Le equazioni egiziane Treviso, novembre 2006 Equazioni e disequazioni: un’ un’introduzione storica UNIVERSITAS STUDIORUM UTINENSIS Giorgio T. Bagni Dipartimento di Matematica e Informatica Università di Udine [email protected] www.syllogismos.it Il papiro di Berlino La somma delle aree di due quadrati è 100. Tre volte il lato di uno è quattro volte il lato dell’altro: quali sono? Modernamente: x²+y² = 100 e 3x = 4y Poniamo: x=4ey=3 Avremmo allora: x²+y² = 4²+3² = 25 ≠ 100 ma è: 100 = 10² e 25 = 5² ed essendo: 10:5 = 2 risulta: x = 4·2 = 8 e y = 3·2 = 6 Un motodo longevo nella storia della didattica! Lo troviamo applicato nel manuale: V. Buonsanto, Elementi di Aritmetica, Soc. Filomatica, Napoli 1843. India: un problema da Lilavati (Bhaskara, 1114-1185) Un quinto di uno sciame di api si posò su di un fior di cadamba, un terzo su di un fior di silinda, tre volte la differenza di questi due numeri di api volò tra gli altri fiori del giardino e rimase solo un’ape, che si librò nell’aria, attirata dal profumo di un gelsomino. Dimmi ora tu, bella Lilavati, qual era il numero delle api? Fior di cadamba: 1/5; silinda: 1/3: altri: 3(1/3–1/5) Totale: 1/5+1/3+3(1/3–1/5) = 14/15 Un’ape corrisponde a: 1–14/15 = 1/15 Quindi: in totale ci sono 15 api. Nel papiro Rhind si risolvono alcune equazioni, quasi tutte di I grado, nelle quali l’incognita è detta aha (mucchio), con il “metodo di falsa posizione”, più tardi detto regula falsi. Esempio: determinare il numero che aggiunto al proprio quinto dà come somma 48 (x + x/5 = 48). “Falsa” posizione: x = 5 (per non avere frazioni nel primo passaggio), ma non va bene: 5+5/5 = 6 ≠ 48. Sostituendo x = 5 in x+x/5 si ha 6 e non 48; ma se un multiplo di 6 è 48, lo stesso multiplo di 5 darà la x. Per ottenere 48 da 6 si moltiplica il 6 per 8 (6·8 = 48). Dunque, per ottenere la cercata x da 5 dobbiamo moltiplicare per 8 (il 5): 5·8 = x cioè: x = 40. Un classico problema dell’“Algebra” babilonese Spesso i Babilonesi richiedevano di determinare due numeri conoscendone somma e prodotto; ad esempio: trovare a, b sapendo che la loro somma è 8 ed il loro prodotto è 12. Posizioni (moderne): a = 4+d e b = 4–d (a+b = 8) Si ha (solo radici positive): ab = (4+d)(4–d) = 12 d² = 4 da cui d = 2 infine: a = 4+d = 6 e b = 4–d = 2 Non esisteva alcuno strumento simbolico completo nell’algebra babilonese: soltanto a volte qualche incognita veniva indicata con simboli speciali. Il mondo arabo : Al-Kuwarizmi “Dopo la grande stagione della scienza greca, la Matematica conobbe un periodo di declino, anche se meno oscuro di quanto si è talvolta portati a pensare. Gli Arabi non si limitarono a tramandare la memoria dei testi greci e le loro conoscenze matematiche e astronomiche rivelano elementi di originalità” (U. Bottazzini). Mohammed Ibn Musa Al-Kuwarizmi (VIII secolo), di origine persiana, scrisse Al-jabr wal mukabalah, nella quale sviluppò la teoria delle equazioni, particolarmente di quelle di secondo grado Il procedimento generale per la soluzione delle equazioni di secondo grado è di derivazione indiana. 1 Al-Kuwarizmi Non considerava le radici negative e classificava impossibili le radici immaginarie. Il limite più rilevante della sua opera è l’assenza di una notazione simbolica. Al-Kuwarizmi quindi deve essere considerato ancora nell’ambito dell’algebra retorica (nella quale tutte le espressioni algebriche erano indicate mediante parole). Fibonacci e il Liber Abaci De laboratore quaestio notabilis. Un lavoratore avrebbe dovuto prendere 7 bisanti al mese se avesse lavorato, ma avrebbe dovuto restituire 4 bisanti per un mese di assenza dal lavoro. Questi talvolta lavorò e talvolta no ed alla fine del mese (30 giorni) ricevette un solo bisante. Quanti giorni lavorò? Algebristi del Rinascimento Celebre è la contesa tra Nicolò Fontana detto Tartaglia (1500-1557) e Gerolamo Cardano sulla risoluzione delle equazioni di terzo grado. Il mondo arabo : Khayyam Omar Khayyam scrisse un’Algebra (1100?), caratterizzata da un’esposizione piana dei procedimenti risolutivi delle equazioni. Come Al-Kuwarizmi, anche Khayyam teneva conto soltanto delle radici positive. Gli Arabi si occuparono di equazioni indeterminate (AlKarchi, morto nel 1029, scrisse Al-Facri, vicino all’Aritmetica diofantea). Alcuni tentarono di provare che x³+y³ = z³ non ammette soluzioni intere non nulle, anticipando le ricerche sull’ultimo teorema di Fermat. Risolviamo con Fibonacci il problema del lavoratore Modernamente imposteremmo l’equazione: 7·x/30–4 ·(30–x)/30 = 1 Fibonacci usa il metodo della doppia falsa posizione: per 15 gg.: 1 bisante e 1/2 7·15/30–4·15/30 per 20 gg.: 3 bisanti e 1/3 7·20/30–4·10/30 Si imposta dunque la proporzione: (20–15) : [(3+1/3)–(1+1/2)] = (20–x) : [(3+1/3)–1] Da cui ricaviamo: x = 150/11 = 13+7/11 Pertanto quel lavoratore ha lavorato 13 giorni e 7/11 (di giorno). La poesia “algebrica” di Tartaglia Quando che ’l cubo con le cose appresso se agguaglia à qualche numero discreto trovan dui altri differenti in esso. Da poi terrai questo per consueto che ’l lor produtto sempre sia uguale al terzo cubo delle cose neto. El residuo poi suo generale delli lor lati cubi ben sottratti varrà la tua cosa principale. x³+px = q p>0, q>0 q = u–v uv = (p/3)³ x = 3 u −3 v 2 Una risoluzione alla Cardano-Tartaglia Uno strano problema affrontato da Gerolamo Cardano …oppure “alla Scipione del Ferro” (1465-1526), il bolognese che pare essere stato il primo (1515) a mettere a punto la tecnica risolutiva! Si voglia risolvere (in R) l’equazione: x³+6x = 20 Si pone: 20 = u–v con: uv = 8 Risulta: u = 6√3+10 e v = 6√3–10 e infine, sostitundo nella formula e semplificando i radicali doppi, si giunge alla radice: x = 2 Proprio questa semplificazione è delicata! Citiamo (liberamente) Cardano, Ars Magna (1545): Dividere un segmento di lunghezza 10 in due parti in modo che il rettangolo avente tali dimensioni abbia area 40. Tutti vedono che l’area di un tale rettangolo è al più 25, dunque il problema non fa soluzioni. Ma l’Algebra ci dà una soluzione, dato che l’equazione x2–10x+40 = 0 porta a: 5+√(–15) e 5–√(–15) Sebbene tali espressioni siano inutili e “sofistiche”, devono avere qualcosa di vero, in quanto il loro prodotto è proprio [5+√(–15)]·[5–√(–15)] = 40. Rafael Bombelli e due oggetti misteriosi: pdm, mdm L’Algebra di Bombelli In Algebra, Bombelli si occupò del calcolo con potenze e con radici e di equazioni algebriche e contribuì all’elaborazione delle tecniche risolutive delle equazioni di terzo grado. A lui si deve inoltre l’introduzione sistematica degli esponenti per indicare le potenze dell’incognita. Bombelli introdusse i termini più di meno e meno di meno, termini che abbrevia nelle scritture “pdm” e “mdm” e dei quali fornisce le “regole” moltiplicative. La semplificazione dei radicali doppi fu studiata in alcuni casi particolari da Rafael Bombelli (1526-1573). Bombelli, bolognese (è stato trovato il certificato di battesimo a Borgo Panigale), pubblicò il proprio capolavoro, Algebra, nel 1572-1579. Le “regole” di Bombelli Le “regole” di Bombelli ? × ? = –1 Queste “regole” si trovano a pagina 179 di Algebra. Come le possiamo interpretare modernamente? pdm = i mdm = –i Bombelli dunque stabilì: (–1)·i = –i (–1)·(–i) = i (+i)·(+i) = –1 (+i)·(–i) = 1 (–i)·(–i) = –1 3 Le “regole” di Bombelli Una risoluzione di Bombelli Nell’Algebra troviamo la corretta trattazione di alcune equazioni di terzo grado che, se risolte con il procedimento di Cardano-Tartaglia, portano a radicali doppi coinvolgenti quantità non reali. x³ = 15x+4 Esse possono essere riassunte nella tavola (tabella di Cayley): x +1 -1 +i -i +1 +1 -1 +i -i -1 -1 +1 -i +i +i +i -i -1 +1 -i -i +i +1 -1 un “gruppo” tre secoli prima di Galois? Portano al gruppo moltiplicativo commutativo a elementi in C: ({+1; –1; +i; –i}; ·): il gruppo delle radici quarte dell’unità. Dalle equazioni alle disequazioni: un’analogia didattica spesso forzata Spesso, didatticamente, le disequazioni vengono presentate e studiate come una… “evoluzione” delle equazioni. Ma altrettanto spesso i collegamenti realizzati dagli allievi tra le equazioni e le disequazioni sono scorretti. Gli studi di Bazzini, Tsamir (2002 e CERME-3, con il confronto dei comportamenti degli allievi in Italia e in Israele) hanno evidenziato atteggiamenti significativi e meritevoli di attenta riflessione. x= 3 2 + 11i + 3 2 − 11i Bombelli provò però che è possibile scrivere: 2±11i = (2 ±i)³ e dunque riuscì a concludere correttamente in R: x = (2+i)+(2–i) = 4 La presentazione di una sequenza nella Didattica: una sequenza di argomenti… (forzatamente?) “paritari” ma nella Storia: c’è una netta asimmetria! equazioni disequazioni EQUAZIONI dis. Uno studio delle radici storiche si rivelerà interessante… Occupiamoci della storia: (dis)uguaglianze e (dis)equazioni L’Algebra non è una “corsa verso il simbolismo”, ma i registri si evolvono Dovremo tenere presente la distinzione tra: uguaglianza ed equazione disuguaglianza e disequazione Nell’uguaglianza si afferma che gli oggetti A e B sono uguali (ad esempio: hanno lo stesso valore numerico). Nell’equazione si chiede di determinare (tutti) i valori di un’incognita x affinché A(x) e B(x) siano uguali. Analogamente per le disequazioni. Lo statuto epistemologico di dis(uguaglianze) e dis(equazioni) è diverso. Nella storia, inizieremo dalle disuguaglianze. È ben noto che molto a lungo i procedimenti algebrici non sono stati espressi simbolicamente. “È difficile da credere, ma per due millenni, fino al XVI secolo, i matematici non hanno usato un simbolo per l’uguaglianza” (Lakoff, Núñez, 2000, 376). “Anche un’idea così apparentemente semplice come l’uguaglianza coinvolge una grande complessità cognitiva […]. La comprensione del significato di ‘=’ ha richiesto l’analisi cognitiva delle idee matematiche coinvolte” (Lakoff, Núñez, 2000, 377). Analogamente vale per “>” e “<”? Di certo è stata necessaria una maturazione socio-culturale. 4 L’introduzione dei simboli “=”, “>” e “<” “=” compare nel 1557 (in The Whetstone of Witte, R. Recorde, 1510?-1558; un manoscritto di Bombelli è forse precedente); una pubblicazione a stampa con “=” è del 1618 (ad opera di W. Oughtred, 1574-1660). “>” e “<“ compaiono nel 1631 in Artis Analyticae Praxis ad Aequationes Algebraicas Resolvendas, opera postuma di Thomas Harriot (1560-1621): “Signum majoritatis ut a > b significet a majorem quam b” e “Signum minoritatis ut a < b significet a minorem quam b”. Disuguaglianze e disequazioni: una storia piuttosto povera! I riferimenti riguardanti le Le disequazioni disequazioni sono scarsi nella non sono considerate storia dell’Algebra. “problemi autonomi”, ma Nell’Algebra di L. Euler (ed. “condizioni” da del 1828) il primo riferimento abbinare, talvolta, ad una disuguaglianza (una alla risoluzione di condizione) è a pag. 352. alcune equazioni. Alcuni procedimenti collegati Maggiore fortuna le alle diffuse “regole” di disequazioni hanno Cartesio o di Tartinville nei procedimenti di (1885) possono essere Analisi. ricondotti a disequazioni. Andiamo alla ricerca di qualche spunto… Nei tomi III e V del Corso di Matematiche ad uso degli aspiranti alla Scuola d’Artiglieria e Genio (Modena, 1806 e 1808) sono contenuti i trattati di P. Ruffini (1765-1822): Algebra Appendice all’Algebra Alcuni passi si rivelano interessanti per la nostra riflerssione. Uguaglianze ed equazioni: abbiamo presentato una storia ricchissima Storia e Geografia delle equazioni sono molto ricche: gli antichi papiri egizi e le tavolette babilonesi, le interpretazioni geometriche dai Greci, gli sviluppi in India e presso gli Arabi, i problemi nuovi (e con Bombelli lo svincolo dall’interpretazione geometrica) nel Rinascimento, per giungere a Euler, Ruffini e Galois… Regola d’Algebra rinascimentale è il procedimento per la soluzione di problemi aritmetici che consiste in: messa in equazione del problema in esame, riduzione dell’equazione in forma canonica e sua risoluzione (Franci, Toti Rigatelli, 1979). Andiamo alla ricerca di qualche spunto… La storia dell’analisi può fornire qualche idea. Jean Dieudonné, nella Prefazione di Calcul infinitesimal (Hermann, Paris 1980), scrive: “En d’autres termes, le Calcul infinitésimal, tel qu’il se présente dans ce livre est l’apprentissage de maniement des inégalités bien plus que des égalités, et on pourrait le résumer en trois mots: majorer, minorer, approcher”. Spunti da due trattati didattici di Ruffini In III-15 si nota: “Se a un dato numero altri se ne aggiungano, tanto saranno questi ultimi minori, quanto sarà minore la somma. Dunque avendosi 11>10>9>8… ne verrà ancora 3>2>1>0…”. Si tratta dell’unico caso (nell’opera esaminata) in cui si accenna a proprietà delle disuguaglianze. 5 Spunti da due trattati didattici di Ruffini In III-24 viene affermata esplicitamente una proprietà di equivalenza per le equazioni, dicendo: “A–B–C = –D+E, trasporto i termini del primo membro nel secondo, e quei del secondo nel primo, si otterrà D–E = –A+B+C”. Ma non sono trattati casi analoghi per disequazioni. Spunti da due trattati didattici di Ruffini Spunti da due trattati didattici di Ruffini In III-146 sono impostate e risolte alcune disequazioni (anche abbinate in forma di sistema) per esprimere delle condizioni che devono essere rispettate dalle soluzioni di un problema risolto mediante un sistema di equazioni lineari. Spesso gli esempi proposti prevedono e trattano condizioni di questo genere. Le disequazioni: strumenti abbinati alle equazioni In V-43 (e in alcune altre occasioni dell’Appendice) viene impostata e risolta una disequazione per esprimere una condizione da imporre alla soluzione di un problema geometrico ottenuta per via algebrica. Dunque le disequazioni sono sempre “abbinate” alle equazioni per esprimere condizioni sulle radici. I principali protagonisti sono, da questo punto di vista: F. van Schooten (16161660), editor di Descartes (più di Newton e Huygens), G. Ozanam (1640-1717), F.D. Budan (1761-1840), J.B. Fourier (1768-1830), A.L. Cauchy (1789-1857), J.C.F. Sturm (1803-1855). Un esempio dal XX secolo: John von Neumann (1903-1957) Disequazioni ed equazioni: un’asimmetria storica Scrive P. Odifreddi: “Un contributo di von Neumann fu la soluzione nel 1937 di un problema risalente a L. Walras nel 1874: l’esistenza di situazioni di equilibrio nei modelli matematici dello sviluppo del mercato, basati sulla domanda e sull’offerta (attraverso prezzi e costi). Egli vide anzitutto che un modello andava espresso mediante disequazioni (come si fa oggi) e non equazioni (come si era fatto fino ad allora) e trovò poi una soluzione applicando un teorema del punto fisso di L. Brouwer” (www.matematicamente.it/articoli). Abbiamo evidenziato un’asimmetria storica: l’equazione sintetizza il problema da risolvere; la disequazione esprime le condizioni che consentiranno di accettare una soluzione trovata. Spesso, nella Storia, disequazioni sono state risolte ricorrendo ad opportune equazioni (“associate”). Tale situazione è storicamente influenzata dai contesti socio-culturali: la “soluzione concreta” è stata spesso considerata più importante di un astratto “campo di possibilità”. Importanza “sociale” è attribuita al ricavo della soluzione (uso di metodi pratici, approssimati etc.). 6 Disequazioni ed equazioni: una subordinazione operativa? In tempi recenti è stato rivalutato il ruolo “autonomo” della disequazione, ma… … didatticamente una qualche “subordinazione operativa” è ancora rilevabile. Una disequazione in x∈R individua un sottoinsieme della retta reale, spesso un sottoinsieme infinito (non numerabile) come un segmento o una semiretta. Le caratteristiche peculiari di tale sottoinsieme sembrano talvolta identificate nei “punti di frontiera” (ad esempio, gli estremi del segmento), il cui ricavo si riconduce alla risoluzione dell’equazione associata alla disequazione data. La soluzione di una disequazione: come viene considerata? Date le disequazioni: n x–2 ≥ 0 o x2–x ≤ 0 soluzioni in simboli: n x≥2 o 0≤x≤1 e visualmente: n 2 z——— o 0 z —z 1 Date le equazioni: n x–2 = 0 o x2–x = 0 soluzioni in simboli: n x=2 o x=0 ∨ x=1 e visualmente: n 2z o 0z 1z segmento di estremi 0, 1 Uno spunto dall’embodied cognition: riflettiamo sui segmenti Uno spunto dall’embodied cognition: riflettiamo sui segmenti Sui “segmenti fisici” si basano molte importanti metafore (collegate all’Aritmetica). Ad esempio un numero può essere fatto corrispondere ad una “distanza misurabile collocando segmenti fisici di lunghezza unitaria uno dopo l’altro e quindi contandoli” (Lakoff, Núñez, 2000, 68). “Quando ci muoviamo in linea retta da un punto ad un altro, il percorso forma un segmento fisico […]. C’è una semplice relazione tra un tale moto e un segmento fisico: l’origine del moto corrisponde ad un estremo del segmento, il termine all’altro estremo” (Lakoff, Núñez, 2000, 71-72). Un segmento è “descritto tra i suoi estremi”; una semiretta viene “descritta a partire dal suo estremo”. Anche nel quadro teorico dell’embodied cognition la descrizione fisica di un segmento (analogamente: di una semiretta) “inizia” da un estremo e “termina” all’altro estremo (“inizia” dall’estremo e prosegue indefinitamente). Pericolosa conseguenza: disequazioni ricondotte ad “equazioni associate” A tutti Voi grazie dell’attenzione Grazie a F. Arzarello (Torino) J.-P. Drouhard (Nizza) Traduciamo operativamente: la prima (principale?) fase della risoluzione di una disequazione è spesso la risoluzione dell’equazione ad essa associata. Ma all’asimmetria storica si è sovrapposta una impropria analogia didattica: ciò può causare l’errata riconduzione operativa di disequazioni ad equazioni. Anche i registri impiegati sono importanti: i registri simbolici non possono non indurre considerazioni di analogia tra f(x) = g(x) e f(x) < g(x). Utile può essere il ricorso a registri rappresentativi non simbolici (ad esempio visuale), coordinati con quello simbolico (Duval, 1995). Per risorse, materiali (scaricabili) e indicazioni bibliografiche si può consultare il sito di servizio per insegnanti e studenti: www.syllogismos.it 7