CAPitolo 2 L`autonomia scolastica

Capitolo 2
L’autonomia scolastica
1. Premessa
Il termine autonomia (dal greco autòs, «se stesso» e nomos «legge») indica in diritto di un soggetto di autodeterminarsi e di amministrarsi liberamente, senza ingerenze nella propria sfera di attività sia pure sotto il controllo di
organi preposti a garantire la legittimità dei suoi atti.
Come si può evincere da un’analisi della successione degli eventi normativi nella loro relazione ed espressione delle dinamiche sociali, la costituzione
del sistema scolastico nazionale ha cercato di raggiungere l’obiettivo di dar
vita a un nuovo soggetto collettivo autonomo inserito in una riorganizzazione
del sistema amministrativo.
Un’autonomia tuttavia che non significa isolamento autarchico ma che è
capace di dialogare e di interagire con l’intero sistema di governo, nazionale e
locale, con il complesso degli altri soggetti collettivi e delle comunità presenti nel territorio di riferimento e d’azione delle singole istituzioni in cui il sistema medesimo si articola.
Il problema fondamentale è dunque, per un verso, quello di non scambiare l’autonomia con la chiusura e l’isolamento, e, per l’altro, di non confondere la necessità di dialogo e di interazione con l’ambiente esterno con un appiattimento indiscriminato nei confronti delle istanze provenienti da quest’ultimo, cosa che priverebbe il sistema della possibilità di darsi un suo profilo
specifico e di avere un’identità precisa e ben riconoscibile.
L’autonomia viene dunque intesa in una duplice accezione: per un verso,
di valorizzazione della specifica natura e identità di ogni singolo istituto,
connessa alle sue tradizioni, al suo patrimonio di esperienze culturali, professionali e didattiche; per l’altro, di riferimento alle esigenze proprie del
territorio in cui l’istituto stesso è inserito ed opera e agli interessi e sensibilità delle sue varie componenti e articolazioni. Questi due aspetti debbono
essere tenuti costantemente presenti nel definire e realizzare le linee d’azione
e le strategie di ciascuna istituzione scolastica e debbono, soprattutto, essere
legati da una stretta interrelazione.
Lo strumento che sancisce questo sistema autonomo è rappresentato dalla Legge 15 marzo 1997, n. 59, «Delega al Governo per il conferimento di
funzioni e compiti alle Regioni e agli Enti locali, per la riforma della Pubblica
Amministrazione e per la semplificazione amministrativa».
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Parte Prima - La scuola dell’autonomia e l’offerta formativa
2. Quadro storico-normativo
La pubblica amministrazione italiana è stata connotata per lungo tempo
da una struttura centralizzata, almeno fino al 1997, anno in cui, con la legge
59/1997 (cd. Legge Bassanini), venne attivato un ampio percorso di ristrutturazione tendente al decentramento delle competenze amministrative e
istituzionali dello Stato verso le Regioni e gli enti locali.
A partire dagli anni Novanta la forma dello Stato italiano è cambiata
considerevolmente, nel senso che le Regioni hanno assunto un ruolo assai
più significativo nell’ordinamento statale, con la finalità di elevare gli standard qualitativi delle prestazioni offerte al cittadino. All’interno della pubblica amministrazione anche il sistema scolastico è stato investito dalla
ventata di rinnovamento; l’autonomia ha inciso considerevolmente sull’organizzazione scolastica, sulla qualità della didattica e sulla produttività
del sistema, prettamente centrato sulla formazione umana e culturale dei
giovani.
Tra le finalità generali della pubblica amministrazione sancite attraverso
la legge 59/1997 emersero i seguenti princìpi generali ai quali si sarebbero
dovuti ispirare i successivi decreti attuativi:
a) sussidiarietà, con l’attribuzione della generalità dei compiti e delle funzioni amministrative ai Comuni, alle Province e alle Comunità montane,
conferendo inoltre la responsabilità dell’assolvimento di mansioni di rilevanza sociale, così da spostare lo svolgimento di tali attività all’autorità
territorialmente e funzionalmente più vicina ai cittadini interessati;
b)completezza, con l’attribuzione alle Regioni delle funzioni amministrative
e di programmazione non assegnate allo Stato o ad altri enti;
c) efficienza ed economicità, prevedendo la soppressione delle funzioni e
dei compiti divenuti superflui;
d)cooperazione fra Stato, Regioni ed enti locali, anche al fine di garantire
un’adeguata partecipazione alle iniziative adottate nell’ambito dell’Unione
Europea;
e) responsabilità e unicità dell’amministrazione, attribuendo a un unico
soggetto le funzioni e i compiti connessi, strumentali e complementari, con
conseguente possibilità di identificare in un unico ufficio la responsabilità
di ciascun servizio o attività amministrativa;
f) omogeneità, tenendo conto, in particolare, delle funzioni già esercitate,
con l’attribuzione di mansioni e compiti omogenei allo stesso livello di
governo;
g) adeguatezza, relativamente all’idoneità organizzativa dell’amministrazione ricevente atta a garantire, anche in forma associata con altri enti, l’esercizio delle funzioni;
h)differenziazione nell’allocazione delle funzioni, in considerazione delle
diverse caratteristiche associative, demografiche, territoriali e strutturali
degli enti riceventi;
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i) copertura finanziaria e patrimoniale dei costi per l’esercizio delle funzioni amministrative conferite;
l) autonomia organizzativa, regolamentare e di responsabilità degli enti locali nell’esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi attribuiti.
L’obiettivo che la pubblica amministrazione avrebbe dovuto perseguire
consisteva dunque nella tutela del pubblico interesse, offrendo inoltre al cittadino la possibilità di risolvere eventuali conflitti.
Per quanto concerne la scuola, l’art. 21 della legge 59/1997 sancì l’autonomia delle istituzioni scolastiche, alle quali venne attribuita personalità
giuridica, con conseguente conferimento della qualifica dirigenziale ai capi
d’istituto. Ad essa seguirono i decreti attuativi.
Successivamente il D.P.R. n. 233 del 18 giugno 1998 (Regolamento recante norme per il dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche e per la
determinazione degli organici funzionali dei singoli istituti) individuò i parametri necessari per l’acquisizione della personalità giuridica da parte delle
scuole, compresi tra 500 e 900 alunni in un’utenza scolastica stabile per almeno un quinquennio.
L’autonomia delle istituzioni scolastiche e degli istituti educativi si
inserì nel processo di realizzazione dell’autonomia e della riorganizzazione dell’intero sistema formativo. Ai fini della realizzazione dell’autonomia scolastica le funzioni dell’amministrazione centrale e periferica della
pubblica istruzione, in ordine alla gestione del servizio d’istruzione, sono poi
state progressivamente attribuite alle istituzioni scolastiche titolari di personalità giuridica, pur mantenendo i livelli unitari e nazionali di fruizione del
diritto allo studio, nonché gli elementi comuni all’intero sistema scolastico
pubblico in materia di gestione e programmazione definiti dallo Stato.
È importante citare anche il D.Lgs. n. 112 del 31 marzo 1998 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni e agli enti locali)
con il quale fu demandato alle Regioni il compito di determinare il calendario
scolastico e programmare l’offerta formativa, integrata tra istruzione e formazione professionale, mentre gli enti locali (Province per l’istruzione secondaria superiore e Comuni per gli ordini di scuola inferiori) furono incaricati
di pianificare la rete scolastica del territorio, sostenere e sviluppare il servizio
rivolto agli alunni diversamente abili e svantaggiati, attivare interventi di
prevenzione della dispersione scolastica e di educazione alla salute.
Per mezzo del D.P.R. n. 275 dell’8 marzo 1999 fu emanato il Regolamento
recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, con un’attenzione particolare per gli aspetti didattici, organizzativi, di ricerca, sperimentazione e sviluppo. Sulla base di quanto previsto all’art. 1 del decreto, le istituzioni scolastiche sono espressione di un’autonomia funzionale che, rientrando
nell’autonomia garantita dall’art. 5 Cost., costituisce un’attività indirizzata verso
fini di interesse collettivo. Inoltre, essa è garanzia della libertà d’insegnamento
e del pluralismo culturale sanciti dall’art. 33 Cost., con la finalità di assicurare il
diritto ad apprendere e il successo formativo di ogni singolo studente.
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Parte Prima - La scuola dell’autonomia e l’offerta formativa
3. Il decentramento amministrativo e le competenze degli enti locali
Come anticipato, con la legge cost. n. 3 del 18 ottobre 2001 (Modifiche
al Titolo V della Parte seconda della Costituzione) è stata riformata la parte
della Costituzione riguardante il sistema delle autonomie locali e dei rapporti con lo Stato. In particolare, l’art. 117 Cost. ha fissato le competenze dello
Stato e delle Regioni, consentendo a queste ultime di legiferare autonomamente in alcuni ambiti di legislazione concorrente con lo Stato.
L’art. 117 Cost. attribuisce alle Regioni la competenza legislativa esclusiva sul sistema di istruzione e formazione professionale, nel rispetto dei livelli essenziali di prestazione stabiliti dallo Stato e fatti salvi i compiti di
raccordo con l’Unione Europea, le cui direttive vengono recepite con legge
nazionale. I livelli essenziali di prestazione che le Regioni devono garantire
comprendono il rispetto degli standard formativi minimi (durata dei corsi,
validità nazionale delle certificazioni, attenzione ai criteri nazionali di accreditamento dei soggetti che erogano i corsi). In materia di «istruzione scolastica» lo Stato e le Regioni hanno competenza legislativa concorrente: lo
Stato stabilisce i princìpi generali (durata e tipologia dei corsi, esami e certificazioni, valore legale dei titoli, obiettivi di apprendimento, crediti), le Regioni l’organizzazione sul territorio.
L’art. 117 Cost. sancisce altresì l’autonomia delle istituzioni scolastiche. A
tale riguardo le singole scuole e le loro reti hanno facoltà di prendere decisioni autonome in materia didattica, organizzativa e di sperimentazione, ricerca
e sviluppo, nel rispetto delle norme nazionali e regionali. Alle università e alle
istituzioni di alta cultura la Costituzione del 1948 (art. 33) attribuisce un grado di autonomia maggiore, perché riconosce loro il diritto di darsi ordinamenti autonomi.
Le istituzioni scolastiche, sulla base di quanto regolamentato dal già citato
D.P.R. 275/1999, hanno il compito di determinare il curricolo integrando
la quota nazionale con la quota locale, in merito alla quale individuano le
discipline e le attività, applicando criteri di flessibilità miranti alla garanzia
dell’unitarietà del sistema di istruzione e formazione e del pluralismo culturale del territorio. Tale prerogativa è sottesa a tutelare le diverse esigenze
formative degli alunni, del territorio, degli enti locali e dei contesti sociali,
culturali ed economici di pertinenza.
In tale prospettiva dinamica la creazione di sinergie determina la composizione di sistemi formativi integrati, basati su accordi, intese e progetti
messi in atto con diversi soggetti. Le scuole possono inoltre predisporre ampliamenti dell’offerta formativa coordinando iniziative realizzate in accordo
con gli enti locali, con diverse agenzie formative o con altre scuole collegate
in rete.
Pertanto l’art. 8 del D.P.R. 275/1999 attribuisce alle scuole la possibilità
di determinare una quota del curricolo obbligatorio, scegliendo liberamente
discipline e attività da proporre nel proprio Piano dell’offerta formativa, con
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lo scopo di valorizzare il pluralismo culturale e territoriale, pur nel rispetto
del carattere unitario del sistema di istruzione, e di rispondere in modo adeguato alle diverse esigenze formative degli «stakeholders», ovvero dei «portatori d’interesse».
L’opportunità di rivolgere una quota del monte-ore annuo ad attività legate al territorio e alle necessità emergenti nasce dall’esigenza, sempre più diffusa, di riappropriarsi delle proprie radici locali rispetto a una società globalizzata che tende ad assimilare e uniformare consumi, pratiche e stili di vita.
Allo stesso tempo l’evoluzione interculturale della società attuale, dovuta al
notevole aumento dei flussi migratori verso l’Italia, pone cittadini di culture
differenti a stretto contatto tra loro, determinando l’opportunità di adeguare
i processi formativi a una realtà sociale di pertinenza sempre più variegata.
Di conseguenza la collaborazione con tutti i soggetti dello specifico contesto
e l’impegno per rispondere alle esigenze sociali evidenziate costituiscono
elementi determinanti di successo per un’istituzione scolastica che miri ad
attivare percorsi significativi per i propri studenti.
Riguardo alla normativa di riferimento è da evidenziare il D.M. n. 234 del
26 giugno 2000 (Regolamento recante norme in materia di curricoli nell’autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell’art. 8 del D.P.R. 8 marzo 1999,
n. 275), il cui art. 3 espressamente recita:
«1. La quota oraria nazionale obbligatoria dei curricoli di cui all’art. 1 è pari
all’85% del monte-ore annuale delle singole discipline di insegnamento comprese negli attuali ordinamenti e nelle relative sperimentazioni.
2. La quota oraria obbligatoria dei predetti curricoli riservata alle singole
istituzioni scolastiche è costituita dal restante 15% del monte-ore annuale; tale
quota potrà essere utilizzata o per confermare l’attuale assetto ordinamentale o
per realizzare compensazioni tra le discipline e attività di insegnamento previste
dagli attuali programmi o per introdurre nuove discipline, utilizzando i docenti
in servizio nell’istituto, anche in attuazione dell’organico funzionale di cui alla
normativa citata in premessa, ove esistente in forma strutturale o sperimentale.
3. Il curricolo obbligatorio è realizzato utilizzando tutti gli strumenti di flessibilità organizzativa e didattica prevista dal D.P.R. 275/1999».
Successivamente la quota del curricolo locale è stata innalzata al 20% e il
D.M. 47/2006 ha stabilito che essa è rimessa all’autonomia delle istituzioni
scolastiche nell’ambito degli indirizzi definiti dalle Regioni e produce i propri
effetti con riferimento agli ordinamenti vigenti e ai relativi quadri orari, nei
singoli ordini di studio di istruzione secondaria superiore. Una nota ministeriale del 22 giugno 2006 ha quindi precisato che la quota del 20% dei curricoli deve intendersi applicabile a ogni ordine e grado di istruzione.
Il curricolo locale rappresenta dunque una possibilità di rispondere in
modo adeguato, puntuale e dinamico ai bisogni formativi evidenziati nel
proprio contesto di riferimento, pur garantendo, attraverso la quota nazionale del curricolo determinata nella misura dell’80%, la tutela dell’identità sto-
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Parte Prima - La scuola dell’autonomia e l’offerta formativa
rica dello Stato e uniformi possibilità di formazione sul territorio nazionale.
Spetta alle scuole la definizione autonoma del 20% delle attività didattiche del monte-ore annuale, elaborando proposte che mirino a concretizzare ed esaudire le richieste emergenti, avvicinando la scuola al territorio.
Alle Regioni è attribuito il compito di definire gli indirizzi generali che le
istituzioni scolastiche sono tenute a osservare nella definizione della quota
del curricolo locale, assolvendo al ruolo di collegamento tra gli ambienti formativi e la realtà economico-produttiva dell’ambito di riferimento, in modo
da sostenere le scuole nella loro finalità di raccordo con il territorio attraverso l’organizzazione di curricoli adeguati.
4. La progettazione dei percorsi formativi
Il processo autonomistico che ha coinvolto la pubblica amministrazione e
la scuola nell’ultimo ventennio ha trovato il proprio fondamento nei cambiamenti che attraversano la società attuale. La scuola rappresenta l’organismo
istituzionale depositario della formazione integrale della persona e, in quanto tale, è chiamata a predisporre percorsi formativi adeguati alle caratteristiche specifiche dei destinatari, in assonanza con bisogni di identità, saperi e
valori del contesto sociale di appartenenza, ovvero in sintonia con le esigenze
emergenti dal territorio e con le potenzialità formative dell’extrascuola.
In tale scenario la scuola attuale è dotata di autonomia didattica, organizzativa, di ricerca, sperimentazione e sviluppo, con la finalità di perseguire il
successo formativo dei singoli alunni, in termini di pieno sviluppo della persona umana, nel rispetto dell’identità sociale, culturale e professionale (cfr.
legge-delega 59/1997 e D.P.R. 275/1999, Regolamento dell’autonomia).
La personalizzazione educativa verso la quale ci stiamo muovendo con
la normativa di riforma più recente costituisce un ulteriore tassello del percorso di avvicinamento dei servizi erogati dallo Stato verso i fruitori: infatti,
partendo dalle esigenze educative dei singoli alunni, attraverso la definizione
degli obiettivi formativi si intende realizzare il successo formativo di ogni
studente, promuovendo l’acquisizione di conoscenze e abilità da trasformare
in competenze personali (cfr. D.Lgs. 19 febbraio 2004, n. 59, per la Definizione delle norme generali relative alla scuola dell’infanzia e al primo ciclo dell’istruzione, a norma dell’art. 1 della legge 28 marzo 2003, n. 53).
L’azione educativa e didattica deve garantire il conseguimento degli obiettivi formativi da parte di tutti gli alunni, assicurando il minore dispendio possibile di risorse e puntando alla formazione di competenze in termini di capacità e
atteggiamenti. In simile prospettiva occorre quindi privilegiare una didattica
formativa che miri non solo alla trasmissione dei saperi, ma sopratutto alla riscoperta/ricostruzione/reinvenzione dei processi attraverso i quali si realizza
l’acquisizione delle conoscenze, nonché la creazione di capacità e atteggiamenti.
La normativa di riforma della scuola attuale, recependo gli indirizzi predisposti a livello europeo, si rivela dunque attenta e rispettosa dei ritmi dell’età
Capitolo 2 - L’autonomia scolastica
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evolutiva, delle differenze e delle identità di ciascuno, riferendosi alla generalità degli alunni e rappresentando la naturale derivazione delle pulsioni autonomistiche che hanno investito la scuola.
Con l’adozione dei piani di studio personalizzati viene predisposto un
cammino nel quale ogni studente trova occasioni per maturare progressivamente le proprie capacità, concretizzandosi l’abbandono dell’uniformità
delle prestazioni a favore di percorsi che, seppur centrati su nuclei omogenei
sul piano nazionale, risultano adeguati alle potenzialità, alle aspettative e ai
bisogni del discente.
L’art. 3 del D.P.R. 275/1999 vincola le scuole all’elaborazione di un proprio
Piano dell’offerta formativa (POF) rappresentativo dell’identità culturale e
progettuale dell’istituzione, quale sintesi della progettazione educativa curricolare, extracurricolare e organizzativa, coerente con gli obiettivi generali disposti a livello nazionale. Esso si connota come documento unitario, rappresentativo e di garanzia, in quanto tutte le decisioni prese dalla comunità scolastica sono pertinenti e legittimate solo se esplicitate attraverso tale documento. Il contratto formativo stipulato con gli utenti connota il POF come documento di rilevanza giuridica, determinando la sussistenza di doveri da parte
dell’istituzione e generando l’insorgenza di diritti da parte dei fruitori. In tale
processo il dirigente scolastico assume il ruolo di garante e di facilitatore della compartecipazione di tutte le componenti del sistema scolastico, impegnandosi come sostenitore di una concreta e pertinente cultura della progettazione.
La scuola dell’autonomia è finalizzata alla realizzazione della flessibilità,
della diversificazione, dell’efficienza e dell’efficacia del servizio scolastico,
dell’introduzione di tecnologie innovative, dell’integrazione con il contesto
territoriale, cosicché la riforma scolastica mira al rafforzamento di tali prerogative.
I «portatori di interesse» («stakeholders») che a vario titolo entrano in
contatto con l’istituzione scolastica pongono alla scuola una domanda crescente di qualità che essa è chiamata a soddisfare, integrandola con le specifiche finalità che connotano l’erogazione dei servizi formativi scolastici. Fattori di qualità saranno da ricercare nel grado di efficacia degli obiettivi
raggiunti, nella validità e nella trasferibilità delle competenze sviluppate, nei
livelli di efficienza delle sequenze di apprendimento e delle attività, nei livelli
di condivisione degli obiettivi e dei processi decisionali, nell’assunzione di
responsabilità da parte di tutti i protagonisti, nella comunicazione attivata a
tutti i livelli, nelle procedure di controllo adottate sul prodotto e sui processi.
La scuola dell’autonomia, nell’ampliamento dei propri poteri decisionali e
di responsabilità, ha l’obbligo di porsi costruttivamente in un sistema di verifica dei risultati e di aderenza degli esiti agli obiettivi e agli standard prefissati. Ne consegue la necessità di predisporre un sistema di controllo del servizio
che agisca sia all’interno della singola scuola, come dispositivo di propulsione
e di regolazione dei processi formativi attivati, sia a livello di sistema, come
strumento di complessiva omogeneizzazione del servizio scolastico.
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Parte Prima - La scuola dell’autonomia e l’offerta formativa
5. L’autonomia didattica
In riferimento all’art. 4 del D.P.R. 275/1999, le istituzioni scolastiche, nel
rispetto della libertà di insegnamento, della libertà di scelta educativa delle
famiglie e delle finalità generali del sistema, concretizzano gli obiettivi nazionali in percorsi formativi funzionali alla realizzazione del diritto ad apprendere e alla crescita educativa di tutti gli alunni, riconoscono e valorizzano le
diversità, promuovono le potenzialità di ciascuno adottando tutte le iniziative
utili al raggiungimento del successo formativo.
Nell’esercizio dell’autonomia didattica le singole scuole regolano i tempi
dell’insegnamento e dello svolgimento delle discipline e attività in modo funzionale alla tipologia di studi e ai ritmi di apprendimento degli allievi.
A tal fine le istituzioni scolastiche possono adottare tutte le forme di flessibilità che ritengono opportune, fra cui:
a) l’articolazione modulare del monte-ore annuale di ciascuna disciplina;
b)la definizione di unità di insegnamento non coincidenti con l’unità oraria
della lezione e l’utilizzo degli spazi orari residui nell’ambito del curricolo
obbligatorio;
c) l’attivazione di percorsi didattici individualizzati, nel rispetto del principio
generale dell’integrazione dei discenti nella classe e nel gruppo, anche in
relazione agli alunni in situazione di handicap;
d)l’articolazione modulare di gruppi di alunni provenienti da classi diverse;
e) l’aggregazione delle discipline in aree e ambiti disciplinari.
Le istituzioni scolastiche assicurano quindi la realizzazione di iniziative di
recupero e di sostegno, di continuità e di orientamento scolastico e professionale, nonché l’implementazione di percorsi interdisciplinari, così come individuano le modalità e i criteri di valutazione degli alunni nel rispetto della
normativa nazionale e i criteri per la valutazione periodica dei risultati conseguiti dalle istituzioni scolastiche rispetto agli obiettivi prefissati.
L’individuazione delle metodologie, degli strumenti didattici e dei libri di
testo è coerente con il POF e viene attuata con criteri di trasparenza e tempestività, favorendo l’introduzione e l’utilizzazione di tecnologie innovative.
L’attenzione al diritto ad apprendere di tutti gli alunni, la tutela delle
potenzialità di ciascuno, l’obiettivo generalizzato del successo formativo di
ogni studente connotano l’autonomia scolastica quale prerogativa attuativa
del dettato costituzionale, rafforzando la finalità di rimozione degli ostacoli
dovuti alle differenze contingenti.
L’autonomia della scuola, nell’ottica del pluralismo culturale e metodologico proprio di una società democratica, richiama inequivocabilmente alla
libertà d’insegnamento, alla libertà di scelta educativa delle famiglie, alla
pluralità delle opzioni metodologiche e formative.
Gli strumenti di attuazione dell’autonomia didattica sono da individuare
nella progettazione formativa di soluzioni adeguate ed efficaci, che assicurino
Capitolo 2 - L’autonomia scolastica
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l’utilizzo flessibile e funzionale delle variabili della progettazione curricolare
e didattica, mentre tra i vincoli occorre evidenziare le prerogative che lo Stato mantiene a salvaguardia dell’unitarietà del sistema nazionale di istruzione,
fra cui l’obbligo di adottare procedure e strumenti di verifica e valutazione
della produttività scolastica e del raggiungimento degli obiettivi, quali strumenti di autovalutazione e autocontrollo delle scelte progettuali adottate.
L’autonomia didattica non va confusa con la libertà d’insegnamento, che a
sua volta rappresenta una garanzia costituzionale di natura etico-sociale,
trattandosi di un’assunzione di responsabilità e di coerenza culturale e professionale. Essa si contraddistingue come l’opportunità che l’insegnante ha di
individuare e attuare i processi di insegnamento/apprendimento ritenuti più
idonei per il conseguimento degli obiettivi prefissati.
La dimensione collegiale in cui si esercita l’autonomia didattica favorisce
il singolo docente nella messa in campo delle competenze individuali per la
realizzazione di un progetto collettivo, condiviso e compartecipato.
6. L’autonomia organizzativa
L’autonomia organizzativa di cui all’art. 5 del D.P.R. 275/1999 si sostanzia
nell’adozione di modalità organizzative e di utilizzo dei docenti che siano
espressione di libertà progettuale, in coerenza con gli obiettivi generali e
specifici di ciascun tipo e indirizzo di studio, curando la promozione e il sostegno dei processi innovativi e il miglioramento dell’offerta formativa.
In ciascuna istituzione scolastica le modalità di impiego dei docenti possono essere diversificate nelle varie classi e sezioni, in funzione delle eventuali differenziazioni nelle scelte metodologiche e organizzative adottate.
Gli adattamenti del calendario scolastico sono stabiliti dalle scuole in
relazione alle esigenze derivanti dal POF, nel rispetto delle funzioni in materia
di determinazione del calendario scolastico esercitate dalle Regioni a norma
dell’art. 138 del D.Lgs. 112/1998.
L’orario complessivo del curricolo e quello destinato alle singole discipline
e attività sono organizzati in modo flessibile, anche sulla base di una programmazione plurisettimanale, garantendo però l’articolazione delle lezioni in non
meno di cinque giorni settimanali e il rispetto del monte-ore annuale, pluriennale o di ciclo previsto per le singole discipline e attività obbligatorie. Ogni
istituzione scolastica, dunque, nell’ambito dell’autonomia organizzativa, adotta criteri flessibili di svolgimento delle attività formative nel rispetto delle
finalità predefinite ed esercita l’autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo in considerazione del contesto in cui opera, anche in collaborazione
con altre scuole o soggetti esterni, mediante la stipula di accordi di rete, consorzi o intese.
L’autonomia organizzativa, utilizzando la variabilità dei tempi, degli spazi
e dei gruppi, determina il passaggio da un assetto rigido a un’organizzazione
modulare che favorisce l’interconnessione delle variabili dell’organizzazione
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Parte Prima - La scuola dell’autonomia e l’offerta formativa
scolastica in funzione di una migliore pianificazione dell’offerta formativa, in
conformità con le caratteristiche degli alunni e con le loro esigenze formative.
Fra gli strumenti determinanti dell’autonomia didattica vi è l’organico
funzionale d’istituto, che consiste nell’assegnare alla scuola un certo numero di docenti in relazione alla popolazione scolastica e alle classi formate; la
scuola autonomamente utilizza il personale in modo flessibile e idoneo alle
esigenze emergenti.
Tale prerogativa tende a:
—favorire l’utilizzo ottimale delle risorse;
—consentire una pertinente risposta alle esigenze formative del territorio;
—agevolare la flessibilità di gestione e di organizzazione del servizio scolastico;
—sostenere iniziative formative di orientamento, ri-orientamento e di eventuale passaggio fra diversi ordini e indirizzi di studio per l’adempimento
dell’obbligo scolastico.
7. L’autonomia di ricerca, di sperimentazione e sviluppo
In base all’art. 6 del D.P.R. 275/1999 le istituzioni scolastiche, singolarmente o tra loro associate, esercitano l’autonomia di ricerca, sperimentazione
e sviluppo tenendo conto delle esigenze del contesto culturale, sociale ed economico delle realtà locali.
Fra le prerogative assegnate sulla base di tale articolo figurano:
a) la progettazione formativa e la ricerca valutativa;
b)la formazione e l’aggiornamento culturale e professionale del personale
scolastico;
c) l’innovazione metodologica e disciplinare;
d)la ricerca didattica sulle diverse valenze delle tecnologie dell’informazione
e della comunicazione e sulla loro integrazione nei processi formativi;
e) la documentazione educativa e la sua diffusione all’interno della scuola;
f) gli scambi di informazioni, esperienze e materiali didattici;
g) l’integrazione fra le diverse articolazioni del sistema scolastico e, d’intesa
con i soggetti istituzionali competenti, fra i diversi sistemi formativi.
Il quadro normativo riguardante l’autonomia di ricerca delle scuole è stato
ulteriormente chiarito con il richiamo al profilo professionale dei docenti,
delineato all’art. 27 del CCNL Comparto Scuola 2006/2009, che afferma:
«1. Il profilo professionale dei docenti è costituito da competenze disciplinari, psicopedagogiche, metodologico-didattiche, organizzativo-relazionali e di ricerca, documentazione e valutazione tra loro correlate e interagenti, che si sviluppano col maturare dell’esperienza didattica, l’attività di studio e di sistematizzazione della pratica didattica. I contenuti della prestazione professionale del
personale docente si definiscono nel quadro degli obiettivi generali perseguiti dal
Capitolo 2 - L’autonomia scolastica
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sistema nazionale di istruzione e nel rispetto degli indirizzi delineati nel piano
dell’offerta formativa della scuola».
Il binomio ricerca/sviluppo nasce nel campo dell’organizzazione aziendale per garantire all’impresa la capacità di migliorare i propri prodotti e i
propri processi, innalzandone la qualità e la capacità di innovazione, interessando inevitabilmente la dimensione organizzativa e prevedendo lo sviluppo
come parte costituente della stessa ricerca, attuabile attraverso la crescita,
l’ampliamento e l’avanzamento complessivo del sistema.
La sperimentazione è invece una fase del processo innovativo e migliorativo attraverso la quale il risultato di una precedente azione di ricerca stimola la generalizzazione e l’implementazione dei risultati sperimentali ottenuti.
Gli elementi essenziali di un processo di ricerca, sperimentazione e sviluppo sono da individuare nella libertà d’insegnamento, nell’opportunità di rispondere adeguatamente ai bisogni educativi degli studenti e alle attese delle
famiglie e del territorio migliorando l’efficacia del processo di insegnamento
e di apprendimento, nella coerenza con le finalità e gli obiettivi generali del
sistema d’istruzione.
Nell’ambito dell’autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo le istituzioni scolastiche potenziano inoltre lo scambio di documentazione e di
informazioni attivando collegamenti reciproci con gli istituti regionali di ricerca, sperimentazione e aggiornamento educativi, con università e con altri
soggetti pubblici e privati.
Coerentemente con tale prerogativa dell’autonomia scolastica, il modello
di ricerca più diffuso nelle scuole è la ricerca-azione, finalizzata non tanto
ad approfondire determinate conoscenze teoriche, ma piuttosto ad analizzare una pratica relativa a un campo di esperienza con lo scopo di introdurre,
nella pratica stessa, dei cambiamenti migliorativi. In campo educativo la ricerca-azione costituisce un elemento cardine della pedagogia istituzionale,
sia per ciò che riguarda la formazione del personale, sia per quanto concerne
l’analisi della pratica educativa e il suo miglioramento.
Nel caso in cui il progetto di ricerca e innovazione richieda modifiche strutturali, le istituzioni scolastiche, sulla base dell’art. 11 del D.P.R. 275/1999,
propongono iniziative finalizzate alle innovazioni con appositi progetti che
abbiano una durata predefinita e che indichino con chiarezza gli obiettivi. Tali
progetti sono volti a esplorare possibili innovazioni concernenti gli ordinamenti degli studi, la loro articolazione e durata, l’integrazione fra sistemi formativi, i processi di continuità e orientamento e sono sottoposti all’approvazione
del Ministero della pubblica istruzione, che eventualmente può sostenerli con
appositi finanziamenti disponibili negli stanziamenti ordinari di bilancio.
8. L’autonomia finanziaria
L’autonomia finanziaria consiste nella gestione autonoma dei fondi pervenuti per contributi statali, tasse e contributi degli studenti, più altre forme di
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Parte Prima - La scuola dell’autonomia e l’offerta formativa
autofinanziamento. In tal senso l’art. 21 della legge 59/1997 afferma che la
dotazione finanziaria essenziale delle istituzioni scolastiche in possesso di
personalità giuridica «è costituita dall’assegnazione dello Stato per il funzionamento amministrativo e didattico, che si suddivide in assegnazione ordinaria e
assegnazione perequativa».
Le istituzioni scolastiche vengono fornite di autonomia contabile, amministrativa e di bilancio e, sulla base di quanto evidenziato nel D.M. n. 44 del
1° febbraio 2001 (Regolamento concernente le «Istruzioni generali sulla gestione amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche»), «le risorse assegnate
dallo Stato costituenti la dotazione finanziaria di istituto sono utilizzate senza
altro vincolo di destinazione che quello prioritario per lo svolgimento delle attività di istruzione, di formazione e di orientamento proprie dell’istituzione interessata, come previste e organizzate nel Piano dell’offerta formativa, nel rispetto
delle competenze attribuite o delegate alle Regioni e agli enti locali dalla normativa vigente. Le istituzioni scolastiche provvedono altresì all’autonoma allocazione delle risorse finanziarie derivanti da entrate proprie o da altri finanziamenti dello Stato, delle Regioni, di enti locali o di altri enti, pubblici e privati, sempre
che tali finanziamenti non siano vincolati a specifiche destinazioni».
L’attribuzione senza vincoli di destinazione implica la possibilità di utilizzare la dotazione finanziaria indifferentemente per spese in conto capitale
(riferite a investimenti a fini produttivi) e per spese di parte corrente (riferite
al funzionamento dei pubblici servizi), con l’opportunità di variare la destinazione in corso d’anno.
La gestione finanziaria e amministrativo-contabile della scuola viene espressa in termini di competenza secondo i criteri manageriali di efficacia, efficienza ed economicità, nonché in conformità a sei principi di contabilità:
trasparenza, annualità, integrità, universalità, unicità, veridicità.
La finalità generale sottesa a tali prerogative è quella di accrescere l’efficienza della gestione amministrativa, realizzando la migliore utilizzazione
delle risorse umane e strumentali ed evolvendo verso modelli improntati al
perseguimento della produttività, della trasparenza e dell’efficienza dei servizi erogati.
9. I punti nodali dell’offerta formativa
Nell’attuale contesto sociale, poliedrico e in continuo mutamento, la richiesta formativa rivolta agli ambiti educativi risulta sempre più ampia e articolata, in armonia con le occorrenze emergenti dal territorio e con le potenzialità dell’extrascuola, cosicché le istituzioni scolastiche si trovano a dover organizzare le proprie attività innovative mirando sempre all’erogazione di un
servizio coerente e unitario, sviluppando al tempo stesso tutte le competenze
e le risorse disponibili.
Fra i punti qualificanti dell’offerta formativa, relativamente ai mutamenti
che attraversano una società civile oramai connotata dalla diversificazione
Capitolo 2 - L’autonomia scolastica
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dei contesti, dalla variabilità delle esigenze, dalla necessità di garantire la
trasferibilità dei saperi mediante l’acquisizione di competenze dinamiche e
riutilizzabili, emergono l’educazione interculturale, l’integrazione delle diversità, la personalizzazione dei processi formativi e l’utilizzo di metodologie
didattiche innovative.
I modelli europei, con i quali ci troviamo a confrontarci, si caratterizzano
per la molteplicità delle esperienze, richiedendo in modo pressante l’attivazione di processi educativi che mirino a favorire il rapporto tra culture per
una nuova socializzazione. Attualmente la riflessione sull’educazione interculturale determina l’insorgenza di una nuova forma di pedagogia che riconosce una pluralità di risposte alle tematiche emergenti del vivere quotidiano,
mirando al potenziamento della capacità di dialogo e di accoglimento dei
problemi concernenti gli alunni e le persone in difficoltà, cioè tutti coloro che
risultano ostacolati nel pieno espletamento dei processi di apprendimento, di
formazione e di integrazione sociale per diverse motivazioni.
Per «educazione interculturale» si intende la progettazione di un’attività
di interazione fra le parti, in una prospettiva che determini una maggiore
consapevolezza dei propri valori attraverso un confronto dinamico, atto a
stimolare la comprensione delle differenze nella definizione dei confini della
propria identità. Di conseguenza le pratiche interculturali che si sono affermate sono anzitutto di tipo «compensativo», in quanto rispondono principalmente all’urgenza di supplire agli svantaggi subiti dagli immigrati nelle nuove realtà, dovuti alla scarsa conoscenza della lingua, delle norme giuridiche,
degli usi e costumi dei Paesi di accoglienza.
Tuttavia, gli interventi «compensativi» non esauriscono l’ambito dell’educazione interculturale, che in effetti è molto più ampio, come emerge dagli
studi contemporanei e da documenti ministeriali. Ne consegue che il presupposto multiculturale consiste nello stimolare la conoscenza profonda dei
diversi universi culturali al fine di valutarne le differenze e le convergenze,
con l’intento di dare impulso a un’educazione interculturale capace di promuovere il rispetto del pluralismo. In quest’ambito l’educazione interculturale valorizza le più significative esperienze storiche di dialogo e coesistenza tra
culture, al fine di ricavarne utili insegnamenti per il presente: competenze
indispensabili per i docenti, per i mediatori culturali e per tutti coloro che
assumo rilevanti ruoli decisionali e gestionali nelle comunità odierne.
Riguardo al principio fondante di integrazione delle diversità, il dettato
costituzionale della Repubblica Italiana sancisce, all’art. 3, l’uguaglianza e la
pari dignità sociale di tutti i cittadini di fronte alla legge, senza distinzione di
sesso, razza, religione, opinioni politiche, lingua, condizioni personali e sociali. Tale postulato trova la sua piena realizzazione nella struttura organizzativa della scuola, che da oltre un ventennio integra gli alunni diversamente
abili nelle classi normali.
Nel quadro storico di evoluzione della scuola italiana i primi interventi di
recupero rivolti all’handicap risalgono agli ultimi decenni dell’Ottocento, con
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Parte Prima - La scuola dell’autonomia e l’offerta formativa
la nascita della pedagogia speciale come scienza organica e con la creazione
di istituti speciali dedicati ai disabili, fra cui quello diretto da Maria Montessori. Per assistere alle prime esperienze spontanee di integrazione scolastica
bisognò attendere, però, la fine degli anni Sessanta: infatti, la prima norma che
affermò la necessità di inserire gli alunni portatori di handicap nelle classi
normali, fatta eccezione per i casi di particolare gravità, fu la legge n. 118 del
30 marzo 1971, dopodiché la legge n. 517 del 4 agosto 1977 decretò, fra le
altre cose, l’insediamento dei «Gruppi di lavoro sull’handicap» presso i Provveditorati agli studi, prevedendo pure azioni specifiche volte all’integrazione degli
alunni portatori di handicap tramite le prestazioni di insegnanti specializzati.
Infine la legge n. 104 del 5 febbraio 1992 (Legge-quadro per l’assistenza,
l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), dopo aver definito
il portatore di handicap come colui che presenta una minorazione fisica, psichica e sensoriale che è causa di difficoltà di apprendimento e di integrazione
lavorativa o sociale, ne stabilì i diritti, affermando, tra le finalità generali, il
dovere della società civile di perseguire la rimozione delle cause invalidanti,
la promozione dell’autonomia e la realizzazione dell’integrazione sociale.
In questo contesto è importante rilevare che il deficit rappresenta una
mancanza oggettiva e certificata, mentre l’handicap è la difficoltà che il deficit procura alla persona, insieme agli ostacoli dell’ambiente sterno, cosicché
è su quest’ultimo che l’educazione deve intervenire per ridurre ciò che determina svantaggio.
Fra i punti fondamentali della normativa attuale, oltre che della pedagogia
contemporanea, vi è la progettazione formativa, che deve essere formulata
sulla base delle potenzialità possedute dal soggetto. In tale contesto si assiste
all’utilizzo del neologismo «diversabile», coniato per spostare il punto di
osservazione e di sviluppo dalle «non abilità» alle «abilità diverse», nell’intento di riuscire a cogliere i valori del limite, di vedere oltre l’handicap.
La legge 104/1992, recentemente modificata dalla legge n. 183 del 4 novembre 2010, ha affermato la centralità del diversabile nel proprio percorso di apprendimento, progettato sulla base delle sue capacità e delle sue scelte culturali.
Alla programmazione di percorsi di integrazione intervengono collegialmente
tutti gli operatori della scuola e l’espressione professionale del contesto scolastico si concretizza nella coesione del gruppo docente, come risposta qualificata,
sul piano della progettazione e della programmazione, al soggetto che apprende.
In effetti, sul piano più generale della personalizzazione dei processi
formativi la normativa di riforma della scuola attuale è apparsa attenta e
rispettosa nei confronti dei ritmi dell’età evolutiva, delle differenze e delle
identità di ciascuno in riferimento alla generalità degli alunni, mostrando così
di aver recepito gli indirizzi emersi a livello europeo (cfr. legge-delega 53/2003
e D.Lgs. 59/2004). Con l’adozione dei piani di studio personalizzati è stato
progettato un percorso nel quale ogni studente trova le giuste opportunità per
maturare progressivamente le proprie capacità, così da abbandonare l’uniformità delle prestazioni a favore di percorsi che, seppure centrati su nuclei
Capitolo 2 - L’autonomia scolastica
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omogenei a livello nazionale, risultano comunque adeguati alle potenzialità,
alle attese e ai bisogni del singolo alunno (cfr. legge 59/2004 e D.Lgs. 169/2008).
Partendo dalle esigenze formative dei singoli alunni, attraverso la definizione degli obiettivi formativi ci si impegna a promuovere il successo formativo di ogni allievo, puntando sull’acquisizione di conoscenze e abilità da
trasformare in competenze personali (cfr. legge 59/2004).
L’utilizzo di metodologie didattiche innovative è reso indispensabile, nella
delineazione dei percorsi didattici, dalla necessità di progettare e concretizzare
una scuola perfettamente radicata sia nella società dalla quale trae vita e sviluppo, sia nel territorio specifico sul quale insiste. L’innovazione presuppone prioritariamente l’uso delle nuove tecnologie tendenti a favorire strategie d’insegnamento basate sull’approccio costruttivistico, in cui i discenti sono gli attori
principali del processo di apprendimento in vista di una costruzione personale
e attiva del proprio sapere a partire dai bisogni e dalle motivazioni individuali.
La società contemporanea è attraversata dalla crescente diffusione di prodotti multimediali, ragion per cui la scuola si trova a dover interpretare il nuovo ruolo di mediatore tra le informazioni che lo studente riceve e la sua capacità di rielaborarle. Nella costruzione della conoscenza, intesa come incremento dinamico per mezzo del quale l’informazione viene interpretata dalla mente,
l’interattività si pone come nuova possibilità di insegnamento/apprendimento.
La principale finalità sottesa ai percorsi attivati mediante l’uso delle tecnologie informatiche è quella di promuovere sia la padronanza nell’utilizzo di
strumenti multimediali al fine di stimolare l’adozione di nuovi stili cognitivi
nello studio, nella comunicazione e nella progettazione, sia la conoscenza dei
problemi generali della vita sociale in modo concreto, favorendo la creazione
di una «mentalità di rete».
10.Le forme di collaborazione tra istituti
10.1Accordi tra pubbliche amministrazioni
Nel nuovo contesto dell’autonomia scolastica si assiste all’affermazione dei
princìpi di efficienza, efficacia e trasparenza che devono connotare l’erogazione dei servizi pubblici in risposta alle crescenti richieste di qualità formulate dall’utenza.
Tuttavia, la legge 241/1990, oltre ad aver sancito princìpi riformatori in
materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti
amministrativi, ha introdotto all’art. 15 anche la possibilità di instaurare
accordi tra le pubbliche amministrazioni per svolgere attività di interesse
comune in collaborazione, specificando all’art. 11 che tali accordi hanno
natura privatistica, cioè devono essere stipulati per atto scritto, e che ad essi
si applicano i princìpi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti,
ove non diversamente previsto.
Una distinzione rilevante in materia di collaborazione fra enti pubblici riguarda la specificità degli accordi instaurati, i quali possono essere rappre-
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Parte Prima - La scuola dell’autonomia e l’offerta formativa
sentati da organismi stabili o da semplici accordi. Gli accordi strutturati sono
l’associazione e il consorzio: in entrambi i casi si costituisce un nuovo soggetto
giuridico assoggettato alla disciplina civilistica relativa alla tipologia specifica.
Inoltre l’art. 7, comma 8 del D.P.R. 275/1999 ha previsto che le scuole,
sia singolarmente che collegate in rete, possano stipulare convenzioni con
università statali o private, con istituzioni, con enti, con associazioni o agenzie operanti sul territorio che intendano fornire il proprio apporto alla realizzazione di determinati obiettivi.
L’entrata in vigore della legge n. 15 dell’11 febbraio 2005 (Modifiche e integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 241, concernenti norme generali sull’azione
amministrativa) ha determinato importanti novità in merito alla disciplina degli
accordi tra l’amministrazione e i privati. L’istituto è stato potenziato mediante
la previsione della portata generale degli accordi sostitutivi del provvedimento,
prima limitata ai casi specifici previsti dalla legge. La medesima norma ha inoltre stabilito che «a garanzia dell’imparzialità e del buon andamento dell’azione
amministrativa, in tutti i casi in cui una pubblica amministrazione conclude accordi nelle ipotesi previste […], la stipulazione dell’accordo è preceduta da una
determinazione dell’organo competente per l’adozione del provvedimento».
L’autonomia scolastica introdotta dalla legge 59/1997 ha attribuito all’istituzione la facoltà di delineare la propria offerta formativa al fine di adeguarla alle esigenze dei portatori d’interesse e di potenziarne gli esiti in termini di
successo scolastico con l’obiettivo di fornire risposte adeguate alle esigenze
dell’utenza, strutturando interventi miranti ad affermare il ruolo della scuola
quale centro di promozione culturale, relazionale e di cittadinanza attiva.
10.2Le reti di scuole
Affinché si possano concretizzare sinergie adeguate alla piena realizzazione dell’autonomia scolastica l’art. 7 del D.P.R. 275/1999, relativo alle «Reti
di scuole», ha approfondito la materia tracciando un percorso di apertura
della scuola e di collaborazione tra vari soggetti (istituzionali e non) finalizzato all’arricchimento dell’offerta formativa in relazione alle istanze del territorio. In base a questa norma le istituzioni scolastiche possono promuovere
accordi di rete per il raggiungimento delle proprie finalità istituzionali inerenti al potenziamento delle attività didattiche, di ricerca, sperimentazione e
sviluppo, di formazione e aggiornamento, di amministrazione e contabilità,
di acquisto di beni e servizi, di organizzazione, ferma restando l’autonomia
dei singoli bilanci delle istituzioni coinvolte.
L’organo competente per la deliberazione di tali accordi è il Consiglio
d’istituto, ma nel caso in cui l’accordo preveda attività didattiche o di ricerca,
sperimentazione e sviluppo, ovvero di formazione e aggiornamento, esso deve
essere approvato anche dal Collegio dei docenti delle singole scuole interessate per la parte di propria competenza.
Nella determinazione deve essere individuato l’organo responsabile della
gestione delle risorse e del raggiungimento delle finalità del progetto, la du-
Capitolo 2 - L’autonomia scolastica
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rata, le competenze e i poteri, nonché le risorse professionali e finanziarie
messe a disposizione della rete dalle singole istituzioni, potendo prevedere
anche lo scambio temporaneo di professionalità, con uno stato giuridico
omogeneo, fra le istituzioni aderenti alla rete.
Nel contesto delle reti di scuole possono essere istituiti anche laboratori
concernenti:
• la ricerca didattica e la sperimentazione;
• la documentazione, secondo procedure definite a livello nazionale, per la
più ampia circolazione, anche mediante rete telematica, di ricerche, esperienze, documenti e informazioni;
• la formazione in servizio del personale scolastico;
• l’orientamento scolastico e professionale.
Il comma 7 prevede la possibilità per le reti di scuole di ridefinire i rispettivi organici in modo da consentire l’affidamento a personale dotato di specifiche competenze ed esperienze di compiti organizzativi e di raccordo interistituzionale e di gestione dei laboratori menzionati al comma 6.
Inoltre, come stabilito dall’art. 56 del D.M. 44/2001, le scuole, sia singolarmente che collegate in rete, possono stipulare convenzioni con università statali o private, con istituzioni, enti, associazioni o agenzie operanti sul
territorio per la realizzazione di specifici progetti e per l’acquisizione di
servizi e beni che facilitino lo svolgimento dei compiti di carattere formativo. Gli accordi di collaborazione con soggetti pubblici devono essere regolati con convenzioni che evidenzino i rapporti finanziari e i reciproci obblighi e garanzie. Le intese dovranno stabilire anche a quale dei soggetti
partecipanti, al termine della collaborazione, passerà la proprietà degli
eventuali beni durevoli acquistati. Le collaborazioni con agenzie formative
private devono risultare da atto scritto, nel quale si delineano gli aspetti
organizzativi del progetto da realizzare, le competenze di ciascun soggetto,
nonché le attività amministrate dal singolo componente e l’ammontare delle risorse da impiegare.
Nel quadro normativo appena evidenziato, in cui ampie sinergie caratterizzano la collaborazione tra le agenzie formative presenti sul territorio, i percorsi formativi vengono arricchiti dall’apporto di enti esterni specializzati, delineandosi la messa in campo di metodologie formative tendenti a polarizzare
l’interesse del discente, potenziando i processi di autostima, di cooperazione
e di solidarietà, con la finalità sia di realizzare un sistema formativo integrato,
diretto all’attuazione di una prassi educativa efficace, sia di superare l’attuale
stato di discontinuità tra le agenzie educative intenzionali. Pertanto la scuola
dell’autonomia promuove le relazioni esterne attraverso azioni coordinate con
i soggetti culturali, politici, professionali, sociali ed economici del territorio,
allo scopo di attivare azioni di supporto alle particolari problematiche sociali
dell’utenza e del contesto in cui opera, implementando la cultura di rete come
strumento di sviluppo e di visibilità dei percorsi formativi tracciati.