ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE REGINA APOSTOLORUM L’ESISTENZA DELL’ASSOLUTO TRASCENDENTE FILOSOFIA DELL’ESSERE ELISABETTA RATTI CARRARA, 17 OTTOBRE 2008 INTRODUZIONE Il testo di GONZA’LEZ A. A, L. C., Il significato della vita. Introduzione alla metafisica, APRA, Roma, 2002, mi ha dato la possibilità di approfondire il discorso sull’esistenza di Dio attraverso l’analisi delle cinque vie di Tommaso1 e l’argomento ontologico di Anselmo2. Definire l’Assoluto Trascendente e dimostrarne l’esistenza è possibile attraverso “la struttura degli enti dell’universo – potenziali, limitati, composti, contingenti, imperfetti… La gerarchia degli enti in tutti i loro aspetti e gli ideali umani ci conducono alla Fonte di tutti i trascendentali3 e all’Ideale Perfetto. Lo studio delle cause efficienti 4 e dell’ordine teleologico del cosmo ci rivelano la sua Causa Primaria e il suo Fine Ultimo…”5. L’Assoluto, Origine e Fine di tutto non si trova dalla realtà che ci circonda, bensì trascende il mondo naturale, materiale e sensibile6; e questo lo sappiamo dallo studio dei principi, delle proprietà e delle cause della realtà, oggetto formale quod7 della metafisica. La verità, proposta dalle metafisiche della trascendenza, consiste nell’affermare l’esistenza di Qualcosa o Qualcuno, il quale ci trascende. S. TOMMASO D’AQUINO, La Somma Teologica, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 1985, Volume I, Quaestio II, Articolo 1-3, pp. 72-91. 2 ANSELMO D’AOSTA, Proslogion, EUROPIA, Novara, 1994, capitolo I-IV. 3 Nel lessico della scolastica medievale trascendentale indica un aggettivo qualificante le nozioni che erano considerate specificazioni del concetto di ente. Alla sua origine sta la tesi che – come quella di ente è la nozione di maggiore universalità pensabile, estendendosi a ciascun essere – così anche le sue specificazioni trascendono in generalità le categorie: “Le nozioni di uno, vero, buono, bello non sono, pertanto, realtà diverse da ente… Sono piuttosto sfaccettature della medesima realtà. La loro estensione è tanto universale come quella di ente. Per questa ragione li chiamiamo trascendentali, perché trascendono il dominio delle categorie, come lo trascende l’ente”. Cf. GONZA’LEZ A. A, L. C., Il significato della vita. Introduzione alla metafisica, APRA, Roma, 2002, p. 138. 4 Al proposito Cf. GUTBERLET A., L. C., Pensiero filosofico su Dio e la Religione, II Teologia Naturale, APRA, Roma, 2005, pp. 23-32 e GONZA’LEZ A. A, L. C., Il significato della vita… Op. cit., pp. 175-214. 5 IBIDEM, p. 226. 6 IBIDEM, pp. 42-45. Bisogna distinguere tra Metafisiche dell’immanenza, le quali affermano che l’Orbe contiene in sé la propria forza governatrice e creatrice (naturalistiche, materialistiche, idealistiche) e Metafisiche della trascendenza, le quali affermano che l’Orbe si trova in qualche Principio o Forza governatrice e creatrice che si trova fuori e al di là di esso (partecipazione e proporzionalità). 7 IBIDEM, p. 26: “L’oggetto formale quod consiste nell’aspetto dell’oggetto materiale che si studia, ossia, la luce, la prospettiva e il punto di vista sotto il quale si analizza il contenuto di una scienza. Determina la differenza specifica di ogni scienza”. L’oggetto di una scienza si suddivide in: oggetto materiale, la materia di cui una determinata scienza tratta; oggetto formale quod, che stabilisce la differenza specifica di ogni scienza, l’oggetto formale quo, che si identifica con i mezzi, i metodi, gli strumenti che si utilizzano per progredire nella ricerca scientifica. 1 2 Studiando gli aspetti oggettivi (oggetto materiale immediato della metafisica: l’universo o mondo), soggettivo (l’esperienza umana, ossia il modo in cui gli uomini si relazionano con il mondo), sintetico (la coscienza filosofica nel suo duplice aspetto, oggettivo e soggettivo) del problema metafisico, posto in relazione con le dimostrazioni di Tommaso e Anselmo, ci si potrà avvicinare al Mistero dei misteri, all’Assoluto Trascendente, all’Essere, cioè, che trascende, oltrepassa la realtà dell’universo e dell’esperienza umana, che contiene in sé tutte le perfezioni e che per questo è libero da ogni altro ente causato da Lui stesso8. Il capitolo del testo di Introduzione alla metafisica9 dedicato all’Assoluto Trascendente e alla risoluzione del problema metafisico è strutturato come segue: 1) La soluzione alla problematicità dell’universo (analisi aspetto oggettivo): a. Dalla struttura atto - potenza10 all’Atto puro (Dio): ogni ente mondano è in continuo divenire, di conseguenza l’intero Cosmo è in costante mutamento ed evoluzione, l’intera realtà dell’universo passa continuamente dalla potenza all’atto. Nessun ente è in grado di farsi passare dalla potenza all’atto, dall’inesistenza all’esistenza. Tutto ciò che è in potenza deve essere posto in atto da un altro ente anteriore in atto e così via fino al Primo Atto, all’Atto puro, a Dio, eternamente in atto senza potenza, il Motore Immobile del divenire. b. Dalla struttura sostanza – accidenti all’Infinito di Perfezione Assoluta (Dio): l’ente finito è composto da sostanza e accidenti. La sostanza11, cioè la forma più la materia, 8 IBIDEM, p. 226. IBIDEM, pp. 221-228. 10 Atto è ente o perfezione esistente mentre la potenza è la capacità di acquisire un atto o una perfezione. Atto e potenza sono i principi presenti in uno stesso aspetto. Infatti, la potenza si riferisce alle molteplici e perfino contraddittorie possibilità reali di un soggetto mentre l’atto consiste nello sviluppo di una possibilità, nella perfezione acquisita. IBIDEM, pp. 68-69. 11 La sostanza (sostanza prima) indica l’individuo concreto in quanto sinolo di materia (ciò di cui una cosa è fatta – elemento recettivo) e forma (natura propria di una cosa – elemento attivo). Al proposito Cf. ABBAGNANO N. e FORNERO G., Protagonisti e Testi della Filosofia, Paravia, 1999, Volume A, Tomo 1, p. 276. E’ necessario inoltre distinguere tra sostanza prima, sostanza individuale che esiste in un ente singolare, il substratum per il quale qualcosa o qualcuno è questo individuo e non altro, e sostanza seconda, il concetto universale o astratto dell’essenza di una sostanza prima, la natura che accomuna tutti gli individui di una specie. Cf. GONZA’LEZ A. A, L. C., Il significato della vita… Op. cit., pp. 78-79. 9 3 possiede un determinato grado di perfezione proprio della sua natura e manca di tutte le altre perfezione proprie dei diversi enti finiti del Cosmo. La sostanza, essendo limitata e finita, ha continuamente bisogno di attualizzarsi e progredire attraverso molteplici perfezioni secondarie, gli accidenti 12. Però nulla di finito, imperfetto e limitato è in grado di attualizzarsi, di progredire nelle perfezioni di cui in precedenza mancava: “Anche le prime sostanze dell’universo dovettero ricevere da Qualcuno che non avesse un grado di essere determinato, limitato, ma che fosse Infinito e che non avesse bisogno di perfezionarsi attraverso accidenti, essendo Perfezione Assoluta”13. c. Dalla struttura materia – forma alla Semplicità Assoluta (Dio): ogni sostanza, come abbiamo detto, è sinolo di materia e forma, quindi è qualcosa di composto, che non può assolutamente comporre se stesso ma necessita di una causa agente, la quale unisca i principi di materia e forma e lo faccia essere ciò che è in sé e non in altro. Non è possibile giungere a una catena infinita di agenti composti, che compongono gli altri, perché altrimenti non si spiegherebbe chi ha composto il primo ente materiale. Il Primo Agente non può essere composto, bensì Semplice, Immateriale, “Spirito che contiene in sé tutte le perfezioni di tutte le forme e le ha causate tutte”14. d. Dalla struttura essere – essenza all’Ipsum Esse Subsistens (Dio): sappiamo che nessun soggetto sussistente si identifica con il suo proprio essere, dal momento che tutti siamo contingenti; infatti, noi siamo ma possiamo anche non essere, non esistere, perché nessuno ha diritto all’esistenza. Ogni ente finito ha ricevuto l’esistenza, l’atto d’essere da altri. Il primo atto di essere della creazione non può essere venuta dal nulla ma da Qualcosa di Necessario, non contingente, che non L’accidente rappresenta la qualità che una sostanza può avere o non avere. Al proposito Cf. ABBAGNANO N. e FORNERO G., Protagonisti…Op. cit., Tomo 1, p. 276. 13 GONZA’LEZ A. A, L. C., Il significato della vita… Op. cit., p. 223. 14 IBIDEM. 12 4 ha bisogno di altri per esistere, in quanto è la pienezza dell’Essere. In questo Qualcosa l’essenza coincide con l’esistenza. e. Dalla persona umana alla Prima Persona (Dio): L’uomo, fatto a immagine e somiglianza, è il climax della creazione, la cui dignità ontologica non è pari a quella di nessun altro ente. Ogni uomo, per vivere, dipende da altri uomini e nessuno ha dato a se stesso la propria anima. Il primo uomo, sintesi di anima e corpo, è stato formato da una Prima Persona Trascendente, in cui Pensiero e Volontà coincidono; Egli è l’Assolutamente Libero di creare le persone umane a sua immagine e somiglianza (Genesi 1, 27), in modo da farle partecipare alla sua Personalità. 2) La soluzione alla problematicità dell’esperienza umana (analisi aspetto soggettivo): a. La Fonte dei Trascendentali (Dio): esiste una gerarchia tra gli enti, che conduce inevitabilmente ad un Ente di grado massimo, il Princeps Analogatum15 di tutte le perfezioni, la Fonte dei Trascendentali, la stessa Unità, Verità, Bontà, e Relazionalità stessa. b. La Fonte degli ideali dell’uomo (Dio): l’uomo aspira alla verità completa, alla gioia perfetta, alla vita eterna e questi ideali ci sono stati iniettati fin dal concepimento dall’Ideale anelato, dalla Verità stessa, la Vita eterna, la Felicità, la Giustizia, l’Amore. 3) La soluzione alla problematicità della filosofia (analisi aspetto sintetico): a. Dagli agenti naturali alla Causa Efficiente Prima (Dio): nessun ente è causa efficiente di se stesso, perché esisterebbe prima di esistere e questo è impossibile. 15 Il Princeps analogatum, in una serie di analogati (in metafisica sono gli enti che si relazionano con un vincolo reale), è il principale, perché possiede la perfezione comune in modo eminente, mentre gli analogati secondari la condividono soltanto per partecipazione in differenti gradi. In merito a questo argomento Cf. IBIDEM, pp. 123-136. 5 Ogni ente, pertanto è effetto di una Causa Incausata, che non è effetto di un’altra causa precedente. Essa è Causa Esemplare Primaria di tutte le forme trasmesse. b. Dall’ordinamento naturale o teleologia alla causa Finale Ultima (Dio): ogni ente, anche privo di intelligenza ha un fine; di conseguenza ci deve essere una Qualche Intelligenza che abbia tracciato un Disegno saggio per mezzo del quale tutte le cose sono dirette al fine intrinseco ed estrinseco e al Fine Ultimo per il quale sono state create. Lo studio e l’analisi dettagliata degli enti dell’universo avvicinano a Dio, il Cosmo (Rivelazione Natuarle16) offre all’uomo un’occasione per conoscere il Piano divino, per guardare al Mistero dei misteri con maggiore fiducia e speranza di quanta in realtà ne abbia, al fine di contemplare le meraviglie del Creato, lodando il Creatore per il dono della vita, che ha voluto, nella Sua Magnificenza e Misericordia, donare all’uomo. L’Assoluto Trascendente esiste e la dimostrazioni di Anselmo e Tommaso hanno contribuito in passato e contribuiscono ancora oggi a definirlo maggiormente. Al fine di raggiungere tale obiettivo, ho deciso di suddividere il presente lavoro secondo quanto segue: La Metafisica, fondamento e climax della filosofia, strumento e base per la teologia; Il periodo storico – filosofico di Anselmo e Tommaso; Le prove dell’esistenza dell’Assoluto Trascendente: l’argomento ontologico di Anselmo e le cinque vie di Tommaso; La critica di Tommaso ad Anselmo. 16 La Rivelazione naturale è la testimonianza che Dio dà di sé nella creazione mentre la Rivelazione soprannaturale è Dio stesso che va alla ricerca dell’uomo per salvarlo, illuminarlo e stabilire con lui una relazione personale e salvifica. Questa è la Rivelazione che è accolta nella fede e che è la base della teologia. Al proposito Cf. ASCENCIO J. G., Risplenda su di noi il tuo volto, Introduzione alla Teologia, APRA, Roma, 2005, p. 27. 6 Tale struttura dello svolgimento organico offre una visione generale del periodo storico–filosofico, che aiuta non poco a penetrare nella mentalità dell’epoca e a fare proprie le metodologie della Scolastica, atte alla formulazione di verità oggettive, tra cui l’esistenza dell’Assoluto Trascendente. 7 LA METAFISICA, FONDAMENTO E CLIMAX DELLA FILOSOFIA, STRUMENTO E BASE PER LA TEOLOGIA Il filosofo Aristotele (384-83 a. C. – 322-21 a. C.) distingue tre gruppi di scienze17: 1) Teoretiche – Metafisica, Fisica, Matematica – le quali hanno per oggetto il necessario (ciò che non può essere diverso da ciò che è ) e come scopo la conoscenza disinteressata della realtà. 2) Pratiche – Etica e Politica – le quali hanno per oggetto il possibile (ciò che può essere diverso da ciò che è) e indagano l’ambito dell’agire individuale. 3) Poietiche o produttive – Arti belle e Tecniche – le quali hanno per oggetto il possibile e indagano l’ambito della produzione di opere e della manipolazione di oggetti. La metafisica fa parte delle scienze teoretiche, che hanno per oggetto il necessario e come scopo la conoscenza intellettuale della realtà. Il termine metafisica non è aristotelico, infatti lo Stagirita, per indicare tale disciplina, adopera il termine Filosofia Prima, in quanto il compito, che le è proprio, consiste nell’indagare le strutture profonde e le cause ultime del reale, che vanno al di là delle apparenze immediate dei sensi e del campo di studio della fisica18. Invece, il termine risale ad Andronico di Rodi, che nel I sec. d C., ordinando i capolavori aristotelici, pone le opere di ‘filosofia prima’ dopo i libri di fisica: “Sembra, tuttavia, che Andronico volle utilizzare tale titolo per indicare che la metafisica tratta, precisamente, di ciò che si trova “al di là” della fisica, ossia, delle cose non sensibili che danno fondamento alla realtà corporea”19. La metafisica, essendo scienza, ha: ABBAGNANO N. e FORNERO G., Protagonisti…Op. cit., Tomo 1, p. 272. E’ necessario distinguere tra la metafisica naturale, comune ad ogni mortale, asistematica, imprecisa, implicita in idee e atteggiamenti, non ragionata, e metafisica scientifica o filosofica, razionale, sistematica, precisa, esplicita, argomentata, la quale si dedica con tutta la persona a trovare e vivere la verità fondante. Cf. GONZA’LEZ A. A, L. C., Il significato della vita… Op. cit., p. 24. 19 IBIDEM, p. 26. 17 18 8 1) Un oggetto materiale, cioè la materia di cui tratta, che consiste nello studio dell’intera realtà, dell’ente in quanto ente (composto di essenza – natura – e essere – esistenza). 2) Un oggetto formale quod, cioè il punto di vista, che consiste nello studio dell’intera realtà in quanto è, poiché “soltanto dalla perfezione dell’essere possiamo comprendere tutto ciò che esiste”20. Quindi alla metafisica interessa tutta la realtà – gli enti - in quanto possiede l’essere e la studia considerandone i principi, le proprietà e le cause comuni a tutti gli enti21. 3) Un oggetto formale quo, cioè il mezzo e lo strumento, che consiste nell’uso della ragione umana, sostenuta dal cuore: Il metafisico non può ragionare come se fosse uno spettatore neutrale o apatico. E’ in gioco la sua felicità. Deve impegnare, pertanto, tutte le sue forze personali… cioè la ricerca appassionata del senso ultimo dell’esistenza che impegna appieno il proprio cuore e che si acquisisce per mezzo dello sforzo intellettuale, ascetico, morale e religioso”22. Essendo lo studio dell’ente in quanto tale, la metafisica si costituisce come presupposto indispensabile di ogni ricerca. Sostenere ciò, quindi, equivale ad affermare che la metafisica non ha per oggetto una realtà particolare, bensì la realtà in generale: “Solo la metafisica considera l’essere in quanto tale, prescindendo dalle determinazioni che formano l’oggetto delle scienze particolari e studiando le caratteristiche fondamentali che strutturano l’essere come tale e quindi tutto l’essere e ogni essere. Per questo la metafisica è la filosofia prima mentre le altre scienze filosofie seconde”23. Alla luce di quanto affermato fino a questo momento, qual è il rapporto tra metafisica e filosofia e tra metafisica e teologia? 20 IBIDEM, p. 27. IBIDEM, p. 28. 22 IBIDEM, p. 29. 23 ABBAGNANO N. e FORNERO G., Protagonisti…Op. cit., Tomo 1, p. 273. 21 9 La metafisica è scienza delle cause ultime (di cui si chiede non il come ma il perché). Essa deve trovare, infatti, l’Assoluto Trascendente, la Causa Incausata, il Principio e il Fine Ultimo di ogni cosa24. La “filosofia prima” è scienza, perché conta su alcuni oggetti materiali e formali, su un metodo razionale proprio e su una sistematicità25. Ma la metafisica è anche sapienza dal momento che si occupa del senso ultimo della realtà, onnicomprensivo e vitale. La stessa filosofia nasce metafisicamente e la metafisica costituisce da sempre “la filosofia prima, il fondamento, il nucleo, il climax, l’unità intrinseca della riflessione filosofica” 26. Questa scienza offre al filosofo la sapienza, che egli ricerca, dal momento che considera i principi27 e le cause più universali delle cose. Essa è anche divina e questo perché: 1) Tratta di Dio come causa di tutto. 2) Cerca di conoscere le cose come Dio le conosce, nella misura in cui sia possibile alla ragione umana. Per quanto riguarda invece il rapporto della metafisica con la fede e conseguentemente con la teologia, dobbiamo mettere in chiaro che la fede non esclude la ragione, in quanto entrambi doni di Dio: “Pertanto tra la metafisica e la teologia deve regnare l’armonia, non il conflitto, poiché entrambe hanno oggetti, metodi e finalità diverse e la loro conoscenza è fondamentale… La metafisica serve alla fede come base, perché la conoscenza del soprannaturale presuppone quella del naturale”28. Il problema metafisico consiste, infatti, nella ricerca dell’Assoluto, del Fondamento ultimo di tutto. Al problema metafisico l’uomo può rispondere in due modi: con la metafisica dell’immanenza, che trova la spiegazione ultima di tutta la realtà all’interno del mondo sensibile, oppure con la metafisica della trascendenza, che trova la spiegazione ultima della realtà al di là del mondo fisico, in un Principio o Assoluto Trascendente. Al proposito Cf. GONZA’LEZ A. A, L. C., Il significato della vita… Op. cit., pp. 42-43. 25 IBIDEM, p. 30. 26 IBIDEM, p. 31. 27 Il primo principio della metafisica è quello di non contraddizione, che afferma che è impossibile essere e non essere nello stesso tempo e nello stesso senso. Insieme al principio del terzo escluso ci aiuta a scoprire la verità e a progredire nel nostro pensare, comprendere e conoscere. Cf. IBIDEM, p. 55. 28 IBIDEM, p. 32. 24 10 IL PERIODO STORICO – FILOSOFICO DI ANSELMO E TOMMASO Nella filosofia medievale, il contrasto esasperato tra fede e ragione non ha molto successo e si preferisce attenersi costantemente al principio della loro possibile armonia. Il connubio fede – ragione è proprio della filosofia scolastica. La parola Scolastica designa la filosofia cristiana nel Medioevo, mentre il nome scholasticus indica, nei primi secoli del Medioevo, l’insegnante delle sette arti liberali 29 e successivamente il docente di filosofia o di Teologia, il cui titolo ufficiale è magister, il quale tiene le sue lezioni dapprima nella scuola del chiostro o della cattedrale e poi nell’università (studium generale). Lo studio e lo sviluppo della Scolastica si collegano strettamente alla funzione dell’insegnamento, la quale determinò anche la forma e il metodo dell’attività letteraria degli scrittori scolastici. Le forme fondamentali dell’insegnamento sono due: 1) La lectio, la quale consiste nel commento di un testo. 2) La disputatio, la quale consiste nell’esame di un problema, fatto con la considerazione di tutti gli argomenti, che si possono addurre pro e contra. L’attività letteraria degli scolastici assume la forma di Commentarii (alla Bibbia, alle opere di Boezio, alla logica di Aristotele e in seguito alle Sentenze di Pietro Lombardo e alle altre opere di Aristotele) o di raccolte di Quaestiones: “Raccolte di questo genere sono i Quodlibeta che comprendono le questioni che gli aspiranti alla laurea in Teologia dovevano discutere due volte l’anno (prima di natale e prima di Pasqua) su temi qualsiasi de quolibet. Le quaestiones disputatae sono invece il risultato delle disputationes ordinariae che i professori di Teologia tenevano durante i loro corsi sui più importanti problemi filosofici e teologici”30. La connessione della Scolastica con la funzione dell’insegnamento fa parte della sua stessa natura, il cui obiettivo principale è quello di portare l’uomo alla comprensione 29 Arti del Trivio: grammatica, retorica, dialettica e Arti del Quadrivio: geometria, aritmetica, astronomia, musica. 30 ABBAGNANO N. e FORNERO G., Protagonisti e Testi della Filosofia, Paravia, 1999, Volume A, Tomo 2, p. 560. 11 della Verità Rivelata: “La coincidenza tipica e totale del problema speculativo e del problema educativo giustifica pienamente il nome della filosofia medievale e ne spiega i tratti fondamentali”31. Quali sono le caratteristiche della Scolastica? 1) A differenza della filosofia greca, la Scolastica non è una ricerca autonoma che afferma la propria indipendenza critica di fronte ad ogni tradizione ma ha come fondamento e norma per la ricerca la tradizione religiosa cristiana. 2) Il suo punto di partenza è la Verità Rivelata e accolta nella Fede, attraverso le Sacre Scritture, i Dogmi, i Padri della Chiesa. 3) Il pensiero scolastico ritiene che l’uomo non è in grado di accedere alla verità Rivelata con le sole forze. E’ necessaria, infatti, la Grazia Divina. 4) Il riferimento alle Sacre Scritture alle Auctoritates è costante. 5) La tradizione filosofica, che si rifà alla Scolastica è in primis la dottrina aristotelica. Il problema dominante della Scolastica è il problema della rapporto ragione e fede e la sua periodizzazione si fonda sul diverso modo di risolvere il problema. La periodizzazione tradizionale distingue quattro fasi della Scolastica: 1) Pre-scolastica: fase della rinascenza carolingia, nella quale è presupposta e ammessa l’identità di ragione e fede. 2) Alta Scolastica, che va dalla metà dell’XI secolo alla fine del XII secolo. In questa fase il rapporto ragione – fede comincia ad affacciarsi e ad essere posto chiaramente sulla base della potenziale antitesi dei due termini. In questo periodo la cultura cessa di essere patrimonio delle abbazie e l’insegnamento tende ad organizzarsi nella forma che prenderà nel XIII secolo con le università. Prende campo la famosa disputa tra dialettici, che vogliono affidarsi alla ragione per intendere la verità di fede, e 31 IBIDEM, p. 560. 12 antidialettici, che si appellano all’autorità dei santi e dei profeti, limitando il compito della filosofia alla difesa della dottrina rivelata. (A questa fase appartiene Anselmo)32. 3) Fioritura della Scolastica, che va dal XIII33 secolo agli inizi del XIV secolo. In questo periodo si hanno i grandi sistemi scolastici e ragione e fede, pur distinte tra loro, vengono concepite come armonicamente conducenti agli stessi risultati. (A questa fase appartiene Tommaso). 4) Dissolvimento della Scolastica, XIV secolo, durante la qual fase si arriva a sostenere l’insolubilità del problema del rapporto ragione – fede, in quanto i loro domini sono eterogenei. Nonostante sia conclusa, la Scolastica rimane attuale per esprimere l’esigenza, per l’uomo che vive in una tradizione religiosa, di intendere e giustificare razionalmente questa tradizione. Dopo aver esposto il quadro generale del periodo storico – filosofico cui appartengono Anselmo e Tommaso, il presente lavoro si soffermerà sulla presentazione dell’argomento ontologico del Proslogion e delle cinque vie della Summa Theologiae. Dopodichè verrà fatta un’analisi della critica dell’Aquinate all’arcivescovo di Canterbury, volta alla difesa delle prove a posteriori dell’esistenza dell’Assoluto Trascendente. 32 33 IBIDEM, pp. 562-64. Nel XIII secolo, con la reintroduzione di Aristotele33 in Occidente, l’uso della ragione al servizio della fede è potenziato. Cf. al proposito ASCENCIO J. G., Risplenda su di noi il tuo volto, Introduzione alla Teologia, APRA, Roma, 2005, p. 50: “Nel Basso Medioevo e fino agli inizi del secolo XIII, l’unica cosa che si conosceva della filosofia di Aristotele era la logica. Tuttavia, i filosofi arabi l’avevano conservata per intero e l’avevano commentata con grande abilità. Così, nel XIII secolo fu possibile reintrodurre la filosofia aristotelica nell’ambito della cristianità occidentale. Le università europee di recente formazione, come quella di Parigi, accolsero gradualmente questa filosofia”. 13 IL PROSLOGION E LA SUMMA THEOLOGIAE: ARGOMENTO ONTOLOGICO E PROVA A POSTERIORI DELL’ESISTENZA DELL’ASSOLUTO TRASCENDENTE Le prove dell’esistenza di Dio Tra le prove dell’esistenza di Dio, si distinguono soprattutto tre gruppi: 1) Le vie a posteriori – Le cinque vie di Tommaso. Con questo tipo di dimostrazione si deduce la causa dagli effetti. 2) Le vie a priori – L’argomento ontologico. Con questo tipo di dimostrazione si deducono gli effetti dalla causa. 3) Le vie interiori – La prova delle verità eterne, l’argomento ontologico e l’argomento eudemonologico. Con questo tipo di dimostrazione, si deducono gli attributi dalla essenza.34 L’argomento ontologico di Anselmo Le opere maggiori di Anselmo di Canterbury (1033 – 1109) sono le due che recano il titolo Monologion (Soliloquio) e Proslogion (Colloquio), entrambe dedicate al problema di Dio, cioè allo studio della sua natura e del suo rapporto con il mondo oltre che alla dimostrazione della sua esistenza. Il Monologion, in origine denominato Exemplum meditandi de ratione fidei, ha il carattere di una esposizione sistematica propria di quella concezione platonica della verità divina come razionalità ordinata e ordinatrice, che gli antidialettici avevano rifiutato. Anselmo aderisce ad una considerazione della dialettica come disciplina della ricostruzione mentale del creato “la stessa che all’inizio del De veritate egli formula in un principio che sarà fondamentale in tutti i suoi scritti filosofico – teologici: la verità di una proposizione enunciata dal linguaggio umano consiste nella rectitudo formale, ossia nella capacità, che 34 Sia il termine a priori che l’aggettivo interiore non sono appropriati. Non può esistere una prova a priori dell’esistenza di Dio, poiché Dio è Causa prima e non c’è nessuna realtà anteriore a Lui. L’argomento ontologico è una prova a simultaneo. Cf. GUTBERLET A., L. C., Pensiero filosofico…Op. cit., pp. 6-7. 14 viene proprio dal rispetto delle leggi della dialettica, di riferire l’esistenza di ciò che veramente è”35. Il progetto del Monologion è di applicare tale principio alla conoscenza del Divino: mettere la ragione in grado di tentare la medesima ricerca di un ordine razionale, che persegue nell’indagine sul creato, nei confronti dell’oggetto supremo del suo pensiero, cioè Dio: “Ma una conoscenza vera del proprio oggetto è possibile solo ad una ragione operante all’interno di un sistema di nozioni definito, che possa interamente padroneggiare dal punto di vista conoscitivo: come accade, per esempio, nel caso delle discipline liberali, ciascuna delle quali è, sia pure in potenza, integralmente posseduta dalla razionalità”36. La ragione divina, il logos, può estendere la propria conoscenza all’intera verità dell’essere creato o divino. Per essere sicura della propria rettitudine, mentre si aggira all’interno di un sistema di conoscenze per essa infinito, la ragione creata deve subordinarsi a Dio, accettando la Rivelazione del verbo. Il procedimento anselmiano è anche siglato nel Monologion con la formula sola ratione : dimostrare la verità della fede soltanto in base alla razionalità senza far ricorso alla Sacra Scrittura. Secondo l’arcivescovo, ciò è possibile dopo aver compiuto un assoluto atto di fede, grazie al quale la ragione è in grado di indagare l’intero vero umano e divino. L’indagine del Monologion consiste dunque nel partire dalla semplice espressione verbale di ciò in cui il teologo crede per cercare di esprimerne, con la sola ragione, il corretto significato e riconoscerne la verità: “La risposta più semplice, che la ragione può dare, se viene interrogata su che cosa sia tale res, è che Dio è la causa di tutte le sostanze creaturali: e anche chi ignora questo principio… può essere invitato da chi crede a scoprirne la necessità con la sola ragione. Diverse sono infatti le operazioni mentali che permettono a chi crede, cioè a chi sa già dove arrivare con l’indagine, di pervenire all’intelligenza di che cosa è Dio: una volta elaborate in forma dialettica, tali argomentazioni possono essere comunicate anche a chi non crede”37. ROSSI P. e VIANO C. A., Storia della filosofia, Il Medioevo, Volume II, Edizioni Laterza, Roma – Bari, 1994, p. 49. 36 IBIDEM. 37 IBIDEM, p. 50. 35 15 Quindi la verità fondamentale della religione, l’esistenza di Dio, è secondo Anselmo, una pura verità di ragione, che può dimostrarla con le sue sole forze tramite l’argomento dei gradi: “Vi sono molte cose buone al mondo, ma tutte sono buone più o meno, non assolutamente; presuppongono dunque un bene assoluto che sia la loro misura e dal quale esse traggano il grado di bontà che posseggono; e questo Bene assoluto è Dio. Lo stesso ragionamento si può fare per ogni valore o perfezione esistente nel mondo ed anche per l’essere delle cose, che sono tutte, più o meno, e presuppongono l’Essere unico e sommo”38. Queste argomentazioni non sono da accogliere come prove autonome per dimostrare l’esistenza di Dio a partire dalla gerarchia delle creature. Infatti, la teologia di Anselmo, lontana dal pretendere di affermare che si possa comprendere l’Assoluto partendo da Creato, ammette che l’essere delle creature può essere comprensibile dopo aver conosciuto in maniera adeguata l’Essere Divino in quanto perfezione e verità.39 Se nel Monologion il tentativo di chiarire il significato del termine Dio è fondato sul rapporto tra l’indicibilità divina e ciò che comprendiamo dell’essere delle creature, il Proslogion40 introduce sin dalle prime battute l’esigenza di spingere il metodo sola ratione al di là della vita comparativa, fino a consentire all’intelligenza umana di incontrarsi con Dio in sé in una condizione di immediata pensabilità a prescindere da qualsiasi altra res. In questo modo la fede cerca di acquisire intelligenza del proprio contenuto attraverso una nuova prova razionale unica non bisognosa di altre prove parallele: la prova ontologica, uno degli argomenti più dibattuti della storia della filosofia, la cui idea centrale è quasi sicuramente un’invenzione anselmiana. Il Proslogion41 ricorre ad un’argomentazione, che ABBAGNANO N. e FORNERO G., Protagonisti…Op. cit., Tomo 2, p. 565. ROSSI P. e VIANO C. A., Storia…Op. cit.,p. 52. 40 Il titolo di quest’opera del 1077, in origine è Fides quaerens intellectum. Il motto di Anselmo infatti è Credo ut intelligam: “Non si può intendere nulla se non si ha fede; ma occorre confermare e dimostrare la fede con motivi razionali. Anselmo ritiene l’accordo tra ragione e fede intrinseco ed essenziale. Certo se un contrasto ci fosse, bisognerebbe dar torto alla ragione e rimanere fermi alla fede; ma Anselmo è intimamente persuaso che un tale contrasto non ci può essere, perché anche la ragione, come la fede, deriva dall’illuminazione divina”. Cf. ABBAGNANO N. e FORNERO G., Protagonisti…Op. cit., Tomo 2, p. 565. 41 I capitoli del Proslogion, dedicati alla prova ontologica dell’esistenza di Dio, sono i primi quattro (I-IV). 38 39 16 muove dal semplice concetto (idea) di Dio per giungere a dimostrane l’esistenza (quindi la prova ontologica muove dalla causa all’effetto). L’argomento di Anselmo è diretto contro chi nega in maniera risoluta l’esistenza dell’Assoluto Trascendente, come lo stolto del Salmo XIII: “Dunque, o Signore, tu che dai l’intelligenza della fede, concedi a me, per quanto tu sai che è opportuno, di capire che tu esisti come crediamo e che sei quello che noi crediamo. E invero noi crediamo che tu sei qualcosa, della quale nulla si può pensare di più grande. O non c’è una natura di tal genere, perché ha detto lo stolto in cuor suo: Dio non è (Salmo 13.1)? Ma lo stesso stolto, quando ascolta quel che dico, cioè qualcosa di cui nulla si può pensare di maggiore, capisce quel che sente e quel che capisce è nel suo intelletto, anche nel caso non capisca che quello esiste. Altro infatti é che una cosa sia nell’intelletto, altro capire che una cosa é. Difatti, quando il pittore pensa in anticipo a quel che farà, lo ha nell’intelletto, ma non lo intende ancora come esistente, perché non l’ha ancora fatto: Quando invece lo ha dipinto, lo ha nell’intelletto e capisce anche che esiste quel che ha fatto. Dunque, anche lo stolto può essere convinto che almeno nell’intelletto c’è qualcosa, di cui non si può pensar nulla di più grande, perché quando sente ciò lo capisce, e qualunque cosa si capisca, è nell’intelletto. Ma certamente quello di cui non si può pensare qualcosa di più grande non può essere nel solo intelletto. Difatti, se è solo nell’intelletto, si può pensare che esista anche in realtà, il che è più grande. Se, dunque, quello di cui non si può pensare qualcosa di maggiore è nel solo intelletto, questo stesso, del quale non si può pensare qualcosa di maggiore, è qualcosa di cui si può pensare qualcosa di maggiore: ma certamente questo è impossibile. Esiste dunque, senza sorta di dubbio, qualcosa, di cui non si può pensare nulla di maggiore tanto nell’intelletto quanto nella realtà”42. Infatti, chi nega l’esistenza di Dio deve avere il concetto di Dio, dal momento che è impossibile negare la realtà di qualcosa che non si pensa neppure. Il concetto di Dio è il concetto di Essere di cui non si può pensare nulla di maggiore. Ma ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore non può esistere solamente nell’intelletto: “Se fosse nel solo intelletto, si potrebbe pensare che esistesse anche in realtà e cioè che fosse maggiore; ma in tal caso ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore sarebbe anche ciò di cui si può pensare qualcosa di maggiore. E’ impossibile dunque che ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore esista nel solo intelletto e non nella realtà”43. Essenzialmente l’argomento ontologico44 si fonda su due punti: 1) Ciò che esiste in realtà è maggiore, cioè più perfetto, di ciò che esiste solo nell’intelletto. ANSELMO D’AOSTA, Proslogion, …Op. cit., pp. 69-70. ABBAGNANO N. e FORNERO G., Protagonisti…Op. cit., Tomo 2, p. 566. 44 Per quanto riguarda la struttura logica dell’argomento, rimando a GUTBERLET A., L. C., Pensiero filosofico…Op. cit., p. 48. 42 43 17 2) Negare che ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore esista in realtà, significa contraddirsi, perché significa ammettere nello stesso tempo che si può pensarlo maggiore, cioè esistente in realtà. LA PROVA ONTOLOGICA DELL’ESISTENZA DI DIO Dio 1. Ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore (= di più perfetto) 2. Tale essere non può esistere solo in mente poiché in tal caso non sarebbe il maggiore 3. Ne segue che non si può pensare la somma perfezione di Dio, senza ammetterne l’esistenza Si parte dal concetto di Dio per derivare l’esistenza di Dio Le cinque vie di Tommaso e la critica ad Anselmo L’argomentazione delle cinque vie di S. Tommaso tende alla conciliazione tra ragione e fede, che sta alla base della Scolastica, di cui il dottore angelico è il maggiore rappresentante. All’uomo, che ha come suo fine ultimo Dio, il quale eccede la comprensione della ragione, non basta la sola ricerca filosofica basata su di essa. Le verità, cui la ragione può arrivare, non è dato a tutti raggiungerle e non sempre la via che conduce ad esse è priva di errori. E’ per questo che l’uomo viene istruito, educato e guidato dalla Rivelazione divina, che non annulla né rende inutile la ragione, anzi la perfeziona. La ragione naturale è subordinata alla fede, che deve essere principio sempre presente in ogni lavoro teologico e regola fissa del corretto procedere della ragione. La ragione non può dimostrare ciò che è di pertinenza alla fede; nonostante ciò può offrirle i suoi servigi45 in quanto: 1) Dimostra i preamboli della fede, cioè quelle verità la cui dimostrazione è necessaria alla fede stessa, ad esempio l’esistenza di Dio; 45 ABBAGNANO N. e FORNERO G., Protagonisti …Op. cit., Tomo 2, p. 604-605. 18 2) Chiarisce, tramite analogie e similitudini, i misteri della Rivelazione, ad esempio la Trinità; 3) Combatte le argomentazioni contrarie alla fede. Quindi ragione e fede non possono contraddirsi dal momento che i principi intrinseci alla ragione e verissimi le sono stati infusi da Dio stesso, che è l’autore della natura umana: “La verità di ragione non può mai venire in contrasto con la verità rivelata: la verità non può contraddire alla verità”46. E’ dunque da questo profondo rapporto tra fides et ratio che Tommaso parte per ogni suo lavoro, compresa la Summa Theologiae47, il cui principio unificatore è Dio stesso: “Una dottrina ha la sua intrinseca unità dal soggetto che tratta, e dalla luce intelligibile che illumina questo soggetto, e nella quale viene considerato. Ora la teologia ha come soggetto Dio. Il principio, quindi, che unifica l’opera dell’Aquinate è Dio. Ma Dio può essere conosciuto alla luce della sola ragione; oppure dalla ragione illuminata dalla Rivelazione. La luce, secondo la quale questo soggetto altissimo viene considerato nella teologia sacra, è la Rivelazione”48. Tutto ciò che si studia nella teologia è o Dio stesso oppure cose che hanno un qualche ordine a Lui, il tutto illuminato non solo dalla ragione ma soprattutto dalla Rivelazione soprannaturale. La Somma Teologica di Tommaso, considerata nella sua essenza, contiene tutta la teologia, alla quale, nello specifico, dedica la Quaestio49 introduttiva50, in cui viene discussa la natura della teologia stessa come scienza della Rivelazione e della fede. Le 46 IBIDEM, p. 605. In merito alla genesi e alla storia della Summa dell’Aquinate Cf. GRATSCH E. J., Manuale introduttivo alla Summa Teologica di Tommaso D’Aquino, Piemme, Casale Monferrato, 1988, pp. 24-28. 48 S. TOMMASO D’AQUINO, La Somma Teologica…Op. cit., Introduzione, p. 7. 49 La struttura della questione disputata è la seguente: 1) Domanda posta con grande precisione dal magister. 2) Obiezioni, che fanno pensare che la risposta sarà quella contraria. 3) Sed contra, indizio che mostra che tali obiezioni, pur apparendo veritiere, sono false. 4) Respondeo, che stabilisce una base per dare una risposta argomentata nel senso già indicato dal sed contra. Risposte precise, basate sul Corpus. 50 S. TOMMASO D’AQUINO, La Somma Teologica…Op. cit., Quaestio I, pp. 40-71. 47 19 soluzioni che l’Aquinate ci offre nei 10 articoli della questione introduttiva sono guida a tutta la Summa. Dopo aver studiato la natura della Sacra Dottrina, Tommaso esamina i soggetti specifici di cui questa scienza si occupa, volgendo la sua attenzione all’oggetto principale della teologia, Dio, principio e fine di tutte le cose; e inizia il suo trattato parlando dell’esistenza di Dio (Quaestio 2, Articoli 1-3)51, uno dei due argomenti cardine del presente lavoro. La Summa Teologica è suddivisa in tre parti: 1) La I Parte, che tratta di Dio, è suddivisa in 119 questioni, delle quali la Quaestio 2 è dedicata alla dimostrazione dell’esistenza di Dio. Le 119 questioni comprendono ben tre trattati: Il trattato che studia l’essenza di Dio; Il trattato che studia la distinzione delle Persone; Il trattato che studia l’opera creatrice di Dio. Il primo trattato è, a sua volta, composto di tre questioni: a. Se Dio esista; b. Come sia in se stesso, o piuttosto come non sia; c. Quale attività abbia in se stesso, ossia della scienza di Dio, della sua volontà, della sua potenza. 2) La II Parte, che tratta del cammino degli uomini ragionevoli verso Dio, è suddivisa in 303 questioni. 3) La III Parte, che tratta di Cristo, che, come uomo, è la nostra via verso Dio, è suddivisa in 90 questioni52. 51 52 IBIDEM, Quaestio 2, pp. 72-91. Cf. GRATSCH E. J., Manuale…Op. cit., p. 30: “Poiché Tommaso morì prima di poter completare la Summa, il suo segretario, Reginaldo di Piperno, la completò aggiungendo un Supplemento, che è diviso in 101 questioni”. 20 Ogni questione è ulteriormente suddivisa in articoli (3125 in tutto). La Quaestio 2, quella che a noi interessa, riguarda l’esistenza di Dio e si svolge in tre articoli di importanza filosofica e teologica grandissima: “La teologia evidentemente suppone l’esistenza del suo oggetto e dei suoi principi e non avrebbe da dimostrarli. Ma intorno al problema di Dio tali e tante sono state nei secoli le lotte della ragione pro e contro, che il teologo non potrebbe dispensarsi dal precisare i punti chiari e definiti, sia dalla filosofia, sia soprattutto dall’insegnamento rivelato. Il quale insegnamento, dichiarando la ragione umana in grado di dimostrare l’esistenza di Dio, entra nel vivo campo della filosofia stessa, su cui pertanto il teologo ha da dire, come teologo, la sua parola”53. Tommaso dichiara che l’esistenza di Dio può e deve essere dimostrata mediante un esame di ciò che Egli opera: “proprio come l’esistenza del fuoco si dimostra dal fumo che ne proviene”54. In che modo Tommaso arriva ad affermare la dimostrabilità dell’esistenza di Dio? L’Angelico parte domandandosi se è possibile rendersi conto dell’esistenza di Dio analizzando semplicemente la sua idea: “L’esistenza di Dio non è inclusa nell’idea di Dio come, per esempio, l’idea di rotondità è inclusa nell’idea di cerchio? Subito, nel capire l’idea di cerchio, comprendiamo che deve essere rotondo. Così, anche per quanto riguarda la divinità, appena si comprende l’idea di Dio non s'intuisce all’istante che egli deve esistere?”55. L’Aquinate ammette senza dubbio che l’esistenza faccia parte dell’idea di Dio ma è fermamente convinto che all’inizio della ricerca non si conosce abbastanza bene l’essenza divina da poterne asserire l’esistenza: “Relativa alla questione è quella riguardante la validità del cosiddetto argomento ontologico a favore dell’esistenza di Dio che fu proposto da S. Anselmo di Canterbury56 e procede da un’analisi del concetto di Dio per giungere alla sua esistenza in questo modo: 53 IBIDEM, Introduzione, p. 17. Cf. GRATSCH E. J., Manuale…Op. cit., p. 46. 55 IBIDEM, p. 45. 56 L’idea centrale dell’argomento ontologico, come già affermato, è un’autentica invenzione anselmiana. S. Anselmo parte dall’idea di Dio per provare la sua esistenza: “E invero noi crediamo che tu sei qualcosa, della quale nulla si può pensare di più grande… Anche lo stolto può essere convinto che almeno nell’intelletto c’è qualcosa, di cui non si può pensare nulla di più grande… Ma certamente quello di cui non si può pensare qualcosa di più grande non può essere nel solo intelletto. Difatti, se è solo nell’intelletto, si può pensare anche in realtà, il che è più grande… Esiste dunque senza sorta di dubbio, qualcosa, di cui non si può pensare nulla di maggiore tanto nell’intelletto quanto nella realtà”. Cf. ANSELMO D’AOSTA, Proslogion…Op. cit., pp. 69-70. 54 21 Dio è l’essere più perfetto che si possa capire e come tale deve possedere la perfezione dell’essere”57. Quindi, non possiamo concepire la presenza di un essere il più perfetto, che non esista nella realtà. Al contrario Tommaso è convinto, come già detto, che l’esistenza di Dio deve essere dimostrata a posteriori, dagli effetti alla Causa. Secondo l’Aquinate, infatti, se Dio è primo nell’ordine dell’essere, non lo è nell’ordine della conoscenza umana. Una dimostrazione dell’esistenza di Dio è dunque necessaria e deve muovere da ciò che prima è per noi, cioè dagli effetti sensibili ed essere a posteriori58. S. Tommaso propone cinque vie59 per dimostrare l’esistenza di Dio, le quali procedono da una constatazione di fatto e si richiamano al principio di causalità60: PUNTO DI PARTENZA PUNTO DI ARRIVO IL MOVIMENTO DIO COME PRIMO MOTORE IMMOBILE LA CAUSA DIO COME CAUSA PRIMA INCAUSATA IL POSSIBILE DIO COME ENTE NECESSARIO I GRADI DI PERFEZIONE DIO COME PERFEZIONE SOMMA I FINI DIO COME INTELLIGENZA ORDINATRICE Cf. GRATSCH E. J., Manuale…Op. cit., p. 46. Secondo Tommaso l’errore di Anselmo consisterebbe nel considerare l’idea di Dio come se fosse Dio: “Supposto che tutti intendano che cos’è l’essere più perfetto che si possa pensare, non ne segue necessariamente che esso sia nella realtà. Deve esserci conformità con il nome della cosa nominata. E dal fatto che concepiamo intellettualmente il significato del termine Dio, non ne segue che Dio sia nell’intendimento. E, di conseguenza, l’essere più perfetto che si possa pensare non è necessario che si dia fuori dell’intendimento. E da questo non ne segue che sia realtà l’essere più perfetto che si possa pensare. Pertanto, questo non è un argomento contro quelli che affermano che Dio no esiste, poiché non c’è inconveniente nel fatto che di qualsiasi cosa che si dà nella realtà o nell’intelletto si pensi qualcosa di più grande, con l’unica eccezione di quando si concede che esista nella realtà qualcosa maggiore del quale non si può pensare nulla”. Cf. TOMMASO D’AQUINO, Summa contra gentiles, libro I, cap. XI, in CLEMENTE FERNA’NDEZ, Los filòsofos medievales. Selecciòn de textos, BAC, Madrid, 1980, Vol. 2, p. 331. 59 Le cinque vie sono proposte nell’articolo 3 della Quaestio 2. 60 Cf. S. TOMMASO D’AQUINO, La Somma Teologica…Op. cit., Quaestio 2, Articolo 3, p. 82: “Tutto ciò che è mosso, è mosso da altro”. 57 58 22 In che cosa consiste la struttura logica di tali prove? 1) Si parte da un dato di esperienza che non si spiega da sé. 2) Si applica un principio di causa. 3) Si esclude il regresso all’infinito. 4) Si perviene ad una realtà trascendente esplicatrice. Per quanto riguarda le prime tre vie, Tommaso adopera un sistema logico molto semplice: un essere mutevole suppone un essere immutabile; un essere causato suppone un essere incausato; un essere contingente suppone un essere necessario. Evidentemente ci sono esseri mutevoli, causati, contingenti; quindi deve esistere un essere immutabile, incausato e necessario: Dio. La quarta via di Tommaso, per dimostrare l’esistenza di Dio procede dalla gradualità che si trova nelle cose di questo mondo, affermando che esiste qualcosa che è il migliore, il più vero, il più nobile, l’essere al grado supremo: Dio. La quinta via proposta dall’Aquinate procede dall’ordine osservato nell’universo verso un’intelligenza suprema dalla quale questo ordine deriva. Questa intelligenza suprema è Dio: “S. Tommaso enuncia le sue prove dell’esistenza di Dio a grandi linee. Forse avremmo desiderato che egli le avesse sviluppate più dettagliatamente, però dobbiamo ricordare che egli scriveva per dei credenti e che intendeva solo provare sommariamente uno dei preambula fidei… Se Tommaso avesse scritto per degli atei, avremmo potuto aspettarci una trattazione molto più ampia riguardo alle prove dell’esistenza di Dio. L’esistenza di un essere assolutamente necessario significa che Dio sostiene continuamente quella di ogni essere contingente, altrimenti questo cadrebbe nel nulla; e significa altresì che non possiamo entrare in contatto con nessuna realtà senza trovarci di fronte alla divinità, perché Dio è sommamente attivo nella storia del mondo”61. In definitiva, con le famose cinque vie, Tommaso conclude a cinque attributi appartenenti a Dio come Principio di tutte le cose, “i quali, confermati nella piena luce della Rivelazione, gli serviranno per stabilire organicamente, secondo uno stretto ordine 61 Cf. GRATSCH E. J., Manuale…Op. cit., p. 49. 23 logico-metafisico, quomodo Deus sit o piuttosto quomodo Deus non sit: e cioè che Dio non può essere corpo, né avere in sé mistura di materia, né di composizione qualsiasi: tutto pura sostanza senza accidenti, semplicità assoluta, cui ripugna entrare in combinazione con qualsiasi essere”62. Nel dettaglio la Quaestio 263 si suddivide in tre articoli: Articolo 1 – Se l'esistenza di Dio sia per sé nota. Articolo 2 – Se l'esistenza di Dio sia dimostrabile. Articolo 3 – Se Dio esista. Nel trattare questi tre punti Tommaso usa abbondantemente argomentazioni filosofiche ma l’ispirazione della dottrina è rigorosamente teologica, giacché l’Aquinate specula alla luce della Parola Ispirata, in particolare il Libro della Sapienza e la Lettera ai Romani di S. Paolo (Rom., 1, 20: “Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità”). In questi testi è detto espressamente che la ragione umana è in grado di dimostrare l’esistenza di Dio argomentando dalle cose esistenti. Ed è quello che l’Angelico proverà nell’articolo 3 della Quaestio, servendosi delle cinque vie. 62 63 S. TOMMASO D’AQUINO, La Somma Teologica…Op. cit., Quaestio 3, pp. 92-119. IBIDEM, Quaestio 2, p. 72-91. 24 Struttura e analisi della Quaestio 264 Articolo I: Se l'esistenza di Dio sia per sé nota. Nel primo articolo65, Tommaso domanda se l’esistenza di Dio sia per sé evidente. Al Videtur quod, che pare offrire una risposta affermativa al quesito, l’Aquinate adduce in contrario che se l’esistenza di Dio è evidente in sé, non lo è per noi66: “Dico dunque che questa proposizione Dio esiste in se stessa è di per sé evidente, perché il predicato si identifica con il soggetto; Dio, infatti, come vedremo in seguito, è il suo stesso essere: ma siccome noi ignoriamo l’essenza di Dio, per noi non è evidente, ma necessita di essere dimostrata per mezzo di quelle cose che sono a noi più note, ancorché per sé siano meno evidenti, cioè mediante gli effetti67”68. Articolo II: Se sia dimostrabile che Dio esista. La conclusione che Tommaso qui difende è dichiarata appartenere alla fede, come espressamente rivelata nelle parole dell’Apostolo e in altri luoghi della Scrittura. La dottrina di Tommaso attribuisce alla ragione la capacità fisica e morale di elevarsi a Dio, nel senso che la ragione è in grado di fare ciò, non solo considerata in se stessa, ma anche considerata nelle circostanze concrete in cui svolge la sua attività, sicché la stragrande maggioranza degli uomini, aventi uso di ragione, arriva di fatto ad una certezza razionale che Dio esista: “L’esistenza di Dio ed altre verità che riguardo a Dio si possono conoscere con la ragione naturale, non sono al dire di S. Paolo69, articoli di fede, ma preliminari agli articoli di fede: 64 Ricordiamo che ogni questione della Summa è ulteriormente suddivisa in articoli, 3125 in tutto. Il titolo dell’articolo è espresso in forma di domanda ed è introdotto dal latino Utrum, che significa ‘Se?’. Il titolo dell’articolo dà una formulazione precisa del problema in discussione. A questo riguardo Tommaso fornisce un certo numero di argomenti o di obiezioni dirette contro le posizioni che egli stesso vuole prendere, Videtur quod, ‘Sembra che’. Poi con la formula Sed contra, cioè ‘Se al contrario’, segue un argomento contrario che annuncia la risposta di Tommaso al problema in discussione. Generalmente c’è un solo argomento contrario nel Sed contra che, con poche eccezioni, indica la soluzione data nel corpo dell’articolo, che è la parte più importante e decisiva. Esso prepara, afferma e dimostra la soluzione del problema in discussione, introdotta con la frase Respondeo dicendum, cioè ‘Rispondo dicendo che’. 65 IBIDEM, Quaestio 2, p. 72. 66 E’ chiara la critica ad Anselmo, che secondo Tommaso, considera l’idea di Dio come se fosse Dio. 67 Come già detto, si tratta della dimostrazione a posteriori: partire dall’effetto per arrivare alla causa. 68 IBIDEM, Quaestio 2, p. 76. 69 Lettera ai Romani, 1, 19 e ss: “…poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha loro manifestato. Infatti dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute, con la sua eterna potenza e divinità”. 25 difatti la fede presuppone la cognizione naturale, come la grazia presuppone la natura, come la perfezione presuppone il perfettibile”70. Articolo III: Se Dio esista. L’esistenza di Dio è dimostrabile, ha concluso Tommaso negli articoli precedenti, non per procedimento a priori, ma solo per un procedimento a posteriori. Saranno perciò le creature di Dio a manifestare Dio a noi, perché di Dio com’è in sé non possiamo avere un concetto immediato e intuitivo: “Vi è una duplice dimostrazione: L’una procede dalla causa, ed è chiamata propter quid, e questa muove da ciò che di suo ha una priorità ontologica. L’altra parte dagli effetti ed è chiamata dimostrazione quia, e muove da cose che hanno una priorità soltanto rispetto a noi: ogni volta che un effetto ci è più noto della sua causa, ci serviamo di esso per conoscere la causa. Da qualunque effetto poi si può dimostrare l’effetto della sua causa (purché gli effetti siano per noi più noti della causa); perché dipendendo ogni effetto dalla sua causa, posto l’effetto è necessario che preesista la causa. Dunque l’esistenza di Dio, non essendo rispetto a noi evidente, si può dimostrare per mezzo degli effetti da noi conosciuti”71. Come già affermato diverse volte, l’Aquinate mostra l’esistenza di Dio tramite cinque vie: Ex motu, Ex causa, Ex possibili et necessario, Ex gradu, Ex fine, le quali si sviluppano secondo una struttura comune72: 1) Ciascuna delle prove parte da un’osservazione empirica universalmente accessibile; 2) Viene applicato il principio di causalità: il fenomeno osservato richiede una causa; 3) Impossibilità di un ritorno all’infinito: non può esistere un numero infinito di cause; 4) Esiste una prima causa: Dio. La prima via: Ex motu La prima via è la prova cosmologica73, che parte dal principio che “tutto ciò che si muove è mosso da altro”74. Se ciò da cui è mosso a sua volta si muove, è necessario che S. TOMMASO D’AQUINO, La Somma Teologica…Op. cit., Quaestio 2, p. 78. IBIDEM, p. 78. 72 Cf. GUTBERLET A., L. C., Pensiero filosofico…Op. cit., pp. 33-43. 73 Tommaso si rifà ad Aristotele (Fisica e Metafisica). 74 S. TOMMASO D’AQUINO, La Somma Teologica…Op. cit., Quaestio 2, p. 82. 70 71 26 anch’esso sia mosso da un’altra cosa; e questa da un’altra. Non è possibile procedere all’infinito ed è necessario giungere da un primo motore che non sia mosso da altro: Dio. “Ora, non si può in tal modo procedere all'infinito, perché altrimenti non vi sarebbe un primo motore, e di conseguenza nessun altro motore, perché i motori intermedi non muovono se non in quanto sono mossi dal primo motore, come il bastone non muove se non in quanto è mosso dalla mano. Dunque è necessario arrivare ad un primo motore che non sia mosso da altri; e tutti riconoscono che esso è Dio”75. La seconda via: Ex causa La seconda via è la prova causale. Nell’ordine delle cause efficienti non si può risalire all’infinito, altrimenti non esisterebbe una prima causa, non una causa ultima, non cause intermedie: quindi deve esistere una causa efficiente prima, e cioè Dio: “La seconda via parte dalla nozione di causa efficiente. Troviamo nel mondo sensibile che vi è un ordine tra le cause efficienti, ma non si trova, ed è impossibile, che una cosa sia causa efficiente di se medesima; perché altrimenti esisterebbe prima di se stessa, cosa inconcepibile. Ora, un processo all'infinito nelle cause efficienti è assurdo. Perché in tutte le cause efficienti concatenate la prima è causa dell'intermedia, e l'intermedia è causa dell'ultima, siano molte le intermedie o una sola; ora, eliminata la causa è tolto anche l'effetto: se dunque nell'ordine delle cause efficienti non vi fosse una prima causa, non vi sarebbe neppure l'ultima, né l'intermedia. Ma procedere all'infinito nelle cause efficienti equivale ad eliminare la prima causa efficiente; e così non avremo neppure l'effetto ultimo, né le cause intermedie: ciò che evidentemente è falso. Dunque bisogna ammettere una prima causa efficiente, che tutti chiamano Dio”76. La terza via: Ex possibili et necessario La terza via è desunta dal rapporto tra possibile e necessario. Le cose possibili esistono solo in virtù delle cose necessarie, le quali hanno la causa della loro necessità o in sé o in altro. Quelle che hanno la causa in altro rinviano da esso e dal momento che non è possibile procedere all’infinito, bisogna risalire a qualcosa che sia necessario di per sé, cioè Dio: “La terza via è presa dal possibile [o contingente] e dal necessario, ed è questa. Tra le cose ne troviamo di quelle che possono essere e non essere; infatti alcune cose nascono e finiscono, il che vuol dire che possono essere e non essere. Ora, è impossibile che tutte le cose di tal natura siano sempre state, perché ciò che può non essere, un tempo non esisteva. 75 76 IBIDEM, p. 82. IBIDEM, p. 82-84. 27 Se dunque tutte le cose [esistenti in natura sono tali che] possono non esistere, in un dato momento niente ci fu nella realtà. Ma se questo è vero, anche ora non esisterebbe niente, perché ciò che non esiste, non comincia ad esistere se non per qualche cosa che è. Dunque, se non c'era ente alcuno, è impossibile che qualche cosa cominciasse ad esistere, e così anche ora non ci sarebbe niente, il che è evidentemente falso. Dunque non tutti gli esseri sono contingenti, ma bisogna che nella realtà vi sia qualche cosa di necessario. Ora, tutto ciò che è necessario, o ha la causa della sua necessità in altro essere oppure no. D'altra parte, negli enti necessari che hanno altrove la causa della loro necessità, non si può procedere all'infinito, come neppure nelle cause efficienti secondo che si è dimostrato. Dunque bisogna concludere all'esistenza di un essere che sia di per sé necessario, e non tragga da altri la propria necessità, ma sia causa di necessità agli altri. E questo tutti dicono Dio”77. La quarta via: Ex gradu La quarta via è quella dei gradi. Nelle cose si trova il meno e il più del vero, del bene e di tutte le altre perfezioni: vi sarà dunque anche il grado massimo di tali perfezioni, causa dei gradi minori: “Ora la causa dell’essere e della bontà e di ogni perfezione è Dio”78: “Ora, ciò che è massimo in un dato genere, è causa di tutti gli appartenenti a quel genere, come il fuoco, caldo al massimo, è cagione di ogni calore,come dice il medesimo Aristotele79. Dunque vi è qualche cosa che per tutti gli enti è causa dell'essere, della bontà e di qualsiasi perfezione. E questo chiamiamo Dio”80. La quinta via: Ex fine La quinta via è quella che desume il governo delle cose. Le cose naturali, prive di intelligenza, appaiono tuttavia dirette a un fine, e ciò non potrebbe essere se non fossero 77 IBIDEM, p. 84. ABBAGNANO N. e FORNERO G., Protagonisti…Op. cit., p. 611. 79 Tale prova, di origine platonica è desunta da Aristotele. Essa risale a Dio come massimamente perfetto in ogni genere di perfezione. 80 S. TOMMASO D’AQUINO, La Somma Teologica…Op. cit., Quaestio 2, p. 84-86. 78 28 governate da un Essere dotato di intelligenza: “Vi è dunque un Essere intelligente dal quale tutte le cose naturali sono ordinate ad un fine; e questo Essere è Dio”81. “La quinta via si desume dal governo delle cose. Noi vediamo che alcune cose, le quali sono prive di conoscenza, cioè i corpi fisici, operano per un fine, come risulta dal fatto che esse operano sempre o quasi sempre allo stesso modo per conseguire la perfezione: donde è manifesto che non a caso, ma per una predisposizione raggiungono il loro fine. Ora, ciò che è privo d'intelligenza non tende al fine se non perché è diretto da un essere conoscitivo e intelligente, come la freccia dall'arciere. Vi è dunque un qualche essere intelligente, dal quale tutte le cose naturali sono ordinate a un fine: e questo essere chiamiamo Dio”82. Le cinque vie di Tommaso pervengono all’affermazione di Dio come Motore immobile, Causa Prima, Essere necessario, Perfezione somma e Intelligenza ordinatrice. Tommaso è convinto che Dio possa essere conosciuto tramite la prova a posteriori ma, allo stesso tempo, è perfettamente consapevole che tale conoscenza ha un carattere approssimativo ed imperfetto: l’uomo, di fronte a Dio, si trova alla stregua di un animale notturno di fronte alla luce accecante del sole (metafora aristotelica). 81 82 ABBAGNANO N. e FORNERO G., Protagonisti…Op. cit., p. 611. S. TOMMASO D’AQUINO, La Somma Teologica…Op. cit., Quaestio 2, p. 86. 29 CONCLUSIONE In questo lavoro, ho tentato di offrire una sintesi generale delle prove dell’esistenza di Dio proposte da Anselmo e da Tommaso. L’argomento ontologico di Anselmo si propone di trovare, anziché una concatenazione di argomenti, un argomento solo che non abbia bisogno di nessun altro per avere valore dimostrativo e basti da solo a dimostrare che Dio esiste veramente e che è il Solo Bene. La dimostrazione a priori, infatti, prescinde del tutto dal mondo esterno, la mente può servirsene senza uscire da se stessa e la sua forza consiste nel ricavare la realtà o l’esistenza reale di Dio partendo semplicemente dal suo concetto o idea. Dio è l’Essere di cui non si può pensare nulla di maggiore e tale idea può essere compresa da chiunque sia in grado di capirla, in modo che si stabilisca una corrispondenza fra l’espressione verbale e il relativo concetto nella mente, concetto che passa poi dalla mente alla deduzione necessaria dell’esistenza reale. Con le famose cinque vie Tommaso, conclude a cinque attributi appartenenti a Dio come Principio di tutte le cose. Analizzando i concetti di Motore primo, Causa prima, Essere assolutamente necessario, Perfezione somma e Intelligenza ordinatrice, l’uomo può conoscere meglio Dio, tenendo conto dei suoi limiti, e identificando prima ciò che Egli non è e poi ciò che Egli è, tramite la via negativa e via affermativa. In questa sua ricerca incessante, l’Angelico non si stanca di affermare quanto la ragione naturale, al servizio della fede, che accoglie la Rivelazione, contribuisca alla conoscenza, sebbene imperfetta, di Dio. Il rapporto ragione-fede, così importante per la filosofia e teologia medievali, fanno di quest’ultima una vera e propria scienza superiore alle altre discipline, in quanto ha Dio per oggetto: “E in tal maniera la sacra dottrina è una scienza; in quanto che poggia su principi conosciuti per lume di scienza superiore, cioè 30 della scienza di Dio e dei Beati. Quindi come la musica ammette i principi che le fornisce la matematica, così la sacra dottrina accetta i principi rivelati da Dio”83. Per Tommaso la professione del teologo è quella appunto di ricercare Dio, che è sostanza e passione della sacra dottrina; fare teologia significa riferire tutto a Dio, come Principio e come Fine: “E la sua sarà una ricerca ininterrotta di Dio, non con la pretesa di possederlo attraverso i concetti, o la filosofia, quella aristotelica in particolare, a cui pure ricorre largamente , ma con l’intento di scorgere le sue tracce nelle realtà create, e di avvicinarsi a lui umilmente e audacemente con l’intelletto e soprattutto con l’amore”84. L’analisi dettagliata dei 3 Articoli della 2a questione contribuisce non poco a comprendere il metodo della dimostrazione a posteriori, che parte dal mondo naturale e conosciuto per arrivare alla sua Causa Prima: Dio. 83 84 IBIDEM, Quaestio 1, Nota 1, p. 46 BIFFI I., Bernardo e Tommaso, JACA BOOK, Milano, 2008, p. 69. 31 BIBLIOGRAFIA ABBAGNANO N. e FORNERO G., Protagonisti e Testi della Filosofia, Paravia, 1999, Volume A, Tomo 1 - 2; ASCENCIO J. G., Risplenda su di noi la luce del tuo volto, Introduzione alla Teologia, APRA, Roma, 2005; ANSELMO D’AOSTA, Proslogion, EUROPIA, Novara, 1994. LA BIBBIA (CEI), PIEMME, 1988. BIFFI I., Bernardo e Tommaso, JACA BOOK, Milano, 2008. BRAVO M., L. C., Pensiero filosofico su Dio e la Religione, I Filosofia della Religione, APRA, Roma, 2004. GONZA’LEZ A. A, L. C., Il significato della vita. Introduzione alla metafisica, APRA, Roma, 2002. GRATSCH E. J., Manuale introduttivo alla Summa Teologica di Tommaso D’Aquino, Piemme, Casale Monferrato, 1988; GUTBERLET A., L. C., Pensiero filosofico su Dio e la Religione, II Teologia Naturale, APRA, Roma, 2005; ROSSI P. e VIANO C. A., Storia della filosofia, Il Medioevo, Volume II, Edizioni Laterza, Roma – Bari, 1994; S. TOMMASO D’AQUINO, La Somma Teologica, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 1985, Volume I; S. TOMMASO D’AQUINO, Summa contra gentiles, libro I, cap. XI, in CLEMENTE; FERNA’NDEZ, Los filòsofos medievales. Selecciòn de textos, BAC, Madrid, 1980. 32 INDICE Introduzione …………………………………………………………….. pag. 2 La metafisica, fondamento e climax della filosofia, strumento e base per la teologia…………………………………………….………………….. “ 8 Il periodo storico – filosofico di Anselmo e Tommaso………………….. “ 11 Il Proslogion e la Summa Theologiae: argomento ontologico e prova a posteriori dell’esistenza dell’Assoluto Trascendente……..……............... “ 14 Conclusione…………………………………………....………………… “ 30 Bibliografia ……………………………………………………………… “ 32 33