Dal partenariato pubblico/privato alla co

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Dal partenariato pubblico/privato alla
co-progettazione per un nuovo welfare
generativo e di comunità
ASSESSORATO ALLE POLITICHE SOCIALI,
SICUREZZA E SPORT
Dal partenariato pubblico/privato alla co-progettazione per un nuovo welfare
generativo e di comunità
Il carattere strutturale della crisi economica, il suo perdurare, le difficoltà nel fronteggiare i
processi di declino che si insinuano nella società, l’incapacità di sviluppare prospettive per
andare oltre, mettono a nudo non solo la fragilità del modello socio-economico su cui si fonda
la nostra convivenza civile, ma anche l’obsolescenza dei paradigmi culturali con cui si leggono
e si interpretano i fenomeni che ne stanno determinando la decadenza. E’ ormai sotto gli
occhi di tutti che la crisi economica è di fatto l’espressione manifesta di una crisi più profonda,
in cui il modo di pensare in essa dominante, accentrato quasi esclusivamente sulle leggi
economiche del mercato, non è più in grado di prefigurare un futuro realisticamente
sostenibile. Alla luce di tutto questo, è necessario scostarsi radicalmente da una visione del
benessere centrata esclusivamente sul possesso di beni e redditi e sulla conseguente
possibilità di accrescere in modo illimitato i propri consumi, abbandonare paradigmi culturali
obsoleti per andare verso una società vista come sistema sociale caratterizzato da un’estesa e
intrigata molteplicità di relazioni tra individui e gruppi.
In questo quadro, si delinea il superamento del welfare state per sviluppare un modello
comunitario-generativo, al fine di valorizzare le capacità degli attori coinvolti, ovvero terzo
settore, privato, famiglie riducendo settorializzazioni e frammentazioni operative e
incrementando le cooperazioni inter-organizzative nei sistemi di welfare locale.
In questa prospettiva, i servizi sociali si configurano come beni comuni per cui è necessario un
attento riesame di come le risorse destinate alla loro realizzazione vengano identificate e
gestite. Gli enti pubblici devono abbandonare le tradizionali modalità di esercizio del potere
pubblico, connotate da logiche gerarchizzanti e prescrittive, per assumere un posizionamento
più flessibile che, pur garantendo le necessarie prerogative politico-istituzionali, sia in grado
di favorire un sistematico coinvolgimento dei soggetti del terzo settore nelle attività
istruttorie e decisionali, applicando la semplificazione amministrativa in tutte le fasi del
processo.
Cos’è la co-progettazione e cosa ha introdotto
Le linee guida che verranno condivise e costruite allo scopo di individuare nuovi strumenti di
governance nel welfare della Regione Lazio, attraverso la co-progettazione e la cogestione tra
enti pubblici e terzo settore, costituiscono la grande novità per la nostra Regione. La coprogettazione nasce con la funzione di allargare la governance delle politiche sociali locali per
corresponsabilizzare maggiormente i soggetti in campo e per rafforzare il senso di
appartenenza verso i progetti e i programmi di politica pubblica promossi. Si tratta quindi di
una modalità con cui si vuole migliorare l’efficienza e l’efficacia delle azioni in campo del
welfare comunitario. Di per sé oggi la spinta ad una rinnovata relazione tra il pubblico e il
terzo settore avviene spesso anche indipendentemente dallo strumento contrattuale che si
utilizza e la ricerca continua di risposte a problemi in costante aumento e cambiamento dei
cittadini non interroga più solo l’amministrazione pubblica, ma l’intera società civile: singoli
cittadini e realtà organizzate del terzo settore. L’idea della co-progettazione prende piede in
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tempi recenti perché sia gli enti locali, sia i soggetti del privato sociale si trovano oggi ad agire
in una cornice che supera il tradizionale rapporto committente-fornitore che aveva
caratterizzato la loro relazione fino a qualche tempo fa.
Dunque, la co-progettazione rappresenta una forma di collaborazione tra PA e soggetti del
terzo settore per la realizzazione di attività e interventi, in base al principio di sussidiarietà, e
fonda la sua funzione sui principi di trasparenza, partecipazione, corresponsabilità e sostegno
dell’impegno privato nella funzione sociale. Tutto questo è fortemente sostenuto dalla legge di
riforma del terzo settore e dal decreto sul welfare aziendale, nella consapevolezza che lo
strumento metodologico amministrativo, coerente alla co-progettazione, non è la panacea per
il superamento delle varie patologie sociali evidenziate dallo “tsunami” di mafia capitale, ma
rappresenta uno dei possibili strumenti di buon governo per lo sviluppo del welfare
comunitario.
Attraverso metodologie fortemente collaborative, che siano in grado di misurare quasi
costantemente l’impatto sociale non solo di quanto finanziato, ma anche l’efficacia dei modelli
e dei servizi erogati sarà possibile promuovere effettive esperienze di costruzione sociale di
risposte ai problemi presenti nella comunità locale.
La coprogettazione introduce la possibilità di sperimentare forme di partenariato più
ravvicinate, secondo un’organizzazione reticolare, in grado di incrementare la condivisione di
responsabilità, di rischi e di vantaggi tra i soggetti coinvolti nella realizzazione dei servizi di
welfare locale.
Utilizzando gli strumenti tecnici operativi di queste nuove modalità di welfare, così come
enunciate nelle prime linee del Piano Sociale regionale e aumentando le responsabilità
condivise ne consegue un cambiamento nell’approccio culturale, passando dal concetto di
“problema” a quello di “bisogno”.
Il terzo settore, attraverso questo strumento, viene posto davanti ad un’ulteriore sfida, e cioè
partecipare alla relazione di partenariato con l’Ente Pubblico, per lo più, non come singole
organizzazioni, ma costituendo un’aggregazione, una sorta di “pre-partenariato” tra diverse
organizzazioni del terzo settore. Questo comporta, inevitabilmente, la necessità di ripensare le
relazioni tra organizzazioni diverse (che si trovano spesso su altri fronti ad essere competitor
per l’aggiudicazione di appalti o di altre tipologie di gare) e di arrivare a costituire per l’ente
pubblico un interlocutore unico, capace di mettere a sistema tutte le competenze presenti e di
organizzare compiti e responsabilità di intervento in forma unitaria.
Le presenti linee di indirizzo intendono fornire elementi omogenei per le Amministrazioni del
Lazio che desiderano ricorrere allo strumento della co-progettazione e definire procedure
standard che garantiscano principi di qualità, efficacia e funzionalità.
Il DPCM 2001 all’art.1prevede infatti che le regioni:
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adottino specifici indirizzi per promuovere il miglioramento della qualità dei servizi e
degli interventi, anche attraverso la definizione di specifici requisiti di qualità;
favoriscano la pluralità di offerta dei servizi e delle prestazioni, nel rispetto dei principi di
trasparenza e semplificazione amministrativa;
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favoriscano l’utilizzo di forme di aggiudicazione o negoziali che consentano la piena
espressione della capacità progettuale ed organizzativa dei soggetti del terzo settore;
favoriscano forme di co-progettazione promosse dalle amministrazioni pubbliche
interessate, che coinvolgano attivamente i soggetti del Terzo settore per l’individuazione
di progetti sperimentali ed innovativi, al fine di affrontare specifiche problematiche
sociali;
definiscano adeguati processi di consultazione con i soggetti del Terzo settore e con i loro
organismi rappresentativi riconosciuti come parte sociale.
Autorità Nazionale Anticorruzione: delibera n. 32 del 20 gennaio 2016
Come recita anche la Determinazione delle linee guida dell’Autorità Nazionale Anticorruzione,
con delibera n. 32 del 20 gennaio 2016, ‘per l’affidamento di servizi agli enti del Terzo settore
e alle cooperative sociali’, “oltre all’attività di programmazione, le organizzazioni del Terzo
settore hanno un ruolo di rilievo anche in materia di progettazione di interventi innovativi e
sperimentali, ai sensi dell’art. 7 del d.p.c.m. 30 marzo 2001. Le amministrazioni devono
favorire la massima partecipazione dei soggetti privati alle procedure di co-progettazione e
adottare metodi di selezione che prevedano l’accertamento del possesso dei requisiti di
affidabilità morale e professionale in capo ai partecipanti e l’adeguata valutazione delle
caratteristiche e dei costi del progetto presentato. La titolarità delle scelte deve sempre
permanere in capo alle amministrazioni, cui compete la predeterminazione degli obiettivi
generali e specifici degli interventi, delle aree di intervento, della durata del progetto e delle
caratteristiche essenziali dei servizi da erogare”.
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