Introduzione - Carocci editore

annuncio pubblicitario
Introduzione
L’audiovisivo pubblicitario nelle sue varie forme (spot, promo, trailer
o videoclip) è una presenza costante nella nostra pratica fruitiva di
comunicazione mass-mediatica, ogni volta che accendiamo la televisione, ma anche quando andiamo al cinema e, ormai sempre meno
raramente, quando frequentiamo qualsiasi luogo di aggregazione, dal
bar, ristorante e pub fino agli stadi e ai concerti. La cosiddetta “pubblicità ambientale”, la cui forma espressiva principe è la cartellonistica, sembra progressivamente lasciare il posto (quando è possibile) a
prodotti promozionali dinamici che ci appaiono sempre meno inaspettatamente sulle pareti delle metropolitane, all’interno di autobus
o nei supermercati. In questo libro ci occuperemo in particolare di
una di tali forme pubblicitarie, forse quella di cui ognuno di noi ha
una pratica maggiore e una competenza più ampia: la forma spot, che
verrà approfondita dal punto di vista semiotico.
La decisione di dedicare un intero libro agli spot deriva da alcune
constatazioni riguardanti in particolare l’interesse “sfumato” da parte
della semiotica e della semiotica del testo verso tale forma testuale.
Nonostante, infatti, l’attenzione della semiotica nei confronti della
pubblicità sia stata costante negli anni, le analisi testuali che prendono in esame gli spot pubblicitari, approfondendone gli aspetti valoriali, narrativi, discorsivi e passionali, sono tutto sommato piuttosto rare.
Vi sono meritevoli e autorevoli eccezioni, di cui parleremo ampiamente nel corso del libro, ma in semiotica, invece di concentrarsi sul
singolo testo audiovisivo, si è preferito dedicarsi ad altri aspetti della
pubblicità, privilegiando, per esempio, corpora più ampi con riflessioni sul genere discorsivo nel suo complesso, sulle sue evoluzioni e tendenze. Le analisi puntuali su singoli testi pubblicitari si sono poi tradizionalmente concentrate sugli annunci-stampa, una forma testuale
sincretica in cui la compresenza di immagine e scritto permette di
sfruttare al meglio sia l’apporto della semiotica del visivo sia la grande tradizione dell’analisi del narrativo. Quando poi si è proceduto ad
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SPOT
affrontare il cosiddetto “marketing comunicazionale”, l’attenzione si è
rivolta ad argomenti come logo, naming, packaging, punti-vendita nella strategia complessiva di una marca o di un’azienda, argomenti la
cui pertinenza semiotica è evidente, ma in cui le singole analisi testuali sono spesso poco approfondite, ricoprendo talvolta un mero
ruolo esemplificativo.
In questa scelta di oggetto d’analisi non si può escludere che la
forma espressiva stessa e, soprattutto, le modalità della sua fruizione
non favoriscano un’analisi meditata e puntuale come quella semiotica:
lo spot pubblicitario è un prodotto molto presente nel nostro quotidiano, ma tutto sommato poco accessibile. Il passaggio televisivo è
variabile, sporadico e non prevedibile da parte dell’utente, e ciò non
favorisce una “visione personale”, necessaria all’analista; spesso le
stesse aziende o agenzie pubblicitarie non rendono disponibili i loro
prodotti audiovisivi, neppure sui loro siti Internet 1.
Ma, al di là di questo problema di accessibilità, c’è una riflessione
teoricamente più profonda, dal momento che è l’evoluzione complessiva del discorso pubblicitario a favorire uno sguardo d’insieme, dato
il ruolo particolare che esso sembra ricoprire negli ultimi anni, essendo quasi “egemone” rispetto agli altri tipi di discorsi sociali (Pezzini,
2002b). Come sottolineano molti autori (cfr. PAR. 3.1), la pubblicità
nella società attuale non ricopre più un ruolo interstiziale e marginale
all’interno delle dinamiche sociali, ma sembra sempre più affermarsi
come una forma discorsiva preminente che, sviluppando un proprio
modo di rappresentare le dinamiche sociali, si inserisce attivamente
nella formazione di convinzioni etiche, estetiche e di orientamenti
culturali (Semprini, 2003), imponendo il proprio discorso come forma
dell’immaginario collettivo del consumo. È quindi naturale ritrovare
dietro a uno spot o a un annuncio-stampa richiami a elementi culturali o a miti collettivi, tanto che il singolo testo si presenta all’interno
di una “catena intertestuale”, in una «sorta di continuo colloquio di
gruppo spontaneo e ricchissimo, in cui tutto è definito, commentato,
ritradotto in nuovi testi» (Ferraro, 1999, p. 100). Da questa riflessione teorica sullo statuto della testualità scaturisce l’attuale “piega socio-semiotica” della disciplina stessa, che presta più attenzione alle
connessioni tra testi che al singolo testo, delineando veri e propri ambiti discorsivi che risultano da differenti pratiche significanti, colte
nelle dinamiche di produzione e non solo nel loro dare luogo a pro1. Gli spot e il materiale visivo analizzati nel nostro libro saranno disponibili sul
sito di Carocci Editore ( < http://www.carocci.it > ).
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dotti testuali già compiutamente formati (cfr. in particolare Landowski, 1989; Marrone, 2001).
In questo ambito generale, di cui condividiamo i tratti essenziali,
il nostro libro propone un punto di vista specifico, grazie al quale
ogni singolo spot pubblicitario possa essere descritto semioticamente
tenendo conto della catena intertestuale in cui inevitabilmente si colloca, ma al tempo stesso anche della sua identità testuale conclusa.
Per fare questo abbiamo ritenuto opportuno compiere alcuni passi teorici, il primo dei quali ha implicato “fare il punto” del rapporto
tra pubblicità e semiotica che si è delineato negli ultimi quarant’anni
(CAP. 1). Abbiamo infatti seguito, in parallelo all’evoluzione del linguaggio pubblicitario, le riflessioni della disciplina semiotica che, dalle pionieristiche analisi di Roland Barthes (1964a) e Umberto Eco
(1968), ci hanno portato a una sofisticata analisi di testi verbo-visivi
come gli annunci-stampa. Tale percorso, vogliamo precisare, non costituisce un argomento laterale rispetto all’analisi della forma spot,
oggetto principale di questo libro, poiché ci ha permesso di evidenziare da una parte ciò che la semiotica ritiene oggi metodologicamente superato, come l’analisi esclusiva delle figure retoriche presenti nella pubblicità, ma dall’altra anche ciò che può essere ancora accettabile se opportunamente integrato con altri strumenti più specifici, come
l’analisi del visivo delineatasi negli ultimi anni (cfr. PAR. 1.2). La possibile integrazione di strumenti retorici e di semiotica visiva può risultare applicabile e fruttuosa anche per i testi audiovisivi e anzi la
loro maggiore sincreticità permette un’opportuna verifica teorica,
come cerchiamo di mostrare attraverso l’analisi dello spot della Nissan Micra (cfr. PAR. 1.3).
Se poi si scorrono i capitoli di questo libro si possono individuare
anche, in parallelo alla sistemazione tematica degli argomenti, le tracce di un’evoluzione della disciplina semiotica stessa che dalle analisi
più strutturali del narrativo (specifica della riflessione degli anni sessanta) che esemplifichiamo nel CAP. 2, si concentra progressivamente
sugli aspetti dell’enunciazione (durante gli anni settanta e ottanta), di
cui il CAP. 4 risulta essere un approfondimento, seppure sui generis, e
sulle questioni del passionale e dell’estesico (a partire dagli anni novanta) di cui abbiamo cercato di rendere conto nel CAP. 5.
È quest’ultimo un argomento cruciale per l’attuale riflessione semiotica e quello che sembra fornire più prospettive analitiche anche
per quanto riguarda la comunicazione pubblicitaria. D’altra parte,
dovrebbe essere evidente a tutti noi come la pubblicità tenda a raccontarci sempre meno storie e sempre più passioni ed emozioni, basando la sua efficacia sulla presentazione di sensazioni collegate al
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SPOT
prodotto o alla marca. Come vedremo meglio nel CAP. 5, l’attuale
pubblicità sembra caratterizzarsi per far leva sulle valorizzazioni soggettive del prodotto e sulla costruzione simulacrale del soggetto consumatore che prova passioni, generalmente intense ed euforiche, nei
confronti del prodotto. Si tratta, come sottolinea Isabella Pezzini
(2002b, p. 24) di una «estetica dell’euforia» che supporta mutamenti
ritmici repentini, montaggi veloci delle immagini e la ricerca di effetti
sinestetici che dovrebbero «colpire e attrarre» lo spettatore, anche al
livello corporeo. E in tutto questo la componente musicale, che spesso sostituisce completamente il parlato, ha un ruolo fondamentale
perché permette, come sottolinea Lucio Spaziante nel CAP. 6, di costruire una comunicazione meno esplicita, più incentrata sulla capacità di attrarre e sedurre tramite un’atmosfera, un sapore o una sensazione.
Ma la comunicazione pubblicitaria è anche molto variegata e spot
basati su una certa ricercatezza formale e una valorizzazione di tipo
estesico-passionale convivono con spot che, molto più tradizionalmente, ricercano un coinvolgimento dello spettatore su valori utilitaristici, esplicitamente mostrati o enunciati. Nel folto panorama della
comunicazione pubblicitaria, è quindi necessario, a nostro avviso, non
considerare in linea di principio uno strumento analitico più adeguato
di un altro, non privilegiare una particolare piega semiotica a discapito delle altre. Ogni spot pubblicitario può richiamare parti di teoria e
strumenti semiotici specifici: alcuni spot ci raccontano storie, altri ci
presentano giochi enunciativi, altri ancora puntano sul rapporto empatico con lo spettatore/consumatore. Come cercheremo di specificare nel corso del libro, l’idea di fondo è che sia il singolo testo o un
particolare insieme testuale, con la sua forma identitaria compiuta, a
richiamare gli strumenti semiotici più opportuni per la sua stessa descrittività, al di là delle tendenze generali e i tratti emergenti che la
comunicazione pubblicitaria sembra mostrarci (e a cui bisogna però
prestare particolare attenzione).
Quali sono i limiti di questo libro? Un primo limite può essere individuato proprio nel fatto che ci si concentra prevalentemente su una
specifica forma testuale trascurando l’insieme della comunicazione
pubblicitaria in cui è inserita. Lo spot è all’interno della comunicazione di un’azienda o di una marca solo una delle varie forme espressive
da scegliere in un communication mix, tanto più efficace quanto più
coerente e calibrato. Come ben mostra Ugo Volli in un suo libro recente (2003), la comunicazione di un’azienda è composta dalle sue
campagne pubblicitarie (annunci-stampa, spot, cartellonistica) ma an14
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che da tutti gli altri elementi del marketing, dalla gestione dei puntivendita così come dei siti web, dalla politica dei prezzi fino al rapporto interpersonale tra rappresentante di commercio/commerciante
e commerciante/cliente. Tutti questi sono tasselli che dovrebbero in
teoria contribuire attivamente alla creazione di coerenza del discorso
della marca, al di là del fatto che si manifesti concretamente in prodotti comunicativi e mezzi espressivi eterogenei.
L’altro limite riguarda invece una scelta metodologica: come potrà
constatare un lettore attento alla discussione tra “scuole semiotiche”,
gli strumenti d’analisi descritti e applicati in questo libro provengono
prevalentemente dall’ambito della “semiotica generativa”, trascurando
altri approcci e prevalentemente quello cosiddetto “interpretativo”:
quando nella discussione di concetti base si sono verificate divergenze
sostanziali dell’approccio generativo con quello più pragmatico e interpretativo, in questo libro ha prevalso sempre il primo. Questo non
vuol dire che non ci siano accenni ai primi lavori di Eco sulla pubblicità (nel CAP. 1) così come alla teoria dei “mondi possibili narrativi” quando parleremo del discorso della marca (nel CAP. 3) o alla dinamica Autore/Lettore-Modello (nel CAP. 4, dedicato all’enunciazione); ciò che manca è una trattazione organica della cosiddetta “semiotica interpretativa”, così come viene delineata dal recente libro di
Valentina Pisanty e Roberto Pellerey (2004). Ciò dipende innanzitutto da una a-specificità della semiotica interpretativa rispetto al genere
discorsivo in esame. I processi interpretativi individuati e studiati da
Eco (in particolare in Eco, 1979, 1990) riguardano il rapporto tra lettore e testo, indipendentemente dal particolare testo in esame. Anzi,
caratteristiche peculiari dei testi pubblicitari, come la loro brevità e la
necessaria non-ambiguità del messaggio trasmesso, li hanno resi, nella
loro generalità, non sufficientemente intriganti per un’analisi specificamente di semiotica interpretativa. Se di limite si tratta, è comunque
un limite imposto dalla carenza bibliografica e da un percorso che gli
studiosi di semiotica non hanno ancora intravisto come fruttuoso e
stimolante.
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