I bambini e l’arte
Bambini in Europa 2008
Benvenuti al numero 1/2008 di “Bambini
in Europa”, sul tema “I bambini e l’arte”.
Coordinatrice editoriale di questo mese è
Joan Parr, del Consiglio Scozzese per le
Arti. Come sempre raccogliamo
esperienze provenienti da diversi Paesi
europei, questa volta concentrandoci sul
ruolo dell’arte nel curriculum per l’infanzia,
proponendo alcuni esempi significativi di
buone pratiche, di persone e strutture che
lavorano con l’arte e l’infanzia, dal
Portogallo alla Svezia, dalla Norvegia
all’Italia, dal Brasile alla Palestina. Il
messaggio che emerge è evidente: l’arte
gioca un ruolo importante per tutti, per i
bambini come per gli adulti, è centrale
nell’apprendimento, nell’insegnamento e
nella vita; l’arte deve essere un diritto
fondamentale dell’infanzia.
“Bambini in Europa” viene pubblicato
nelle diverse lingue dei Paesi partner, e
viene ora distribuito nelle varie traduzioni
anche in molti Paesi dell’Est Europa.
Siamo inoltre felici di annunciare che
questo numero verrà pubblicato anche in
Polonia e Romania.
Speriamo che questo sia soltanto l’inizio di
una collaborazione duratura e sempre più
allargata, in un progetto condiviso che
testimonierebbe che siamo davvero una
rivista per e dei bambini in Europa.
Peter Moss
Bambini in Europa 2008
.........................................................................
Direttore responsabile: Ferruccio Cremaschi
Direttore: Peter Moss
Coordinamento editoriale di questo numero:
Joan Parr
Edizione italiana curata da Luisa Carminati, Michela
Bendotti e Chiara Bartesaghi
Traduzioni: Chiara Bartesaghi, Federica Caratelli e
Maria Antonietta Chiaffoni
Impaginazione: Michela Bendotti
Stampa: Tecnoprint S.n.c.,
Romano di Lombardia (BG)
Finito di stampare nel mese di maggio 2008
edizioni junior srl
Viale dellʼIndustria - 24052 Azzano S. Paolo (BG)
tel. 035.534123 - fax. 035.534143
[email protected]
www.edizionijunior.com/bambini
ABBONAMENTO ANNUO
Euro 31,00 - Un fascicolo Euro 6,20
I versamenti vanno effetuati sul conto corrente
postale n. 25287228 intestato a: “bambini”
Anno VIII, n. 1 aprile 2008, quadrimestrale.
Registrazione del Tribunale di Bergamo, n. 35 del 24
luglio 2001
Informativa per gli abbonati: i dati personali sono trattati
elettronicamente e utilizzati esclusivamente da Edizioni Junior S.r.l.
per lʼinvio di informazioni sulle proprie iniziative. Ai sensi dellʼart.
13 L. 675/96, sarà possibile esercitare i relativi diritti, fra cui
consultare, modificare e far cancellare i dati personali.
2
Lavorare con l’arte: un diritto e un’opportunità per tutti
JOAN PARR
4
Il ruolo dell’arte nel curriculum per la prima infanzia
5
L’arte nella formazione degli educatori della prima infanzia
6
Valorizzare la creatività nei bambini
COLWYN TREVARTHEN
9
Sull’arte e l’educazione
HERWIG DEWEERDT
10
L’arte per l’arte?
RICHARD HOLLOWAY
12
Creatività: maneggiare con cura
PIERO SACCHETTO
14
Il coraggio dei sogni
VEA VECCHI
17
Generazioni riunite
18
Trasformare la realtà
ANA ANGÉLICA ALBANO
20
Un luogo per le arti
WENCHE RØNNING, LILLIAN SELVIK, ANNE SOFIE
SKOGVOLD, TORUNN BAADE
22
Basta un click...
ELISA MARQUES, PEDRO SOUSA
24
Un curriculum per arte e mestieri creativi
IDA BERENDSEN
26
È magnifico avere il “Culture Team”
ANNIKA CLAESDOTTER
FOCUS ON
27
In Palestina si concentrano... sulla musica
con il contributo della Fondazione Bernard Van Leer
Bambini in Europa 1
Editoriale
Lavorare con l’arte: un diritto
e un’opportunità per tutti
Joan Parr
Ho avuto la fortuna di prendere parte alla
conferenza Unesco sull’Educazione
all’Arte, tenutasi a Lisbona nel 2006.
Durante l’incontro, Ken Robinson, Direttore
delle Politiche Educative del centro “John
Paul Getty” di Los Angeles, raccontò la
storia di un bambino impegnato a fare un
disegno in classe. La maestra domandò
che cosa stesse disegnando. “Sto facendo
un ritratto di Dio” fu la risposta. “È
interessante”, disse la maestra, “credevo
che nessuno sapesse come è fatto Dio”.
“Lo sapranno fra un minuto” rispose il
bambino. Chiunque abbia lavorato assieme
ai bambini conoscerà aneddoti simili a
questo, storie che legano le arti con la
creatività, la fiducia, l’esplorazione, la
scoperta, la conoscenza e il divertimento,
in una combinazione efficace in termini di
sviluppo, sia personale che collettivo.
La conferenza dell’Unesco ha
rappresentato un evento significativo a
diversi livelli: per la prima volta il tema
dell’educazione all’arte ha avuto un
importante rilievo a livello internazionale,
offrendo ai delegati l’opportunità di
cogliere un’istantanea delle diverse
problematiche ed esperienze, di fronte ai
responsabili per le politiche educative e a
professionisti provenienti da vari contesti
politici e sociali. La conferenza ha inoltre
dato vita alla Road Map for Arts Education1
(il piano dell’Unesco per l’Educazione
all’Arte), la quale pone come punto di
partenza la Dichiarazione Universale dei
Diritti Umani e individua una lista di
raccomandazioni di rilevanza internazionale.
Molti dei temi della Road Map si riflettono
nei contributi di questo numero. C’è
un’ironia ricorrente che vale la pena
menzionare. Emerge negli articoli di Herwing
Deweerdt, Richard Holloway e Colwin
Trevarthen, quando ci ricordano che “noi
adulti siamo intimoriti di fronte alla
spontaneità dei bambini”, che abbiamo
2 Bambini in Europa
“relegato il gioco alla nostra infanzia...”, che
“il genio non è altro che la capacità di
riappropriarsi a piacimento della condizione
dell’infanzia”, o ancora che “i bambini sono
nati per essere degli artisti creativi” e che
“l’arte intuitiva va oltre il semplice gioco”.
Tutti gli adulti hanno molto da imparare dai
bambini per la capacità di ricollegare quelle
che Helena Rodrigues chiama, nel contesto
musicale, “le componenti del corpo e della
mente: fisiologiche, razionali, emotive e
spirituali”. E così come valutiamo i modi più
efficaci per sviluppare le forme di
educazione all’arte per la prima infanzia,
dobbiamo anche riconoscere che un
approccio incentrato sul bambino apporta
benefici agli esseri umani di tutte le età.
Nel suo articolo Colwin Trevarthen cita
Alfred North Whitehead: “Il paradosso che
rovina numerose teorie educative
promettenti sta nel fatto che la formazione,
che genera abilità, sia così incline a
soffocare l’entusiasmo dell’immaginazione”.
È per questo che ritengo che abbiamo la
possibilità di imparare dai bambini, sia che
si tratti di utilizzare la tecnologia in modi
nuovi per leggere e interpretare, come
nell’esempio del Portogallo, sia che si
abbia l’opportunità di sedersi tranquilli
attorno a una profonda vasca con immersa
una scultura di pietra, guardando la
superficie dell’acqua, pensando,
filosofando (perché no?), come nel caso
della Norvegia.
La centralità dell’arte nell’educazione e
nell’apprendimento è argomento di molti
dei contributi di questo numero. Un altro
tema è quello dall’arte intesa come
comunicazione o linguaggio; Ana Angélica
Albano ci offre esempi significativi dal
Brasile, così come fa Ida Berendsen dalla
Danimarca, descrivendo il Progetto
“Ramatising”. La relazione fra arte e
creatività è un altro dei temi trattati.
Quando a Ken Robinson è stato chiesto di
definire la creatività, egli ha risposto:
“L’immaginazione consiste nella capacità di
avere pensieri originali e la creatività
nell’applicare l’immaginazione”. Alcuni fra
gli autori dei contributi nutrono tuttavia
delle riserve nei confronti della “creatività”:
Herwig Deweerdt, ad esempio, sostiene
che, invece di utilizzare termini come “arte”
o “creatività”, con i bambini si dovrebbe
parlare semplicemente di “linguaggio”.2
Il curriculum in Scozia ha assunto la forma
delle linee guida, piuttosto che della
prescrizione, e sta attraversando un
processo di completa revisione. Ci sono
molti elementi del nuovo curriculum
chiamato “Curriculum for Excellence”
In Scozia, come anche in altri Paesi,
stiamo attualmente esplorando nuovi modi
per tradurre in realtà l’aspirazione dei più
giovani ad esprimere pienamente le proprie
potenzialità; credo che “nutrire” la creatività
dei più piccoli sia fondamentale a questo
scopo.3
(www.curriculumforexcellencescotland.gov.
uk), che forniscono un enorme potenziale
all’educazione all’arte. I documenti
pubblicati finora stabiliscono che lo scopo
dell’educazione sia quello di “rendere tutti i
bambini capaci di divenire allievi di
successo, soggetti attivi, cittadini
responsabili e individui fiduciosi”. Emerge
la volontà, fra le altre, di abbattere la
compartimentazione fra discipline
specifiche, di favorire una maggior
collaborazione degli insegnanti con altri
professionisti in classe e di formulare
nuove e sperimentali opportunità di
apprendimento. L’arte e la cultura offrono
possibilità concrete ed efficaci di coronare
questi obiettivi e di inserirli nei programmi
educativi “ufficiali”.
La creatività non è di dominio esclusivo
dell’arte. La scienza razionale nel
“Curriculum for Excellence”, ad esempio,
ha qualcosa di interessante da raccontarci
riguardo al nutrire la curiosità e
l’esplorazione, componenti necessarie della
creatività. Alcuni degli articoli di questo
numero, inclusi quelli di Piero Sacchetto e
gli studi sull’atelier “Raggio di Luce” di
Reggio Emilia, o l’esempio danese di
Værkstedsfag, illustrano la naturale
connessione fra creatività, scienza e arte.
giorno, sia nei singoli Paesi sia a livello di
Comunità europea. Questo offrirà
l’occasione di condividere le buone
pratiche e le esperienze e, speriamo, ci
confermerà che stiamo facendo progressi
e che, con l’aiuto dei bambini, stiamo
percorrendo assieme la medesima strada.
Il Consiglio Scozzese per le Arti, in
associazione con il Governo scozzese e
varie autorità locali, sta esplorando un
metodo innovativo di lavoro
intercurriculare, tramite gruppi di artisti e
insegnanti impegnati in insegnamenti
trasversali al curriculum. Questo ha portato
a collaborazioni fra insegnanti di
educazione fisica e ballerini, maestri di
matematica e fotografi ecc.4
1 http://portal.unesco.org/culture/es/ev.php-URL_
content/gdocs/rhetorics.pdf. Questo rapporto esamina
il concetto di creatività, analizzando nove usi differenti
del termine, e “propone un modo originale di districarsi
all’interno dell’ampia serie di teorie e interpretazioni di
questo concetto”.
3 Su questo tema è disponibile un interessante
rapporto, scritto da Paul Roberts per il Dipartimento
Inglese dei Bambini, Scuole e Famiglie: www.culture.
gov.uk/Reference_library/Publications/archive_2006/
nurturing_creativity.htm
4 Ulteriori informazioni sul progetto “Arts Across the
ID=30335&URL_DO=DO_TOPIC&URL_SECTION=201.
html
Curriculum” all’indirizzo www.scottisharts.org.uk/1/
information/publications/1002034.aspx
2 Per chi fosse interessato a ulteriori approfondimenti
Traduzione di Chiara Bartesaghi
sul tema della creatività, rimando a una recente
pubblicazione del Consiglio Inglese per le Arti dal titolo
The rethorics of creativity: a review of the literature,
disponibile all’indirizzo www.creative-partnerships.com/
Joan Parr è Responsabile dell’Educazione nel
Consiglio Scozzese per le Arti
Una frase celebre di Einstein diceva:
“Quando esamino me stesso e i miei
metodi di pensiero, arrivo alla conclusione
che il dono della fantasia ha rappresentato
per me molto di più che la mia capacità di
assorbire conoscenze scientifiche”. I fatti
hanno una valenza limitata senza l’aggiunta
dell’immaginazione; le teorie, anche le più
accreditate, hanno poco valore se non
possono essere condivise con altre
persone, e per condividerle è necessario
utilizzare parole, immagini, suoni e
movimento, in altre parole, l’arte. E con
questo torniamo al tema della
comunicazione. Il Governo scozzese sta
anche finanziando tredici Progetti di
“Cultural Pathfinder” (“Esplorazione
culturale”) in tutto il Paese (www.scotland.
gov.uk/Topics/ArtsCulture/CulturalPolicy/
workingroup).
L’obiettivo di questi progetti è di esaminare
i metodi di sviluppo dei diritti e della
pianificazione culturale. Sono sviluppati da
autorità locali dell’Associazione per il Piano
Comunitario (Community Planning
Partnership) e focalizzano la propria
attenzione sulle comunità
sottorappresentate in termini di
partecipazione sociale. Un progetto di
questo tipo è ospitato dalle provincie di
Renfrewshire ed East Renfrewshire e dal
Consiglio di Inverclyde, ed è incentrato sui
bambini in età prescolare, sui loro genitori
e assistenti delle aree a rischio sociale.
I contributi giunti da Norvegia e Palestina
illustrano molto efficacemente il nesso fra
arte e identità locale. Nelle parole in
movimento di Ramzi Abu Redwan, la
musica “costituisce un modo di preservare
la propria identità, in una condizione di
occupazione dove si fa di tutto per
cancellarla”.
Spero che questa pubblicazione possa
aiutare a portare l’argomento all’ordine del
Bambini in Europa 3
Il ruolo dell’arte nel
curriculum per
la prima infanzia
Belgio
(Fiandre)
Non esiste un curriculum 0-3 anni. Il curriculum 2,5-6 anni si basa su obiettivi di sviluppo; le attività artistiche rappresentano
uno strumento per raggiungere questi obiettivi, ma non vi sono indicazioni o risultati specifici
Danimarca
Il curriculum 0-6 anni include l’area “espressioni e valori culturali”. I servizi devono offrire ai bambini possibilità di
sperimentare l’arte e la cultura e di esprimersi esteticamente. L’area include: letteratura per l’infanzia, cinema, musica,
pittura ecc.
Francia
L’arte non viene menzionata nelle linee guida 0-3 anni; si parla di “éveil”, “risveglio”, inteso spesso in riferimento alla
cultura. Un accordo fra Ministero della Cultura e Ministero delle Politiche Sociali sostiene progetti condivisi e la formazione
del personale. Per la fascia 2,5-6 anni l’arte non è una priorità, dipende molto dall’insegnante
Irlanda
Non vi è un curriculum ufficiale dei servizi per l’infanzia. Il curriculum 4-12 anni ha undici materie, incluse arti visive, musica
e attività teatrali. Durante le ore di educazione fisica vengono introdotte attività di danza; attività di poesia sono incluse nelle
aree linguistiche del curriculum
Italia
Non vi è un curriculum ufficiale 0-3 anni, sebbene le attività artistiche siano molto diffuse. Il nuovo curriculum 3-6 anni include
“Linguaggi, espressioni creativo-gestuali, artistiche, musicali, multimediali”, con diverse prospettive (ad esempio sviluppare
interesse verso l’ascolto della musica, promuovere il piacere dell'osservazione delle opere d’arte)
Paesi Bassi
Per i servizi 0-4 anni l'approccio l’arte dipende molto dalla politica del gestore del servizio; un curriculum nazionale
(attualmente in corso di sviluppo) include attività artistiche, ma non è vincolante. Uno degli obiettivi principali del curriculum
nella scuola primaria (4-12 anni) è l’educazione culturale, inclusa l’educazione artistica
Polonia
Il curriculum 3-6 anni prevede quattro obiettivi; le attività artistiche sono intese come strumenti per il raggiungimento di tali
obiettivi, ad esempio l’incoraggiamento dell’interesse per le espressioni artistiche contribuisce al raggiungimento
dell’obiettivo del riconoscimento e della comprensione di se stessi e del mondo circostante
Portogallo
Non vi è curriculum ufficiale 0-3 anni. Una parte del curriculum 3-6 anni è sull’espressione e la comunicazione, e include
una sezione sull’educazione fisica e artistica (attività teatrali, espressioni creative e musicali). L’obiettivo prefissato è di
“sviluppare l’espressione e la comunicazione attraverso l’utilizzo di molteplici linguaggi”
Romania
Non esiste una politica educazionale per i bambini tra 0-3 anni o per gli istituzioni che si occupano di questa fascia di età.
Nel curriculum per i bambini di 3-6/7 anni, l’area curriculare Arte è rappresentata dalle Attività artistico-plastice, stimolando
l’espressività e la creatività con l’aiuto del disegno, della pittura e del modellamento. Nelle scuole d’infanzia di Romania, i
bambini usano il disegno, la pittura o il modellamento, per illustrare fiabe, poesie, eventi importanti. Queste attività hanno
allocata un’ora, nel programma settimanale dei bambini.
Svezia
“Creare e comunicare attraverso l’uso di diverse forme di espressione, come la pittura, il canto e la musica, il teatro, il
ritmo, la danza e il movimento, così come il linguaggio scritto e orale; tutto ciò costituisce sia i contenuti che i metodi
utilizzati dalle Scuole dell’infanzia nella promozione dello sviluppo e dell’apprendimento del bambino... Le tecnologie
multimediali e d’informazione possono essere usate nella Scuola dell’infanzia per lo sviluppo e la realizzazione dei processi
creativi” (Curriculum 1-6 anni)
Regno Unito
Inghilterra
“La creatività dei bambini deve essere ampliata... Devono essere offerte opportunità di esplorazione e di condivisione di
pensieri, idee, sentimenti, ad esempio attraverso una varietà di attività artistiche, musicali, motorie, attività di danza, di
immaginazione, giochi di ruolo, matematica, disegno e tecnologia” (Early Years Foundation Stage for 0-5, settembre 2008)
Irlanda del
Nord
Il curriculum 0-4 anni e 4-6 anni nominano l’arte, che include: educazione artistica, disegno, musica e teatro; la filosofia del
curriculum 4-6 anni esalta la creatività e il pensiero creativo
Scozia
Il curriculum 3-5 anni include lo sviluppo espressivo ed estetico, con riferimento all’arte e alle attività culturali (come pittura,
disegno, canto, giochi di ruolo), che contribuiscono a “esprimere e generare idee, sensazioni e immaginazione”
Galles
I bambini dovrebbero sviluppare la loro fantasia e la loro creatività, partecipando ad “attività creative, espressive e di
immaginazione come l’arte, le attività manuali, il disegno, la musica, la danza e il movimento” (Direttiva per l’apprendimento
dei bambini 3-7 anni)
4 Bambini in Europa
L’arte nella formazione
degli educatori della
prima infanzia
Belgio (Fiandre)
Danimarca
Le attività artistiche costituiscono una piccola parte del curriculum per gli assistenti alla prima infanzia. Le
attività artistiche hanno un ruolo importante nel curriculum per educatori, sia nei corsi di studio che nel
tirocinio
L’arte costituisce un’area fondamentale nella formazione pedagogica (vedi l’articolo di Ida Berendsen alle p.
24-25 di questo numero)
Francia
Le attività artistiche non sono esplicite nella formazione degli educatori, ma vi è una formazione specifica
sulla creatività e le sue implicazioni pedagogiche
Irlanda
I corsi di studio per divenire insegnanti di scuola primaria (4-12 anni) prevedono l’acquisizione di
competenze in arte, musica e teatro
Italia
Le attività artistiche sono previste in maniera marginale nella formazione degli educatori e insegnanti di
Scuola dell’infanzia, nonostante siano un argomento importante nella formazione in servizio. In alcune città,
dove è prevista la figura dell’atelierista (vedi l’articolo di Vea Vecchi alle p. 14-16), l’operatore proviene da
una formazione artistica
Paesi Bassi
Le attività artistiche sono incluse nella formazione degli educatori e degli insegnanti delle Scuole primarie,
ma sono molto limitate. Vi sono opportunità di specializzazione in arte e cultura nella formazione post-diploma
Polonia
Gli studenti che vogliono diventare educatori possono specializzarsi in educazione artistica. Ogni studente
deve frequentare un corso di 30 ore di educazione artistica
Portogallo
Ciascuna Università pianifica i propri corsi per i futuri insegnanti di Scuola dell’infanzia; la formazione, quindi,
può variare a seconda del luogo. In generale, le Università offrono solamente una formazione generica
sull’espressione artistica, ma non considera l’arte e l’estetica come parte del curriculum per gli insegnanti
Anche la formazione degli altri educatori in genere non include l’arte
Romania
I corsi per gli studenti chi seguono la specializzazione Pedagogia dell’insegnamento primario e prescolaro
includono la formazione delle abilità artistico-plastice, musicale, di arte drammatica, e delle abilità practiche.
Svezia
Ciascuna Università pianifica i propri corsi per i futuri insegnanti di Scuola dell’infanzia; la formazione, quindi,
può variare da un luogo all’altro in termini, ad esempio, di contenuti e di corsi obbligatori. Le Università
offrono diverse specializzazioni
Regno Unito
Gli studenti che vogliono divenire insegnanti devono dimostrare conoscenza, comprensione e competenza
pratica nell’area del curriculum o delle materie che dovranno insegnare. Alcuni corsi offrono una
specializzazione in arte o in musica.
Per gli educatori, il sostegno “della creatività e delle attività creative” (Inghilterra) e l’incoraggiamento della
“creatività della prima infanzia” (Scozia) fanno parte dei requisiti professionali che gli educatori devono
soddisfare per ottenere la qualifica professionale; la creatività è concepita come l’area “dove i bambini
sviluppano e comunicano le proprie idee, utilizzando l’arte, il disegno e la tecnologia, creando cose, facendo
musica, danzando, muovendosi, giocando con l'immaginazione” e i bambini “esprimono la loro creatività in
tutte le aree dell'apprendimento” (Scozia). La creatività occupa, tuttavia, solo una piccola parte della
formazione degli educatori
Bambini in Europa 5
Valorizzare la creatività
dei bambini
Colwyn Trevarthen
La tesi di Colwyn Trevarthen e dei suoi colleghi è che l’arte
rappresenti un bisogno primario per l’uomo, nonché la base dello
sviluppo, dell’apprendimento e della vita stessa.
I bambini nascono per essere artisti ricchi
di inventiva nel senso più ampio
dell’espressione: danno vita a eventi belli e
significativi, condividendo con altre
persone, a cui sono legati da un rapporto
intimo e di affetto, l’immaginazione e le
sensazioni derivanti dall’esperienza. L’arte
intuitiva va oltre il semplice gioco. L’arte
comunica storie che colorano
l’immaginazione e arricchiscono la
memoria e favorisce la moltiplicazione dei
significati in una società tradizionale. Le
prime manifestazioni di arte drammatica e
di inventiva musicale e poetica nell’infanzia
– attraverso espressioni vocali, gestualità,
espressività e postura dell’intero corpo –
sono osservabili nei discorsi affettuosi tra
un padre e una madre e un bimbo di pochi
giorni.
Gli studiosi dello sviluppo hanno osservato
la trasformazione dell’interlocutore adulto
in un co-creatore, che canta e produce
versi, di dialoghi ritmici “protoconversazionali” caratterizzati, come
dimostra il mio collega musicista Stephen
Malloch, da una “musicalità dotata di forza
comunicativa”. Sono rimasti sorpresi da
quanto i richiami e i movimenti del bambino
e dell’adulto possano essere espressivi,
interessati e coinvolti reciprocamente. Nel
corso di pochi mesi i loro giochi diventano
più complessi, via via che il corpo e la
voce del piccolo acquistano maggiore
forza e giocosità. I bambini e i loro
interlocutori “rapiti” si divertono con
scherzi dispettosi, si stuzzicano a vicenda
e producono melodie e versi che sono
piccoli rituali caratterizzati da una
sfumatura artistica. Entro la fine del primo
anno, ogni bambino seguito in modo
6 Bambini in Europa
Göran Krantz è il fondatore dell’Istituto
di Ricerca per l’Euritmia e il leader del
corso di formazione sull’euritmia al
Rudolf Steiner University College a
Järna, Svezia. È particolarmente
interessato al rapporto tra musica,
linguaggio e movimento.
“Nel momento creativo la personalità può
formare se stessa. Nel flusso della
creatività, le sensazioni e l’esperienza
viva, in un dialogo con il mondo,
diventano una realtà significativa. Nella
creatività dell’infanzia crescono vitalità e
coinvolgimento che dureranno lungo tutto
il corso della vita.”
Laurent Danon-Boileau è Professore
di Linguistica Generale e
Apprendimento linguistico all’Università
della Sorbona “René Descartes” a
Parigi. Lavora come terapista al Centro
“Alfred Binet” con bambini che soffrono
di deficienze linguistiche e
comunicative. Si interessa di linguaggio
e comunicazione sia in quanto creazioni
psichiche e poetiche, sia come
processi mentali.
“Il discorso di un bambino piccolo non è
una traduzione approssimativa a cui la
grammatica darà coerenza. È una
musica a cui la mimica, la gestualità e
l’intonazione danno ritmo. A poco a
poco, l’eco delle ninnenanne e delle
fiabe di una mamma dà una ricca
organizzazione alla melodia.”
appropriato comincia a desiderare di
condividere gli argomenti significativi, gli
strumenti, i libri, i manierismi e i modi
rituali di recitare, di cantare e di ballare
che i compagni prediletti ritengono
significativi e divertenti.
La ricerca di significato attraverso il
divertimento, da parte del bambino, è
l’inizio del naturale processo intuitivo
dell’apprendimento culturale. Precede e
stimola la comprensione del modo in cui
parlare e pensare a parole; ha tempi e
forme emotive che colmano tutte le lacune
tra lingue e culture. Jerome Bruner spiega
che l’istruzione formale, la particolare
“cultura dell’istruzione” a cui è attribuita
tanta importanza nei Paesi industrializzati e
altamente organizzati del “primo mondo”,
dipende ancora da “comunità di discenti”
non molto diverse, dal punto di vista delle
esigenze interpersonali, dai gruppi di
apprendimento esterni alla scuola, in cui
tutti i bambini del mondo imparano tante
cose utili e importanti per la loro vita
lavorando, giocando e facendo arte con
dei compagni – insegnanti o allievi – che
possono essere altri bambini o adulti.
L’impulso fondamentale che spinge la
mente umana ad imparare – tanto nei
bambini quanto nei più brillanti esponenti
del nostro mondo culturale – è lo stesso:
quello di sapere come fare tutte le
esperienze e come usarle, e poi imparare
quello che le altre persone dicono per
nominare queste esperienze. Il ritmo e le
implicazioni narrative del pensiero creativo
nella scienza, nella matematica, nella
filosofia e nella letteratura sono, nella loro
essenza, uguali a quelle che aiutano un
genitore e un bambino di 6 mesi a
condividere una canzoncina in rima. Queste
semplici composizioni, trasmesse di
generazione in generazione, esprimono e
usano il senso innato del tempo,
dell’intonazione, del movimento e
dell’emozione, senza il quale per l’uomo il
pensiero e l’azione sono impossibili. Inoltre
stimolano la memoria, come fanno tutte le
attività artistiche. Sono il nucleo intuitivo
della nostra intelligenza e la moneta per
scambiarci l’un l’altro tutto quello che
sappiamo. Nessuna forma di comunicazione
umana è possibile senza il desiderio o il
bisogno di condividere in modo artistico le
azioni, le espressioni emotive e di energia
nel movimento e negli schemi narrativi
dell’immaginazione, sostenuti dal ricordo di
bellissime opere.
Questo bisogno è ciò che lega la scienza
all’arte e che le rende indispensabili l’una
per l’altra, che fa parte dell’eredità naturale
di un bambino normodotato e che è la forza
intuitiva alla base dello sviluppo della
comprensione in un mondo di abili parlanti
attivi, che inventano le storie e le
custodiscono per secoli.
La verità di questa affermazione è
tragicamente evidente nel caso di un
bambino autistico, che non può
padroneggiare e condividere i normali ritmi
di curiosità percettiva e funzionalità
motoria, o del bambino la cui anima è stata
ferita dalla crudeltà e dalla negligenza degli
adulti. Questi bambini, la cui volontà e il
cui senso artistico sono stati danneggiati,
hanno “esigenze speciali” – di una forma di
comunicazione più che mediamente
comprensiva e sensibile, in grado di
rispondere e sostenere la loro creatività
indebolita, di scoprire le cause dei loro
comportamenti particolari o di condividere
l’inventiva compulsiva di quelli con una
spiccata intelligenza. Questi bambini
possono essere aiutati molto più
efficacemente con terapie artistiche che
usano forme appropriate di recitazione,
musica, danza o creazione grafica di storie,
per coinvolgerli nel piacere fondamentale
della condivisione dell’invenzione.
La professoressa Helena Rodgrigues è una musicista che
insegna nel Dipartimento di Scienze della Musica alla Nuova
Università di Lisbona. È direttore artistico della Companhia de
Música Teatral, che crea spettacoli che coinvolgono i bambini e i
loro genitori (www.musicateatral.com).
“Fare musica è un’attività molto affascinante: coinvolge il corpo, la
mente, le sensazioni dell’io e la consapevolezza degli altri. Per
fare musica è necessario costruire canali comunicativi, preparare
il terreno per le scoperte, realizzare delle vie per far crescere e
sviluppare le emozioni. Dà ricompense enormi. Il coinvolgimento
dei bambini e dei genitori nelle esperienze di creazione della
musica è una delle cose che servono a coltivare l’intelligenza, la
sensibilità e l’affetto. Fa parte della condivisione del processo di
crescita e contribuisce a rendere i nostri mondi interiori più
interessanti, piacevoli e divertenti, perché la principale fonte della
competenza e della comprensione musicale è il bisogno umano di
stabilire dei rapporti.
La creazione musicale coinvolge la razionalità, ma anche le
emozioni e l’intuito. Richiede capacità umane basilari (come il
respiro e altre risposte fisiologiche), ma anche alcune molto
La nuova tendenza delle scienze
neurologiche è quella di cercare di
dimostrare che la formazione e
l’assorbimento consapevole delle
esperienze da parte della materia corticale
deputata all’apprendimento cognitivo
dipende da emozioni e motivi generati
regolati in zone profonde e molto antiche
del cervello.
Gli stessi sistemi emotivi e motori si
sviluppano molto precocemente durante la
vita prenatale – prima della corteccia – e
conservano un’influenza decisiva sia
sull’azione che sulla percezione nel corso
dell’intera vita, ma in modo più intenso
durante la prima infanzia, quando
l’apprendimento è più rapido, più creativo
dal punto di vista artistico e più
seducentemente comunicativo.
In breve, possiamo dire che la nostra
mente nasce con attitudini artistiche e con
una sensibilità che la porta ad apprezzare
gli scopi e i sentimenti che stanno dietro ai
movimenti voluti e consapevoli delle altre
persone.
complesse. Coinvolge le consuetudini, ma anche l’imprevedibilità
e la sorpresa. Attiva una gamma di emozioni, sentimenti e
pensieri molto più ricca della manciata di quelli elementari
(“felice”, “triste”, “arrabbiato” ecc.). Crea delle connessioni tra le
parti del corpo e della mente: fisiologiche, razionali, emozionali e
spirituali.
Ma la cosa più importante da dire sull’arte in una società così
preoccupata dell’utilità delle cose è, forse, che non ha utilità di
nessun tipo. Non possiamo spiegare l’importanza dell’arte e della
musica nelle nostre vite: sono uniche e la loro rilevanza può
essere provata solo dall’esperienza personale. Lasciateci solo
osservare l’attenzione e il piacere che un bambino mostra quando
giochiamo con lui usando la musica. Dopo una tale esperienza,
chi osa dubitare dell’importanza della musica per la nostra
sopravvivenza?
Un maestro di questa saggezza è Francisco, 4 anni, il quale,
dopo aver ascoltato un’opera di Mendelssohn, ha sussurrato
all’orecchio della madre: “Mamma, questa musica suona come
cioccolata per le orecchie”. I bambini non studiano filosofia e non
fanno ricerche approfondite sul bisogno dell’estetica.
Semplicemente, sanno”.
Bambini in Europa 7
Ho invitato quattro educatori creativi a
sintetizzare le loro esperienze e le loro
convinzioni sull’importanza dell’arte per la
vita e l’apprendimento dei bambini. Dalle
loro risposte emergono due princìpi: per
prima cosa, i bambini sono artisti e
inventori, poeti e musicisti naturali; in
secondo luogo, comprendono più
efficacemente, e trovano nuove idee,
soprattutto interagendo e imparando con
interlocutori attenti e disponibili. Tutti
credono fermamente nel ruolo svolto
dall’arte nel dare piacere e significato alla
vita di un bambino, e tutti sono concordi
nel ritenere che la condivisione di una
creazione artistica possa rafforzare la
personalità del bambino aprendogli, nello
stesso tempo, la strada per apprendere
qualunque tipo di nozione e abilità, incluse
quelle contemplate da un’istruzione più
razionale e formale.
Queste persone fanno eco alle parole del
filosofo Alfred North Whitehead, co-autore
di Principia Mathematica, che enfatizzava la
creatività “entusiasta” necessaria alla
crescita dell’apprendimento.
“Il paradosso che fa naufragare numerose
teorie educative promettenti sta nel fatto
che la formazione, che genera abilità, sia
così incline a soffocare l’entusiasmo
dell’immaginazione. L’abilità richiede la
ripetizione, e l’entusiasmo
dell’immaginazione ha una sfumatura di
impulsività. Fino a un certo punto, ogni
conquista di ulteriori competenze apre
nuovi sentieri all’immaginazione. Ma
l’educazione formale ha i suoi limiti di utilità
in tutti gli individui. Oltre quei limiti c’è la
degenerazione: ‘I gigli del campo non
faticano, e neppure girano’.”
Gli allievi sono motivati dalla compagnia
dei loro pari e dei loro educatori nella
scoperta e nella comprensione. La
scoperta creativa del significato – l’arte –
attraverso la creazione condivisa di
esperienza e “divertimento” è la base delle
Jon-Roar Bjørkvold è Professore di Musicologia all’Università di
Oslo, e autore de The Muse within the Child (La musa nel
bambino), un libro molto apprezzato sulla naturale creatività
musicale dei bambini molto piccoli.
“La musica delle voci rappresenta per il bambino l’ingresso nella
vita. I suoni della voce materna, le sfumature nell’intonazione, i
cambiamenti dinamici dei toni, del tempo e del volume, tutti
fluttuanti nei ritmi, danno al bambino appena nato una via di
accesso fondamentale alla conferma di sé e all’acquisizione della
cultura in generale. Ma attenzione, c’è molto altro oltre agli
elementi “musicali” del suono. Il riso, gli urli, i sorrisi e le lacrime,
la giocosità delle carezze, l’odore della pelle, della punta delle
dita, delle unghie e dei capelli – rientra tutto nella natura olistica
della percezione e della comunicazione umana. La ninnananna
costituisce, così, una vera polifonia di corpo e anima, suono e
persone. Il significato di questa intera esperienza è centrato da
un termine Swahili/Bantu, ngoma, che significa
contemporaneamente tamburi/ritmi, danza e festività, con una
coerenza interna così forte che è veramente impossibile isolare
la musica dagli altri elementi. Questo ci rammenta che la
percezione umana è fondamentalmente e intrinsecamente
8 Bambini in Europa
conoscenze pratiche più serie e dei lavori
che richiedono delle competenze
specifiche. La scienza più complessa e la
tecnologia più avanzata non farebbero
progressi senza un’abilità artistica,
apprezzata come valore in sé, del pensiero
e della competenza. Tuttavia, l’educazione
odierna è dominata dalla valutazione di
obiettivi prestabiliti di rendimento e di
capacità in un campo limitato di abilità
collegate a ciò che i governi ritengono sia
richiesto dalla tecnologia e dal mercato.
Un curriculum educativo che escluda o
trascuri l’arte è come un disturbo cardiaco
dell’apprendimento che accorcerà la vita
della ragione e della conoscenza.
Traduzione di Federica Caratelli
Colwyn Trevarthen è Professore Emerito di Psicologia
infantile e Psicobiologia all’Università di Edinburgo
[email protected].
olistica. Profondamente radicato in questa concezione ampia di
esperienza musicale, in seguito il bambino affronta le sfide e le
gioie della cultura infantile con un capitale culturale innato di
canzoni e di giochi che rappresenta uno strumento potentissimo
per la crescita umana e la scoperta della vita. Nei giochi
spontanei il punto principale non è, comunque, cantare in modo
chiaro e bene, ma piuttosto entrare in collegamento con il mondo
in modo preciso ed efficace. Canto – ergo sumus: Canto – perciò
siamo!
Il vero significato della “musicalità” deve essere ridefinito in modo
drastico nell’educazione musicale, assegnandogli una base
orientata allo ngoma. Fin troppe persone sono zittite per sempre
da una concezione di musica e musicalità che cerca la
correttezza accademica piuttosto che l’immediatezza spontanea,
i suoni puri invece di un cuore puro.
La musa nel bambino deve essere tenuta in vita — questo
dovrebbe essere lo scopo ultimo di qualunque educazione
musicale. E l’ambizione è fondamentale quanto grandiosa:
dovrebbe contribuire a mantenere l’uomo vivo durante la vita.
Perché la canzone non è semplicemente la prima cosa che
incontriamo quando comincia la vita. È anche l’ultima cosa che
perdiamo quando la vita si chiude.”
Sull’arte e l’educazione
Herwig Deweerdt
Invece di usare termini come “arte” e
“creatività”, quando si tratta di bambini
piccoli dovremmo parlare di “linguaggio”,
dichiara Herwig Deweerdt.
L’arte non esiste con lo scopo di insegnare
qualcosa al genere umano.
L’arte è, semplicemente. Sono molti i
motivi per cui gli artisti creano: dall’idea
romantica della “urgenza incontenibile” alla
più sobria motivazione “di una necessità
economica”.
A volte è una riflessione su loro stessi e sul
mondo che li circonda, altre volte la ricerca
di un mondo immaginario – o, perché no –
un semplice piacere.
I bambini sono creatori proprio come gli
artisti. Date loro un pezzo di carta e una
matita e loro cominceranno a fare
scarabocchi. Noi adulti siamo intimoriti di
fronte alla spontaneità dei bambini. Forse
gli adulti cercano di riscoprire, nel
bambino, un elemento del proprio paradiso
perduto di fantasia libera e di urgenza
creativa sfrenata.
Tutte le persone, adulti e bambini, hanno
una qualche forma di capacità artistica
dentro di sé. Tutti, più o meno, possiamo
cantare, ballare, suonare e scrivere poesie.
Ma chiamare “arte” i risultati di queste
attività, che possono avere o meno un
pubblico, è sbagliato: l’arte è una cosa da
adulti che sono in grado di convincere altri
adulti che un prodotto non è spazzatura,
ma arte! Altri termini usati comunemente
sembrano anche vuoti o eufemistici, per
esempio “creatività”, che evoca
associazioni con la disposizione dei fiori o i
corsi di macramé. Come dice Piero
Sacchetto: “Non mi parlate di creatività. Il
solo sentire questa parola significa che
non ho più la sensazione di divertirmi”.
Invece di fare giochi di prestigio con parole
come “arte” o “creativo”, quando si tratta
di bambini piccoli dovremmo parlare
semplicemente di “linguaggio”. Anche
mentre scarabocchia linee e cerchi,
dipinge con le dita, incolla, strappa,
modella l’argilla, balla, canta e gioca, il
bambino sta scoprendo e sviluppando il
proprio linguaggio con un doppio
significato: impara qualcosa per o su se
stesso e cerca un modo di comunicare
con gli altri.
Un buon esempio è il teatro. Tutti i bambini
recitano. Con le bambole e gli orsacchiotti,
in scatole di cartone o sotto il tavolo. Il
bimbo diventa papà, la bimba diventa
mamma o, perché no, lui mamma e lei
papà. I bambini lo fanno
senza riserve, con la propria
drammaturgia e i propri
chiari codici teatrali.
Quando i bambini praticano
“quell’arte”, quando si
esprimono attraverso la
propria recitazione e i propri
scarabocchi, stanno
imparando. Coordinazione
occhio-mano, buone
competenze motorie,
discutere su chi sia il babbo
e chi sia la mamma adesso,
e se il papà debba aiutare a
lavare i piatti. Non è ridicolo
o insignificante. Al contrario:
è qualcosa di decisamente
affascinante.
Qual è il rapporto tra
l’educazione e l’arte? Come un artista dà
forma al mondo, così l’educatore vuole
contribuire a formare il bambino e il mondo
in cui quel bambino vivrà. Tutto quello che
si desidera riflette l’opinione sul modo in
cui quel mondo deve essere. O dovrebbe
essere. Un mondo duro, in cui devi farti
valere e sgomitare. O un mondo in cui dai
briglia sciolta alle emozioni. O un mondo in
cui si cerca di occuparsi gli uni degli altri in
modo giusto. O un mondo in cui ha
successo chi è più produttivo. O un
mondo in cui consideri le persone anziane
come biblioteche di esperienza.
Questo è proprio il motivo per cui
l’educazione è “politica” nel senso più
ampio del termine. E per cui l’arte è così
utile nell’educazione. Perché dimostra che
i modelli sono aperti alla discussione e che
il dibattito su questi modelli, su quale
mondo desideriamo, diventa possibile
quanto essenziale.
Traduzione di Federica Caratelli
Herwig Deweerdt è attore, narratore, direttore e
scrittore
[email protected]
Bambini in Europa 9
L’arte per l’arte?
Richard Holloway
C’è una distinzione antica e interessante
nel significato della parola “bene”. Alcuni
beni sono ciò che i filosofi chiamano “beni
strumentali”, perché sono utili per
qualcosa, come le sedie, per esempio,
che servono per sedersi, o le forchette,
che servono per prendere il cibo. Ma
alcuni beni sono semplicemente buoni in e
per se stessi, li amiamo per quello che
sono, senza secondi fini: la bellezza,
l’amore, la gioia e il divertimento, tanto per
citarne alcuni. I filosofi chiamano questi
beni “beni intrinseci”.
Ho iniziato il mio contributo in questo
modo perché recentemente, in Scozia,
abbiamo avuto un dibattito sull’arte e sul
modo migliore di renderla fruibile e farla
apprezzare da un numero sempre più
ampio di persone. Ma l’arte è un bene
intrinseco, qualcosa che è buono in e per
se stesso, o un bene strumentale,
qualcosa che apprezziamo perché
produce quelli che i politici chiamano
“risultati”? Prima di investire più denaro
nell’arte, vogliono sapere quale sarà il
ritorno, quali i vantaggi per la società,
come aiuterà la Scozia a essere più
prospera o più equa o più attraente per i
turisti. Tuttavia gli artisti non amano molto
che il loro lavoro sia misurato in questo
Richard Holloway
discute del valore
intrinseco dell’arte
e del gioco.
modo: ritengono importante quello che
fanno perché pensano che sia buono in
sé, non perché possa apportare in qualche
modo benefici alla società.
In realtà questo è un dibattito senza senso
e dunque inutile, perché l’arte ha
ovviamente un valore intrinseco ed è utile
anche per molte altre cose. C’è un famoso
dipinto scozzese di David Allan, realizzato
nel 1775, chiamato The Origin of Painting
(Le origini della pittura). Si basa su un
racconto dello storico romano Plinio
riguardante una giovane donna corinzia
che tracciò su un muro il contorno
dell’ombra dell’uomo che amava, prima
che questi partisse in guerra, così da avere
qualcosa che le ricordasse il suo aspetto
al momento della partenza, che forse
sarebbe stato senza ritorno. Quello che
fece, lo fece con uno scopo: era un bene
strumentale, utile per ricordarle l’uomo; ma
L’educazione all’opera scozzese
Nei mesi dimaggio e giugno 2008 il gruppo per l’Educazione all’Opera
Scozzese porterà in giro per la terza volta nelle Scuole dell’infanzia e
negli asili nido la sua opera interattiva. Come è successo per le
precedenti produzioni, The Undersea World of Bubble McBea (Il
mondo sottomarino della Bolla McBea) accompagnerà il giovane
pubblico in un viaggio alla scoperta del mondo naturale che lo
circonda. Ambientate in contesti specificamente scozzesi – paesaggi
rurali, costieri e urbani – le trame toccano temi ambientali, incluso
l’inquinamento delle acque e la produzione e il riciclaggio di energia.
Attraverso canzoni, risa, marionette, azioni dal vivo e sequenze
animate, viene creato un mondo magico che trasmette un messaggio
di importanza cruciale per il futuro dei nostri cittadini più giovani.
10 Bambini in Europa
si trasformò in un bene intrinseco,
qualcosa di bello che valeva la pena di
custodire con cura semplicemente per
quello che era.
Questa storia ci dice molto sugli esseri
umani. Abbiamo il talento di fare le cose
per uno scopo, ma finiamo per farle per
se stesse, perché le troviamo pregevoli
per meriti propri, intinseci. Continuiamo a
fare sedie per sederci, ma le facciamo
anche belle, rendendole oggetti
apprezzabili indipendentemente dalla loro
utilità.
La chiave per capire tutto questo è l’istinto
umano per il gioco, per fare le cose per il
puro gusto di farle. La tragedia è che
abbiamo relegato il gioco alla nostra
infanzia e che siamo convinti di doverlo
mettere da parte quando cresciamo – fatta
eccezione per quelle trascurabili vacanze
dalla realtà che ci concediamo di tanto in
tanto. Ma questo “mette un coperchio”
sulla nostra creatività, e quando
sopprimiamo la creatività diventiamo, in
buona sostanza, meno umani. Robert
Hughes, il critico d’arte, sa esattamente
cosa sta succedendo: “Spesso, e a
ragione, è stato detto che il genio non è
nient’altro che l’abilità di ricatturare a
piacere l’infanzia – ma questo deve
Progetto “Starcatchers”
Attualmente in sperimentazione in un Centro artistico a
nord di Edimburgo (North Edinburgh Arts Centre o
NEAC), il Progetto “Starcatchers” esplora il modo in cui
gli artisti possono lavorare con i bambini di età
compresa tra 0 e 3 anni e i loro genitori o le persone che se ne occupano, creando un teatro adatto a
questa fascia d’età. Dal mese di ottobre 2006 due artisti – Andy Manley e Vanessa Rigg – hanno
lavorato con gruppi della comunità locale, sviluppando idee poi tradotte in installazioni teatrali. Ad oggi
il progetto ha prodotto due lavori – Little Light (Piccola Luce) e My House (Casa mia). In questo
momento il progetto è in corso di valutazione da parte di Susan Young della Exeter University, il cui
rapporto esaminerà anche il modo in cui “Starcatchers” e lo sviluppo di un teatro per la fascia 0/3 anni
si adatti a un contesto scozzese, britannico ed europeo. Nel febbraio 2007 NEAC ha ospitato un
simposio internazionale sulla realizzazione di lavori teatrali per i bambini di questa età. Per le relazioni
presentate al simposio o maggiori informazioni, contattate [email protected]
www.scottisharts.org.uk/1/artsinscotland/drama/projects/starcatchers.aspx
nostra serietà indotta dal
lavoro. Per quelli di noi per i
quali l’infanzia è una
memoria lontana è
probabilmente troppo tardi,
ma bisogna che non sia
troppo tardi per quelli che
sono bambini ora: lasciamo
che attraversino il periodo
scolastico giocando;
lasciamo che dipingano,
cantino e ballino; lasciamoli
sognare e avere delle
allucinazioni. La cosa buffa
è che se gli lasciamo fare
tutte queste cose, per di più
in modo esuberante,
ebbene, cominceranno a
fare bene qualunque altra
cosa intraprenderanno.
Va’ a sapere...
Traduzione di Federica Caratelli
Richard Holloway è presidente del
Consiglio Scozzese per l’Arte
[email protected]
includere le angosce e i desideri
dell’infanzia, non solo la sua innocenza
arcadica”.
Possiamo cogliere la verità di questa
affermazione quando guardiamo un
bambino molto piccolo giocare,
inconsapevole di sé, evocando
popolazioni, misteri e pericoli e cantando il
mondo attribuendogli un significato. I
bambini sono artisti naturali che
rappresentano il mondo con una matita e
un pezzetto di carta, spinti a fare, a
modellare, a ripetere e a copiare, artisti
traboccanti di canzoni e melodie. Alcuni
non perdono mai la loro capacità artistica
innata, nonostante le macchine educative
di cui li nutriamo, che spesso sembrano
progettate apposta per produrre una sorta
di conformità ammaestrata che prosciuga
la loro creatività. I geni sono quelli che
resistono con successo alla perdita
dell’infanzia, che rifiutano di barattarla con
una conformità da adulti; e continuano ad
attingere da quella fonte trionfi, sorprese e
turbamenti che il resto di noi può solo
immaginare.
Per fortuna il gioco sta tornando popolare.
Capiamo che è la cosa naturale di noi che
meglio ci caratterizza. Ho usato il termine
naturale, piuttosto che umana, perché
sembra essere una caratteristica
dell’intero creato, non solo del pezzettino
occupato dalla specie umana. Se ci
piacesse vivere per la pura esuberante
inutilità di tutto ciò, risparmieremmo al
pianeta il danno che gli sta facendo la
La “Catherine Wheels Theatre” Company
La Catherine Wheels Theatre Company, fondata nel 1999, è impegnata nel creare un
teatro nuovo, attuale e dinamico per i bambini e i ragazzi scozzesi. La compagnia gira
il Regno Unito, l’Irlanda e il Canada e ha portato due produzioni a Broadway, New
York. Il premiato Lifeboat è stato invitato ad essere rappresentato alla Sydney Opera
House e farà parte del New Zealand International Arts Festival, a Wellington, nella
primavera del 2008.
Catherine Wheels produce anche lavori pensati specificamente per i pubblici
scolastici – trasformando gli atri delle scuole in intimi spazi teatrali e sorprendendo gli
alunni nelle loro classi. Il lavoro è creato a partire da copioni teatrali, come la storia
dell’infatuato e spavaldo Cyrano, e da avvenimenti reali, come Marjan, il leone che
visse in un Afghanistan dilaniato dalla guerra in The Lion of Kabul (Il leone di Kabul).
ww.catherinewheels.co.uk
Bambini in Europa 11
Creatività:
maneggiare con cura
Piero Sacchetto
Piero Sacchetto
spiega il suo
pensiero sull’uso
attuale della parola
“creatività”.
Tra pochi giorni si inaugurerà, al Centro di
Documentazione Raccontinfanzia del
Comune di Ferrara, una mostra che
racconta l’esperienza dei laboratori con i
bambini di 5 anni realizzati in tutte le
quindici Scuole dell’infanzia comunali.
Per un intero anno scolastico due
insegnanti del Laboratorio delle Arti hanno
lavorato proponendo ai bambini incontri
con immagini, pensieri, luoghi, reali e
immaginari, per approdare, ogni tanto, in
città, nelle sue strade, nei suoi musei, nei
suoi palazzi. Si è lavorato su temi
sufficientemente ampi, senza la
preoccupazione di “far produrre” i bambini,
assecondando i loro ritmi, ma anche
proponendone degli altri. Si è cercato,
soprattutto, di costruire, scambiare,
condividere pensieri con i bambini, a
partire dallo sguardo; uno sguardo da
lontano per abbracciare immagini, luci,
colori e uno sguardo da vicino, per vedere,
con le mani, le forme, i contorni, le
tessiture delle cose.
La mostra ha un sottotitolo – Laboratori
d’arte e di pensiero – dal quale scelgo di
partire per sviluppare qualche riflessione,
breve e schematica, come lo spazio
tipografico a mia disposizione richiede.
Il collegamento tra arte e pensiero
suggerito dall'espressione non mi pare
vada sottovalutato o dato per scontato, per
alcune ragioni che provo ad indicare.
È ancora assai diffuso nella scuola italiana,
anche nella Scuola dell’infanzia che non è
nel nostro Paese scuola dell’obbligo,
l’atteggiamento di confinare l’arte, o le arti,
o più in generale i linguaggi non verbali, in
un generico e generale territorio
dell’espressività, dove ci si può concedere
quello che nell’ambito degli studi seri, le
discipline canoniche, è bene invece evitare.
Perché fermarsi ai colori fondamentali e non esplorare tonalità e sfumature?
12 Bambini in Europa
Questo atteggiamento si manifesta con
una significativa gamma di sfumature, con
maggior o minore schematismo, con gradi
di consapevolezza differenti, ma finisce di
fatto per determinare una pericolosa
distinzione tra i momenti e le attività in cui
si esercita il pensiero e quelli invece in cui
prendono il sopravvento la dimensione
comunicativa, la fantasia, l’immaginazione,
tanto più intensi e più significativi quanto
più dal pensiero ci si allontana.
E, come ciliegina sulla torta, in una sorta
di automatismo, a mio modo di vedere
preoccupante e pericoloso, compare la
parola creatività, apparente portatrice di
senso univoco e condiviso, capace di
contenere, ricapitolare, finalizzare un’intera
gamma di proposte, di comportamenti, di
prodotti.
Dunque, schematizzando, la creatività
sarebbe una specie di “ingrediente”
automatico, costitutivo dell’esperienza
espressiva, capace di generarla, favorirla,
renderla produttiva. Infatti, quelle che in
generale vengono definite attività
espressive finiscono generalmente con un
“En plain aire” l’incontro con la natura, i suoi colori e le sue forme è più diretto.
Il Centro di documentazione “Bambini in Europa” in via di costruzione presso
l’Istituzione dei Servizi Educativi, Scolastici e per le famiglie del Comune di Ferrara,
nasce dai comuni intenti e orientamenti della Regione Emilia-Romagna, della Provincia
e del Comune di Ferrara. Si propone di essere uno strumento informativo e formativo
“in entrata” – esperienze e politiche educative e scolastiche nei Paesi dell’Unione
Europea – e “in uscita” – far conoscere le buone pratiche di cura e di lavoro dei
servizi che si occupano di bambini da 0 a 6 anni. Esperienze e buone pratiche diffuse
e ormai consolidate nell’intera Regione Emilia-Romagna e in diverse altre realtà
nazionali.
In questo senso la presenza di un partner come le Edizioni Junior – che da molti anni
svolge a livello nazionale e internazionale un intenso lavoro di connessione, messa in
rete, diffusione di esperienze e riflessioni di operatori e di tecnici dell’educazione –
rappresenta un elemento di grande rilevanza. La parola documentazione connota certo
una dimensione del Centro: quella di raccolta e di messa a disposizione di tecnici,
studenti e insegnanti, di materiali dei diversi Paesi, ma non deve metterne in ombra
un’altra altrettanto importante: promuovere, sollecitare, rafforzare, sostenere una
cultura dell’infanzia e dei servizi ad essa rivolti che si alimenta di sguardi e di orizzonti
capaci di superare i limiti angusti e dannosi delll’autoreferenzialità.
prodotto che viene definito e riconosciuto
“creativo”. Creativo il contesto, creativa la
proposta, creativo il soggetto, creativo il
prodotto con una sorta di processo
circolare che si autoalimenta: le attività
espressive generano creatività e la
creatività dà senso alle attività espressive.
C’è qualcosa che non mi convince in tutto
questo e che produce in me parecchie
domande che da tempo cerco di esplorare
e condividere, in momenti formali e
informali, con colleghi pedagogisti, artisti,
antropologi, insegnanti in formazione,
atelieristi, insegnanti di storia dell’arte,
operatori di sezioni didattiche di musei ecc.
Complessivamente vedo per il concetto di
creatività il rischio di diventare, in troppi
casi, un concetto scorciatoia, cioè uno di
quei concetti che si usano per sintetizzare,
per abbreviare il percorso che ci porta al
nòcciolo centrale del nostro ragionamento,
qualche volta per necessità e qualche altra
per pigrizia, e che si immaginano a un
tempo dotati e costruttivi di un senso
univoco. Se ci si prende il tempo di
guardare dentro alla scatola concettuale
contrassegnata dall’etichetta “creatività”, ci
si accorge invece della polisemia
disorientante di questa parola, delle
stratificazioni di pensiero che la
compongono, stratificazioni talvolta in
comunicazione e altre, invece, fermamente
chiuse e concluse. Ci si accorge anche
dell’intreccio interdisciplinare che ha
esplorato atteggiamenti e comportamenti,
circoscrivendoli, caratterizzandoli,
definendoli e sistematizzandoli, cercando
variabili dipendenti e indipendenti nel
patrimonio genetico o nell’ambiente in cui e
di cui il soggetto si nutre nel suo sviluppo.
Questo per dire che il concetto di creatività
va maneggiato con cura, evitando
automatismi e semplificazioni che anziché
dare senso alle esperienze finiscono per
sottrarglielo o deformarlo profondamente.
Una semplificazione imprudente, più o
meno consapevole, potrebbe per esempio
costruire e favorire l’idea che la creatività
sia qualcosa che riguarda esclusivamente
le arti o ambiti di esperienza eccezionali.
Verrebbe in tal modo completamente
trascurata la costruzione creativa di
paradigmi scientifici, di modelli analogici di
cui gli scienziati si sono sempre avvalsi e si
avvalgono in molte delle loro operazioni di
ricerca, di sperimentazione e di
sistematizzazione.
Si aprirebbe qui, mi si perdoni il limite del
solo accenno, un ragionamento da
approfondire relativo al posto che le
scienze occupano non solo nelle nostre
conoscenze ma anche nel nostro
immaginario, immaginario che non ci siamo
costruiti tutti da soli, ma che è intrecciato
con la cultura del micro e macro contesto
sociale che ci ha accompagnato nel nostro
processo di sviluppo.
Non sarà che la diffidenza che nutriamo
talvolta per le scienze, o per lo meno la
percezione, relativamente a queste, di limiti
di comprensione per noi invalicabili,
dipenda anche dal fatto che non ci è stato
possibile, non ci è stata data l’occasione di
sperimentare una mobilità di pensiero nella
soluzione di problemi, di pensare sul
nostro modo di pensare e di costruire
(quindi creare) pensieri?
Un’altra possibile strada fuorviante, e torno
qui al tema delle arti, ci condurrebbe a
pensare che la creatività stia nell’uso dei
linguaggi e non nel pensiero che li orienta,
li organizza, ne verifica le coerenze e gli
effetti. O, ancora, ci suggerirebbe che la
creatività la si tocca necessariamente in un
prodotto concreto, creando una particolare
predilezione per la sua originalità,
originalità riferita certamente al produttore,
ma anche alla percezione del fruitore, al
suo bagaglio cognitivo, generale e
specifico.
È una situazione in cui ci si imbatte spesso
a proposito dell’arte contemporanea: la
Dopo la visita alla Pinacoteca della città i bambini
“si cimentano” nella riproduzione di cieli d’oro.
scarsa familiarità con il fecondo periodo
delle avanguardie del primo Novecento, e
quindi con le loro produzioni, può
suggerire e favorire letture di completa
novità di prodotti artistici, apprezzabili
semmai per la serietà e cura di esecuzione,
piuttosto che per la loro originalità. Il
termine, utilizzato molto frequentemente
accanto a quello di creatività, ci porta
molto lontano, alle origini, appunto. Origini
dell’uomo, origini del pensiero, origini dei
processi, caratteristiche della singolarità,
dell’unicità ecc.
E tra le tante domande possibili, una
ancora: che cosa cambia nella nostra idea
di arte, di artisti, di linguaggi artistici se
spostiamo l’attenzione dalla loro pratica e
dai loro prodotti, allo sguardo sulle cose,
sul mondo, sul modo di sentirsi mondo e
nel mondo che un artista ha scelto di
adottare?
Il focus della nostra attenzione si sposta
dalle mani, dalla tecnica, dal colore, dalla
forma… del prodotto al modo di vedere e
quindi di pensare il mondo e di pensarci
nel mondo.
Non si tratta di collocare mani e occhi,
materia e pensiero in una prospettiva di
antagonismo, ma, semmai, di percorrere
per intero e senza scorciatoie il sentiero
che li collega mostrando l’indispensabilità
di entrambi.
“Non è la colla a creare il collage”, ci
ammoniva Max Ernst. Non è l’espressività
a fare la creatività, mi verrebbe da
aggiungere.
Le immagini a corredo dell’articolo fanno riferimento a
esperienze di laboratorio sui linguaggi artistici
realizzate nelle Scuole dell’infanzia del Comune di
Ferrara.
Piero Sacchetto è il responsabile pedagogico
dell’Istituzione dei Servizi Educativi, Scolastici e per le
Famiglie del Comune di Ferrara
[email protected]
Bambini in Europa 13
Il coraggio dei sogni
Vea Vecchi
Vea Vecchi descrive il ruolo dall’atelier
nella pedagogia dei servizi per l’infanzia
di Reggio Emilia.
La nascita dell’atelier
Quanto e in che modo i processi
d’apprendimento e d’insegnamento
verrebbero modificati, se la cultura
scolastica accogliesse i linguaggi poetici e
la dimensione estetica come importanti
elementi di costruzione della conoscenza?
È un’ipotesi che fa sorridere, come
qualcosa di surreale, perché è molto, forse
troppo, lontana dalla realtà quotidiana, ma
proprio questa irriverente ipotesi si è
parzialmente realizzata nei Nidi e nelle
Scuole comunali dell’infanzia di Reggio
Emilia, nelle quali è possibile in concreto
osservare e riflettere sullo strano e inusuale
fenomeno educativo che si è costruito.
Quando alla fine degli anni ’60 Loris
Malaguzzi pensò di introdurre nei Nidi e
nelle Scuole dell’infanzia di Reggio Emilia
uno spazio atelier gestito da una figura di
insegnante con formazione artistica, come
spesso accade per le intuizioni veramente
nuove era consapevole della portata
innovativa dell’operazione, ma forse non
aveva ancora un’esatta percezione di
quale mutazione avrebbe introdotto nella
stagnante pedagogia ufficiale, né
dell’importanza e della novità del processo
che si sarebbe avviato.
Malaguzzi aveva comunque scelto di
provare concretamente a sognare una
scuola diversa, nella quale i bambini e le
insegnanti potessero esprimersi attraverso
linguaggi e tecniche generalmente
riservate a situazioni particolari e
privilegiate.
L’idea di introdurre l’atelier è stata una
scelta coraggiosa ed eversiva, molto
discussa e criticata perché da un punto di
vista economico incideva (e incide) sul
budget scolastico, che è sempre molto
risicato. In quegli anni la sua scelta fu
14 Bambini in Europa
considerata da molti pedagogisti una
scelta effimera rispetto a quelli che erano
considerati i problemi veri della scuola.
Loris Malaguzzi però era un uomo che
aveva il coraggio dei sogni. Credeva nei
linguaggi poetici (arti visive, danza, musica,
letteratura, architettura, design…) e
riconosceva loro la capacità di anticipare i
tempi e di catturare l’essenza e la natura
profonda delle cose. I linguaggi poetici
possono intrecciare insieme il razionale,
l’immaginario e l’emozionale, facilitando un
apprendimento più ricco e completo. C’è
una presenza poetica in ogni linguaggio o
disciplina, anche in quelle che paiono più
lontani dalle esperienze artistiche, come la
matematica, la chimica, la fisica,
l’ingegneria…
Tavolozze materiche preparate dai bambini
A mio parere, uno dei nodi culturali della
pedagogia di Reggio Emilia è costituito
dalla consapevolezza dell’importanza
fondamentale della poetica e dell’estetica
come forze propulsive e trasversali tra i
vari linguaggi, come connettori privilegiati
dei processi di pensiero, e uno dei compiti
principali dell’atelier è quello di dare forma
concreta a questi principi. Penso che i
linguaggi poetici, insieme all’etica, siano
alla base di ogni forma di educazione e
rappresentino un’importante forma di
salvaguardia rispetto a tutte le forme di
degrado culturale e sociale che portano a
situazioni di sopraffazione e di violenza.
Il contributo dell’atelier
L’atelier non è mai stato, comunque, un
luogo specializzato e isolato dalla
quotidiana attività didattica, né la nuova
figura (definita nel tempo atelierista) è mai
stata considerata, e utilizzata, solamente
come una specialista delle arti visive,
perché siamo sempre stati consapevoli,
anche dal punto di vista teorico, che più un
linguaggio è colto e maturo, più può
aspirare a entrare in relazione e ad
amalgamarsi con altri linguaggi.
Esistono contributi tangibili che l’atelier ha
dato alla pedagogia, come l’avere
promosso e favorito una documentazione
didattica visiva organizzata con sistemi
nuovi e riutilizzabile nel tempo, oppure
l’attenzione all’importanza della qualità
architettonica, interna ed esterna,
dell’ambiente scolastico. Questi aspetti
hanno creato piccole rivoluzioni nella
scuola e nell’apprendimento, ma qui vorrei
parlare di aspetti meno visibili, ma a mio
parere fondamentali.
Nel mio lavoro con i bambini e gli
insegnanti ho attinto molti suggerimenti dal
mondo dell’arte, ma la mia attenzione si è
sempre rivolta più ai processi di
costruzione del lavoro che alle opere finite.
Un piccolo elenco può meglio chiarire il
mio approccio: penso che un soggetto non
debba mai essere analizzato da un solo
punto di vista, che un colore sia soprattutto
importante per le sue tonalità, che
l’intensità e il tono della luce tenda a
modificare fortemente il contesto nel quale
avviene l’osservazione, che la tecnica
diventi anche un linguaggio e il corpo e i
suoi gesti ne possano fare parte, che i
sensi siano immediati elaboratori per il
cervello e che debbano costantemente
essere tenuti attivi, che la grafica sia un
linguaggio più complesso e completo di
quanto comunemente si ritenga…
Potrei continuare a lungo, consapevole del
fatto che questo è ancora soltanto un
elenco, che non ha molto significato se non
è inserito all’interno di processi di qualità.
Occorre essere consapevoli che se il
precedente elenco viene affrontato con
modalità poetiche, questi assunti possono
formare una base culturale ed educativa
che non riguarda solo i linguaggi
espressivi, ma possono dare contributi e
migliorare la qualità di tutti gli altri
linguaggi, cercando di tenere attivi lo
stupore e l’eccitazione che
l’apprendimento produce.
Provo ad accennare un esempio relativo
alla percezione cromatica. Un colore non
è un colore se non possiede un’identità
espressiva: “L’arancione è un colore che
ride”, dice un bambino di 3 anni mentre
sta dipingendo,
Se un insegnante conosce Yves Klein e si
emoziona guardando il suo famoso quadro
Blu Klein, può riconoscere più facilmente
la stessa emozione in un bambino di 3
anni che, dipingendo al cavalletto, alla
prima densa pennellata di colore blu che
dall’alto del foglio sta producendo una
colatura, grida emozionato: “Guarda
guarda questo blu cosa sta inventando!”
Una goccia di blu che cola sul foglio e
traccia forme e sentieri inaspettati: la
differenza che deriva dal contributo
dell’atelier sta forse semplicemente in
questo, nel riuscire a comprendere la
poetica dei colori ed emozionarsi insieme
al bambino, e non si creda si tratti di una
piccola cosa.
Cosa invece succede generalmente? Si
raggruppano i colori in gruppi elementari,
senza distinzioni sulla loro identità, senza
attenzione al formare la casa dei gialli, o
dei blu, o di altri colori, inglobando in una
categoria unica e semplificata tonalità di
colore estremamente diverse tra loro per
luminosità, dimensione, materia,
consistenza, tattilità. Fornendo così ai
bambini informazioni semplificate, senza
interesse e senza stupore, istituendo
immediatamente categorie elementari (per
alcuni rassicuranti) nelle quali imprigionare
la straordinaria ed eversiva vitalità dei
colori.
Tutti noi nasciamo dotati di una
raffinatissima sensibilità percettiva riguardo
al colore ma, come per altre capacità
percettive, questa ci viene facilmente
sottratta da una cultura superficiale e
frettolosa che tende a impoverire stupori,
interessi ed emozioni, consegnando
all’apprendimento un marchio dal quale è
stata eliminata l’estetica: l’estetica del
gesto, dell’intelligenza percettiva, del
tempo, che si evolve assieme alla ragione
e alle emozioni.
Intensità ed empatia
Un aspetto che trovo deleterio per
l’educazione dei bambini è quello di
proporre di realizzare cose con gesti
frettolosi, con un’insufficiente qualità di
relazione con il soggetto, spesso una
relazione standardizzata e solamente
formale, portando così a un’azione che ha
scarsi significati e apprende e utilizza le
tecniche in modo meccanico, senza
emozioni, senza rapporti intensi e
gratificanti.
L’intensità della relazione è forse la prima,
istintiva e importante forma di approccio
alle cose che il mondo dell’arte ci
suggerisce, ma è anche quella che
insegna (o consegna) gesti di cura e
allontana dall’indifferenza, che è una delle
peggiori strade per apprendere.
I bambini si accostano naturalmente alle
cose con un forte senso empatico.
Rispettare l’empatia, considerandola un
veicolo prezioso per l’apprendimento,
suggerisce proposte didattiche che
allenano e alimentano una conoscenza che
non ha fretta di rinchiudere il mondo in
categorie di pensiero più o meno rigide ma,
viceversa, cerca connessioni, alleanze e
solidarietà tra categorie e linguaggi diversi
o differenti discipline. Questo approccio si
trasforma facilmente in un atteggiamento di
cura e di attenzione verso tutto, anche per
l’ambiente nel quale viviamo, che incide in
modo così forte sulla formazione delle
persone, sul loro benessere e sulla qualità
della loro identità soggettiva e sociale.
Lavorare con la luce
Credo che uno dei motivi principali che ci
ha suggerito di scegliere la luce come
primo soggetto per le attività dell’atelier
aperto due anni fa nel nuovo Centro
Internazionale Loris Malaguzzi di Reggio
Emilia sia stata la sua capacità di seduzione.
Una delle tante testimonianze che
riguardano la luce: un gruppo di bambini dai
4 ai 5 anni sta sperimentando dentro alla
scuola1 riflessi luminosi con alcuni
specchietti di forme diverse e alcune pile.
La diversa inclinazione degli specchi
rispetto alle sorgenti di luce permette di
ottenere immagini luminose particolarmente
affascinanti:
Caterina: “Stiamo facendo dei riflessi
interessantissimi”.
Un gruppo di bambini esplora giochi di riflessione
con specchi e torce
Fiori di luce
Alice: “Come delle ragnatele”.
Arianna: “Come dei fiori di luce”.
Mentre i bambini disegnano con la luce
discutono e si accorgono delle relazioni tra
la dimensione degli specchi, la distanza
relativa rispetto alle fonti luminose, l’angolo
di incidenza e di riflessione.
Rossella: “Secondo me se metto uno
specchietto qui succede qualcosa…”
Arianna: “Si interrompe i raggi”.
Rossella: “Facciamo delle prove… può
darsi che scopriamo delle diversità…
oppure delle altre composizioni...”
Michele: “Ci vuole molta calma… perché
questo è un lavoro difficile... è una cosa da
sapienti”.
La cosa si complica ulteriormente (ed è
veramente un problema per sapienti) con
l’idea di proporre agli amici indovinelli
luminosi, come per esempio cercare di
costruire una grande X con la luce, e
naturalmente, prima di proporre
l’indovinello ai compagni, è necessario
trovare le posizioni corrette degli specchi e
delle fonti luminose.
Le prove sul campo sono parecchie, e la
soluzione sembra non arrivare mai:
Bambini in Europa 15
Samuel: “Ci deve essere qualche errore
nel progetto… aspetta che guardo bene…
ho capito, le forme degli specchi sono
sbagliate… proviamo con solo due
specchi”.
I bambini sanno però essere molto
caparbi, e alla fine riescono ad arrivare a
una soluzione accettabile.
Ad un gruppo di adulti, genitori e
insegnanti, è stato posto lo stesso
problema, e anche per loro la soluzione
non è risultata semplice. Provare per
credere!
L’ambiente digitale
L’atelier ha avuto un approccio molto
originale anche in un altro settore, quello
dell’ambiente digitale.
Ancora una volta è stato l’atelier
(naturalmente con il contributo di
insegnanti e pedagogiste attente), da
sempre poco obbediente alle regole
costituite e curioso di sperimentarne altre,
che ha dato ai bambini la possibilità di un
approccio diverso e creativo al digitale.
All’inizio si è trattato soprattutto di
modificare e variare i prodotti del lavoro
dei bambini (disegni, piccole sculture,
composizioni con materiali) utilizzando i
programmi informatici usati abitualmente
dagli adulti, modificando l’uso consueto
dello scanner, scansionando anche oggetti
tridimensionali. A questo si sono poi
affiancati altri strumenti come le penne
ottiche, le macchine fotografiche digitali, le
piccole videocamere, il videoproiettore,
che proiettando sui muri della sezione
L’atelier “Raggio di luce” di Reggio Emilia
16 Bambini in Europa
grandi scenografie rende le situazioni
fantastiche.Tutti questi strumenti
dell’ambiente digitale, intrecciati a tecniche
più tradizionali, permettono un lavoro di
gruppo estremamente stimolante nel quale
il gioco, la scoperta, il virtuale e il reale si
intrecciano, ma è soprattutto importante
che questi nuovi strumenti siano in mano ai
bambini, e da loro possano essere
manipolati ed esplorati.
Un sogno, così vicino al lavoro di regia, e
così reale! Ed è ancora l’atelier che inventa
inconsueti strumenti che permettono ai
bambini di affrontare nuove avventure del
pensiero e dell’espressività.
Le matite, i pennelli, la creta, il filo di ferro,
la carta e il cartoncino, le forbici e la colla,
la scagliola e la ceramica… continuano ad
essere strumenti sempre presenti e
meravigliosi, capaci di costruire piccoli e
grandi immaginari, e richiedono anche
allenamento, capacità di risolvere i
problemi, concentrazione e costanza.
Documentare i processi
Un altro importante merito dell’atelier è
quello di avere promosso, e dato visibilità,
non solo ai risultati, ma alle annotazioni
della documentazione dei processi
attraverso i quali si costruiscono prodotti
che appartengono a diversi linguaggi
disciplinari. La diffusione capillare nelle
scuole di Reggio Emilia di questo sistema
di documentazione permette riflessioni e
valutazioni più meditate e il confronto,
anche in tempi diversi, delle interpretazioni
che derivano da punti di vista diversi.
Questa è una piccolissima testimonianza
che appartiene a quel prezioso bagaglio di
ricerca che quotidianamente si costruisce
in ogni Nido e Scuola dell’infanzia con
l’ascolto delle strategie dei bambini, un
atteggiamento che, se bene utilizzato,
genera un’intensa e solidale relazione
bambini-insegnante, che può portare alla
formazione di nuovi apprendimenti e di
intelligenze creative, sia da parte dei
bambini che degli adulti.
Questo esempio2 è tratto da un progetto
più complesso, realizzato in una sezione di
bambine e bambini di circa 5 anni, centrato
sull’analisi di una folla di persone.
Una delle proposte più interessanti da fare
ai bambini è quella di rappresentare lo
stesso soggetto da diversi punti di vista.
In questo caso venivano definiti due punti
d’osservazione, la folla veniva vista ad
altezza di bambino dall’alto di un palazzo.
Questo doppio punto di vista ci ha
confermato quanto la rottura di uno
schema possa produrre scintille e generare
invenzioni interessanti, come appare da
uno dei disegni che rappresentano le
persone viste dall’alto.
L’insegnante non capisce subito il disegno
che Filippo le mostra, e chiede spiegazione
Persone viste
dall’alto
(Filippo, anni 5,3)
degli spazi vuoti lasciati tra le parti delle
figure disegnate. “Io avevo detto che
dall’alto delle persone si vedono solo la
testa, i piedi e le pance delle mamme che
aspettano un bambino, ma poi non sapevo
come disegnarle. Ho lasciato gli spazi vuoti
per le parti che non si vedono perché
anche se non si vedono ci sono e
occupano degli spazi.”
La soluzione adottata da Filippo è stata poi
più volte utilizzata da altri bambini che
dovevano rappresentare situazioni simili dal
punto di vista percettivo.
“L’atelier come luogo impertinente”
È una definizione dell’atelier data da Loris
Malaguzzi in un suo testo, che mi pare
auspicio e speranza per un apprendimento
e una conoscenza nel quale sforzo,
piacere, irriverenza e allegria, possano
finalmente convivere. All’atelier il compito
di realizzare un tale luogo, alla pedagogia il
compito, non facile, di accogliere e di
ritenere preziosa una cultura impertinente.
1 L’episodio è tratto da un progetto sulla luce condotto
dall’atelierista Massimo Ghirardi, dalle insegnanti
Daniela Lelli, Rossana Paterlini, dalla pedagogista
Deanna Margini della Scuola comunale dell’infanzia
“Martiri di Villa Sesso” di Reggio Emilia, all’interno
del progetto “Raggio di Luce” curato del Centro
Internazionale Loris Malaguzzi, 2006.
2 Il disegno deriva da un progetto che aveva come
soggetto “la folla”, coordinato dall’insegnante Laura
Rubizzi, dall’atelierista Vea Vecchi e dalla pedagogista
Tiziana Filippini, della Scuola comunale dell’infanzia
“Diana” di Reggio Emilia nel 1994.
3 Da Edwards C., Gandini L., Forman G. (a cura di), I
cento linguaggi dei bambini, Edizioni Junior, Bergamo,
1995.
Foto di Max Ghirardi, Isabella Meninno e Giovanni Piazza.
L’immagine di p. 14 è tratta dal catalogo Bambini, arte,
artisti edito da Reggio Children, Reggio Emilia, 2004, e
fa parte di un progetto sul cromatismo dei materiali
naturali coordinato dall’insegnante Laura Rubizzi e
dall’atelierista Isabella Meninno.
Vea Vecchi è atelierista, responsabile atelier, editoria e
mostre di Reggio Children
[email protected]
Generazioni
riunite
I progetti artistici sono un modo perfetto per
incoraggiare l’interazione fra generazioni
diverse, come dimostrano questi esempi
dalla Gran Bretagna.
La Crossover Intergenerational Dance
Company (Compagnia di Danza
Intergenerazionale) si compone di nove
ballerini di età compresa fra i 7 e i 66 anni
che offrono spettacoli e laboratori rivolti a
persone di qualsiasi età. Si tratta di attività
fisicamente impegnative ma artisticamente
stimolanti, divertenti e coinvolgenti.
La loro coreografia è autentica, ricca di
sentimento, di sorprese e di umorismo e ci
dimostra che persone di diverse
generazioni possono trovare un linguaggio
comune per mezzo della danza.
Guidata da Cecilia Macfarlane, dance artist
che gode di fama nazionale per
l’innovazione e la pratica della danza
intergenerazionale, la Compagnia è stata
costituita nel gennaio 2003 allo scopo di
esplorare le differenze nei modi in cui
pensiamo, sentiamo e ci muoviamo nelle
diverse età della vita, e di ricercare quali
inaspettate somiglianze condividiamo.
Dragon’s Tale (La fiaba del drago), la loro
ultima opera, è stata realizzata in
collaborazione con il trio musicale “Restless
Blue”. La prima dello spettacolo è andata in
scena al Warwick Arts Centre nel febbraio
2007, davanti a un pubblico di duecento
bambini di 7 anni. L’opera è stata
successivamente riadattata per poter
includere oltre 200 ballerini di un’età
compresa tra 6 mesi e 86 anni per uno
spettacolo messo in scena all’Oxford
Playhouse nel marzo 2007, in occasione
del primo Festival della Danza di Oxford. Il
cast originale, composto da nove ballerini e
tre musicisti, ha poi riportato in scena lo
spettacolo nell’abbazia di Dorchester, in
occasione del Festival delle Arti di
Dorchester, nel settembre 2007. Nel
febbraio 2008 lo spettacolo è stato di
nuovo ripreso per una rappresentazione al
Pegasus Theatre e per il prossimo
settembre, grazie al generoso sostegno del
Consiglio di Contea, è prevista una tournée
in numerose cittadine dell’Oxfordshire.
di Educazione civica della Oaklands
School. Gli insegnanti hanno riscontrato un
aumento effettivo nel livello di sicurezza, di
abilità e nella partecipazione degli studenti.
Per ulteriori informazioni visitate il sito
Magic Me è un’associazione che da oltre
17 anni si occupa di progetti artistici
intergenerazionali. Con sede a Tower
Hamlets, a est di Londra, i suoi progetti
coinvolgono ogni anno oltre 350 persone
locali appartenenti a diverse generazioni,
culture ed etnie.
Dal riconoscimento del Progetto “Points of
View” (“Punti di vista”) come progetto di
maggior successo del 2004, nasce il
progetto “Playing with Possibilities”
(“Giocare con le possibilità”). Gli anziani
del Centro Sundial erano entusiasti di poter
intessere ancora rapporti con la Oaklands
School, una scuola secondaria, e anche gli
insegnanti erano desiderosi di estendere
l’accesso a progetti intergenerazionali
anche a nuovi giovani. “Playing with
Possibilities” si rivolge a diversi gruppi di
studenti, inclusi ragazzi con difficoltà di
apprendimento o con esigenze particolari.
Da ottobre a marzo giovani e anziani hanno
lavorato assieme alla progettazione e
realizzazione di giocattoli e attrezzature
didattiche per la prima infanzia per il vicino
Nido d’infanzia di Columbia Market. Un
burattinaio e uno scultore hanno affiancato
il gruppo nella ricerca dei soggetti e dei
materiali adatti, nella visita al Nido e infine
nella progettazione e costruzione degli
oggetti. La partecipazione a questo
progetto e il compito di tenere un diario
dell’esperienza costituivano parte del corso
Growing Confidence (“Far crescere la
Fiducia”) è un progetto che lavora da tre
anni con dieci scuole situate nei dintorni di
Edimburgo. Il Creative Links Team,
assieme ad “Arts and Learning” (la sezione
dell’Arte e della Cultura del Consiglio della
Città di Edimburgo), lavorano allo sviluppo
di progetti artistici intergenerazionali in
orario extra-scolastico, uno dei quali si
svolge presso la Scuola elementare “Royal
Mile”. Il Progetto si intitola “I Can Animate”
(“Io posso animare”): un gruppo di alunni
dai 9 agli 11 anni si incontra ogni
mercoledì pomeriggio dalle 15,30 alle
17,30 nei laboratori della scuola, per
partecipare a un progetto di animazione
condotto da Angeline Ferguson, una
professionista dell’animazione. Per oltre 8
settimane gli alunni apprendono l’utilizzo di
software di animazione e del programma
Photoshop, allo scopo di creare i propri
cortometraggi sui temi del cibo, della
salute e del benessere. Successivamente
saranno gli stessi alunni a guidare un
amico adulto o un componente familiare
nello stesso percorso, sostenendolo e
aiutandolo nella produzione del proprio
film. Le risposte dei bambini sono state
molto positive sin dall’inizio, e hanno
incluso la richiesta da parte loro di
prolungare le attività fino alle 19,30.
www.magicme.co.uk
Traduzione di Chiara Bartesaghi
Bambini in Europa 17
Trasformare la realtà
Ana Angélica Albano
Ana Angélica Albano riflette sull’importanza
dell’arte come forma di linguaggio e su
come una buona educazione artistica possa
riscoprirla e conservarla.
Il linguaggio dell’arte
Sono stata invitata a tenere varie
conferenze e laboratori per insegnanti della
prima infanzia e questo mi ha dato la
possibilità di mettere a fuoco le opinioni
che questi educatori hanno sull’infanzia,
sull’arte e sulla possibilità di trasformare
l’approccio all’apprendimento includendo
la poesia nell’educazione artistica. Sono
fortemente convinta che gli artisti e i poeti
abbiano molto da dire a coloro che
lavorano con la prima infanzia. Essi
possono rinvigorire, tramite l’educazione,
ciò che il bambino non ha ancora perso: la
capacità di immaginare serpenti di vetro
che curvano dietro la casa...
L’approccio intrapreso dall’insegnante è
ancora più importante delle risorse
materiali. Ciò che determina la pratica
dell’insegnante è la sua “estetica
personale”, che non ha a che fare soltanto
con ciò che piace all’insegnante, con ciò
che apprezza o ritiene bello, ma con la
maniera precisa con cui si fanno le cose.
Ogni movimento, gesto o decisione sono
intrinsecamente connessi con l’estetica di
ciascuna persona, che, come un’impronta
digitale, lascia il suo segno unico su
qualsiasi cosa tocchi. E tuttavia, a
differenza dell’impronta digitale, che è
permanente, l’estetica personale può
essere affinata grazie all’educazione.
Quando frequentano corsi d’arte, gli
insegnanti chiedono spesso consigli che li
aiutino a programmare le attività;
considerano la loro scuola come un luogo
destinato al consumo di formule precise,
piuttosto che alla creazione di conoscenza.
18 Bambini in Europa
Il primo passo è far comprendere loro che
l’arte è un linguaggio, una forma di
comunicazione che permette di dire ciò che
le parole non riescono ad esprimere. Le
linee, i colori, le forme e le trame sono un
alfabeto, uno dei primi che i bambini usano
per comunicare. Potremmo dire che è la
loro prima forma di scrittura, dato che ogni
bambino disegna: il bastoncino sulla sabbia,
il sasso sulla terra, la pennellata di
inchiostro sul foglio… il giocare dei bambini
lascia la propria traccia, creando dei giochi
e raccontando storie. Tuttavia, non appena
crescono, molti bambini dicono che non
sanno come disegnare; un linguaggio che è
così naturale durante l’infanzia a un certo
punto si atrofizza. È una fase inevitabile
dello sviluppo?
Prestando poca attenzione alla loro
educazione estetica, gli insegnanti
accettano semplicemente che la capacità
di disegnare possa essere persa, riservata,
forse, solo a coloro che possiedono un
talento. Sono anche convinti che l’arte sia
sempre un’attività costosa, un lusso e non
una necessità. Tornando alle parole di
Manoel de Barros, possiamo domandarci:
davvero quei teneri serpenti di vetro,
appena sostituiti dalle anse, portano via
con sé una parte del mondo
dell’immaginazione?
Educazione artistica
L’educazione artistica non è una mera
trasmissione di informazioni, né si riferisce
a un talento innato. Richiede conoscenza,
una programmazione adeguata e coerenza.
Deve essere un esercizio di tutti i giorni, e
non un’attività confinata a particolari giorni
o al tempo libero. Richiede attenzione al
livello di sviluppo intellettivo ed emotivo di
ciascun bambino, per poter proporre
attività adeguate.
Nei miei laboratori, gli insegnanti
commentano che, nell’arco di tutta la loro
istruzione, hanno avuto poche opportunità
per esprimere le proprie idee tramite i
linguaggi visivi. Comprendono quindi il
bisogno di un ampia varietà di esperienze
Il fiume che scorreva dietro la nostra casa
era l’immagine di un serpente di vetro che
curvava dietro la casa.
Più tardi passò un uomo e disse: questa curva
che il fiume compie dietro la vostra casa
si chiama ansa.
Non era più l’immagine di un serpente di vetro che
curvava dietro la casa. Era un’ansa.
Credo che il nome impoverisca l’immagine.
Manoel de Barros
con diversi materiali e tecniche. E si
rendono conto, comunque, che la tecnica
è solo un mezzo, mai fine a se stesso.
La curiosità infantile del lasciare tracce
deriva dal bisogno di esercitare la capacità
di imparare cose, esprimere le proprie
scoperte e raccontare storie. I bambini
hanno bisogno di esperienze significative,
molto più che di semplici materiali e
tecniche. Non solo un’ampia varietà di
esperienze, non soltanto qualcosa di
sempre nuovo, ma una sequenza coerente
di attività, presentate in modo tale da
consentire ai bambini di approfondire la
loro comprensione e di costruire una
conoscenza significativa. La ricchezza delle
immagini espressa nel disegno e nella
pittura dipende sia dalla quantità sia dalla
qualità delle esperienze cui i bambini sono
stati esposti, così come dall’atmosfera di
fiducia e condivisione trasmessa
dall’insegnante durante le attività.
Una gita al parco, una storia o un sogno
possono condurre a una serie di attività
connesse a quest’esperienza. Durante una
passeggiata i bambini possono osservare i
colori, le trame, i suoni e gli odori del
mondo intorno a loro, e raccogliere dei
campioni. Una volta portato in classe,
questo materiale può consentire un
approfondimento dell’esperienza
sensoriale, lo scambio di osservazioni e la
creazione di vari racconti (anche simbolici).
I seguito, i bambini potranno approfondire
le loro scoperte attraverso ricerche nei
libri, letture di poesie, racconti, film. I
disegni e i dipinti che risulteranno da
questo processo riveleranno la ricchezza
delle esperienze attraversate dai bambini.
Le attività di esplorazione del mondo
esterno, come una gita al parco, sono
importanti quanto quelle che esplorano il
mondo interiore dei bambini, come parlare
di un sogno, ricordare un evento
particolare, una poesia o una storia
preferita. L’insegnante deve essere
consapevole e ascoltare attentamente le
diverse prospettive e i desideri dei
bambini. Non ha importanza se i disegni
sono belli o meno; ciò che importa è che
sono ricchi di significato e traducono la
dimensione e il colore del sogno del
bambino che li ha creati. Il disegno, così
come la poesia, sarà allora il risultato di un
modo particolare di guardare le cose.
Richiede la volontà di affidarsi
all’esperienza, perché la magia dell’arte è
proprio questa: essa “mostra che la realtà
può essere trasformata, dominata e può
diventare una cosa con cui giocare.”
Il Progetto “Sementinha” – o
“Scuola sotto l’albero del mango”
– si occupa di bambini al di
fuori del sistema di educazione
ufficiale. Nel 2001 il progetto è
stato introdotto a Santo Andre,
un quartiere industriale di São
Paulo, dove 2000 bambini, di
età compresa tra 4 e 6 anni, non
frequentavano la scuola. Le attività
includevano laboratori creativi e
le “valigie delle storie in viaggio”,
valigie riempite di libri per bambini.
Ma la cosa più sorprendente, fra le
varie attività, è stato l’allestimento di
piccoli laboratori artistici, nei quali i
bambini erano messi in condizione
di lavorare autonomamente,
scegliendo liberamente i materiali e
i soggetti delle loro opere.
Gli educatori erano affascinati dalla
ricchezza di idee dei bambini e
stupefatti dalla capacità dei bambini
di mantenere i laboratori in buone
condizioni. Senza guidare il lavoro,
gli educatori si sono trasformati
in un gruppo di collaboratori e
osservatori attenti, agevolando i
tentativi dei bambini di realizzare i
propri progetti. Gli stessi educatori
non avevano mai sperimentato una tale libertà di scelta; erano affascinati, ma non
completamente convinti delle potenzialità dei bambini. La chiave era la fiducia: avere
fiducia nei metodi degli altri, nella loro capacità di utilizzare i materiali in maniera
responsabile e di dare forma all’invisibile, di esprimere attraverso le immagini ciò che
le parole mai avrebbero potuto trasmettere.
Il nostro scopo è stato quello di incoraggiare i bambini a raccontare le loro storie
attraverso i disegni, dimostrando che l’atto stesso del disegnare li mette in contatto
con il loro mondo interiore fatto di immagini e di storie. Una bambina di 5 anni ha
detto: “Mi piace disegnare, perché quando disegno il mio cuore batte”. Difficilmente
potremmo trovare un modo migliore per descrivere come l’emozione di esprimere
idee riesca a congiungere il cuore e la mente.
Traduzione di Chiara Bartesaghi
Ana Angélica Albano è docente presso la facoltà
di Scienze dell’Educazione della State University of
Campinas (UNICAMP), Brasile
[email protected]
Bambini in Europa 19
Un luogo per le arti
Wenche Rønning, Lillian Selvik, Anne Sofie Skogvold, Torunn Baade
Wenche Rønning, Lillian Selvik, Anne Sofie
Skogvold e Torunn Baade Aalstad raccontano
come una piccola comunità in Norvegia usi
l’ambiente locale per stimolare le arti.
La base locale è da sempre un principio
importante dell’educazione in Norvegia.
Le scuole e le comunità locali collaborano
in vari modi e le scuole usano l’ambiente
locale come contesto importante e
significativo per l’educazione. I contenuti
di queste attività di cooperazione sono
svariati, ma hanno sempre incluso l’arte e
altre espressioni culturali. La scuola e le
sue risorse sono considerate un’istituzione
importante per la comunità, specialmente
nelle aree rurali, dove difficilmente sono
presenti altri centri culturali.
L’educazione su base locale ha obiettivi
pedagogici, ma nelle zone rurali
contribuisce anche a creare nei bambini
una forte identità locale e ad aprire loro
gli occhi sulle opportunità che si possono
trovare all’interno delle propria comunità.
Inoltre, i progetti artistici e culturali su base
locale offrono agli abitanti la possibilità di
incontrarsi e di apprezzare l’arte, la propria
cultura e l’ambiente locale. Presentiamo qui
un esempio di come l’arte abbia incontrato
l’educazione su base locale nella comunità
rurale di Steigen, un Comune nel Nord
della Norvegia.
Il Comune di Steigen
Il paesaggio del Comune di Steigen è
fonte di ispirazione e di energia. Molti
artisti scelgono di vivere e lavorare qui.
Il Comune vanta anche una ricca eredità
culturale e molti resti archeologici risalenti
all’antichità, dall’età del ferro in poi.
Attualmente nel Comune ci sono quattro
scuole (per bambini dai 6 ai 16 anni),
e tutte collaborano strettamente con la
“Scuola culturale” di Steigen. Quest’ultima
è una scuola privata, finanziata in parte
dallo Stato e dal Comune, e in parte
20 Bambini in Europa
dagli studenti e dai loro genitori, e offre
opportunità di formazione in discipline
artistiche quali musica, arte, danza e teatro.
Gli insegnanti di questa scuola spesso
lavorano come artisti, come insegnanti nella
scuola dell’obbligo o come professionisti
culturali nel Comune o nella contea.
I progetti artistici e culturali hanno una
lunga tradizione a Steigen, e giocano
un ruolo importante nel curriculum della
scuola dell’obbligo. Gli insegnanti delle
Scuole culturali e delle scuole dell’obbligo
collaborano per la definizione dei progetti.
Il Comune non possiede edifici destinati
esclusivamente alla realizzazione o
all’esposizione di progetti ed eventi artistici.
Per questo motivo mostre e spettacoli
hanno luogo all’esterno: nella natura, in
strutture sanitarie, nelle chiese o nelle
scuole. Sono stati organizzati spettacoli
teatrali sui Vichinghi all’interno di siti
archeologici, altri spettacoli teatrali sulle
spiagge e nei boschi, uno settacolo sulla
libertà presso la “Batterie Dietl”, una
vecchia fortezza bellica; nelle palestre delle
scuole sono andati in scena spettacoli
musicali e circensi; esposizioni d’arte
sono state allestite nei negozi locali, in
strutture sanitarie, o all’aperto, nel magnifico
scenario della natura.
Lo “Zaino Culturale” (Den Kulturelle
Skolesekken) è un progetto nazionale che
vuole garantire un eguale accesso a tutte
le forme artistiche e culturali sull’interno
territorio nazionale. Esso inaugura
nuove ed entusiasmanti opportunità
per approfondire il legame tra l’arte e
l’educazione su base locale; offre la
possibilità di invitare artisti provenienti sia
da Steigen sia da fuori, esperti di discipline
e forme artistiche differenti, per insegnare
l’arte nelle Scuole culturali e nelle scuole
dell’obbligo. Il programma dello “Zaino
Culturale” sottolinea che le esperienze
dei bambini, unite al loro forte bisogno
di esprimersi, devono essere sempre al
centro dell’attenzione e che il processo
è importante quanto il prodotto finale. Si
vogliono quindi coinvolgere i bambini in
tutte le fasi, dalla progettazione iniziale alla
realizzazione del prodotto finale.
La Fattoria Skjelstad dell’Arte e della Cultura
Utilizziamo la natura, le attività e le
industrie locali, la vita culturale, il teatro, il
cinema, persino gli eventi drammatici che
ci circondano, come punti di partenza e
fonti di ispirazione per lavorare con l’arte
all’interno della nostra comunità.
La Fattoria Skjelstad dell’Arte e della
Cultura di Lillian Selvik è una di queste
fonti di ispirazione ed è un’arena nella
quale bambini e ragazzi possono esprimere
se stessi attraverso svariate forme d’arte.
Lillian possiede e gestisce la fattoria e ha
lavorato per molti anni alla Scuola culturale
di Steigen con i bambini, l’arte e il teatro.
Pianifica e dirige i progetti culturali della
fattoria, lavorando sempre da vicino con
i bambini e i giovani. Li tratta seriamente,
cerca di capire i loro punti di vista e li
lascia essere protagonisti delle esperienze.
È consapevole del caos che tali progetti
possono generare, ma è decisa sul da
farsi e riesce sempre a trovare dei metodi
creativi per non “perdere il filo” nella
realizzazione di un buon progetto.
Il progetto principale della fattoria si chiama
“Dal mare alla foresta” e dà la possibilità
di incontare l’arte, di riconoscerla come
parte integrante della natura. Oltre a questo
progetto base ne vengono sviluppati di
nuovi, alcuni in collaborazione con lo “Zaino
Culturale” e la Scuola culturale di Steigen.
La collaborazione con l’artista locale
Thor Arne Losnedahl è importante per
lo sviluppo della fattoria. È lui che ha
realizzato tutte le sculture che si trovano
qui. La sua espressione artistica e il suo
approccio all’arte e alla natura sono in
armonia con gli scopi e i metodi utilizzati
nella fattoria.
Un Progetto chiamato “La fattoria delle
fiabe” è stato sviluppato durante l’estate
del 2004. Il fienile è stato attrezzato con
delle pareti di stoffa e nella stanza centrale
è stata allestita una mostra tradizionale di
dipinti, stampe e oggetti d’artigianato. Poi,
per rendere la mostra interessante agli
occhi dei bambini, abbiamo fatto dei buchi
nelle pareti e, attraverso degli spiragli,
i bambini e gli adulti potevano spiare i
personaggi delle fiabe che erano situati
nelle altre stanze laterali.
Ogni estate vengono organizzate mostre
tematiche di vari artisti all’interno della
galleria ed attività all’aria aperta. Una gita
all’aperto è un percorso di sperimentazione
dell’arte e della fantasia, che parte dal
mare, si addentra nelle fitte foreste di abeti,
attraversa vari punti panoramici e torna
indietro. Vogliamo che i nostri progetti
raggiungano la comunità, perché possano
vivere, e per farne nascere altri. Il Progetto
“Michaelmas”, sviluppato in collaborazione
con la Scuola culturale di Steigen, ha
attirato alla fattoria oltre 500 persone. Le
attività comprendevano: canto, disegno,
un’escursione nella foresta che includeva
letture di poesie e attività artistiche, e lo
“Stomp” (creare musica e ritmi utilizzando
le cose che trovavamo).
Il percorso nel bosco offre ai partecipanti
l’opportunità di partecipare attivamente a
esperienze artistiche immersi nella natura.
Al margine del bosco si può vedere la
scultura di un alce. Utilizzando questo
spazio abbiamo sviluppato il progetto
“Elk-Elk” in cui gli allievi hanno costruito
maschere e sculture fatte ad alce e messo
in scena il “teatro dell’alce”.
Nello spazio attorno alla scultura della
volpe, invece, gruppi teatrali si sono esibiti
in uno spettacolo, cantando canzoni e
raccontando storie sulla volpe.
Le scatole-nido
Abbiamo costruito varie scatole-nido e
durante l’estate tantissimi tipi di uccelli
ci offrono la loro splendida musica.
Impariamo ad ascoltare il silenzio. Come si
può imparare a stare zitti se non si ha mai
sperimentato il silenzio?
Osserviamo la natura, la sperimentiamo
assieme, parliamo del mare, delle
montagne... è un modo molto piacevole di
accostarsi all’ambiente, di concentrarci su
di esso, di fare delle attività.
“L’uccello è volato via” è un enorme nido
con tre grandi uova. Chi le ha lasciate?
E come ci si sente a partire o a essere
lasciati?
Essere un coccodrillo durante l’inverno ha
i suoi pro e i suoi contro. Possiamo rivivere
l’esperienza del coccodrillo al freddo e,
partendo da ciò che vediamo, ricavare
progetti sul clima e sull’ambiente.
Le sculture di Thor Arne sono in sintonia
con l’ambiente e offrono impressioni molto
diverse a seconda delle stagioni. Una
vasca profonda con una scultura in pietra
offre l’opportunità di sedersi tranquilli,
guardando la superficie dell’acqua,
pensando, filosofando...
Traduzione di Chiara Bartesaghi
Torunn Baade Aalstad è la preside della Scuola
culturale di Steigen; Lillian Selvik è un’artista e
la proprietaria della fattoria Skjelstad; Anne Sofie
Skogvold è stata preside di una scuola di Steigen e
attualmente lavora come ricercatrice presso il Nordland
Research Institute; Wenche Rønning è ricercatore
presso il Nordland Research Institute
[email protected].
Bambini in Europa 21
Basta un click...
Elisa Marques e Pedro Sousa
La tecnologia, a che cosa serve?
Negli ultimi anni la Nuova Informazione e la
Tecnologia di Comunicazione hanno
assunto in Portogallo particolare
importanza per l’educazione. Ma
nonostante le innovazioni nel campo
educativo, molti miti rimangono:
• i nuovi media risolvono i problemi
dell’apprendimento senza apportare
sostanziali cambiamenti al sistema
educativo vigente;
• basta assicurare l’accesso ai nuovi
media per garantire l’utilità del loro uso
a vantaggio dell’istruzione;
• i nuovi media sono uno strumento
“speciale” da usare solo in specifiche
attività d’apprendimento.
Questi miti sono molto categorici. Il realtà
la tecnologia non definisce la società, né la
società definisce la tecnologia.
Cambiamento e innovazione dipendono dai
rapporti complessi tra la tecnologia e l’uso
che ne fa la società, in particolare la
scuola; non è pertanto sufficiente avere
accesso alle varie tecnologie, l’importante
è sapere come usarle. Il corpo insegnate
deve rivedere le sue metodologie,
specialmente sui contenuti e sulle
strategie. Cos’è realmente cambiato
nell’insegnamento e nell’apprendimento
dopo la crescente presenza delle nuove
tecnologie nelle scuole? Stiamo cercando
Bambini alle prese con attività e giochi mentre
utilizzano il “DiaLugares Portal”
22 Bambini in Europa
Elisa Marques e Pedro Sousa spiegano
come Internet può modificare l'educazione,
dando ai ragazzi la possibilità di accedere a
siti d’arte.
di formare una società dell’informazione e
del sapere con le stesse risorse intellettuali
con cui si è formata la società industriale
duecento anni fa? La presenza delle nuove
tecnologie nella scuola può essere vista
come una innovazione dell’insegnamento;
in realtà essa viene spesso usata come
pura risorsa strumentale per scrivere e
ascoltare, giocare e comunicare, senza
tuttavia modificare il metodo o la materia
d’apprendimento. I mezzi a disposizione
sono moderni, ma il sistema
d’apprendimento è vecchio e superato.
Per quanto riguarda le materie artistiche, è
evidente che le nuove tecnologie hanno
portato cambiamenti insignificanti alle
pratiche d’insegnamento. Le visite ai musei
on line sono un mezzo per imparare a
guardare e osservare in modo nuovo? O si
tratta sempre del vecchio tipo di
informazione – in forma di visite guidate –
la cui logica è mettere il sapere a
disposizione di studenti considerati
recipienti passivi?
La dimensione culturale nello scambio di
conoscenze
Il Progetto “DiaLugares” promosso dalla
Facoltà di Scienze e Tecnologia della
Nuova Università di Lisbona fornisce un
valido esempio di come le nuove
tecnologie possano modificare le pratiche
d’insegnamento nel mondo delle arti. Lo
scopo principale è quello di far leggere e
interpretare al pubblico – bambini, giovani
e adulti – la dimensione culturale dei luoghi
pubblici – cioè musei, centri culturali,
parchi, giardini e spazi aperti – della città
di Almada, vicino a Lisbona. La città è
come un libro che si può leggere in diversi
modi. Ogni persona è incoraggiata a
superare le specifiche competenze dei
singoli domini della scienza, della
tecnologia, dell’educazione, delle arti e
della cultura. Queste discipline vengono
presentate come sistemi integrati: sfidando
il tradizionale concetto della conoscenza
per settori, esse presentano in modo
unitario il patrimonio culturale della città.
“DiaLugares”: conoscere dialogando
Per prima cosa si è formata una
collaborazione tra gli insegnati di tutti i
livelli e i curatori dei musei locali. Ogni
luogo è stato suddiviso in temi e concetti,
ad esempio: origini, sviluppo, collocazione
culturale della città, funzioni, uso e valore
(estetico-artistico-economico), qualità
(colore, forma, composizione, ritmo,
prospettiva, consistenza), storia, luoghi
d’interessi e suoni. Questi contenuti sono
stati sviluppati secondo tre direzioni
principali:
• contemplazione/fruizione, per dare agli
studenti la possibilità di comunicare le
loro empatie, intuizioni ed esperienze;
• sperimentazione/creazione, per
imparare i codici specifici di ogni
categoria e per apprendere l’uso dei
mezzi espressivi al fine di poter
rappresentare le idee;
• riflessione/interpretazione, per
riconoscere la necessità di integrare le
nuove conoscenze con altre discipline,
per esempio le arti plastiche, la
letteratura, la danza, le scienze naturali
Pagina principale del “DiaLugares Portal”
e la matematica, sviluppando così un
senso critico della comprensione del
mondo.
Un piede qui e uno lì:
http://dialugares.fct.unl.pt
Lo scopo del progetto è quello di superare
la descrizione tradizionale di ogni luogo per
reinventarlo in base all’esperienza
personale e alle proprie conoscenze. I
partecipanti al progetto sono invitati ad
esibire materiale ricavato da Internet – per
esempio testi scritti, musica e pittura – per
poi condividerlo con il resto del mondo.
Grazie a questo materiale, chiunque
acceda al sito può imparare a conoscere la
città di Almada e ricrearla a sua volta.
Muovendosi tra lo spazio fisico e quello
digitale l’utente può sperimentare molte
attività attinenti con i diversi tipi di
conoscenza. A questo proposito
presentiamo alcune attività sviluppate con i
ragazzi nel campo delle arti plastiche.
Qualche conclusione
Queste attività impostate sul gioco e
sull’invito a contribuire al sito web vengono
adottate come strategia educativa che
potrà risvegliare in alcuni il desiderio di
approfondire la conoscenza degli spazi e
degli oggetti di una determinata città.
Almada è servita come città pilota. I suoi
cittadini hanno imparato a descrivere,
analizzare, interpretare e riflettere sugli
spazi e sugli oggetti servendosi delle arti
visive senza ignorare tuttavia le altre
discipline, rispettando così il collegamento
tra le diverse branche del sapere.
Lavorando con 2500 persone, di cui 1500
giovani tra i 4 e i 12 anni, è stato possibile
applicare concetti e tecniche alle arti e
sfatare alcuni miti sulle strategie da
adottare con la nuova tecnologia in quanto
mediatrice nel processo di apprendimento.
In conclusione, i punti fondamentali sui
quali il corpo insegnate deve riflettere
sono:
• la nuova informazione e la tecnologia di
“Chi sono?”: gioco che consiste nello
scomporre e ricomporre l’immagine,
osservandola nel suo insieme e nelle sue parti
comunicazione come mediatori di
contesti: Internet non dovrebbe essere
•
•
•
•
considerato semplicemente come
risorsa strumentale; esso ha senso
solo se viene utilizzato in un contesto
interattivo per attività pertinenti che
devono essere opportunamente
preparate per rispondere a criteri
specifici;
mobilità fisica e digitale: l’istruzione
interattiva dovrebbe combinare spazi
fisici e digitali con concetti inerenti
all’arte o ad altre sfere del sapere, in
una logica complementare di metodi e
di contesti;
strategie educative: le materie
dovrebbero essere considerate come
produttori di informazioni e chi
apprende non deve essere considerato
soltanto come consumatore di
contenuti;
contenuti delle arti: l’apprendimento
dell’arte come processo di
comunicazione deve essere inteso
come sistema di simboli focalizzati su
molteplici percorsi per la lettura e
l’eplorazione del mondo;
“Lo spazio della memoria”: questo gioco aiuta i
ragazzi ad acquisire idee di tempo e spazio.
Possono visualizzare le fasi della vita di un
artista, le opere e i cambi di stile
“Che cosa” + “Sai” + “Chiedi”: un gioco che
aiuta ad arricchire il vocabolario
modelli per la formazione degli
educatori: gli educatori devono essere
competenti sia nell’uso delle nuove
tecnologie sia nella sfera artistica,
operando in un contesto lavorativo di
riflessione sull’azione. Lo sviluppo di un
progetto di lavoro autonomo dà come
risultato una nuova concezione della
pratica educativa.
Traduzione di Maria Antonietta Chiaffoni
Forme, colori e linee: usando una tecnica mista
(pittura e collage) i ragazzi possono
sperimentare con il ritmo, i colori, la
composizione, l’espressione e il movimento
Elisa Marques ([email protected]) e Predro Sousa
([email protected]) lavorano presso la facoltà di Scienze
e Tecnologia della Nuova Università di Lisbona
“Scopri le immagini”: il gioco guida i bambini
alla scoperta dei dettagli di un’immagine. Se
l’immagine viene completata correttamente, sulla
destra dello schermo ne compare l’autore
Bambini in Europa 23
Un curriculum per arte
e mestieri creativi
Ida Berendsen
La formazione degli educatori
In Danimarca diamo particolare enfasi alla
formazione della personalità e
all’educazione alla democrazia sia nei
centri di prima infanzia sia nella formazione
degli educatori che in essi lavorano;
pensiamo che bambini e studenti
progrediscano insieme quando partecipano
ad attività “creative”. La formazione degli
educatori ha le sue radici in due tradizioni.
La prima scaturisce dalle idee politiche e
pedagogiche dell’Illuminismo che hanno
influenzato Hedwig Bagger e Anna Wulff, i
quali hanno avviato il primo kindergarten in
Danimarca basandosi sulle teorie di
Friedrich Fröbel. I suoi metodi pedagogici
non si limitavano a una cura passiva del
bambino, ma gli davano anche opportunità
di giocare, cantare, fare musica e
movimento, disegnare, dipingere e al
tempo stesso imparare i contenuti che
queste attività veicolavano.
La seconda tradizione, proposta dalla
psicologa infantile danese Sofie Rifbjerg
(1886-1981) e basata sulle teorie di Jean
Jacques Rousseau, dava enfasi alla
psicologia dello sviluppo nel bambino
sottolineando l’importanza dell’attività
creativa nella formazione della personalità
individuale.
Una ricerca di Stig Brostøm suggerisce
che oggigiorno le due tradizioni –
l’apprendimento tradizionale e l’approccio
individuale creativo – sono alla base delle
attività scelte nei centri danesi. Le stesse
tradizioni si riscontrano anche nel
curriculum per l’istruzione agli educatori
fino all’introduzione della nuova legislazione
del 2007. Da molti anni la gioia di creare è
diventata un tema fondamentale e centrale
del curriculum, come anche il senso
estetico, valori e qualità, abilità artistiche
manuali ed espressive. La materia
“værkstedsfag”, liberamente tradotta come
“attività di gruppo”, divenne materia
esclusiva del programma di pedagogia.
24 Bambini in Europa
Ida Berendsen
spiega quanto siano
importanti le attività
artistiche nella
formazione degli
educatori danesi.
Værkstedsfag, ovvero abilità manuali,
espressive e scienza
“Værkstedsfag” non è legata ad alcuna
disciplina accademica tradizionale.
Prevede l’impiego di attività quali la
lavorazione del legno, il cucito, il ricamo, le
arti visive ed è inoltre associata a materie
umanistiche quali la storia dell’arte, la
filosofia, l’antropologia, la semantica, la
comunicazione e lo studio dei media. In
pratica questa materia vuole stimolare e
mettere in risalto le abilità espressive del
bambino, dargli la possibilità di
sperimentare e di far tesoro della sua
esperienza, aiutandolo così a formare una
sua individualità, una personalità “a tutto
tondo” con capacità critiche. Questo
lavoro porta come risultato la formazione di
una società rinnovata e migliore.
Oltre a promuovere queste idee più
avanzate, si è dato rilievo alla capacità
espressiva riscontrabile nei disegni
spontanei dei bambini non scolarizzati e
che viene chiamata arte primitiva.
Quest’arte esprime un’originalità che
chiunque può cogliere perché è
espressione umana e non necessita di
requisiti artistici o culturali.
Globalizzazione e cambiamento
La globalizzazione e il cambiamento del
metodo di comunicazione in epoca postmoderna hanno minacciato il concetto di
creatività dell’essere umano. Si parla
dell’addio all’arte – l’addio all’artista in
quanto genio divino – per dar posto a
un’arte intesa come sistema di regole
quotidiane. Il progresso e l’emancipazione,
non più al centro dell’istruzione, si sono
trasformati in una lotta post-moderna tra la
precisione e la comunicazione, in un
contesto di mercato globale. Non è più
necessario combattere le autorità per
ottenere la libertà, che è il presupposto per
l’evoluzione personale. Non si tratta solo di
fare scelte di vita giuste, ma anche di
scegliersi un “io” tra molti possibili “io”.
Una recente ricerca di Anna Maj Nielsen
dell’Università di Aarhus, di Kristen Drotner
dell’Universita del Sud della Danimarca e
di altri studiosi, ha così riassunto la
percezione dell’approccio artistico riferito
al lavoro creativo:
• la produzione artistica non è
semplicemente ricerca sperimentale, è
materiali plastici. I metodi sperimentali e
artistici, con il gioco come elementochiave, sono centrali nelle nostre lezioni
quando creiamo sculture, pitture e utensili
(o una combinazione dei tre) per uso
pratico o per divertimento.
Dal 2007, in seguito alle modifiche della
nuova legislazione riguardante gli
educatori, le attività artistiche di gruppo
sono state combinate al programma di
scienze generali nella preparazione al
primo livello di laurea per educatori. La
nuova materia – værksed, natur og teknik
(abilità artistiche e manuali, natura e
tecnologia) – punta sulla sperimentazione,
esplorazione ed espressione della natura,
delle immagini e degli oggetti; essa
equivale a trenta crediti sui duecentodieci
dell’intero corso. Lo scopo è quello di
preparare gli educatori a creare spazi ideali
in cui i bambini possano esprimere le loro
potenzialità grazie all’incontro con la natura
e con le arti. La materia si basa sull’utilizzo
delle attività artistiche, della scienza e della
tecnologia in modo creativo e
sperimentale. Essa richiede che
l’educatore sia a conoscenza dei vari mezzi
espressivi, sappia stimolare le proprie
capacità creative e di speculazione, e che
sia in grado di ricercare e produrre nuovi
metodi didattici. Introducendo questa
materia si è passati dalla creatività nel
senso operoso del termine all’essere
creativi in senso innovativo.
anche analisi della realtà;
• l’educazione artistica è un processo di
apprendimento;
• la produzione artistica non porta solo
gioia e piacere, ma è anche un
contributo per una riflessiva crescita
individuale.
Oggi non si ricerca la verità nelle
espressioni artistiche, ci si impegna invece
a cercare esperienze e conoscenze
basate sui nostri sensi. Creiamo artefatti a
cui possiamo guardare e relazionarci in un
contesto sociale e culturale. La creatività
ha superato la sfera personale per
diventare parte della nostra identità socioculturale.
Attività del “Københavns
Pædagogseminarium”
Al College per educatori di Copenhagen
abbiamo suddiviso le attività artistiche di
gruppo in tre materie: lavorazione del
legno, ceramica e disegno/pittura.
Nella lavorazione del legno impieghiamo
materiali duri quali legno, metallo e pietra.
Nelle arti visive usiamo disegno e pittura,
arti grafiche e mezzi di espressione
digitali; nella ceramica facciamo uso di
migliorato l’interazione e il dialogo tra
insegnati e studenti immigrati. Esso ha
inoltre reso quegli studenti maggiormente
consapevoli delle loro potenzialità di
miglioramento e cambiamento sia a livello
personale sia come membro della società.
I partecipanti al progetto hanno realizzato
dei pupazzetti con i quali essi visualizzano
ciò che vogliono dire.
Un ragazzo ha creato delle figurine che
illustrano come lui (il pupazzetto rosso nel
mezzo) si sente intrappolato tra gli amici (i
pupazzetti arrabbiati), la famiglia (sullo
sfondo) e l’insegnate (a sinistra con il
becco rosso) che, secondo il ragazzo,
continua a evitare il problema1.
I bambini si sentono al sicuro quando
parlano delle loro figurine e inoltre sono
stimolati a un uso appropriato del
linguaggio.
Essi sono in grado di verbalizzare situazioni
complesse proprio grazie al ruolo
riconosciuto da sempre alle arti.
1 L’insegnate viene ritratto con il becco d’anatra perché
nell’originale “ducking the issues” vuol dire evitare
problemi e “duck” significa anatra (N.d.T.).
Traduzione di Maria Antonietta Chiaffoni
Ida Berendsen è conferenziere in “attività manuali e
workshop” al Københavns Pædagogseminarium
[email protected]
Un programma d’insegnamento che è
diventato nuova pratica
Un programma d’insegnamento del nuovo
sistema educativo potrebbe essere il
seguente: come parte del programma di
educazione di base gli studenti esercitano
le loro abilità per quanto riguarda
l’espressione visiva, per esempio usando
l’osservazione e le impressioni che poi
esprimono attraverso il disegno-pittura.
Dopo aver fatto conoscenza dei materiali,
delle tecniche e del metodo, si lavora sulla
realizzazione di progetti usando il “collage
mind mapping”, un nuovo metodo per
comporre mappe mentali. Per esempio, gli
studenti sono stimolati a comporre una
mappa mentale dei concetti e delle
immagini del gruppo con cui intendono
lavorare; così facendo, ricercano nuovi
modi e metodi per esprimere la loro abilità
artistica nel gruppo. Nel 2002 questo
procedimento ha portato due studenti della
nostra Università, Mette Mørck
Christensen e Jane Jenny Shested, ad
inventare “Ramatising” (la parola danese
“rama” viene dal greco e significa vedere).
Questo metodo prevede che i bambini
visualizzino i loro pensieri e le loro idee
mentre danno informazioni sulla loro vita
quotidiana.
Uno di questi progetti di “Ramatising” ha
Bambini in Europa 25
È magnifico avere
il “Culture Team”
Annika Claesdotter
Il “Culture Team”, fondato nel 2005, è a
disposizione di tutte le Scuole dell’infanzia
comunali di Halmstadt. “Utilizziamo
metodologie prescolari abbinate a
strumenti culturali”, dice Maria Sandström,
una dei quattro pedagogisti culturali
(kulturpedagog) del gruppo. È un lavoro,
questo, che le permette di far fruttare sia
la sua esperienza di insegnante di Scuola
dell’infanzia che quella di insegnante di
danza, musica e teatro.
Alla Scuola dell’infanzia “Tomtebo”
l’insegnante Mona Severinsson non vede
l’ora di iniziare e narrare altre storie, senza
i libri, dando ai bambini la possibilità
di creare i propri racconti. “Ci serviva
proprio un po’ di sostegno, di ispirazione
e di spinta. Ed è per questo che, quando
abbiamo dovuto scegliere su cosa lavorare
con il pedagogista culturale in questo
trimestre, Raccontare e mettere in scena
storie ci è sembrato un titolo stimolante.
È magnifico avere il supporto del Culture
Team: pedagogisti con più esperienza
di noi vengono a farci visita, offrendo
ispirazione sia a noi che ai bambini.”
La prima volta in cui Maria Sandström visita
una Scuola dell’infanzia incontra solo il
gruppo degli insegnanti, per domandare
loro se vi sono richieste, idee o obiettivi
particolari, se si ha intenzione di lavorare su
argomenti precisi. Dopodiché adegua i suoi
interventi in base alle risposte raccolte. Ad
esempio – dice – se vi sono bambini che
parlano lo svedese come seconda lingua,
allora il raccontare storie è un grande
strumento. “L’educazione linguistica è una
priorità ad Halmstad. Le storie offrono ai
bambini la possibilità di sviluppare il loro
linguaggio dall’interno: suscitano emozioni,
provocano sensazioni... il linguaggio poi
scaturisce naturalmente.”
Le storie, inoltre, rendono i bambini capaci
di una miglior comprensione ed empatia
per le situazioni, i pensieri e i sentimenti
degli altri. “Voglio mostrare ai bambini il
magico mondo della fantasia e intrecciare
26 Bambini in Europa
Annika Claesdotter
visita il “Culture
Team”, che fornisce
ispirazione, strumenti
e sostegno agli
insegnanti delle
Scuole dell’infanzia
di Halmstad,
in Svezia.
insieme musica, danza e teatro, o almeno
fare un tentativo. Forse non si riuscirà
sempre a coinvolgere i bambini, ma a tutti è
permesso fallire, qualche volta.”
L’idea che sta alla base del Culture Team
è di aiutare gli insegnanti delle Scuole
dell’infanzia a sviluppare le proprie capacità
e di fornire loro gli strumenti e gli aiuti
necessari per iniziare a modificare i metodi
di lavoro. Viene utilizzato principalmente
il materiale che si ha già a disposizione
nelle scuole, o a portata di mano, dice
Maria Sandström. “Vorrei lasciare la mia
impronta, così che i miei metodi di lavoro
possano continuare a vivere ed essere
sviluppati da altri anche dopo che me
ne sarò andata. La mia visita non deve
costituire solo un’esperienza fine a se
stessa per i bambini.”
Ogni mattina i pedagogisti culturali si
incontrano prima di avviarsi nelle diverse
scuole. “Essere una squadra è un grande
vantaggio. Ciascuno di noi può contare
sull’altro e così possiamo scambiarci
pareri e idee. Se in una zona lavori da
solo come pedagogista culturale, il rischio
è di venire ‘risucchiato’ dalle Scuole
dell’infanzia, divenendo un supplente”,
prosegue Maria Sandström. La tendenza,
inoltre, è di privilegiare le scuole delle aree
periferiche, che spesso sono distanti dalle
biblioteche e dalle altre istituzioni culturali.
Le scuole che hanno già beneficiato del
supporto del pedagogista culturale talvolta
devono attendere più a lungo, tuttavia
molte riescono a ottenere la presenza
di pedagogista culturale ogni anno
accademico.
Le Scuole possono anche chiedere di
partecipare a più attività, scegliendo fra
le varie aree di competenza offerte dal
Culture Team: arte e disegno, musica
e ritmo, danza, gioco e movimento,
ginnastica, racconto e messa in scena
di storie. “Insieme o individualmente
possiamo anche decidere di organizzare
laboratori e corsi di approfondimento
per gruppi di insegnanti. Vogliamo che
acquisiscano una maggiore competenza
culturale, cosicché la cultura possa far
parte delle loro attività di tutti i giorni.”
Traduzione di Chiara Bartesaghi
Annika Claesdotter è giornalista di “Tidningen
Förskolan”, la rivista dell’Unione Insegnanti Svedesi.
[email protected]
FOCUS ON...
FOCUS ON...
FOCUS ON...
FOCUS ON...
In Palestina si concentrano...
sulla musica
Anche nelle situazioni più difficili le arti
possono dare un contributo importante
all’infanzia.
Il QCC, Qattan Centre for the Child a Gaza
Il QCC, fondato da un’organizzazione
privata, dispone di una biblioteca di 95.000
libri per bambini, genitori ed esperti del
settore, oltre a organizzare molte attività
gratuite. In occasione della sua apertura al
pubblico nel 2005, fu organizzato, per la
prima volta a Gaza, un evento musicale per
i bambini. I musicisti erano tutti non arabi
che suonavano musica classica di Mozart
e Beethoven. Questo repertorio,
inconsueto per gli abitanti di Gaza, è molto
diverso dalle canzoni popolari egiziane o
palestinesi; poiché l’educazione musicale è
praticamente assente nel sistema
scolastico di quel Paese, il personale del
QCC non sapeva come i bambini si
sarebbero comportati, se fossero stati
capaci di stare seduti ad ascoltare, dato
che non erano abituati a farlo.
Al concerto si presentarono per tempo
duecento bambini molto interessati. Non ci
aspettavamo una tale reazione. Molti non
avevano mai assistito a un evento
musicale in vita loro. Quando uno dei
musicisti spiegò la funzione degli
strumenti, essi ascoltarono con attenzione
ed è incredibile come si lasciarono
assorbire dalla musica.
L’anno scorso il QCC ha scelto “musica e
arti” come tema conduttore del
programma estivo. Abbiamo offerto un
pacchetto ricco di attività per le quali
bambini e genitori hanno mostrato grande
interesse; hanno partecipato 11.000
bambini al mese. Hannan, madre di tre
bambini fra i 9 e i 12 anni, ha partecipato
a un corso chiamato “Cantiamo”; “Ero
veramente sorpresa dalla conoscenza, dal
talento musicale dei miei bambini e dal
loro grande entusiasmo per la musica”.
Sfortunatamente la situazione attuale a
Gaza è disastrosa. A causa
dell’occupazione le famiglie sono private
del necessario e non possono uscire da
Gaza. La popolazione è minacciata da
incursioni militari e la mancanza di elettricità
è usata come punizione collettiva.
Nonostante le circostanze, gli abitanti di
Gaza sognano una vita normale e un futuro
migliore per i loro figli. Molti di loro sognano
di avere una scuola di musica, perché la
musica è un mezzo per realizzare la pace,
almeno quella interna tra palestinesi.
Quando entro nel centro ogni giorno vedo
centinaia di bambini che leggono, cantano,
imparano tante cose meravigliose –
tecnologia informatica, musica, arti varie.
Io so che il nostro futuro sarà migliore, lo
sento profondamente. E so che il QCC e
simili centri culturali sono l’unica fonte
disponibile per costruire questo futuro.
Reem Jabr è consigliere del Qattan Centre for the
Child di Gaza
www.qattanfoundation.org
Bambini in Europa 27
FOCUS ON...
FOCUS ON...
I Progetti di Ramallah: educazione musicale
in Palestina e nel Medio Oriente
Daniel Barenboim e Edward Said, due
artisti e intellettuali, uno israelinao e l’altro
palestinese, condividevano l’idea di
contribuire allo sviluppo musicale in
Palestina. La Barenboim Said Foundation
ha dato il via a un programma di
educazione musicale nel West Bank. Il suo
obiettivo principale è quello di sviluppare e
sostenere una valida istruzione musicale, di
formare un’orchestra palestinese di
giovani, e di contribuire alla crescita di
iniziative musicali e artistiche in quel
Paese.
Questo progetto non si concentra solo
sulla crescita delle doti musicali. Con
lezioni individuali e a piccoli gruppi, gli
insegnati mirano a sviluppare la
concentrazione e le attività motorie dei
bambini. Speciale attenzione è data al
lavoro di gruppo e a dibattiti aperti durante
le attività di coro e orchestra. Le lezioni di
canto migliorano la capacità linguistica dei
bambini. Si tengono regolarmente concerti
da camera, laboratori annuali di musica e
per l’orchestra nonché progetti di scambio
con giovani musicisti europei in
cooperazione con accademie musicali di
altri Paesi.
Nel 2006 la Barenboim-Said Foundation
ha aperto un centro musicale a Ramallah
dove gli insegnati danno lezioni sui vari
strumenti, sia individuali sia per gruppi, a
un centinaio di bambini di Ramallah. La
stessa fondazione ha formato molti corsi
nei territori intorno a Ramallah a cui
parteciparono circa 250 bambini; essa si
incarica di dare lezioni di canto nel campo
profughi di Balata vicino a Nablus, e per gli
insegnati organizza corsi di formazione con
particolare attenzione alla musica. Nella
primavera 2006 alcuni insegnati di Scuola
dell’infanzia palestinesi hanno partecipato a
lavori di gruppo sia a Nablus che a
Ramallah. La fondazione inoltre si prende
carico di giovani musicisti con particolare
talento, inviandoli all’estero con la speranza
che tornino carichi di esperienza e
contribuiscano così alla crescita della
musica e della cultura palestinese.
FOCUS ON...
FOCUS ON...
Intervista con Ramzi Abu Redwan
Prima di studiare musica in Francia, Ramzi
Abu Redwan ha trascorso l’infanzia nel
campo profughi di Al-Amari a Ramallah. Il
suo sogno – quello di fondare scuole di
musica per bambini palestinesi, soprattutto
nei campi profughi – si è realizzato. La
Onlus “Al Kamamdjati” opera nei campi
profughi del West Bank, della striscia di
Gaza e del Libano meridionale.
Quando e come la musica è entrata nella
tua vita?
Quando avevo 17 anni un’amica, la signora
Soreida Sabbagh, mi spinse a frequentare
un laboratorio di musica organizzato dal
maestro palestinese Mohamad Fadel, in
collaborazione con il Popular Art Centre.
Fu il mio primo contatto con la musica e ne
fui molto entusiasta. Cominciai suonando
la viola, strumento che suono tutt’ora.
Campo dei rifugiati Al Amari (Al Kamadjati),
Luglio 2004.
Anche la West-Eastern Divan
Orchestra è opera della BarenboimSaid Foundation. Formata nel 1999,
l’orchestra riunisce giovani musicisti
israeliani, palestinesi e di altri paesi del
Medio Oriente. L’orchestra,
sponsorizzata dalla Junta de Andalucía,
si incontra in estate a Siviglia dove i
giovani artisti sviluppano le loro doti
musicali in un contesto tranquillo.
Inoltre l’orchestra intraprende ogni
anno un tour internazionale di concerti;
nel 2005 ha suonato per la prima volta
in Medio Oriente tenendo un concerto
a Ramallah. L’orchestra così formata
tiene vivo il dialogo tra le varie culture
del Medio Oriete. Questo progetto ha
dimostrato che la musica è un modo
efficace per abolire barriere fino ad ora
considerate insormontabili.
Come si è sviluppato il tuo interesse per la
musica?
Dopo quel laboratorio mi sono iscritto al
Conservatorio Nazionale di Musica
“Edward-Said” e ho cominciato a suonare
la viola. Mi piacque sempre di più e ora è
parte della mia vita. Ho scoperto come la
musica può influire positivamente
sull’energia del bambino favorendone la
concentrazione, il lavoro e la creatività. Ed
è proprio perché la musica è entrata nella
mia vita quando ero bambino che l’ho
inglobata nel mio lavoro e nelle mie altre
attività. Ho voluto sviluppare questo aspetto
non solo per me ma anche per altri bambini
che hanno avuto un’infanzia simile alla mia.
Qual è il tuo lavoro attuale?
Oggi lavoro come musicista. Ho creato un
gruppo, i Dalouna, che gira tutto il mondo.
Come musicista partecipo anche a diverse
attività musicali, come la registrazione di
musica classica, e faccio anche parte di
un’orchestra.
Cosa pensi che la musica – e le arti in
generale – possa offrire oggi ai bambini che
vivono in Palestina?
Dal 2005 la Barenboim-Said Foundation
allestisce concerti di musica da camera e
laboratori orchestrali a Ramallah e a
Nazareth. Due volte l’anno giovani musicisti
arabi della Galilea e della Palestina
s’incontrano per prove e concerti. Questi
lavori di gruppo sono dei ponti per far si
che i giovani palestinesi delle due comunità
si conoscano e lavorino insieme.
La musica, come del resto tutte le arti,
permette a ogni bambino che vive in un
Paese militarmente occupato di scoprire la
propria umanità. È un modo per sviluppare
creatività, immaginazione e molti altri
talenti. La musica dà anche modo a quei
bambini di avere più fiducia in se stessi, di
manifestare e rinforzare la propria
personalità. La musica, come le altre arti,
costituisce un modo di preservare la
propria identità in situazioni di occupazione
dove si fa di tutto per cancellarla.
Muna Khlefi è coordinatrice della Barenboim-Said
Foundation di Ramallah
www.barenboim-said.orh
Ramzi Abu Redwan è un musicista, fondatore della
Onlus Al Kamamdjati
www.alkamandjati.com
28 Bambini in Europa
Ramze Abu Redwan suona a Jénine, Luglio 2004