SCONTRO DI CIVILTA’ PER UN ASCENSORE A PIAZZA VITTORIO Amara Lakhous Un comune palazzo in piazza Vittorio, uno come tanti a Roma, è lo sfondo del romanzo coral e Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio. Il fulcro di tutto è in realtà l’ascensore della piazza, intorno al quale ruotano i personaggi che caratterizzano il racconto. Le voci sono quelle dei condomini e di tutte le persone che per lavoro o per amicizia entrano nel palazzo, che si caratterizza come un vero e proprio microcosmo. Diverse sono le culture e le civiltà che si vengono a scontrare. Le vicende sono quelle della quotidianità, ma narrate da più punti di vista. C’é la portinaia napoletana che non vuole che si usi l’ascensore; il professore milanese che si rifiuta di fare le scale e vede nell’ascensore il simbolo della civiltà moderna e dell’evoluzione; la signora Elisabetta che non si preoccupa se il suo cane Valentino fa i bisogni al suo interno; l’iraniano Parviz che invece ci va su e giù perché lo trova rilassante; e poi c’è Amedeo, che non lo usa proprio perché lo soffoca. Amedeo, il personaggio dal passato sconosciuto, è la voce di raccordo tra tutte quelle degli altri protagonisti. Tutti lo rispettano, tutti gli vogliono bene perché sì comporta bene e rispetta il prossimo. In realtà è solo perché, a dispetto degli altri, è l’unico che non incarna uno stereotipo e che non riporta le vicende seguendo dei preconcetti. Proprio la sua diversità porta gli altri personaggi a dare per scontato che non sia un immigrato – «Non può esserlo», dicono. Il culmine dello scontro tra i personaggi avviene quando, proprio nell’ascensore, viene trovato il cadavere di uno dei condomini: il Gladiatore. Ciascuno incolpa il prossimo a seconda della propria visione della realtà: è quindi compito della questura stabilire la verità dei fatti. Stranieri, italiani del Nord e del Sud sono in continuo scontro e ognuno è convinto di possedere la verità assoluta. Amedeo invece no, vuole solo fuggire da un passato che lo tormenta ogni notte. I protagonisti, seppur inventati dall’autore, sembrano esistere davvero: parlano in dialetto o mischiano ita liano e la loro lingua madre e si comportano così come ci si aspetta. Nei loro racconti c’è la realtà dura del razzismo e del pregiudizio, degli stereotipi e delle incomprensioni in una società cambiante e contraddittoria, complicata e poco avvezza al dinamis mo, alla diversità e al concetto del melting pot, il punto di fusione di popoli diversi, l’integrazione. Ma ci sono anche esempi di solidarietà e avvicinamenti inattesi, casi di tolleranza e di successo nella costruzione del crogiuolo multiculturale dell’I talia nel nuovo millennio. L’ascensore è il pretesto dell’autore per riflettere sul tema dell’intolleranza. I personaggi che costellano il romanzo, siano essi italiani o immigrati, incarnano ciascuno dei cliché, d ei pregiudizi che il lettore conosce bene. Essi raccontano le stesse vicende convinti di possedere l’unica verità. Affascinante è proprio l’idea di verità su cui il lettore si trova a riflettere. Non sembra esisterne una sola, ciascuno si crea la propria. Chi non si preoccupa di trovare la propria è Amedeo, l’unica voce fuori dal coro. La sua premura è solo quella di trovare serenità e felicità, e non si capacita di come gli altri personaggi credano che la loro infelicità sia dovuta solo a colpe altrui. Amara Lakhous riesce a dipingere così il razzismo moderno che accompagna le persone comuni: accusare l’altro, straniero o no, di ciò che le rende scontente. Amara Lakhous è nato ad Algeri nel 1970 e vive in Italia dal 1995. Laureato in filosofia all’Università di Algeri e in antropologia culturale alla Sapienza di Roma, in questa stessa università ha conseguito un dottorato di ricerca sugli immigrati musulmani arabi in Italia.