumento tenero
In gennaio il frumento è in riposo vegetativo; in febbraio, quando la temperatura inizia ad aumentare, riprende l’attività vegetativa con la formazione di
nuovi culmi alla base della pianta (accestimento). In questa fase e in quelle successive è importante garantire alla coltura una adeguata disponibilità di azoto,
dalla quale dipendono la produzione e la
qualità della granella (contenuto in proteine). Più precisamente, il frumento tenero richiede 120-150 kg per ettaro di
azoto per produzioni medio-alte (60-70
quintali di granella per ettaro) e 70-80
kg per ettaro per produzioni basse (3040 quintali di granella per ettaro).
Essendo l’azoto un elemento nutritivo non trattenuto dal terreno, e quindi
soggetto a perdite per dilavamento con
conseguente danno per la coltura e per
l’ambiente, con i concimi tradizionali
(nitrato ammonico, urea, ecc.) sarebbe
Cereali vernini. Tra la metà di gennaio
e la metà di febbraio effettuate la prima
concimazione azotata in copertura
necessario frazionare le dosi complessive di azoto sopra indicate in più interventi tra la fase di accestimento (gennaio-febbraio) e quella di spigatura
(aprile-maggio). Ciò comporterebbe un
aumento dei costi e dei danni alla coltura e al terreno per i frequenti passaggi
con il trattore e lo spandiconcime.
Questo problema può essere evitato
frazionando le dosi di azoto sopra indi-
cate in due interventi, di cui il primo
va effettuato con concimi «a lento
effetto» (Entec, Azoplus, ecc.). Tali concimi rilasciano infatti l’azoto gradualmente, limitando così il
rischio di perdite; ciò è inoltre più
confacente alle esigenze della coltura che, ino all’inizio della levata (febbraio-marzo), richiede modeste quantità
di azoto ma in maniera continuativa.
Nella periodo che va dalla metà di
gennaio (Sud) alla metà di febbraio
(Nord) effettuate quindi la prima concimazione azotata in copertura con concimi «a lento effetto», apportando il
50% delle dosi complessive di azoto sopra indicate. Per esempio si possono distribuire da 150 kg per ettaro (per produzioni basse) a 300 kg per ettaro (per produzioni medio-alte) di Entec-26 della
ditta K+S Nitrogen, in funzione delle
produzioni ottenibili. In ogni caso, se la
coltura presenta uno sviluppo avanzato e
un colore verde intenso, situazione probabile in inverni miti e siccitosi, va evitata questa prima concimazione.
Per limitare il compattamento del
terreno dovuto al passaggio del
trattore con lo spandiconcime, i concimi
vanno distribuiti quando il terreno è
asciutto o, se umido, quando è gelato
(nelle prime ore del mattino di giornate
molto fredde). Si consiglia inoltre di
Esempio di rotazione quadriennale (Nord Italia)
a cura di Umberto Grigolo
In questo progetto graico è riportata una rotazione quadriennale delle colture erbacee più diffuse nel Nord Italia. L’applicazione di queste rotazioni comporta in pratica la successione, nel 2012 e nei tre anni successivi, sullo stesso appezzamento di terreno, delle diverse colture seguendo nel tempo l’ordine orizzontale in cui sono qui sotto elencate. Non è necessario partire al primo anno (2012) con la prima coltura; l’importante è rispettare l’ordine con cui sono elencate. Se in un appezzamento nel 2012 si coltiva la soia (vedi es. 1), nel 2013 si coltiverà sullo stesso appezzamento il mais, nel 2014 il frumento tenero e nel 2015 il mais. Se invece nel 2012 si coltiva il mais (vedi es. 2), nel 2013 si coltiverà sullo stesso appezzamento il frumento tenero, nel 2014 il mais e nel 2015 la soia.
La situazione nel gennaio 2012
La situazione nel febbraio 2012
2013
2014
2015
Soia
Soia
1 mais
1 frumento t.
1 mais
Mais
Mais
2 frumento t.
2 mais.
2 soia
Mais
Mais
3 soia
3 mais
3 frumento t.
p 1 appezzamento che verrà coltivato a soia
esempio
con semina nella primavera 2012
p 2 appezzamento che verrà coltivato a mais
esempio
con semina nella primavera 2012
p 3 appezzamento che verrà coltivato a mais
esempio
con semina nella primavera 2012
Note. N
Nelle zone meno fertili o più siccitose si consiglia di sostituire la soia con il girasole o con il pisello proteico, il frumento con l’orzo, il m
mais con il sorgo.
Legenda:
50
= terreno in attesa
di semina
= coltura in atto
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Campo
usare trattori leggeri e con pneumatici a
larga sezione.
Con l’aumento della temperatura riprende anche la nascita e lo sviluppo delle erbe infestanti. Se è stata rispettata la
rotazione le infestazioni sono limitate e,
con buona probabilità, non richiedono il
diserbo. In ogni caso, dalla fase di accestimento (gennaio-febbraio) a quella di inizio della levata (febbraio-marzo) controllate periodicamente la coltura e, se necessario, intervenite con un trattamento diserbante (diserbo in post-emergenza).
I prodotti utilizzabili sono molti; alcuni (Granstar Ultra SX, Logran, ecc.)
sono efficaci sulle infestanti «a foglia
larga» (dicotiledoni), altri (Axial, Traxos, ecc.) su quelle «a foglia stretta»
(graminacee) e altri ancora (Atlantis
WG, Puma Gold EC, ecc.) sia sulle une
che sulle altre. I diserbanti vanno quindi
scelti, con l’aiuto di un tecnico esperto,
in funzione delle specie infestanti presenti, della fase di sviluppo della coltura,
della temperatura dell’aria e del rischio
di gelate, privilegiando i prodotti a bassa
tossicità (irritante o non classiicato). Si
evidenzia l’importanza di intervenire
quando le infestanti sono nelle prime fasi di sviluppo, per limitare l’effetto competitivo e quindi il danno alla coltura.
Se verso la ine dell’inverno il terreno
risulta molto sofice, situazione riscon-
Cereali vernini. Dalla fase di accestimento a quella di inizio della levata
controllate le colture e, se necessario,
intervenite con un trattamento diserbante in post-emergenza
trabile soprattutto sui suoli argillosi e
precedentemente coltivati a prato (erba
medica, trifogli, ecc.), si consiglia di effettuare una rullatura per favorire l’adesione delle radici al terreno. Questa operazione va effettuata quando il terreno è
asciutto e prima della fase di levata.
Se non è stato possibile seminare il
frumento in autunno, come è successo in
alcune zone nel 2010, si può ricorrere alla semina primaverile. Questa va effettuata tra la metà di febbraio e la metà di
marzo al Nord, mentre al Centro e al Sud
va anticipata rispettivamente di 10-15 e
di 20-30 giorni; nell’ambito della stessa
zona, in collina la semina va posticipata
di 8-10 giorni rispetto alla pianura.
Nel rispetto delle epoche sopra indicate per le diverse zone, la semina primaverile va comunque effettuata appena è
possibile entrare in campo: più si ritarda
e più si riduce la produzione rispetto alla
semina autunnale, differenza che raggiunge il 30% circa quando ci si avvicina alla ine delle epoche sopra indicate.
La tecnica di coltivazione del frumento primaverile è la stessa di quello
autunnale (vedi «i Lavori» di settembreottobre, a pag. 50). In questo caso vanno
però utilizzate esclusivamente varietà
«alternative» (dette anche «primaverili») come, per esempio, Albachiara e
Blasco, le quali, a differenza di quelle
«non alternative» (dette anche «invernali»), non hanno bisogno di un periodo di
freddo per la formazione della spiga. Si
consiglia inoltre di aumentare del 1015% la dose di semente rispetto a quella
indicata per la semina autunnale.
Un’adeguata nutrizione azotata
del frumento è importante anche
per le coltivazioni condotte con il metodo biologico; questo non solo per garantire una produzione soddisfacente, ma
anche per la qualità (contenuto in proteine) dei prodotti destinati alla paniicazione che dipende soprattutto dalla disponibilità di azoto.
In agricoltura biologica la fertilità del
Esempio di rotazione quadriennale (Centro Italia)
a cura di Umberto Grigolo
In questo progetto graico è riportata una rotazione quadriennale delle colture erbacee più diffuse nel Centro Italia. L’applicazione di queste rotazioni comporta in pratica la successione, nel 2012 e nei tre anni successivi, sullo stesso appezzamento di terreno, delle diverse colture seguendo nel tempo l’ordine orizzontale in cui sono qui sotto elencate. Non è necessario partire al primo anno (2012) con la prima coltura; l’importante è rispettare l’ordine con cui sono elencate. Se in un
appezzamento nel 2012 si coltiva il grano duro (vedi es. 1), nel 2013 si coltiverà sullo stesso appezzamento il mais, nel
2014 il grano duro e nel 2015 il girasole. Se invece nel 2012 si coltiva il mais (vedi es. 2), nel 2013 si coltiverà sullo stesso appezzamento il grano duro, nel 2014 il girasole e nel 2015 il grano duro.
La situazione nel gennaio 2012
La situazione nel febbraio 2012
2013
2014
2015
Grano duro
Grano duro
1 mais
1 grano duro
1 girasole
Mais
Mais
2 grano duro
2 girasole
2 grano duro
Grano duro
Grano duro
3 girasole
3 grano duro
3 mais
p 1
esempio
p 2 appezzamento che verrà coltivato a mais
esempio
con semina nella primavera 2012
p 3
esempio
Note. N
Nelle zone meno fertili o più siccitose si consiglia di sostituire il girasole con il colza, il grano duro con l’orzo, il mais con il sorgo o co
con la fava. In alternativa al grano duro possono inoltre essere coltivati il frumento tenero e l’avena.
Legenda:
= terreno in attesa
di semina
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
= coltura in atto
concimazione azotata
= in copertura
51
Campo
terreno va mantenuta a buoni livelli, innanzitutto con la rotazione, il sovescio e
l’apporto di letame (o di altri efluenti di
allevamento) o di compost. In ogni caso,
se la coltura presenta uno sviluppo stentato e un colore verde chiaro, nella fase
di accestimento (gennaio-febbraio) va
effettuata una concimazione azotata in
copertura con un prodotto ammesso in
agricoltura biologica. Più precisamente,
in questa fase vanno utilizzati concimi il
cui azoto si renda disponibile per la coltura in tempi medio-brevi (pollina essiccata, borlanda essiccata, ecc.) [1]. Il concime va distribuito seguendo le modalità
descritte per le coltivazioni convenzionali e interrato con l’erpice strigliatore.
Si ricorre all’erpice strigliatore anche
per il controllo delle erbe infestanti; in
genere sono necessari 2-3 passaggi, distanziati di 15-20 giorni, da effettuarsi nel
periodo che va dalla metà di gennaio alla
metà di marzo. Le strigliature sono eficaci quando le infestanti sono ai primi stadi
di sviluppo e il terreno è asciutto in supericie (non gelato); si consiglia inoltre di
usare trattori leggeri e con pneumatici a
larga sezione per limitare i danni alla coltura e il compattamento del terreno.
Per la rullatura e la semina primaverile si rimanda a quanto sopra detto
per le coltivazioni condotte con il metodo convenzionale.
Cereali vernini. Se non è stato possibile
seminare in autunno, per frumento tenero, orzo e farro si può procedere in questo periodo
Grano duro
Anche quest’anno le piogge molto intense in alcune zone del Nord-ovest, della Toscana e del Sud hanno comportato
allagamenti con conseguenti problemi di
semina; il successivo andamento climatico ha determinato condizioni di coltura
molto differenti nei diversi areali.
In molte zone adriatiche centrali e meridionali le semine tardive sono risultate
migliori di quelle precoci, poiché favorite da più miti precipitazioni e da temperature ottimali che hanno determinato
uno sviluppo migliore della coltura.
È da tenere presente che in questo periodo l’attività vegetativa del grano è
molto ridotta e riprenderà con l’innalzamento della temperatura del suolo dopo
la prima quindicina di febbraio.
Dove si sono avuti sviluppi stentati e
il grano si presenta sofferente, procedete rapidamente a effettuare una concimazione azotata di copertura, al ine
di riequilibrare le piante, di favorire l’accestimento e uniformare la coltura. Empiricamente potete considerare necessari per il completo sviluppo circa 120160 kg per ettaro di azoto, che potete ridurre a 20-30 kg per ettaro qualora la
coltivazione segua a una leguminosa.
Questa quantità è determinata considerando che per produrre 1 quintale di
granella sono necessari circa 3 kg di azoto. Pertanto, se non avete utilizzato azoto alla semina, effettuate un primo intervento a ine gennaio, dopo l’emissione
della terza foglia e in concomitanza con
l’inizio della fase di accestimento (utilizzerete circa il 20% dell’azoto totale, pari
a 30 kg per ettaro); un secondo intervento va fatto verso il 20 febbraio, alla ine
dell’accestimento e in concomitanza con
la formazione della spighetta e l’inizio
della levata (utilizzerete circa il 35%, pari a circa 50 kg per ettaro); inine, un terzo intervento si effettua nel mese di mar-
Esempio di rotazione quadriennale (Sud Italia)
a cura di Umberto Grigolo
In questo progetto graico è riportata una rotazione quadriennale delle colture erbacee più diffuse nel Sud Italia. L’applicazione di queste rotazioni comporta in pratica la successione, nel 2012 e nei tre anni successivi, sullo stesso appezzamento
di terreno, delle diverse colture seguendo nel tempo l’ordine orizzontale in cui sono qui sotto elencate. Non è necessario
partire al primo anno (2012) con la prima coltura; l’importante è rispettare l’ordine con cui sono elencate. Se in un appezzamento nel 2012 si coltiva il grano duro (vedi es. 1), nel 2013 si coltiverà sullo stesso appezzamento il colza, nel 2014 il
grano duro e nel 2015 la fava. Se invece nel 2012 si coltiva il colza (vedi es. 2), nel 2013 si coltiverà sullo stesso appezzamento il grano duro, nel 2014 la fava e nel 2015 il grano duro.
La situazione nel gennaio 2012
La situazione nel febbraio 2012
2013
2014
2015
Grano duro
Grano duro
1 colza
1 grano duro
1 fava
Colza
Colza
2 grano duro
2 fava
2 grano duro
Grano duro
Grano duro
3 fava
3 grano duro
3 colza
p 1
esempio
p 2
esempio
p 3
esempio
Note. L
La fava può essere sostituita dal cece, il grano duro da quello tenero, dall’orzo e dall’avena.
Legenda:
52
= terreno in attesa
di semina
= coltura in atto
concimazione azotata
= in copertura
= sarchiatura
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Campo
zo, quando il cereale ha quasi ultimato la
levata e prima dell’emissione dell’ultima
foglia, chiamata «foglia bandiera».
Utilizzate quindi in totale 2-3 quintali per ettaro di urea-46, o 3,5-4 quintali
per ettaro di nitrato ammonico-26, frazionando la quantità di concime in due o
tre interventi: il primo da effettuare verso la ine di gennaio se non avete concimato alla semina, il secondo a metà di
febbraio e il terzo dopo circa 30-40 giorni in marzo. Lo spargimento del concime deve essere effettuato quando il terreno è asciutto, utilizzando una trattrice
leggera al ine di ridurre al minimo il
compattamento del suolo.
In questo periodo va effettuato un
controllo in campo delle erbe infestanti,
che ci sarà molto utile per deinire una
strategia di diserbo (ne parleremo in dettaglio ne «i Lavori» di marzo-aprile).
Le aziende biologiche in febbraio
possono effettuare una concimazione con prodotti autorizzati per l’agricoltura biologica. Utilizzerete dai 3 ai 6
quintali per ettaro di un fertilizzante ad
alto titolo di azoto, per esempio: Organdieci (Euro Bio Fert); Guanito, Duetto,
Phenix (Italpollina); Super 7 (Distillerie
Bonollo); prodotti a base di cornunghia
torrefatta come Azocor 105 (Fomet);
prodotti a base di cornunghia, pelli e carniccio come Grenagro (Grena); prodotti
a base di cuoio torrefatto come Bioilsa
(Ilsa), Ecolenergy (Sala); la pollina essiccata prodotta da molte ditte.
È opportuno che tali concimi siano
pellettati per facilitarne la distribuzione con un normale spandiconcime e
può essere utile effettuare un intervento
di strigliatura per interrarli e iniziare un
azione di estirpazione delle malerbe.
Foto: Sis-Società italiana sementi
Cereali vernini. Orzo della varietà a seme «nudo» Rondo; la sua granella (nel
particolare) è destinata all’alimentazione umana
(gennaio-febbraio) a quella di inizio della levata (febbraio-marzo) controllate la
coltura e, se necessario, intervenite con
un trattamento diserbante (diserbo in
post-emergenza). Particolare attenzione va posta nella scelta dei prodotti diserbanti, perché non tutti quelli
autorizzati per il frumento lo sono anche
per l’orzo (soprattutto i graminicidi).
Se non è stato possibile seminare
l’orzo in autunno, si può ricorrere alla
semina primaverile. Nelle zone più
fredde (Nord e alta collina) questa pratica rappresenta la prassi per le varietà di
orzo a seme «nudo» (Priora, Rondo,
ecc.), il cui prodotto è destinato all’alimentazione umana.
Farro
Orzo
L’orzo richiede gli stessi interventi
colturali indicati per il frumento tenero,
con le seguenti varianti.
Per quanto riguarda la concimazione
azotata in copertura vanno ridotte del
20-30% le dosi di concime, avendo l’orzo una maggiore capacità di sfruttare la
fertilità del terreno (la cosiddetta «forza
vecchia») ed essendo più sensibile ai
danni dovuti ad un eccesso di azoto (allettamento della coltura).
Per quanto riguarda il controllo delle
erbe infestanti va considerato che l’orzo ha una maggiore capacità competitiva rispetto al frumento e quindi, in molti casi, non richiede il diserbo, soprattutto se è stata rispettata la rotazione.
In ogni caso, dalla fase di accestimento
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
La semina primaverile va effettuata tra la metà di febbraio e la metà di marzo al Nord, mentre al Centro e al Sud va anticipata rispettivamente di 10-15 e di 20-30 giorni;
nell’ambito della stessa zona, in
collina la semina va posticipata di
8-10 giorni rispetto alla pianura.
Nel rispetto delle epoche sopra
indicate per le diverse zone, la semina primaverile va comunque effettuata appena è possibile entrare in
campo; più si ritarda e più si riduce la
produzione rispetto alla semina autunnale, differenza che raggiunge il 40%
circa quando ci si avvicina alla ine delle epoche sopra indicate (metà di marzo
al Nord, ine di febbraio al Centro e inizio delle stesso mese al Sud).
La tecnica di coltivazione dell’orzo
primaverile è la stessa di quello autunnale (vedi «i Lavori» di settembre-ottobre, a pag. 54). In questo caso vanno però utilizzate esclusivamente varietà «alternative» (dette anche «primaverili»)
come, per esempio, Cometa e Marjorie,
le quali, a differenza di quelle «non alternative» (dette anche «invernali»), non
hanno bisogno di un periodo di freddo
per la formazione della spiga. Si consiglia inoltre di aumentare del 10-15% la
dose di semente rispetto a quella indicata per la semina autunnale.
L’orzo coltivato con il metodo
biologico richiede gli stessi interventi indicati per il frumento tenero bio.
Cereali vernini. Nelle coltivazioni biologiche, per il controllo delle erbe infestanti è necessario il ricorso all’erpice strigliatore
Nei mesi di gennaio e febbraio la coltura del farro non necessita di alcun intervento colturale in quanto, specialmente
in montagna, a causa della temperatura la
vegetazione è sostanzialmente ferma.
Solo in alcune zone più calde, esposte
a sud, dove i terreni sono più scuri, dalla
metà di febbraio la pianta riprende la propria attività iniziando a sviluppare alla
base dei nuovi getti (accestimento). Tutti
i cereali hanno la caratteristica di «accestire», ma con differente intensità e il farro e tra quelli che accestiscono di più: gli
Le macchine e le attrezzature per le lavorazioni del terreno, la coltivazione e la
raccolta delle colture in pieno campo sono in genere costose e di dificile gestione
da parte di un piccolo produttore. Tuttavia in tutte le aree agricole del Paese sono presenti imprese agromeccaniche che effettuano ogni tipo di lavoro per conto
terzi. Molte di queste imprese aderiscono ad associazioni provinciali, a loro volta riunite in due grandi associazioni nazionali: l’Unima (Tel. 06 8549595 - www.
unima.it) e la Confai (Tel. 0376 321664 - www.confai.it).
Rivolgendovi a queste associazioni, o informandovi presso gli agricoltori della
zona, potete ottenere i recapiti dei contoterzisti operanti nella vostra provincia.
53
Campo
spazi vuoti tra pianta e pianta vengono rapidamente coperti dai nuovi getti e inizia
una naturale competizione nei confronti
delle malerbe. Riguardo quest’ultime, sarà necessario intervenire per contenerle
solo in caso di forte infestazione.
Il controllo delle infestanti può essere fatto con un intervento meccanico o
con un diserbo chimico che verrà programmato, se necessario, in una fase
successiva. La pratica del diserbo non
può comunque essere effettuata nelle
aziende biologiche ed è sconsigliabile
per piccole superici.
Il metodo meccanico è quello della
strigliatura effettuata con un erpice strigliatore. Potrete ottenere un buon risultato solo se interverrete su infestanti al
primo stadio di sviluppo, con un apparato radicale poco sviluppato, e su terreni
sostanzialmente sciolti. Sui terreni argillosi i risultati sono minori e sarà quindi
necessario effettuare più di un passaggio. Lo strigliatore è comunque utilissimo per ridurre l’effetto negativo della
crosta che si forma con le piogge battenti e, muovendo lo strato supericiale del
terreno, facilita l’accestimento.
Anche per il farro si può effettuare la
semina primaverile. A riguardo si devono utilizzare varietà locali con caratteristiche primaverili («alternative»), le quali possono essere seminate indifferentemente sia in autunno che in primavera.
La semina primaverile riduce comunque la produttività di circa il 20%, ma
consente di coltivare il cereale laddove
vi sia pericolo di gelate che ne potrebbero compromettere la produzione.
COLTURE
PRIMAVERILI-ESTIVE
Mais
Se non si è già intervenuti nei mesi
scorsi, in questo periodo vanno effettuate la manutenzione o realizzazione delle
opere per la regimazione delle acque,
la concimazione organica e la lavorazione del terreno, seguendo le modalità descritte ne «i Lavori» di novembredicembre, a pag. 48.
preparazione del suolo, che deve assicurare un elevato spessore dello strato lavorato per consentire alle radici di scendere in profondità.
COLTURE FORAGGERE
Erba medica
Girasole. In questo periodo si provvede
a effettuare le operazioni di ripasso del
terreno, al ine di eliminare le erbe infestanti e preparare il letto di semina
ri» di novembre-dicembre, a pag. 49.
Si ricorda che la soia non trae beneicio dalla concimazione organica, che anzi può determinare uno sviluppo vegetativo eccessivo e i conseguenti
allettamento della coltura e ritardo nella
maturazione. Se si dispone di letame o
di altri efluenti di allevamento (liquame
e pollina), è quindi preferibile destinarli
ad altre colture (al mais in particolare).
Girasole
Il girasole si adatta a tutti i tipi di terreno e non ha particolari esigenze climatiche; l’unico limite produttivo è rappresentato dalla disponibilità di acqua.
La germinazione avviene ad una temperatura di circa 10 °C e le giovani piante possono subire gravi danni dall’abbassamento della temperatura. La semina quindi si effettua nei primi giorni di
marzo al Centro e al Sud e dopo la metà
del mese al Nord.
In questo periodo provvederete a effettuare le operazioni di ripasso del terreno al ine di eliminare le erbe infestanti e renderlo più minuto. La riuscita della coltura dipenderà molto dalla buona
54
Prati stabili
Nelle zone montane in questo periodo i prati sono in riposo vegetativo e,
con buona probabilità, ricoperti dalla
neve. Non sono pertanto previsti interventi colturali. Nelle zone collinari e di
pianura effettuate la concimazione organica con letame o con altri efluenti di
allevamento (liquame e pollina), se tali
prodotti sono disponibili in azienda e se
non si è già provveduto nei mesi scorsi,
secondo le modalità descritte ne «i Lavori» di novembre-dicembre, a pag. 49.
Pascoli
In questo periodo i pascoli sono in riposo vegetativo e, quelli ad alta quota,
con buona probabilità sono ricoperti dalla neve; non sono quindi utilizzabili dagli
animali. Fanno eccezione i pascoli delle zone più calde del Sud e quelli a bassa
quota, che possono essere utilizzati anche
in questo periodo da animali rustici (ovini, alcune razze di bovini da carne, ecc.).
A cura di: Pietro Fiore (Grano duro - Farro - Girasole - Erba Medica); Umberto
Grigolo (Frumento tenero - Orzo - Mais Soia - Prati stabili - Pascoli).
Soia
Se non si è già intervenuti nei mesi
scorsi, in questo periodo vanno effettuate la manutenzione o la realizzazione
delle opere per la regimazione delle
acque e la lavorazione del terreno, secondo le modalità descritte ne «i Lavo-
In questo periodo la medica non necessita di cure particolari. Se il medicaio
si trova al secondo anno di impianto può
essere utile una concimazione di copertura, per la quale distribuirete 4 quintali
per ettaro di perfosfato minerale-19 e, se
il terreno è carente di potassio, 1 quintale per ettaro di solfato di potassio-50.
Tenete presente che nel medicaio, specialmente se è giovane, si trovano molte
graminacee spontanee che contribuiranno alla produzione del primo taglio. Per
questo motivo può essere utile intervenire anche con dell’azoto, somministrando 2-3 quintali per ettaro di solfato ammonico-20.
Prati stabili. Se non è stato fatto già nei
mesi scorsi, eseguite ora la concimazione
organica con letame, liquame o pollina
[1] Per approfondimenti sulla concimazione in agricoltura biologica, vi rimandiamo al n. 4/2010, pag. 45.
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Se nei testi di questa rubrica trovate
delle parole che vi riescono di dificile comprensione, utilizzate il «Vocabolario illustrato dei termini dificili» allegato al n. 2/2011. (Red)
Nel bimestre, con riferimento al Nord Italia, la vite si trova nella fase vegetativa di
«gemma d’inverno»; al Centro e al Sud
l’anticipo è mediamente di 15-30 giorni e pertanto a ine bimestre le piante potranno già trovarsi nelle successive fasi di
«gemma cotonosa» e «punte verdi».
IL VIGNETO
PER LA PRODUZIONE
DI UVA DA VINO
Lavori
Dopo l’impegno dei lavori legati alla
vendemmia il lungo periodo del riposo
vegetativo invernale viene occupato dalla potatura. Essa rappresenta un impegno di fondamentale importanza, sia dal
punto di vista economico, sia da quello
tecnico. Un terzo delle spese di gestione
del vigneto, infatti, è rappresentato dagli
interventi annuali di potatura secca (un
altro terzo da tutta la gestione della stagione, trattamenti compresi, e l’ultimo
terzo dalla vendemmia); con essi il viticoltore determina la produzione, poiché
utili a impostare la qualità e la quantità
della futura vendemmia.
Un lavoro invernale straordinario, invece, è la potatura di allevamento nei vigneti di nuovo impianto. I tagli e le legature che consentiranno di formare la
struttura delle giovani piante si rilettono
sull’intera carriera produttiva del vigneto, così come un razionale progetto di impianto consente una corretta gestione per
l’intero arco produttivo dell’impianto.
In questo periodo, inine, è opportuno effettuare anche le manutenzioni alle
strutture del vigneto.
Potatura di allevamento. Contempla interventi da effettuare nei primi 2-3
anni di vita del vigneto e ha lo scopo di
consentire il robusto accrescimento delle giovani piante e di formarne la futura
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Vigneto
pale verticalmente sul tutore e in
orizzontale lungo il ilo di ferro, prestando attenzione afinché le gemme
siano posizionate verso l’alto. I legacci devono assicurare la perfetta
aderenza del tralcio al tutore e la corretta disposizione rettilinea del cordone
sul ilo. La curvatura di passaggio dal tutore al ilo di ferro orizzontale deve essere morbida, per evitare la strozzatura del
tralcio. Dal cordone orizzontale si svilupperanno poi i tralci destinati alla produzione dell’anno successivo.
Pergole e tendoni: il tralcio viene legato verticalmente lungo i tutori e poi
prolungato sui sostegni orizzontali in
funzione della vigoria. Il tralcio va cimato quando il diametro è inferiore a
quello di una sigaretta (7-8 mm).
Il taglio di ritorno può essere ripetuto
anche al secondo inverno se la bassa vigoria della pianta lo richiede, oppure se
avversità di varia natura (grandinate in
particolar modo) hanno danneggiato in
maniera signiicativa il tralcio.
struttura permanente.
Fine del primo anno di vegetazione.
Qualsiasi sia la forma di allevamento prescelta, asportate la gran parte del legno
prodotto, lasciando 2-3 gemme per pianta al disopra del punto di innesto; dovrete tenere solo lo sperone meglio indirizzato verso l’alto, eliminando le gemme in
soprannumero. Questo taglio di ritorno
consente alla pianta di rafforzarsi, creando un adeguato apparato radicale.
Solo nei vigneti molto vigorosi potete lasciare 4-5 gemme sul tralcio principale, per ottenere così qualche grappolo,
che ridurrà l’eccesso di vegetazione nella prossima stagione.
Al termine del taglio la pianta deve
essere ben legata al tutore, qualora non
sia ancora stato fatto; il peso della futura vegetazione, infatti, potrebbe piegarla
e danneggiarla.
Fine del secondo anno di vegetazione. Il comportamento da tenere nei confronti delle piante al secondo anno varia
in funzione della forma di allevamento
prescelta.
Guyot, capovolto e doppio capovolto:
legate strettamente il tralcio principale al
tutore, cimatelo 10-15 cm sotto il ilo di
ferro principale per il Guyot, mentre per
il capovolto o doppio capovolto poco sopra lo stesso ilo. Otterrete quindi un unico tralcio verticale, da cui si svilupperanno 2-3 tralci. L’anno successivo questi
tralci forniranno la prima produzione e si
utilizzeranno per ottenere i tipici «archetti» nell’inverno successivo.
Cordone speronato, cortina semplice,
Casarsa e Sylvoz: legate il tralcio princi-
Potatura di produzione. Questo intervento, con cui si imposta la forma della pianta e il numero di gemme produttive per la stagione successiva, inluisce in
modo diretto sulla qualità e quantità della produzione. Essa comprende tutte le
operazioni di taglio che si effettuano ogni
inverno per regolare il rapporto tra produzione e vegetazione. È un momento importantissimo nel ciclo produttivo del vigneto, poiché con essa si determina:
– la quantità della produzione, mediante la scelta del numero di gemme per
pianta, quindi del numero di grappoli
Potatura di produzione in un vigneto allevato a Casarsa: per produzioni di qualità è preferibile lasciare i tralci più corti possibile, aumentandone eventualmente il numero
Per la potatura secca nei vigneti in produzione, utilizzate forbici robuste e sicure. In ogni caso, limitate il più possibile
i tagli grossi che comporterebbero maggiori rischi per le malattie del legno
Con il riempimento degli spazi assegnati a ogni singola pianta e con l’entrata in produzione del vigneto si considera conclusa la fase di allevamento.
55
Vigneto
Dopo
Prima
Potatura di produzione di una vite allevata a cordone speronato. Vengono lasciati degli speroni di una-tre gemme (vedi foto qui a lato), privilegiando quelli presenti nella parte superiore del cordone ed eliminando i tralci eventualmente sviluppatisi nella parte inferiore. Gli speroni si ottengono dai tralci più
bassi originatisi dagli speroni lasciati con la potatura dell’anno precedente
che si andrà a produrre;
– la vigoria della pianta, regolando la
lunghezza dei tralci e così il numero di
gemme che si svilupperanno;
– la sanità delle piante, poiché tagli di
potatura troppo consistenti possono causare l’ingresso di varie malattie, in particolare del mal dell’esca;
– la sanità della produzione, infatti quella dei grappoli è determinata dalla disposizione dei tralci; per esempio grappoli ben arieggiati e ben esposti sono
meno attaccati dalle malattie fungine e
sono raggiunti più facilmente dai trattamenti;
– il livello qualitativo delle uve, mediante la disposizione dei grappoli, poiché
nei grappoli delle uve rosse più esposti
al sole avviene l’accumulo di polifenoli
e antociani.
La vite forma le gemme che daranno
i iori su tralci dell’anno originati dal legno dell’anno precedente. È importante
quindi che:
– i tralci che hanno già prodotto siano
eliminati;
– i tralci sviluppatisi nell’annata trascorsa siano destinati alla successiva produzione.
Esistono due differenti approcci
nella potatura, a seconda della lunghezza del tralcio che viene lasciato per
la produzione: potatura lunga e potatura
corta. La scelta di quale applicare è condizionata dalla capacità della varietà di
produrre grappoli sulle gemme basali
(quelle più vicine al punto di innesto del
tralcio sul legno vecchio) e dalla quantità di uva che si vuole ottenere.
56
Il taglio che lascia uno sperone di 12 gemme è detto «potatura corta». Si
potrà applicare solo a quelle varietà che
possiedono buona fertilità basale, cioè
producono grappoli sui tralci dell’anno
sviluppati dalle gemme basali. È molto
importante non considerare nel conto
delle gemme quelle del cercine basale
(cioè quelle gemme che si originano dal
punto di innesto dello sperone sul legno
vecchio), che servono unicamente per il
rinnovo dello sperone nell’anno successivo e non portano produzione.
La formazione di uno sperone con più
di due gemme, però, impedisce il germogliamento delle gemme basali; la vite, infatti, preferisce garantire l’accrescimento
delle 2-3 gemme apicali e non ha l’energia suficiente a consentire anche lo svi-
Con le potature sulle spalliere, in particolare per il tipo a Guyot nei giovani vigneti, cercate di lasciare i tralci alla
giusta lunghezza
luppo di quelle basali, necessarie a rinnovare lo sperone l’anno successivo.
Sul nostro sito Internet abbiamo inserito un breve ilmato, che si può
visionare gratuitamente, nel quale si illustra la potatura della vite allevata a cordone speronato (vedi riquadro a pag. 57).
Per le varietà a bassa fertilità basale,
invece, sarà necessario utilizzare una
«potatura lunga» (oltre le 4-5 gemme)
e di conseguenza adeguate forme di allevamento (Sylvoz, Casarsa, Guyot, capovolto, ecc.). Anche in questi casi, però,
sarà preferibile lasciare i tralci più corti
possibile, aumentandone eventualmente
il numero, poiché la potatura corta produce uve di migliore qualità.
Nel Casarsa e nel Sylvoz i tralci non
utilizzati per la produzione non devono
essere «rasati» a livello del legno vecchio, ma vanno potati ad una gemma,
per garantire il rinnovo nell’anno seguente ed evitare che il cordone si spogli di gemme nel corso degli anni. Oltretutto, il taglio raso crea delle ferite che
costituiscono vie di ingresso nel tempo
di svariati patogeni del legno.
Nel Guyot, invece, il rinnovo è assicurato da uno sperone che accompagna
alla base il tralcio produttivo.
In quasi tutte le forme di allevamento
che prevedono tralci lunghi, questi devono essere legati in posizione adeguata. In
alcune controspalliere (Sylvoz, capovolto, doppio capovolto) questi tralci sono
piegati verso il basso per limitarne la vigoria e incrementare la produzione e vengono deiniti «archetti», mentre nel Guyot
il tralcio di produzione viene portato orizzontalmente sul ilo di ferro.
Sul nostro sito Internet è stato inserito un breve ilmato, visibile gratuitamente, nel quale viene descritta la
potatura della vite allevata a Guyot. Cliccate su: www.vitaincampagna.it/RdVic/
video6.asp
La carica di gemme, cioè il numero
di gemme da lasciare per ogni pianta, è
fortemente correlata alla forma di allevamento e al sesto di impianto, pertanto
le indicazioni vengono espresse normalmente in numero di gemme per pianta
per le pergole e i tendoni e in numero di
gemme per metro lineare di ilare per le
forme di allevamento Guyot, capovolto,
doppio capovolto, alberello o a cordone
permanente (cordone speronato, cortina
semplice, Sylvoz, Casarsa, ecc.).
Una carica media indicativa è di 25-35
gemme per pianta nelle pergole semplici,
40-60 gemme per pianta nelle pergole
doppie e nei tendoni e 12-15 gemme per
metro lineare di ilare nelle altre forme di
allevamento (ma nelle produzioni di alta
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Vigneto
qualità si arriva a 4-5 gemme per metro
per le varietà a grappolo più grosso).
Ovviamente potrete variare il numero di gemme a seconda del peso medio
dei grappoli delle vostre varietà e in funzione della quantità e della qualità che
volete ottenere: indicativamente, per vigneti a media densità (5.000 ceppi per
ettaro) e per ottenere uve di alta qualità
non si devono superare produzioni d’uva
di 1,5-2 kg per ceppo.
Poiché la produzione di uva riduce in
maniera proporzionale il numero e la dimensione dei tralci, lascerete meno gemme nelle piante più deboli, mentre potrete utilizzare una potatura più ricca in
quelle più vigorose.
Il posizionamento dei tralci o degli
speroni lungo il cordone deve consentire l’armonico sviluppo dei tralci nello
spazio assegnato, senza sovrapposizioni,
garantendo l’arieggiamento della chioma e una migliore ricezione della luce da
parte delle foglie e dei grappoli. Di conseguenza si prestano meglio le forme di
allevamento che hanno cordone permanente o tralcio produttivo orizzontali e
vegetazione ascendente (cordone speronato e Guyot). Tali forme consentono la
separazione fra la zona produttiva e quella della vegetazione, evitando sovrapposizioni che costringerebbero a continui
tagli a verde o che creerebbero ristagni di
umidità nella chioma e nei grappoli.
I residui di potatura vanno lasciati in loco e triturati con un trinciasarmenti, poiché contribuiscono a mantenere alto il tenore di sostanza organica
nel terreno. Solo nel caso ci sia notevole
presenza di malattie del legno, quali eutipiosi o mal dell’esca, i tralci vanno allontanati e bruciati.
Terminate le operazioni di potatura,
nelle forme di allevamento che richiedono il posizionamento obbligato dei tralIn un video la potatura della vite
allevata a cordone speronato
Collegandovi al nostro sito Internet potete vedere gratuitamente un ilmato della durata di circa due minuti. In esso il
nostro esperto vi dà indicazioni circa le modalità di esecuzione della
potatura della vite nella forma di allevamento a cordone speronato. Cliccate su www.vi
taincampagna.it/rdVic/
video18.asp
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Ultimata la potatura nelle forme
di allevamento che lo richiedono
procedete alla legatura dei tralci
ci (Guyot, Sylvoz, pergole, tendoni,
ecc.), potete iniziare la legatura degli
archetti o dei tralci; se l’archetto ha la
curva molto accentuata attendete di procedere nelle giornate più umide o a ridosso del germogliamento, quando il legno è più lessibile e non rischia di spezzarsi al momento della piegatura.
Ricordiamo che sui numeri 12/2008,
a pag. 26, e 1/2009, a pag. 31, sono stati
pubblicati due articoli che illustrano le
regole generali della potatura secca della
vite e descrivono gli interventi di potatura nelle principali forme di allevamento.
Nuovi impianti. Una volta decisa la
forma di allevamento, che è condizionata anche dalle caratteristiche di fertilità
basale o meno della varietà, prima di
procedere con la messa a dimora delle
barbatelle occorre considerare:
– la densità d’impianto (cioè il numero
di piante per ettaro);
– il sesto d’impianto (cioè la distanza tra
le piante sulla ila e tra le ile).
Riguardo la densità di impianto, a parità di forma di allevamento, sono le alte
densità che danno una migliore qualità globale: ridotte distanze tra le file
consentono alle piante di
distribuire meglio le radici,
esplorando razionalmente
tutto il terreno; inoltre la
maggior densità, riducendo la vigoria, comporta
una relativa diminuzione
del peso dei grappoli e delle bacche e questo favorisce l’aumento del rapporto
buccia/polpa.
È tuttavia evidente che l’optimum nel
numero di ceppi per ettaro non è costante: dipende in primo luogo dal clima, ma
anche dagli obiettivi enologici. A parità di ambiente deve essere più elevato nei vitigni rossi che nei bianchi (viti
leggermente più espanse), più elevato al
Nord che al Sud; si preferisce una densità maggiore per i vini da dessert (ad alta gradazione zuccherina) e minore per
gli spumanti.
Il sesto d’impianto, a sua volta, va
considerato in relazione all’altezza delle
piante; nelle controspalliere (cordone
speronato, Guyot, capovolti, Sylvoz e
Casarsa) il rapporto tra larghezza dell’interila e altezza dei pali deve essere
circa di 1:1, per evitare l’ombreggiamento dei ilari da parte di quelli contigui. In pratica, al restringimento dell’interila deve corrispondere un adeguato
abbassamento della struttura.
L’altezza da terra è strettamente legata al sistema di allevamento. Per esempio il Guyot e il cordone speronato richiedono un’altezza da terra di 70-90
cm. Anche nelle zone più umide i cordoni speronati e i Guyot possono essere
previsti a 90 cm da terra, poiché la vegetazione che si sviluppa in verticale garantisce comunque una fascia di arieggiamento tra il suolo e il cordone priva
di vegetazione. Il Sylvoz, la cortina pendente, il capovolto e il doppio capovolto, che prevedono invece archetti rivolti
verso il basso, devono essere impalcati
ad una altezza di 120-140 cm.
In generale, una pianta compatta e
non troppo espansa garantisce un
migliore equilibrio vegetativo e una risposta migliore alle avversità climatiche
(siccità in particolare).
Completata la preparazione del terreno (vedi «i Lavori» di settembre-ottobre
e novembre-dicembre 2011), potete iniziare il tracciamento del nuovo vigneto, posizionando i picchetti di riferimento per i pali e le viti.
Il miglior orientamento dei filari è
quello nord-sud, il quale assicura la maggior insolazione. Poiché però si è fortemente inluenzati dalla forma dell’appezzamento, si prende in considerazione
l’orientamento che dia la massima lunghezza dei ilari, per una migliore meccanizzazione delle operazioni colturali.
Assicurate un’adeguata larghezza
delle cappezzagne e dei ilari, per consentire il passaggio delle macchine e
delle attrezzature, soprattutto nei vigneti in collina. Tenete presente che tanto
più stretto è lo spazio tra i ilari, tanto
più larga deve risultare la cappezzagna,
poiché le macchine operatrici che per-
57
Vigneto
corrono i ilari dovranno uscire completamente dal vigneto per iniziare le operazioni di voltata.
Superato il periodo più freddo dell’inverno, in genere inizia la messa a dimora delle nuove piante di vite. Le barbatelle, prenotate per tempo presso i vivaisti,
devono essere ritirate poco prima dell’impianto, per evitare di commettere errori nella conservazione: se le barbatelle
sono sciolte e non confezionate, devono
essere conservate sotto sabbia umida e in
luogo fresco ino al momento della messa a dimora. Anche le barbatelle parafinate, che ormai sono le più diffuse, vanno conservate in luogo fresco, ma la loro
idratazione è assicurata dalle confezioni
con cui vengono commercializzate.
La preparazione delle barbatelle consiste nell’accorciare le radici a circa 1015 cm. Al momento dell’impianto veriicate che il terreno sia suficientemente
umido, così da assicurare un’adeguata
idratazione alle barbatelle. In caso contrario, immergete le barbatelle in acqua
per circa mezz’ora per una prima reidratazione e successivamente intervenite
con una leggera irrigazione localizzata.
Evitate accuratamente di porre a contatto delle radici i fertilizzanti chimici o
organici che avete previsto di utilizzare,
poiché potrebbero compromettere la vitalità delle piantine, perché la salinità di
certi concimi può disidratare le radici.
Se avete in progetto l’impianto di un
nuovo vigneto nell’inverno del prossimo
anno, può essere vantaggioso prenotare
già ora le barbatelle presso i vivaisti, soprattutto se utilizzerete varietà e/o portinnesti poco diffusi; in questo caso il vivaista potrà procedere subito all’innesto
da voi indicato e avrete la certezza della
disponibilità del materiale al momento
dell’impianto.
Superato il periodo più freddo
si può procedere all’impianto
del nuovo vigneto
Per la messa a dimora le barbatelle devono essere adeguatamente preparate
accorciando le radici a circa 10-15 cm
In genere le strutture di sostegno
vengono installate successivamente all’impianto, ma devono essere completate prima della ripresa vegetativa delle
Vigneto per uva da vino. Operazioni colturali
in corso ( ) nei mesi di gennaio e febbraio
● a cura di Silvio Caltran
piante, per evitare di danneggiare i fragili germogli. La scelta riguardo l’utilizzo
dei pali di legno, di cemento, di plastica
riciclata o di ferro è legato a: la durata,
l’elasticità, la reperibilità, i vincoli paesaggistici e il prezzo.
Per ciascuna barbatella, fatta esclusione per quelle poste in prossimità dei pali
di sostegno, dovrete posizionare un tutore
che la sostenga nei primi anni di sviluppo.
Si sta diffondendo l’uso di tondini di ferro per l’edilizia (diametro 6, 8, 10 mm, a
seconda dell’altezza necessaria) in sostituzione dei tutori in legno; essi sono praticamente indistruttibili e possono essere
facilmente riciclati una volta inito il loro
compito, hanno il vantaggio di avere un
basso costo e resistono molto bene alle
sollecitazioni dei tastatori delle macchine
operatrici. Anche per i ili di ferro il mercato offre un’ampia gamma di prodotti,
ma tutte le soluzioni vanno prima veriicate in base alle offerte del mercato.
Manutenzioni. Una volta terminato
il taglio della vegetazione è consigliabile procedere alla manutenzione delle
strutture del vigneto.
Controllate le legature del legno vecchio, curando che non si creino strozzature e che il cordone non si letta per il
peso della produzione.
I materiali che si possono utilizzare
per le legature sono numerosi. I tradizionali legacci di vimini sono sempre più
frequentemente sostituiti dai tubetti e
nastri in plastica, da appositi ganci e
cambrette metalliche. Sono disponibili
sul mercato anche delle piccole legatrici
portatili a batteria.
Veriicate anche che i pali e i ili di
ferro non abbiano ceduto sotto il peso
della vegetazione e della produzione
nella stagione trascorsa.
Vigneto per uva da tavola. Operazioni colturali
in corso ( ) nei mesi di gennaio e febbraio
● a cura di Silvio Caltran
Operazioni
gennaio
febbraio
Operazioni
gennaio
Nuovi impianti
Potatura [1]
Concimazione
Falciatura erba
Trattamenti antiparassitari
Irrigazione
Vendemmia
●
●
●
●
Nuovi impianti
Potatura [1]
Concimazione
Falciatura erba
Trattamenti antiparassitari
Irrigazione
Vendemmia
●
●
[1] Potatura secca.
58
febbraio
●
●
● [2]
●
[1] Potatura secca. [2] Concimazione azotata.
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Vigneto
Interventi itosanitari
Se durante la scorsa estate avete contrassegnato le piante eventualmente colpite dal mal dell’esca, è questo il periodo
buono per il taglio delle piante nel tentativo di risanarle. La capitozzatura andrà effettuata asportando tutto il legno malato
(in pratica il legno che presenta carie). Gli
attrezzi utilizzati andranno disinfettati
con ipoclorito di sodio (la comune varechina) per evitare di trasmettere l’infezione da una pianta all’altra.
I tagli di capitozzatura vanno poi disinfettati e protetti con pasta cicatrizzante, tipo Baumbalsamo della ditta L. Gobbi.
IL VIGNETO
PER LA PRODUZIONE
DI UVA DA TAVOLA
Lavori
Le operazioni riguardanti la potatura
secca, sia di allevamento che di produzione e la preparazione per un nuovo impianto viticolo, quindi la riinitura del terreno,
il ritiro, la conservazione e la messa dimora delle barbatelle, differiscono poco da
quanto descritto per l’uva da vino.
Diverse sono invece le indicazioni tecniche sulla scelta delle strutture di sostegno per i nuovi vigneti, per la messa a dimora delle barbatelle e per la manutenzione, viste le differenze produttive
(quantitative in particolare) e considerata
la scelta di forme di allevamento espanse
(tendone e pergola), quali soluzioni diffuse per la produzione di uva da tavola, anche per il piccolo vigneto familiare.
Buona attenzione va posta per l’eficace controllo delle infestanti, avvalendovi di soluzioni non troppo costose e di
limitato impatto ambientale.
Se si ricerca l’anticipo della maturazione, in particolare per le varietà precoci, vanno rapidamente ultimate le operazioni invernali di potatura, manutenzione
delle strutture di sostegno, legatura dei
tralci e va programmata per questo periodo la copertura delle piante.
Inine, anche le concimazioni vanno
impostate con l’obiettivo di ottenere buoni risultati produttivi, ma col contemporaneo controllo della vigoria, la quale
predispone le piante a maggiori attacchi
parassitari e può compromettere la qualità e la conservabilità della produzione.
Potatura di produzione. La potatura
secca poggia sugli stessi principi riportati per la viticoltura da vino, in particolare
per gli impianti a Guyot. Fa eccezione la
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
2
1
lunghezza dei tralci, quindi la carica di
gemme per ceppo, standardizzata secondo le impostazioni della forma di allevamento, a tendone o a pergola; di solito risulta poi maggiore per alcune varietà,
quali la Regular Superior seedless (o Sugraone), caratterizzate da buona vigoria e
da limitata fertilità delle gemme basali.
Su tendone e su pergola, infatti, la potatura prevede la completa sostituzione
del capo a frutto e dei relativi tralci che
hanno prodotto l’anno precedente tramite
un tralcio ripreso da dietro, posizionato
in vicinanza del fusto e preferibilmente
ottenuto sullo speroncino di rinnovo lasciato l’anno prima. Inoltre, al disotto
del tralcio di sostituzione vanno lasciati
uno o due speroncini, alla lunghezza di
uno-due gemme visibili, allo scopo di ottenere robusti tralci per la potatura dell’anno successivo.
In ogni caso anche l’uva da tavola richiede che i futuri grappoli e, soprattutto, le foglie ad essi vicine siano ben
esposti al sole e arieggiati. Per le forme
a tetto orizzontale o obliquo, quali appunto tendone e pergole, sin dalla potatura secca dovrete pertanto lasciare spazi aperti e regolari, posizionati al centro
dell’interilare, allo scopo di permettere
l’entrata primaverile ed estiva di aria e
di luce, fattori fondamentali per la migliore maturazione dell’uva e per la prevenzione degli attacchi parassitari.
Per viti allevate a spalliera, con potatura a Guyot, se possibile utilizzate tralci di sostituzione di media vigoria e, se la
distanza tra le piante lungo la ila è superiore a un metro, valutate anche la possibilità d’impostare la potatura a Guyot bilaterale, orizzontale o capovolto, stendendo un tralcio per lato ino a incrociare i tralci della viti adiacenti, lasciando
alla loro base sempre uno o due corti
1-Le strutture di sostegno del vigneto vanno installate dopo l’impianto e completate prima della ripresa vegetativa. Nella
foto: palificazione in cemento. 2-Ogni
barbatella (ad esclusione di quelle in
prossimità dei pali di sostegno) va dotata
di un tutore; diffuso è il ricorso ai tondini
di ferro per l’edilizia, indistruttibili, riciclabili e di costo accettabile
speroncini con funzioni di rinnovo.
Potete effettuare la potatura e la stralciatura o eliminazione della ramaglia inutile manualmente oppure con l’ausilio di
comode forbici elettriche o pneumatiche.
Terminata la potatura, procedete alla
trinciatura dei tralci con una macchina
trinciasarmenti, oppure all’asportazione
degli stessi con successiva bruciatura,
nel caso siano presenti gravi malattie del
legno, prima fra tutte il mal dell’esca.
Naturalmente, le piante colpite da
mal dell’esca avrebbero dovuto essere
segnate nel corso dell’estate precedente
per essere ora potate separatamente, disinfettando le forbici alla ine dell’intervento. Con danni intensi su vecchie viti
conviene estirpare l’intera pianta e bruciarla in luogo adatto, mentre si
può tentare di recuperare viti ancora giovani tramite la capitozzatura, da
effettuarsi ad altezza tale da non notare
più i classici sintomi d’imbrunimento
del legno causati dalla malattia.
Manutenzioni. Dopo i tagli, eseguite la legatura dei tralci. Allo scopo potete avvalervi dei tradizionali vimini o,
meglio, dei moderni legacci sintetici
quali i tubetti in pvc, interessanti per la
resistenza e per la buona elasticità; oppure utilizzate i ili in plastica con anima
metallica, applicabili anche con semplici macchinette manuali.
Se la supericie del vigneto è elevata, per la legatura potete anche utilizzare le macchine legatrici elettriche in grado di stendere e di avvolgere rapidamente il ilo di plastica, riducendo notevolmente il tempi.
In caso di necessità di manutenzione
alle strutture di sostegno, prima di eseguire le legature dei tralci, anche per il
vigneto di uva da tavola, vanno sostitui-
59
Vigneto
Se durante la scorsa estate avete contrassegnato le piante eventualmente colpite dal mal dell’esca, è questo il periodo per eseguire la capitozzatura nel tentativo di risanarle
ti i pali o i tutori danneggiati e i ili rotti. Vanno inoltre ricontrollate le tensioni
di ancoraggi e ili, al ine di disporre di
strutture eficienti e sicure.
Controllo delle infestanti. Per quanto riguarda gli interventi invernali, ricordiamo che anche negli ambienti mediterranei essi devono essere contenuti, sia
nella frequenza che per la profondità;
pertanto, sono da effettuarsi solo in presenza di erbe infestanti ben sviluppate.
Se disponete di terreni in pendio, quindi soggetti all’erosione supericiale, conviene addirittura evitare le lavorazioni almeno ino a inizio primavera, allo scopo
di mantenere una buona copertura d’erba
spontanea oppure di cereale (grano) o leguminose (veccia, favino) appositamente
seminate l’autunno scorso. Se lo sviluppo di queste risultasse esagerato, conviene intervenire col semplice taglio avvalendovi, se ne disponete, anche di una
macchina trinciasarmenti.
Lungo la fila, se avete effettuato il
controllo delle infestanti a ine autunno
con un erbicida ad azione sistemica, avrete ora la supericie ancora pulita; quindi
non serve alcun intervento. Viceversa, al
Sud in particolare, da ine gennaio e per
tutto febbraio è possibile distribuire un
erbicida ad azione sistemica (che penetra
all’interno dei tessuti e, attraverso la linfa, si diffonde in tutta la pianta) a base di
glifosate (per esempio Roundup e numerosi altri), eventualmente integrato da lazasulfuron (per esempio Chikara) che,
lentamente ma a colpo sicuro, vi permetterà il controllo delle infestanti ino a primavera inoltrata.
Nuovi impianti. Per l’uva da tavola,
da tempo comparata al settore frutticolo,
non è necessaria l’autorizzazione al reimpianto rilasciata dagli ufici regionali o
60
provinciali preposti; pertanto potete procedere tranquillamente alla progettazione
e alle realizzazione del nuovo impianto.
Per ottenere un buon risultato, vi ricordiamo anzitutto l’importanza di disporre di un terreno razionalmente concimato, arato ed eventualmente anche ripuntato a giusta profondità, senza rischi
di ristagno d’acqua, ripulito dai sassi, afinato con estirpatori o erpici o motozappe e ben tracciato, al ine di collocare regolarmente sia le barbatelle sia i pali e le ancore.
Di solito, sia la fase progettuale sia
quella preparatoria vengono attuate nel
corso dell’estate precedente o al massimo dopo la vendemmia. Qualora non sia
stato possibile prima, dopo aver individuato l’appezzamento, meglio se regolare e ben posizionato, veriicate ora la sua
sistemazione supericiale (al ine di facilitare il successivo passaggio delle
macchine operatrici) e gli eventuali rischi di ristagno di acqua.
Con pendenze di un certo rilievo e
con terreni non facilmente soggetti all’erosione superficiale o addirittura a
frane, al posto delle costose sistemazioni a terrazzi o a ciglioni, preferite quella
a rittochino, cioè l’impostazione dei ilari nel senso della massima pendenza.
Si tratta di una soluzione che facilita il
passaggio delle macchine operatrici, in
particolare delle trattrici a quattro ruote
motrici o cingolate, senza rischi di ribaltamento laterale.
In terreni soggetti a eventuali ristagni
d’acqua predisponete opportuni drenaggi, a giusta profondità, utilizzando
anche speciici tubi perforati che, se ben
protetti, garantiscono una lunga attività.
Subito dopo, se il terreno si presenta
in tempera, cioè con giusta umidità, procedete all’aratura di fondo. Con terreno
non troppo fertile, potrete contemporaneamente interrare anche una buona
quantità di concime organico (almeno
700-800 quintali per ettaro di buon letame, oppure almeno 40-50 quintali per ettaro di ammendanti organici essiccati).
Lavorando il terreno a una profondità di almeno 40-50 cm per mezzo di un
buon aratro, al quale potrà seguire nei
terreni più argillosi una ripuntatura con
passaggi ogni 100-120 cm di distanza e
alla profondità di circa 80-90 cm, creerete i presupposti per immagazzinare
una quantità ottimale di acqua piovana,
favorendo lo sviluppo radicale e consentendo alle piante di resistere il più possibile alla siccità.
Nello stesso tempo (ma sarebbe stato
meglio almeno un anno prima dell’impianto) richiedete le barbatelle al vivaista
o al rivenditore di iducia con la migliore combinazione d’innesto, cioè portinnesto, vitigno ed eventuale clone, in grado di fornirvi buoni risultati qualitativi e,
nello stesso tempo, una buona resistenza
alla siccità, alla salinità e alla scarsa fertilità del terreno.
La scelta della varietà dipende soprattutto dalle caratteristiche del vostro ambiente pedoclimatico e dagli obiettivi produttivi che intendete raggiungere. Di regola afidatevi alle varietà più diffuse in
Italia e probabilmente anche nella vostra
zona (tale diffusione è segno che esse maturano bene e che hanno anche un riscontro positivo sul mercato): Matilde, Regina, Victoria e Italia tra le bianche con seme; Black magic, Cardinal, Michele Palieri e Red Globe tra le varietà a bacca rossa con seme; Regular Superior seedless (o
Sugraone), Crimson seedless e Supernova
seedless, rispettivamente bianca, rossa e
rosata, tra le apirene (senza seme).
Nel limite del possibile, vanno però
considerate alcune piante di varietà tradizionali, quali Baresana e Pizzutello
bianco, che meritano di essere salvaguardate, così come è bene provare alcuni ceppi di nuove varietà quali Autumn
seedless, Paula, Summer royal, Blush
Con i vigneti
per uva
da tavola
coperti
in gennaio
al ine
di anticipare
la raccolta,
già a febbraio
si avrà
il germogliamento
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Vigneto
1
2
seedless e Autumn royal (bianche le prima due, rosse le altre e tutte apirene) che
la ricerca ci ha messo a disposizione.
La scelta del portinnesto è legata ai
requisiti di resistenza alla siccità (per
questo vanno bene il 140 Ruggeri, il
1103 Paulsen, il 110 Richter), alla salinità (ottimo il 1103 Paulsen) e alla scarsa fertilità del terreno (bene il 140 Ruggeri, il 1103 Paulsen, il 779 Paulsen, il
K5BB e l’SO4).
In alcuni ambienti viene richiesta anche una buona resistenza al calcare attivo del terreno e a questo scopo, oltre al
140 Ruggeri e al 1103 Paulsen, si presta
bene anche il 41 B.
In tutti i casi, scegliete materiale vivaistico garantito: il mazzetto di barbatelle
deve essere dotato di etichetta gialla (che
indica materiale standard, cioè con selezione massale) o, meglio, di etichetta blu
(che indica materiale certificato frutto
della selezione clonale), a garanzia della
sanità del materiale e del buon grado di
selezione sia per il portinnesto che per la
varietà di uva da tavola.
La struttura di sostegno di un vigneto di uva da tavola allevato a tendone o a
pergola deve essere molto robusta. Da
decenni si usano i pali di cemento armato, meglio se precompressi, alternati o
non con pali in legno di castagno; il tutto
assicurato con una itta rete di ili di acciaio zincato e con robuste corde d’acciaio le quali, issate lungo il perimetro
dell’appezzamento, ne formano lo scheletro portante. Ai quattro angoli ci si avvale poi del sostegno di altrettante robustissime colonne metalliche o di pali di
cemento armato ben ancorati.
Più semplice sarebbe la soluzione
con forme d’allevamento a pergoletta
doppia – la quale può esser impostata
anche con filari indipendenti, seppur
saldamente ancorati alle testate – e con
la spalliera, Guyot e cordone speronato
(da scegliere solo per le varietà con buona fertilità basale), per le quali valgono
le indicazioni tecniche descritte per la
viticoltura da vino.
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Per i piccoli
impianti di uva
da tavola
prendete in
considerazione
anche varietà
tradizionali,
quali Baresana
(1) e Pizzutello
bianco (2),
che meritano
di essere
salvaguardate
Con quest’ultime non si raggiungono
di certo le forti produzioni del tendone o
delle pergole tradizionali, ma la qualità
dell’uva e soprattutto la maggiore semplicità di gestione le fanno preferire in
tutti i piccoli vigneti familiari.
Copertura per anticipare germogliamento e maturazione. Per la viticoltura
da tavola sarà possibile anticipare la raccolta anche di un mese se a ine gennaioinizio febbraio le piante verranno coperte interamente con la stesura di un telo
bianco in pvc, su apposita struttura portante. Si tratta di una pratica diffusa in
Sicilia, in particolare nel comprensorio
di Vittoria (Ragusa), dove la possibilità
di porre sul mercato grappoli di Matilde,
di Black magic e, soprattutto, di Victoria
già a inizio di giugno, consente remunerazioni anche molto interessanti.
In quell’area, grazie alla copertura e
ai terreni molto sabbiosi, il germogliamento inizierà già ai primi di febbraio e
le viti di varietà precoci saranno in ioritura già nella seconda metà di marzo.
Naturalmente, i risultati saranno più
tardivi con i terreni argillosi e man mano
che ci si sposta più a nord o in alta collina.
Concimazioni. Anche per i vigneti
di uva da tavola, ci si regola secondo i
principi riportati ne «i Lavori» di novembre-dicembre 2011.
Riguardo alle dosi, ponete la massima attenzione alla quota azotata, la quale deve essere inalizzata alla produzione di uve sane e perfettamente mature.
Per quanto riguarda l’epoca di distribuzione, vi ricordiamo che le concimazioni azotate in particolare, alla dose
media di 50-60 kg per ettaro (pari a 22,3 quintali per ettaro di nitrato ammonico-26), devono essere anticipate alla
ine di febbraio-inizio marzo, salvo condizioni climatiche che non prevedano
piogge abbastanza imminenti. In tal modo saranno rapidamente interrate con le
lavorazioni o con le piogge di ine inverno e saranno a disposizione delle piante
sin dalla fase di germogliamento.
Se necessario, una seconda dose di
concimi azotati, potrà essere distribuita
a metà primavera, ma di questo parleremo più avanti.
Per gli altri elementi (potassio, fosforo, magnesio, ferro), per i quali non esiste il rischio di perdite per volatilizzazione e per gli ammendanti organici, vale
quanto riportato ne «i Lavori» di novembre-dicembre 2011, alle pagg. 52-53.
Interventi itosanitari
Nei mesi di gennaio e febbraio le piante sono in riposo vegetativo e quindi non
vanno eseguiti i trattamenti antiparassitari. Tuttavia il viticoltore dovrà comunque
svolgere operazioni tendenti a eliminare
le fonti di diffusione delle infezioni di parassiti dell’anno precedente.
È stato più volte suggerito di segnare
durante i mesi di maggior sviluppo delle piante, per le varietà precoci a luglio
e per le altre ad agosto, le piante malate
di virosi, mal dell’esca, marciumi radicali e cocciniglie. Per quest’ultimi insetti, in caso di forti attacchi, è consigliabile eliminare la corteccia del tronco
delle viti per impedire che le cocciniglie
vi si nascondino e per migliorare l’eficacia dei trattamenti.
Durante il mese di gennaio si esegue
ancora la potatura secca. Questa operazione ha la inalità di selezionare i tralci
Vite della varietà da tavola Crimson a
cui è stata eliminata la corteccia per
evitare che le cocciniglie (nel particolare) vi trovino rifugio
61
Vigneto
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Il testo documenta i sistemi di allevamento tradizionali e quelli moderni più razionali,
oltre a quelli di recente sperimentazione e ne suggerisce la scelta considerando
una serie di elementi: dalle caratteristiche del vitigno a quelle di suolo e clima, dal livello
produttivo al grado di meccanizzazione e all’impiego di manodopera,
dai costi di impianto alle indicazioni nei disciplinari delle denominazioni
di origine fino alla conservazione del paesaggio viticolo.
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◻ Visa ◻ Eurocard-Mastercard ◻ American Express
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più € 1,50 per spese al ricevimento del libro (solo per l’Italia)
Cognome
Nome
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Tel.
E-mail:
L’UVA FRAGOLA
Lavori
Le varietà di vite Isabella nera o «uva
fragola nera» e Noah o «uva fragola
bianca», la cui coltivazione era autorizzata solo per l’autoconsumo familiare,
dopo l’avvenuta iscrizione al Catalogo
nazionale delle varietà e limitatamente
alle Province che ne hanno fatto richiesta, possono essere regolarmente coltivate per la produzione e la vendita, sia
per il consumo fresco sia per la produzione di distillati.
Resta invece ancora vigente il divieto
per la loro viniicazione, data la nota tendenza di quest’uva a produrre eccessive
quantità di alcol metilico, o metanolo, nel
corso della fermentazione alcolica.
Per quanto riguarda la potatura secca vale quanto indicato per l’uva da vino e da tavola. Tenete presente, però,
che le piante di uva fragola bianca e nera presentano normalmente un vigore
elevato e, pertanto, richiedono l’adozione di forme di allevamento a sviluppo
orizzontale, tipo pergola semplice o
doppia, tendone, Guyot bilaterali, ecc.
Interventi itosanitari
N.
Prov.
Località
Fax
@
Tagliando (o fotocopia) da inviare per posta o fax a:
Edizioni L’Informatore Agrario
Via Bencivenga Biondani, 16 - 37133 Verona
Tel. 045 8057511 - Fax 045 8012980 - [email protected]
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62
da lasciare sulle piante per la produzione dell’anno, ma anche di eliminare
quelli non completamente maturi, con
evidente attacchi di oidio, muffe, peronospora, cocciniglia, ecc. Sia le piante
totalmente malate che i tralci andrebbero bruciati per evitare la presenza nel vigneto di fonti di infezioni.
Per il mal dell’esca occorre eliminare e bruciare le viti segnate e irrecuperabili a causa dell’eccessiva diffusione
della malattia. Nei casi di parziale infezione, occorre eliminare soltanto la porzione di vite infettata. È possibile fare
un tentativo di ricostruzione della pianta, lasciando i tralci sani o facendo sviluppare, alla ripresa vegetativa, un nuovo germoglio dalla base: questo getto
andrà a formare il nuovo fusto, dopo
l’eliminazione di quello infettato.
Per l’uva fragola non sono necessari
trattamenti antiparassitari.
A cura di: Filippo Giannone (Lavori: Il
vigneto per la produzione di uva da vino); Enzo Corazzina (Lavori: Il vigneto
per la produzione di uva da tavola - L’uva
fragola); Paolo Solmi (Interventi fitosanitari: Uva da vino); Mario Colapietra
(Interventi itosanitari: Uva da tavola).
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Se nei testi di questa rubrica trovate
delle parole che vi riescono di dificile comprensione, utilizzate il «Vocabolario illustrato dei termini dificili» allegato al n. 2/2011. (Red)
I vini dell’annata 2011 sono organoletticamente di buona qualità, in particolare i vini rossi. Quest’ultimi, favoriti da
un periodo autunnale caldo e asciutto,
hanno un’ottima intensità di colore, tannini morbidi e note olfattive molto fruttate e sono adatti all’afinamento in legno.
Prima di introdurre i lavori da eseguire nei mesi invernali, raccomandiamo di
controllare il valore di acidità totale,
che potrebbe essere inferiore ai valori di
norma consigliati, cioè di 5-6,5 grammi
per litro per i vini bianchi e 4,5-5,5 grammi per litro per i vini rossi. Se il valore è
inferiore o alla degustazione i vini risultano molli, sarà necessario eseguire
un’acidiicazione come consigliato ne «i
Lavori» di novembre-dicembre 2011.
A questo proposito dobbiamo far
presente che nella stesura del testo de «i Lavori» di novembre-dicembre
2011, relativamente alla dose di impiego dell’acido malico, siamo incorsi in un
Cantina
errore: come per tutti i prodotti enologici,
infatti, essa è sempre espressa in grammi per ettolitro, e non in grammi per litro
come erroneamente riportato a pag. 58.
Le cantine con partita Iva che commercializzano il vino, prima di eseguire
la prima operazione di acidificazione,
devono informare l’Ispettorato controllo
qualità e repressione delle frodi (Icqrf)
competente del territorio e annotare
l’operazione sull’apposito Registro dei
trattamenti enologici.
I lavori da eseguire in cantina in questo periodo sono: il taglio, il travaso, la
stabilizzazione dalle precipitazioni tartariche, la chiariica e/o la iltrazione.
IL TAGLIO DI VINI
Il taglio dei vini è una pratica che si
esegue nelle cantine per rendere omogenea la qualità del prodotto, per aumenta-
Prima di effettuare l’operazione di taglio dei vini,
conviene eseguire una prova preliminare (prova in
piccolo) in un bicchiere o cilindro. Si preleva, con
una pipetta, una quantità uguale di vino per ogni
botte e ultimato il taglio nel bicchiere si assaggia
per veriicarne la qualità del risultato ottenuto
re o diminuire alcuni parametri chimici (gradazione alcolica, acidità) e
per aumentare l’intensità del colore
con l’aggiunta di vini da taglio (vini «rossissimi»).
Viene impiegata anche per correggere o attenuare anomalie olfattive
e/o al gusto, ma raccomandiamo di fare
molta attenzione nel procedere per non
rovinare l’intera massa. Infatti, quantità
esigue di un vino difettoso (per spunto,
girato, ossidazione, ecc.) possono rovinare tutta la quantità di vino impiegato
nel taglio.
Prima di eseguire il taglio è buona
norma fare una prova in piccolo, impiegando un cilindro graduato o un bicchiere come unità di misura. Facciamo un
esempio: se si vogliono assemblare tre
damigiane di cabernet, due di sangiovese
e una di lambrusco, per eseguire una prova in piccolo si tagliano in una caraffa tre
bicchieri di cabernet, due di sangiovese e
uno di lambrusco; si mescolano e si esegue l’assaggio e/o l’analisi chimica. Nel
caso in cui il risultato soddisi le attese, si
potrà eseguire il taglio; se invece non si è
raggiunta la gradevolezza desiderata, si
modiicano le proporzioni ino a ottenere
il risultato voluto.
I TRAVASI
Le operazioni di travaso dalle fecce
di fermentazione si eseguono solo dopo
che alla prova all’aria i vini risultano
stabili (non cambiano cioè colore); molta attenzione deve inoltre essere fatta per
non esagerare con i travasi per illimpidire il vino. Normalmente, dopo il primo
travaso dalle fecce di fermentazione
sono necessari al massimo altri tre
travasi.
Travasando di continuo nei mesi invernali, il vino si satura di ossigeno assorbito dall’aria che ne causerà l’ossidazione repentina nel periodo primaverileestivo. A temperature basse (valori inferiori a 10-12 °C) l’ossigeno è infatti poco reattivo con le sostanze del vino, ma
I lavori di gennaio-febbraio nella piccola cantina
a cura di Giuseppe Carcereri de Prati
Vini rossi
chiariica
travaso
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Vini bianchi
iltrazione
chiariica
travaso
iltrazione
63
Cantina
all’aumentare della temperatura (valori
superiori ai 20 °C) la sua presenza è tra
le possibili cause di ossidazione e alterazioni batteriche.
Mediamente in un travaso «al chiuso»
il vino assorbe da 1 a 3 millilitri per litro
di ossigeno, mentre in un travaso «all’aria» ne assorbe da 5 a 9 millilitri per litro; tali quantità di ossigeno ossidano rispettivamente da 4 a 13 milligrammi per
litro e da 20 a 40 milligrammi per litro di
anidride solforosa libera.
Per questo motivo raccomandiamo di
eseguire alla ine di febbraio, o dopo 1520 giorni dall’ultimo travaso, un controllo dei valori dell’anidride solforosa, del
pH e dell’acidità totale. Nei vini dell’annata 2011 consigliamo di mantenere
il valore di anidride solforosa libera a 2030 milligrammi per litro (4-6 grammi per
ettolitro di metabisolito di potassio) per i
bianchi, e a 20-25 milligrammi per litro
(4-5 grammi per ettolitro di metabisolito
di potassio) per i rossi.
Nel caso di piccole produzioni è suficiente eseguire solamente il trattamento di chiariica la quale, se eseguita correttamente, consente di avere un prodotto limpido e stabile in poche settimane.
Per le aziende che vendono il prodotto o
imbottigliano consigliamo invece di eseguire, dopo la chiariica, una iltrazione
per eliminare velocemente tutte le particelle in sospensione che potrebbero causare depositi in bottiglia.
Nei travasi, se non si hanno recipienti a
suficienza, si può utilizzare un mastello
come «polmone». Questa operazione
permetterà di lavare il serbatoio con un
detergente alcalino e ritornare a riempierlo con il vino travasato
LA STABILIZZAZIONE
TARTARICA
Altra operazione importante da eseguire in questo periodo è la stabilizzazione tartarica dei vini, in modo da favorire la precipitazione dei tartrati, che sono la causa dei depositi di cristalli biancastri sul fondo delle bottiglie.
Normalmente per stabilizzare il vino
dalle precipitazioni tartariche è necessario raffreddarlo a circa –5/6 °C per una
settimana impiegando un impianto frigorifero. Considerato che le piccole cantine famigliari dificilmente possiedono
un impianto di refrigerazione, consigliamo di aprire le inestre della cantina o di
trasferire all’esterno i contenitori di vino
da stabilizzare in modo da sfruttare il
freddo invernale.
LE OPERAZIONI
DI ILLIMPIDIMENTO
Le tecniche per la pulizia e l’illimpidimento dei vini sono due: la chiariica
e la iltrazione.
Il trattamento di chiarifica prevede
l’aggiunta al vino di prodotti enologici, i
quali precipitando assorbono e trascinano
le sostanze intorbidanti, eliminando anche quelle che possono in futuro determinare eventuali velature. La filtrazione
consente invece di eliminare le sostanze
in sospensione che determinano l’intorbidamento senza però risolverne la causa,
quindi con effetto a volte temporaneo.
64
La corretta conservazione dei vini inizia
con il mantenere pulizia e ordine in cantina. Nella foto: una cantina familiare,
correttamente gestita, con i recipienti tenuti colmi utilizzando un tappo colmatore
Chiarifica. In commercio esistono
chiariicanti di natura organica, di origine animale o vegetale, e inorganica, di
origine minerale o chimica (vedi tabella
qui sotto).
I chiariicanti di origine organica –
albumina, caseinato di potassio, gelatina
e chiara d’uovo – sono in grado di combinarsi con i tannini diminuendo l’astringenza nei vini rossi ed eliminando o prevenendo le ossidazioni in quelli bianchi.
I chiarificanti di origine minerale
– bentonite e polivinilpolipirrolidone
(PVPP) – assorbono le proteine presenti naturalmente, facilitando l’illimpidimento o assorbendo quelle formatesi
dalle muffe dell’uva (botrite) che sono
causa della «casse ossidasica», alterazione che determina rapidi cambiamenti del
colore del vino (passa dal giallo o rosso
ad un colore simile a quello del brodo di
castagna) e anche del suo sapore e odore
(odore di castagne bollite).
La chiariica deve essere eseguita seguendo uno schema ben deinito e differente a seconda che sia applicata ai vini
bianchi o rossi.
La chiariica dei vini bianchi inizia
aggiungendo del metabisolito di potassio alla dose di 2-6 grammi per ettolitro,
per proteggere il vino dalle ossidazioni.
Successivamente si aggiunge il caseinato di potassio alla dose di 5-30 grammi
per ettolitro (la dose massima del caseinato è consigliata in presenza di vini ossidati o molto carichi di colore), che as-
Prodotti e dosi per la chiariicazione
Vini bianchi
Prodotto
Vini rossi
Dose
per ettolitro [1]
Prodotto
Dose
per ettolitro [1]
Caseinato di potassio
10-40 grammi
Albumina d’uovo
PVPP [2]
5-40 grammi
Chiara d’uovo (albume)
Albumina d’uovo
2-5 grammi
Gelatina
5-20 grammi
20-50 grammi
Bentonite
10-30 grammi
Bentonite
5-20 grammi
1-3 albumi
[1] Le dosi minime si impiegano quando il vino è nella norma; quelle massime si impiegano quando i vini hanno problemi di casse o presenza di tannini allappanti. [2] Polivinilpolipirrolidone.
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Cantina
sorbirà eventuali sostanze tanniche
estratte durante la viniicazione. Da ultimo si utilizza della bentonite alla dose di
10-50 grammi per ettolitro, per assorbire
le proteine e facilitare la sedimentazione.
Si ricorre alla dose massima quando i vini hanno problemi di casse, quando si
impiegano le dosi massime di chiariicanti organici (potassio caseinato, gelatina) o per evitare l’eventuale deposito di
proteine sul fondo della bottiglia (vini
imbottigliati venduti con l’etichetta).
Per sempliicare l’operazione è possibile impiegare un unico chiariicante misto per vini bianchi. I chiariicanti misti
forniscono un’inferiore qualità della chiarifica e alcuni preparati non rispettano
completamente le qualità del vino, ma
hanno il vantaggio della facilità e velocità d’impiego. Per la dose di impiego e le
modalità d’uso seguite le indicazioni riportate sulla confezione del prodotto.
La chiariica dei vini rossi segue lo
stesso schema di quella dei vini bianchi,
ma si deve sostituire il caseinato di potassio con gelatina, nella dose di 5-20
grammi per ettolitro, o con 1-3 chiare
d’uovo, sempre per ettolitro. Anche in
questo caso impiegando chiarificanti
misti per vini rossi è possibile eseguire
una chiariica in un’unica operazione.
Terminata l’operazione è necessario attendere da 7 a 10 giorni prima di
travasare o iltrare il vino dalle fecce di
chiariica.
Filtrazione. È una tecnica d’illimpidimento che consiste nel far passare il
vino attraverso una supericie iltrante,
su cui le impurità in sospensione si depositano. Le aziende di piccole dimen-
1
Nelle piccole aziende la iltrazione con
gli strati iltranti (vedi freccia) è la più
semplice da eseguire; cambiando la porosità degli strati consente di effettuare
iltrazioni sgrossanti, chiariicanti, brillantanti e sterilizzanti
Gli strati iltranti presentano una supericie ruvida (a sinistra), che corrisponde all’entrata del vino da iltrare, e una liscia
(a destra), da dove esce il vino iltrato
A cura di: Giuseppe Carcereri de Prati.
Si ringrazia per la collaborazione la ditta
«Enologia la Dama» di Caldiero-Verona.
2
Esecuzione della iltrazione con iltro a strati iltranti. Collegato il iltro al contenitore e avvinata la pompa si raccomanda di regolare la pressione del iltro chiudendo leggermente la valvola (1) (vedi freccia) per mantenere la pressione iniziale
tra 0,5 e 1,5 bar (2). Quando la pressione aumenta gli strati possono lasciare trailare il vino (3) e la quantità di vino iltrato si riduce ino a cessare. Questo accade
quando la pressione supera la pressione di 2,5-3 bar per l’intasamento degli starti.
In questo caso si consiglia di sostituire gli strati e riprendere la iltrazione
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
sioni possono impiegare due tecniche di
iltrazione: con gli strati iltranti o con la
farina fossile.
La iltrazione con strati iltranti richiede l’impiego di un iltro a piastre per
supportare gli strati iltranti. È il sistema di iltrazione più utilizzato dall’hobbista (produzioni di vino inferiore ai 10
ettolitri), anche se il costo per litro della
iltrazione è maggiore rispetto al sistema a farina fossile, in quanto ha il vantaggio della facilità d’impiego, si riesce
a iltrare tutto il vino e sono iltri di facile reperibilità.
Per la iltrazione con farina fossile
si impiegano i residui minerali di alghe
microscopiche fossili accumulatisi in
antichissimi giacimenti. La farina fossile è una polvere molto leggera, di colore
bianco e rosa; presenta una vasta gamma
di porosità che permette di variare la iltrazione dei vini in funzione della loro
velatura; esistono farine fossili sgrossanti o chiariicanti per la iltrazione dei
vini velati, e brillantanti per la iltrazione di vini limpidi da preparare per la
vendita o l’imbottigliamento.
Per l’utilizzo della farina fossile possono essere impiegati dei iltri a sacco (in
tela, di forma conica o a manica tipo «iltro olandese») o dei iltri di acciaio inossidabili chiamati «ad alluvionaggio continuo». Si sconsiglia la iltrazione
con iltro in tela di forma conica o
a manica, perché favorisce i fenomeni di
ossidazione del vino.
3
65
Bosco
Se nei testi di questa rubrica trovate
delle parole che vi riescono di dificile comprensione, utilizzate il «Vocabolario illustrato dei termini dificili» allegato al n. 2/2011. (Red)
Questo bimestre è il più freddo dell’anno; molto spesso i boschi sono ricoperti di neve e la possibilità di eseguire tagli di abbattimento è legata alle sole zone di pianura e collina. Già la presenza di una coltre di neve di oltre 2030 cm di spessore rappresenta un impedimento e, quindi, nelle zone montane o al di sopra dei 600- 800 metri di
quota gennaio e febbraio trascorrono
senza signiicativi interventi forestali.
Questo non è un problema, in quanto la «stagione silvana» (ovvero il
periodo entro il quale è consentito il taglio) si prolunga ino al 15-30 aprile, o
addirittura al 15 maggio per i boschi localizzati sopra i 1.000 metri di altitudine. Se possedete un bosco in queste zone state quindi tranquilli e dedicatevi ad
altre attività in attesa di poter procedere
al taglio nei prossimi mesi.
In tutti gli altri casi invece, se le condizioni meteo lo permettono, procedete
pure con gli abbattimenti secondo le
indicazioni fornite ne «i Lavori» di novembre-dicembre 2011.
Pur non essendoci a riguardo studi
scientiici o dati inequivocabili e concordi sull’argomento, facciamo presente
che il taglio in luna calante – dal 10 gennaio al 23 gennaio e dal 9 febbraio al 22
febbraio – permette di ottenere del legname con una ridotta presenza di linfa
nei tessuti del legno.
È infatti innegabile che la luna abbia
un inlusso tale da far sollevare le maree
e non stupisce quindi che questo fenomeno si ripercuota anche sulla linfa che
scorre nelle piante arboree. In luna calante la marea si abbassa e, analogamente, la linfa si «ritira» nelle radici.
Per procedere in modo corretto al ta-
glio occorre fare una fondamentale distinzione nella forma di governo del bosco, imparando a riconoscere il ceduo
dalla fustaia.
Se il vostro bosco è una fustaia
(costituito cioè solo da piante ad alto
fusto), allora potete intervenire con le
modalità di gestione di seguito descritte.
Taglio successivo. Questo tipo di taglio (vedi disegni qui sotto) prevede l’ab-
1
2012
2
2018
3
Fustaia. Rappresentazione graica
del taglio successivo: 1-stadio
di partenza di fustaia matura;
2-taglio di sementazione, da localizzare
scegliendo l’anno giusto di abbondante
4
produzione di seme; 3-dopo un taglio
secondario inizia la crescita
del novellame; 4-ulteriore taglio
secondario che favorisce l’inittimento
e lo sviluppo del novellame; 5-dopo il taglio
di sgombero il novelleto è pronto a dare
avvio al nuovo ciclo in cui si susseguono
5
perticaia, fustaia adulta e fustaia matura
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
IL TAGLIO DEI BOSCHI
GOVERNATI A FUSTAIA
2026
2032
67
Bosco
prima del taglio
b
Lavori di gennaio-febbraio
A cura di Niccolò Mapelli
a
Taglio del legname
c
1
dopo del taglio
2
anni successivi
3
Fustaia. Rappresentazione graica del taglio saltuario: 1-situazione prima del
taglio, in cui con le lettere a, b e c sono evidenziate le piante che si prevede di
tagliare; 2-fase immediatamente successiva al taglio; 3-evoluzione nel tempo
del popolamento forestale. Negli spazi vuoti creati dal taglio è necessario intervenire con tagli che liberino le piante che si stanno affermando (che sono
cioè nate da poco tempo) e quelle dell’anno precedente, non ancora perfettamente emerse dalla vegetazione; questi interventi sono da effettuare a mano,
con roncola, decespugliatore o piccola motosega, selezionando una ad una le
giovani piante a cui si intende dare sviluppo e futuro
68
Diradamenti
battimento progressivo degli alberi, in
modo da favorire il loro naturale rinnovo. A differenza dei due tagli precedenti, con questa tecnica si tende a garantire
la protezione del suolo da eccessiva illuminazione. La graduale scopertura del
suolo deve avvenire con una precisa sequenza di tagli ovvero, nell’ordine:
– taglio di sementazione, che ha l’obiettivo di creare le condizioni migliori per
favorire la nascita di nuove piantine nell’area interessata (facendo arrivare al
suolo luce, acqua, semi ecc.);
– tagli secondari, che si rendono necessari per favorire progressivamente una
maggiore illuminazione della zona, lasciando più spazio alle piante che sono
nate dopo il taglio di sementazione. Di
tagli secondari se ne possono fare anche un paio;
– taglio di sgombero, che si esegue per
togliere le ultime piante ormai mature e per lasciare spazio deinitivamente alle giovani piante (dette anche «novellame»).
Questo susseguirsi di abbattimenti si
deve veriicare in un lasso di tempo che
va dai 10 ai 20 anni, in funzione delle
caratteristiche del sito in cui vi trovate e
delle specie da rinnovare.
Taglio saltuario. Questo tipo di taglio (vedi disegni qui a ianco), conosciuto anche come «taglio a scelta», si
applica nelle fustaie che sono composte
da piante di età diverse (disetanee), fustaie che generalmente hanno una supericie di poche centinaia di metri quadri.
Nelle aree di taglio si procede all’abbattimento di poche piante mature e vicine tra loro. L’obiettivo può essere comunque anche il singolo albero.
Taglio a strisce. Il bosco da utilizzare non viene eliminato contemporaneamente, ma suddiviso in strisce adiacenti
o alternate, che si sviluppano in genere
lungo le curve di livello (cioè le linee
curve che uniscono idealmente tutti i
punti di uguale quota rispetto al livello
del mare) e in direzione contraria a quella del vento dominante.
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Bosco
i casi in cui è consentita tale operazione.
Informatevi quindi leggendo attentamente le «Prescrizioni di massima e di polizia forestale» della vostra zona.
Con il termine
fustaia non
si intende solo
la classica «pineta»
di conifere,
ma anche boschi
di latifoglie ad alto
fusto, come per
esempio questo
bosco di faggio
in ambiente
appenninico
Taglio a buche. Si procede al taglio
di tutte le piante di una determinata zona, ino a creare una «buca» o una radura nel bosco. È un’operazione colturale
per favorire il rinnovo (o rinnovazione)
delle specie amanti della luce, il cui sviluppo necessita, in dall’inizio, di particolari condizioni di illuminazione e scopertura del suolo.
Questo tipo di intervento può risultare particolarmente opportuno quando si
deve favorire il rinnovo delle querce
(farnia o rovere). In questo caso, e in assenza di specie invadenti (per esempio la
robinia o il castagno), l’apertura della
buca può raggiungere i 600-800 metri
quadrati.
Sfolli o diradamenti. Prima di giungere a maturità, le fustaie necessitano di
interventi colturali detti anche «intercalari», che possono essere di due tipi:
– sfollo, cioè taglio intercalare di sfoltimento applicato alle fustaie giovani,
entro il quindicesimo o ventesimo anno di età;
– diradamento, cioè taglio di alcune
piante in fase adulta, con lo scopo di favorire l’accrescimento in grandezza e
con forma migliore di quelle che stanno
nelle immediate vicinanze.
Ceduo semplice. Si interviene con il
taglio a raso (vedi disegno qui sotto), che
consiste nell’abbattimento di tutti i polloni presenti sulla supericie destinata al taglio ed è applicabile solo a specie piuttosto
rustiche (per esempio ontano, nocciòlo,
salice, pioppo, robinia) e solo rispettando
i limiti imposti dalle norme regionali, le
quali deiniscono le superici massime e
Ceduo matricinato. È la modalità di
di utilizzazione più diffusa e consigliata.
Durante il taglio dovete risparmiare un
certo numero di esemplari, detti «matricine» o «allievi» (vedi disegno in basso
nella pagina), che hanno la medesima
età dei polloni eliminati e che rimangono
in piedi ino al turno successivo ed eventualmente oltre. Si parla appunto, in questo caso, di bosco «ceduo matricinato».
Le matricine dovrebbero avere origine da seme, anche se spesso sono costituite da polloni con fusto eretto e chioma ben sviluppata e simmetrica. La loro
funzione principale è quella di sostituire le vecchie ceppaie e di produrre seme
per ottenere nuovi allievi il turno successivo. Si lasciano dalle 50 alle 90 matricine per ettaro, a seconda delle specie
e dei regolamenti locali.
Ceduo semplice: è costituito solo
da polloni che si sono formati
a seguito del taglio periodico
di tutte le piante presenti
(taglio a raso)
prima del taglio
dopo del taglio
m
m
m
Tenete conto che intervenire in una
fustaia è molto più complesso che
nel bosco ceduo e, quindi, afidatevi ad
un bravo tecnico che vi segua nella scelta e nella gestione operativa dei lavori.
IL TAGLIO DEI BOSCHI
GOVERNATI A CEDUO
Se il vostro bosco è un ceduo, con o
senza la presenza di alberi porta-seme
(detti anche «matricine»), allora potete
intervenire con le modalità di gestione
di seguito indicate.
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
prima del taglio
dopo del taglio
Ceduo matricinato: è costituito da alberi a ceppaia e da matricine (m) di età
massima pari a due volte il turno del ceduo
69
Bosco
10 10 10 10
20
20
10
10
10
20
30
ceppaia
prima del taglio
10
10
10
20
20
10
10
20
prima del taglio
10 10
10
10
20
20
30
10
20
30
20
dopo il taglio
30
prima del taglio
20
dopo il taglio
10 10 10
10
20
dopo il taglio
Ceduo a sterzo. Schema
esempliicativo del taglio «a sterzo»,
con un turno issato in 10 anni.
L’illustrazione va letta da sinistra
a destra e dall’alto al basso,
e rappresenta l’evoluzione della
stessa ceppaia nell’arco dei 20 anni.
I numeri indicano l’età dei polloni;
il disegno a sinistra rafigura
la ceppaia prima del taglio
e a destra la stessa dopo il taglio.
Nel 2012 si taglia un pollone di 30
anni, uno di 20 e uno di 10.
Nel 2022 si potrà prelevare
il pollone di 30 anni, ovvero l’unico
che era stato lasciato nel 2012
con età di 20 e così via.
Sulla ceppaia si avrà quindi
sempre la simultanea presenza
di polloni di 10, 20 e 30 anni
adatti per assortimenti
e utilizzi diversi in campagna
o a casa, dalla legna da ardere
al palo per la vite, alla trave
di sostegno o al manico
per gli attrezzi
m
m
m
prima del taglio
dopo del taglio
Ceduo composto: è costituito da alberi a ceppaia e da matricine (m) d’alto fusto di età massima pari a tre volte il turno del ceduo
In questo
bosco
governato
a ceduo
composto
le querce
rappresentano
la parte
gestita
a fustaia,
mentre
il castagno
e la robinia
sono gestiti
a ceduo
70
Ceduo a sterzo. Questa forma di trattamento assicura la presenza di polloni
di età diversa su ogni ceppaia (vedi disegno qui a ianco).
I vantaggi rispetto al taglio raso sono
la continuità della vegetazione della ceppaia e il mantenimento della copertura
del suolo contro erosione e frane.
Le condizioni per effettuare tale pratica sono: turno minimo per il taglio pari a 10 anni e polloni di maggiori dimensioni con diametro di almeno 15 cm; il
taglio a sterzo (o sterzatura) può interessare al massimo il 50% dei polloni di
diametro inferiore a 15 cm.
IL TAGLIO DEI BOSCHI
MISTI (CEDUI COMPOSTI)
Se invece nel vostro bosco ci sono sia
piante governate ad alto fusto che a ceduo, allora vi trovate molto probabilmente nella condizione di «ceduo composto» o «ceduo sotto fustaia» (vedi disegno a centro pagina). In questo caso le
matricine sono più dense che nei cedui
matricinati e la loro età è per un terzo la
stessa del turno in atto (da 0 a 10-20 anni), per un terzo di 2 turni (20-40 anni) e
per un terzo di 3 turni (40-60 anni).
La gestione di questi boschi misti
non è di semplice applicazione in quanto va conservata una forma in cui siano
presenti sia gruppi di piante gestite a ceduo sia alberi da destinare alla produzione di seme. Queste riserve devono essere rilasciate per gruppi, piuttosto che in
esemplari singoli distanziati tra di loro.
In sostanza si avrà uno strato basso gestito a ceduo e uno più alto composto
dalle chiome degli alberi d’alto fusto.
Per ottenere le future matricine occorre
intervenire sulla ceppaia favorendo un
avviamento all’alto fusto, ovvero selezionando il pollone migliore e ben radicato e tagliando tutti gli altri.
CONSIGLI FINALI
Organizzate una conduzione ordinata
e proporzionata (in termini di estensione
della supericie da tagliare) alla vostra
forza lavoro e delimitate l’area di pericolo di caduta tronchi, soprattutto se in
corrispondenza di strade, sentieri e passaggio di persone.
In ultimo gli inviti, spesso ripetitivi
ma sempre necessari, per l’attenzione da porre di fronte ai molti rischi
e pericoli legati all’attività del boscaiolo.
A cura di: Niccolò Mapelli.
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Se nei testi di questa rubrica trovate
delle parole che vi riescono di dificile comprensione, utilizzate il «Vocabolario illustrato dei termini dificili» allegato al n. 2/2011. (Red)
Allevamenti
AVICOLI
Questi sono i mesi in cui si dà inizio all’incubazione delle uova e all’allevamento dei pulcini delle diverse specie. Si
devono quindi pulire e mettere a punto incubatrici e lampade per il riscaldamento,
in modo che tutto sia in ordine e pronto.
Il periodo è caratterizzato da temperature molto basse che possono creare dei
problemi per la distribuzione dell’acqua di abbeverata. L’esigenza che l’acqua sia pulita e sempre disponibile è particolarmente sentita nei volatili domestici
che, a differenza di altri animali, sono soliti bere ripetutamente piccoli quantitativi d’acqua. Un’eventuale insuficiente disponibilità di acqua comporta quindi una
diminuzione dello stato di benessere degli animali e del loro accrescimento, oltre
che della deposizione di uova.
Chi possiede un sistema di abbeveratoi automatici deve provvedere per tempo
a proteggere le condutture dal gelo
con un’idonea imbottitura isolante
(per esempio di lana di vetro). Chi invece
distribuisce l’acqua manualmente deve rifornirla più volte al giorno, in modo che
gli animali non soffrano la sete.
Nell’allevamento degli avicoli è sempre opportuno integrare l’alimentazione
con gli scarti dell’orto e del frutteto. In
questi mesi sono disponibili soprattutto
broccoli, cicorie, lattughe, verze, radicchi,
porro, sedano, spinaci. È possibile utilizzare come aggiunta alla razione il pane domestico, anche se questo alimento è carente di proteine, sali minerali e vitamine.
Galline ovaiole. Per evitare inutili competizioni tra i maschi e mantenere l’armonia all’interno del pollaio, curate il
corretto rapporto tra galli e galline (un
gallo ogni 10-12 galline)
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
stribuite anche un adeguato mangime per galline ovaiole, oppure una
miscela con mangime per pulcini al
23% di proteine e cereali così composto: mangime per pulcini 50%,
cereali aziendali (mais, grano, orzo,
ecc.) 35%, crusca di frumento 8%, gusci
d’ostrica 7%; alla razione aggiungete
sale da cucina in misura di 20 grammi
ogni 10 kg di miscela.
Prevenzione e cura
In questa stagione si possono instaurare più che altro problemi di tipo respiratorio. Le galline possono presentare colpi di tosse, respirazione difficoltosa a
becco aperto, lacrimazione oculare e deposizione di uova di guscio chiaro (sintomo di bronchite). Cercate di evitare nel
pollaio le correnti d’aria e pulite periodicamente gli spurghi oculari degli animali
con del cotone idroilo imbevuto di acido
borico al 3%. Se non riscontrate miglioramenti contattate il veterinario.
Avicoli. Questi mesi sono caratterizzati
dalle basse temperature: chi distribuisce l’acqua manualmente deve ricordarsi di fornirla più volte al giorno, in modo che gli animali non soffrano la sete a
causa dell’acqua ghiacciata
Galline ovaiole
Lavori
In gennaio-febbraio è più difficile
mantenere asciutta e sana la lettiera del
pollaio. Per risolvere questo problema vi
consigliamo di seguire queste semplici
regole recuperate dalle nostre tradizioni:
allevate non più di quattro galline per
metro quadrato di pollaio; organizzate
un sufficiente sistema di ventilazione
(nelle giornate di sole prive di vento, per
esempio, aprite porte e inestre del pollaio per qualche ora, eliminando così
l’eccesso di umidità); rivoltate spesso la
lettiera permanente rinnovando quella
umida in vicinanza degli abbeveratoi.
Mantenete inoltre un rapporto corretto tra galli e galline (un gallo ogni
10-12 galline) per evitare inutili competizioni tra i maschi.
Alimentazione. In questi mesi è frequente la produzione di uova con guscio
sottile, a causa dell’insuficienza di calcio e di vitamina D (dovuta anche alla
diminuzione delle ore di sole). Per ovviare all’inconveniente introducete nel
pollaio una mangiatoia con pezzetti di
calcinaccio o conchiglie spezzate e consentite il libero pascolo alle galline. Di-
Polli da carne
Lavori
Già in gennaio vi consigliamo di avviare un nuovo ciclo di allevamento con
una cinquantina di polli. Allo scopo predisponete il ricovero dotandolo di lettiera
di paglia o truciolo di legno (10-15 cm),
posatoi, mangiatoie e abbeveratoi.
Per i primi due mesi di vita, per il
gruppo di 50 capi che vi abbiamo suggerito, è necessaria una mangiatoia lineare
di circa un metro, oppure una mangiatoia
a tramoggia con piatto di 40 cm di diametro. Ricordate che se somministrate una
miscela aziendale, o un mangime sbriciolato composto da diverse materie pri-
Polli da carne. Vi consigliamo di acquistare animali di poche settimane, in
quanto sono più rustici e raggiungono
prima il peso adatto al consumo
71
Allevamenti
me, i polli si trovano di fronte un miscuglio multicolore e, spinti dal loro istinto
di ricerca, vanno a beccare prima i «pezzi» che trovano più attraenti in base al
colore, cercandoli anche sul fondo della
mangiatoia. Questa ricerca, messa in atto
con un continuo movimento della testa e
con il rimescolamento della miscela, può
provocare un discreto spreco di alimento che, cadendo a terra, va in parte
perso. Per evitare che ciò succeda vi
consigliamo l’impiego di mangiatoie
provviste di sbarrette antispreco.
Vi consigliamo di acquistare animali di poche settimane (che necessitano comunque ancora di un breve
periodo di allevamento in ambienti chiusi), in quanto sono più rustici e raggiungono prima il peso adatto al consumo.
Veriicate, però, che siano state eseguite
le principali vaccinazioni contro la malattia di Marek e la pseudopeste.
Alimentazione. Agli animali deve essere distribuito a volontà un buon mangime per pulcini al 22-23% di proteine
o, in alternativa, una miscela aziendale
la cui composizione vari a seconda della fase di crescita. Durante il primo mese di vita la miscela prevederà: mais
spezzato 50%, soia integrale spezzata
25%, pisello proteico spezzato 10%,
glutine di mais sbriciolato 10%, riso di
grana verde spezzato 5%. Dal secondo
mese di vita la miscela sarà di: mais
spezzato 60%, soia integrale spezzata
20%, pisello proteico spezzato 8%, glutine di mais sbriciolato 8%, riso di grana
verde spezzato 4%.
Prevenzione e cura
Si veda quanto indicato per le galline
ovaiole. Quando i pulcini hanno circa 3
settimane di vita, diluite nell’acqua di bevanda per cinque giorni il 3% di aceto.
Questo accorgimento consente di prevenire molte malattie e mantenere in buona salute gli animali in crescita, perché l’aceto,
abbassando il pH del tratto intestinale, rende sfavorevole l’ambiente ad alcuni batteri (per esempio Escherichia coli).
Faraone
Lavori
Verso la fine di febbraio iniziate il
nuovo ciclo di allevamento con una
cinquantina di capi. Per faraone di 1-3
giorni è necessario predisporre un ricovero riscaldato con una lampada a raggi
infrarossi. Per ambienti con temperatura
ambientale media di circa 5 °C, tipica di
72
Faraone. Per le faraone di 1-3 giorni
predisponete un ricovero riscaldato
con una lampada a raggi infrarossi
Tacchini. I tacchini di razze locali e di
taglia non eccessivamente grande si
adattano meglio all’allevamento rurale
ricoveri chiusi non riscaldati, è sufficiente una lampada da 250 watt.
Per evitare che nelle prime due settimane di vita i pulcini si trovino in zone
poco riscaldate, limitate la supericie di
movimento degli animali utilizzando un
anello di cartone o faesite del diametro di
100-120 cm, alto 30-50 cm. Dalla terza
settimana l’anello va tolto e gli animali
possono occupare tutto il ricovero.
Alimentazione. La faraona è un animale molto esigente e necessita di alimento
molto proteico: ideale è un mangime per
fagiani o selvatici al 26-27% di proteine.
Durante le prime quattro settimane di vita
il mangime deve essere somministrato a
volontà integrandolo, a partire dalla terza
settimana, con erbe e verdure fresche.
da un metro o due da 50 cm). Per quanto riguarda le mangiatoie, per le prime
tre settimane di vita vi consigliamo una
mangiatoia lineare da 25 cm, oppure 23 mangiatoie a tramoggia con piatto del
diametro di 40 cm; dalla quarta settimana in poi è invece da preferire una mangiatoia lineare da 50 cm.
Alimentazione. I tacchinotti devono
essere alimentati a volontà con un mangime commerciale per fagiani o selvatici al
26-27% di proteine. Dalla loro quarta settimana di vita mettete a disposizione nella rastrelliera verdure da foglia tritate.
Prevenzione e cura
Si veda quanto indicato per i polli.
Tacchini
Lavori
In febbraio avviate un nuovo ciclo di
allevamento di 25 capi. Preferite tacchini di razze locali e di taglia non eccessivamente grande, che meglio si adattano
all’allevamento rurale. Prima dell’acquisto degli animali predisponete un ricovero idoneo (per 25 capi sono suficienti 6 metri quadrati di pavimento)
con lettiera di paglia tritata o truciolo di
legno, dotato di mangiatoia, abbeveratoi
e posatoi, oltre che della rastrelliera per
erbe e foraggi.
Nelle prime tre settimane di vita vi
consigliamo di usare un paio di abbeveratoi a sifone della capacità di 1-2 litri.
Dalla quarta settimana sono invece da
preferire abbeveratoi lineari (un unico
Prevenzione e cura
Si veda quanto indicato per i polli.
Anatre
Lavori
Già dal mese di gennaio è possibile
iniziare l’allevamento delle anatre comuni, animali che si adattano molto bene all’allevamento nel periodo invernale.
Per una quarantina di anatroccoli è
suficiente un piccolo ricovero di 6 metri quadrati da utilizzare nel primo periodo. Già in febbraio le giovani anatre
possono usufruire del pascolo che deve
avere una supericie non inferiore a 500600 metri quadrati. Prima di aver libero
accesso al pascolo, vanno però abituate
gradualmente alle temperature esterne,
permettendo loro di frequentare per 3-4
giorni un piccolo recinto (di una decina
di metri quadrati) adiacente al ricovero.
In ogni caso il ricovero viene usato dagli
animali per il riposo notturno sia in questa fase che in seguito.
Alimentazione. Per quanto riguarda
la razione alimentare ricordate che le
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Allevamenti
anatre non si adattano ai mangimi
sfarinati che, oltre a essere di dificile prensione per il loro becco, possono irritare le loro vie respiratorie. Utilizzate
pertanto dei pastoni, oppure alimenti
sbriciolati: mais aziendale spezzato 50%;
soia integrale spezzata 25%; pisello proteico spezzato 10%; glutine di mais pellettato e sbriciolato 10%; riso grana verde spezzato 5%. L’alimento deve essere
distribuito a volontà.
Prevenzione e cura
Si veda quanto indicato per i polli.
Oche
Lavori
In febbraio avviate un nuovo ciclo di
allevamento di una quindicina di oche
di un giorno o di poche settimane di vita.
Prima dell’arrivo degli animali predisponete il ricovero destinato a ospitarli. Ricordate che le oche sono molto rustiche
e per il loro allevamento non richiedono
posatoi, ma solo una lettiera abbondante
(uno strato di 10-15 cm) e asciutta costituita da paglia tritata o truciolo di legno.
Prima di introdurre le ochette accertatevi
che la lampada e raggi infrarossi da 250
watt riscaldi la lettiera in modo adeguato
(circa 30-32 °C nei primi giorni, successivamente con una diminuzione di 3 °C
alla settimana).
Alimentazione. Nelle prime tre settimane di vita, dato il notevole accrescimento degli animali, la razione deve contenere
almeno il 20-22% di proteine. La miscela
è costituita da mangime per pulcini (90%)
Colombi. Fate in modo che la colombaia sia riparata dal freddo e dalle correnti d’aria per evitare che i nati soccombano. Nella foto: piccioncini di una
settimana di vita
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Anatre. In febbraio le giovani anatre
possono usufruire del pascolo; quest’ultimo deve avere una supericie non inferiore a 500-600 metri quadrati
Oche. Le oche sono molto rustiche e per
il loro allevamento non richiedono posatoi, ma solo una lettiera abbondante e
asciutta
e da mais aziendale franto (10%). Già dalla seconda settimana di vita non fate mai
mancare erba tritata nella rastrelliera. Per
aumentarne la digeribilità, bagnate la razione con acqua calda sino a ottenere un
pastone. Per questo motivo è necessario
pulire con una certa frequenza le mangiatoie, in modo da liberarle da eventuali
avanzi che possono provocare muffe e fermentazioni dannose. L’alimento viene
somministrato a volontà.
Colombi
Alimentazione. Nelle colombaie ricavate in vecchi ediici la temperatura
generalmente non scende al di sotto dello zero e l’acqua è sempre a disposizione degli animali. Nelle voliere esterne,
invece, le ciotole con l’acqua devono essere periodicamente controllate, per
evitare che i colombi non riescano a
bere per la presenza di ghiaccio (eventualmente scioglietelo con acqua calda).
Per quanto riguarda la distribuzione
di granaglie, preferite le mangiatoie a
scomparti separati («a cafeteria»), in
modo che i colombi possano nutrirsi dei
semi preferiti, oppure somministrate
una miscela di semi così costituita: mais
35-40%, piselli 20-22%, frumento 1930%, sorgo 15-19%.
Lavori
Prevenzione e cura
Dedicate il bimestre alla pulizia e
manutenzione della colombaia. Rimandando i lavori ai prossimi mesi, rischiereste di disturbare le coppie in riproduzione, soprattutto se avete adottato la separazione delle coppie («vedovanza invernale») che dovete riunire in questo
bimestre. Nel caso, invece, i colombi
siano già in riproduzione, effettuate i lavori in modo da arrecare il minor disturbo possibile alle coppie in cova.
Fate in modo che la colombaia sia riparata dal freddo e dalle correnti d’aria.
Ricordate, infatti, che alla nascita i piccioncini sono coperti di scarso piumino
e sono molto delicati.
Mettete a disposizione dei colombi
piccoli contenitori con il materiale necessario per l’imbottitura delle ciotole-nido
(paglia, ieno, ecc.), in modo da facilitarne la piena ripresa dell’attività riproduttiva (ricordiamo che sul n. 12/2011, a pag.
49, abbiamo illustrato le modalità di costruzione di una ciotola-nido «usa e getta» di cartapesta).
Nessun intervento è previsto in questo bimestre.
Prevenzione e cura
Si veda quanto indicato per i polli.
CONIGLI
Lavori
In questo bimestre i conigli allevati
in gabbie tradizionali all’aperto sono in
attività riproduttiva e occorre organizzare gli accoppiamenti e controllare i parti. Approittatene per individuate le femmine migliori, dalle quali ottenere i soggetti con cui sostituire in autunno le
femmine poco produttive.
In questo periodo, caratterizzato da
basse temperature, lo svezzamento è sicuramente la fase più delicata. Eventuali errori di conduzione in questa fase
possono causare la morte dei coniglietti
e l’irrimediabile diminuzione di produttività dell’allevamento. Ricordate che al
momento della nascita i coniglietti sono
inetti, cioè totalmente dipendenti dalle
73
Allevamenti
condizioni ambientali create artiicialmente dalla madre. La realizzazione di
un nido bene imbottito di pelo è pertanto una delle prime condizioni che
dovete controllare, provvedendo ad aggiungerne (ricavandolo dal petto della
coniglia semplicemente strappandolo a
piccoli ciufi) in caso di necessità.
Se le coniglie sono al primo parto controllate che questo avvenga nel nido e, in
caso contrario, provvedete voi stessi a spostare i nati nel nido, avendo l’accortezza di
passare prima le mani con dell’erba, in
modo da non trasmettere il vostro odore ai
coniglietti, nel qual caso rischiano di essere abbandonati dalla madre.
Alimentazione. Il fabbisogno d’acqua dei conigli è molto variabile, a seconda della loro età e del periodo isiologico. Il quantitativo necessario può essere influenzato anche dal tipo di alimentazione somministrata: i foraggi freschi, per esempio, che contengono
dall’80 al 90% d’acqua, fanno sicuramente diminuire il consumo di acqua di
bevanda rispetto ad alimenti secchi o
mangimi. Prestate comunque attenzione
alla temperatura dell’acqua: non deve
mai essere troppo fredda, perché può
provocare iniammazioni dell’intestino.
Per quanto riguarda l’alimentazione,
oltre alla distribuzione di un buon mangime commerciale, in questi mesi vi
consigliamo di effettuare abbondanti
somministrazioni serali di ieno nelle rastrelliere. Le carote (una per coniglio)
sono una ghiottoneria gradita.
ciente disporre di un’arca mobile e di
un ampio pascolo (circa 700 metri quadrati per capo).
Alimentazione. La miscela alimentare per i suinetti è costituita da mais mescolato in parti uguali con un nucleo per
lattoni al 27% di proteine.
Prevenzione e cura
Nessun intervento è previsto in questo bimestre.
OVICAPRINI
Conigli. I conigli allevati in gabbie tradizionali all’aperto sono già in attività
riproduttiva e occorre organizzare gli
accoppiamenti e controllare i parti
Maiale. Procuratevi in questi mesi
due-tre suinetti di 25-30 kg
di peso da destinare all’ingrasso
Capre
Lavori
In questo bimestre si veriicano i parti. Solitamente le capre partoriscono entro mezzogiorno (più raramente nel pomeriggio o la sera).
Preparate la stalla creando un ambiente confortevole per le capre che devono partorire e per i loro futuri capretti. Curate che la lettiera sia bene impagliata, in modo che non si formino zone
umide (che favoriscono lo sviluppo di
coccidi). Al bisogno aggiungete nuova
paglia, senza mai asportare quella vecchia, in modo che si inneschi una corretta fermentazione utile per inattivare i parassiti eventualmente presenti e produrre calore per il benessere degli animali.
Prevenzione e cura
In questo periodo va seguita con
molta attenzione la fase di svezzamento. Per non stressare i coniglietti più del
dovuto, determinando un calo delle loro difese immunitarie, separateli dalla
madre togliendo la fattrice: in questo
modo rimarranno in un ambiente conosciuto. Nelle mangiatoie somministrate
solo ieno, poiché i pericolosi goniori
che si veriicano in questo periodo, e
che spesso portano a morte coniglietti
sani, sono dovuti soprattutto a indigestioni di mangime.
MAIALE
Lavori
Se intendete allevare maiali per autoconsumo o per la vendita procuratevi
in questi mesi due-tre suinetti di 2530 kg di peso da destinare all’ingrasso.
Per questo tipo di allevamento è sufi-
74
a
1
Capre. 1-Ricavate in stalla un ambiente
confortevole per le capre che devono partorire e per i loro capretti. 2-Se le doglie
si prolungano oltre i 30 minuti veriicate
con le dita la posizione del feto: presentazioni corrette sono gli arti anteriori seguiti dal muso (a), oppure gli arti posteriori
(presentazione podalica) (b)
b
2
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Allevamenti
Curate anche la circolazione dell’aria nella stalla, in quanto gli animali più
che il freddo temono le correnti
d’aria, le quali possono innescare gravi
malanni respiratori.
Nei momenti precedenti il parto la
capra si apparta, si mostra irrequieta,
inizia a scavare la lettiera con gli arti anteriori per crearsi una sorta di cuccia e
presenta fuoriuscita di muco biancogiallo dalla vulva.
In questo periodo le visite in stalla
devono essere più frequenti del solito
per monitorare costantemente l’andamento dei parti. Veriicate di avere a disposizione tutto l’occorrente per assistere le capre partorienti: paglia, asciugamani (per asciugare i capretti dai liquidi
fetali), tintura di iodio (per disinfettare il
cordone ombelicale dei capretti), lampade per il riscaldamento, biberon (sono
necessari anche in caso di svezzamento
naturale, nell’eventualità di dificile adozione da parte della madre).
Tenete presente che per le capre l’assistenza al parto non è quasi mai necessaria. Qualora però notiate che le doglie
si prolungano più del normale (oltre i 30
minuti), veriicate con le dita la posizione del feto: sono presentazioni corrette
gli arti anteriori seguiti dal muso, oppure gli arti posteriori (presentazione podalica). In caso di presentazioni diverse
contattate il veterinario.
Una volta che il capretto è nato, liberategli le vie respiratorie dai liquidi fetali, pulendogli il muso con un asciugamano, e disinfettate il cordone ombelicale
con tintura di iodio. Mettete poi a disposizione della madre un secchio di acqua
tiepida che è spesso gradito dall’animale. Veriicate che nelle 12-24 ore successive al parto avvenga la corretta espulsione della placenta.
Se lasciate i capretti con la madre, limitatevi a veriicare che assumano il colostro entro le due ore successive alla nascita. Per il resto è la madre che provvede ai loro bisogni. Se l’adozione vi
sembra dificoltosa (per esempio,
la capra non lascia poppare il piccolo), isolateli in un box di circa un metro quadrato, provando ad avvicinare voi
stessi il capretto alle mammelle. Nel
frattempo verificate che le mammelle
non denotino problemi da mastite (nel
qual caso occorre consultare il veterinario) o siano troppo voluminose per l’eccessiva quantità di latte. In quest’ultimo
caso eliminate qualche schizzo di latte
manualmente, quindi provate ad attaccare subito il piccolo.
Alimentazione. Verso ine gestazione
le capre devono avere a disposizione il
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
miglior ieno aziendale. A causa della ridotta capacità ingestiva dovuta alla presenza dei feti, somministrate foraggio di
secondo-terzo taglio (più nutriente) con
l’integrazione di alimenti concentrati
(mais, orzo e soia), in ragione di circa
400-500 grammi per capo al giorno.
Dopo il parto somministrate ieno a
volontà e concentrati in dose gradualmente crescente fino a raggiungere gli
800 grammi per capo al giorno.
Prevenzione e cura
Valutate con il veterinario l’opportunità di vaccinare contro i clostridi. Ricordatevi però che anche la razionale gestione dell’allevamento per quanto riguarda
igiene e alimentazione è altrettanto importante ai ini della prevenzione.
Pecore
Lavori
Anche nell’allevamento ovino è periodo di parti e quindi i consigli dati più
sopra per le capre valgono anche per le
pecore. Se possibile, nei giorni precedenti il parto, quando la pecora presenta il
ventre particolarmente ingrossato e la
mammella turgida di latte, isolatela dal
resto del gregge in un box singolo (di almeno 1,20×1,20), assicurandole cibo e
acqua a volontà. In questo modo la pecora partorisce indisturbata e l’adozione degli agnelli avviene con minori dificoltà.
Accertatevi che l’agnello assuma entro le prime ore di vita il colostro (il primo latte) che garantisce gli anticorpi
contro diverse malattie. Nel caso in cui
si veriichi dificoltà di adozione, a causa di una mammella troppo gonia o per
uno scarso senso materno, occorre
intervenire: nel primo caso basta far
uscire i primi schizzi di latte, così
che l’agnello abbia minori dificoltà nel
prendere in bocca il capezzolo; nel secondo caso mungete a mano delicatamente, inumidendo testa e dorso dell’agnello con il latte materno e distribuendoci sopra del sale. La madre, attratta dal sapore del sale, rimane vicina all’agnello per leccarlo e questo ne approitta per iniziare a poppare. Quando l’allattamento è bene avviato, madre e agnello possono essere riuniti con il gregge.
Nel caso di parti gemellari ricordatevi che, se malauguratamente un agnello
dovesse morire, è necessario, nei giorni
seguenti, verificare le mammelle
della madre. Gli agnelli, infatti,
tendono a suggere sempre dalla stessa
Pecore. Quando gli agnelli hanno trequattro settimane di vita, ricavate all’interno della stalla un’area accessibile solo a loro, dotata di mangiatoia
parte, e di conseguenza quello sopravvissuto dificilmente svuota entrambe le
mammelle, con conseguenti problemi
per la madre; se necessario, provvedete
a svuotare la mammella manualmente.
Quando gli agnelli hanno tre-quattro
settimane di vita ricavate all’interno della stalla un’area accessibile solo a loro
dotata di mangiatoia. Tale area garantisce ai piccoli di alimentarsi di foraggio
e concentrati senza la competizione delle pecore adulte, anche se l’alimentazione di base rimane il latte materno.
Alimentazione. In questo periodo
l’apporto alimentare del pascolo è molto scarso, ma se le condizioni atmosferiche lo permettono è sempre molto importante consentire agli animali di accedervi. Provvedete alla somministrazione
a volontà di foraggio di buona qualità e
a un’integrazione con concentrati (orzo
e crusca), soprattutto per le pecore che
devono svezzare più agnelli.
Prevenzione e cura
Si veda quanto indicato per le capre.
Nel caso in cui si veriicasse qualche
aborto, consultate il veterinario e in ogni
caso conservate feto e placenta per l’invio all’Istituto zooproilattico di zona,
così da risalire alla causa dell’aborto.
BOVINI
Lavori
A conclusione de «i Lavori» 2011, i
cui diversi interventi sono stati dedicati
all’allevamento di una bovina con il suo
vitello, ricordiamo che a metà gennaio
inizia il periodo di asciutta (la vacca
non produce latte), in attesa del momen-
75
Allevamenti
Bovini. Per attuare l’ingrasso di due vitelle acquistate nei primi giorni di gennaio scegliete bovine di razze da carne
italiane. Nella foto: razza Piemontese
to del nuovo parto che avverrà in marzo.
Chi fosse interessato a proseguire anche
per quest’anno lo stesso tipo di allevamento, consigliamo di avvalersi dei consigli pubblicati nel corso del 2011.
Ne «i Lavori» 2012 seguiremo invece
l’ingrasso di due vitelle acquistate nei
primi giorni di gennaio, a 5-6 mesi di vita, del peso di circa 200 kg. Vi consigliamo di scegliere bovine di razze da carne
italiane (Piemontese, Marchigiana, Romagnola, Maremmana, Podolica). In alternativa potete richiedere vitelle agli allevatori di bovine da latte della vostra zona. In questo caso, il più delle volte, sono
disponibili incroci di razze da latte con
razze da carne straniere.
Prima dell’arrivo delle bovine in
azienda pulite la stalla con cura e aggiungete circa 20 cm di paglia sulla
vecchia lettiera. Fate inoltre già da ora
scorta di ieno e mangime da ingrasso.
Assicuratevi poi che l’abbeveratoio, le
rastrelliere autocatturanti e tutte le attrezzature dell’allevamento funzionino
in maniera adeguata. A questo riguardo
rimandiamo all’articolo pubblicato sul
n. 1/2010 a pag. 53, nel quale è illustrato e descritto il recupero di una vecchia
stalla per l’allevamento di due vitelle
all’ingrasso.
Ricordate che all’arrivo in azienda le
bovine devono essere accompagnate dal
Modello 4 (documento di trasporto) e
dal passaporto (documento per l’anagrafe bovina), oltre che avere marche su entrambi i padiglioni auricolari (per l’identiicazione). Per legge è poi necessario
aggiornare il Registro di carico/scarico
aziendale ed effettuare la registrazione
degli animali alla Banca dati nazionale
(per informazioni rivolgetevi all’Uficio
76
veterinario dell’Azienda sanitaria locale
di zona). Allo scarico in azienda degli
animali assicuratevi che non presentino
ferite, traumi da trasporto, gravi forme
di parassitosi della pelle o comportamento aggressivo nei confronti delle
persone.
Durante i primi due mesi e mezzo in
azienda le vitelle vengono allevate esclusivamente in stalla. Occorre quindi provvedere alla pulizia del ricovero una volta
alla settimana, con aggiunta quotidiana di
paglia pulita.
Sfruttate questo periodo per assicurarvi che anche le strutture del pascolo
siano in buono stato e funzionanti: in
particolare le recinzioni esterne e l’abbeveratoio.
Alimentazione. L’obiettivo dell’allevamento delle bovine all’ingrasso è ottenere un incremento giornaliero del peso
di circa 600-650 grammi, in modo da arrivare al peso vivo di 450 kg circa a 1516 mesi di vita (a ine dicembre).
Durante il periodo di allevamento in
stalla alimentate le bovine con ieno di
graminacee (prato poliita) e di erba medica in abbondanza. Al foraggio aggiugete del mangime complementare che
può essere somministrato in pellet (seguite le indicazioni fornite dalla ditta
produttrice) oppure sotto forma di una
miscela di materie prime. In quest’ultimo caso una miscela adeguata può essere così composta: farina di mais 60%,
farina d’orzo 10%, farina di estrazione
di soia 30%; alla razione si aggiungono
circa 150 grammi di integratore vitamino-minerale. La dose giornaliera di mangime è di circa 1,5 kg per le prime settimane, per poi salire a 2 kg al giorno dalla metà del mese di febbraio (continuate
con questa dose fino all’apertura dell’accesso al pascolo).
Ricordate che lo stoccaggio degli alimenti deve essere estremamente accurato per evitare la formazione di muffe nocive alla salute degli animali.
In particolare il ieno (solitamente in rotoballe) deve essere immagazzinato in un
luogo asciutto e ventilato e il mangime
(meglio se in sacchi o in un piccolo silo)
anch’esso in un luogo asciutto e pulito,
possibilmente al riparo dai roditori.
EQUINI
Cavalli
Lavori
Come regola generale, vi ricordiamo
la necessità di garantire ai cavalli presenti
in azienda il movimento quotidiano, anche per quelli che vivono prevalentemente in scuderia. A tale scopo i recinti dovrebbero essere i più ampi possibile (almeno 200-250 metri quadrati per capo).
All’interno dei recinti controllate lo
stato del riparo utilizzato dagli animali
in caso di intemperie. Oltre a garantire
un’adeguata protezione dalla pioggia e
dalla neve, deve proteggere anche
dal vento, che nei freddi mesi invernali è il fattore che maggiormente
predispone a malattie dell’apparato respiratorio. Vi consigliamo dunque di
progettare un riparo che sia chiuso su tre
lati, fatto di legno o altri materiali facilmente lavabili e che non presenti sporgenze pericolose per gli animali. Deve
essere di facile accesso sia per gli animali che per eventuali mezzi impiegati
per la pulizia della lettiera. Quest’ultima, preferibilmente di paglia, deve essere rinnovata periodicamente, con frequenza maggiore se le precipitazioni sono abbondanti e soprattutto nel caso in
cui i recinti siano particolarmente fangosi. Una lettiera asciutta e pulita consente agli animali di avere a disposizione un posto accogliente dove sdraiarsi.
Controllate quotidianamente che
l’acqua degli abbeveratoi e degli impianti di abbeverata non ghiacci a causa
delle basse temperature.
In questo periodo si sconsiglia la tosatura del mantello dei cavalli che non
svolgono un’intensa attività lavorativa o
agonistica, poiché il pelo è la migliore
Prevenzione e cura
All’arrivo delle vitelle in azienda
consultate il veterinario per effettuare un
eventuale trattamento antiparassitario.
Veriicate inoltre la regolare assunzione
di alimento da parte delle bovine, in
quanto il poco appetito è il primo sintomo della presenza di malattie.
Cavalli e asini. Come regola generale,
vi ricordiamo la necessità di garantire a
cavalli e asini presenti in azienda il movimento quotidiano
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Allevamenti
somministra alle fattrici al quinto mese
di gestazione, la seconda dose al settimo
mese e la terza dose al nono mese.
Riguardo all’anemia infettiva, malattia virale che colpisce gli equini, precisiamo che il test di Coggins (che consente di
diagnosticare i soggetti sieropositivi) è
obbligatorio ogni 24 mesi, a eccezione
degli animali allevati nelle regioni Abruzzo, Lazio, Molise e Umbria e degli allevamenti di tutto il territorio nazionale dove siano presenti anche i muli, per i quali il controllo deve essere annuale.
Cavalli e asini. In questo periodo
è consigliabile lasciare il ieno sempre
a disposizione degli animali
protezione naturale contro il freddo. Ricordiamo che i soggetti tosati necessitano di coperte anche durante il giorno.
Alimentazione. I cavalli trascorrono
diverse ore della loro giornata assumendo alimento. Il fabbisogno alimentare
dipende dall’età, dalla razza, dalla mole
e dall’attività del soggetto. In condizioni normali, ovvero per animali che non
svolgono una particolare attività lavorativa o sportiva, è suficiente un’alimentazione a base di ieno di buona qualità.
Il più adatto è un ieno misto, che contenga un 50% di graminacee e un 50%
di leguminose o altre essenze foraggere.
Vi consigliamo di lasciare il ieno sempre a disposizione degli animali in comode mangiatoie sollevate dal suolo,
comuni a più individui.
In alternativa è possibile il razionamento dell’alimentazione, che deve essere costituita da 1,5-2 kg di ieno ogni
100 kg di peso corporeo al giorno, sia
nel cavallo che nell’asino. Per i soggetti
che lavorano aumentate la dose a 2,5-3
kg ogni 100 kg di peso. La razione di
ieno deve essere suddivisa in almeno
due somministrazioni al giorno.
Per la salute degli animali non somministrate alimento di scarsa qualità o ammufito e non effettuate improvvise variazioni della dieta. In particolari
condizioni, come per esempio in animali denutriti, a ine gravidanza o in allattamento, vi consigliamo di un’integrazione giornaliera con 0,5 kg di avena
ogni 100 kg di peso.
Prevenzione e cura
In questo periodo può essere effettuata la vaccinazione contro la rinopolmonite, malattia virale che tra l’altro
può causare aborto nell’ultimo trimestre
di gravidanza. Previa consultazione del
veterinario, la prima dose di vaccino si
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Asini
Lavori
Per i lavori vi rimandiamo a quanto indicato per i cavalli. Ricordiamo che, data
la natura sociale degli Equidi, è possibile
creare situazioni promiscue in cui cavalli e
asini convivano assieme formando un piccolo gruppo. In alcune circostanze, però,
come nel caso in cui si possiedano animali particolarmente dominanti, gli asini possono venire sottomessi dai cavalli ed esclusi dall’approvvigionamento del cibo. In
queste situazioni conviene mettere a disposizione più mangiatoie.
Alimentazione. Si veda quanto indicato per i cavalli.
Prevenzione e cura
Anche per gli asini può essere facoltativamente effettuata la vaccinazione
contro la rinopolmonite. Per il resto si
veda quanto indicato per i cavalli.
CHIOCCIOLE
Lavori
In questo periodo le chiocciole sono
in letargo, interrate, e potete dedicarvi ai
lavori di manutenzione generale dell’allevamento, cercando di eliminare
eventuali problemi sorti e riscontrati
nella gestione dell’anno precedente.
Veriicate pertanto il corretto funzionamento dell’impianto di irrigazione.
Provvedete ai lavori di costruzione dei
nuovi recinti di ingrasso e, se necessario, di ripristino dei vecchi recinti di riproduzione che hanno esaurito la loro
funzione e devono essere preparati per
la nuova annata (naturalmente solo se
vuoti di molluschi).
I recinti di ingrasso sono quelli che
accoglieranno in primavera le chioccioline nate l’anno precedente. Verso la i-
Chiocciole. In questi mesi i recinti devono essere seminati con un miscuglio di
cavolo e bietola bianca, al quale si possono aggiungere dei semi di girasole
ne di febbraio seminate all’interno delle
zone appositamente predisposte nel periodo autunnale, in modo da averle pronte per la stagione entrante. Ricordate che
la zona di riproduzione costituisce il
35% dell’intero allevamento, mentre
quella d’ingrasso arriva al 65%. Quindi
più spazio darete alle zone con vegetazione tenera e giovane in grado di accogliere le chioccioline, migliori e soprattutto più veloci saranno i risultati che otterrete nell’ingrasso dei molluschi. Questi recinti devono essere seminati con un
miscuglio di cavolo e bietola bianca, al
quale potete aggiungere dei semi di girasole (le cui piantine verranno voracemente consumate appena nate).
Se il clima è ancora troppo freddo
(nelle regioni del Nord), coprite le zone
seminate con veli di tessuto non tessuto,
che tra l’altro con la loro azione protettiva contribuiscono a far germogliare
più velocemente i semi, anticipando il
trasferimento delle chioccioline.
Procedete inine alla pulizia e al diserbo manuale (o a mezzo di erbicidi del
commercio) dei passaggi tra i recinti.
Prevenzione e cura
Ricordate che in questo periodo i topi sono molto attivi nell’allevamento ed
è quindi necessario incrementare l’attività di derattizzazione dell’impianto,
spargendo tra i recinti speciiche esche
avvelenate e resistenti all’umidità.
A cura di: Maurizio Arduin (Lavori
Avicoli - Conigli - Maiale); Marcello
Volanti (Lavori Capre - Pecore. Prevenzione e cura Avicoli - Conigli - Maiale Capre - Pecore); Federico Rossi (Lavori e Prevenzione e cura Bovini); Angelica Crisci (Lavori e Prevenzione e cura
Equini); Giovanni Avagnina (Lavori e
Prevenzione e cura Chiocciole).
77
Se nei testi di questa rubrica trovate
delle parole che vi riescono di dificile comprensione, utilizzate il «Vocabolario illustrato dei termini dificili» allegato al n. 2/2011. (Red)
Piccoli animali
CANI
Lavori
I cani che trascorrono all’aperto la
maggior parte della giornata, o che vivono stabilmente all’esterno, devono poter
contare su un riparo caldo e confortevole per affrontare al meglio il periodo
più freddo dell’anno. Se non è possibile
riservare a essi un giaciglio all’interno
di una costruzione riparata (stalla, ienile, locale caldaia, ricovero attrezzi, ecc.)
è necessario provvedere a una cuccia.
In commercio esistono valide cucce
in multistrato di legno o materiale plastico associati a pannelli isolanti. Si possono però anche realizzare artigianalmente
ottime cucce utilizzando pannelli di legno in doppio strato fra cui inserire del
materiale isolante (per esempio un foglio di polistirolo di circa 5 mm di spessore, uno strato di moquette o di lana di
vetro, ecc.). Non è consigliabile applicare semplicemente lo strato isolante all’interno e all’esterno della cuccia
perché molti cani, soprattutto cuccioli,
per noia o per gioco si dedicherebbero a
demolirlo con denti e unghie, ingerendone i frammenti con grave rischio per la
loro salute.
Ricordate che qualunque sia la cuccia, il giaciglio interno deve essere
asciutto e morbido: si può utilizzare un
vecchio cuscino, una coperta, un ritaglio
di moquette, oppure predisporre uno
strato di materiale naturale come paglia,
ieno, fogliame secco, da rinnovare in
ogni caso assai frequentemente.
Alimentazione. Per i cani alloggiati all’aperto la razione deve essere sostanziosa,
composta cioè da cibi di buon valore nutritivo (carne fresca e riso, pasta o verdure
nel caso di dieta casalinga, lattine o crocchette di qualità se preferite un mangime
commerciale). Per i cani che conducono
vita sedentaria, in casa, non bisogna eccedere nei quantitativi di cibo.
Fate inoltre attenzione nel controllare che l’acqua di bevanda nelle ciotole
all’esterno non ghiacci.
Prevenzione e cura
Nei cani alloggiati stabilmente all’aperto in inverno si formano calli da decubito sui gomiti, ai lati delle ginocchia e
78
Cani. La permanenza su di un
suolo duro provoca a lungo
andare la formazione di calli
da decubito, in particolare
nei cani pesanti (nella foto
pastore tedesco), principalmente a livello di garretti e
gomiti (nel particolare)
sui garretti a causa della lunga permanenza in cuccia, soprattutto se il pavimento
della stessa è privo di un giaciglio morbido come precedentemente spiegato. Questa affezione, di per sé banale, può complicarsi per la facilità con cui la pelle delle callosità si screpola, complice anche il
freddo, permettendo l’ingresso di germi
che provocano iniammazioni e infezioni
molto lente a guarire (piaghe).
Per prevenire la formazione dei calli
da decubito occorre fornire la cuccia di
un’idonea «imbottitura» ed evitare che
il cane vi trascorra quasi tutta la giornata, per esempio portandolo un po’ più
frequentemente a passeggio. In presenza
di callosità iniammate e/o con croste
occorre invece consultare il veterinario.
perdere il micio a causa di un investimento. Valutate quindi con il vostro
veterinario l’opportunità di sottoporre l’animale a sterilizzazione, intervento che fa diminuire sensibilmente
la sua smania di uscire all’aperto.
Alimentazione. Non vi sono cibi particolari da somministrare nella stagione
invernale, ma bisogna adeguare la razione quotidiana ai reali fabbisogni nutritivi.
Si abbonderà quindi un poco per quelle
destinate ai soggetti che vivono all’aperto e, al contrario, ci si limiterà nella quantità da fornire ai gatti adulti di casa, che
effettuano poco movimento.
Come per i cani, occorre veriicare
quotidianamente che
l’acqua da bere posta nelle ciotole all’aperto non
ghiacci.
Prevenzione e cura
L’andirivieni dentro e
fuori casa può causare lievi irritazioni respiratorie
dovute ai bruschi sbalzi di
temperatura, in particolare in quei soggetti che amano starsene a
dormire sdraiati sul davanzale interno
delle finestre, sopra i caloriferi, dove
l’aria si fa particolarmente calda e secca.
I sintomi sono essenzialmente crisi di
starnuti che si esauriscono spontaneamente nel giro di due o tre giorni, ma se
si associano intensa lacrimazione degli
occhi, scolo nasale e inappetenza
va senz’altro consultato il veterinario, anche per scongiurare altre malattie
più pericolose.
GATTI
Lavori
Sia pur in maniera impercettibile, le
giornate iniziano ad allungarsi e i gatti,
sensibilissimi a questo segnale che preannuncia il mutare della stagione, si mostrano un poco più irrequieti, chiedendo
di uscire di casa più spesso. Una volta
fuori sarà facile che i maschi intraprendano le prime zuffe, indotte dai primi calori delle gatte. Se vivete in campagna, lasciar uscire liberamente il gatto può non
essere un problema, ma in un traficato
ambiente urbano ciò potrebbe signiicare
Gatti. Forme lievi di raffreddore sono
comuni nei gatti che nel periodo invernale soggiornano nei pressi dei caloriferi. Se non si risolvono spontaneamente
nel giro di due o tre giorni, o se si complicano con lacrimazione degli occhi
(come nell’esemplare in foto), vanno
sottoposte al giudizio del veterinario
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Piccoli animali
seguite a somministrare ogni giorno verdure fresche e agrumi, se graditi, in modo che le bestiole assumano la vitamina
C e le ibre necessarie al loro benessere.
Prevenzione e cura
1
2
Piccoli roditori. Esempio di vaschetta angolare (1) che si può collocare all’interno
delle gabbie dei conigli per indurli a recarvisi per i loro bisogni. Le cavie (2) non
scelgono di norma un angolo della gabbia per depositare i propri bisogni e tendono a riempire di materiale di lettiera le ciotole del cibo e dell’acqua. Per questo motivo è importante un’assidua pulizia della loro gabbia
PICCOLI RODITORI
Lavori
Conigli nani. L’incombenza maggiore in questo bimestre di pieno inverno,
in cui la vita della maggior parte dei piccoli roditori da compagnia si svolge in casa,
è il mantenimento della massima igiene
delle gabbie, con particolare riferimento
alle lettiere che non appena si impregnano
di escrementi e urine emanano un odore
pungente e assai sgradevole.
Per fortuna la maggior parte dei coniglietti nani sceglie un particolare angolo
della gabbia per depositarvi i suoi bisogni,
il che facilita le operazioni di pulizia, soprattutto se vi si colloca un’apposita vaschetta angolare. Per ottenere questo risultato coninate in gabbia i coniglietti
di nuovo acquisto per almeno 15 giorni,
in modo che stabiliscano un forte legame territoriale con questo ambiente circoscritto da sbarre, dopo di che le bestiole si potranno far gradualmente uscire nell’ambiente domestico.
Alimentazione. Oltre al mangime
pellettato di base, da offrire sempre comunque in quantità modeste, occorre
mettere a disposizione del buon ieno
e, nei soggetti abituati a nutrirsene,
verdure preferibilmente ibrose (carciofi, catalogna, cicorie, sedano,
ecc.).
Criceti. Non vi sono in questo periodo incombenze particolari che riguardino queste bestiole.
Alimentazione. Cercate di invogliare i
vostri criceti ad alimentarsi con piccoli
pezzetti di frutta e verdura fresche, oltre
che con il consueto miscuglio di semi.
Cavie. Per accudirle al meglio occorre
non solo assicurare una buona igiene della
lettiera, ma anche ripulire molto frequentemente mangiatoie e abbeveratoi. Queste
bestiole, infatti, non solo depositano ovunSUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
que i loro escrementi, ma li calpestano in
continuazione, imbrattandosi le zampe
con le quali poi si appoggiano sui bordi
delle vaschette contenenti cibo e acqua.
Per questa ragione gli abbeveratoi andrebbero sempre scelti fra i modelli a goccia,
da appendere all’esterno della gabbia (tipo
«biberon»), così che l’acqua a disposizione delle bestiole risulti sempre pulita.
Alimentazione. Finché non sarà nuovamente disponibile erba di pascolo, pro-
Conigli nani. Accade spesso che
i soggetti lasciati liberi di scorrazzare ogni tanto per casa si infortunino seriamente, procurandosi fratture alle ossa degli arti o alle vertebre della schiena a causa dei pavimenti lisci (quindi
scivolosi). Le lesioni degli arti possono guarire, a volte ricorrendo a delicati e costosi interventi chirurgici, mentre
quelle delle vertebre purtroppo causano
spesso una paralisi permanente che porta alla necessità di sopprimere la povera
bestiola. Per limitare questi rischi vi
consigliamo di collocare sui pavimenti di casa delle passatoie ruvide (tipo
stuoie) lungo i tragitti percorsi solitamente dal coniglietto durante le sue uscite.
Criceti. Controllate che gli animali
mostrino una normale vitalità e un buon
appetito se vengono tenuti in casa al caldo. Il permanere nella casetta all’interno
della gabbia anche nelle ore serali o not-
L’idea in più. Ecco come evitare che i coniglietti nani
e le cavie tenuti in casa spargano fuori dalla gabbia il
materiale della lettiera, a causa dei loro repentini movimenti. Tagliate quattro pannelli in plexiglass trasparente, di lunghezza corrispondente i lati interni della gabbia e alti circa 20 cm. Basterà poi forarli opportunamente con un piccolo trapano e fermare i pannelli alla
griglia della gabbia con del il di ferro. Questa sorta di
barriera sarà anche utile a evitare che le bestiole, come
spesso fanno, addentino in continuazione le sbarre della gabbia come passatempo, con il frequente risultato di spezzarsi gli incisivi.
Come si fa. Per accorciare le unghie troppo cresciute di canarini, pappagalli e
piccoli esotici conviene utilizzare un tronchesino. Prima di tagliare osservare bene l’unghia in controluce (se è di colore chiaro) per individuare dove intervenire:
il taglio non deve interessare la parte di unghia rosata attraversata dal piccolo vaso sanguigno presente
alla base, in modo che la bestiola non senta dolore
e di evitare sanguinamenti. Se le unghie sono scure
SÌ
o comunque non vi sentite di accorciarle, fate effettuaNO
re questa operazione a una persona esperta.
Da visitare. Ad Almeria (in Andalusia, Spagna) dal 20 al 22 gennaio 2012 si
svolge il 60° Campionato mondiale di ornitologia, la più importante manifestazione per appassionati allevatori di ogni specie e razza di volatili ornamentali. Informazioni sul sito Internet www.mundialalmeria2012.com o sul sito
della Federazione ornicoltori italiani www.foi.it
A Rho (Milano) il 14 e il 15 gennaio si tiene un’importante Esposizione internazionale canina. Informazioni sul sito Internet www.enci.it
A Castellanza (Varese), sempre il 14 e il 15 gennaio, si tiene una doppia esposizione:
Internazionale felina organizzata dalla Fiaf (Federazione italiana associazioni
feline) e Reptilia expo, mostra di rettili. Informazioni sul sito www.expofelina.it
79
Piccoli animali
turne e il consumare poco cibo sono indici di sofferenza che va sottoposta al giudizio del veterinario.
Cavie. Non vi sono interventi sanitari particolari da segnalare.
TARTARUGHE
Lavori
Tartarughe terrestri. In questo
bimestre dovete occuparvi dei soggetti
non in letargo, quindi in genere di giovani tartarughe di pochi mesi o di poco più
di un anno (al loro secondo inverno)
mantenute in terrario al caldo. Vanno seguite regolando l’accensione delle lampade e di altri eventuali dispositivi riscaldanti, in modo che la temperatura
non sia comunque eccessiva (per le specie più comuni non dovrebbe salire sopra i 31 °C, quella ideale è 27-28 °C).
Alimentazione. Variate il più possibile la composizione della dieta delle tartarughe tenute sveglie durante l’inverno,
facendo largo impiego di verdure di stagione. Non fate mai mancare acqua pulita da bere, che sovente nei terrari evapora rapidamente dalle ciotole data la
temperatura elevata.
Tartarughe acquatiche. Curate
l’igiene e la pulizia dell’acqua delle vasche, soprattutto se si tratta di esemplari
di discrete dimensioni che sporcano molto. Se le vasche non dispongono di iltro
di depurazione, l’acqua va cambiata totalmente (se la vasca contiene pochi litri
di acqua) o parzialmente (almeno il 6570% se è di medie o grandi dimensioni)
ogni giorno. L’acqua pulita va preparata
dalla sera prima entro recipienti aperti
(grossi secchi, catini o vasche in plastica
per il bucato), così da favorire l’evaporazione del cloro. Se invece la vasca possiede un iltro di depurazione, questo va pulito almeno una volta alla settimana.
Alimentazione. Per completare la
dieta offrite alle tartarughe acquatiche
pezzettini di pesce fresco, oltre a verdure e al mangime commerciale.
Tartarughe. In questo periodo occorre
occuparsi attivamente solo delle tartarughe che non si trovano in letargo (i soggetti molto giovani tenuti in terrario)
fegato e nelle verdure di colore rosso).
Le affezioni degli occhi e ogni piccola
ferita si infettano facilmente con i germi
presenti nell’acqua, tanto più se questa
non è mantenuta costantemente pulita. In
caso si veriichi qualche infezione occorre
provvedere al miglioramento delle condizioni ambientali e rivolgersi tempestivamente al veterinario.
UCCELLI
Lavori
Canarini. Per evitare che la gabbia
emani odori sgradevoli badate a tenere
sempre pulito il fondo della stessa,
asportando eventuali avanzi di cibo fresco (frutta e verdura) e sostituendo il
materiale assorbente almeno una volta
alla settimana. Tale materiale può essere
sabbia «grit», lettiera vegetale (truciolo,
pellettato di legno o paglia, tutolo di
mais, ecc.) o granulato di carta riciclata,
mentre sono da evitare i fogli di
giornale o comunque di carta stampata (depliant, riviste, ecc.), poiché contengono sostanze potenzialmente tossiche (inchiostri).
Prevenzione e cura
Tartarughe terrestri. Non vi sono interventi sanitari particolari da segnalare per questo bimestre.
Tartarughe acquatiche. Affezioni comuni, come il rigonfiamento
delle palpebre e l’opacamento della
cornea (la superficie esterna dell’occhio), sono dovuti spesso a una assunzione insuficiente di alimenti ricchi di
vitamina A (contenuta, per esempio, nel
80
Uccelli. Le unghie delle zampe dei piccoli volatili in età adulta possono mostrarsi eccessivamente lunghe e vanno accorciate per evitare che la bestiola si impigli
nei posatoi o nelle sbarre della gabbia
Alimentazione. Raccomandiamo di
non esagerare con i cibi ingrassanti (pastoncino e biscotto all’uovo) nella razione dei soggetti tenuti in ambiente caldo,
soprattutto se si intende farli riprodurre
questa primavera.
Pappagallini. Le raccomandazioni fatte a proposito della scelta del materiale assorbente da collocare sul fondo
delle gabbie dei canarini valgono anche
per i pappagalli, per i quali i rischi di intossicazione per ingestione di sostanze
tossiche sono maggiori, dato che
questi volatili tendono a distruggere
ogni cosa sia alla portata del loro becco.
Alimentazione. I pappagalli sono di
regola molto restii a nutrirsi di frutta e
verdura, ma occorre sempre insistere
nell’offrirgliela, soprattutto in questo
periodo invernale in cui la scarsità di cibi freschi può più facilmente indurre
delle carenze vitaminiche.
Piccoli esotici. Per mantenere al
meglio in questa stagione i piccoli esotici
è bene collocarli in gabbie ampie all’interno di un locale riscaldato dove non si veriichino grossi sbalzi di temperatura. Per
proteggerli da colpi d’aria fredda, spostate momentaneamente le loro gabbie in
un diverso locale quando la stanza in cui si
trovano abitualmente viene arieggiata per
le faccende domestiche; oppure, se ciò
non è possibile, copritele temporaneamente con un telo di protezione.
Alimentazione. Si veda quanto indicato per i canarini.
Prevenzione e cura
Canarini. Negli esemplari anziani
(sopra i 5-6 anni di età) controllate la lunghezza delle unghie, che sovente crescono
eccessivamente attorcigliandosi e facendo
sì che l’uccellino si impigli facilmente nei
posatoi e fra le sbarre, con il rischio di gravi fratture. Per accorciare le unghie troppo cresciute è utile servirsi di un piccolo
tronchesino (vedi riquadro a pag. 79).
Se nel tagliare un’unghia malauguratamente la fate sanguinare, tenete premuto con una garza il moncone per qualche minuto, stringendolo fra pollice e
indice. Una volta arrestata la piccola
emorragia, disinfettate la parte con una
goccia di soluzione a base di iodio.
Pappagallini. I pappagalli raramente richiedono l’accorciamento delle
unghie. Se tuttavia ciò dovesse rendersi
necessario valgono i suggerimenti forniti a proposito dei canarini.
Piccoli esotici. Si veda quanto indicato per i pappagalli.
A cura di: Daniela Perniceni.
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Se nei testi di questa rubrica trovate
delle parole che vi riescono di dificile comprensione, utilizzate il «Vocabolario illustrato dei termini dificili» allegato al n. 2/2011. (Red)
Apiario
LAVORI
L’osservazione esterna degli alveari. In questo inizio d’anno l’entità dei
voli delle api davanti a ogni alveare e la
qualità delle loro feci possono fornire
utili indicazioni sullo stato di salute delle famiglie. In particolare le deiezioni,
sotto forma di macchiette circolari visibili sui coperchi degli alveari, se giallastre sono indice di buona salute della colonia; se sono iliformi e di colore arancione scuro evidenziano, al contrario,
diarrea o malattie in corso (vedi quanto
detto nel capitolo Prevenzione e cura).
Con la ioritura del nocciòlo, che in
alcune zone può avvenire già in gennaio,
le bottinatrici iniziano a importare polline. La loro presenza, tra l’altro, è segno che in quella colonia la regina è eficiente e ha ripreso la deposizione delle
uova. In vista di questa prima ioritura,
effettuate subito eventuali spostamenti
degli alveari per non disorientare e perdere le bottinatrici che escono in volo.
Trasportando le arnie evitate gli
scossoni violenti, in quanto le api
che cadono dal glomere sul fondo dell’arnia sono destinate a morire di freddo.
Un volo anomalo
davanti all’arnia, con
api che sbattono forte-
Per veriicare lo stato dei telaini occupati dalle api e capire l’entità delle scorte alimentari senza aprire le arnie, esaminate i residui caduti nei vassoi del
fondo antivarroa, in corrispondenza
dello spazio tra un telaino e l’altro. Nel
particolare: le strisce di residui scuri (in
alto a destra) indicano i telaini occupati dalla colonia svernante
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2012
Con la ioritura del nocciòlo le bottinatrici iniziano a rientrare nell’arnia con le
cestelle cariche di polline (vedi freccia)
mente le ali sollevando la parte terminale
dell’addome è segno di orfanità; in questo
periodo l’unica soluzione è riunire la colonia orfana con un’altra dotata di regina.
Per veriicare lo stato dei telaini occupati dalle api e per capire l’entità delle scorte alimentari senza aprire le arnie,
esaminate i residui caduti nei vassoi del
fondo antivarroa, in corrispondenza
dello spazio tra un telaino e l’altro:
– residui di colore scuro, che derivano
dagli opercoli delle cellette contenenti
covata, segnalano che vi è stato lo sfarfallamento di api, cioè ne sono nate di
nuove, pronte a portare avanti le attività
della colonia;
– residui di colore chiaro, che derivano
dal lavoro di disopercolazione delle cellette contenenti scorte di miele, segnalano che le api si stanno nutrendo regolarmente; strisce di residui chiari ai lati
esterni del vassoio possono essere segno
di saccheggio latente.
– poche strisce di residui densi, presenti
prevalentemente nella zona centrale del
vassoio, segnalano che la famiglia è in
ottime condizioni. Strisce di residui densi anche nelle parti laterali del vassoio
segnalano invece che si stanno esaurendo le scorte, in quanto la colonia sta consumando il miele immagazzinato nei favi più esterni;
– la presenza di qualche granello di polline indica che è iniziata la ioritura del
nocciolo e che la regina ha cominciato a
deporre.
Potete anche soppesare gli alveari per
valutare, in base all’esperienza acquisita
negli anni precedenti, la quantità di
scorte presenti. Ricordate che, in caso
di bisogno, l’alimentazione artiiciale
deve essere fornita sotto forma solida
mediante candito (per le modalità di
preparazione si veda nel capitolo Laboratorio), oppure introducendo favi di
miele provenienti da famiglie di api sane.
Per capire lo stato di salute della colonia senza aprire l’arnia potete ascoltare il
brusio prodotto dalle api all’interno dell’alveare. A questo scopo appoggiate
l’orecchio a una parete dell’arnia e battete quella parte con le nocche della mano:
il brusio di risposta deve essere forte e deciso (ronzii isolati intermittenti oppure
collettivi e continui sono invece segnali
anomali, dovuti a insuficienza di scorte
di cibo e/o mancanza dell’ape regina).
Altri interventi di inizio stagione.
Veriicate l’eficienza delle protezioni
dal freddo e il corretto posizionamento
delle porticine o delle griglie davanti all’ingresso di ogni colonia.
Se presenti, eliminate eventuali api
morte dal predellino di volo, così come
dal fondo dell’arnia (sollevate la griglia
di protezione e pulite con l’apposita
spazzola).
Dopo un lungo periodo di freddo, e
quindi di vita obbligata nell’alveare, in
una giornata con temperatura mite può
veriicarsi il cosiddetto «volo di puriicazione», durante il quale le api escono
Principaliasdasdfasdf
lavori del bimestre
nell’apiario
a cura di Alessandro Pistoia
Lavori
Visita alveari
Osservaz. fondo antivarroa
Nutrizione artiiciale
Impiego del telaino TIT [1]
Gen. Feb.
●
● ●
●
Controllo sciamatura
Controllo saccheggio
Posa melario
Smielatura
Invasettamento miele
Recupero cera
Invernamento alveari
Manutenzione attrezzature
●
●
Interventi sanitari
[1] Telaino Indicatore Trappola per la lotta alla varroa
81
Apiario
per svuotare l’ampolla rettale dai residui
che hanno accumulato durante la clausura. A riguardo valutate l’opportunità
di avvisare i vicini di casa, per evitare
che si ritrovino gli eventuali panni stesi
imbrattati da macchioline scure.
La prima visita interna degli alveari.
Se in qualche colonia non notate volo di
api, oppure se il volo è scarso, accertatevi
delle condizioni della famiglia aprendo
l’alveare nelle ore più calde della giornata.
Colonie poco numerose, che occupano
meno di quattro telaini, sicuramente hanno anche poche scorte di cibo, in quanto il
consumo di miele è stato più elevato per
poter mantenere costante la temperatura di
un glomere con poche api. In questo caso
intervenite con l’alimentazione integrativa, fornendo alla famiglia favi con miele
parzialmente disopercolato.
Per agevolare le osservazioni spostate con delicatezza i favi laterali, in modo
da poter esaminare bene quelli centrali
presidiati dalle api, e veriicare la presenza di covata, indice della presenza di
una regina sana e attiva.
Come abbiamo scritto poco sopra,
l’eventuale integrazione delle scorte
può avvenire mediante candito o l’introduzione di un favo conservato in magazzino. In questo caso disopercolate leggermente le cellette contenenti le scorte
in prossimità del glomere per favorire il
pronto consumo di alimento.
PREVENZIONE E CURA
Osservando l’andamento del cosiddetto «volo di puriicazione» potreste notare api che cadono a terra e si rialzano a
fatica. In questo caso è facile che le loro
Principaliasdasdfasdf
ioriture di interesse
apistico del bimestre
a cura di Alessandro Pistoia
Specie
Gen. Feb.
Corniolo
Erica
Mandorlo
Nespolo del Giappone
Nocciòlo
●
●
Salice
Veronica
Viburno
●
●
●
●
●
●
●
●
●
●
Le epoche di ioritura si riferiscono alle zone di pianura dell’Italia settentrionale
82
VITA IN CAMPAGNA
Il mensile di agricoltura part-time
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Fondato da Alberto Rizzotti
Direttore Responsabile: Giorgio Vincenzi
Il candito viene somministrato alle api
nell’apposito contenitore o in un sacchettino di plastica da porre sopra i favi
deiezioni, in forma di macchioline di colore arancione scuro, siano conseguenza
di una diarrea dovuta al consumo di scorte di miele o di polline alterati.
Ricordiamo anche che sono ancora
diffusi casi di spopolamento totale degli
alveari dovuti a diverse concause tra cui
la varroa e le virosi.
In entrambi i casi sopra citati contattate un esperto dell’Associazione apicoltori oppure il Servizio veterinario locale.
LABORATORIO
In questi mesi di relativa tranquillità
procedete al riordino del magazzino, alla manutenzione delle arnie e alla raschiatura della propoli dalle varie attrezzature. Preparate inoltre i telaini con il
ilo zigrinato pronto per l’inserimento
del foglio cereo e avviate alla fusione la
cera, in modo da rendere più rapidi i lavori della prossima primavera.
Un lavoro che potete fare in questo
periodo è la preparazione del candito
per la nutrizione da somministrare alle
colonie a ine inverno. Occorre avere a
disposizione un’impastatrice meccanica
o uno degli elettrodomestici che si impiegano per impastare i dolci. Per circa
1 kg di candito si impastano: 750 grammi di zucchero a velo (ricavato anche
macinando zucchero comune in un macinacaffè); 250 grammi del vostro miele
(luido o reso luido riscaldandolo a bagnomaria); succo di limone (1 bicchierino da liquore); poche gocce d’acqua ovvero quanta ne basta per favorire la formazione di un impasto omogeneo e
compatto, non appiccicoso, da mettere
nell’apposito contenitore.
A cura di: Alessandro Pistoia.
Prodotti e attrezzature citati nell’articolo sono reperibili presso i negozi specializzati in articoli per l’apicoltura.
Redazione: Giuseppe Cipriani, Silvio Caltran,
Alberto Locatelli
Segreteria di redazione: Laura Modenini,
Elisa Guarinon, Cristina Campanini,
Silvana Franconeri
Indirizzo: Via Bencivenga/Biondani, 16 - 37133
Verona - Tel. 045 8057511 - Fax 045 8009240
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Editore: Edizioni L’Informatore Agrario srl
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Vietata la riproduzione parziale o totale
di testi e illustrazioni - ISSN 1120-3005.
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