Scheda di Patologia DISTURBO DA ATTACCHI DI PANICO DEFINIZIONE Un attacco di panico è definito come un periodo caratterizzato dall’improvvisa comparsa di apprensione intensa, paura o terrore, spesso associati a una sensazione di pericolo incombente. In base ai criteri del DSMIV (Diagnostic and statistical manual of mental disorders) si parla di disturbo da attacchi di panico quando gli attacchi sono ricorrenti e imprevedibili, seguiti per almeno un mese da timore persistente rispetto all’eventuale insorgenza di un nuovo attacco, da preoccupazioni circa le possibili conseguenze degli attacchi, o da un cambiamento significativo del comportamento correlato agli attacchi. La definizione esclude attacchi di panico attribuibili agli effetti psicologici diretti di un problema medico generale, di una sostanza oppure di un altro disturbo mentale. Il disturbo da attacchi di panico esordisce in genere dopo i 20 anni (tra la tarda adolescenza e i 35 anni d’età) e la prevalenza nel corso della vita è compresa tra l’1% e il 3%. Il disturbo sembra più comune nelle donne. EZIOPATOGENESI L’esordio del disturbo da attacchi di panico è preceduto spesso da eventi stressanti dal punto di vista psicoemotivo e un ruolo significativo sarebbe svolto anche da un’interpretazione negativa di questi eventi. Talora il disturbo da attacchi di panico è associato alla depressione maggiore, alla fobia sociale, al disturbo d’ansia generalizzato e al disturbo ossessivo-compulsivo.Altri fattori in grado di scatenare una crisi sono l’abuso di farmaci e l’alcol. QUADRO CLINICO Un attacco di panico è caratterizzato dall’insorgenza improvvisa di almeno 4 dei seguenti sintomi: • Dolore o fastidio toracico • Soffocamento o difficoltà respiratoria • Vertigini, instabilità o svenimento • Paura di morire • Paura di “impazzire” o di perdere il controllo • Sensazione di irrealtà o distacco dall’ambiente • Vampate o brividi • Nausea, mal di stomaco o diarrea • Intorpidimento o formicolii • Palpitazioni o aumento della frequenza cardiaca • Sudorazione • Tremori o fascicolazioni L’acme dei sintomi avviene entro 10 minuti e solitamente scompare nel giro di pochi minuti lasciando la paura di avere un altro attacco terrificante. Poiché gli attacchi di panico sono inattesi o si verificano senza una ragione apparente i soggetti che li presentano si preoccupano dell’eventualità di un nuovo attacco. Questa condizione è definita come anticipatoria e i soggetti cercano di evitare i luoghi dove sono stati colti in precedenza dall’attacco. Poiché i sintomi coinvolgono soggettivamente l’apparato cardiovascolare e respiratorio, i soggetti si preoccupano spesso di essere affetti da gravi patologie cardiache, polmonari o cerebrali e si rivolgono al medico o al Pronto soccorso. Tuttavia la diagnosi corretta solo raramente viene formulata in occasione dei primi episodi e questo genera ulteriori preoccupazioni perché la condizione patologica resta irrisolta. In ogni caso, sebbene gli attacchi di panico siano talvolta molto fastidiosi, non sono pericolosi per la vita. ESAMI DI LABORATORIO E STRUMENTALI In genere i soggetti con un disturbo da attacchi di panico eseguono una serie di esami ematochimici e strumentali che escludono la presenza di patologie organiche. Tuttavia, con riferimento specifico alla condizione, non sono necessari esami di laboratorio o strumentali per effettuare la diagnosi che si basa essenzialmente su criteri di tipo clinico. PRINCIPI DI TERAPIA I farmaci utilizzati per il trattamento del disturbo da attacchi di panico comprendono gli antidepressivi e gli ansiolitici come le benzodiazepine. Tra gli antidepressivi sono efficaci gli antidepressivi triciclici (tipo l’imipramina) e gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (tipo la sertralina, la paroxetina e il citalopram). Gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina sono preferibili agli altri antidepressivi e alle benzodiazepine perché determinano meno effetti collaterali tipo la sonnolenza. Altro vantaggio degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina è il fatto di non indurre dipendenza. Utile al trattamento farmacologico risulta la psicoterapia di supporto (terapia cognitivo-comportamentale).