Impianti nuovi in case già esistenti senza ascensore

Elenco estratto da INTERNET, in merito a pareri e sentenze
specifici alla installazione di ascensori presso edifici già in uso e di
cui ne sono sprovvisti
La installazione in un edificio in condominio (o in una parte di esso) di un ascensore di cui prima
esso era sprovvisto costituisce, ai sensi dell'art. 1120. primo comma, c.c., una innovazione, con
la conseguenza che la relativa deliberazione deve essere presa con la maggioranza di cui al
quinto comma dell'art. 1136 c.c., secondo cui l'approvazione deve avvenire "con un numero di
voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore
dell'edificio". L'installazione di un ascensore in un edificio in condominio (o parte autonoma di
esso), che ne sia sprovvisto, può essere attuata, riflettendo un servizio suscettibile di separata
utilizzazione, anche a cura e spese di taluni condomini soltanto, purché sia fatto salvo il diritto
degli altri di partecipare in qualunque tempo ai vantaggi della innovazione, contribuendo nelle
spese di esecuzione dell'impianto ed in quelle di manutenzione dell'opera. Sono innovazioni
vietate, che, quindi, debbono essere approvate dalla unanimità dei condomini, soltanto quelle
che, pur essendo volute dalla maggioranza nell'interesse del condominio, compromettono la
facoltà di godimento di uno o di alcuni condomini in confronto degli altri, mentre non lo sono
quelle che compromettono qualche facoltà di godimento per tutti i condomini. A meno che il
danno che subiscono alcuni condomini non sia compensato dal vantaggio. Pertanto, qualora,
al posto della tromba delle scale e dell'andito corrispondente a pianterreno, si immette un
impianto di ascensore, a cura e spese di alcuni condomini soltanto, il venir meno
dell'utilizzazione di dette parti comuni dell'edificio nell'identico modo originario non contrasta
con la norma del secondo comma dell'art. 1120 c.c. perché, se pur resta eliminata la possibilità
di un certo tipo di godimento, al suo posto se ne offre uno diverso, ma di contenuto
migliore, onde la posizione dei dissenzienti è salvaguardata dalla possibilità di entrare a far
parte della comunione del nuovo impianto.
Cass. civ., sez. II, 9 luglio 1975, n. 2696.
L'art. 1120 cc., nel richiedere che le innovazioni della cosa comune siano approvate dai
condomini con determinate maggioranze, mira essenzialmente a disciplinare l'approvazione di
innovazioni che comportino una spesa da ripartire fra tutti i condomini su base millesimale,
mentre qualora non debba farsi luogo ad un riparto di spesa, per essere stata questa assunta
interamente a proprio carico da un condomino, trova applicazione la norma generale di cui
all'art. 1102 c.c., che contempla anche le innovazioni, e secondo cui ciascun partecipante può
servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri
partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto e può apportare a tal fine a
proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa medesima.
Ricorrendo le suddette condizioni, pertanto, un condomino ha facoltà di installare nella tromba
delle scale dell'edificio condominiale un ascensore, ponendolo a disposizione degli altri
condomini, e può far valere il relativo diritto con azione di accertamento, in contraddittorio degli
altri condomini che contestino il diritto stesso, indipendentemente dalla mancata impugnazione
della delibera assembleare che abbia respinto la sua proposta al riguardo.
Cass. civ., sez. II, 12febbraio 1993, n. 1781.
Il pregiudizio, per alcuni condomini, della originaria possibilità di utilizzazione delle scale
e dell'andito occupati dall'impianto di ascensore collocato a cura e spese di altri condomini,
non rende l'innovazione lesiva del divieto posto dall'art. 1120, secondo comma, c.c., ove
risulti che alla possibilità dell'originario godimento della cosa comune è offerto un
godimento migliore, anche se di diverso contenuto.
Cass. civ., sez. II, 29aprile 1994, n. 4152.
L'opera nuova può dare luogo ad una innovazione anche quando, oltre che la cosa comune o sue
singole parti, interessi beni o parti a questa estranei ma ad essa funzionalmente collegati. Anche
in tal caso, quindi, se l'opera, pur essendo utilizzabile da tutti i condomini, è stata costruita
esclusivamente a spese di uno solo dei condomini, questo ne rimane proprietario esclusivo
solo fino alla richiesta degli altri di partecipare ai vantaggi della stessa contribuendo, ai sensi
dell'art. 1120 c.c., alle spese per la sua costruzione e manutenzione. (Nella specie, si trattava di
un ascensore per il collegamento dell'androne dell'edificio condominiale con una strada posta ad
un livello notevolmente inferiore, costruito con opere che interessavano, oltre che l'androne ed il
sottosuolo comuni, anche un terreno in proprietà esclusiva del condomino che le aveva eseguite).
Cass. civ., sez. II, 1 aprile 1995, n. 3840.
L'installazione di un servizio in precedenza inesistente, suscettibile di uso separato ed a spese
del solo condomino interessato non richiede l'approvazione da parte dell'assemblea con la
maggioranza qualificata richiesta per le innovazioni ex art. 1120 cod. civ., trovando, in
questo caso, applicazione l'art. 1102 cod. civ. (nella fattispecie, trattavasi dell'installazione di
un ascensore da parte di un condomino portatore di handicap, il quale si era accollato l'intero
onere delle spese).
Trib. civ. Milano, Il maggio 1989 e cond. 1990, 325.
Allorché l’uso della cosa comune, pur comportando innovazione, venga effettuato dal singolo
condomino a sue spese e non risulti alterata la destinazione della cosa né ne sia impedito l'uso
agli altri condomini, non è necessaria una preventiva delibera assembleare di approvazione
(nella specie è stata accolta, in base al suddetto principio, la richiesta di provvedimento
d'urgenza avanzata da soggetto affetto da incapacità deambulatoria che lamentava il rifiuto
opposto all'installazione di un impianto di ascensore nel condominio ove risiedeva).
Pret. civ. Milano, ord. 19 maggio 1987, e cond. 1988, 197.
La norma dell'art. 1120 c.c., nel richiedere che le innovazioni della cosa comune siano approvate
dai condomini con determinate maggioranze, mira essenzialmente a disciplinare l'approvazione
di innovazioni che comportino per tutti i condomini delle spese, ripartite su base millesimale.
Ove non si faccia questione di spese, torna applicabile la norma generale dell'art. 1102 c.c. - che
contempla anche le innovazioni - secondo cui ciascun partecipante può servirsi della cosa
comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di
farne parimenti uso secondo il loro diritto, ed, a tal fine, può apportare a proprie spese le
modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa comune, come (nel caso di specie)
applicare nella tromba delle scale dell'edificio condominiale un ascensore, ponendolo a
disposizione di tutti i condomini.
Cass. civ., sez. II, 5 aprile 1977, n. 1300.
Sussiste, alla stregua dell'art. 1102 cod. civ., il diritto del condomino di installare, a proprie
cure e spese, un impianto di ascensore nel vano delle scale in cui è ubicata la propria unità
immobiliare, salva la facoltà di ogni altro condomino interessato di richiedere la partecipazione
all'utilizzo dell'opera, previa corresponsione delle quote di spesa dovute secondo legge.
Trib. civ. Milano, sez. VIII, 12 ottobre 1989 e cond. 1990, 543.
L'installazione dell'ascensore, riflettendo un servizio suscettibile di separata utilizzazione, può
essere attuata anche a cura e spese di taluni condomini soltanto, salvo il diritto degli altri di
partecipare in qualunque tempo ai vantaggi della innovazione contribuendo nelle spese di
esecuzione e di manutenzione dell'opera.
Pret. civ. Taranto, ord. 5 ottobre 1993 e cond. 1994. 383.
In tema di condominio negli edifici, la delibera assembleare, che, pur senza approvare uno
specifico progetto e preventivo di spesa, autorizzi l'installazione di un ascensore ad opera ed a
spese di un singolo condomino. ma con salvezza del diritto degli altri condomini di partecipare
in qualunque momento ai vantaggi dell'installazione medesima, tramite contributo ai costi di
esecuzione e manutenzione, configura innovazione diretta al miglioramento della cosa comune,
e come tale, è validamente adottata con le maggioranze prescritte dall'art. 1136 quinto comma.
c.c.. Né, sulla legittimità di detta delibera incide l'indicata mancanza di progetto e di preventivo,
la quale comporta soltanto la necessità che la delibera stessa venga integrata da successive
decisioni assembleari, per determinare le modalità di attuazione ed esecuzione dell'innovazione,
nel rispetto dei limiti e dei divieti fissati dal secondo comma dell'art. 1120 c.c..
Cass. civ., sez. II, 14 novembre 1977, n. 4921.
Ciascun condomino può procedere alla installazione, a proprie cure e spese, di un impianto
di ascensore, salva la facoltà degli altri condomini di chiedere la partecipazione all'uso previa
corresponsione della quota di spesa, e sempreché non venga alterata la destinazione della cosa
comune e non venga impedito agli altri condomini di farne parimenti uso.
Pret. civ. Messina, ord. 7 dicembre 1991, in Giur. mer. 1993, 351.
Nel caso in cui i condomini siano gravati, in base ad un atto pubblico di acquisto, dalla servitù
passiva di installazione di un ascensore a favore di una singola porzione immobiliare, non
occorre una nuova manifestazione di volontà in sede di assemblea condominiale per autorizzare
tale installazione e la realizzazione delle relative opere.
Pret. civ. Roma, sez. IV, 28giugno 1994, n.4191, 1994, 846.
Le norme della L. n. 13/89 che prevedono una deroga alle maggioranze stabilite dal codice civile
per le innovazioni consistenti nella realizzazione di un ascensore in un edificio condominiale al
fine dell'eliminazione delle barriere architettoniche sono applicabili indipendentemente dalla
presenza o meno di portatori di handicap nell'immobile.
Trib. civ. Milano, 19 settembre 1991 e cond. 1992, 138.
Una modesta compressione del diritto di cui all'art. 1102 c.c. deve ritenersi tollerabile
quando sia giustificato dall'interesse altrui ad un più proficuo uso della cosa comune e non
rechi in concreto alcun serio pregiudizio o grave sacrificio (fattispecie in tema di
installazione di un ascensore comportante un limitato restringimento dello spazio di
passaggio comune).
Trib. civ. Milano, 9settembre 1991 e cond. 1992, 138.
Non sussiste alcun concreto interesse ad impugnare una deliberazione dell'assemblea
condominiale che si limiti a disporre l'installazione di un ascensore rinviando ad una successiva
riunione l'approvazione della spesa e la relativa ripartizione, non potendo affatto escludersi che
l'assemblea non approvi la spesa e non potendo in ogni caso prefigurarsi quale potrebbe essere
l'effettivo contenuto di una futura deliberazione sulla materia.
Trib. civ. Milano. 18 aprile 1991 e cond. 1992. 154.
Quando l'installazione di un ascensore consiste in un uso più intenso della cosa comune, senza
alterazione della sua destinazione e senza sottrazione agli altri condomini del pari uso della cosa,
si ha uso della cosa comune ai sensi dell'art. 1102 e non innovazione ex art. 1120.
Trib. civ. Foggia 29 giugno 1991 e cond. 1992, 373.
L'installazione di ascensore nella tromba delle scale, pur comportando la riduzione o il venire
meno dell'utilizzazione di dette parti comuni dell'edificio nel modo originario, non contrasta
con la norma dell'art. 1120 comma 2 c.c., in quanto, pur se resta eliminata la possibilità di un
certo tipo di godimento, al suo posto se ne offre uno diverso e di contenuto migliore, anche
alla luce della L. n. 13 del 1989, mentre la posizione dei dissenzienti è salvaguardata dalla
possibilità di entrare a far parte della comunione del nuovo impianto. Pertanto non sussiste
una vera alterazione della destinazione, né si compromette la facoltà di godimento della cosa
comune da parte di tutti i condomini.
Pret. civ. Catania. ord. 14 maggio 1991, in Giur. mer. 1993, 351.
L 'installazione dell'ascensore costituisce una delle eccezioni alla regola dell'applicabilità
delle norme sulle distanze in campo condominiale in quanto l'ascensore va considerato alla
stregua di un impianto indispensabile ai fini di una civile abitabilità in sintonia con l'evoluzione
delle esigenze generali dei cittadini.
Trib. civ. Napoli, 16 novembre 1991, n.13008 e cond. 1992, 373.
La disciplina in materia di distanze non opera per quegli impianti che devono considerarsi
indispensabili ai fini di una reale abitabilità dell'appartamento e che riflettono l'evoluzione delle
esigenze generali dei cittadini. Inoltre, l'art. 3 comma 2 L. n. 13 del 1989, nel porre l'obbligo
dell'osservanza delle distanze di cui all'art. 907 c.c. per la sola ipotesi in cui "tra le opere da
realizzare e i fabbricati alieni non sia interposto alcuno spazio o alcuna area di proprietà o uso
comune" implicitamente riconosce che tali distanze, se eventualmente applicabili, non debbano
comunque essere osservate con riferimento alle unità immobiliari comprese nel medesimo
edificio condominiale.
Pret. civ. Catania, ord. 20 marzo 1992, in Giur. mer. 1993, 351.
La nullità di una delibera assembleare che abbia disposto l'installazione di un ascensore in
uno stabile condominiale non impedisce che tale installazione possa essere realizzata
autonomamente da uno o più singoli condomini.
Trib. civ. Napoli, 1 ottobre 1991 e cond. 1992, 373.
L'impianto dell'ascensore costituisce uno degli interventi volti ad eliminare una barriera
architettonica rendendo possibile ai soggetti in minorate condizioni fisiche che abitano
l'immobile o che possono frequentarlo la vita di relazione interpersonale.
Trib. civ. Firenze, 19 maggio 1992, n. 849, e cond. 1992, n. 4.
È nulla la delibera, adottata secondo la maggioranza prevista dall'art. 2 della L. n. 13/1989, di
installazione di un ascensore volto a favorire le esigenze di un condomino portatore di handicap,
qualora ciò comporti un sensibile deprezzamento dell'unità immobiliare di altro condomino.
Corte app. civ. Napoli, sez. II, 27 dicembre 1994. n. 3074 e cond. 1995, 393.
L'installazione dell'ascensore non può comportare un pregiudizio intollerabile o un danno
apprezzabile ad un singolo condominio, nel qual caso l'innovazione non può essere
considerata legittima, e ciò vale anche se l'ascensore viene installato a norma dell'art. 3 della L. 9
gennaio 1989, n. 13.
Trib. civ. Napoli, 16 novembre 1991, n. 13008 e cond. 1992, 373.
Ai sensi della L. n. 13/1989 anche se l'ascensore è da considerarsi innovazione per la sua
approvazione sono sufficienti le semplici maggioranze del secondo e terzo comma dell'art. 1136
e non quelle del quinto comma del citato articolo.
Trib. civ. Milano, 14 novembre 1991
Limitazioni all'uso.
Anche nel condominio degli edifici trova applicazione, relativamente ai beni comuni, il
principio, desumibile dall'art. 1102 cod. civ., che consente al singolo condomino di usare della
cosa comune anche per un suo fine particolare, con conseguente possibilità di ritrarre dal bene
una specifica utilità aggiuntiva rispetto a quelle generali ridondanti a favore degli altri
condomini, con il solo limite che non ne derivi una lesione del pari diritto spettante a questi
ultimi. Da tanto consegue che in difetto di specifiche limitazioni stabilite dal regolamento di
condominio, l'uso dell'ascensore per il trasporto di materiale edilizio può essere legittimamente
inibito al singolo condomino solo qualora venga concretamente e specificatamente accertato che
esso risulti dannoso, sia compromettendo la buona conservazione delle strutture portanti e del
relativo abitacolo, sia ostacolando la tempestiva e conveniente utilizzazione del servizio da parte
degli altri condomini, in relazione alle frequenze giornaliere, alla durata e all'eventuale orario di
esercizio del suddetto uso particolare, alle cautele adoperate per la custodia delle cose
trasportate, tenendo conto di ogni altra circostanza rilevante per accertare le eventuali
conseguenze pregiudizievoli che, in ciascun caso concreto, possono derivare dal suddetto uso
particolare dell'ascensore.
Cass. civ., sez. II, 6 aprile l982, n. 2ll7.
Integra una molestia possessoria la regolamentazione dell'uso delle cose comuni da parte
dell'amministratore di un condominio, anche se adottata nel convincimento di agire nel legittimo
esercizio delle attribuzioni a lui devolute dall'art. 1130 n. 2 cod. civ., in difetto di esplicite
limitazioni stabilite nel regolamento di condominio e sempre che tale regolamentazione non
risulti giustificata da particolari ragioni connesse, ad esempio, alla sicurezza dei condomini o dei
terzi o alla salvaguardia della stessa conservazione della cosa comune, che attenti al contenuto
del diritto che su di esse compete a ciascun condomino, in violazione dei principi che regolano
l'uso delle cose comuni da parte dei singoli partecipanti alla comunione. È pertanto, illegittimo il
divieto dell'uso del lastrico solare per limitate e temporanee esigenze connesse al trasporto di
alcuni mobili da un appartamento all'altro dello stesso fabbricato, nonché il divieto di usare
l'ascensore per il trasporto di materiale edilizio, ove non si accerti che tale uso risulti
concretamente dannoso, sia compromettendo la buona conservazione delle strutture portanti e
del relativo abitacolo, sia ostacolando la tempestiva e conveniente utilizzazione del servizio da
parte degli altri condomini, in relazione alla frequenza giornaliera del suddetto uso particolare e
agli inconvenienti che possono derivarne al decoro dell'edificio, tenuto conto delle cautele che
vengono o meno adoperate in ciascun caso concreto per la custodia del materiale trasportato, del
numero degli utenti che normalmente si servono dell'ascensore per accedere alle varie unità
immobiliari, nonché di ogni altra circostanza rilevante per accertare le eventuali conseguenze
pregiudizievoli che, in ciascun caso concreto, possono realmente derivare dal su indicato uso
particolare dell'ascensore.
Cass. civ. sez. II, 6 febbraio 1982, n. 686.
Le innovazioni di cui all'art. 1120, primo comma, cod. civ. (nella specie, consistenti nella
collocazione di una porta sulla scala condominiale e nel blocco con chiave della pulsantiera
dell'ascensore), realizzate dall'amministratore del condominio in assenza di preventiva delibera
assembleare, in quanto idonee a turbare il pacifico godimento e l'utilizzazione del singolo
condomino su alcune parti comuni dell'edificio, rendono ammissibile l'azione di manutenzione a
tutela del (com)possesso (delle menzionate parti comuni) proposta da quest'ultimo. Peraltro
l'adozione, nel corso del giudizio possessorio, di una delibera condominiale che ratifichi, con la
maggioranza qualificata prevista dall'art. 1136, quinto comma. cod. civ., le spese relative alle
eseguite innovazioni e sostanzialmente autorizzi le innovazioni medesime, legittima, sia pure
tardivamente, sotto il profilo dell'esercizio del possesso, la condotta posta in essere
dall'amministratore suddetto, facendo venir meno i connotati della molestia e turbativa in essa
(condotta) originariamente ravvisabili, con conseguente rigetto nel merito della domanda di
manutenzione come sopra proposta.
Pret. civ. Gallarate, 16 gennaio 1990, e cond. 1990, 361.
Ascensori: maggioranze più basse sull’installazione per disabili
L’installazione di un ascensore è considerata un innovazione gravosa da approvare sia in
prima che in seconda convocazione, deve con il voto favorevole della maggioranza dei
condòmini e di due terzi dei millesimi di proprietà. Resta facoltà dei singoli installarsi
l’ascensore a proprie spese a norma dell’articolo 1102 del codice civile.
La legge 13/89 sull’eliminazione delle barriere architettoniche permette però una riduzione
del quorum assembleare. Allora la maggioranza necessaria si abbassa, e cioè in seconda
convocazione dell’assemblea, a un terzo dei condòmini e a un terzo del valore dell’edificio.
Decorsi tre mesi dalla richiesta del disabile, se l'assemblea non si pronuncia lui, o chi ne
eserciti la tutela o potestà, potrà installare l’ascensore o, per ragioni di risparmio, installerà
un servoscala o altre strutture mobili facilmente rimovibili, a proprie spese. Se è un
inquilino, dovrà però avere l'assenso del proprietario. La giurisprudenza ha comunque
chiarito che, per far uso della legge 13/89 non occorre che il portatore di handicap abiti nel
palazzo: ha infatti preso rilievo la necessità di rendere accessibile il condominio anche a
visitatori esterni.
L’ascensore, per essere giudicato accessibile agli handicappati, deve avere tutte le
caratteristiche previste dalle norme tecniche in materia. Primo tra tutti il Decreto
Ministeriale dei Lavori Pubblici 4 giugno 1989 n. 236, che stabilisce criteri di larghezza
delle porte aperte, di dimensioni della cabina, di ampiezza dei pianerottoli antistanti, di
posizione delle bottoniere, di tempi di apertura e chiusura delle porte automatiche e così via.
Separato godimento.
In caso di installazione da parte di un condomino di un ascensore suscettibile di suo separato
godimento, trova applicazione l'art. 1102 cod. civ., a mente del quale il singolo condomino può
apportare alla cosa comune le modificazioni necessarie al migliore godimento, e non l'art. 1120
cod. civ. dettato per le ipotesi di innovazione della cosa comune, per cui non pare necessaria
l'approvazione da parte dell'assemblea con la maggioranza qualificata richiesta per le
innovazioni e le spese di installazione sono esclusivamente a carico dell'interessato.
Trib. civ. Milano. 1l maggio 1989.
In caso di godimento separato di servizi comuni all'interno di un unico condominio, ai fini della
validità delle delibere assembleari è configurabile una maggioranza limitata ai soli condomini
della parte di edificio alla quale è destinato il servizio in separato godimento. (Fattispecie in
tema di installazione di un ascensore).
Trib. civ. Milano. 12 aprile 1990.
Per deliberare l'installazione di un nuovo ascensore, sia in prima che in seconda convocazione
d'assemblea, occorre l'accordo della maggioranza dei condomini (prevista dall’art 1136, comma
5, Cod. Civ.) e almeno i due terzi del valore dell’edificio, trattandosi di un’innovazione (Cass,
Civ. 14 nonembre 1977, n. 4921).
Chi si rifiuta di usarlo deve mettere a verbale la sua rinuncia o, se é assente, comunicarla entro
30 giorni per lettera scritta.
Un'eccezione a queste norme del codice è stata però creata con la legge n. 13 del 1989.
L'articolo 2 afferma infatti che, quando nel condominio c'è un portatore di handicap , in
seconda convocazione di assemblea l'installazione dell'ascensore può essere decisa anche
da un terzo dei condomini che rappresentino un terzo del valore dell'edificio.
Occorre precisare, però, che l'ascensore é di proprietà comune solo se installato
originariamente nell'edificio all'atto della sua costruzione.
Contrariamente, esso sarà di proprietà di quanti l'avranno installato , inoltre ove la spesa sia
stata affrontata da uno solo dei condomini, non è necessaria l’approvazione
assembleare trovando applicazione la norma generale di cui all’art 1102 Cod. Civ., secondo
cui ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purchè non alteri la destinazione e non
impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto.
Cass. Civ. 25.03.2004 n. 5975 – L’adeguamento dell’ascensore non è innovazione
La Corte di Cassazione – con sentenza. 25 Marzo 2004, n. 5975 - ha stabilito che gli interventi
tesi all’adeguamento dell’impianto ascensore alla normativa CEE non configurano opera nuova,
ma attengono all’aspetto funzionale dello stesso. Di conseguenza non possono essere configurati
alla stregua di innovazioni ex art. 1120 c.c.Si ripete ancora una volta che per rientrare nel campo
delle innovazioni, l’opera deve consistere in modificazioni di entità tale da incidere sull’aspetto
quantitativo e qualitativo della struttura, venendo ad alterarne la precedente la destinazione.
Pertanto non può considerarsi innovazione la sostituzione di ascensore già esistente con uno
nuovo, non essendo mutata la destinazione. Costituisce viceversa innovazione ex art. 1120 c.c.,
l’installazione ex novo di ascensore laddove precedentemente non esistesse.
Al riguardo si confronti anche Cass. 16 luglio 1981 n. 4646.
Il pregiudizio, per alcuni condomini, della originaria possibilità di utilizzazione delle scale e
dell'andito occupati dall'impianto di ascensore collocato a cura e spese di altri condomini, non
rende l'innovazione lesiva del divieto posto dall'art. 1120, secondo comma, c.c., ove risulti che
alla possibilità dell'originario godimento della cosa comune è offerto un godimento migliore,
anche se di diverso contenuto.
Cass. 29/04/94 n. 4152
La sostituzione di ascensori usurati e non più agibili con ascensori nuovi, anche di tipo e marca
diversi, conformi alle nuove tecniche, non costituisce innovazione poiché le cose comuni
oggetto delle modifiche (strutture del vano ascensore e locali annessi, cabina) non subiscono
alcuna sostanziale trasformazione e conservano la loro destinazione strumentale al servizio,
anche se si realizzano mutamenti alla loro conformazione.
Qualora invece la qualità e l’entità delle modifiche introdotte siano tali da determinare un
mutamento del servizio e mutamenti di destinazione di parti comuni dell’edificio, si da
considerare le suddette opere come interventi di manutenzione straordinaria, occorrerà un
delibera assembleare da assumere con la maggioranza prevista dall’art. 1136, comma 4, Cod.
Civ..
L'ascensore rientra tra i beni di proprietà comune dei proprietari dei diversi piani o porzioni di
piani di un edificio ai sensi dell'art. 1117 c.c. comma 3°.
Occorre precisare, però, che l'ascensore é di proprietà comune solo se installato originariamente
nell'edificio all'atto della sua costruzione. Contrariamente, esso sarà di proprietà di quanti
l'avranno installato, salvo la facoltà per gli altri condomini di partecipare successivamente alle
spese diventando quindi contitolari dell'ascensore.
In caso di installazione di ascensore da parte di portatori di handicap, la disciplina applicabile
può essere individuata almeno attraverso due strade: in base alla normativa codicistica (artt.
1102 - 1120), oppure facendo riferimento alla normativa specifica contenuta nella L. 9/01/1989
n. 13.
Ciò che sorprende é che le norme del codice civile consentono di raggiungere risultati più
avanzati rispetto alle norme della legge specifica che nulla dicono riguardo la facoltà di potere
installare un ascensore nel condominio.
Tuttavia, non si può ignorare l'importanza di questo testo di legge nell'interpretazione della
stessa normativa codicistica, la cui ratio consiste nel tutelare soggetti deboli attraverso
l'eliminazione di quegli ostacoli che rendono difficile la fruizione dell'ambiente abitativo e che
sono lesivi della stessa qualità di vita.
L'art. 2 della L. n. 13/1989, dopo aver previsto un quorum agevolativo per l'approvazione delle
innovazioni, precisa che in caso di inerzia o di rifiuto dell'assemblea, i portatori di handicap
possono installare, a proprie spese, servoscala nonché strutture mobili e facilmente rimovibili ed
anche modificare l'ampiezza delle porte d'accesso, fermo restando quanto disposto dagli
artt.1120, secondo comma, e 1121, terzo comma c.c.
Non aver previsto, quindi, l'ascensore tra le installazioni effettuabili dal disabile, potrebbe
sembrare una contraddizione che a ben vedere é soltanto apparente, in quanto il legislatore ha
voluto evitare speculazioni e frodi per ottenere i contributi a fondo perduto e le agevolazioni
fiscali previsti dalla legge, volendo favorire, invece, le piccole opere che vanno a diretto e
immediato vantaggio dell'handicappato.
Dopo l'entrata in vigore della L. n. 13/1989 i giudici di merito hanno emesso diverse sentenze
sul problema dell'installazione dell'ascensore negli edifici come strumento per eliminare le
barriere architettoniche. Inizialmente alcune decisioni hanno continuato ad applicare
rigorosamente il concetto di innovazione ritenendo l'installazione di ascensore addirittura
gravosa e voluttuaria (Pret. Milano, ord. 18/04/89; Trib. Milano, 23/09/91; Trib. Napoli,
16/11/91). In altre sentenze si impedivano tutti gli interventi sulle parti comuni realizzati ai sensi
dell'art. 1102 c.c. non appena si ravvisava anche una minima alterazione della destinazione della
cosa.
Più recentemente, però, si sono registrate delle aperture che hanno dato luogo a sentenze
enuncianti diversi importanti principi così riassumibili:
a) accoglimento della richiesta di provvedimenti d'urgenza diretti a consentire al disabile. stante
il rifiuto oppure il ritardo nell'assunzione della necessaria delibera assembleare, di eseguire a
proprie spese le opere indispensabili per l'eliminazione delle barriere architettoniche (Pret.
Roma, ord. 2 1/07/89, in Foro it., 1991, I, 1614);
b) possibilità per il condomino portatore di handicap di installare a sue spese un ascensore in
caso di mancata autorizzazione dell'assemblea condominiale, considerando tale opera una
modificazione necessaria per il miglior godimento
della cosa comune ai sensi dell'an. 1102 c.c. e non una innovazione ex art. 1120 c.c. (Trib.
Milano, 11/05/89, in Giur. merito, 1989 ,I, 1088 e in Arch. loc., 1990, 325);
c) tolleranza del restringimento dello spazio di passaggio comune per posizionare l'ascensore in
quanto si comprime in maniera modesta il diritto di utilizzare la cosa comune previsto dall'art.
1102 c.c. (Trib. Milano, 9/09/9 1);
d) facoltà per uno o più condomini di installare comunque l'ascensore a proprie spese,
salvaguardando i diritti degli altri, seppure in presenza di una delibera asembleare nulla che
permetteva la realizzazione dell'opera stessa (Trib. Napoli, 1/10/91, in Giur. di merito, 1992, I,
9);
e) ammissibilità ad installare un ascensore a spese del condomino portatore di handicap, anche
se in tal modo gli altri condomini venissero a subire un eventuale sacrificio per quanto riguarda
le parti della cosa comune utilizzata per realizzare l'impianto, ciò per la necessità di rispettare lo
spirito della legislazione speciale e il principio costituzionale della funzione sociale della
proprietà ai sensi dell'art. 42 comma 2 (Trib. Foggia, 29/06/91);
i) applicabilità dei principi della L. n. 13/1989 anche se all'interno dell'edificio non vi sono
persone portatrici di handicap, perché la ratio degli interventi della legge é proprio quello di
consentire la "visitabilità" degli edifici da parte di tutti coloro che hanno occasione di accedervi,
tenuto conto del fatto che i disabili possono avere con l'immobile anche relazioni di natura
diversa dalla proprietà, come il rapporto di locazione (Trib. Milano, 9/09/91, in Giur. it., 1992, I,
2, 670; Trib. Milano, 26/04/93, in Arch. loc., 1994, 130);
g) possibilità di installare una piattaforma mobile dal momento che la lesione del decoro
architettonico
dell'edificio
diventa
rilevante
soltanto
se
e
in
quanto
comporta un pregiudizio economicamente valutabile e considerando comunque le esigenze che
discendono dai principi di uguaglianza e solidarietà protetti dagli artt. 2 e 3 Cost. (Trib. Milano,
7/05/92, in Arch. loc., 1994, 139);
h) affermazione di idoneità dell'impianto di ascensore ad eliminare le barriere architettoniche
rendendo così possibile una vita di relazione ai disabili che abitano nell'edificio o che possono
frequentarlo (Trib. Firenze, 19/05/1992).
Il primo caso in cui i giudici di legittimità hanno esaminato la questione risale alla pronuncia del
25/06/1994 n. 6109 che segna purtroppo un ritorno alla tradizionale impostazione del problema
dando quindi una soluzione insoddisfacente. La Corte di Cassazione ha affermato, infatti, che la
L. 13/1989 non trova applicazione quando le sue norme portano alla inservibilità (intesa come
sensibile menomazione dell'utilità che originariamente apportava) delle parti comuni anche nei
confronti di un solo condomino; e che, di conseguenza, se non possono essere lesi i diritti dei
condomini attinenti alle cose comuni da delibere adottate a maggioranza, a maggior ragione, i
diritti di ciascun condomino sulla porzione di proprietà esclusiva non possono essere lesi da una
delibera che non sia stata adottata all'unanimità.
Nel caso affrontato dalla Suprema Corte, nel corso del giudizio di merito la consulenza tecnica
d'ufficio aveva accertato che l'ascensore, che il condomino disabile voleva installare, avrebbe
recato pregiudizio al condomino proprietario dell'appartamento sito al pian terreno, togliendogli
luce ed aria senza offrirgli alcuna utilità compensativa, e determinando perciò un deprezzamento
economico dell'unità immobiliare. A prescindere dalla considerazione dell'iniquità ditale
sentenza, occorre precisare che tale affermazione non é vera e che in realtà il sacrificio viene
compensato abbondantemente dall'aumento del valore dell'intero immobile, riflettendosi poi sul
valore di ciascuna unità immobiliare.
Bisogna, però, ricordare che esistono altre pronunce della Cassazione che sono favorevoli
all'installazione dell'opera (Cass. 12/02/93, n. 1781 e Cass. 29/04/94, n. 4152) ciò quando al
mutamento estetico, pur arrecando un pregiudizio economicamente valutabile, si accompagni
una utilità che compensi l'alterazione architettonica (Cass. 15/05/87, n. '1474).
Ma cosa succede se la parete esterna é l'unico posto possibile per installare un ascensore?
Eventualmente il disabile potrebbe installare un montacarichi per raggiungere il suo
appartamento?
La Cassazione al riguardo, nella sentenza n. 1598/1986, fa riferimento all'installazione
dell'ascensore in un cortile in comunione con altri stabili stabilendo che:
"Quando un cortile sia comune a due edifici, ciascuno costituente un autonomo condominio, e
manchi al suo riguardo una disciplina contrattuale vincolante per tutti i comproprietari dei due
edifici, l'uso del cortile da parte di questi ultimi non e assoggettato sia al regolamento dell'uno
che a quello de/l'altro condominio, essendo, invece applicabile le nonne sulla comunione in
generale, e, in particolare, l'art. 1102 c.c., in base al quale ciascun partecipante alla comunione
può servirsi del/a cosa comune, sempre che non ne alteri la sua destinazione e non impedisca
agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto".
Una volta chiarito, però. che il cortile in comunione a due o più stabili si può occupare per
installarvi un ascensore, sorge il possibile contrasto per l'alterazione originaria delle scale che
dovranno essere sacrificate per essere trasformate in porte d'accesso ai piani dell'ascensore
stesso.
Fatta salva la disposizione del secondo comma dell'art. 1120 c.c., si potrebbe osservare che al
sacrificio delle finestre, l'ascensore offre un maggiore vantaggio ai condomini senza danneggiare
le parti comuni. Si é già appurato in proposito che i giudici sono concordi nel dare più
importanza all'utilità che un ascensore porta in uno stabile, a maggiore ragione si dovrebbe dare
la possibilità al condomino disabile di realizzare tale opera anche in presenza di dissensi,
soprattutto se fosse l'unico mezzo adeguato per il raggiungimento del suo immobile.
Nella questione entrano in gioco anche i valori costituzionali di tutela della salute cx art. 32, ma
soprattutto quelli di solidarietà e di uguaglianza di cui agli artt. 2 e 3, considerando anche lo
spirito della funzione sociale che la proprietà privata riveste nel nostro ordinamento ai sensi
dell'art. 42, secondo comma. Pertanto, in caso di contrasto tra l'interesse personale del portatore
di handicap all'eliminazione delle barriere architettoniche, e l'interesse meramente economico
degli altri condomini, i principi costituzionali enunciati dovrebbero portare a dirimere il conflitto
preferendo l'interesse del primo.
Esiste un interessante precedente in materia di installazione di ascensore esterno, ossia la
sentenza n. 226/1996 del Tribunale di Orvieto che afferma :
"la liceità dell'ascensore anche esterno all'edificio attuato da un solo condomino con l'eventuale
dissenso degli altri.. .poiché difetta, nella specie, l'innovazione cui fa riferimento l'art. 1120 c.c.;
tanto più se si consideri che l'installazione di un ascensore a vantaggio di persona anziana (e di
salute cagionevole) non può essere considerata opera a carattere voluttuario e quindi superflua,
e tenuto presente come detta opera consente una utilizzazione separata (ex art. 1120 c.c.) dando
la possibilità ad ogni altro interessato di trarne vantaggio in qualunque tempo partecipando alle
spese (art. 1120 II comma).
Sicuramente importante é pure la sentenza inedita della Pretura di Pordenone del 14 giugno
1994, per la quale :
"l'installazione di un montacarichi per disabili in un edificio costituisce esercizio del diritto di
usare la cosa comune riconosciuto ad ogni condomino dall'art. 1102 c.c., ed anche se l'opera
incidesse sul conpossesso degli altri condomini, l'innovazione non sarebbe vietata per le ragioni
di pubblico interesse e di solidarietà sociale rappresentate ed espresse dalla L. 13/1989: questi
principi trovano applicazione in tutti i casi in cui destinatari dell'impianto siano persone
portatrici di handicap, sia pure nell 'ambito di una struttura associativa".
Infine, volendo dare una soluzione al caso, il condomino portatore di handicap potrà rivolgersi al
giudice richiedendo anche un provvedimento d'urgenza ai sensi dell'art. 700 c.p.c., il quale potrà
ordinare l'installazione dell'opera una volta verificati i presupposti di fatto dell'effettiva necessità
per il richiedente per poter accedere al suo immobile. Il danno che lamenterebbe il disabile é,
infatti, imminente ed irreparabile avendo riguardo al pregiudizio alla vita di relazione,
all'impegno lavorativo, nonché alle condizioni di salute fisica e psichica che egli subirebbe
durante il tempo necessario a far valere il proprio diritto in via ordinaria.
Per concludere sorge spontanea una domanda: é davvero difficile sopportare piccoli sacrifici al
fine di rendere la vita di persone disabili, non tanto migliore, ma almeno normale? Oppure i
principi costituzionali di uguaglianza e di solidarietà sono destinati a rimanere scritti su carta?
L’ASCENSORE NEL CONDOMINIO
Come spesso avviene in Italia, piuttosto che riunire in una normativa unitaria un determinato
argomento, magari si preferisce legiferare in modo continuo con provvedimenti talvolta
contrastanti e mal coordinati tra loro. Tale è la situazione relativamente alla disciplina in tema
d’ascensori; basti ricordare che attualmente sono in vigore, e soltanto per rifarci agli atti
normativi più eclatanti, circa 18 provvedimenti legislativi a partire dagli anni ’30 per finire con
le normative più recenti di recepimento delle direttive CEE. Per comodità del lettore riportiamo
in calce l’elencazione dei provvedimenti legislativi tuttora in vigore.
1) INSTALLAZIONE DELL’IMPIANTO DI ASCENSORE
Se ormai l’ascensore costituisce un requisito minimo indispensabile delle nuove costruzioni, e
quindi le vertenze in ambito condominiale riguardano per lo più le questioni inerenti
all’adeguamento alle nuove normative, in altre parole la suddivisione delle spese di
manutenzione e rifacimento, tutt’altre sono le problematiche per le costruzioni di antica data che
non sono ancora provviste del relativo impianto. Bisogna innanzi tutto rilevare come
l’installazione in un edificio condominiale di un ascensore, malgrado costituisca un’innovazione
ex art. 1120 comma 1° c.c., necessita, con l’entrata in vigore della legge n. 13/1989 in tema di
barriere architettoniche, della semplice maggioranza di cui al secondo o terzo comma dell’art.
1136 c.c. (la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio ed in
seconda convocazione, un numero di voti che rappresenti 1/3 dei partecipanti al condominio ed
1/3 dei millesimi) e non quella di cui al 5° comma dello stesso articolo (2/3 dei millesimi); in tal
senso per esempio Tribunale Milano 14 novembre 1991. Tuttavia si rileva da un esame della
giurisprudenza che, al di là dell’approvazione dell’assemblea condominiale, un condomino o un
gruppo di condomini, possano facilmente procedere all’istallazione dell’impianto di ascensore
autonomamente, purché a proprie spese e lasciando agli altri condomini la possibilità di entrare
nella comunione dell’impianto. In tal senso la Suprema Corte con numerose pronunce ha chiarito
che, l’art. 1120 c.c., nel richiedere che l’innovazione della cosa comune sia approvata dai
condomini con determinate maggioranze, viene essenzialmente a disciplinare l’approvazione
delle sole innovazioni che comportino una spesa da ripartire fra tutti i condomini su base
millesimale. Di contro qualora non debba farsi luogo al riparto di spesa, per essere stato l’onere
assunto a proprio carico da un condomino o da un gruppo di condomini, trova applicazione la
norma generale di cui all’art. 1102 c.c., che contempla anche le innovazioni, e secondo la quale,
ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non n’alteri la destinazione e non
impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso, secondo il loro diritto.
In tal senso ricorrendo le suddette condizioni ciascun condomino ha facoltà di installare nella
tromba delle scale dell’edificio un ascensore, mettendolo a disposizione degli altri condomini, e
potendo far valere il relativo diritto con azione di accertamento, in contraddittorio di tutti gli
altri, che contestino il diritto. Ciò anche indipendentemente dalla mancata impugnazione della
delibera assembleare che abbia respinto la proposta dell’istallazione dell’impianto (in tal senso
per esempio Cass. 12 febbraio 1993 n. 1781, 29 aprile 1994 n. 4152, ecc.). Dunque ciascun
condomino può prendere iniziative a proprie spese al fine di installare l’impianto di ascensore.
Ciò, naturalmente senza pregiudicare i diritti degli altri condomini o i valori architettonici del
fabbricato, in tutti quei casi in cui l’edificio costituisca un’opera storica, in cui l’impianto di
ascensore, costituirebbe una stonatura e una violazione dell’estetica.
2) OCCUPAZIONE DI AREE COMUNI
Ovviamente con l’istallazione dell’impianto di ascensore si crea l’alterazione dello stato
preesistente dell’immobile, occupando la struttura, in genere, la tromba delle scale, e quindi
modificando un bene comune già in proprietà di tutti gli altri condomini. Tuttavia sempre la
Suprema Corte ha ritenuto che, il pregiudizio per alcuni condomini circa l’originaria possibilità
di utilizzazione di parte dell’andito, occupato dall’impianto di ascensore, collocato a cure e spese
di altri condomini, non rende l’innovazione lesiva del divieto posto dall’art. 1120 comma 2° c.c.
(che vieta le innovazioni che possono recare pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza del
fabbricato, che n’alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificio
inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino), ove risulti che, alla possibilità
dell’originario godimento della cosa comune, è subentrato ed offerto un godimento migliore,
anche se di diverso contenuto, (ex multis Cass. 29 aprile 1994 n. 4152). Sotto lo stesso profilo
anche la Pretura di Roma la quale ha precisato che l’iniziativa di un condomino di installare a
propria cura e spese, un ascensore nel vano scale dello stabile condominiale, con il vincolo di
conservare a tutti i condomini del predetto stabile la possibilità di entrare a far parte della
comunione dell’impianto e di usufruire del relativo servizio, rientra nell’ipotesi dell’uso della
cosa comune di cui all’art. 1102 c.c. Numerose pronunce si annoverano in tal senso anche sotto
il profilo dei provvedimenti d’urgenza richiesti da parte di condomini che avevano difficoltà
motorie o simili. Si noti che la giurisprudenza chiarisce come l’impianto possa essere installato
anche se sussista una modesta compressione del diritto di cui all’art. 1102 c.c. (diritto di ciascun
condomino sulle cose comuni), allorché debba ritenersi giustificato il sacrificio nell’interesse
altrui finalizzato al più proficuo uso della cosa comune come allorché sia necessario, per
l’installazione dell’ascensore, effettuare uno scavo nella tromba delle scale oppure operare un
limitato restringimento dello spazio di passaggio comune (Trib. Milano 9 settembre 1991 in
Arch. loc. 1992, 138).
3) POSSIBILITÀ DI PARTECIPARE NELLA COMUNIONE
Gli altri condomini, possono naturalmente, sempre partecipare, anche in un momento
successivo, nella comunione dell’impianto di ascensore ed anzi tale presupposto è indefettibile
per poter eseguire l’opera nelle parti comuni dell’edificio. Tuttavia tale diritto dei condomini
inizialmente estranei, non è gratuito, ma questi ultimi sono tenuti a partecipare nei costi di
installazione e di manutenzione dell’impianto comune e, solo dietro corresponsione della loro
quota, possono usufruire del diritto di utilizzazione dell’impianto. Secondo numerose decisioni
infatti, (per esempio Pret. Milano 19 maggio 1987, S./ Cond. Via …; Cass. 1° aprile 1995 n.
3840, ecc.) pur non necessitando una preventiva delibera assembleare per l’installazione di un
impianto di ascensore, tuttavia i condomini, che hanno eseguito l’opera, non possono impedire
agli altri l’utilizzazione dell’impianto. Infatti, rimanendo inizialmente il condomino che ha
eseguito i lavori, proprietario esclusivo dell’impianto, tale situazione resta in essere soltanto fino
alla richiesta degli altri di partecipare ai vantaggi dell’ascensore, contribuendo ai sensi dell’art.
1120 c.c. alle spese per la sua costruzione e a quelle di manutenzione.
4) INSTALLAZIONI VIETATE
In alcuni casi la giurisprudenza tuttavia, ha ritenuto che la costituzione dell’impianto non potesse
essere eseguita. Ciò si verifica, oltre che nell’ipotesi di degrado della situazione architettonica
preesistente in ipotesi di elevato valore storico ed estetico dell’edificio, altresì in tutti quei casi in
cui l’impianto di ascensore provochi in concreto una violazione dei diritti di proprietà esclusiva
dei condomini. In tal senso per esempio il Tribunale di Milano con decisione del 23 settembre
1991 ha ritenuto che costituisce innovazione vietata ex art. 1120 comma 2° c.c., l’installazione
di un impianto di ascensore che, pur rispettando le dimensioni minime della cabina previste dalle
prescrizioni tecniche sia dalla legge nazionale sia da quella regionale, comporti una sensibile
riduzione del piano di calpestio dei vari piani. Quindi non è ammissibile l’installazione di un
impianto di ascensore, allorché si verifichi una limitazione apprezzabile dei diritti dei condomini
sia relativamente alla propria unità abitativa, sia relativamente agli spazi di accesso o di
passaggio. Di contro non si pretende il rispetto della normativa sui distacchi e sulle distanze,
contenute nel codice civile e nelle leggi urbanistiche, in quanto l’installazione dell’ascensore
costituisce una delle eccezioni alla regola dell’applicabilità di tali norme in campo condominiale,
in quanto l’ascensore va considerato alla stregua di un impianto indispensabile ai fini di una
civile abitabilità in sintonia con l’evoluzione delle esigenze generali dei cittadini (in tal senso ex
multis Trib. Napoli 16 novembre 1991 n. 13008, Pret. Catania ord. 20 marzo 1992, n. 351, ecc.).
5) BARRIERE ARCHITETTONICHE
Con l’avvento della legge n. 13/1989 sono state introdotte modifiche normative che tra l’altro
hanno previsto come per l’approvazione dell’impianto di ascensore siano sufficienti le
maggioranze previste dal secondo e terzo comma dell’art. 1136 c.c. e non quelle dei 2/3 dei
millesimi ex quinto comma della stessa norma. Tale orientamento è stato reiterato con numerose
pronunce (per esempio Trib. Milano 14 novembre 1991). Si noti che le norme della legge n.
13/1989 che prevedono una deroga alle maggioranze stabilite dal codice civile per le innovazioni
consistenti nella realizzazione di un ascensore in un edificio condominiale al fine
dell’eliminazione delle barriere architettoniche, sono applicabili del tutto indipendentemente
dalla presenza o meno di portatori di handicap nell’immobile interessato, (Trib. Milano 19
settembre 1991 in Arch. loc. 1992, 138). Tuttavia l’installazione dell’ascensore anche se
finalizzato all’eliminazione delle barriere architettoniche, non può derogare comunque ai diritti
personali dei singoli condomini. In tal senso la Corte di Appello di Napoli con sentenza 27
dicembre 1994 n. 3074 ha statuito la nullità della delibera condominiale adottata secondo la
maggioranza prevista dall’art. 2 della legge n. 13/1989, relativa all’installazione di un ascensore
volto a favorire le esigenze di un condomino portatore di handicap, qualora una simile opera
comporti un sensibile deprezzamento dell’unità immobiliare di altro condomino. In senso
analogo anche Tribunale di Napoli 16 novembre 1991, n. 13008 che ha precisato come
l’installazione dell’ascensore non possa comportare un pregiudizio intollerabile o un danno
comunque rilevante, relativamente anche ad un solo condomino, nel qual caso l’innovazione non
può essere considerata legittima, e ciò vale anche se l’ascensore è installato, a norma dell’art. 3
della L. 9 gennaio 1989, n. 13.
6) LIMITAZIONI ALL’USO DELL’IMPIANTO
Proprio in considerazione dell’interesse comune all’utilizzazione dell’impianto di ascensore, rare
sono le decisioni che ritengono legittima una limitazione all’uso dell’impianto stesso, salvo che
queste non vengano contenute in un regolamento condominiale di natura contrattuale. Per
esempio la Cassazione (n. 686/1982, n. 2117/1982) ha ritenuto che, in difetto di specifiche
limitazioni, stabilite dal regolamento di condominio, l’uso dell’ascensore per il trasporto di
materiale edilizio, possa essere legittimamente inibito al singolo condomino, soltanto qualora
venga concretamente e specificatamente accertato che esso risulti dannoso, sia compromettendo
la buona conservazione dell’abitacolo, sia ostacolando la tempestiva e conveniente utilizzazione
del servizio da parte degli altri condomini. Va tenuto conto, secondo la giurisprudenza della
Suprema Corte, sia delle frequenze giornaliere, della durata dell’eventuale orario d’esercizio del
suddetto uso particolare, delle cautele adoperate per la custodia delle cose trasportate, valutando
ogni altra circostanza rilevante per accertare le eventuali conseguenze pregiudizievoli che, in
ciascun caso concreto, possano derivare dal suddetto uso particolare dell’ascensore.
Analogamente si è ritenuta applicabile da parte del singolo condomino l’azione di manutenzione,
a tutela del compossesso delle parti comuni, allorché l’amministratore senza delibera
condominiale, faccia installare una chiave che inibisca l’accesso dell’ascensore o l’utilizzo della
pulsantiera, se non ai portatori della chiave. Viceversa allorché sussista una delibera
condominiale assunta con la maggioranza qualificata prevista dal quinto comma dell’art. 1136
c.c., vengono meno i connotati della molestia e turbativa, ritenendosi legittimo l’operato
dell’assemblea condominiale (Pret. G. 16 gennaio 1990 S./G.). Identiche considerazioni vanno
effettuate per ciò che riguarda i locali macchina, anche se per accedere agli stessi sia necessario
passare attraverso un seminterrato di proprietà di un condomino, sussistendo dunque il diritto di
tutti gli altri e dell’amministratore d’avere copia delle chiavi d’accesso a detto locale (Trib.
Napoli 30 ottobre 1993, n. 10600).
7) SUDDIVISIONE DELLE SPESE
Salva l’ipotesi sopra esaminata d’installazione da parte di un singolo condomino e d’accollo di
tutte le spese a suo carico, in assenza di una richiesta di compartecipazione e di comunione degli
altri condomini, di norma la ripartizione delle spese va effettuata secondo il criterio di cui all’art.
1123 c.c. Lo stesso principio si applica per ciò che riguarda le spese d’installazione
dell’ascensore deliberate dall’assemblea che quindi andranno suddivise in proporzione al valore
della proprietà di ciascun condomino, (Cass. 10 gennaio 1996, n. 165). Naturalmente anche sotto
tale profilo deve ricordarsi la possibilità di deroga con patto negoziale, allorché tutti i condomini
all’atto d’acquisto delle proprietà abitative, abbiano sottoscritto un regolamento di condominio
di natura contrattuale, che sia di conseguenza vincolante nei confronti di tutti i partecipanti.
Pertanto allorché tale regolamento preveda una diversa ripartizione delle spese per la
manutenzione degli ascensori, le clausole ivi contenute devono ritenersi valide e operanti anche
se in contrasto con la normativa del codice (Cass. 6 novembre 1986, n. 6499). Anche per ciò che
riguarda gli interventi d’adeguamento dell’ascensore alle normative CEE, essendo tali opere
dirette al conseguimento degli obiettivi di sicurezza della vita umana e dell’incolumità delle
persone, proteggendo gli utenti ed i terzi, e non attenendo tali oneri all’ordinaria manutenzione
dell’impianto, bensì alla straordinaria manutenzione dello stesso, le relative spese devono essere
sopportate da tutti i condomini in ragione dei rispettivi millesimi di proprietà, compresi i
proprietari degli appartamenti siti al piano terra, (ex multis Trib. Parma 29 settembre 1994, n.
859 e Trib. Bologna 2 maggio 1995, n. 685). In sostanza le spese che inerenti al mantenimento e
all’uso dell’ascensore vanno suddivise fra i condomini in ragione dell’altezza dei diversi piani ai
quali l’ascensore è posto a servizio, mentre quelle che attengono all’impianto come tale, per
modificazioni o migliorie, vanno sopportate dai comproprietari in ragione dei rispettivi millesimi
(Trib. Bologna 27 febbraio 1986, n. 357 e Cass. 25 marzo 1999, n. 2833).
L’ installazione in un edificio in condominio (o in una parte di esso) di un ascensore di cui prima
esso era sprovvisto, costituisce, ai sensi dell'art. 1120 primo comma c.c., una innovazione, con
la conseguenza che la relativa deliberazione deve essere presa con la maggioranza di cui al
quinto comma dell'art. 1136 c.c., secondo cui l'approvazione deve avvenire "con un numero di
voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore
dell'edificio". L'installazione di un ascensore in un edificio in condominio (o parte autonoma di
esso), che ne sia sprovvisto, può essere attuata, riflettendo un servizio suscettibile di separata
utilizzazione, anche a cura e spese di taluni condomini soltanto, purché sia fatto salvo il diritto
degli altri di partecipare in qualunque tempo ai vantaggi della innovazione, contribuendo nelle
spese di esecuzione dell'impianto ed in quelle di manutenzione dell'opera. Sono innovazioni
vietate, che, quindi, debbono essere approvate dalla unanimità dei condomini, soltanto quelle
che, pur essendo volute dalla maggioranza nell'interesse del condominio, compromettono la
facoltà di godimento di uno o di alcuni condomini in confronto degli altri, mentre non lo sono
quelle che compromettono qualche facoltà di godimento per tutti i condomini. A meno che il
danno che subiscono alcuni condomini non sia compensato dal vantaggio. Pertanto, qualora, al
posto della tromba delle scale e dell'andito corrispondente a pianterreno, si immette un impianto
di ascensore, a cura e spese di alcuni condomini soltanto, il venir meno dell'utilizzazione di dette
parti comuni dell'edificio nell'identico modo originario non contrasta con la norma del secondo
comma dell'art. 1120 c.c. perché, se pur resta eliminata la possibilità di un certo tipo di
godimento, al suo posto se ne offre uno diverso, ma di contenuto migliore, onde la posizione dei
dissenzienti è salvaguardata dalla possibilità di entrare a far parte della comunione del nuovo
impianto. Cass. civ., sez. II, 9 luglio 1975, n. 2696.
L'art. 1120 c.c., nel richiedere che le innovazioni della cosa comune siano approvate dai
condomini con determinate maggioranze, mira essenzialmente a disciplinare l'approvazione di
innovazioni che comportino una spesa da ripartire fra tutti i condomini su base millesimale,
mentre qualora non debba farsi luogo ad un riparto di spesa, per essere stata questa assunta
interamente a proprio carico da un condomino, trova applicazione la norma generale di cui
all'art. 1102 c.c., che contempla anche le innovazioni, e secondo cui ciascun partecipante può
servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri
partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto e può apportare a tal fine a proprie
spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa medesima. Ricorrendo le
suddette condizioni, pertanto, un condomino ha facoltà di installare nella tromba delle scale
dell'edificio condominiale un ascensore, ponendolo a disposizione degli altri condomini, e può
far valere il relativo diritto con azione di accertamento, in contraddittorio degli altri condomini
che contestino il diritto stesso, indipendentemente dalla mancata impugnazione della delibera
assembleare che abbia respinto la sua proposta al riguardo.Cass. civ., sez. II, 12febbraio 1993,
n. 1781.
Il pregiudizio, per alcuni condomini, della originaria possibilità di utilizzazione delle scale e
dell'andito occupati dall'impianto di ascensore collocato a cura e spese di altri condomini, non
rende l'innovazione lesiva del divieto posto dall'art. 1120, secondo comma, c.c., ove risulti che
alla possibilità dell'originario godimento della cosa comune è offerto un godimento migliore,
anche se di diverso contenuto. Cass. civ., sez. II, 29aprile 1994, n. 4152.
L'installazione di un servizio in precedenza inesistente, suscettibile di uso separato ed a spese del
solo condomino interessato non richiede l'approvazione da parte dell'assemblea con la
maggioranza qualificata richiesta per le innovazioni ex art. 1120 cod. civ., trovando, in questo
caso, applicazione l'art. 1102 cod. civ. (nella fattispecie, trattavasi dell'installazione di un
ascensore da parte di un condomino portatore di handicap, il quale si era accollato l'intero onere
delle spese). Trib. civ. Milano, Il maggio 1989 e cond. 1990, 325.
Allorché l’uso della cosa comune, pur comportando innovazione, venga effettuato dal singolo
condomino a sue spese e non risulti alterata la destinazione della cosa né ne sia impedito l'uso
agli altri condomini, non è necessaria una preventiva delibera assembleare di approvazione
(nella specie è stata accolta, in base al suddetto principio, la richiesta di provvedimento
d'urgenza avanzata da soggetto affetto da incapacità deambulatoria che lamentava il rifiuto
opposto all'installazione di un impianto di ascensore nel condominio ove risiedeva). Pret. civ.
Milano, ord. 19 maggio 1987, e cond. 1988, 197.
La norma dell'art. 1120 c.c., nel richiedere che le innovazioni della cosa comune siano approvate
dai condomini con determinate maggioranze, mira essenzialmente a disciplinare l'approvazione
di innovazioni che comportino per tutti i condomini delle spese, ripartite su base millesimale.
Ove non si faccia questione di spese, torna applicabile la norma generale dell'art. 1102 c.c. - che
contempla anche le innovazioni - secondo cui ciascun partecipante può servirsi della cosa
comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne
parimenti uso secondo il loro diritto, ed, a tal fine, può apportare a proprie spese le modificazioni
necessarie per il miglior godimento della cosa comune, come (nel caso di specie) applicare nella
tromba delle scale dell'edificio condominiale un ascensore, ponendolo a disposizione di tutti i
condomini. Cass. civ., sez. II, 5 aprile 1977, n. 1300.
L'installazione dell'ascensore, riflettendo un servizio suscettibile di separata utilizzazione, può
essere attuata anche a cura e spese di taluni condomini soltanto, salvo il diritto degli altri di
partecipare in qualunque tempo ai vantaggi della innovazione contribuendo nelle spese di
esecuzione e di manutenzione dell'opera. Pret. civ. Taranto, ord. 5 ottobre 1993 e cond. 1994.
383.
Una modesta compressione del diritto di cui all'art. 1102 c.c. deve ritenersi tollerabile quando sia
giustificato dall'interesse altrui ad un più proficuo uso della cosa comune e non rechi in concreto
alcun serio pregiudizio o grave sacrificio (fattispecie in tema di installazione di un ascensore
comportante un limitato restringimento dello spazio di passaggio comune). Trib. civ. Milano,
9settembre 1991 e cond. 1992, 138.
L'installazione di ascensore nella tromba delle scale, pur comportando la riduzione o il venire
meno dell'utilizzazione di dette parti comuni dell'edificio nel modo originario, non contrasta con
la norma dell'art. 1120 comma 2 c.c., in quanto, pur se resta eliminata la possibilità di un certo
tipo di godimento, al suo posto se ne offre uno diverso e di contenuto migliore, anche alla luce
della L. n. 13 del 1989, mentre la posizione dei dissenzienti è salvaguardata dalla possibilità di
entrare a far parte della comunione del nuovo impianto. Pertanto non sussiste una vera
alterazione della destinazione, né si compromette la facoltà di godimento della cosa comune da
parte di tutti i condomini. Pret. civ. Catania. ord. 14 maggio 1991, in Giur. mer. 1993, 351.
l) Pronunce della Cassazione che sono favorevoli all'installazione dell'opera (Cass. 12/02/93, n.
1781 e Cass. 29/04/94, n. 4152) ciò quando al mutamento estetico, pur arrecando un pregiudizio
economicamente valutabile, si accompagni una utilità che compensi l'alterazione architettonica
(Cass. 15/05/87, n. '1474).