Occhio di Sole (fiaba dall’Islanda) Nella solitaria isola d’Islanda, un minuscolo villaggio di pescatori si affacciava sulla riva del mare. Tutte le barche erano state tirate in secco perché era la notte di Natale. E proprio quella notte, in una capannuccia, venne al mondo un bambino. I suoi capelli erano d’oro e i suoi occhi così azzurri e allegri che tutto quello che guardava brillava di una luce più viva. “Come lo chiameremo?” chiese la madre pensierosa alle vicine che erano venute ad assisterla. E le vicine, che se lo mangiavano con gli occhi come fosse stato un loro nato, risposero: “Non c’e’ nome più adatto per lui che Occhio di Sole”. Passarono gli inverni e le estati: gli inverni in Islanda sono molti lunghi, durano quasi tutto l’anno, mentre le estati sono brevi brevi. Ma se aveste chiesto a Occhio di Sole quale fosse per lui il giorno più bello dell’anno vi avrebbe risposto senza incertezze: “Oggi!” perché per lui nessun giorno era più bello di quello che stava vivendo. “Oggi” era quel giorno in cui andava alla spiaggia con gli altri monelli del villaggio a costruirsi una capanna con le ossa di una vecchia balena trovata incagliata tra i ghiacci. “Oggi” era quell’altro giorno in cui costeggiava in barca gli scogli pescando alla lenza i lucenti pesci del mare. “Oggi”, ancora, quando correva con Tyra a raccogliere i primi fiori del disgelo. Occhio di Sole non avrebbe rinunciato per tutto l’oro del mondo alla compagnia di Tyra, che era una bambina sbarazzina, coraggiosa e bella come lui, e come lui nata nell’isola solitaria, fra i ghiacci del nord, in quella buia notte di Natale. Un giorno però Occhio di Sole si allontanò da solo e si trovò in luoghi dove era vietato avventurarsi, tra i monti dove vola la Regina dei Ghiacci. Tutti gli abitanti del villaggio avevano un grandissimo timore della Regina, e al solo nominarla abbassavano la voce. Talvolta, quando la bufera imperversava per settimane intere, e occorreva restare tappati in casa davanti al focolare, le vecchie raccontavano che la Regina scendeva dalle sue confinate dimore e attraversava il villaggio in una slitta di vetro trainata da nove cavalli bianchi che avevano grandi ali d’argento. La regina aveva per manto una pelliccia di volpi polari e due pelli di orso bianco che le facevano da coperta, ma il suo corpo era lo stesso così freddo che chiunque lo avesse per disgrazia toccato si sarebbe tramutato all’istante in un blocco di ghiaccio. Occhio di Sole, Tyra e tutti gli altri ragazzi, rabbrividivano a questo racconto e avvicinavano ancor di più le mani al camino. “La Regina è anche la più bella creatura del Nord. Ma guai a chi osa guardarla: ne rimane incantato e diventa all’istante un suo servitore di ghiaccio”. Il racconto aveva stregato Occhio di Sole che continuava a pensare alla bianca Regina. Ed alla fine si era deciso a vederla, almeno una volta. Ora camminava tutto solo tra i monti coperti di neve e battuti dal vento. In ogni turbine credeva di scorgere la slitta fatata, e nei ghiacci che precipitavano dalla montagna gli sembrava di sentire il galoppo dei cavalli dalle ali d’argento. Ma la sua ricerca continuava, perché la Regina volava nella bufera, ancora lontana, e lui era sempre più stanco. Alla fine si addormentò sul ciglio del burrone. Tyra, che non l’aveva visto per tutto il mattino, si impensierì quando non lo vide tornare neppure per pranzo. Senza salutare nessuno si avviò per le montagne, sfidando la bufera, che, sempre più impetuosa, vorticava a precipizio giù dalle cime. Le raffiche di vento gelato la spingevano indietro, la neve le accecava gli occhi, l’oscurità avvolgeva ogni cosa, ma la fanciulla era guidata dall’amore per Occhio di Sole sperduto lassù. Ed era stremata quando udì avvicinarsi un galoppo di cavalli. Allora si mise a correre a perdifiato dritta nel cuore della tempesta, vincendo ogni paura, col solo timore che la Regina dei Ghiacci le avesse già rapito Occhio di Sole. La Regina infatti era scesa dalla slitta di vetro e ammirava incantata la bellezza del fanciullo. Voleva svegliarlo e farne il suo paggio di ghiaccio, quando sentì vibrare il calore del cuore di Tyra. La Regina odiava il calore dei camini, ma ancora di più il calore dei cuori. Infastidita, risalì sulla slitta, ma prima soffiò sul cuore di Occhio di Sole, che diventò d’improvviso freddo come il suo. Poi frustò i cavalli e la tempesta si allontanò con lei. Occhio di Sole fu salvo, ma da allora non cercò la compagnia dei monelli come lui, e se Tyra gli proponeva un gioco, rispondeva con una sola parola: “Sciocchezze!”. Quell’anno volle imbarcarsi su un veliero per pescare i grandi banchi di aringhe, ma dopo pochi giorni di navigazione , si scatenò una tempesta, l’albero maestro fu spezzato, e un’ondata gigantesca strappò il timone. Lo scafo, ormai ingovernabile, fu spinto lontano come un guscio di noce e alla fine si schiantò contro i ghiacci che circondavano il Castello del Polo. Era questa la reggia della Regina dei Ghiacci, dove ella riposava al ritorno dai suoi viaggi, seduta su un immenso diamante, da cui emanava la luce di porpora dell’Aurora Boreale. Verso quella luce i incamminò subito Occhio di Sole, unico scampato al naufragio. Vide la Regina sul suo trono scintillante: essa lo guardò e lo tramutò all’istante nel suo paggio di ghiaccio. Intanto Tyra attendeva il ritorno del veliero di Occhio di Sole. I mesi passavano uno dietro l’altro, ma solo le onde arrivavano a infrangersi ai suoi piedi. “Cosa speri di vedere all’orizzonte, bella fanciulla?” chiese una foca bianca, impietosita dalla tristezza del suo giovane volto. “Spero che un giorno torni il mio amato Occhio di Sole, e che i suoi occhi facciano splendere tutta la baia, anche se sarà la notte più lunga e profonda dell’anno” rispose Tyra con la voce rotta dall’emozione. “Lo aspetterai per sempre, mia bella fanciulla, perché egli contempla il diamante e il trono della Regina dei Ghiacci.” Stava già per rituffarsi tra le onde quando Tyra la richiamò: “Foca bianca, ti prego, non andartene. Ma dimmi: Mi porteresti in groppa fino laggiù?” E la foca bianca la caricò sulla groppa e nuotò nel mare fino al Castello del Polo per certe sue vie segrete, fino al lago che si apriva nella sala del trono. Là mille statue di ghiaccio fissavano immobili il grande diamante su cui ora non sedeva nessuno, perché la Regina era in viaggio lontana. Tyra cercò affannosamente tra tutte e quando finalmente riconobbe Occhio di Sole, gli saltò al collo stringendoselo forte forte al petto, piangendo di gioia e di dolore, perché Occhio di Sole restava impietrito. Ed ecco che, d’un tratto, una lacrima cadde sul cuore del giovane paggio di ghiaccio, che, come d’incanto, si svegliò, si guardò attorno confuso e , finalmente, dai suoi begli occhi sgorgarono calde le lacrime di gioia. Tyra e Occhio di Sole fuggirono insieme, e a cavallo della foca bianca tornarono al loro villaggio dove vivono ancora felici.