I bambini e l’arte Bambini in Europa 2008 Benvenuti al numero 1/2008 di “Bambini in Europa”, sul tema “I bambini e l’arte”. Coordinatrice editoriale di questo mese è Joan Parr, del Consiglio Scozzese per le Arti. Come sempre raccogliamo esperienze provenienti da diversi Paesi europei, questa volta concentrandoci sul ruolo dell’arte nel curriculum per l’infanzia, proponendo alcuni esempi significativi di buone pratiche, di persone e strutture che lavorano con l’arte e l’infanzia, dal Portogallo alla Svezia, dalla Norvegia all’Italia, dal Brasile alla Palestina. Il messaggio che emerge è evidente: l’arte gioca un ruolo importante per tutti, per i bambini come per gli adulti, è centrale nell’apprendimento, nell’insegnamento e nella vita; l’arte deve essere un diritto fondamentale dell’infanzia. “Bambini in Europa” viene pubblicato nelle diverse lingue dei Paesi partner, e viene ora distribuito nelle varie traduzioni anche in molti Paesi dell’Est Europa. Siamo inoltre felici di annunciare che questo numero verrà pubblicato anche in Polonia e Romania. Speriamo che questo sia soltanto l’inizio di una collaborazione duratura e sempre più allargata, in un progetto condiviso che testimonierebbe che siamo davvero una rivista per e dei bambini in Europa. Peter Moss Bambini in Europa 2008 ......................................................................... Direttore responsabile: Ferruccio Cremaschi Direttore: Peter Moss Coordinamento editoriale di questo numero: Joan Parr Edizione italiana curata da Luisa Carminati, Michela Bendotti e Chiara Bartesaghi Traduzioni: Chiara Bartesaghi, Federica Caratelli e Maria Antonietta Chiaffoni Impaginazione: Michela Bendotti Stampa: Tecnoprint S.n.c., Romano di Lombardia (BG) Finito di stampare nel mese di maggio 2008 edizioni junior srl Viale dellʼIndustria - 24052 Azzano S. Paolo (BG) tel. 035.534123 - fax. 035.534143 [email protected] www.edizionijunior.com/bambini ABBONAMENTO ANNUO Euro 31,00 - Un fascicolo Euro 6,20 I versamenti vanno effetuati sul conto corrente postale n. 25287228 intestato a: “bambini” Anno VIII, n. 1 aprile 2008, quadrimestrale. Registrazione del Tribunale di Bergamo, n. 35 del 24 luglio 2001 Informativa per gli abbonati: i dati personali sono trattati elettronicamente e utilizzati esclusivamente da Edizioni Junior S.r.l. per lʼinvio di informazioni sulle proprie iniziative. Ai sensi dellʼart. 13 L. 675/96, sarà possibile esercitare i relativi diritti, fra cui consultare, modificare e far cancellare i dati personali. 2 Lavorare con l’arte: un diritto e un’opportunità per tutti JOAN PARR 4 Il ruolo dell’arte nel curriculum per la prima infanzia 5 L’arte nella formazione degli educatori della prima infanzia 6 Valorizzare la creatività nei bambini COLWYN TREVARTHEN 9 Sull’arte e l’educazione HERWIG DEWEERDT 10 L’arte per l’arte? RICHARD HOLLOWAY 12 Creatività: maneggiare con cura PIERO SACCHETTO 14 Il coraggio dei sogni VEA VECCHI 17 Generazioni riunite 18 Trasformare la realtà ANA ANGÉLICA ALBANO 20 Un luogo per le arti WENCHE RØNNING, LILLIAN SELVIK, ANNE SOFIE SKOGVOLD, TORUNN BAADE 22 Basta un click... ELISA MARQUES, PEDRO SOUSA 24 Un curriculum per arte e mestieri creativi IDA BERENDSEN 26 È magnifico avere il “Culture Team” ANNIKA CLAESDOTTER FOCUS ON 27 In Palestina si concentrano... sulla musica con il contributo della Fondazione Bernard Van Leer Bambini in Europa 1 Editoriale Lavorare con l’arte: un diritto e un’opportunità per tutti Joan Parr Ho avuto la fortuna di prendere parte alla conferenza Unesco sull’Educazione all’Arte, tenutasi a Lisbona nel 2006. Durante l’incontro, Ken Robinson, Direttore delle Politiche Educative del centro “John Paul Getty” di Los Angeles, raccontò la storia di un bambino impegnato a fare un disegno in classe. La maestra domandò che cosa stesse disegnando. “Sto facendo un ritratto di Dio” fu la risposta. “È interessante”, disse la maestra, “credevo che nessuno sapesse come è fatto Dio”. “Lo sapranno fra un minuto” rispose il bambino. Chiunque abbia lavorato assieme ai bambini conoscerà aneddoti simili a questo, storie che legano le arti con la creatività, la fiducia, l’esplorazione, la scoperta, la conoscenza e il divertimento, in una combinazione efficace in termini di sviluppo, sia personale che collettivo. La conferenza dell’Unesco ha rappresentato un evento significativo a diversi livelli: per la prima volta il tema dell’educazione all’arte ha avuto un importante rilievo a livello internazionale, offrendo ai delegati l’opportunità di cogliere un’istantanea delle diverse problematiche ed esperienze, di fronte ai responsabili per le politiche educative e a professionisti provenienti da vari contesti politici e sociali. La conferenza ha inoltre dato vita alla Road Map for Arts Education1 (il piano dell’Unesco per l’Educazione all’Arte), la quale pone come punto di partenza la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e individua una lista di raccomandazioni di rilevanza internazionale. Molti dei temi della Road Map si riflettono nei contributi di questo numero. C’è un’ironia ricorrente che vale la pena menzionare. Emerge negli articoli di Herwing Deweerdt, Richard Holloway e Colwin Trevarthen, quando ci ricordano che “noi adulti siamo intimoriti di fronte alla spontaneità dei bambini”, che abbiamo 2 Bambini in Europa “relegato il gioco alla nostra infanzia...”, che “il genio non è altro che la capacità di riappropriarsi a piacimento della condizione dell’infanzia”, o ancora che “i bambini sono nati per essere degli artisti creativi” e che “l’arte intuitiva va oltre il semplice gioco”. Tutti gli adulti hanno molto da imparare dai bambini per la capacità di ricollegare quelle che Helena Rodrigues chiama, nel contesto musicale, “le componenti del corpo e della mente: fisiologiche, razionali, emotive e spirituali”. E così come valutiamo i modi più efficaci per sviluppare le forme di educazione all’arte per la prima infanzia, dobbiamo anche riconoscere che un approccio incentrato sul bambino apporta benefici agli esseri umani di tutte le età. Nel suo articolo Colwin Trevarthen cita Alfred North Whitehead: “Il paradosso che rovina numerose teorie educative promettenti sta nel fatto che la formazione, che genera abilità, sia così incline a soffocare l’entusiasmo dell’immaginazione”. È per questo che ritengo che abbiamo la possibilità di imparare dai bambini, sia che si tratti di utilizzare la tecnologia in modi nuovi per leggere e interpretare, come nell’esempio del Portogallo, sia che si abbia l’opportunità di sedersi tranquilli attorno a una profonda vasca con immersa una scultura di pietra, guardando la superficie dell’acqua, pensando, filosofando (perché no?), come nel caso della Norvegia. La centralità dell’arte nell’educazione e nell’apprendimento è argomento di molti dei contributi di questo numero. Un altro tema è quello dall’arte intesa come comunicazione o linguaggio; Ana Angélica Albano ci offre esempi significativi dal Brasile, così come fa Ida Berendsen dalla Danimarca, descrivendo il Progetto “Ramatising”. La relazione fra arte e creatività è un altro dei temi trattati. Quando a Ken Robinson è stato chiesto di definire la creatività, egli ha risposto: “L’immaginazione consiste nella capacità di avere pensieri originali e la creatività nell’applicare l’immaginazione”. Alcuni fra gli autori dei contributi nutrono tuttavia delle riserve nei confronti della “creatività”: Herwig Deweerdt, ad esempio, sostiene che, invece di utilizzare termini come “arte” o “creatività”, con i bambini si dovrebbe parlare semplicemente di “linguaggio”.2 Il curriculum in Scozia ha assunto la forma delle linee guida, piuttosto che della prescrizione, e sta attraversando un processo di completa revisione. Ci sono molti elementi del nuovo curriculum chiamato “Curriculum for Excellence” In Scozia, come anche in altri Paesi, stiamo attualmente esplorando nuovi modi per tradurre in realtà l’aspirazione dei più giovani ad esprimere pienamente le proprie potenzialità; credo che “nutrire” la creatività dei più piccoli sia fondamentale a questo scopo.3 (www.curriculumforexcellencescotland.gov. uk), che forniscono un enorme potenziale all’educazione all’arte. I documenti pubblicati finora stabiliscono che lo scopo dell’educazione sia quello di “rendere tutti i bambini capaci di divenire allievi di successo, soggetti attivi, cittadini responsabili e individui fiduciosi”. Emerge la volontà, fra le altre, di abbattere la compartimentazione fra discipline specifiche, di favorire una maggior collaborazione degli insegnanti con altri professionisti in classe e di formulare nuove e sperimentali opportunità di apprendimento. L’arte e la cultura offrono possibilità concrete ed efficaci di coronare questi obiettivi e di inserirli nei programmi educativi “ufficiali”. La creatività non è di dominio esclusivo dell’arte. La scienza razionale nel “Curriculum for Excellence”, ad esempio, ha qualcosa di interessante da raccontarci riguardo al nutrire la curiosità e l’esplorazione, componenti necessarie della creatività. Alcuni degli articoli di questo numero, inclusi quelli di Piero Sacchetto e gli studi sull’atelier “Raggio di Luce” di Reggio Emilia, o l’esempio danese di Værkstedsfag, illustrano la naturale connessione fra creatività, scienza e arte. giorno, sia nei singoli Paesi sia a livello di Comunità europea. Questo offrirà l’occasione di condividere le buone pratiche e le esperienze e, speriamo, ci confermerà che stiamo facendo progressi e che, con l’aiuto dei bambini, stiamo percorrendo assieme la medesima strada. Il Consiglio Scozzese per le Arti, in associazione con il Governo scozzese e varie autorità locali, sta esplorando un metodo innovativo di lavoro intercurriculare, tramite gruppi di artisti e insegnanti impegnati in insegnamenti trasversali al curriculum. Questo ha portato a collaborazioni fra insegnanti di educazione fisica e ballerini, maestri di matematica e fotografi ecc.4 1 http://portal.unesco.org/culture/es/ev.php-URL_ content/gdocs/rhetorics.pdf. Questo rapporto esamina il concetto di creatività, analizzando nove usi differenti del termine, e “propone un modo originale di districarsi all’interno dell’ampia serie di teorie e interpretazioni di questo concetto”. 3 Su questo tema è disponibile un interessante rapporto, scritto da Paul Roberts per il Dipartimento Inglese dei Bambini, Scuole e Famiglie: www.culture. gov.uk/Reference_library/Publications/archive_2006/ nurturing_creativity.htm 4 Ulteriori informazioni sul progetto “Arts Across the ID=30335&URL_DO=DO_TOPIC&URL_SECTION=201. html Curriculum” all’indirizzo www.scottisharts.org.uk/1/ information/publications/1002034.aspx 2 Per chi fosse interessato a ulteriori approfondimenti Traduzione di Chiara Bartesaghi sul tema della creatività, rimando a una recente pubblicazione del Consiglio Inglese per le Arti dal titolo The rethorics of creativity: a review of the literature, disponibile all’indirizzo www.creative-partnerships.com/ Joan Parr è Responsabile dell’Educazione nel Consiglio Scozzese per le Arti Una frase celebre di Einstein diceva: “Quando esamino me stesso e i miei metodi di pensiero, arrivo alla conclusione che il dono della fantasia ha rappresentato per me molto di più che la mia capacità di assorbire conoscenze scientifiche”. I fatti hanno una valenza limitata senza l’aggiunta dell’immaginazione; le teorie, anche le più accreditate, hanno poco valore se non possono essere condivise con altre persone, e per condividerle è necessario utilizzare parole, immagini, suoni e movimento, in altre parole, l’arte. E con questo torniamo al tema della comunicazione. Il Governo scozzese sta anche finanziando tredici Progetti di “Cultural Pathfinder” (“Esplorazione culturale”) in tutto il Paese (www.scotland. gov.uk/Topics/ArtsCulture/CulturalPolicy/ workingroup). L’obiettivo di questi progetti è di esaminare i metodi di sviluppo dei diritti e della pianificazione culturale. Sono sviluppati da autorità locali dell’Associazione per il Piano Comunitario (Community Planning Partnership) e focalizzano la propria attenzione sulle comunità sottorappresentate in termini di partecipazione sociale. Un progetto di questo tipo è ospitato dalle provincie di Renfrewshire ed East Renfrewshire e dal Consiglio di Inverclyde, ed è incentrato sui bambini in età prescolare, sui loro genitori e assistenti delle aree a rischio sociale. I contributi giunti da Norvegia e Palestina illustrano molto efficacemente il nesso fra arte e identità locale. Nelle parole in movimento di Ramzi Abu Redwan, la musica “costituisce un modo di preservare la propria identità, in una condizione di occupazione dove si fa di tutto per cancellarla”. Spero che questa pubblicazione possa aiutare a portare l’argomento all’ordine del Bambini in Europa 3 Il ruolo dell’arte nel curriculum per la prima infanzia Belgio (Fiandre) Non esiste un curriculum 0-3 anni. Il curriculum 2,5-6 anni si basa su obiettivi di sviluppo; le attività artistiche rappresentano uno strumento per raggiungere questi obiettivi, ma non vi sono indicazioni o risultati specifici Danimarca Il curriculum 0-6 anni include l’area “espressioni e valori culturali”. I servizi devono offrire ai bambini possibilità di sperimentare l’arte e la cultura e di esprimersi esteticamente. L’area include: letteratura per l’infanzia, cinema, musica, pittura ecc. Francia L’arte non viene menzionata nelle linee guida 0-3 anni; si parla di “éveil”, “risveglio”, inteso spesso in riferimento alla cultura. Un accordo fra Ministero della Cultura e Ministero delle Politiche Sociali sostiene progetti condivisi e la formazione del personale. Per la fascia 2,5-6 anni l’arte non è una priorità, dipende molto dall’insegnante Irlanda Non vi è un curriculum ufficiale dei servizi per l’infanzia. Il curriculum 4-12 anni ha undici materie, incluse arti visive, musica e attività teatrali. Durante le ore di educazione fisica vengono introdotte attività di danza; attività di poesia sono incluse nelle aree linguistiche del curriculum Italia Non vi è un curriculum ufficiale 0-3 anni, sebbene le attività artistiche siano molto diffuse. Il nuovo curriculum 3-6 anni include “Linguaggi, espressioni creativo-gestuali, artistiche, musicali, multimediali”, con diverse prospettive (ad esempio sviluppare interesse verso l’ascolto della musica, promuovere il piacere dell'osservazione delle opere d’arte) Paesi Bassi Per i servizi 0-4 anni l'approccio l’arte dipende molto dalla politica del gestore del servizio; un curriculum nazionale (attualmente in corso di sviluppo) include attività artistiche, ma non è vincolante. Uno degli obiettivi principali del curriculum nella scuola primaria (4-12 anni) è l’educazione culturale, inclusa l’educazione artistica Polonia Il curriculum 3-6 anni prevede quattro obiettivi; le attività artistiche sono intese come strumenti per il raggiungimento di tali obiettivi, ad esempio l’incoraggiamento dell’interesse per le espressioni artistiche contribuisce al raggiungimento dell’obiettivo del riconoscimento e della comprensione di se stessi e del mondo circostante Portogallo Non vi è curriculum ufficiale 0-3 anni. Una parte del curriculum 3-6 anni è sull’espressione e la comunicazione, e include una sezione sull’educazione fisica e artistica (attività teatrali, espressioni creative e musicali). L’obiettivo prefissato è di “sviluppare l’espressione e la comunicazione attraverso l’utilizzo di molteplici linguaggi” Romania Non esiste una politica educazionale per i bambini tra 0-3 anni o per gli istituzioni che si occupano di questa fascia di età. Nel curriculum per i bambini di 3-6/7 anni, l’area curriculare Arte è rappresentata dalle Attività artistico-plastice, stimolando l’espressività e la creatività con l’aiuto del disegno, della pittura e del modellamento. Nelle scuole d’infanzia di Romania, i bambini usano il disegno, la pittura o il modellamento, per illustrare fiabe, poesie, eventi importanti. Queste attività hanno allocata un’ora, nel programma settimanale dei bambini. Svezia “Creare e comunicare attraverso l’uso di diverse forme di espressione, come la pittura, il canto e la musica, il teatro, il ritmo, la danza e il movimento, così come il linguaggio scritto e orale; tutto ciò costituisce sia i contenuti che i metodi utilizzati dalle Scuole dell’infanzia nella promozione dello sviluppo e dell’apprendimento del bambino... Le tecnologie multimediali e d’informazione possono essere usate nella Scuola dell’infanzia per lo sviluppo e la realizzazione dei processi creativi” (Curriculum 1-6 anni) Regno Unito Inghilterra “La creatività dei bambini deve essere ampliata... Devono essere offerte opportunità di esplorazione e di condivisione di pensieri, idee, sentimenti, ad esempio attraverso una varietà di attività artistiche, musicali, motorie, attività di danza, di immaginazione, giochi di ruolo, matematica, disegno e tecnologia” (Early Years Foundation Stage for 0-5, settembre 2008) Irlanda del Nord Il curriculum 0-4 anni e 4-6 anni nominano l’arte, che include: educazione artistica, disegno, musica e teatro; la filosofia del curriculum 4-6 anni esalta la creatività e il pensiero creativo Scozia Il curriculum 3-5 anni include lo sviluppo espressivo ed estetico, con riferimento all’arte e alle attività culturali (come pittura, disegno, canto, giochi di ruolo), che contribuiscono a “esprimere e generare idee, sensazioni e immaginazione” Galles I bambini dovrebbero sviluppare la loro fantasia e la loro creatività, partecipando ad “attività creative, espressive e di immaginazione come l’arte, le attività manuali, il disegno, la musica, la danza e il movimento” (Direttiva per l’apprendimento dei bambini 3-7 anni) 4 Bambini in Europa L’arte nella formazione degli educatori della prima infanzia Belgio (Fiandre) Danimarca Le attività artistiche costituiscono una piccola parte del curriculum per gli assistenti alla prima infanzia. Le attività artistiche hanno un ruolo importante nel curriculum per educatori, sia nei corsi di studio che nel tirocinio L’arte costituisce un’area fondamentale nella formazione pedagogica (vedi l’articolo di Ida Berendsen alle p. 24-25 di questo numero) Francia Le attività artistiche non sono esplicite nella formazione degli educatori, ma vi è una formazione specifica sulla creatività e le sue implicazioni pedagogiche Irlanda I corsi di studio per divenire insegnanti di scuola primaria (4-12 anni) prevedono l’acquisizione di competenze in arte, musica e teatro Italia Le attività artistiche sono previste in maniera marginale nella formazione degli educatori e insegnanti di Scuola dell’infanzia, nonostante siano un argomento importante nella formazione in servizio. In alcune città, dove è prevista la figura dell’atelierista (vedi l’articolo di Vea Vecchi alle p. 14-16), l’operatore proviene da una formazione artistica Paesi Bassi Le attività artistiche sono incluse nella formazione degli educatori e degli insegnanti delle Scuole primarie, ma sono molto limitate. Vi sono opportunità di specializzazione in arte e cultura nella formazione post-diploma Polonia Gli studenti che vogliono diventare educatori possono specializzarsi in educazione artistica. Ogni studente deve frequentare un corso di 30 ore di educazione artistica Portogallo Ciascuna Università pianifica i propri corsi per i futuri insegnanti di Scuola dell’infanzia; la formazione, quindi, può variare a seconda del luogo. In generale, le Università offrono solamente una formazione generica sull’espressione artistica, ma non considera l’arte e l’estetica come parte del curriculum per gli insegnanti Anche la formazione degli altri educatori in genere non include l’arte Romania I corsi per gli studenti chi seguono la specializzazione Pedagogia dell’insegnamento primario e prescolaro includono la formazione delle abilità artistico-plastice, musicale, di arte drammatica, e delle abilità practiche. Svezia Ciascuna Università pianifica i propri corsi per i futuri insegnanti di Scuola dell’infanzia; la formazione, quindi, può variare da un luogo all’altro in termini, ad esempio, di contenuti e di corsi obbligatori. Le Università offrono diverse specializzazioni Regno Unito Gli studenti che vogliono divenire insegnanti devono dimostrare conoscenza, comprensione e competenza pratica nell’area del curriculum o delle materie che dovranno insegnare. Alcuni corsi offrono una specializzazione in arte o in musica. Per gli educatori, il sostegno “della creatività e delle attività creative” (Inghilterra) e l’incoraggiamento della “creatività della prima infanzia” (Scozia) fanno parte dei requisiti professionali che gli educatori devono soddisfare per ottenere la qualifica professionale; la creatività è concepita come l’area “dove i bambini sviluppano e comunicano le proprie idee, utilizzando l’arte, il disegno e la tecnologia, creando cose, facendo musica, danzando, muovendosi, giocando con l'immaginazione” e i bambini “esprimono la loro creatività in tutte le aree dell'apprendimento” (Scozia). La creatività occupa, tuttavia, solo una piccola parte della formazione degli educatori Bambini in Europa 5 Valorizzare la creatività dei bambini Colwyn Trevarthen La tesi di Colwyn Trevarthen e dei suoi colleghi è che l’arte rappresenti un bisogno primario per l’uomo, nonché la base dello sviluppo, dell’apprendimento e della vita stessa. I bambini nascono per essere artisti ricchi di inventiva nel senso più ampio dell’espressione: danno vita a eventi belli e significativi, condividendo con altre persone, a cui sono legati da un rapporto intimo e di affetto, l’immaginazione e le sensazioni derivanti dall’esperienza. L’arte intuitiva va oltre il semplice gioco. L’arte comunica storie che colorano l’immaginazione e arricchiscono la memoria e favorisce la moltiplicazione dei significati in una società tradizionale. Le prime manifestazioni di arte drammatica e di inventiva musicale e poetica nell’infanzia – attraverso espressioni vocali, gestualità, espressività e postura dell’intero corpo – sono osservabili nei discorsi affettuosi tra un padre e una madre e un bimbo di pochi giorni. Gli studiosi dello sviluppo hanno osservato la trasformazione dell’interlocutore adulto in un co-creatore, che canta e produce versi, di dialoghi ritmici “protoconversazionali” caratterizzati, come dimostra il mio collega musicista Stephen Malloch, da una “musicalità dotata di forza comunicativa”. Sono rimasti sorpresi da quanto i richiami e i movimenti del bambino e dell’adulto possano essere espressivi, interessati e coinvolti reciprocamente. Nel corso di pochi mesi i loro giochi diventano più complessi, via via che il corpo e la voce del piccolo acquistano maggiore forza e giocosità. I bambini e i loro interlocutori “rapiti” si divertono con scherzi dispettosi, si stuzzicano a vicenda e producono melodie e versi che sono piccoli rituali caratterizzati da una sfumatura artistica. Entro la fine del primo anno, ogni bambino seguito in modo 6 Bambini in Europa Göran Krantz è il fondatore dell’Istituto di Ricerca per l’Euritmia e il leader del corso di formazione sull’euritmia al Rudolf Steiner University College a Järna, Svezia. È particolarmente interessato al rapporto tra musica, linguaggio e movimento. “Nel momento creativo la personalità può formare se stessa. Nel flusso della creatività, le sensazioni e l’esperienza viva, in un dialogo con il mondo, diventano una realtà significativa. Nella creatività dell’infanzia crescono vitalità e coinvolgimento che dureranno lungo tutto il corso della vita.” Laurent Danon-Boileau è Professore di Linguistica Generale e Apprendimento linguistico all’Università della Sorbona “René Descartes” a Parigi. Lavora come terapista al Centro “Alfred Binet” con bambini che soffrono di deficienze linguistiche e comunicative. Si interessa di linguaggio e comunicazione sia in quanto creazioni psichiche e poetiche, sia come processi mentali. “Il discorso di un bambino piccolo non è una traduzione approssimativa a cui la grammatica darà coerenza. È una musica a cui la mimica, la gestualità e l’intonazione danno ritmo. A poco a poco, l’eco delle ninnenanne e delle fiabe di una mamma dà una ricca organizzazione alla melodia.” appropriato comincia a desiderare di condividere gli argomenti significativi, gli strumenti, i libri, i manierismi e i modi rituali di recitare, di cantare e di ballare che i compagni prediletti ritengono significativi e divertenti. La ricerca di significato attraverso il divertimento, da parte del bambino, è l’inizio del naturale processo intuitivo dell’apprendimento culturale. Precede e stimola la comprensione del modo in cui parlare e pensare a parole; ha tempi e forme emotive che colmano tutte le lacune tra lingue e culture. Jerome Bruner spiega che l’istruzione formale, la particolare “cultura dell’istruzione” a cui è attribuita tanta importanza nei Paesi industrializzati e altamente organizzati del “primo mondo”, dipende ancora da “comunità di discenti” non molto diverse, dal punto di vista delle esigenze interpersonali, dai gruppi di apprendimento esterni alla scuola, in cui tutti i bambini del mondo imparano tante cose utili e importanti per la loro vita lavorando, giocando e facendo arte con dei compagni – insegnanti o allievi – che possono essere altri bambini o adulti. L’impulso fondamentale che spinge la mente umana ad imparare – tanto nei bambini quanto nei più brillanti esponenti del nostro mondo culturale – è lo stesso: quello di sapere come fare tutte le esperienze e come usarle, e poi imparare quello che le altre persone dicono per nominare queste esperienze. Il ritmo e le implicazioni narrative del pensiero creativo nella scienza, nella matematica, nella filosofia e nella letteratura sono, nella loro essenza, uguali a quelle che aiutano un genitore e un bambino di 6 mesi a condividere una canzoncina in rima. Queste semplici composizioni, trasmesse di generazione in generazione, esprimono e usano il senso innato del tempo, dell’intonazione, del movimento e dell’emozione, senza il quale per l’uomo il pensiero e l’azione sono impossibili. Inoltre stimolano la memoria, come fanno tutte le attività artistiche. Sono il nucleo intuitivo della nostra intelligenza e la moneta per scambiarci l’un l’altro tutto quello che sappiamo. Nessuna forma di comunicazione umana è possibile senza il desiderio o il bisogno di condividere in modo artistico le azioni, le espressioni emotive e di energia nel movimento e negli schemi narrativi dell’immaginazione, sostenuti dal ricordo di bellissime opere. Questo bisogno è ciò che lega la scienza all’arte e che le rende indispensabili l’una per l’altra, che fa parte dell’eredità naturale di un bambino normodotato e che è la forza intuitiva alla base dello sviluppo della comprensione in un mondo di abili parlanti attivi, che inventano le storie e le custodiscono per secoli. La verità di questa affermazione è tragicamente evidente nel caso di un bambino autistico, che non può padroneggiare e condividere i normali ritmi di curiosità percettiva e funzionalità motoria, o del bambino la cui anima è stata ferita dalla crudeltà e dalla negligenza degli adulti. Questi bambini, la cui volontà e il cui senso artistico sono stati danneggiati, hanno “esigenze speciali” – di una forma di comunicazione più che mediamente comprensiva e sensibile, in grado di rispondere e sostenere la loro creatività indebolita, di scoprire le cause dei loro comportamenti particolari o di condividere l’inventiva compulsiva di quelli con una spiccata intelligenza. Questi bambini possono essere aiutati molto più efficacemente con terapie artistiche che usano forme appropriate di recitazione, musica, danza o creazione grafica di storie, per coinvolgerli nel piacere fondamentale della condivisione dell’invenzione. La professoressa Helena Rodgrigues è una musicista che insegna nel Dipartimento di Scienze della Musica alla Nuova Università di Lisbona. È direttore artistico della Companhia de Música Teatral, che crea spettacoli che coinvolgono i bambini e i loro genitori (www.musicateatral.com). “Fare musica è un’attività molto affascinante: coinvolge il corpo, la mente, le sensazioni dell’io e la consapevolezza degli altri. Per fare musica è necessario costruire canali comunicativi, preparare il terreno per le scoperte, realizzare delle vie per far crescere e sviluppare le emozioni. Dà ricompense enormi. Il coinvolgimento dei bambini e dei genitori nelle esperienze di creazione della musica è una delle cose che servono a coltivare l’intelligenza, la sensibilità e l’affetto. Fa parte della condivisione del processo di crescita e contribuisce a rendere i nostri mondi interiori più interessanti, piacevoli e divertenti, perché la principale fonte della competenza e della comprensione musicale è il bisogno umano di stabilire dei rapporti. La creazione musicale coinvolge la razionalità, ma anche le emozioni e l’intuito. Richiede capacità umane basilari (come il respiro e altre risposte fisiologiche), ma anche alcune molto La nuova tendenza delle scienze neurologiche è quella di cercare di dimostrare che la formazione e l’assorbimento consapevole delle esperienze da parte della materia corticale deputata all’apprendimento cognitivo dipende da emozioni e motivi generati regolati in zone profonde e molto antiche del cervello. Gli stessi sistemi emotivi e motori si sviluppano molto precocemente durante la vita prenatale – prima della corteccia – e conservano un’influenza decisiva sia sull’azione che sulla percezione nel corso dell’intera vita, ma in modo più intenso durante la prima infanzia, quando l’apprendimento è più rapido, più creativo dal punto di vista artistico e più seducentemente comunicativo. In breve, possiamo dire che la nostra mente nasce con attitudini artistiche e con una sensibilità che la porta ad apprezzare gli scopi e i sentimenti che stanno dietro ai movimenti voluti e consapevoli delle altre persone. complesse. Coinvolge le consuetudini, ma anche l’imprevedibilità e la sorpresa. Attiva una gamma di emozioni, sentimenti e pensieri molto più ricca della manciata di quelli elementari (“felice”, “triste”, “arrabbiato” ecc.). Crea delle connessioni tra le parti del corpo e della mente: fisiologiche, razionali, emozionali e spirituali. Ma la cosa più importante da dire sull’arte in una società così preoccupata dell’utilità delle cose è, forse, che non ha utilità di nessun tipo. Non possiamo spiegare l’importanza dell’arte e della musica nelle nostre vite: sono uniche e la loro rilevanza può essere provata solo dall’esperienza personale. Lasciateci solo osservare l’attenzione e il piacere che un bambino mostra quando giochiamo con lui usando la musica. Dopo una tale esperienza, chi osa dubitare dell’importanza della musica per la nostra sopravvivenza? Un maestro di questa saggezza è Francisco, 4 anni, il quale, dopo aver ascoltato un’opera di Mendelssohn, ha sussurrato all’orecchio della madre: “Mamma, questa musica suona come cioccolata per le orecchie”. I bambini non studiano filosofia e non fanno ricerche approfondite sul bisogno dell’estetica. Semplicemente, sanno”. Bambini in Europa 7 Ho invitato quattro educatori creativi a sintetizzare le loro esperienze e le loro convinzioni sull’importanza dell’arte per la vita e l’apprendimento dei bambini. Dalle loro risposte emergono due princìpi: per prima cosa, i bambini sono artisti e inventori, poeti e musicisti naturali; in secondo luogo, comprendono più efficacemente, e trovano nuove idee, soprattutto interagendo e imparando con interlocutori attenti e disponibili. Tutti credono fermamente nel ruolo svolto dall’arte nel dare piacere e significato alla vita di un bambino, e tutti sono concordi nel ritenere che la condivisione di una creazione artistica possa rafforzare la personalità del bambino aprendogli, nello stesso tempo, la strada per apprendere qualunque tipo di nozione e abilità, incluse quelle contemplate da un’istruzione più razionale e formale. Queste persone fanno eco alle parole del filosofo Alfred North Whitehead, co-autore di Principia Mathematica, che enfatizzava la creatività “entusiasta” necessaria alla crescita dell’apprendimento. “Il paradosso che fa naufragare numerose teorie educative promettenti sta nel fatto che la formazione, che genera abilità, sia così incline a soffocare l’entusiasmo dell’immaginazione. L’abilità richiede la ripetizione, e l’entusiasmo dell’immaginazione ha una sfumatura di impulsività. Fino a un certo punto, ogni conquista di ulteriori competenze apre nuovi sentieri all’immaginazione. Ma l’educazione formale ha i suoi limiti di utilità in tutti gli individui. Oltre quei limiti c’è la degenerazione: ‘I gigli del campo non faticano, e neppure girano’.” Gli allievi sono motivati dalla compagnia dei loro pari e dei loro educatori nella scoperta e nella comprensione. La scoperta creativa del significato – l’arte – attraverso la creazione condivisa di esperienza e “divertimento” è la base delle Jon-Roar Bjørkvold è Professore di Musicologia all’Università di Oslo, e autore de The Muse within the Child (La musa nel bambino), un libro molto apprezzato sulla naturale creatività musicale dei bambini molto piccoli. “La musica delle voci rappresenta per il bambino l’ingresso nella vita. I suoni della voce materna, le sfumature nell’intonazione, i cambiamenti dinamici dei toni, del tempo e del volume, tutti fluttuanti nei ritmi, danno al bambino appena nato una via di accesso fondamentale alla conferma di sé e all’acquisizione della cultura in generale. Ma attenzione, c’è molto altro oltre agli elementi “musicali” del suono. Il riso, gli urli, i sorrisi e le lacrime, la giocosità delle carezze, l’odore della pelle, della punta delle dita, delle unghie e dei capelli – rientra tutto nella natura olistica della percezione e della comunicazione umana. La ninnananna costituisce, così, una vera polifonia di corpo e anima, suono e persone. Il significato di questa intera esperienza è centrato da un termine Swahili/Bantu, ngoma, che significa contemporaneamente tamburi/ritmi, danza e festività, con una coerenza interna così forte che è veramente impossibile isolare la musica dagli altri elementi. Questo ci rammenta che la percezione umana è fondamentalmente e intrinsecamente 8 Bambini in Europa conoscenze pratiche più serie e dei lavori che richiedono delle competenze specifiche. La scienza più complessa e la tecnologia più avanzata non farebbero progressi senza un’abilità artistica, apprezzata come valore in sé, del pensiero e della competenza. Tuttavia, l’educazione odierna è dominata dalla valutazione di obiettivi prestabiliti di rendimento e di capacità in un campo limitato di abilità collegate a ciò che i governi ritengono sia richiesto dalla tecnologia e dal mercato. Un curriculum educativo che escluda o trascuri l’arte è come un disturbo cardiaco dell’apprendimento che accorcerà la vita della ragione e della conoscenza. Traduzione di Federica Caratelli Colwyn Trevarthen è Professore Emerito di Psicologia infantile e Psicobiologia all’Università di Edinburgo [email protected]. olistica. Profondamente radicato in questa concezione ampia di esperienza musicale, in seguito il bambino affronta le sfide e le gioie della cultura infantile con un capitale culturale innato di canzoni e di giochi che rappresenta uno strumento potentissimo per la crescita umana e la scoperta della vita. Nei giochi spontanei il punto principale non è, comunque, cantare in modo chiaro e bene, ma piuttosto entrare in collegamento con il mondo in modo preciso ed efficace. Canto – ergo sumus: Canto – perciò siamo! Il vero significato della “musicalità” deve essere ridefinito in modo drastico nell’educazione musicale, assegnandogli una base orientata allo ngoma. Fin troppe persone sono zittite per sempre da una concezione di musica e musicalità che cerca la correttezza accademica piuttosto che l’immediatezza spontanea, i suoni puri invece di un cuore puro. La musa nel bambino deve essere tenuta in vita — questo dovrebbe essere lo scopo ultimo di qualunque educazione musicale. E l’ambizione è fondamentale quanto grandiosa: dovrebbe contribuire a mantenere l’uomo vivo durante la vita. Perché la canzone non è semplicemente la prima cosa che incontriamo quando comincia la vita. È anche l’ultima cosa che perdiamo quando la vita si chiude.” Sull’arte e l’educazione Herwig Deweerdt Invece di usare termini come “arte” e “creatività”, quando si tratta di bambini piccoli dovremmo parlare di “linguaggio”, dichiara Herwig Deweerdt. L’arte non esiste con lo scopo di insegnare qualcosa al genere umano. L’arte è, semplicemente. Sono molti i motivi per cui gli artisti creano: dall’idea romantica della “urgenza incontenibile” alla più sobria motivazione “di una necessità economica”. A volte è una riflessione su loro stessi e sul mondo che li circonda, altre volte la ricerca di un mondo immaginario – o, perché no – un semplice piacere. I bambini sono creatori proprio come gli artisti. Date loro un pezzo di carta e una matita e loro cominceranno a fare scarabocchi. Noi adulti siamo intimoriti di fronte alla spontaneità dei bambini. Forse gli adulti cercano di riscoprire, nel bambino, un elemento del proprio paradiso perduto di fantasia libera e di urgenza creativa sfrenata. Tutte le persone, adulti e bambini, hanno una qualche forma di capacità artistica dentro di sé. Tutti, più o meno, possiamo cantare, ballare, suonare e scrivere poesie. Ma chiamare “arte” i risultati di queste attività, che possono avere o meno un pubblico, è sbagliato: l’arte è una cosa da adulti che sono in grado di convincere altri adulti che un prodotto non è spazzatura, ma arte! Altri termini usati comunemente sembrano anche vuoti o eufemistici, per esempio “creatività”, che evoca associazioni con la disposizione dei fiori o i corsi di macramé. Come dice Piero Sacchetto: “Non mi parlate di creatività. Il solo sentire questa parola significa che non ho più la sensazione di divertirmi”. Invece di fare giochi di prestigio con parole come “arte” o “creativo”, quando si tratta di bambini piccoli dovremmo parlare semplicemente di “linguaggio”. Anche mentre scarabocchia linee e cerchi, dipinge con le dita, incolla, strappa, modella l’argilla, balla, canta e gioca, il bambino sta scoprendo e sviluppando il proprio linguaggio con un doppio significato: impara qualcosa per o su se stesso e cerca un modo di comunicare con gli altri. Un buon esempio è il teatro. Tutti i bambini recitano. Con le bambole e gli orsacchiotti, in scatole di cartone o sotto il tavolo. Il bimbo diventa papà, la bimba diventa mamma o, perché no, lui mamma e lei papà. I bambini lo fanno senza riserve, con la propria drammaturgia e i propri chiari codici teatrali. Quando i bambini praticano “quell’arte”, quando si esprimono attraverso la propria recitazione e i propri scarabocchi, stanno imparando. Coordinazione occhio-mano, buone competenze motorie, discutere su chi sia il babbo e chi sia la mamma adesso, e se il papà debba aiutare a lavare i piatti. Non è ridicolo o insignificante. Al contrario: è qualcosa di decisamente affascinante. Qual è il rapporto tra l’educazione e l’arte? Come un artista dà forma al mondo, così l’educatore vuole contribuire a formare il bambino e il mondo in cui quel bambino vivrà. Tutto quello che si desidera riflette l’opinione sul modo in cui quel mondo deve essere. O dovrebbe essere. Un mondo duro, in cui devi farti valere e sgomitare. O un mondo in cui dai briglia sciolta alle emozioni. O un mondo in cui si cerca di occuparsi gli uni degli altri in modo giusto. O un mondo in cui ha successo chi è più produttivo. O un mondo in cui consideri le persone anziane come biblioteche di esperienza. Questo è proprio il motivo per cui l’educazione è “politica” nel senso più ampio del termine. E per cui l’arte è così utile nell’educazione. Perché dimostra che i modelli sono aperti alla discussione e che il dibattito su questi modelli, su quale mondo desideriamo, diventa possibile quanto essenziale. Traduzione di Federica Caratelli Herwig Deweerdt è attore, narratore, direttore e scrittore [email protected] Bambini in Europa 9 L’arte per l’arte? Richard Holloway C’è una distinzione antica e interessante nel significato della parola “bene”. Alcuni beni sono ciò che i filosofi chiamano “beni strumentali”, perché sono utili per qualcosa, come le sedie, per esempio, che servono per sedersi, o le forchette, che servono per prendere il cibo. Ma alcuni beni sono semplicemente buoni in e per se stessi, li amiamo per quello che sono, senza secondi fini: la bellezza, l’amore, la gioia e il divertimento, tanto per citarne alcuni. I filosofi chiamano questi beni “beni intrinseci”. Ho iniziato il mio contributo in questo modo perché recentemente, in Scozia, abbiamo avuto un dibattito sull’arte e sul modo migliore di renderla fruibile e farla apprezzare da un numero sempre più ampio di persone. Ma l’arte è un bene intrinseco, qualcosa che è buono in e per se stesso, o un bene strumentale, qualcosa che apprezziamo perché produce quelli che i politici chiamano “risultati”? Prima di investire più denaro nell’arte, vogliono sapere quale sarà il ritorno, quali i vantaggi per la società, come aiuterà la Scozia a essere più prospera o più equa o più attraente per i turisti. Tuttavia gli artisti non amano molto che il loro lavoro sia misurato in questo Richard Holloway discute del valore intrinseco dell’arte e del gioco. modo: ritengono importante quello che fanno perché pensano che sia buono in sé, non perché possa apportare in qualche modo benefici alla società. In realtà questo è un dibattito senza senso e dunque inutile, perché l’arte ha ovviamente un valore intrinseco ed è utile anche per molte altre cose. C’è un famoso dipinto scozzese di David Allan, realizzato nel 1775, chiamato The Origin of Painting (Le origini della pittura). Si basa su un racconto dello storico romano Plinio riguardante una giovane donna corinzia che tracciò su un muro il contorno dell’ombra dell’uomo che amava, prima che questi partisse in guerra, così da avere qualcosa che le ricordasse il suo aspetto al momento della partenza, che forse sarebbe stato senza ritorno. Quello che fece, lo fece con uno scopo: era un bene strumentale, utile per ricordarle l’uomo; ma L’educazione all’opera scozzese Nei mesi dimaggio e giugno 2008 il gruppo per l’Educazione all’Opera Scozzese porterà in giro per la terza volta nelle Scuole dell’infanzia e negli asili nido la sua opera interattiva. Come è successo per le precedenti produzioni, The Undersea World of Bubble McBea (Il mondo sottomarino della Bolla McBea) accompagnerà il giovane pubblico in un viaggio alla scoperta del mondo naturale che lo circonda. Ambientate in contesti specificamente scozzesi – paesaggi rurali, costieri e urbani – le trame toccano temi ambientali, incluso l’inquinamento delle acque e la produzione e il riciclaggio di energia. Attraverso canzoni, risa, marionette, azioni dal vivo e sequenze animate, viene creato un mondo magico che trasmette un messaggio di importanza cruciale per il futuro dei nostri cittadini più giovani. 10 Bambini in Europa si trasformò in un bene intrinseco, qualcosa di bello che valeva la pena di custodire con cura semplicemente per quello che era. Questa storia ci dice molto sugli esseri umani. Abbiamo il talento di fare le cose per uno scopo, ma finiamo per farle per se stesse, perché le troviamo pregevoli per meriti propri, intinseci. Continuiamo a fare sedie per sederci, ma le facciamo anche belle, rendendole oggetti apprezzabili indipendentemente dalla loro utilità. La chiave per capire tutto questo è l’istinto umano per il gioco, per fare le cose per il puro gusto di farle. La tragedia è che abbiamo relegato il gioco alla nostra infanzia e che siamo convinti di doverlo mettere da parte quando cresciamo – fatta eccezione per quelle trascurabili vacanze dalla realtà che ci concediamo di tanto in tanto. Ma questo “mette un coperchio” sulla nostra creatività, e quando sopprimiamo la creatività diventiamo, in buona sostanza, meno umani. Robert Hughes, il critico d’arte, sa esattamente cosa sta succedendo: “Spesso, e a ragione, è stato detto che il genio non è nient’altro che l’abilità di ricatturare a piacere l’infanzia – ma questo deve Progetto “Starcatchers” Attualmente in sperimentazione in un Centro artistico a nord di Edimburgo (North Edinburgh Arts Centre o NEAC), il Progetto “Starcatchers” esplora il modo in cui gli artisti possono lavorare con i bambini di età compresa tra 0 e 3 anni e i loro genitori o le persone che se ne occupano, creando un teatro adatto a questa fascia d’età. Dal mese di ottobre 2006 due artisti – Andy Manley e Vanessa Rigg – hanno lavorato con gruppi della comunità locale, sviluppando idee poi tradotte in installazioni teatrali. Ad oggi il progetto ha prodotto due lavori – Little Light (Piccola Luce) e My House (Casa mia). In questo momento il progetto è in corso di valutazione da parte di Susan Young della Exeter University, il cui rapporto esaminerà anche il modo in cui “Starcatchers” e lo sviluppo di un teatro per la fascia 0/3 anni si adatti a un contesto scozzese, britannico ed europeo. Nel febbraio 2007 NEAC ha ospitato un simposio internazionale sulla realizzazione di lavori teatrali per i bambini di questa età. Per le relazioni presentate al simposio o maggiori informazioni, contattate [email protected] www.scottisharts.org.uk/1/artsinscotland/drama/projects/starcatchers.aspx nostra serietà indotta dal lavoro. Per quelli di noi per i quali l’infanzia è una memoria lontana è probabilmente troppo tardi, ma bisogna che non sia troppo tardi per quelli che sono bambini ora: lasciamo che attraversino il periodo scolastico giocando; lasciamo che dipingano, cantino e ballino; lasciamoli sognare e avere delle allucinazioni. La cosa buffa è che se gli lasciamo fare tutte queste cose, per di più in modo esuberante, ebbene, cominceranno a fare bene qualunque altra cosa intraprenderanno. Va’ a sapere... Traduzione di Federica Caratelli Richard Holloway è presidente del Consiglio Scozzese per l’Arte [email protected] includere le angosce e i desideri dell’infanzia, non solo la sua innocenza arcadica”. Possiamo cogliere la verità di questa affermazione quando guardiamo un bambino molto piccolo giocare, inconsapevole di sé, evocando popolazioni, misteri e pericoli e cantando il mondo attribuendogli un significato. I bambini sono artisti naturali che rappresentano il mondo con una matita e un pezzetto di carta, spinti a fare, a modellare, a ripetere e a copiare, artisti traboccanti di canzoni e melodie. Alcuni non perdono mai la loro capacità artistica innata, nonostante le macchine educative di cui li nutriamo, che spesso sembrano progettate apposta per produrre una sorta di conformità ammaestrata che prosciuga la loro creatività. I geni sono quelli che resistono con successo alla perdita dell’infanzia, che rifiutano di barattarla con una conformità da adulti; e continuano ad attingere da quella fonte trionfi, sorprese e turbamenti che il resto di noi può solo immaginare. Per fortuna il gioco sta tornando popolare. Capiamo che è la cosa naturale di noi che meglio ci caratterizza. Ho usato il termine naturale, piuttosto che umana, perché sembra essere una caratteristica dell’intero creato, non solo del pezzettino occupato dalla specie umana. Se ci piacesse vivere per la pura esuberante inutilità di tutto ciò, risparmieremmo al pianeta il danno che gli sta facendo la La “Catherine Wheels Theatre” Company La Catherine Wheels Theatre Company, fondata nel 1999, è impegnata nel creare un teatro nuovo, attuale e dinamico per i bambini e i ragazzi scozzesi. La compagnia gira il Regno Unito, l’Irlanda e il Canada e ha portato due produzioni a Broadway, New York. Il premiato Lifeboat è stato invitato ad essere rappresentato alla Sydney Opera House e farà parte del New Zealand International Arts Festival, a Wellington, nella primavera del 2008. Catherine Wheels produce anche lavori pensati specificamente per i pubblici scolastici – trasformando gli atri delle scuole in intimi spazi teatrali e sorprendendo gli alunni nelle loro classi. Il lavoro è creato a partire da copioni teatrali, come la storia dell’infatuato e spavaldo Cyrano, e da avvenimenti reali, come Marjan, il leone che visse in un Afghanistan dilaniato dalla guerra in The Lion of Kabul (Il leone di Kabul). ww.catherinewheels.co.uk Bambini in Europa 11 Creatività: maneggiare con cura Piero Sacchetto Piero Sacchetto spiega il suo pensiero sull’uso attuale della parola “creatività”. Tra pochi giorni si inaugurerà, al Centro di Documentazione Raccontinfanzia del Comune di Ferrara, una mostra che racconta l’esperienza dei laboratori con i bambini di 5 anni realizzati in tutte le quindici Scuole dell’infanzia comunali. Per un intero anno scolastico due insegnanti del Laboratorio delle Arti hanno lavorato proponendo ai bambini incontri con immagini, pensieri, luoghi, reali e immaginari, per approdare, ogni tanto, in città, nelle sue strade, nei suoi musei, nei suoi palazzi. Si è lavorato su temi sufficientemente ampi, senza la preoccupazione di “far produrre” i bambini, assecondando i loro ritmi, ma anche proponendone degli altri. Si è cercato, soprattutto, di costruire, scambiare, condividere pensieri con i bambini, a partire dallo sguardo; uno sguardo da lontano per abbracciare immagini, luci, colori e uno sguardo da vicino, per vedere, con le mani, le forme, i contorni, le tessiture delle cose. La mostra ha un sottotitolo – Laboratori d’arte e di pensiero – dal quale scelgo di partire per sviluppare qualche riflessione, breve e schematica, come lo spazio tipografico a mia disposizione richiede. Il collegamento tra arte e pensiero suggerito dall'espressione non mi pare vada sottovalutato o dato per scontato, per alcune ragioni che provo ad indicare. È ancora assai diffuso nella scuola italiana, anche nella Scuola dell’infanzia che non è nel nostro Paese scuola dell’obbligo, l’atteggiamento di confinare l’arte, o le arti, o più in generale i linguaggi non verbali, in un generico e generale territorio dell’espressività, dove ci si può concedere quello che nell’ambito degli studi seri, le discipline canoniche, è bene invece evitare. Perché fermarsi ai colori fondamentali e non esplorare tonalità e sfumature? 12 Bambini in Europa Questo atteggiamento si manifesta con una significativa gamma di sfumature, con maggior o minore schematismo, con gradi di consapevolezza differenti, ma finisce di fatto per determinare una pericolosa distinzione tra i momenti e le attività in cui si esercita il pensiero e quelli invece in cui prendono il sopravvento la dimensione comunicativa, la fantasia, l’immaginazione, tanto più intensi e più significativi quanto più dal pensiero ci si allontana. E, come ciliegina sulla torta, in una sorta di automatismo, a mio modo di vedere preoccupante e pericoloso, compare la parola creatività, apparente portatrice di senso univoco e condiviso, capace di contenere, ricapitolare, finalizzare un’intera gamma di proposte, di comportamenti, di prodotti. Dunque, schematizzando, la creatività sarebbe una specie di “ingrediente” automatico, costitutivo dell’esperienza espressiva, capace di generarla, favorirla, renderla produttiva. Infatti, quelle che in generale vengono definite attività espressive finiscono generalmente con un “En plain aire” l’incontro con la natura, i suoi colori e le sue forme è più diretto. Il Centro di documentazione “Bambini in Europa” in via di costruzione presso l’Istituzione dei Servizi Educativi, Scolastici e per le famiglie del Comune di Ferrara, nasce dai comuni intenti e orientamenti della Regione Emilia-Romagna, della Provincia e del Comune di Ferrara. Si propone di essere uno strumento informativo e formativo “in entrata” – esperienze e politiche educative e scolastiche nei Paesi dell’Unione Europea – e “in uscita” – far conoscere le buone pratiche di cura e di lavoro dei servizi che si occupano di bambini da 0 a 6 anni. Esperienze e buone pratiche diffuse e ormai consolidate nell’intera Regione Emilia-Romagna e in diverse altre realtà nazionali. In questo senso la presenza di un partner come le Edizioni Junior – che da molti anni svolge a livello nazionale e internazionale un intenso lavoro di connessione, messa in rete, diffusione di esperienze e riflessioni di operatori e di tecnici dell’educazione – rappresenta un elemento di grande rilevanza. La parola documentazione connota certo una dimensione del Centro: quella di raccolta e di messa a disposizione di tecnici, studenti e insegnanti, di materiali dei diversi Paesi, ma non deve metterne in ombra un’altra altrettanto importante: promuovere, sollecitare, rafforzare, sostenere una cultura dell’infanzia e dei servizi ad essa rivolti che si alimenta di sguardi e di orizzonti capaci di superare i limiti angusti e dannosi delll’autoreferenzialità. prodotto che viene definito e riconosciuto “creativo”. Creativo il contesto, creativa la proposta, creativo il soggetto, creativo il prodotto con una sorta di processo circolare che si autoalimenta: le attività espressive generano creatività e la creatività dà senso alle attività espressive. C’è qualcosa che non mi convince in tutto questo e che produce in me parecchie domande che da tempo cerco di esplorare e condividere, in momenti formali e informali, con colleghi pedagogisti, artisti, antropologi, insegnanti in formazione, atelieristi, insegnanti di storia dell’arte, operatori di sezioni didattiche di musei ecc. Complessivamente vedo per il concetto di creatività il rischio di diventare, in troppi casi, un concetto scorciatoia, cioè uno di quei concetti che si usano per sintetizzare, per abbreviare il percorso che ci porta al nòcciolo centrale del nostro ragionamento, qualche volta per necessità e qualche altra per pigrizia, e che si immaginano a un tempo dotati e costruttivi di un senso univoco. Se ci si prende il tempo di guardare dentro alla scatola concettuale contrassegnata dall’etichetta “creatività”, ci si accorge invece della polisemia disorientante di questa parola, delle stratificazioni di pensiero che la compongono, stratificazioni talvolta in comunicazione e altre, invece, fermamente chiuse e concluse. Ci si accorge anche dell’intreccio interdisciplinare che ha esplorato atteggiamenti e comportamenti, circoscrivendoli, caratterizzandoli, definendoli e sistematizzandoli, cercando variabili dipendenti e indipendenti nel patrimonio genetico o nell’ambiente in cui e di cui il soggetto si nutre nel suo sviluppo. Questo per dire che il concetto di creatività va maneggiato con cura, evitando automatismi e semplificazioni che anziché dare senso alle esperienze finiscono per sottrarglielo o deformarlo profondamente. Una semplificazione imprudente, più o meno consapevole, potrebbe per esempio costruire e favorire l’idea che la creatività sia qualcosa che riguarda esclusivamente le arti o ambiti di esperienza eccezionali. Verrebbe in tal modo completamente trascurata la costruzione creativa di paradigmi scientifici, di modelli analogici di cui gli scienziati si sono sempre avvalsi e si avvalgono in molte delle loro operazioni di ricerca, di sperimentazione e di sistematizzazione. Si aprirebbe qui, mi si perdoni il limite del solo accenno, un ragionamento da approfondire relativo al posto che le scienze occupano non solo nelle nostre conoscenze ma anche nel nostro immaginario, immaginario che non ci siamo costruiti tutti da soli, ma che è intrecciato con la cultura del micro e macro contesto sociale che ci ha accompagnato nel nostro processo di sviluppo. Non sarà che la diffidenza che nutriamo talvolta per le scienze, o per lo meno la percezione, relativamente a queste, di limiti di comprensione per noi invalicabili, dipenda anche dal fatto che non ci è stato possibile, non ci è stata data l’occasione di sperimentare una mobilità di pensiero nella soluzione di problemi, di pensare sul nostro modo di pensare e di costruire (quindi creare) pensieri? Un’altra possibile strada fuorviante, e torno qui al tema delle arti, ci condurrebbe a pensare che la creatività stia nell’uso dei linguaggi e non nel pensiero che li orienta, li organizza, ne verifica le coerenze e gli effetti. O, ancora, ci suggerirebbe che la creatività la si tocca necessariamente in un prodotto concreto, creando una particolare predilezione per la sua originalità, originalità riferita certamente al produttore, ma anche alla percezione del fruitore, al suo bagaglio cognitivo, generale e specifico. È una situazione in cui ci si imbatte spesso a proposito dell’arte contemporanea: la Dopo la visita alla Pinacoteca della città i bambini “si cimentano” nella riproduzione di cieli d’oro. scarsa familiarità con il fecondo periodo delle avanguardie del primo Novecento, e quindi con le loro produzioni, può suggerire e favorire letture di completa novità di prodotti artistici, apprezzabili semmai per la serietà e cura di esecuzione, piuttosto che per la loro originalità. Il termine, utilizzato molto frequentemente accanto a quello di creatività, ci porta molto lontano, alle origini, appunto. Origini dell’uomo, origini del pensiero, origini dei processi, caratteristiche della singolarità, dell’unicità ecc. E tra le tante domande possibili, una ancora: che cosa cambia nella nostra idea di arte, di artisti, di linguaggi artistici se spostiamo l’attenzione dalla loro pratica e dai loro prodotti, allo sguardo sulle cose, sul mondo, sul modo di sentirsi mondo e nel mondo che un artista ha scelto di adottare? Il focus della nostra attenzione si sposta dalle mani, dalla tecnica, dal colore, dalla forma… del prodotto al modo di vedere e quindi di pensare il mondo e di pensarci nel mondo. Non si tratta di collocare mani e occhi, materia e pensiero in una prospettiva di antagonismo, ma, semmai, di percorrere per intero e senza scorciatoie il sentiero che li collega mostrando l’indispensabilità di entrambi. “Non è la colla a creare il collage”, ci ammoniva Max Ernst. Non è l’espressività a fare la creatività, mi verrebbe da aggiungere. Le immagini a corredo dell’articolo fanno riferimento a esperienze di laboratorio sui linguaggi artistici realizzate nelle Scuole dell’infanzia del Comune di Ferrara. Piero Sacchetto è il responsabile pedagogico dell’Istituzione dei Servizi Educativi, Scolastici e per le Famiglie del Comune di Ferrara [email protected] Bambini in Europa 13 Il coraggio dei sogni Vea Vecchi Vea Vecchi descrive il ruolo dall’atelier nella pedagogia dei servizi per l’infanzia di Reggio Emilia. La nascita dell’atelier Quanto e in che modo i processi d’apprendimento e d’insegnamento verrebbero modificati, se la cultura scolastica accogliesse i linguaggi poetici e la dimensione estetica come importanti elementi di costruzione della conoscenza? È un’ipotesi che fa sorridere, come qualcosa di surreale, perché è molto, forse troppo, lontana dalla realtà quotidiana, ma proprio questa irriverente ipotesi si è parzialmente realizzata nei Nidi e nelle Scuole comunali dell’infanzia di Reggio Emilia, nelle quali è possibile in concreto osservare e riflettere sullo strano e inusuale fenomeno educativo che si è costruito. Quando alla fine degli anni ’60 Loris Malaguzzi pensò di introdurre nei Nidi e nelle Scuole dell’infanzia di Reggio Emilia uno spazio atelier gestito da una figura di insegnante con formazione artistica, come spesso accade per le intuizioni veramente nuove era consapevole della portata innovativa dell’operazione, ma forse non aveva ancora un’esatta percezione di quale mutazione avrebbe introdotto nella stagnante pedagogia ufficiale, né dell’importanza e della novità del processo che si sarebbe avviato. Malaguzzi aveva comunque scelto di provare concretamente a sognare una scuola diversa, nella quale i bambini e le insegnanti potessero esprimersi attraverso linguaggi e tecniche generalmente riservate a situazioni particolari e privilegiate. L’idea di introdurre l’atelier è stata una scelta coraggiosa ed eversiva, molto discussa e criticata perché da un punto di vista economico incideva (e incide) sul budget scolastico, che è sempre molto risicato. In quegli anni la sua scelta fu 14 Bambini in Europa considerata da molti pedagogisti una scelta effimera rispetto a quelli che erano considerati i problemi veri della scuola. Loris Malaguzzi però era un uomo che aveva il coraggio dei sogni. Credeva nei linguaggi poetici (arti visive, danza, musica, letteratura, architettura, design…) e riconosceva loro la capacità di anticipare i tempi e di catturare l’essenza e la natura profonda delle cose. I linguaggi poetici possono intrecciare insieme il razionale, l’immaginario e l’emozionale, facilitando un apprendimento più ricco e completo. C’è una presenza poetica in ogni linguaggio o disciplina, anche in quelle che paiono più lontani dalle esperienze artistiche, come la matematica, la chimica, la fisica, l’ingegneria… Tavolozze materiche preparate dai bambini A mio parere, uno dei nodi culturali della pedagogia di Reggio Emilia è costituito dalla consapevolezza dell’importanza fondamentale della poetica e dell’estetica come forze propulsive e trasversali tra i vari linguaggi, come connettori privilegiati dei processi di pensiero, e uno dei compiti principali dell’atelier è quello di dare forma concreta a questi principi. Penso che i linguaggi poetici, insieme all’etica, siano alla base di ogni forma di educazione e rappresentino un’importante forma di salvaguardia rispetto a tutte le forme di degrado culturale e sociale che portano a situazioni di sopraffazione e di violenza. Il contributo dell’atelier L’atelier non è mai stato, comunque, un luogo specializzato e isolato dalla quotidiana attività didattica, né la nuova figura (definita nel tempo atelierista) è mai stata considerata, e utilizzata, solamente come una specialista delle arti visive, perché siamo sempre stati consapevoli, anche dal punto di vista teorico, che più un linguaggio è colto e maturo, più può aspirare a entrare in relazione e ad amalgamarsi con altri linguaggi. Esistono contributi tangibili che l’atelier ha dato alla pedagogia, come l’avere promosso e favorito una documentazione didattica visiva organizzata con sistemi nuovi e riutilizzabile nel tempo, oppure l’attenzione all’importanza della qualità architettonica, interna ed esterna, dell’ambiente scolastico. Questi aspetti hanno creato piccole rivoluzioni nella scuola e nell’apprendimento, ma qui vorrei parlare di aspetti meno visibili, ma a mio parere fondamentali. Nel mio lavoro con i bambini e gli insegnanti ho attinto molti suggerimenti dal mondo dell’arte, ma la mia attenzione si è sempre rivolta più ai processi di costruzione del lavoro che alle opere finite. Un piccolo elenco può meglio chiarire il mio approccio: penso che un soggetto non debba mai essere analizzato da un solo punto di vista, che un colore sia soprattutto importante per le sue tonalità, che l’intensità e il tono della luce tenda a modificare fortemente il contesto nel quale avviene l’osservazione, che la tecnica diventi anche un linguaggio e il corpo e i suoi gesti ne possano fare parte, che i sensi siano immediati elaboratori per il cervello e che debbano costantemente essere tenuti attivi, che la grafica sia un linguaggio più complesso e completo di quanto comunemente si ritenga… Potrei continuare a lungo, consapevole del fatto che questo è ancora soltanto un elenco, che non ha molto significato se non è inserito all’interno di processi di qualità. Occorre essere consapevoli che se il precedente elenco viene affrontato con modalità poetiche, questi assunti possono formare una base culturale ed educativa che non riguarda solo i linguaggi espressivi, ma possono dare contributi e migliorare la qualità di tutti gli altri linguaggi, cercando di tenere attivi lo stupore e l’eccitazione che l’apprendimento produce. Provo ad accennare un esempio relativo alla percezione cromatica. Un colore non è un colore se non possiede un’identità espressiva: “L’arancione è un colore che ride”, dice un bambino di 3 anni mentre sta dipingendo, Se un insegnante conosce Yves Klein e si emoziona guardando il suo famoso quadro Blu Klein, può riconoscere più facilmente la stessa emozione in un bambino di 3 anni che, dipingendo al cavalletto, alla prima densa pennellata di colore blu che dall’alto del foglio sta producendo una colatura, grida emozionato: “Guarda guarda questo blu cosa sta inventando!” Una goccia di blu che cola sul foglio e traccia forme e sentieri inaspettati: la differenza che deriva dal contributo dell’atelier sta forse semplicemente in questo, nel riuscire a comprendere la poetica dei colori ed emozionarsi insieme al bambino, e non si creda si tratti di una piccola cosa. Cosa invece succede generalmente? Si raggruppano i colori in gruppi elementari, senza distinzioni sulla loro identità, senza attenzione al formare la casa dei gialli, o dei blu, o di altri colori, inglobando in una categoria unica e semplificata tonalità di colore estremamente diverse tra loro per luminosità, dimensione, materia, consistenza, tattilità. Fornendo così ai bambini informazioni semplificate, senza interesse e senza stupore, istituendo immediatamente categorie elementari (per alcuni rassicuranti) nelle quali imprigionare la straordinaria ed eversiva vitalità dei colori. Tutti noi nasciamo dotati di una raffinatissima sensibilità percettiva riguardo al colore ma, come per altre capacità percettive, questa ci viene facilmente sottratta da una cultura superficiale e frettolosa che tende a impoverire stupori, interessi ed emozioni, consegnando all’apprendimento un marchio dal quale è stata eliminata l’estetica: l’estetica del gesto, dell’intelligenza percettiva, del tempo, che si evolve assieme alla ragione e alle emozioni. Intensità ed empatia Un aspetto che trovo deleterio per l’educazione dei bambini è quello di proporre di realizzare cose con gesti frettolosi, con un’insufficiente qualità di relazione con il soggetto, spesso una relazione standardizzata e solamente formale, portando così a un’azione che ha scarsi significati e apprende e utilizza le tecniche in modo meccanico, senza emozioni, senza rapporti intensi e gratificanti. L’intensità della relazione è forse la prima, istintiva e importante forma di approccio alle cose che il mondo dell’arte ci suggerisce, ma è anche quella che insegna (o consegna) gesti di cura e allontana dall’indifferenza, che è una delle peggiori strade per apprendere. I bambini si accostano naturalmente alle cose con un forte senso empatico. Rispettare l’empatia, considerandola un veicolo prezioso per l’apprendimento, suggerisce proposte didattiche che allenano e alimentano una conoscenza che non ha fretta di rinchiudere il mondo in categorie di pensiero più o meno rigide ma, viceversa, cerca connessioni, alleanze e solidarietà tra categorie e linguaggi diversi o differenti discipline. Questo approccio si trasforma facilmente in un atteggiamento di cura e di attenzione verso tutto, anche per l’ambiente nel quale viviamo, che incide in modo così forte sulla formazione delle persone, sul loro benessere e sulla qualità della loro identità soggettiva e sociale. Lavorare con la luce Credo che uno dei motivi principali che ci ha suggerito di scegliere la luce come primo soggetto per le attività dell’atelier aperto due anni fa nel nuovo Centro Internazionale Loris Malaguzzi di Reggio Emilia sia stata la sua capacità di seduzione. Una delle tante testimonianze che riguardano la luce: un gruppo di bambini dai 4 ai 5 anni sta sperimentando dentro alla scuola1 riflessi luminosi con alcuni specchietti di forme diverse e alcune pile. La diversa inclinazione degli specchi rispetto alle sorgenti di luce permette di ottenere immagini luminose particolarmente affascinanti: Caterina: “Stiamo facendo dei riflessi interessantissimi”. Un gruppo di bambini esplora giochi di riflessione con specchi e torce Fiori di luce Alice: “Come delle ragnatele”. Arianna: “Come dei fiori di luce”. Mentre i bambini disegnano con la luce discutono e si accorgono delle relazioni tra la dimensione degli specchi, la distanza relativa rispetto alle fonti luminose, l’angolo di incidenza e di riflessione. Rossella: “Secondo me se metto uno specchietto qui succede qualcosa…” Arianna: “Si interrompe i raggi”. Rossella: “Facciamo delle prove… può darsi che scopriamo delle diversità… oppure delle altre composizioni...” Michele: “Ci vuole molta calma… perché questo è un lavoro difficile... è una cosa da sapienti”. La cosa si complica ulteriormente (ed è veramente un problema per sapienti) con l’idea di proporre agli amici indovinelli luminosi, come per esempio cercare di costruire una grande X con la luce, e naturalmente, prima di proporre l’indovinello ai compagni, è necessario trovare le posizioni corrette degli specchi e delle fonti luminose. Le prove sul campo sono parecchie, e la soluzione sembra non arrivare mai: Bambini in Europa 15 Samuel: “Ci deve essere qualche errore nel progetto… aspetta che guardo bene… ho capito, le forme degli specchi sono sbagliate… proviamo con solo due specchi”. I bambini sanno però essere molto caparbi, e alla fine riescono ad arrivare a una soluzione accettabile. Ad un gruppo di adulti, genitori e insegnanti, è stato posto lo stesso problema, e anche per loro la soluzione non è risultata semplice. Provare per credere! L’ambiente digitale L’atelier ha avuto un approccio molto originale anche in un altro settore, quello dell’ambiente digitale. Ancora una volta è stato l’atelier (naturalmente con il contributo di insegnanti e pedagogiste attente), da sempre poco obbediente alle regole costituite e curioso di sperimentarne altre, che ha dato ai bambini la possibilità di un approccio diverso e creativo al digitale. All’inizio si è trattato soprattutto di modificare e variare i prodotti del lavoro dei bambini (disegni, piccole sculture, composizioni con materiali) utilizzando i programmi informatici usati abitualmente dagli adulti, modificando l’uso consueto dello scanner, scansionando anche oggetti tridimensionali. A questo si sono poi affiancati altri strumenti come le penne ottiche, le macchine fotografiche digitali, le piccole videocamere, il videoproiettore, che proiettando sui muri della sezione L’atelier “Raggio di luce” di Reggio Emilia 16 Bambini in Europa grandi scenografie rende le situazioni fantastiche.Tutti questi strumenti dell’ambiente digitale, intrecciati a tecniche più tradizionali, permettono un lavoro di gruppo estremamente stimolante nel quale il gioco, la scoperta, il virtuale e il reale si intrecciano, ma è soprattutto importante che questi nuovi strumenti siano in mano ai bambini, e da loro possano essere manipolati ed esplorati. Un sogno, così vicino al lavoro di regia, e così reale! Ed è ancora l’atelier che inventa inconsueti strumenti che permettono ai bambini di affrontare nuove avventure del pensiero e dell’espressività. Le matite, i pennelli, la creta, il filo di ferro, la carta e il cartoncino, le forbici e la colla, la scagliola e la ceramica… continuano ad essere strumenti sempre presenti e meravigliosi, capaci di costruire piccoli e grandi immaginari, e richiedono anche allenamento, capacità di risolvere i problemi, concentrazione e costanza. Documentare i processi Un altro importante merito dell’atelier è quello di avere promosso, e dato visibilità, non solo ai risultati, ma alle annotazioni della documentazione dei processi attraverso i quali si costruiscono prodotti che appartengono a diversi linguaggi disciplinari. La diffusione capillare nelle scuole di Reggio Emilia di questo sistema di documentazione permette riflessioni e valutazioni più meditate e il confronto, anche in tempi diversi, delle interpretazioni che derivano da punti di vista diversi. Questa è una piccolissima testimonianza che appartiene a quel prezioso bagaglio di ricerca che quotidianamente si costruisce in ogni Nido e Scuola dell’infanzia con l’ascolto delle strategie dei bambini, un atteggiamento che, se bene utilizzato, genera un’intensa e solidale relazione bambini-insegnante, che può portare alla formazione di nuovi apprendimenti e di intelligenze creative, sia da parte dei bambini che degli adulti. Questo esempio2 è tratto da un progetto più complesso, realizzato in una sezione di bambine e bambini di circa 5 anni, centrato sull’analisi di una folla di persone. Una delle proposte più interessanti da fare ai bambini è quella di rappresentare lo stesso soggetto da diversi punti di vista. In questo caso venivano definiti due punti d’osservazione, la folla veniva vista ad altezza di bambino dall’alto di un palazzo. Questo doppio punto di vista ci ha confermato quanto la rottura di uno schema possa produrre scintille e generare invenzioni interessanti, come appare da uno dei disegni che rappresentano le persone viste dall’alto. L’insegnante non capisce subito il disegno che Filippo le mostra, e chiede spiegazione Persone viste dall’alto (Filippo, anni 5,3) degli spazi vuoti lasciati tra le parti delle figure disegnate. “Io avevo detto che dall’alto delle persone si vedono solo la testa, i piedi e le pance delle mamme che aspettano un bambino, ma poi non sapevo come disegnarle. Ho lasciato gli spazi vuoti per le parti che non si vedono perché anche se non si vedono ci sono e occupano degli spazi.” La soluzione adottata da Filippo è stata poi più volte utilizzata da altri bambini che dovevano rappresentare situazioni simili dal punto di vista percettivo. “L’atelier come luogo impertinente” È una definizione dell’atelier data da Loris Malaguzzi in un suo testo, che mi pare auspicio e speranza per un apprendimento e una conoscenza nel quale sforzo, piacere, irriverenza e allegria, possano finalmente convivere. All’atelier il compito di realizzare un tale luogo, alla pedagogia il compito, non facile, di accogliere e di ritenere preziosa una cultura impertinente. 1 L’episodio è tratto da un progetto sulla luce condotto dall’atelierista Massimo Ghirardi, dalle insegnanti Daniela Lelli, Rossana Paterlini, dalla pedagogista Deanna Margini della Scuola comunale dell’infanzia “Martiri di Villa Sesso” di Reggio Emilia, all’interno del progetto “Raggio di Luce” curato del Centro Internazionale Loris Malaguzzi, 2006. 2 Il disegno deriva da un progetto che aveva come soggetto “la folla”, coordinato dall’insegnante Laura Rubizzi, dall’atelierista Vea Vecchi e dalla pedagogista Tiziana Filippini, della Scuola comunale dell’infanzia “Diana” di Reggio Emilia nel 1994. 3 Da Edwards C., Gandini L., Forman G. (a cura di), I cento linguaggi dei bambini, Edizioni Junior, Bergamo, 1995. Foto di Max Ghirardi, Isabella Meninno e Giovanni Piazza. L’immagine di p. 14 è tratta dal catalogo Bambini, arte, artisti edito da Reggio Children, Reggio Emilia, 2004, e fa parte di un progetto sul cromatismo dei materiali naturali coordinato dall’insegnante Laura Rubizzi e dall’atelierista Isabella Meninno. Vea Vecchi è atelierista, responsabile atelier, editoria e mostre di Reggio Children [email protected] Generazioni riunite I progetti artistici sono un modo perfetto per incoraggiare l’interazione fra generazioni diverse, come dimostrano questi esempi dalla Gran Bretagna. La Crossover Intergenerational Dance Company (Compagnia di Danza Intergenerazionale) si compone di nove ballerini di età compresa fra i 7 e i 66 anni che offrono spettacoli e laboratori rivolti a persone di qualsiasi età. Si tratta di attività fisicamente impegnative ma artisticamente stimolanti, divertenti e coinvolgenti. La loro coreografia è autentica, ricca di sentimento, di sorprese e di umorismo e ci dimostra che persone di diverse generazioni possono trovare un linguaggio comune per mezzo della danza. Guidata da Cecilia Macfarlane, dance artist che gode di fama nazionale per l’innovazione e la pratica della danza intergenerazionale, la Compagnia è stata costituita nel gennaio 2003 allo scopo di esplorare le differenze nei modi in cui pensiamo, sentiamo e ci muoviamo nelle diverse età della vita, e di ricercare quali inaspettate somiglianze condividiamo. Dragon’s Tale (La fiaba del drago), la loro ultima opera, è stata realizzata in collaborazione con il trio musicale “Restless Blue”. La prima dello spettacolo è andata in scena al Warwick Arts Centre nel febbraio 2007, davanti a un pubblico di duecento bambini di 7 anni. L’opera è stata successivamente riadattata per poter includere oltre 200 ballerini di un’età compresa tra 6 mesi e 86 anni per uno spettacolo messo in scena all’Oxford Playhouse nel marzo 2007, in occasione del primo Festival della Danza di Oxford. Il cast originale, composto da nove ballerini e tre musicisti, ha poi riportato in scena lo spettacolo nell’abbazia di Dorchester, in occasione del Festival delle Arti di Dorchester, nel settembre 2007. Nel febbraio 2008 lo spettacolo è stato di nuovo ripreso per una rappresentazione al Pegasus Theatre e per il prossimo settembre, grazie al generoso sostegno del Consiglio di Contea, è prevista una tournée in numerose cittadine dell’Oxfordshire. di Educazione civica della Oaklands School. Gli insegnanti hanno riscontrato un aumento effettivo nel livello di sicurezza, di abilità e nella partecipazione degli studenti. Per ulteriori informazioni visitate il sito Magic Me è un’associazione che da oltre 17 anni si occupa di progetti artistici intergenerazionali. Con sede a Tower Hamlets, a est di Londra, i suoi progetti coinvolgono ogni anno oltre 350 persone locali appartenenti a diverse generazioni, culture ed etnie. Dal riconoscimento del Progetto “Points of View” (“Punti di vista”) come progetto di maggior successo del 2004, nasce il progetto “Playing with Possibilities” (“Giocare con le possibilità”). Gli anziani del Centro Sundial erano entusiasti di poter intessere ancora rapporti con la Oaklands School, una scuola secondaria, e anche gli insegnanti erano desiderosi di estendere l’accesso a progetti intergenerazionali anche a nuovi giovani. “Playing with Possibilities” si rivolge a diversi gruppi di studenti, inclusi ragazzi con difficoltà di apprendimento o con esigenze particolari. Da ottobre a marzo giovani e anziani hanno lavorato assieme alla progettazione e realizzazione di giocattoli e attrezzature didattiche per la prima infanzia per il vicino Nido d’infanzia di Columbia Market. Un burattinaio e uno scultore hanno affiancato il gruppo nella ricerca dei soggetti e dei materiali adatti, nella visita al Nido e infine nella progettazione e costruzione degli oggetti. La partecipazione a questo progetto e il compito di tenere un diario dell’esperienza costituivano parte del corso Growing Confidence (“Far crescere la Fiducia”) è un progetto che lavora da tre anni con dieci scuole situate nei dintorni di Edimburgo. Il Creative Links Team, assieme ad “Arts and Learning” (la sezione dell’Arte e della Cultura del Consiglio della Città di Edimburgo), lavorano allo sviluppo di progetti artistici intergenerazionali in orario extra-scolastico, uno dei quali si svolge presso la Scuola elementare “Royal Mile”. Il Progetto si intitola “I Can Animate” (“Io posso animare”): un gruppo di alunni dai 9 agli 11 anni si incontra ogni mercoledì pomeriggio dalle 15,30 alle 17,30 nei laboratori della scuola, per partecipare a un progetto di animazione condotto da Angeline Ferguson, una professionista dell’animazione. Per oltre 8 settimane gli alunni apprendono l’utilizzo di software di animazione e del programma Photoshop, allo scopo di creare i propri cortometraggi sui temi del cibo, della salute e del benessere. Successivamente saranno gli stessi alunni a guidare un amico adulto o un componente familiare nello stesso percorso, sostenendolo e aiutandolo nella produzione del proprio film. Le risposte dei bambini sono state molto positive sin dall’inizio, e hanno incluso la richiesta da parte loro di prolungare le attività fino alle 19,30. www.magicme.co.uk Traduzione di Chiara Bartesaghi Bambini in Europa 17 Trasformare la realtà Ana Angélica Albano Ana Angélica Albano riflette sull’importanza dell’arte come forma di linguaggio e su come una buona educazione artistica possa riscoprirla e conservarla. Il linguaggio dell’arte Sono stata invitata a tenere varie conferenze e laboratori per insegnanti della prima infanzia e questo mi ha dato la possibilità di mettere a fuoco le opinioni che questi educatori hanno sull’infanzia, sull’arte e sulla possibilità di trasformare l’approccio all’apprendimento includendo la poesia nell’educazione artistica. Sono fortemente convinta che gli artisti e i poeti abbiano molto da dire a coloro che lavorano con la prima infanzia. Essi possono rinvigorire, tramite l’educazione, ciò che il bambino non ha ancora perso: la capacità di immaginare serpenti di vetro che curvano dietro la casa... L’approccio intrapreso dall’insegnante è ancora più importante delle risorse materiali. Ciò che determina la pratica dell’insegnante è la sua “estetica personale”, che non ha a che fare soltanto con ciò che piace all’insegnante, con ciò che apprezza o ritiene bello, ma con la maniera precisa con cui si fanno le cose. Ogni movimento, gesto o decisione sono intrinsecamente connessi con l’estetica di ciascuna persona, che, come un’impronta digitale, lascia il suo segno unico su qualsiasi cosa tocchi. E tuttavia, a differenza dell’impronta digitale, che è permanente, l’estetica personale può essere affinata grazie all’educazione. Quando frequentano corsi d’arte, gli insegnanti chiedono spesso consigli che li aiutino a programmare le attività; considerano la loro scuola come un luogo destinato al consumo di formule precise, piuttosto che alla creazione di conoscenza. 18 Bambini in Europa Il primo passo è far comprendere loro che l’arte è un linguaggio, una forma di comunicazione che permette di dire ciò che le parole non riescono ad esprimere. Le linee, i colori, le forme e le trame sono un alfabeto, uno dei primi che i bambini usano per comunicare. Potremmo dire che è la loro prima forma di scrittura, dato che ogni bambino disegna: il bastoncino sulla sabbia, il sasso sulla terra, la pennellata di inchiostro sul foglio… il giocare dei bambini lascia la propria traccia, creando dei giochi e raccontando storie. Tuttavia, non appena crescono, molti bambini dicono che non sanno come disegnare; un linguaggio che è così naturale durante l’infanzia a un certo punto si atrofizza. È una fase inevitabile dello sviluppo? Prestando poca attenzione alla loro educazione estetica, gli insegnanti accettano semplicemente che la capacità di disegnare possa essere persa, riservata, forse, solo a coloro che possiedono un talento. Sono anche convinti che l’arte sia sempre un’attività costosa, un lusso e non una necessità. Tornando alle parole di Manoel de Barros, possiamo domandarci: davvero quei teneri serpenti di vetro, appena sostituiti dalle anse, portano via con sé una parte del mondo dell’immaginazione? Educazione artistica L’educazione artistica non è una mera trasmissione di informazioni, né si riferisce a un talento innato. Richiede conoscenza, una programmazione adeguata e coerenza. Deve essere un esercizio di tutti i giorni, e non un’attività confinata a particolari giorni o al tempo libero. Richiede attenzione al livello di sviluppo intellettivo ed emotivo di ciascun bambino, per poter proporre attività adeguate. Nei miei laboratori, gli insegnanti commentano che, nell’arco di tutta la loro istruzione, hanno avuto poche opportunità per esprimere le proprie idee tramite i linguaggi visivi. Comprendono quindi il bisogno di un ampia varietà di esperienze Il fiume che scorreva dietro la nostra casa era l’immagine di un serpente di vetro che curvava dietro la casa. Più tardi passò un uomo e disse: questa curva che il fiume compie dietro la vostra casa si chiama ansa. Non era più l’immagine di un serpente di vetro che curvava dietro la casa. Era un’ansa. Credo che il nome impoverisca l’immagine. Manoel de Barros con diversi materiali e tecniche. E si rendono conto, comunque, che la tecnica è solo un mezzo, mai fine a se stesso. La curiosità infantile del lasciare tracce deriva dal bisogno di esercitare la capacità di imparare cose, esprimere le proprie scoperte e raccontare storie. I bambini hanno bisogno di esperienze significative, molto più che di semplici materiali e tecniche. Non solo un’ampia varietà di esperienze, non soltanto qualcosa di sempre nuovo, ma una sequenza coerente di attività, presentate in modo tale da consentire ai bambini di approfondire la loro comprensione e di costruire una conoscenza significativa. La ricchezza delle immagini espressa nel disegno e nella pittura dipende sia dalla quantità sia dalla qualità delle esperienze cui i bambini sono stati esposti, così come dall’atmosfera di fiducia e condivisione trasmessa dall’insegnante durante le attività. Una gita al parco, una storia o un sogno possono condurre a una serie di attività connesse a quest’esperienza. Durante una passeggiata i bambini possono osservare i colori, le trame, i suoni e gli odori del mondo intorno a loro, e raccogliere dei campioni. Una volta portato in classe, questo materiale può consentire un approfondimento dell’esperienza sensoriale, lo scambio di osservazioni e la creazione di vari racconti (anche simbolici). I seguito, i bambini potranno approfondire le loro scoperte attraverso ricerche nei libri, letture di poesie, racconti, film. I disegni e i dipinti che risulteranno da questo processo riveleranno la ricchezza delle esperienze attraversate dai bambini. Le attività di esplorazione del mondo esterno, come una gita al parco, sono importanti quanto quelle che esplorano il mondo interiore dei bambini, come parlare di un sogno, ricordare un evento particolare, una poesia o una storia preferita. L’insegnante deve essere consapevole e ascoltare attentamente le diverse prospettive e i desideri dei bambini. Non ha importanza se i disegni sono belli o meno; ciò che importa è che sono ricchi di significato e traducono la dimensione e il colore del sogno del bambino che li ha creati. Il disegno, così come la poesia, sarà allora il risultato di un modo particolare di guardare le cose. Richiede la volontà di affidarsi all’esperienza, perché la magia dell’arte è proprio questa: essa “mostra che la realtà può essere trasformata, dominata e può diventare una cosa con cui giocare.” Il Progetto “Sementinha” – o “Scuola sotto l’albero del mango” – si occupa di bambini al di fuori del sistema di educazione ufficiale. Nel 2001 il progetto è stato introdotto a Santo Andre, un quartiere industriale di São Paulo, dove 2000 bambini, di età compresa tra 4 e 6 anni, non frequentavano la scuola. Le attività includevano laboratori creativi e le “valigie delle storie in viaggio”, valigie riempite di libri per bambini. Ma la cosa più sorprendente, fra le varie attività, è stato l’allestimento di piccoli laboratori artistici, nei quali i bambini erano messi in condizione di lavorare autonomamente, scegliendo liberamente i materiali e i soggetti delle loro opere. Gli educatori erano affascinati dalla ricchezza di idee dei bambini e stupefatti dalla capacità dei bambini di mantenere i laboratori in buone condizioni. Senza guidare il lavoro, gli educatori si sono trasformati in un gruppo di collaboratori e osservatori attenti, agevolando i tentativi dei bambini di realizzare i propri progetti. Gli stessi educatori non avevano mai sperimentato una tale libertà di scelta; erano affascinati, ma non completamente convinti delle potenzialità dei bambini. La chiave era la fiducia: avere fiducia nei metodi degli altri, nella loro capacità di utilizzare i materiali in maniera responsabile e di dare forma all’invisibile, di esprimere attraverso le immagini ciò che le parole mai avrebbero potuto trasmettere. Il nostro scopo è stato quello di incoraggiare i bambini a raccontare le loro storie attraverso i disegni, dimostrando che l’atto stesso del disegnare li mette in contatto con il loro mondo interiore fatto di immagini e di storie. Una bambina di 5 anni ha detto: “Mi piace disegnare, perché quando disegno il mio cuore batte”. Difficilmente potremmo trovare un modo migliore per descrivere come l’emozione di esprimere idee riesca a congiungere il cuore e la mente. Traduzione di Chiara Bartesaghi Ana Angélica Albano è docente presso la facoltà di Scienze dell’Educazione della State University of Campinas (UNICAMP), Brasile [email protected] Bambini in Europa 19 Un luogo per le arti Wenche Rønning, Lillian Selvik, Anne Sofie Skogvold, Torunn Baade Wenche Rønning, Lillian Selvik, Anne Sofie Skogvold e Torunn Baade Aalstad raccontano come una piccola comunità in Norvegia usi l’ambiente locale per stimolare le arti. La base locale è da sempre un principio importante dell’educazione in Norvegia. Le scuole e le comunità locali collaborano in vari modi e le scuole usano l’ambiente locale come contesto importante e significativo per l’educazione. I contenuti di queste attività di cooperazione sono svariati, ma hanno sempre incluso l’arte e altre espressioni culturali. La scuola e le sue risorse sono considerate un’istituzione importante per la comunità, specialmente nelle aree rurali, dove difficilmente sono presenti altri centri culturali. L’educazione su base locale ha obiettivi pedagogici, ma nelle zone rurali contribuisce anche a creare nei bambini una forte identità locale e ad aprire loro gli occhi sulle opportunità che si possono trovare all’interno delle propria comunità. Inoltre, i progetti artistici e culturali su base locale offrono agli abitanti la possibilità di incontrarsi e di apprezzare l’arte, la propria cultura e l’ambiente locale. Presentiamo qui un esempio di come l’arte abbia incontrato l’educazione su base locale nella comunità rurale di Steigen, un Comune nel Nord della Norvegia. Il Comune di Steigen Il paesaggio del Comune di Steigen è fonte di ispirazione e di energia. Molti artisti scelgono di vivere e lavorare qui. Il Comune vanta anche una ricca eredità culturale e molti resti archeologici risalenti all’antichità, dall’età del ferro in poi. Attualmente nel Comune ci sono quattro scuole (per bambini dai 6 ai 16 anni), e tutte collaborano strettamente con la “Scuola culturale” di Steigen. Quest’ultima è una scuola privata, finanziata in parte dallo Stato e dal Comune, e in parte 20 Bambini in Europa dagli studenti e dai loro genitori, e offre opportunità di formazione in discipline artistiche quali musica, arte, danza e teatro. Gli insegnanti di questa scuola spesso lavorano come artisti, come insegnanti nella scuola dell’obbligo o come professionisti culturali nel Comune o nella contea. I progetti artistici e culturali hanno una lunga tradizione a Steigen, e giocano un ruolo importante nel curriculum della scuola dell’obbligo. Gli insegnanti delle Scuole culturali e delle scuole dell’obbligo collaborano per la definizione dei progetti. Il Comune non possiede edifici destinati esclusivamente alla realizzazione o all’esposizione di progetti ed eventi artistici. Per questo motivo mostre e spettacoli hanno luogo all’esterno: nella natura, in strutture sanitarie, nelle chiese o nelle scuole. Sono stati organizzati spettacoli teatrali sui Vichinghi all’interno di siti archeologici, altri spettacoli teatrali sulle spiagge e nei boschi, uno settacolo sulla libertà presso la “Batterie Dietl”, una vecchia fortezza bellica; nelle palestre delle scuole sono andati in scena spettacoli musicali e circensi; esposizioni d’arte sono state allestite nei negozi locali, in strutture sanitarie, o all’aperto, nel magnifico scenario della natura. Lo “Zaino Culturale” (Den Kulturelle Skolesekken) è un progetto nazionale che vuole garantire un eguale accesso a tutte le forme artistiche e culturali sull’interno territorio nazionale. Esso inaugura nuove ed entusiasmanti opportunità per approfondire il legame tra l’arte e l’educazione su base locale; offre la possibilità di invitare artisti provenienti sia da Steigen sia da fuori, esperti di discipline e forme artistiche differenti, per insegnare l’arte nelle Scuole culturali e nelle scuole dell’obbligo. Il programma dello “Zaino Culturale” sottolinea che le esperienze dei bambini, unite al loro forte bisogno di esprimersi, devono essere sempre al centro dell’attenzione e che il processo è importante quanto il prodotto finale. Si vogliono quindi coinvolgere i bambini in tutte le fasi, dalla progettazione iniziale alla realizzazione del prodotto finale. La Fattoria Skjelstad dell’Arte e della Cultura Utilizziamo la natura, le attività e le industrie locali, la vita culturale, il teatro, il cinema, persino gli eventi drammatici che ci circondano, come punti di partenza e fonti di ispirazione per lavorare con l’arte all’interno della nostra comunità. La Fattoria Skjelstad dell’Arte e della Cultura di Lillian Selvik è una di queste fonti di ispirazione ed è un’arena nella quale bambini e ragazzi possono esprimere se stessi attraverso svariate forme d’arte. Lillian possiede e gestisce la fattoria e ha lavorato per molti anni alla Scuola culturale di Steigen con i bambini, l’arte e il teatro. Pianifica e dirige i progetti culturali della fattoria, lavorando sempre da vicino con i bambini e i giovani. Li tratta seriamente, cerca di capire i loro punti di vista e li lascia essere protagonisti delle esperienze. È consapevole del caos che tali progetti possono generare, ma è decisa sul da farsi e riesce sempre a trovare dei metodi creativi per non “perdere il filo” nella realizzazione di un buon progetto. Il progetto principale della fattoria si chiama “Dal mare alla foresta” e dà la possibilità di incontare l’arte, di riconoscerla come parte integrante della natura. Oltre a questo progetto base ne vengono sviluppati di nuovi, alcuni in collaborazione con lo “Zaino Culturale” e la Scuola culturale di Steigen. La collaborazione con l’artista locale Thor Arne Losnedahl è importante per lo sviluppo della fattoria. È lui che ha realizzato tutte le sculture che si trovano qui. La sua espressione artistica e il suo approccio all’arte e alla natura sono in armonia con gli scopi e i metodi utilizzati nella fattoria. Un Progetto chiamato “La fattoria delle fiabe” è stato sviluppato durante l’estate del 2004. Il fienile è stato attrezzato con delle pareti di stoffa e nella stanza centrale è stata allestita una mostra tradizionale di dipinti, stampe e oggetti d’artigianato. Poi, per rendere la mostra interessante agli occhi dei bambini, abbiamo fatto dei buchi nelle pareti e, attraverso degli spiragli, i bambini e gli adulti potevano spiare i personaggi delle fiabe che erano situati nelle altre stanze laterali. Ogni estate vengono organizzate mostre tematiche di vari artisti all’interno della galleria ed attività all’aria aperta. Una gita all’aperto è un percorso di sperimentazione dell’arte e della fantasia, che parte dal mare, si addentra nelle fitte foreste di abeti, attraversa vari punti panoramici e torna indietro. Vogliamo che i nostri progetti raggiungano la comunità, perché possano vivere, e per farne nascere altri. Il Progetto “Michaelmas”, sviluppato in collaborazione con la Scuola culturale di Steigen, ha attirato alla fattoria oltre 500 persone. Le attività comprendevano: canto, disegno, un’escursione nella foresta che includeva letture di poesie e attività artistiche, e lo “Stomp” (creare musica e ritmi utilizzando le cose che trovavamo). Il percorso nel bosco offre ai partecipanti l’opportunità di partecipare attivamente a esperienze artistiche immersi nella natura. Al margine del bosco si può vedere la scultura di un alce. Utilizzando questo spazio abbiamo sviluppato il progetto “Elk-Elk” in cui gli allievi hanno costruito maschere e sculture fatte ad alce e messo in scena il “teatro dell’alce”. Nello spazio attorno alla scultura della volpe, invece, gruppi teatrali si sono esibiti in uno spettacolo, cantando canzoni e raccontando storie sulla volpe. Le scatole-nido Abbiamo costruito varie scatole-nido e durante l’estate tantissimi tipi di uccelli ci offrono la loro splendida musica. Impariamo ad ascoltare il silenzio. Come si può imparare a stare zitti se non si ha mai sperimentato il silenzio? Osserviamo la natura, la sperimentiamo assieme, parliamo del mare, delle montagne... è un modo molto piacevole di accostarsi all’ambiente, di concentrarci su di esso, di fare delle attività. “L’uccello è volato via” è un enorme nido con tre grandi uova. Chi le ha lasciate? E come ci si sente a partire o a essere lasciati? Essere un coccodrillo durante l’inverno ha i suoi pro e i suoi contro. Possiamo rivivere l’esperienza del coccodrillo al freddo e, partendo da ciò che vediamo, ricavare progetti sul clima e sull’ambiente. Le sculture di Thor Arne sono in sintonia con l’ambiente e offrono impressioni molto diverse a seconda delle stagioni. Una vasca profonda con una scultura in pietra offre l’opportunità di sedersi tranquilli, guardando la superficie dell’acqua, pensando, filosofando... Traduzione di Chiara Bartesaghi Torunn Baade Aalstad è la preside della Scuola culturale di Steigen; Lillian Selvik è un’artista e la proprietaria della fattoria Skjelstad; Anne Sofie Skogvold è stata preside di una scuola di Steigen e attualmente lavora come ricercatrice presso il Nordland Research Institute; Wenche Rønning è ricercatore presso il Nordland Research Institute [email protected]. Bambini in Europa 21 Basta un click... Elisa Marques e Pedro Sousa La tecnologia, a che cosa serve? Negli ultimi anni la Nuova Informazione e la Tecnologia di Comunicazione hanno assunto in Portogallo particolare importanza per l’educazione. Ma nonostante le innovazioni nel campo educativo, molti miti rimangono: • i nuovi media risolvono i problemi dell’apprendimento senza apportare sostanziali cambiamenti al sistema educativo vigente; • basta assicurare l’accesso ai nuovi media per garantire l’utilità del loro uso a vantaggio dell’istruzione; • i nuovi media sono uno strumento “speciale” da usare solo in specifiche attività d’apprendimento. Questi miti sono molto categorici. Il realtà la tecnologia non definisce la società, né la società definisce la tecnologia. Cambiamento e innovazione dipendono dai rapporti complessi tra la tecnologia e l’uso che ne fa la società, in particolare la scuola; non è pertanto sufficiente avere accesso alle varie tecnologie, l’importante è sapere come usarle. Il corpo insegnate deve rivedere le sue metodologie, specialmente sui contenuti e sulle strategie. Cos’è realmente cambiato nell’insegnamento e nell’apprendimento dopo la crescente presenza delle nuove tecnologie nelle scuole? Stiamo cercando Bambini alle prese con attività e giochi mentre utilizzano il “DiaLugares Portal” 22 Bambini in Europa Elisa Marques e Pedro Sousa spiegano come Internet può modificare l'educazione, dando ai ragazzi la possibilità di accedere a siti d’arte. di formare una società dell’informazione e del sapere con le stesse risorse intellettuali con cui si è formata la società industriale duecento anni fa? La presenza delle nuove tecnologie nella scuola può essere vista come una innovazione dell’insegnamento; in realtà essa viene spesso usata come pura risorsa strumentale per scrivere e ascoltare, giocare e comunicare, senza tuttavia modificare il metodo o la materia d’apprendimento. I mezzi a disposizione sono moderni, ma il sistema d’apprendimento è vecchio e superato. Per quanto riguarda le materie artistiche, è evidente che le nuove tecnologie hanno portato cambiamenti insignificanti alle pratiche d’insegnamento. Le visite ai musei on line sono un mezzo per imparare a guardare e osservare in modo nuovo? O si tratta sempre del vecchio tipo di informazione – in forma di visite guidate – la cui logica è mettere il sapere a disposizione di studenti considerati recipienti passivi? La dimensione culturale nello scambio di conoscenze Il Progetto “DiaLugares” promosso dalla Facoltà di Scienze e Tecnologia della Nuova Università di Lisbona fornisce un valido esempio di come le nuove tecnologie possano modificare le pratiche d’insegnamento nel mondo delle arti. Lo scopo principale è quello di far leggere e interpretare al pubblico – bambini, giovani e adulti – la dimensione culturale dei luoghi pubblici – cioè musei, centri culturali, parchi, giardini e spazi aperti – della città di Almada, vicino a Lisbona. La città è come un libro che si può leggere in diversi modi. Ogni persona è incoraggiata a superare le specifiche competenze dei singoli domini della scienza, della tecnologia, dell’educazione, delle arti e della cultura. Queste discipline vengono presentate come sistemi integrati: sfidando il tradizionale concetto della conoscenza per settori, esse presentano in modo unitario il patrimonio culturale della città. “DiaLugares”: conoscere dialogando Per prima cosa si è formata una collaborazione tra gli insegnati di tutti i livelli e i curatori dei musei locali. Ogni luogo è stato suddiviso in temi e concetti, ad esempio: origini, sviluppo, collocazione culturale della città, funzioni, uso e valore (estetico-artistico-economico), qualità (colore, forma, composizione, ritmo, prospettiva, consistenza), storia, luoghi d’interessi e suoni. Questi contenuti sono stati sviluppati secondo tre direzioni principali: • contemplazione/fruizione, per dare agli studenti la possibilità di comunicare le loro empatie, intuizioni ed esperienze; • sperimentazione/creazione, per imparare i codici specifici di ogni categoria e per apprendere l’uso dei mezzi espressivi al fine di poter rappresentare le idee; • riflessione/interpretazione, per riconoscere la necessità di integrare le nuove conoscenze con altre discipline, per esempio le arti plastiche, la letteratura, la danza, le scienze naturali Pagina principale del “DiaLugares Portal” e la matematica, sviluppando così un senso critico della comprensione del mondo. Un piede qui e uno lì: http://dialugares.fct.unl.pt Lo scopo del progetto è quello di superare la descrizione tradizionale di ogni luogo per reinventarlo in base all’esperienza personale e alle proprie conoscenze. I partecipanti al progetto sono invitati ad esibire materiale ricavato da Internet – per esempio testi scritti, musica e pittura – per poi condividerlo con il resto del mondo. Grazie a questo materiale, chiunque acceda al sito può imparare a conoscere la città di Almada e ricrearla a sua volta. Muovendosi tra lo spazio fisico e quello digitale l’utente può sperimentare molte attività attinenti con i diversi tipi di conoscenza. A questo proposito presentiamo alcune attività sviluppate con i ragazzi nel campo delle arti plastiche. Qualche conclusione Queste attività impostate sul gioco e sull’invito a contribuire al sito web vengono adottate come strategia educativa che potrà risvegliare in alcuni il desiderio di approfondire la conoscenza degli spazi e degli oggetti di una determinata città. Almada è servita come città pilota. I suoi cittadini hanno imparato a descrivere, analizzare, interpretare e riflettere sugli spazi e sugli oggetti servendosi delle arti visive senza ignorare tuttavia le altre discipline, rispettando così il collegamento tra le diverse branche del sapere. Lavorando con 2500 persone, di cui 1500 giovani tra i 4 e i 12 anni, è stato possibile applicare concetti e tecniche alle arti e sfatare alcuni miti sulle strategie da adottare con la nuova tecnologia in quanto mediatrice nel processo di apprendimento. In conclusione, i punti fondamentali sui quali il corpo insegnate deve riflettere sono: • la nuova informazione e la tecnologia di “Chi sono?”: gioco che consiste nello scomporre e ricomporre l’immagine, osservandola nel suo insieme e nelle sue parti comunicazione come mediatori di contesti: Internet non dovrebbe essere • • • • considerato semplicemente come risorsa strumentale; esso ha senso solo se viene utilizzato in un contesto interattivo per attività pertinenti che devono essere opportunamente preparate per rispondere a criteri specifici; mobilità fisica e digitale: l’istruzione interattiva dovrebbe combinare spazi fisici e digitali con concetti inerenti all’arte o ad altre sfere del sapere, in una logica complementare di metodi e di contesti; strategie educative: le materie dovrebbero essere considerate come produttori di informazioni e chi apprende non deve essere considerato soltanto come consumatore di contenuti; contenuti delle arti: l’apprendimento dell’arte come processo di comunicazione deve essere inteso come sistema di simboli focalizzati su molteplici percorsi per la lettura e l’eplorazione del mondo; “Lo spazio della memoria”: questo gioco aiuta i ragazzi ad acquisire idee di tempo e spazio. Possono visualizzare le fasi della vita di un artista, le opere e i cambi di stile “Che cosa” + “Sai” + “Chiedi”: un gioco che aiuta ad arricchire il vocabolario modelli per la formazione degli educatori: gli educatori devono essere competenti sia nell’uso delle nuove tecnologie sia nella sfera artistica, operando in un contesto lavorativo di riflessione sull’azione. Lo sviluppo di un progetto di lavoro autonomo dà come risultato una nuova concezione della pratica educativa. Traduzione di Maria Antonietta Chiaffoni Forme, colori e linee: usando una tecnica mista (pittura e collage) i ragazzi possono sperimentare con il ritmo, i colori, la composizione, l’espressione e il movimento Elisa Marques ([email protected]) e Predro Sousa ([email protected]) lavorano presso la facoltà di Scienze e Tecnologia della Nuova Università di Lisbona “Scopri le immagini”: il gioco guida i bambini alla scoperta dei dettagli di un’immagine. Se l’immagine viene completata correttamente, sulla destra dello schermo ne compare l’autore Bambini in Europa 23 Un curriculum per arte e mestieri creativi Ida Berendsen La formazione degli educatori In Danimarca diamo particolare enfasi alla formazione della personalità e all’educazione alla democrazia sia nei centri di prima infanzia sia nella formazione degli educatori che in essi lavorano; pensiamo che bambini e studenti progrediscano insieme quando partecipano ad attività “creative”. La formazione degli educatori ha le sue radici in due tradizioni. La prima scaturisce dalle idee politiche e pedagogiche dell’Illuminismo che hanno influenzato Hedwig Bagger e Anna Wulff, i quali hanno avviato il primo kindergarten in Danimarca basandosi sulle teorie di Friedrich Fröbel. I suoi metodi pedagogici non si limitavano a una cura passiva del bambino, ma gli davano anche opportunità di giocare, cantare, fare musica e movimento, disegnare, dipingere e al tempo stesso imparare i contenuti che queste attività veicolavano. La seconda tradizione, proposta dalla psicologa infantile danese Sofie Rifbjerg (1886-1981) e basata sulle teorie di Jean Jacques Rousseau, dava enfasi alla psicologia dello sviluppo nel bambino sottolineando l’importanza dell’attività creativa nella formazione della personalità individuale. Una ricerca di Stig Brostøm suggerisce che oggigiorno le due tradizioni – l’apprendimento tradizionale e l’approccio individuale creativo – sono alla base delle attività scelte nei centri danesi. Le stesse tradizioni si riscontrano anche nel curriculum per l’istruzione agli educatori fino all’introduzione della nuova legislazione del 2007. Da molti anni la gioia di creare è diventata un tema fondamentale e centrale del curriculum, come anche il senso estetico, valori e qualità, abilità artistiche manuali ed espressive. La materia “værkstedsfag”, liberamente tradotta come “attività di gruppo”, divenne materia esclusiva del programma di pedagogia. 24 Bambini in Europa Ida Berendsen spiega quanto siano importanti le attività artistiche nella formazione degli educatori danesi. Værkstedsfag, ovvero abilità manuali, espressive e scienza “Værkstedsfag” non è legata ad alcuna disciplina accademica tradizionale. Prevede l’impiego di attività quali la lavorazione del legno, il cucito, il ricamo, le arti visive ed è inoltre associata a materie umanistiche quali la storia dell’arte, la filosofia, l’antropologia, la semantica, la comunicazione e lo studio dei media. In pratica questa materia vuole stimolare e mettere in risalto le abilità espressive del bambino, dargli la possibilità di sperimentare e di far tesoro della sua esperienza, aiutandolo così a formare una sua individualità, una personalità “a tutto tondo” con capacità critiche. Questo lavoro porta come risultato la formazione di una società rinnovata e migliore. Oltre a promuovere queste idee più avanzate, si è dato rilievo alla capacità espressiva riscontrabile nei disegni spontanei dei bambini non scolarizzati e che viene chiamata arte primitiva. Quest’arte esprime un’originalità che chiunque può cogliere perché è espressione umana e non necessita di requisiti artistici o culturali. Globalizzazione e cambiamento La globalizzazione e il cambiamento del metodo di comunicazione in epoca postmoderna hanno minacciato il concetto di creatività dell’essere umano. Si parla dell’addio all’arte – l’addio all’artista in quanto genio divino – per dar posto a un’arte intesa come sistema di regole quotidiane. Il progresso e l’emancipazione, non più al centro dell’istruzione, si sono trasformati in una lotta post-moderna tra la precisione e la comunicazione, in un contesto di mercato globale. Non è più necessario combattere le autorità per ottenere la libertà, che è il presupposto per l’evoluzione personale. Non si tratta solo di fare scelte di vita giuste, ma anche di scegliersi un “io” tra molti possibili “io”. Una recente ricerca di Anna Maj Nielsen dell’Università di Aarhus, di Kristen Drotner dell’Universita del Sud della Danimarca e di altri studiosi, ha così riassunto la percezione dell’approccio artistico riferito al lavoro creativo: • la produzione artistica non è semplicemente ricerca sperimentale, è materiali plastici. I metodi sperimentali e artistici, con il gioco come elementochiave, sono centrali nelle nostre lezioni quando creiamo sculture, pitture e utensili (o una combinazione dei tre) per uso pratico o per divertimento. Dal 2007, in seguito alle modifiche della nuova legislazione riguardante gli educatori, le attività artistiche di gruppo sono state combinate al programma di scienze generali nella preparazione al primo livello di laurea per educatori. La nuova materia – værksed, natur og teknik (abilità artistiche e manuali, natura e tecnologia) – punta sulla sperimentazione, esplorazione ed espressione della natura, delle immagini e degli oggetti; essa equivale a trenta crediti sui duecentodieci dell’intero corso. Lo scopo è quello di preparare gli educatori a creare spazi ideali in cui i bambini possano esprimere le loro potenzialità grazie all’incontro con la natura e con le arti. La materia si basa sull’utilizzo delle attività artistiche, della scienza e della tecnologia in modo creativo e sperimentale. Essa richiede che l’educatore sia a conoscenza dei vari mezzi espressivi, sappia stimolare le proprie capacità creative e di speculazione, e che sia in grado di ricercare e produrre nuovi metodi didattici. Introducendo questa materia si è passati dalla creatività nel senso operoso del termine all’essere creativi in senso innovativo. anche analisi della realtà; • l’educazione artistica è un processo di apprendimento; • la produzione artistica non porta solo gioia e piacere, ma è anche un contributo per una riflessiva crescita individuale. Oggi non si ricerca la verità nelle espressioni artistiche, ci si impegna invece a cercare esperienze e conoscenze basate sui nostri sensi. Creiamo artefatti a cui possiamo guardare e relazionarci in un contesto sociale e culturale. La creatività ha superato la sfera personale per diventare parte della nostra identità socioculturale. Attività del “Københavns Pædagogseminarium” Al College per educatori di Copenhagen abbiamo suddiviso le attività artistiche di gruppo in tre materie: lavorazione del legno, ceramica e disegno/pittura. Nella lavorazione del legno impieghiamo materiali duri quali legno, metallo e pietra. Nelle arti visive usiamo disegno e pittura, arti grafiche e mezzi di espressione digitali; nella ceramica facciamo uso di migliorato l’interazione e il dialogo tra insegnati e studenti immigrati. Esso ha inoltre reso quegli studenti maggiormente consapevoli delle loro potenzialità di miglioramento e cambiamento sia a livello personale sia come membro della società. I partecipanti al progetto hanno realizzato dei pupazzetti con i quali essi visualizzano ciò che vogliono dire. Un ragazzo ha creato delle figurine che illustrano come lui (il pupazzetto rosso nel mezzo) si sente intrappolato tra gli amici (i pupazzetti arrabbiati), la famiglia (sullo sfondo) e l’insegnate (a sinistra con il becco rosso) che, secondo il ragazzo, continua a evitare il problema1. I bambini si sentono al sicuro quando parlano delle loro figurine e inoltre sono stimolati a un uso appropriato del linguaggio. Essi sono in grado di verbalizzare situazioni complesse proprio grazie al ruolo riconosciuto da sempre alle arti. 1 L’insegnate viene ritratto con il becco d’anatra perché nell’originale “ducking the issues” vuol dire evitare problemi e “duck” significa anatra (N.d.T.). Traduzione di Maria Antonietta Chiaffoni Ida Berendsen è conferenziere in “attività manuali e workshop” al Københavns Pædagogseminarium [email protected] Un programma d’insegnamento che è diventato nuova pratica Un programma d’insegnamento del nuovo sistema educativo potrebbe essere il seguente: come parte del programma di educazione di base gli studenti esercitano le loro abilità per quanto riguarda l’espressione visiva, per esempio usando l’osservazione e le impressioni che poi esprimono attraverso il disegno-pittura. Dopo aver fatto conoscenza dei materiali, delle tecniche e del metodo, si lavora sulla realizzazione di progetti usando il “collage mind mapping”, un nuovo metodo per comporre mappe mentali. Per esempio, gli studenti sono stimolati a comporre una mappa mentale dei concetti e delle immagini del gruppo con cui intendono lavorare; così facendo, ricercano nuovi modi e metodi per esprimere la loro abilità artistica nel gruppo. Nel 2002 questo procedimento ha portato due studenti della nostra Università, Mette Mørck Christensen e Jane Jenny Shested, ad inventare “Ramatising” (la parola danese “rama” viene dal greco e significa vedere). Questo metodo prevede che i bambini visualizzino i loro pensieri e le loro idee mentre danno informazioni sulla loro vita quotidiana. Uno di questi progetti di “Ramatising” ha Bambini in Europa 25 È magnifico avere il “Culture Team” Annika Claesdotter Il “Culture Team”, fondato nel 2005, è a disposizione di tutte le Scuole dell’infanzia comunali di Halmstadt. “Utilizziamo metodologie prescolari abbinate a strumenti culturali”, dice Maria Sandström, una dei quattro pedagogisti culturali (kulturpedagog) del gruppo. È un lavoro, questo, che le permette di far fruttare sia la sua esperienza di insegnante di Scuola dell’infanzia che quella di insegnante di danza, musica e teatro. Alla Scuola dell’infanzia “Tomtebo” l’insegnante Mona Severinsson non vede l’ora di iniziare e narrare altre storie, senza i libri, dando ai bambini la possibilità di creare i propri racconti. “Ci serviva proprio un po’ di sostegno, di ispirazione e di spinta. Ed è per questo che, quando abbiamo dovuto scegliere su cosa lavorare con il pedagogista culturale in questo trimestre, Raccontare e mettere in scena storie ci è sembrato un titolo stimolante. È magnifico avere il supporto del Culture Team: pedagogisti con più esperienza di noi vengono a farci visita, offrendo ispirazione sia a noi che ai bambini.” La prima volta in cui Maria Sandström visita una Scuola dell’infanzia incontra solo il gruppo degli insegnanti, per domandare loro se vi sono richieste, idee o obiettivi particolari, se si ha intenzione di lavorare su argomenti precisi. Dopodiché adegua i suoi interventi in base alle risposte raccolte. Ad esempio – dice – se vi sono bambini che parlano lo svedese come seconda lingua, allora il raccontare storie è un grande strumento. “L’educazione linguistica è una priorità ad Halmstad. Le storie offrono ai bambini la possibilità di sviluppare il loro linguaggio dall’interno: suscitano emozioni, provocano sensazioni... il linguaggio poi scaturisce naturalmente.” Le storie, inoltre, rendono i bambini capaci di una miglior comprensione ed empatia per le situazioni, i pensieri e i sentimenti degli altri. “Voglio mostrare ai bambini il magico mondo della fantasia e intrecciare 26 Bambini in Europa Annika Claesdotter visita il “Culture Team”, che fornisce ispirazione, strumenti e sostegno agli insegnanti delle Scuole dell’infanzia di Halmstad, in Svezia. insieme musica, danza e teatro, o almeno fare un tentativo. Forse non si riuscirà sempre a coinvolgere i bambini, ma a tutti è permesso fallire, qualche volta.” L’idea che sta alla base del Culture Team è di aiutare gli insegnanti delle Scuole dell’infanzia a sviluppare le proprie capacità e di fornire loro gli strumenti e gli aiuti necessari per iniziare a modificare i metodi di lavoro. Viene utilizzato principalmente il materiale che si ha già a disposizione nelle scuole, o a portata di mano, dice Maria Sandström. “Vorrei lasciare la mia impronta, così che i miei metodi di lavoro possano continuare a vivere ed essere sviluppati da altri anche dopo che me ne sarò andata. La mia visita non deve costituire solo un’esperienza fine a se stessa per i bambini.” Ogni mattina i pedagogisti culturali si incontrano prima di avviarsi nelle diverse scuole. “Essere una squadra è un grande vantaggio. Ciascuno di noi può contare sull’altro e così possiamo scambiarci pareri e idee. Se in una zona lavori da solo come pedagogista culturale, il rischio è di venire ‘risucchiato’ dalle Scuole dell’infanzia, divenendo un supplente”, prosegue Maria Sandström. La tendenza, inoltre, è di privilegiare le scuole delle aree periferiche, che spesso sono distanti dalle biblioteche e dalle altre istituzioni culturali. Le scuole che hanno già beneficiato del supporto del pedagogista culturale talvolta devono attendere più a lungo, tuttavia molte riescono a ottenere la presenza di pedagogista culturale ogni anno accademico. Le Scuole possono anche chiedere di partecipare a più attività, scegliendo fra le varie aree di competenza offerte dal Culture Team: arte e disegno, musica e ritmo, danza, gioco e movimento, ginnastica, racconto e messa in scena di storie. “Insieme o individualmente possiamo anche decidere di organizzare laboratori e corsi di approfondimento per gruppi di insegnanti. Vogliamo che acquisiscano una maggiore competenza culturale, cosicché la cultura possa far parte delle loro attività di tutti i giorni.” Traduzione di Chiara Bartesaghi Annika Claesdotter è giornalista di “Tidningen Förskolan”, la rivista dell’Unione Insegnanti Svedesi. [email protected] FOCUS ON... FOCUS ON... FOCUS ON... FOCUS ON... In Palestina si concentrano... sulla musica Anche nelle situazioni più difficili le arti possono dare un contributo importante all’infanzia. Il QCC, Qattan Centre for the Child a Gaza Il QCC, fondato da un’organizzazione privata, dispone di una biblioteca di 95.000 libri per bambini, genitori ed esperti del settore, oltre a organizzare molte attività gratuite. In occasione della sua apertura al pubblico nel 2005, fu organizzato, per la prima volta a Gaza, un evento musicale per i bambini. I musicisti erano tutti non arabi che suonavano musica classica di Mozart e Beethoven. Questo repertorio, inconsueto per gli abitanti di Gaza, è molto diverso dalle canzoni popolari egiziane o palestinesi; poiché l’educazione musicale è praticamente assente nel sistema scolastico di quel Paese, il personale del QCC non sapeva come i bambini si sarebbero comportati, se fossero stati capaci di stare seduti ad ascoltare, dato che non erano abituati a farlo. Al concerto si presentarono per tempo duecento bambini molto interessati. Non ci aspettavamo una tale reazione. Molti non avevano mai assistito a un evento musicale in vita loro. Quando uno dei musicisti spiegò la funzione degli strumenti, essi ascoltarono con attenzione ed è incredibile come si lasciarono assorbire dalla musica. L’anno scorso il QCC ha scelto “musica e arti” come tema conduttore del programma estivo. Abbiamo offerto un pacchetto ricco di attività per le quali bambini e genitori hanno mostrato grande interesse; hanno partecipato 11.000 bambini al mese. Hannan, madre di tre bambini fra i 9 e i 12 anni, ha partecipato a un corso chiamato “Cantiamo”; “Ero veramente sorpresa dalla conoscenza, dal talento musicale dei miei bambini e dal loro grande entusiasmo per la musica”. Sfortunatamente la situazione attuale a Gaza è disastrosa. A causa dell’occupazione le famiglie sono private del necessario e non possono uscire da Gaza. La popolazione è minacciata da incursioni militari e la mancanza di elettricità è usata come punizione collettiva. Nonostante le circostanze, gli abitanti di Gaza sognano una vita normale e un futuro migliore per i loro figli. Molti di loro sognano di avere una scuola di musica, perché la musica è un mezzo per realizzare la pace, almeno quella interna tra palestinesi. Quando entro nel centro ogni giorno vedo centinaia di bambini che leggono, cantano, imparano tante cose meravigliose – tecnologia informatica, musica, arti varie. Io so che il nostro futuro sarà migliore, lo sento profondamente. E so che il QCC e simili centri culturali sono l’unica fonte disponibile per costruire questo futuro. Reem Jabr è consigliere del Qattan Centre for the Child di Gaza www.qattanfoundation.org Bambini in Europa 27 FOCUS ON... FOCUS ON... I Progetti di Ramallah: educazione musicale in Palestina e nel Medio Oriente Daniel Barenboim e Edward Said, due artisti e intellettuali, uno israelinao e l’altro palestinese, condividevano l’idea di contribuire allo sviluppo musicale in Palestina. La Barenboim Said Foundation ha dato il via a un programma di educazione musicale nel West Bank. Il suo obiettivo principale è quello di sviluppare e sostenere una valida istruzione musicale, di formare un’orchestra palestinese di giovani, e di contribuire alla crescita di iniziative musicali e artistiche in quel Paese. Questo progetto non si concentra solo sulla crescita delle doti musicali. Con lezioni individuali e a piccoli gruppi, gli insegnati mirano a sviluppare la concentrazione e le attività motorie dei bambini. Speciale attenzione è data al lavoro di gruppo e a dibattiti aperti durante le attività di coro e orchestra. Le lezioni di canto migliorano la capacità linguistica dei bambini. Si tengono regolarmente concerti da camera, laboratori annuali di musica e per l’orchestra nonché progetti di scambio con giovani musicisti europei in cooperazione con accademie musicali di altri Paesi. Nel 2006 la Barenboim-Said Foundation ha aperto un centro musicale a Ramallah dove gli insegnati danno lezioni sui vari strumenti, sia individuali sia per gruppi, a un centinaio di bambini di Ramallah. La stessa fondazione ha formato molti corsi nei territori intorno a Ramallah a cui parteciparono circa 250 bambini; essa si incarica di dare lezioni di canto nel campo profughi di Balata vicino a Nablus, e per gli insegnati organizza corsi di formazione con particolare attenzione alla musica. Nella primavera 2006 alcuni insegnati di Scuola dell’infanzia palestinesi hanno partecipato a lavori di gruppo sia a Nablus che a Ramallah. La fondazione inoltre si prende carico di giovani musicisti con particolare talento, inviandoli all’estero con la speranza che tornino carichi di esperienza e contribuiscano così alla crescita della musica e della cultura palestinese. FOCUS ON... FOCUS ON... Intervista con Ramzi Abu Redwan Prima di studiare musica in Francia, Ramzi Abu Redwan ha trascorso l’infanzia nel campo profughi di Al-Amari a Ramallah. Il suo sogno – quello di fondare scuole di musica per bambini palestinesi, soprattutto nei campi profughi – si è realizzato. La Onlus “Al Kamamdjati” opera nei campi profughi del West Bank, della striscia di Gaza e del Libano meridionale. Quando e come la musica è entrata nella tua vita? Quando avevo 17 anni un’amica, la signora Soreida Sabbagh, mi spinse a frequentare un laboratorio di musica organizzato dal maestro palestinese Mohamad Fadel, in collaborazione con il Popular Art Centre. Fu il mio primo contatto con la musica e ne fui molto entusiasta. Cominciai suonando la viola, strumento che suono tutt’ora. Campo dei rifugiati Al Amari (Al Kamadjati), Luglio 2004. Anche la West-Eastern Divan Orchestra è opera della BarenboimSaid Foundation. Formata nel 1999, l’orchestra riunisce giovani musicisti israeliani, palestinesi e di altri paesi del Medio Oriente. L’orchestra, sponsorizzata dalla Junta de Andalucía, si incontra in estate a Siviglia dove i giovani artisti sviluppano le loro doti musicali in un contesto tranquillo. Inoltre l’orchestra intraprende ogni anno un tour internazionale di concerti; nel 2005 ha suonato per la prima volta in Medio Oriente tenendo un concerto a Ramallah. L’orchestra così formata tiene vivo il dialogo tra le varie culture del Medio Oriete. Questo progetto ha dimostrato che la musica è un modo efficace per abolire barriere fino ad ora considerate insormontabili. Come si è sviluppato il tuo interesse per la musica? Dopo quel laboratorio mi sono iscritto al Conservatorio Nazionale di Musica “Edward-Said” e ho cominciato a suonare la viola. Mi piacque sempre di più e ora è parte della mia vita. Ho scoperto come la musica può influire positivamente sull’energia del bambino favorendone la concentrazione, il lavoro e la creatività. Ed è proprio perché la musica è entrata nella mia vita quando ero bambino che l’ho inglobata nel mio lavoro e nelle mie altre attività. Ho voluto sviluppare questo aspetto non solo per me ma anche per altri bambini che hanno avuto un’infanzia simile alla mia. Qual è il tuo lavoro attuale? Oggi lavoro come musicista. Ho creato un gruppo, i Dalouna, che gira tutto il mondo. Come musicista partecipo anche a diverse attività musicali, come la registrazione di musica classica, e faccio anche parte di un’orchestra. Cosa pensi che la musica – e le arti in generale – possa offrire oggi ai bambini che vivono in Palestina? Dal 2005 la Barenboim-Said Foundation allestisce concerti di musica da camera e laboratori orchestrali a Ramallah e a Nazareth. Due volte l’anno giovani musicisti arabi della Galilea e della Palestina s’incontrano per prove e concerti. Questi lavori di gruppo sono dei ponti per far si che i giovani palestinesi delle due comunità si conoscano e lavorino insieme. La musica, come del resto tutte le arti, permette a ogni bambino che vive in un Paese militarmente occupato di scoprire la propria umanità. È un modo per sviluppare creatività, immaginazione e molti altri talenti. La musica dà anche modo a quei bambini di avere più fiducia in se stessi, di manifestare e rinforzare la propria personalità. La musica, come le altre arti, costituisce un modo di preservare la propria identità in situazioni di occupazione dove si fa di tutto per cancellarla. Muna Khlefi è coordinatrice della Barenboim-Said Foundation di Ramallah www.barenboim-said.orh Ramzi Abu Redwan è un musicista, fondatore della Onlus Al Kamamdjati www.alkamandjati.com 28 Bambini in Europa Ramze Abu Redwan suona a Jénine, Luglio 2004