INTRODUZIONE Il nostro lavoro muove dallo studio del superamento della visione meccanicistica avvenuta nel contesto dello studio delle interazioni elettriche e magnetiche fra la fine del „700 e l‟inizio dell‟800. Leggendo i capitoli del libro di Einstein e Infeld “L‟evoluzione della fisica”, relativi a questo tema, abbiamo riprodotto in laboratorio gli esperimenti concettuali descritti nel testo, osservando le interazioni elettriche e magnetiche, descrivendole secondo un modello di tipo Newtoniano, fino all‟esperimento di Oersted del 1820 e ai successivi esperimenti di Faraday. Stimolato dalla scoperta di Oersted che evidenziava gli effetti magnetici prodotti da una corrente, Faraday indagò sulla possibilità di produrre corrente in opportuni sistemi come conseguenza della modificazione delle loro condizioni elettriche o magnetiche. L‟introduzione dell‟idea di linea di forza, visualizzabile intuitivamente con la limatura di ferro, e la sua evoluzione nel concetto di campo, ci ha consentito una interpretazione unitaria dei fenomeni osservati. Abbiamo potuto così scoprire l‟equivalenza fra spire percorse da corrente e magneti, progettare semplici esperimenti per osservare le loro interazioni e infine enunciare le leggi di Faraday nella forma seguente: un campo magnetico variabile può generare un campo elettrico e, in particolare, una variazione del flusso del campo produce una corrente indotta la cui intensità è proporzionale alla rapidità con cui varia il flusso. Il verso della corrente indotta si può determinare con la legge di Lenz: essa è tale da opporsi alla causa che l‟ha generata. Nei nostri esperimenti abbiamo verificato la legge di Lenz ma non ne abbiamo “sentito” gli effetti. I giochi di Anacleto ci hanno suggerito una semplice situazione sperimentale in cui l‟effetto della legge di Lenz è ben apprezzabile: la caduta di un magnete attraverso un tubo di alluminio o di rame. Consideriamo la caduta di un magnete attraverso una spira: Se il magnete entra nella spira, il flusso del suo campo magnetico aumenta, producendo una corrente indotta tale da opporsi alla causa che l‟ha generata; per l‟equivalenza fra spire e magneti, possiamo associare ad essa un campo con verso opposto a quello del magnete. Pertanto il magnete sarà respinto dalla spira e rallentato nella sua caduta. 1 se invece il magnete esce dalla spira il flusso decresce e la corrente indotta che deve compensare questa diminuzione, produce un campo equiverso che attira il magnete. Ancora una volta la caduta sarà rallentata. Nel nostro esperimento il magnete sarà fatto cadere attraverso un tubo di materiale conduttore, non magnetizzabile: esso può essere considerato come infinite spire a contatto l‟una con l‟altra. Facendo cadere il magnete al suo interno, le porzioni di tubo che lo sovrastano si comportano come spire da cui esce e quindi ne viene attirato, mentre quelle sottostanti si possono considerare come spire in cui sta per entrare, e quindi lo respingono. Di conseguenza ci aspettiamo l‟esistenza di una forza frenante per la quale il moto del magnete non sarà una caduta libera. IL NOSTRO PROGETTO DI LAVORO Il nostro obiettivo consiste nello studiare sperimentalmente il moto per verificare l’esistenza della forza frenante e costruire un modello matematico del moto stesso. Il lavoro sarà suddiviso tre fasi : 1. l’analisi sperimentale del moto ci permetterà di verificare l’ipotesi dell’esistenza di una forza frenante e di ricavare dati quantitativi per poter formulare un modello matematico; 2. costruzione di un modello matematico del moto del magnete; 3. il modello matematico ottenuto sarà confrontato con i dati sperimentali e ci potrà offrire una comprensione maggiore del fenomeno studiato. ANALISI TEORICA-UN’IPOTESI DI PARTENZA Le correnti indotte prodotte durante la caduta del magnete causano una forza frenante proporzionale alla velocità e opposta al peso: Infatti l‟intensità della corrente indotta dipende dalla rapidità con cui varia il flusso del campo magnetico e nel nostro caso è legata alla velocità di caduta del magnete. Le altre variabili 2 da cui può dipendere la corrente indotta come la sezione del conduttore attraverso cui si considera il flusso e la sua conducibilità nel nostro esperimento non cambiano. Ipotizziamo dunque che la dipendenza di dalla . velocità sia lineare: Per la seconda legge della dinamica: , dove m è la massa del magnete. Nella fase iniziale del moto il termine vario; essendo inizialmente cresce, la forza risultante non è costante, e ci aspettiamo un moto si tratterà di un moto accelerato. Ad un certo istante la forza frenante uguaglia il peso: La velocità non cresce più, il moto diventa rettilineo uniforme. Questo implica l‟esistenza di una velocità limite che dipende dalla massa del magnete in caduta e dalla costante di forza k secondo la relazione: (1) . STUDIO SPERIMENTALE DEL MOTO STRUMENTI: -tubo di alluminio (lunghezza 2 m, sezione 1,2 cm) -magnete ricavato dal gioco geomag (4,26 g); -masse aggiuntive ritagliate da un foglio di rame (1,16 g; 1,84 g; 2,91 g); -cronometri (sensibilità 1/100 s). -bilancia analitica (sensibilità 0,01g) Base in alluminio per sentire “l’arrivo” del magnete. PROCEDIMENTO: Lasciamo cadere il magnete da diverse altezze del tubo e cronometriamo i tempi di caduta. Ogni misura viene ripetuta dieci volte. Per far variare lo spazio percorso, abbiamo segnato esternamente sul tubo una tacca orizzontale ogni 10cm e abbiamo trascinato il magnete fino all‟altezza desiderata con un magnete esterno che poi abbiamo rimosso, facendo partire il cronometro. 3 Abbiamo ripetuto la misura con diverse masse aggiuntive ritagliate da un foglio di rame e incollate al magnete. I risultati delle misure ottenute per ciascun valore della massa, riportati nelle tabelle allegate con i relativi grafici delle leggi orarie, sono sintetizzati nel grafico seguente. leggi orarie per i diversi valori della massa 250 spazio percorso (cm) 200 150 massa 4,26g massa 5,42 g 100 massa 6,10 g massa 7,17 g 50 0 0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 tempo (s) In tutti i casi la legge oraria è una retta: possiamo concludere che per le distanze analizzate il moto è rettilineo uniforme, con una velocità diversa a seconda della massa. Non avrebbe senso operare un‟estrapolazione per tempi più brevi e non possiamo fare misure sulla prima parte del moto con i nostri strumenti. Il grafico ottenuto mostra che abbiamo “registrato” il moto dopo che il magnete ha raggiunto la velocità limite. Possiamo misurare la velocità limite come coefficiente angolare della retta dei minimi quadrati ottenuta dal grafico spazio – tempo. Nella tabella seguente sono riportate le velocità limite per diversi valori della massa. 4 vL m 72,36 97,35 123 146 4,26 5,42 6,1 7,17 velocità limite- massa 200 150 100 50 0 0 2 4 6 8 I risultati delle misure hanno confermato l‟esistenza di una forza frenante per la quale il magnete in caduta raggiunge una velocità limite che dipende dalla massa secondo la relazione (1). Dalla stessa relazione abbiamo calcolato il valore di k, che assume valori compresi fra 48 g/s e 57g/s, a seconda della massa considerata. Costruiamo un modello teorico del moto: la legge della velocità A questo punto ci siamo proposti di costruire un modello matematico del moto che possa descrivere anche il regime transitorio. Per la seconda legge della dinamica: Questa relazione ci dice come la variazione di velocità Δv nell’intervallo di tempo Δt dipende dal valore della velocità raggiunto all’inizio dell’intervallo di tempo Δt. Esplicitando Δv a partire dal primo intervallo si ottiene: ……………………………………… Sapendo che e che e ponendo (su suggerimento dell‟insegnante), possiamo calcolare il valore della velocità nell‟istante ; conoscendo possiamo calcolare e così via. Il moto da noi osservato ha una durata compresa fra 1s e 2s: per descriverlo dovremmo ripetere il calcolo circa 200 volte. Abbiamo potuto apprezzare il foglio elettronico. Grafico ottenuto per il valore della massa pari a 7,17 grammi. 5 160 140 120 velocità in funzione del tempo 100 80 60 velocità (cm/s) 40 20 0 0 0,5 1 1,5 2 (s) tempo 2,5 3 3,5 4 Dalla legge della velocità alla legge del moto Conoscendo la legge della velocità e la condizione iniziale, calcoliamo lo spazio percorso come area sottesa al grafico della velocità; invece di calcolare l’area relativa al moto complessivo, dall’istante iniziale a quello finale, abbiamo calcolato l’area sottesa al grafico della velocità dall’istante t=0 all’istante t1, poi fino all’istante t2 e così via ottenendo la legge oraria. Nel grafico seguente è mostrato il risultato per m=7,17g. 350 spazio percorso (cm) 300 velocità (cm/s) 250 200 150 100 50 0 0 0,5 1 1,5 2 2,5 Si nota un andamento lineare caratteristico del moto rettilineo uniforme, salvo un breve tratto iniziale che nel caso riportato dura circa 0,6s con uno spazio percorso di circa 70cm. 6 Confronto con le misure Un primo confronto Abbiamo sovrapposto i valori misurati per la velocità limite e gli spazi percorsi al grafico teorico ottenendo un buon accordo. 500 450 spazio percorso 400 350 velocità 300 POSIZIONI MISURATE 250 velocità limite misurata 200 150 100 50 0 0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 L’accordo con i dati sperimentali non è stato immediato. Dopo la prima serie di misure abbiamo rilevato un errore sistematico: i valori delle posizioni erano tutti al di sopra di quelli teorici. Abbiamo analizzato nuovamente tutta la procedura e ci siamo accorti che, nel pesare il magnetino, non abbiamo eliminato del tutto l’interazione con il piatto in acciaio della bilancia. Inizialmente avevamo separato il magnetino e il piatto con una lastra di vetro; abbiamo poi utilizzato più fogli di polistirolo inserendo uno spessore tale che il valore della massa non dipendesse dall’orientamento del magnete. Cerchiamo un solo valore per k Dall’analisi delle misure abbiamo ottenuto valori di k compresi fra 48g/s e 57g/s, a seconda del valore della massa ( . Ma la forza frenante non dipende dalla massa: il sistema deve essere caratterizzato da un solo valore di k. Per individuare il valore di k che meglio descrive l’interazione del nostro magnete con il tubo di rame proviamo ad assegnare a k diversi valori compresi nel intervallo individuato sperimentalmente. Per ogni valore di k calcoliamo il valore della velocità limite teorica prevista dal nostro modello per ciascuna massa. Riportiamo in una tabella tutti i valori così calcolati e i valori sperimentali delle velocità limite. Cerchiamo il valore di k che rende minima l’espressione: . 7 Di seguito sono riportati i valori assegnati a k . k1 k2 k3 k4 k5 k6 k7 k8 k9 k10 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 Con questi valori di k abbiamo ottenuto le previsioni per la velocità limite per i diversi valori delle masse masse k1 k2 k3 k4 k5 k6 k7 k8 k9 k10 m1 87,06 85,29 83,58 81,94 80,37 78,85 77,39 75,98 74,63 73,32 m2 110,77 108,51 106,34 104,26 102,25 100,32 98,46 96,67 94,95 m3 124,67 122,12 119,68 117,34 115,08 112,91 110,82 108,80 106,86 m4 146,54 143,55 140,68 137,92 135,26 132,71 130,25 127,89 125,60 123,40 χ^2 57,84 43,77 32,71 24,32 18,34 14,50 12,59 12,40 13,75 16,49 Errore velocità 72,36 2,2 93,28 97,35 3,9 104,98 123,00 6,2 146,00 8,8 Riportiamo come esempio il calcolo di . Dal grafico di in funzione di k possiamo dedurre che valore di k per il quale è minimo è k=55g/s χ^2 in funzione di k χ^2 12,40 70,00 k8 55 48 60,00 49 50,00 50 40,00 51 52 30,00 53 54 20,00 55 10,00 56 0,00 57 46 48 50 52 54 56 58 Proviamo a usare il modello Il modello matematico che abbiamo costruito, oltre ad accordarsi con i dati sperimentali, ci consente di comprendere meglio il fenomeno e ci fornisce una capacità di previsione. Possiamo infatti variare il valore della massa. Se ad esempio usassimo un magnetino di massa 10 g, la velocità limite si raggiungerebbe intorno ai 200 cm e quindi il nostro tubo non sarebbe sufficientemente 8 lungo per osservare il raggiungimento della velocità di regime. Il modello matematico ci permette dunque di adottare degli accorgimenti per ottenere dei risultati ottimali nel caso volessimo ripetere l‟esperimento. Con un tubo lungo 3m potremmo, con lo stesso magnete arrivare fino a masse di 10g. Roportiamo il grafico della velocità per masse di 4g, 8g e 16g. 350 300 m/k=0,3s 250 200 velocità massa 4g m/k=0,15s velocità massa 8g 150 velocità massa 16g 100 m/k=0,07s 50 0 0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 Abbiamo poi provato a variare il valore di k (che equvale a usare un magnete più o meno forte oppure un tubo con diverse caratteristiche):aumentando il valore di k la velocità di regime viene raggiunta più velocemente. Facendo diverse prove ci siamo accorti che gli stessi effetti si possono ottenere raddoppiando il valore della massa o dimezzando il valore di k: quello che determina le caratteristiche del moto è il rapporto . Ci è parso significativo a questo punto che il rapporto ha le dimensioni di un tempo ed è indicativo di quanto rapidamente viene raggiunta la velocità limite. Si può osservare che la velocità di regime viene raggiunta in un tempo t≈3 . Conclusioni Realizzando questo esperimento è stato interessante ripercorrere tutte le tappe del metodo scientifico: -abbiamo osservato la caduta del magnete nel tubo; -abbiamo ipotizzato l‟esistenza di una forza frenante; -abbiamo progettato e realizzato l‟esperienza in laboratorio verificando la nostra ipotesi; -abbiamo costruito un modello matematico per descrivere il fenomeno studiato. 9 E‟ evidente, soprattutto nella parte conclusiva del nostro lavoro, come la matematica riesca a descrivere i fenomeni naturali, permettendoci persino di costruire modelli adatti a preverdeli e comprenderli meglio. Allegati Sono state allegate le misure effettuate con diversi valori della massa e le relative leggi orarie. massa (g) 4,26 h (cm) t di caduta (s) t medio (s) ∆t (s) ∆t% 200 2,84 2,87 2,88 2,87 2,85 2,81 2,82 2,87 2,84 2,84 2,85 2,85 0,03 1,2 180 2,57 2,56 2,59 2,56 2,62 2,62 2,65 2,53 2,63 2,6 2,53 2,59 0,06 2,3 160 2,25 2,19 2,21 2,19 2,21 2,22 2,22 2,19 2,25 2,22 2,25 2,22 0,03 1,4 140 1,94 1,98 1,91 1,96 2,03 2 1,97 0,06 3,1 1,8 1,81 1,75 1,78 1,82 1,78 1,80 0,05 2,8 120 1,78 1,79 1,78 1,85 1,84 2 1,94 1,93 1,94 2 10 250 200 spazio percorso in funzione del tempo y = 72,36x - 5,258 R² = 0,985 150 100 50 0 0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 massa (g) 5,42 h (cm) 200 180 160 140 120 t di caduta (s) 2,09 1,78 1,59 1,44 1,19 2,06 1,78 1,56 1,44 1,22 2,04 1,84 1,56 1,47 1,19 2,09 1,82 1,55 1,47 1,22 2,06 1,78 1,59 1,46 1,21 2,03 1,85 1,56 1,5 1,28 t medio (s) 2,03 1,88 1,59 1,53 1,25 2,06 1,84 1,59 1,53 1,22 2,1 1,81 1,59 1,54 1,25 2,09 1,81 1,56 1,44 1,21 2,07 1,82 1,57 1,48 1,22 ∆t (s) ∆t% 0,04 0,05 0,02 0,05 0,05 1,7 2,7 1,3 3,4 3,7 11 ∆ spazio in funzione del tempo y = 97,35x + 1,043 R² = 0,982 250 200 150 100 50 0 0 0,5 1 1,5 tempo di caduta (t) 2 2,5 massa (g) 6,10 t di t di t di t di t di t di t di t di t di t di t di t caduta caduta caduta caduta caduta caduta caduta caduta caduta caduta caduta medio (s) (s) (s) (s) (s) (s) (s) (s) (s) (s) (s) (s) h (cm) 200 180 160 140 120 1,69 1,56 1,31 1,19 1,03 1,66 1,53 1,35 1,12 1,03 1,63 1,55 1,35 1,19 1,1 1,59 1,53 1,35 1,22 1,06 1,62 1,53 1,34 1,22 1,05 1,69 1,47 1,31 1,23 1,1 1,75 1,47 1,28 1,22 1,06 1,75 1,53 1,28 1,22 1,09 1,75 1,57 1,38 1,13 1,04 1,75 1,54 1,31 1,13 1,1 1,76 1,57 1,31 1,15 1,04 tempo in funzione della posizione 1,69 1,53 1,32 1,18 1,06 ∆t (s) ∆t% 0,09 0,05 0,05 0,05 0,04 5,0 3,3 3,8 4,6 3,3 y = 123,0x - 7,334 R² = 0,990 250 200 150 100 50 0 0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2 1,4 1,6 1,8 12 massa (g) 7,17 h (cm) t medio (s) t di caduta (s) 200 1,53 1,62 1,53 ∆t (s) ∆t% 1,6 1,5 1,43 1,53 0,10 6,2 180 1,34 1,38 1,47 1,32 1,35 1,41 1,4 1,4 1,4 1,38 1,4 1,32 1,32 1,4 1,4 1,41 1,38 0,08 5,5 160 1,25 1,22 1,25 1,21 1,22 1,25 1,3 1,2 1,2 1,19 1,3 1,22 1,18 1,3 1,18 1,28 140 1,15 1,13 120 1 0,94 1,5 1,62 1,5 1,5 1,6 1,6 1,54 1,5 1,53 1,47 1,23 0,05 4,1 1,1 1,12 1,09 1,12 1,1 1,1 1,2 1,15 1,2 1,09 1,09 1,1 1,1 1,15 1,12 0,03 3,1 0,94 1 1 1 1 1 1 0,91 1 0,94 0,91 1 1,03 0,97 0,98 0,06 6,1 y = 146,4x - 22,738 R² = 0,9959 tempo in funzione della posizione 250 200 150 100 50 0 0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2 1,4 1,6 1,8 13