Il teatro italiano da Machiavelli ai giorni nostri - Digilander

Il teatro italiano
da Machiavelli ai giorni nostri
3
Introduzione
Il termine “teatro” ha tre sensi. Prima, è un luogo sistemato o è un edificio costruito per
la rappresentazione di uno spettacolo. Ma, il teatro è anche un arte che permitte presentare a
un pubblico uno spettacolo, secondo accordi precise e variabili secondo i luoghi e gli epoche.
Qui, i personaggi sono incarnati per attori. Alfine, è possibile parlare di “teatro” per una obra
che presenta un’azione drammatica, generalmente sotto forma di monologhi o di dialoghi tra
personaggi; l’obra teatrale è destinata a essere rappresentata su una scena.
Durante anni e secoli, il teatro come arte (che sia d’Italia o d’altri paesi) si ha
trasformato. Questa evoluzione si vede tanto dal punto di vista dell’interpretazione o della
scritura. E’ possibile vedere la nascita del teatro nell’antica Grecia con il dramma satirico.
Questa forma d’arte della letteratura teatrale ha compiuto tra trasformazioni per giungere fino
a noi. Con i secoli, le tragedie e le commedie si sono adatte ai periodi storici ed ai gusti dei
spettatori. Malgrado di questa evoluzione, il teatro non ha perso il fascino e il potere di
affascina l’uomo. Ora con l’avvento di nuovi mezzi espressivi come il cinema o la televisione,
la grande parte della popolazione ha disertato i luoghi di rappresentazione teatrale. Tuttavia,
gli appassionati è certamente importanta.
Durante il Medievo, il teatro è marcato per il commediografo MUSSATO, che tentò
l’imitazione in latino delle tragedie di SENECA1 (60 avanti Christo – 39 dopo Christo). Poi, il
Rinascimento è marcato per MACHIAVELLI (1469-1527), che fa (nelle sue opere) una critica
della società de su epoca. L’eredità di MACHIAVELLI è visibile ancora oggi. Ma, qual’è
l’evoluzione del teatro italiano dal Rinascimento a oggi, cioè dal’epoca di MACHIAVELLI ai
giorni nostri? E’ per questo che vedremo la storia del teatro italiano dal Rinascimento (I) e poi
studieremo tre autore che hanno marcato il teatro (II): MACHIAVELLI, GOLDONI e
PIRANDELLO.
4
Il Teatro Italiano
da Machiavelli ai giorni nostri
I)
CRONOLOGIA DEL TEATRO ITALIANO
A) RINASCIMENTO ED ETÀ BAROCCA
Durante i periode precendente, due tipi di teatro si sono divelopati: il teatro più o meno
religioso e il teatro goffamento buffonesco. Col Rinascimento, è contro questi due tipi di
teatro che s’afferma il teatro erudico. Nato dal studio dei classici greci e latini, il teatro del
Rinascimento foggia tre forme proprie: il dramma pastorale, la commedia umanistica e la
tragedia. Il teatro deviene allora un divertimento dei signori, dei principi, dei cardinali e
dell’adirittura dei Papi. In fatto, è possibile dire che (senza escludere il gran pubblico), il
teatro sia un fenomeno di corte per eccelenza.
Al Rinascimento, gli interpretazione e gli interpreti sono varie. Dapprima, gli interpreti
sono gentiluomini, accademici o studenti. Poi, c’è una evoluzione con il cardinale Ippolito
d’Este: fa recitare a Roma dai suoi domestici, cuochi e stallieri, una commedia del Molza e
del Tolomei. I rappresentazione di queste obre attraggono tante gente che che si deve
trattarnerle con le guardie. A ogni modo si tratta di attori amatorri. Gli spettacoli del genere
sono promossi non da impresari, ma da mecenati e da enti culturali come accademie.
Scena della Commedia dell’Arte
Nella Commedia dell'arte, ci sono i costumi e gli accessori (particolarmente le maschere) che
permettono l’indentificazione immediata dei personaggie e che sottolineano, fino alla caricattura, i
loro tratti di carattere principali. Cardoni (a sinistra) e Maramao (a destra) sono in mezzo ai
personaggi di questo tipo teatrale.
Ma già nella prima metà del seccolo XVI s’è rivelato un fenomeno nuovo: l’apparizione
degli attori professionali e dunque della Comedia dell’Arte. Da molti storici si è parlato di
costore come di genialissimi ma rozzi improvvisatori, emersi della farsa plebea. In realtà, è
nella seconda metà del seccolo che questi attori hanno avuto un enorme successo in quasi tutte
i paesi d’Europa. Interpreti acclamati di opere regolari, essi conseguirono la massima fama
come si sa nella cosidetta commedia improvvisa, dove i personaggi sono stilizzati in altretanti
tipi fissi o maschere. Ma questo non erano possibile senza la trasformazione dei caratteri della
5
commedia classica con le loro regole attinte, le loro sceneggiature o intrecci. Si aggiunga che i
più famosi attori “dell’arte” son quasi tutti colti e letterati: pur non avendo creato opere di
poesie in quanto riunciarono a scrivere, essi adempirono tuttavia al compito di trasmettere
dall’Italia a tutta l’Europa le formule e i modi dell’eterna sostanza comica ereditata dalle
letterature classiche. La commedia dell’arte è anche interessante come documento sociale e
morale in quanto la sua abituale sconcezza può dare un idea del costume dell’alta società nei
seccoli XVI, XVII e XVII. Questo (ma anche la vita nomade e irregolare des comici) provoca
contro la professione dell’attore i rigori della Chiesa, con censure e scomuniche. Gli attori si
difesero riparandosi dietro lo scopo morake o religioso o benefico, e riccorendo alla
protezione dei sovrani.
Questi al canto loro accordarono spesso la loro protezione al teatro. Ma, in contro, ne
regolarono la vita e l’organizzazione con leggi e privilegi che si tradusse in retrizioni dificili
per le altre, e spesso in un vero e proprio regime di monopolio: altrove si è esposto come i re
di Francia e d’Inghilterra abbiano disciplinato questa materia delle licenze a un dato numero
di teatri e di compagnie e non più e delle sovvenzioni ad essi accordate.
Intanto, nel nuovo tipo di teatro a palchetti che gli architetti italiani hanno creato doppo
la nascita del melodramma, si rispecchia lo spirito d’una società gerarchica e fastosa. E’ anche
possibile vedere in este teatro la separazione delle classe in vigore nella società di questa
epoca. La sala illuminata, non meno sfarzosamente del palcoscenico e popolata, è già uno
spettacolo essa stessa. Sovente le stampe dell’epoca fatte per documentare lo splendore d’una
messinscena, si danno cura di riprodurre anche il teatro e gli spettatori.
D’altra parte, in periodo di Controriforma, si delinea il fenomeno del teatro edificante
che si rifugia nei collegi. La tradizione si può far risalire a Rosvita, ma le sue origini prossiùe
sono italiane. Essa è coltivata specialmente dai gesuiti e dagli altri ordini religiosi che si
dedicano all’insegnamento, maschile e feminile.
La moda dei taetrini di corte si diffonde pure nell’alta società del Settecento. Nelle
massime città, l’autentica arte drammatica è (salvo rari periodi) inaccessibile alla
maggioranza della popolazione.
Quanto gli attori, il contegno della società a loro riguardo è incerto e contraddittorio.
Sospetti all’autorità civile e respinti dalla Chiesa, gli attori sono idolatrati dal pubblico e
divengono familiari ai sovrani.
B) RIVLOUZIONE FRANCESE E ROMANTICISMO
La Rivoluzione Francese riporta il gran pubblico a teatro. Esso evenamento vuol fare il
teatro non più per le “élites”, ma per il popolo. Di più, proclama di voler trasformarlo, da
scuola di corruzione a uso della classi gaudenti e corrotte, a scuola di vertù. Il rinnovamento
del teatro non è solo francese ma europeo. Questa trasfromazione si deve al Romanticismo.
Per esso, il dramma vuol diventare l’agitatore dei grandi problemi proposti dagli spiriti più
vigili all’anima delle folle. Da esso moverà il teatro dell’Ottocento. La caratteristica di esso
teatro è il suo profondo desiderio di creare una nuova morale e di esercitare una profonda
influenza sociale. I primi bandi e squili in questo senso sono partiti dalla seconda metà del
secolo XVIII. In Italia, questa evoluzione è possibile grazie a (per esempio) ALFIERI².
In Italia, il teatro romantico diede i suoi massimi fiori nei due capolavori essenzialmente
mancati (ma ricchi di particolari stupendi) d’Alessandro MANZONI3. Presto dai cauti accenti
religiosi, di carità e giustizia cristiana, il teatro passa agli soggetti più nazionali. Le sale degli
spettacoli italiani ospitarono (travestit e compressi) gl’inni alle idee del Risorgimento. Queste
idee sono più o meno politichi secondo le opere.
C) IL TEATRO DELL’OTTOCENTO
Gli entusiasmi della rivoluzione di 1848 trovanno sfogo nel melodrama; gli applausi a
una ballerina nascondanno un’affermazione di partito, le parole d’un coro sumanno (donde i
comici rigori della censura) significati politici.
6
Non è detto tuttavia che il tono del teatro dell’Ottocento sia stato sempre lo stesso; al
contrario. La Rivoluzione Francese ha dato l’eguaglianza al “terzo stato” (il teatro) invece di
darla ai cittadini, ossia la rivoluzione ha creato la nuova società borghese. E come la
costituzione politica di quasi tutti i paesi europei ha finito col modellarsi su quella della
Francia, così il teatro drammatico che la Francia esporta nell’Ottocento sulle scene di tutto il
mondo ha caratteri essenzialmente borghesi. Sulle stesse orme marcia il teatro italiano.
La tradizione, la regola e la legge sono messe in stato d’accusa: non mai un teatro è
stato così intinamente rivoluzionario. La borghesia intellettuale che anda a applaudirlo,
applaude al crollo di tutte le ragioni della sua stessa esistenzia. Tra la fine del seccolo XIX e i
primmi anni del XX, la crociata è bandita contro il naturalismo e il verismo, per un ritono al
senso di mistero (con Maurice MAETERLINCK4) o all’estetismo (Con Oscar WILDE5) o
all’aventura eroica (con Gabriele D’ANNUNZIO6) o alla satirica brillante (con George Bernard
SHAW7), … La crociata ha caratteri oltre che estetici: ha caratteri morali.
Durante la Prima Guerra Mondiale, il teatro europeo ha avuto la sua parte, come aveva
la sua patre nell’affermazione di molte nazione minori, ingrandite o resse independenti. I
cosidetti “teatri nazionali” sonno stati i pionieri della riscossa politica.
Si deve poi rammentare che il carattere di fasto e di trattenimento è rimasto (come
lasciato in eredità dai secoli precedenti) al teatro lirico. Il lusso degli abbigliamenti di
spettatori, l’etichetta e le parate delle serate “di gala” rimangono una consuetudine pressoche
esclusiva del teatro di musica. Invece, quello di prosa assume (nelle sue sale) aspetti sempre
più democratici e talvolta addirittura dimessi: chi vi decide dei successi dell’arte nuova è
sovente un’intellettualità rappresentata da piccoli borghesi, più disposti a considerarlo come
una palestra, una cattedra, un pulpito che non un ritrovo elegante e galante.
Ma è proprio nell’organizzazzione del teatro di prosa che l’Ottocento viene
compiuttalente attuata in tutti i paesi d’Europa, con le sole eccezioni della Spagna e
dell’Italia. E’ una riforma già iniziata nei seccoli precedenti: la creazione (almeno nelle città
principali) di teatri stabili che sostituiscono le antiche compagnie nomadi. A ciò si deve
l’adozione di nuovi criteri nell’interpretazione scenica, secondo quei consegli della regia
moderna, di cui GOETHE8 era stato un antesignano. E’ possibile notare inoltre che questa
stabilità del teatro ha corrisposto anche una maggior dignità riconosciuta all’atore, il quale
(non essendo più lo zingaro e il girovago d’una volta) ha riassunto la considerazione d’artista
che gli compete. Trattato alla pari e onorato dalla società, insignato di decorazioni
cavalleresche dallo stato, l’attore moderno è stato riaccolto anche dalla Chiesa: fioriscono
oggi in molti paesi (America, Franci, Italia) associazioni o comitati di attori catolici come
d’altre chiese, per attività religiose che nessuno più si sogna di trovare incompatibili con la
loro professione.
Alla fine del secolo XIX, va poi notato un fenomeno nuovo: gran parte dei movimenti
per il rinnovamento della scena e anche del dramma hanno origine da piccoli teatri, detti
“d’avanguardia”, “d’eccezione”, … Frequentati almeno sul principio come veri e propri
cenacoli da gruppi di amatori e di “iniziati”, alcuni teatri hanno avuto la sorte di rivelare
correnti imortanti o autore famosi.
D) DOPOGUERRA
La corsa al piacere (che caratterizza in quasi tutti i paesi d’Europa i primi anni di
dopoguerra) diede grande incremento agli spettacoli teatrali. I principi della “libertà”
socialdemocratica favorono l’apparizione d’un teatro beffardo o convulso o cinico o
nichilista, talvolta ossessionato dai problemi sessuali, quasi sempre espressione dello sfacelo
spirituale che si respira allora in Europa. Anzi in qualche paese dovè si era già avuto un
mutamento di reginme, si usci dal campo del mero dibattito d’idee e critica di costumi per
arrivare alla vera e propria propaganda sovversiva.
7
Il soppravvenire della crisi economica mondiale e una rapida stanchezza del pubblico
deluso dall’insistenza su stravaganze o follie, possono interessare un restrito numero
d’intellettuali, lo distolsero ben presto da un siffatto teatro. Da allora comincia (o rincomincia
con più generale allarme) quella deplorata “crisi del teatro” che nell’ultimo decennio è stata
oggetto di infinite, polemiche, progetti, libri e congressi. Si sono denunciati come causa del
rincrudito fenomeno il cinema e lo sport; si sono evocati aiuti dallo stato; soppratutto è
accusato il cerebralismo degli autori che non parlano più alle folle, cui il teatro sarebbe per
definizione destinato. E’ anche per questo si è partiti in guerra contro i piccoli teatri ai quali
può riconoscersi un compito utile solo se sussidiario, ossia di laboratori sperimentali; ma
sempre in fuzione del vero teatro ch’è quello ch’è quello grande, e non mai come fine a sé
stessi.
A questa reazione taluno ha tentato di far assumere forme iperboliche anche in Italia:
Mussolini vollero promuovere spettacoli all’aperto nei quelli agivano immense masse d’attori
e presentare progetti per la costruzione di teatri che dovrebbero esattamente contenere
ventimile perne. In realtà, l’appello (rivolto dal Duce agli autori italiani esortarli a tornare agli
eterne setnimenti delle folle) è di natura spirituale. Il teatro di masse è quello che (comunque)
si rivolga all’anima della folla.
Perché il teatro ritorna alle folle, alle masse, al popolo, i generali appelli hanno avuto
nel resto d’Europa accento sociale, nazionale, religioso, ma rimendo (appunto) appelli e inviti
senza carattere di costruzione.
Un organismo internazionale è sorto, originariamente all’ombra della Società Dei
Nazioni (SDN): la Société Universelle du Théâtre, che dal 1927 in poi ha indetto congressi in
importanti città d’Europa promovendo scambi d’idee e tavola interessanti festival
internazionali. Al festival musicali e drammatici vanno suscitando l’interesse del pubblico
internazionale con spettacoli al chiuso e più spesso al aperto. Vi si interpretano opere
classiche, vi si fanno esumazioni e riduzioni di sacre rappresentazioni medievali, vi si danno
saggi di spettacoli moderni. Si scelgono per sedi teatri antichi o anche ruderi classici, piazze
monumentali o caratterisitche, giardini e chiostri, … Iniziative private o sovvenzionate da enti
pubblici e dallo stato, tentano di riportare al gusto del teatro perfino il popolo dei villaggi e
delle campagne.
Di un tono assai diverso e ciò costituiti sopprattutto a scopo di studio, sono i piccoli
teatri universitari che vivono presso molti atenei.
II) TRE IMPORTANTI AUTORI DI TEATRO
Si trata qui di vedere tre autori che hanno marcato il teatro.
A) RINASCIMENTO: MACHIAVELLI
1) BIOGRAFIA
8
MACHIAVELLI è nato in 1469 a Firenze. Era di origine della piccola borghesia, cioè che
non apparteneva al “popolo grasso” degli Arti Maggiori. Firenze è una Repubblica sotto il
principato travestito dei MEDICI. In 1494, vede l’ingresso di Carlo VIII in Firenze e l’esilio
dei MEDICI. MACHIAVELLI è contemporaneo di SAVONAROLA9, questo “profeta disarmato”
predicanto una democrazia teocratica.
MACHIAVELLI concorre in 1498 per il posto di segretario alla cancelleria. La sua
efficacia è riconosciuta. In 1502, è instaurato a Firenze un governamento popolare diretto per
Soderini. Machiavelli può imporre le sue idee militari ed è incaricato di organizzare una
milizia popolare.
La carriera di MACHIAVELLI se crolla con la repubblica in 1512, con la disfatta del
Prato: gli spagnoli mettono la milizia in rotta e devastanno la città durante tre semani, facendo
4 000 vittime. MACHIAVELLI è torturato e esilato. I MEDICI ritornanno al potere. E’ a partire di
1512 che, in esilio, MACHIAVELLI intraprende la redazione di libri filosofoci come Il Principe
(finito in 1513 e pubblicato dopo la morte del autore). Poi, compone un importante commento
della storia romana: i Discorsi sopra prima la Prima Deca di Tito Livo. Machiavelli rompe a
poco a poco il suo isolamento e participa di nuovo alla vitta fiorentina. Da 1515 a 1519,
frequenta reunioni organizzate nelle giardine del palazzo Rucellai, presediette per Cosme di
MEDICI. E’ in questo climato che scrive Dell’arte della guerra. In novembre 1520, sulla
domanda del cardinale Giulio di MEDICI, l’Academia di Firenze domanda a MACHIAVELLI di
scivere la sotria della città. MACHIAVELLI è anche l’autore di due opere di teatro delle qualli
La Mandragola (1518). In 1527, MACHIAVELLI sube ancora la disgrazia quanto la Repubblica
è proclamata per causa (questa volta) delle sue compromessi con i MEDICI. Morre il 22 giugno
1527 di un abuso di pillole di camfro.
2) MACHIAVELLI: DAL REALISMO POLITICO ALLA FORTUNA E
ALLA VIRTÙ
Come prendere il potere e serbarlo? Per MACHIAVELLI, è la grande domanda politica,
cioè quella della stabilità dello Stato. La laicizzazione del potere si accompagna di una
impresa di razionalizazione: lo Stato è reduto ai macchinismi di conquista è di conservazione,
e la politica è reduta ai techniche che permettono di governare. Mettando lo Stato su un
piedistallo, MACHIAVELLI lo vota nel stesso tempo di tutta sostanza morale. Come l’uomo
politico dove darsi pensiero dei macchinismi del potere, non dove inquietarsi di una norma
morale che è conformatta alla vita politica. In effetto, basterebbe che questa norma sia
contraria alle circostanze o alla natura dello Stato per condurre questo Stato alla sua perdita.
MACHIAVELLI è così conduto a condanare fermamente (al nome della “verità effettiva” delle
faccende umane) tutte le politiche fondate su un proggetto morale e particolarmente tutte le
riflezzioni sulla città ideale.
E’ dunque possibile domandarsi si MACHIAVELLI vanta l’imoralismo della politica. Non
è realmente vero. MACHIAVELLI non dice che i governanti devono fare il male, devono
mentire, devono opprimare, ecc… Per MACHIAVELLI, questi uomini non devono (nei loro
giudizie e nelle loro atti) tener conto delle dosiderazioni morali. Dunque, morale e politica
sono due cose distinte. La politica è moralmente neutra. Faccendo riferimento a KANT10, se
potrebbe dire che l’azzione politica rialza di “l’imperativo ipotetico” che subordina l’azzione
di una fine esterna (per Machiavelli è l’interesso allo Stato) e non di “l’imperativo categorico”
che prescrive un’azzione come necessaria in se stessa.
Dal punto di vista avvenimenziale la fortuna sembra regire la prosperità o la rovina
degli Stati, lo successo o il fiasco degli azzioni politici. Questo concetto significa il caso, le
circostanze e la materia che resiste a l’uomo politico. Ma la fortuna non è un destino.
MACHIAVELLI è opposto a una vizione fatalista della storia. Il librio arbitrio e la volontà degli
uomini partecipanno anche a creare questa vizione. E’ questo contributo che MACHIAVELLI
chiama la virtù. Non si trata qui di una disposizione per agire di manera morale, anche se la
9
virtù supponga qualità morali come il coraggio. La virtù indica una attitudine a adattarsi e a
utilizzare le circostanze, e una forza capasce d’imponere la sua legge alla fortuna (cioè alle
circostanze). La fortuna è dominanta allorchè la virtù è debole.
3) UNA OPERA TEATRALE: LA MANDRAGOLA (1518)
La Mandragola è composta nel gennaio-febbraio 1518 e rappresentata per la prima
volta durante le rappresentazioni teatrali organizzate per le nozze di Lorenzo de' MEDICI con
Margherita DE LA TOUR D'AUVERGNE nel settembre dello stesso anno. La fortuna della
Mandragola è rapida e di grande importanza; le rappresentazioni più importanti avvennero
nel 1520, durante il carnevale di Venezia del 1522.
La mandragola è una commedia in prosa in cinque atti con una canzone iniziale quattro
Canzoni che chiudono i primi quattro Atti, e un Prologo nel quale si narra agli spettatori la
vicenda, ispirata alle novelle del Decameron di BOCCACCIO11: il giovane e ricco Callimaco
torna da Parigi a Firenze attirato dalla fama della bellezza di Lucrezia, moglie fedele e devota
la marito, più vecchio di lei, sciocco e pieno di sè. Per sedurre Lucrezia gli viene in aiuto
Ligurio, un "astuto perdigiorno e profittatore", che nella fattispecie sfrutta la buonafede del
credulone Messer Nicia e la sua voglia di avere un bambino. Nicia crede ormai che la moglie
sia sterile, ma Ligurio gli dice di conoscere un bravo medico, molto celebre in Parigi, che
potrebbe guarire la sterilità della moglie. Callimaco, fingendo di esaminare l'urina di
Lucrezia, detta la cura che questa avrebbe dovuto seguire: bere una pozione di mandragola,
efficace contro la sterilità ma dagli effetti mortali per chi avrebbe giaciuto con la donna la
prima notte dopo aver bevuto la pozione. Per evitare il luttuoso evento i due suggeriscono a
Messer Nicia di far giacere la moglie con uno sconosciuto; riescono a convincere Messer
Nicia e Lucrezia, dopo molte resistenze e con l'aiuto di Sostrata (la madre della sposa) e del
corrotto frate Timoteo, lautamente pagato; a questo scopo organizzano un rapimento durante
la notte per le vie della città e ... rapiscono un giovane deforme e robusto sotto le cui spoglie
si nasconde proprio Callimaco.
Tutta la notte giace Callimaco con Lucrezia e al mattino le svela l'inganno e il suo
grande amore per lei, e promettendole di sposarla, nel caso in cui Dio avesse voluto chiamare
a sé il vecchio Nicia, le chiede di poter continuare ad amarla: Lucrezia allora, che aveva
potuto provare quale differenza passasse fra il guacere col marito e il giacere con un giovane
forte oltre che coraggioso, gli risponde: "Poiché la tua astuzia, la stupidità di mio marito,
l'ingenuità di mia madre e la malizia del mio confessore mi hanno condotta a fare quello che
mai avrei per me fatto, voglio credere che tutto questo derivi dalla volontà celeste, per cui io
non ho il potere di rifiutare quello che il Cielo ha voluto: perciò ti prendo per signore, padrone
e guida: sii tu mio padre, mio difensore, ogni mio bene; e quello che mio marito ha voluto per
una sera, voglio che sia per sempre".
Callimaco diventa compare di Messer Nicia proprio su consiglio di Lucrezia, e ciascuno
ottiene quello che maggiormente desidera.
B) IL ROMANTICISMO: CARLO GOLDONI (1707-1793)
1) BIOGRAFIA
10
Carlo GOLDONI nasce il 25 febbraio 1707 a Venezia, da Giulio e da Margherita Salviani.
A nove anni raggiunge il padre medico, a Perugia e qui inizia gli studi presso i Gesuiti. Dal
1723 al 1725 è allievo del Collegio GHILISIERI DI PAVIA e frequenta la facoltà di
Giurisprudenza, ma a causa di una violenta satira, Il Colosso, diretta contro le famiglie della
nobiltà pavese, è costretto ad abbandonare la città. Nel 1731, la morte improvvisa del padre lo
obbliga a riprendere gli studi interrotti e a laurearsi in legge a Padova. Dopo qualche anno di
mediocre pratica dell’avvocatura e di viaggi in numerose città, si stabilisce a Milano e nel
1734, ha occasione di incontrare il Capocomico Giuseppe Imer, per il quale, negli anni
successivi, scriverà intermezzi comici, tragedie e tragicommedie. Nel 1736 sposa a Genova
Nicoletta Conio.
E’ solo nel 1738 che Goldoni si dedica alla commedia e scrive Momolo Cortesan, in cui
la parte del protagonista era scritta quasi per intero, dando così inizio alla «riforma tecnica»
che lo condurrà in seguito ad abbandonare per sempre l’improvvisazione della Commedia
dell’Arte.
Nel 1747 conosce Gerolamo Medebach, che a Venezia teneva Compagnia a
Sant’Angelo, e si convince a collaborare con lui. In questo periodo nascono: La vedova
scaltra, La putta onorata, Il cavaliere e la dama. Nel 1750 scommette col pubblico di
sfornare 16 commedie in un solo anno; promessa che manterrà, dando vita tra le altre, a: La
bottega del caffè, Il bugiardo e Pamela.
Nel 1753 nasce la Locandiera, proprio al termine del periodo che lo vede al fianco di
Medebach. Nel periodo successivo assume un impegno di 10 anni con il teatro SanLuca e qui
mette in scena alcuni capolavori come Il campiello, I rusteghi, La trilogia della villeggiatura,
Le baruffe chiozzotte.
Alcuni insuccessi e l’ormai irriducibile disputa con GOZZI, convincono il
commediografo ad abbandonare Venezia e raggiungere Parigi, invitato dal Tèâtre-Italien, per
il quale però dovrà riprendere a scrivere “a soggetto”. Nel novembre del 1771 il Bourru
bienfaisant viene rappresentato alla Comédie Italienne, e suscita l’ammirazione di Voltaire.
Sempre a Parigi scrive, in francese, le sue Memorie, iniziate nell’1784 e pubblicate
nell’1787. Luigi XV gli accorda una modesta pensione annua, che però gli sarà tolta nel 1792,
in piena Rivoluzione.Muore quasi in miseria a Parigi, nel 1793, il giorno prima della
restituzione, da parte dell’Assemblea costituente, della pensione regia.
2) L’IMPORTANZA DI GOLDONI NEL TEATRO
Usando termini moderni, si potrebbe affermare che Goldoni è un conservatore incline al
progressismo. Dotato di cultura non vastissima, ma di ingegno raffinato e di grande
buonsenso e amore per la vita, si connota come letterato investito del compito di traghettare il
suo pubblico da un momento storico e culturale ad un altro, per mezzo, soprattutto, di quella
riforma che si attua con un graduale abbandono della Commedia dell’Arte. Tale processo di
rinnovamento avviene con la progressiva eliminazione di tutti gli elementi fantastici e
inverosimili e dell’improvvisazione, la quale sarà sostituita da una completa scrittura delle
parti degli attori.
La riforma si presenta anche come riforma ideologica, infatti i personaggi goldoniani,
durante il corso della sua produzione artistica, diventano sempre più realistici, le storie più
verosimili, e la borghesia rappresentata in scena prende il sopravvento sulla ormai irrequieta e
vacillante aristocrazia. Tale cambiamento storico-politico però, non dobbiamo dimenticarlo,
non si realizza in modo indolore, e la nobiltà veneziana, ormai consapevole della propria
decadenza, tenta strenuamente di conservare privilegi e potere. In questa complessa
situazione, GOLDONI si vede costretto a trasformare in toscani o napoletani, i nobili che
intendeva ridicolizzare, in modo da evitare le reazioni della censura veneziana.
11
Interessante altresì, è il ritorno di GOLDONI alla “classicità”: egli infatti fa in modo che
le sue opere si svolgano nello stesso luogo e nello spazio temporale di un giorno, e che
l’intreccio principale non venga affiancato da altre narrazioni parallele.
Infine, a fianco del rinnovamento tecnico e di quello ideologico, nelle commedie di
Goldoni, si realizza anche un cambiamento linguistico, spesso criticato e discusso: egli infatti
passa con gradualità, dal plurilinguismo al monolinguismo, riscrivendo talvolta le sue
commedie in “toscano”, che però fu considerato troppo scolastico, convenzionale e non
appartenente alla lingua viva.
Molto diverso è invece il suo veneziano, che conosce perfettamente, e che pur
risultando come un compromesso tra il linguaggio colto di una parte della popolazione e
quello spontaneo e vivace di un’altra, non perde mai aderenza alla vita reale.
3) UNA OPERA: LA LOCANDIERA
La locandiera viene messa in scena al teatro Sant’Angelo di Venezia il 26 dicembre
1752, al termine dei cinque anni trascorsi da GOLDONI come poeta di corte nella compagnia di
Guglielmo Medebac, la cui moglie e prim’attrice, era stata ispiratrice ed interprete fino ad
allora di molte sue commedie. Il deteriorarsi dei rapporti con MEDEBAC e l’ingresso in
compagnia, nel 1751, della “servetta” Marliani, fanno sì che GOLDONI, abbandonata la sua
musa: rivolga le sue attenzioni alla giovane Marliani, donna nuova e vivace, e le ricami
addosso il personaggio di Mirandolina.
Ne La locandiera, GOLDONI sembra compiere appieno quell’opera di riforma tecnica
che consisteva nella sostituzione di commedie scritte a quelle improvvisate della Commedia
dell’Arte. Ma, oltre la tecnica, ne La locandiera e nella sua protagonista, si visualizza,
attraverso l’artificio scenico, quel mutamento, già ampiamente in atto nella vita reale, che
vede la borghesia conquistare maggior spazio a danno della nobiltà veneziana, dapprima quasi
pacificamente coesistendo, per poi acquisire un primato che andrà via via consolidandosi
negli anni successivi.
D’altra parte, la storia di una donna che rifiuta Conti, Marchesi e Cavalieri, per
impalmare Fabrizio, umile borghese quanto lei, al fine di governare meglio la locanda, non
può che essere una tipica allusione alla novità dei rapporti tra borghesia e nobiltà, in quel
particolare momento storico.
Quanto al realismo a cui allude Petronio e di cui la critica ha lungamente discusso,
significativa e dissonante è invece la posizione di S. D’AMICO, che descrive le ambientazioni
e le atmosfere goldoniane, senza eccezioni.
Mirandolina è un’ottima locandiera, tesa soprattutto a far funzionare alla perfezione il
suo albergo, e con grande senso pratico, mescolato al sapiente uso dell’ingegno finisce per
chiedere a Fabrizio, onesto innamorato senza illusioni, di sposarla, facendosi beffe di tutti gli
altri spasimanti. Sono gli altri personaggi invece, a risultare irritanti e condannabili: il Conte
parvenu e spendaccione; il Marchese spocchioso visionario d’una antica ricchezza e d’una
presente, inutile nobiltà e il Cavaliere misogino, sprezzante, ma più di ogni altro raggirabile e
ingenuo. E Mirandolina, su tutti, tesse la sua tela di donna esperta e pratica, che non si fa
incantare da nulla, che intuisce ogni menzogna e che, per suo unico piacere si diverte a
conquistare il cuore di uomini presuntuosi, che poi inevitabilmente rifiuterà. L’immagine che
Mirandolina mostra di sé, ammiccando con il pubblico e con la storia, zittisce ogni commento
critico sul suo personaggio: la locandiera, più che onesta o crudele, più che infida o virtuosa, è
un’efficiente donna d’affari, che pone la locanda al centro della sua vita e che al suo buon
andamento, subordinerà sempre e oltre qualsiasi apparenza, ogni motteggio ed ogni lusinga.
In questo forse, è riconoscibile uno dei primi veri ritratti di donna moderna che il teatro ci ha
offerto.
C) IL NOVECENTO: LUIGI PIRANDELLO (1867-1936)
12
1) BIOGRAFIA
Al principio, Luigi PIRANDELLO è un professore di litteratura italiana. Incomincia a
scruvere solamente in 1910. La riconoscenza internazionale viene in 1921 con la opera Sei
personaggi in cerca d’autore. In 1934, l’autore ottiene il Premio Nobelle di litteratura.
PIRANDELLO fa evoluzionare conderevolmente la tecnica teatrale rigettando le regole
imposte per il realismo. Permette anche al teatro del suo tempo di liberarsi dei accordi fuori di
moda. Di più, l’autore prepara la via al pessimismo esistanzialista di SARTE12 e di ANOUILH13,
la via alle comedie assurde di IONESCO14 e di BECKETT15, la via al teatro in versi di ELIOT16.
Nelle sue opere di teatro, PIRANDELLO mette in scena la perdita di segni degli individui
moderni. I personaggi vivono una esistenzia piena di contraddizioni grottesche. L’autore vede
l’individuo non come una realtà definita, ma come una combinazione di personalità natte
della moltitudine dei riguardi portati su l’individuo. Questo relativismo rimanda i personaggi
di PIRANDELLO a essi stessi: obbligati a cercare la realtà al fondo del loro proprio essere,
cappiscono che sono esseri instabili e inesplicabili, ma anche che la realtà estera è alla loro
imaggine. PIRANDELLO arriva a comunicare di manera umoristica il pessimismo profondo e la
pietà che l’autore sente nella confusione del genere umano.
Le opere i più importante di PIRANDELLO sono quelle dove si abbandonna il “teatro nel
teatro”, cioè dove l’illusione teatrale costituisce lo soggetto della opera. Questo stilo è
illustrato in Sei personaggi in cerca d’autore (1921), opera che ha una influenza determinanta
su l’evoluzione del teatro europeano. Questa opera constituisce un tipo di trilogia con Come
qui (o come questo) (1924) e con Questa notte se improvvisa (1930).
Pirandello è anche conosciuto per le sue novelle, riordinate in una raccolta: Novelle per
un anno (postumo). Inoltre, è l’autore di saggi critici sul lavoro del scrittore come Umorismo
(1908). E’ anche un autore di poemi di una certa tonalità lirica. Finalmente, è l’autore di
romanzi come l’Esclusa (1901), Fuoco Mattias Pascal (1904) e I Viecchi e i giocchi (1913).
2) IL TEATRO DI PIRANDELLO
Il teatro di PIRANDELLO è un teatro della provocazione e della contestazione. Sembra
che l’autore sia totalmente conscio di compiere una rivoluzione nel mondo del teatro. Le
critiche di questa epoca definiscono esso nuove tipo di teatro come una negazione della valore
dei caratteri e della rimessa in causa della nozione di personaggio.
Tuttavia, PIRANDELLO metta in scena questa conscienza critica della nozione di
personaggio nella opera Sei personaggi in cerca d’autore: sei personaggi vengono interropere
sulla scena i repetizioni del Gioco dei Ruoli per contestare la validità degli attori pretendando
giocare quello che non sono. Questo “nuove teatro” può anche definirsi con il suo carattere
reflessivo e intellettuale: non si rappresentamo più i conflitti d’interessi e di passioni, ma è
possibile rappresentarsi i conflitti interni del pensiero e la crisi della conscienza. Dunque,
questa definizione permette di rimettere in causa il teatro tradizionale.
13
Il teatro nel teatro ha allora un carattere provocatore. Al tempo della prima
rappresentazione di Sei personaggi in cerca d’autore, come se ha precisato sui cartelli
“comedia da fare”, i spettatori interrompono la rappresentazione perchè estimano che si burla
di essi. Più tarde, in Questa notte, S’improvvisa, il pubblico può participare senza nessuna
precizione dell’autore. E’ questo momento che è una rivoluzione nel teatro.
Ma i borghesi sono rapidamente conquistati per questa rivoluzione formale che gli
permette fare (allorche l’Europa guarda con inquietudine lo svolgimento della Rivoluzione
Russa) la loro autocritica senza rimettere in causa le struttire economiche e sociali. Da questo
momento, tutta l’Europa adotta nell’entusiasmo il “Pirandellismo”.
3) UNA OPERA: SEI PERSONAGGI IN CERCA D’AUTORE
L’opera mette l’accento sulla separazione tra la finzione e la realtà. Insista anche sulla
lotta tra due elementi distinti: i personaggi di una opera drammatica qualunque e gli attori
incaricati d’interpretare questi personaggi.
Sulla scena di un teatro senza ornamento, allorche gli attori ripettono una opera, un
grupo di persone (probalmente della stessa famiglia) fa irruzzione: il Padre, piccolo borghese
di cinquant’anni; la Madre, un può smorta e trista; la Figlia, ardente e bella; il Figlio e due
altre bambini più giovanni.
Il Padre spiega al Direttore-di-scena, stupefatto, che la sua famiglia è nata della
imaginazione di un autore. Quest’ultimo ha datto vita ai sei personaggi, ma non ha riuscito a
sciogliere la loro storia. Come sono consegnati a loro stessi, si sono messi alla ricerca di un
drammaturgo per sortir del caos. E’ per questo che se affidano al Direttore-di-scena. In fatto,
ciascuno è preoccupato di chiarire il suo proprio caso, di giustificarsi e di intenerirsi su luistesso.
Tutto l’intrigo si riasume in uno stato di fatto, in una volta miserabile e tragico in tutta la
sua nudità: si tratta di un raccorciato della vita umana nella sua volgarità.
La Madre ha sposato il Padre e le aveva dato un figlio. La Madre, poi, si ha innamorato
dello segretario del suo marito e le da tre bambini. Poi, i genitori si sono perduti di vista. Alla
morta del amante, la Madre è ritornata installarsi nella città. E’ allora che la Figlia incontra
una certuna Signora Pace che, sotto l’insegna di un comercio di moda, tiene una casa di
appuntamento. E’ qui che il Padre e la Figlia (ignorando la loro parentela) si ritrovano.
Frattanto, la Madre soppravviene e dice la verità. Vergognoso delle sue desideri,
soccombendo sulle accuse di sua figlia, il Padre decide di accogliere la famiglia nella sua
casa. Ma il Figlio non vuole tollerare la presenzia di queste persone che considera come
intruse. Mentre la Madre supplica suo Figlio di essere meno intransiggente, un doppio
dramma si svolge. Questo dramma costa la vita ai due bambini: la Bambina si annega
cadendo nello stagno del giardino, e suo fratello si tira un pallottola nella testa. La Figlia sola
torna in se, ma per partire subito con uno scoppio di risa amaro.
Questo è l’embrione della commedia che il Direttore-di-scena si sforzarà di fare vivere
ma invano, perche la vita si adatta male al languaggio utilizzato per il teatro. Infatto,
Pirandello non cessa d’ironizare sulla leggerezza con la quale il Direttore-di-scena e gli attori
si sforzano di fare entrare nel loro universo convenzionale esse crature vivante che sono i
personaggi.
14
Conclusione
L’evoluzione del teatro si vede grazie a molti elementi: la scritura, il gioco degli attori e
il pubblico. C’è un legame tra questi tre gruppi. In effetto, possiamo dire che c’è una certa di
critica della società nelle opere teatrali.
I problemi che affronta MACHIAVELLI non sono mai problemi astratti, non sono mai
problemi che si pongono sul piano delle categorie universali, ma sono problemi collegati alla
valutazione e alla soluzione di una situazione storico-politica concreta, quella dell'italia nei
primi decenni del sec. XVI. Per questo, non è la scoperta della categoria dell'utile diversa e
distinta dalla categoria della morale l'elemento caraterizzante del pensiero machiavelliano:
Non già che il problema dell'autonomia della politica, rispetto alla morale, non sia stato
effettivamente da lui posto. Basterebbe pensare al capitolo del principe dedicato a coloro che
sono venuti al Principato per scelleranza all'esaltazione del Valentino o al capitolo XVIII
della sressa opera dove si pone il problema se i principi debbano mantenere gli impegni presi.
Certo i personaggi di GOLDONI non hanno l’universalità degli archetipi tracciati da
MOLIÈRE17, né nei protagonisti IBSEN18 (per esempio), ma la nozione del tipico, come sostiene
Lunari, può in certi tratti emblematici, sostanziarsi anche in loro. Altro aspetto su cui i critici
hanno molto discusso, è la cosiddetta moralità di cui GOLDONI avrebbe rivestito la sua
locandiera. In realtà GOLDONI sembra, con questa stessa osservazione, strizzare l’occhio al
suo pubblico, dichiarandosi in seguito, egli stesso rassegnata vittima di quel tipo di donna che
tanto vitupera. L’immagine di MIRANDOLINA che la commedia ci rimanda, non è certo quella
di una donna crudele o subdola, anzi, è implicito nell’esprimersi della protagonista,
un’adesione dell’autore all’intelligenza, al buon senso e al fascino che la caratterizzano.
Sei personaggi in cerca d’autore di PIRANDELLO è, dapprima, una rimessa in causa del
teatro che è possibile chiamare il “teatro tradizionale”. In efetto, questa opera mostra
realmente (e di manera moderna) come un attore rientra nella pelle del personaggio che dove
giocare. Si tratta anche di vedere come una compagnia è dirita e come si svolge una
repetizione. A questa rifflessione si aggiunge una rifflessione filosofica. Si tratta di una
rifflessione sul’essere (la sua faccia nascosta e la sua esistenzia). In questa opera, PIRANDELLO
mostra anche la parte d’icosciente grazie ai sei personaggi (la cosciente è rappresentata per la
compagnia e per il suo direttore-di-scena).
Con questi tre autore, possiamo vedere che c’è un punto commune: nelle opere o nel
pensiero del autore, c’è una critica della società. Dicevo ante che l’evoluzione è possibile
grazie al autore: quest’ultimo (come PIRANDELLO) rimette in causa i regole del teatro. E’
dunque una evoluzione tanto dal punto di vista della critica della società che della rivoluzione
interna al teatro.
15
Note Biografiche
12345678-
9-
10-
11121314151617-
18-
SENECA: scrittore dei Contreverses (documenti su l’educazione oratoria alla seccolo I).
Vittorio ALFIERI: scrittore italiano (1749-1803), autore di tragedie che propongono un
ideale di volontà e d’eroismo.
Alessandro MANZONI: scrittore italiano (1785-1873), autore di di un romanzo storico (I
Fidanzati, 1825-1927) che è un modello per il romanticismo italiano.
Maurice MAETERLINCK: scrittore belga d’espressione francesa (1862-1949). Va dello
simbolismo al misticismo nelle sue tragedie.
Oscar WILDE: scrittore irlandese (1854-1900). Adepto dell’estetismo, celebre tanto col
suo personaggio quanto la sua opera: novella, teatro, romanzo. Fu incarcerato per un
processo di costumi e s’esiliasse in Francia.
Gabriele D’ANNUNZIO: scrittore italiano (1863-1938). Autore di poesie, di opere teatrali
e di romanzi dove è possibile vedere il culto della belezza e il raffinamento simbolisto
applicato alla vita e alla opera d’arte.
George Bernard SHAW: scrittore irlandese (1856-1950). Autore di romanzi e di opere
teatrali dove si manifesta il suo spirito e il suo pessimismo.
Johann Wolfgang VON GOETHE: scrittore tedesco (1749-1832). Grazie alla sua
esperianza dell’Italia, della Rivoluzione Francese, della politica e delle sue richieste
scientifiche evolua verso un arte più classico che prende una forma autobiographica e
simbolica.
Girolamo SAVONAROLA: domenicano italiano (1452-1498). Priore al covento di SanMarco a Firenze, predicatore ardente. Le sue sermoni combattono l’arte e tutte le vanità.
Stabilisce a Firenze una nuova costituzione, insieme teocratica e democratica (14941497). Scomunicato sotto Alessendro VI, è impiccato e poi bruciato.
Immanuel KANT: filosofio tedesco (1724-1804). Riceve di sua madre una educazione
morale rigorosa. Mette la raggione al centro del mondo. Uomo impegnato nei dibattiti
del suo seccolo, KANT ha una influenza determinanta sulla modernità grazie alla sua
opera.
Giovanni BOCCACCIO: scrittore italiano (1313-1375). Autore d’idilli mitologiche,
alegoriche o psicologiche e del Decameron. Fu il primo grande prosatore italiano.
Jean-Paul SARTRE: filosofio e scrittore francese (1905-1980). La filosofia di SARTRE è
marcata per la fenomenelogia.
Jean ANOUILH: scrittore drammatico francese (1910-1987). Il suo teatro cammina dalla
fantesia delle opere “rosa” allo pessimismo delle opere “nere”.
Eugène IONESCO: scrittore francese (1912-1994). Il suo teatro denunzia l’assurdità
dell’esistenzia e delle relazioni sociali grazie a un universo parodico e simbolico.
Samuel BECKETT: scrittore irlandese (1906-1989). Autore (in inglese e poi in francese)
di romanzi e di opere teatrale che sperimentano l’assurdità della condizione umana.
Thomas Stearn ELIOT: poeta inglese (1888-1965). Fa una critica della societa con la
mitologia antica.
Jean-Baptiste POQUELIN, dit MOLIÈRE: autore drammatico francese (1622-1673) Figlio
di un tappezziere, fa studie di giurisprudenza prima tornarsi verso il teatro. Crea colla
famiglia di attore i Bejart l’Illustre-Théâtre (1643), teatro che falle. Dirige allora durante
15 anni (1643-1658) un gruppo di attore ambulanti.
Henrik IBSEN: autore norvegese (1828-1906). Autore di dramme d’inspirazione
dilosofica e sociale.
16